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Nr 3/2012 - Maggio - Giugno - 2012 - Ristorazione e Catering

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Antica Trattoria La Torre<br />

Castellina in Chianti (SI)<br />

Piazza del Comune, 15 - Tel. 0577 740236<br />

www.anticatrattorialatorre.com<br />

Se si dovesse giudicare un ristorante esclusivamente<br />

dalla longevità della sua cucina e dall’importanza della<br />

tradizione familiare, l’Antica Trattoria La Torre si aggiudicherebbe<br />

la palma d’oro. La famiglia Stiaccini, proprietaria<br />

dell’Antica Trattoria La Torre iniziò la sua attività a<br />

Castellina negli anni ‘60 del 1800.<br />

“Il primo ad occuparsi di prodotti alimentari fu il capostipite,<br />

Gaspare, un suddito del Granducato. – racconta<br />

Pierluigi Stiaccini – Faceva il mestiere di treccone, colui<br />

che comprava polli, conigli e verdure dai contadini, rivendendogli<br />

altri generi di prima necessità. Poi venne<br />

il turno dei suoi nipoti, Carlo Abramo e Tommaso, che<br />

impararono il mestiere di norcino e aprirono la prima<br />

mescita di vino dove si mangiava anche qualcosa.”<br />

La svolta nel 1925 quando la famiglia o meglio Carlo<br />

(detto Bega) acquista il palazzo, sede attuale della<br />

trattoria trasferendosi dagli angusti spazi della vecchia<br />

mescita-bottega. Qui diventa L’Antica Trattoria La Torre.<br />

“Ognuno di noi, da Gaspare in poi, ha mantenuto il<br />

contatto con la terra, con i contadini, imparandone le<br />

tradizioni e le ricette. Forse sta qui il segreto del nostro<br />

lavoro”, racconta, con grande modestia, Pierluigi.<br />

Qui c’è un pezzo di storia dell’Italia e una grande storia<br />

italiana, apprezzata perfino da Dustin Hoffman che all’Antica<br />

Torre ha chiacchierato a lungo con il signor Pierluigi.<br />

Adesso, pur essendo sempre ai fornelli i custodi<br />

della tradizione Mirella e Pierluigi, è il turno di Elisabetta<br />

e Giuseppe, entrambi sommelier, consapevoli che questa<br />

bella storia deve durare ancora a lungo, per il piacere<br />

meglio prenotare<br />

testi di: Luigi Franchi, Alessandra Locatelli,<br />

Roberto Martinelli<br />

44 _ cateringnews.it • maggio/giugno <strong>2012</strong><br />

degli ospiti che vogliono continuare a gustare la schietta<br />

cucina di rigorosa osservanza chiantigiana.<br />

Se poi si trova posto in uno dei tavoli sulla stupenda<br />

piazza si capisce il perché di una bella storia italiana.<br />

Locanda Ristorante La Clusaz<br />

Gignod (AO)<br />

Km 12,5 della SS 27 per il Gran San Bernardo<br />

Tel. 0165 56075 - www.laclusaz.it<br />

“Vivo il mio tempo. Comunicazione e sostanza sono en-<br />

trambi imperativi.” Ha le idee chiare Maurizio Grange. E<br />

si è imposto una bella sfida, considerando che la locanda<br />

risale al XII sec. Suo nonno l’acquista nel 1925 e ne<br />

fa un’osteria di transito che scalda i pellegrini per Aosta<br />

con il mezzo litro o più spesso il litro di rosso, le uniche<br />

unità di misura dell’epoca. Con l’apertura del tunnel del<br />

San Bernardo l’affluenza aumenta e la madre intuisce<br />

la necessità di proporre un menù della tradizione, che<br />

poco dopo si affianca al menù di stagione. “Gualtiero<br />

Marchesi e Carlo Petrini hanno salvato la cucina italiana,<br />

avvicinandola alla terra ma senza rischiare il provincialismo<br />

e strappandola alla sudditanza dei miti stranieri”<br />

continua Maurizio, che di questa consapevolezza ha fatto<br />

il leitmotiv dei suoi piatti, dove i sapori di un tempo<br />

incontrano emozioni contemporanee. Un esempio è il<br />

suo concetto di fonduta, rivista come meno protagonista<br />

e suggerita, per antipasto, soffice come uno zabaione.<br />

Oppure le castagne con pancetta al lardo, “una<br />

traccia in un percorso avente identità propria.” Identità<br />

che qui si preserva attraverso la produzione in proprio<br />

dei formaggi e dei salumi e la selezione di fidate aziende<br />

locali, come Bergerie Henriet, una brigata di giovani che<br />

ha segnato un’inversione di tendenza dedicandosi per<br />

scelta alla produzione del caprino. Stesso spirito anche<br />

per la ben costruita carta dei vini, con sezione che illustra<br />

i vitigni autoctoni. Il cliente è accompagnato nelle<br />

antiche salette con volte in pietra e caminetto scoppiettante,<br />

