Nr 3/2012 - Maggio - Giugno - 2012 - Ristorazione e Catering
Nr 3/2012 - Maggio - Giugno - 2012 - Ristorazione e Catering
Nr 3/2012 - Maggio - Giugno - 2012 - Ristorazione e Catering
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
16 _ cateringnews.it • mggio/giugno <strong>2012</strong><br />
in realtà sono solo i bambini. Se facessero un Masterchef per bambini<br />
allora sì, accetterei di fare la giuria”.<br />
La scelta della materia prima: oggi va di moda andare alla ricerca del<br />
prodotto di nicchia. Quanto vale questo concetto per lei che ha lavorato<br />
spesso in controtendenza, anche per l’industria?<br />
“Quando stavo a Milano tutte le mattine andavo al mercato, avevo fatto<br />
fare un punzone per segnare le lombate di 40/50 chili che selezionavo<br />
e poi facevo frollare 40/50 giorni. Ma la buona materia prima è anche<br />
altrove. Ti racconto una cosa: nell’ottobre 2002, quando l’Accademia<br />
Internazionale della Gastronomia mi assegna il Grand Prix “Mémoire<br />
et Gratitude”a Lione, al mattino esco e nell’edicola francese campeggia<br />
un giornale con la foto di Bernard Loiseau (lo chef più amato di Francia,<br />
insieme a Paul Bocuse ndr) con sotto il titolo ‘Il futuro della cucina è<br />
nell’industria’ ed è vero! In questo momento però il problema è un altro:<br />
abbiamo il guaio che il ristorante soffre del rapporto con il cliente perché<br />
manca l’oste, quello che sta attento ai bisogni del cliente”.<br />
Come si risolve?<br />
“Da me non succede perché abbiamo tolto il giochino. In sala si conclude<br />
la preparazione del piatto. Se ti faccio la salsa necessaria al piatto,<br />
che la metta il cuoco o il maitre di sala è lo stesso. In tal modo lo invogli<br />
a raccontare. Vengo dall’esperienza del grande albergo, dove c’era di<br />
tutto. Quando ero ragazzo c’era il maitre de plaisir, in grado di fare tutto,<br />
anche andare giocare a tennis con il cliente. La scuola di ALMA dovrebbe<br />
avere anche questo spirito”.<br />
Cosa concorre a fare l’estetica nel piatto?<br />
“Prima mettiamoci d’accordo su cos’è l’estetica. Per me l’estetica comprende<br />
l’etica. Mia figlia dice ‘il bello puro è il vero buono’. A prescindere.<br />
Tempo fa, ad una cena, venne portato in tavola un risotto primavera,<br />
era talmente bello che affermai ‘potrei persino dirvi che è perfetto<br />
anche di sale talmente è bello’. La verità della forma è l’unica strada per<br />
eliminare l’inganno dell’apparenza, dice spesso mia figlia Paola e quelle<br />
parole mi sono tornate in mente sul lago d’Iseo, nei pressi di Lovere,<br />
dove c’è un piccolo spazio che guarda una montagna: ‘Così bello da<br />
sembrare finto… ed essere vero’ c’era scritto su un libro in pietra posato<br />
davanti al panorama, lo aveva scritto Raul Montanari. A quella montagna,<br />
così perfetta, mi sono ispirato per fare un piatto che ho in carta al<br />
Marchesino: la tartare, preparata in uno stampo a piramide che ho fatto<br />
fare appositamente, intorno la salsa. Così ho tirato fuori<br />
la materia”.<br />
Come costruisce il menu?<br />
“Quando faccio il menu degustazione lo penso con i<br />
tempi giusti: quanto deve frollare la carne, quanto tempo<br />
deve passare tra una portata e l’altra, vado a fare la spesa<br />
in funzione di questo. E mi ispiro spesso al kaiseki giapponese:<br />
laggiù lo fanno i grandi chef anziani ed è basato<br />
sulla presentazione per ammirare la maestria di chi prepara<br />
il piatto, perché sa sistemare e presentare i cibi con<br />
grande eleganza e sofisticatezza. Nulla viene messo a<br />
casaccio. La posizione di ogni singolo elemento viene<br />
