Nr 3/2012 - Maggio - Giugno - 2012 - Ristorazione e Catering
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il prodotto<br />
La riscoperta delle erbe<br />
L’Italia gastronomica si riscopre verde<br />
di Luigi Franchi<br />
38 _ cateringnews.it • maggio/giugno <strong>2012</strong><br />
Dall’Odissea ad Harry Potter l’asfodelo è una pianta che ha attraversato<br />
la storia della letteratura, trasformandosi da pianta degli inferi<br />
descritta da Omero a pozione magica nella saga del mago adolescente,<br />
passando per l’Orlando di Virginia Wolf e Il piacere di Gabriele<br />
D’Annunzio. La pianta cresce nei terreni calcarei delle regioni mediterranee<br />
ed appartiene alla famiglia dei gigli.<br />
In Puglia il gambo dell’asfodelo è parte integrante di un’antica ricetta;<br />
colto prima che nasca il fiore, viene scottato con acqua e aceto e<br />
conservato sott’olio. Le foglie invece, dagli inizi del Novecento, vengono<br />
utilizzate per confezionare la burrata. Ma questa è solo una delle<br />
innumerevoli storie che si possono ascoltare e raccontare quando si<br />
comincia a parlare di erbe, di orti, di spezie e del loro uso alimentare.<br />
Il dibattito è aperto tra chi sostiene che conoscere gli usi alimentari<br />
delle erbe spontanee sia un esercizio superfluo, che sa di antico, e<br />
chi invece sta tornando nei campi, nei boschi e persino ai bordi delle<br />
strade (ultimo rifugio delle erbe selvatiche dall’antropizzazione dei<br />
luoghi), a cercarle per riscoprirne gli usi. Scriveva nel 1938 Adam<br />
Maurizio, considerato il maggior botanico del XX secolo, “le massaie,<br />
una o due generazioni fa, conoscevano almeno quaranta specie<br />
di legumi oggi quasi totalmente sconosciuti sulle nostre tavole”. A<br />
distanza di ottant’anni da quell’affermazione quante<br />
ne sono rimaste di erbe nei campi e nei boschi e nella<br />
cultura alimentare italiana?<br />
I cercatori e i salvatori delle erbe per la cucina<br />
“Non è che le erbe sono scomparse, semplicemente le<br />
persone non ci fanno più caso, non le sanno riconoscere,<br />
non ne conoscono le proprietà” spiega il signor<br />
Moreno, il cercator d’erbe marito di Giuliana Saragoni,<br />
chef della Locanda al Gambero Rosso di San Piero<br />
in Bagno di Romagna, sull’Appennino romagnolo<br />
in odor di Toscana. Alla Locanda al Gambero Rosso,<br />
Giuliana è tornata, dopo esserci nata e cresciuta, per<br />
subentrare ai genitori che la conducevano dal 1951.<br />
Era il 1992 e lei aveva in testa il chiaro desiderio di<br />
intraprendere un percorso che, in quegli anni di nouvelle<br />
cuisine e Milano da bere, era ai limiti dell’archeologia<br />
alimentare: riproporre i piatti della sua memoria<br />
d’infanzia, quelli poveri che faceva sua nonna.<br />
Accanto a lei Moreno che sosteneva senza alcun dubbio<br />
la scelta: “Le nostre nonne avevano mantenuto,<br />
per tutta la vita, un’alimentazione che derivava dalle<br />
abitudini di un certo tipo di mangiare, dove le erbe<br />
assumevano un ruolo essenziale, in molti casi unico:<br />
come la zuppa di erbe spontanee che, ancor oggi, abbiamo<br />
in carta”.<br />
Moreno rispolvera i ricordi dell’infanzia, quando accompagnava<br />
la nonna a cogliere le erbe, si fa aiutare<br />
da qualche anziano per tornare a riconoscerle, “come<br />
lo stridolo che noi usiamo al posto dei piselli o la carlina,<br />
una sorta di cardo selvatico che si presenta come<br />
un cuore di carciofo, che usiamo nel ripieno dei tortelli”<br />
spiega Giuliana Saragoni.<br />
Solo due esempi delle numerosissime specie che ancora<br />
abbondano in Italia ma che devono essere assolutamente<br />
difese, riscoperte e valorizzate “per evitare<br />
che si affermino solo alcune piante aromatiche il cui<br />
consumo diventa talmente elevato da causarne l’importazione,<br />
come avviene con l’aglio cinese, o la produzione<br />
intensiva, come capita con rucola e cipolla di<br />
Tropea, che ne squalificano sapore e gusto. In Puglia,<br />
per fare un esempio, le erbe utilizzate erano circa 200.<br />
Oggi sono solo 4 o 5”, afferma preoccupato Giovanni<br />
Ballarini, presidente dell’Accademia Italiana della<br />
Cucina. Per questo l’Accademia Italiana della Cucina<br />
ha lanciato un’operazione di recupero di alcune<br />
preparazioni regionali legate alle primizie primaverili<br />
dell’orto, chiedendo agli appassionati di orto (circa<br />
18 milioni in Italia) e agli chef di adottare dieci ricette<br />
della tradizione di cucina contadina, inserite nel loro<br />
sito insieme ad una quarantina di erbe spontanee, alcune<br />
delle quali oramai in via di estinzione.<br />
“I prodotti della cucina dell’orto – precisa Giovanni<br />
Ballarini – hanno sostenuto in passato intere generazioni<br />
appartenenti alle classi più povere. Ma ancora<br />
oggi continuano ad impreziosire molti piatti della<br />
nostra tavola. L’orto italiano non è soltanto un inesauribile<br />
fornitore di materie prime per il cuoco ma è<br />
anche un grande spazio economico: l’ortofrutta vale<br />
un quarto della ricchezza verde del paese, il 40% dell’intera<br />
Europa, per un valore di circa 11 miliardi di<br />
euro distribuiti fra tutte le regioni italiane”.<br />
Primo: conoscere<br />
Se c’è un luogo dove si fa formazione sulle erbe è<br />
Riolo Terme, più precisamente nella sede dell’Istituto<br />
Alberghiero che ospita, ormai da vent’anni, la<br />
rassegna ‘Il piatto verde’, ideato al tempo dal botanico<br />
Augusto Rinaldi Ceroni, l’inventore del Giardino<br />
delle erbe officinali di Casola Valsenio dove sono<br />
censite, custodite e allevate oltre 400 specie di piante<br />
officinali e aromatiche. La rassegna, nell’edizione di<br />
quest’anno, ha visto due momenti di ‘stage on the<br />
job’ sulla cucina delle erbe, riservati ai cuochi del-<br />
cateringnews.it • maggio/giugno <strong>2012</strong> _ 39