coccolato con tante piccole attenzioni che fanno<br />

la differenza e può scegliere, oltre ai due menù di tradizione<br />

e di stagione, tra quello di erbette, di foie gras<br />

(con fegato grasso extra) e quello “a mano libera”, una<br />

degustazione a sorpresa di 10 portate. Per garantire una<br />

tale diversificazione ad altissima qualità, occorre una<br />

squadra d’eccezione e d’eccellenza: chef, uno per settore,<br />

testardi e affiatati, con voglie da soddisfare, “la testa<br />

da roulette russa e il cuore della cordata, dove ognuno<br />

segna il passo.”<br />

la locanda di Bu<br />

Nusco (AV)<br />

Vicolo dello spagnolo - Tel. 0827 64619<br />

www.lalocandadibu.com<br />

Autodidatta. Ad Antonio Pisaniello piace rimarcare que-<br />

sta condizione che lo ha spinto a provare, sperimentare,<br />

scontrarsi con una realtà molto conservatrice in fatto di<br />

usi e costumi e abitudini culinarie dove la parmigiana di<br />

melanzane deve essere visivamente identificabile. Una<br />

scommessa vinta non una ma tre volte.<br />

La prima quando dal Babylon Pub, la sua prima provocazione<br />

in terra irpina, passò al ristorante il Gastronomo<br />

nel 1996. Centinaia di coperti ogni settimana, le prime<br />

introduzioni di cibo e cultura orientati a valorizzare la<br />

tradizione in maniera innovativa.<br />

Poi il passaggio radicale ai 25 coperti della Locanda di<br />

Bu, aperta a Nusco il 1 gennaio 200 , con sua moglie<br />

Jenny e il nome e il logo della locanda ispirati dal piccolo<br />

Umberto o Bu, come lui stesso pronuncia il suo nome. Il<br />

logo invece stilizza un capezzolo materno, servito per la<br />

nutrizione di Bu e di tutti quanti noi, racconta Antonio.<br />

Nutrire le persone, per farlo occorre conquistare la fiducia<br />

dei clienti, degli ospiti e degli amici; il menu degustazione<br />

della Locanda di Bu ha raggiunto questo risultato<br />

e il rapporto di fiducia lo si percepisce fin dal titolo del<br />

menu che recita ‘Tonì fa’ tu’. La nutrizione e il benessere<br />

sono i concetti attorno a cui si è sviluppato il progetto<br />

di Antonio Pisaniello, che si esplicita, oltre che nei piatti,<br />

anche negli spazi del locale interamente realizzato secondo<br />

i principi della bioarchitettura.<br />

Infine la recente riapertura, insieme ai suoi fratelli, del<br />

vecchio ristorante Gastronomo, a Ponteromito suo paese<br />

natale, che però ha cambiato nome in Trattovia che<br />

vuole significare il valore del turismo enogastronomico<br />

come elemento di attrazione e conoscenza approfondita<br />

dei luoghi. Nel mezzo Antonio si gode quella sorta<br />

di marketing gratuito che gli arriva dalla fama di Nusco,<br />

grazie al fatto che ha dato i natali ad uno dei più conosciuti<br />

politici della fine del secolo scorso.<br />

Osteria al Bachero<br />

Spilimbergo (PN)<br />

Via Pilacorte 5 - Tel. 0427 2317<br />

www.osteriabachero.com<br />

C’era una volta un marinaio pugliese che un bel giorno,<br />

spinto dal desiderio di far fortuna, partì alla volta delle<br />

lontane terre friulane carico di vini e di oli. Si fermò a<br />

Spilimbergo, aprì un piccolo bachero, ovvero una bottega,<br />

e ci mise anche un focolare, per riscaldare nei lunghi<br />

inverni se stesso e i clienti con un po’ di trippa e di baccalà.<br />

Era il 1897 e il marinaio si chiamava Antonio Laurola:<br />

da trentacinque anni la gestione del locale è affidata<br />

alla famiglia Zavagno, oggi alla terza generazione, che<br />

ha mantenuto in tutto questo tempo il carattere delle<br />

origini. “Il banco da mescita è ancora quello originale,<br />

così come anche alcuni oggetti d’uso comune, come<br />

il misurino che Antonio usava per i prodotti da asporto.<br />

Le generazioni si sono susseguite e nessuno ha mai<br />

stravolto la tipicità dell’ambiente: i nostri clienti sono i<br />

turisti, ma soprattutto i bambini che una volta venivano<br />

qui con il nonno, oggi adulti che ritornano con la<br />

fidanzata o con i figli” racconta Michele Zavagno. Anche<br />

il menù è rimasto fedele ai vecchi tempi, con una<br />

cucina in prevalenza di terra, baccalà in bianco escluso:<br />

rivivono la trippa alla friulana con la polenta, gli gnocchi<br />

cateringnews.it • maggio/giugno <strong>2012</strong> _ 5

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