attentamente studiata, in modo che il risultato finale sia<br />
un magnifico intreccio armonico di colori, forme e sapori.<br />
Questo mi ha portato ad ideare Marchesi Arte, un<br />
menu degustazione che è anche scuola di cucina fatta in<br />
sala. Poi ho il menu ‘meno cucina’, estratto dalla gran<br />
carta. Infine quattro menu: intorno allo spaghetto, intorno<br />
al riso, tutta pasta e le paste farcite”.<br />
Semplicità e leggerezza sono le sue parole preferite…<br />
“Io sono italiano, uso la materia nostra, non sono di<br />
scuola francese, ciò che ho visto non è cucina francese,<br />
è internazionale. Ad esempio anni fa raccontai a<br />
Gianni Brera il mio risotto alla certosina, dove avevo<br />
scomposto tutto. Brera, dopo avermi ascoltato, mi disse:<br />
va bene ma vuoi mettere un bel riso in cagnon con due<br />
filetti di persico? Io avevo le mie ragioni e lui le sue: lui<br />
era l’uomo della semplicità e io della leggerezza. Di<br />
recente ho fatto il menu Verso la purezza, un mio amico<br />
ha disegnato per il menu due righe che richiamano il<br />
calice, giocando sulla parola verso”.<br />
Si parla anche di altro, anzi c’è in atto una certa fenomenologia<br />
di chef che diventano tutto ma soprattutto<br />
impera il linguaggio auto celebrativo. Cosa ne pensa?<br />
“Vedi, io non sono neanche più in condizioni di dire<br />
niente, io sono moderno per quel tanto che mi concede<br />
la mia storia. Ma non mi voglio ridurre a non capire.<br />
L’altra sera sono andato alla Scala a vedere Mozart, mio<br />
nipote diceva ‘che pizza Mozart’... forse aveva ragione.<br />
Preferisco sentire la musica senza l’opera, quando<br />
essa ti distrae. Ma quando il teatro è bello e la musica è<br />
buona, afferma mia moglie… Il linguaggio di adesso è<br />
un linguaggio presuntuoso, non ce l’ho con nessuno ma<br />
quando mi vedo servire un bollito sezionato su una tegola<br />
con i bicchierini con le salse, oppure mi si presenta<br />
un pisello che arriva da quella zona là e però viene servito<br />
disintegrato… Giorni fa ero a Verona e, passando<br />
davanti ad un ristorante (La Greppia di Giovanna Malini<br />
ndr) sono stato invitato ad entrare, lì ho assaggiato il<br />
bollito, ho assaggiato la tetta, mi ha fatto venir voglia di<br />
comprare un carrello. Prima impari a suonare… Ecco,<br />
i cuochi devono imparare a cucinare, a conoscere le<br />
tecniche di cottura, il rapporto intensità fuoco-spessore<br />
padella, il punto di equilibrio da imparare e conoscere.<br />
E la gente deve imparare a masticare, come dice Gandhi<br />
‘il cibo deve scendere liquido’.<br />
Il futuro come sarà?<br />
“Il futuro sono io. Scherzi a parte, come finirà questa<br />
storia della cucina? Non lo so, c’è un ripristino per i<br />
prodotti della terra, ma chi ci torna alla terra? Il mondo<br />
è diventato enorme, difficile pensare cosa avverrà.<br />
Io vado verso la materia e la purezza. L’importante è<br />
crearsi uno stile purché le cose siano buone”.<br />
Da maestro quali sono i suoi maestri?<br />
“Il maestro è colui che insegna con l’esempio”.<br />
Qual è il piatto della memoria?<br />
“Devo andare molto indietro, quando ero bambino. Il<br />
paese di mio padre era San Zenone Po: mangiare il minestrone<br />
davanti alla porta di casa e il bottaggio, la cassoeula<br />
con il pollo. Poi il secchio di rame che tiravo su<br />
dal pozzo e bevevo l’acqua con il ramaiolo. Questi sono<br />
i tre piatti della memoria ed è la prima volta che parlo di<br />
queste cose, pensa cosa mi fai ricordare”.<br />
Poi la conversazione continua, ma questa è un’altra storia.<br />
cateringnews.it • maggio/giugno <strong>2012</strong> _ 17