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N. <strong>21</strong> n.s. – Settembre-Dicembre 2002 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
C’È UN CLIMA CHE FAC<strong>IL</strong>ITA LA BANALITÀ DEL MALE<br />
TESTIMONI DELL’AMORE<br />
Oggi siamo davanti a nuove sfide in un mondo dove ancora vige la legge della forza<br />
e non la forza della legge. Bisogna cercare soluzioni praticabili, rafforzando la solidale accoglienza<br />
del prossimo più bisognoso, per coniugare pace, giustizia e libertà a livelli sempre più alti.<br />
segnali molto preoccupanti che vanno dal delit-<br />
Ito di Novi Ligure a quello di Leno ci pongono<br />
un vero intrigo di domande, con una sensazione<br />
di profondo e cupo disagio, che turba tutti intensamente<br />
per il suo carico di insicurezza, di angoscia,<br />
di paura che nelle mutate e mutevoli situazioni,<br />
nei cambiamenti sempre più accelerati, nelle<br />
crisi e nelle potenzialità del nostro vivere, alimentano<br />
il timore di una vera e propria disfatta<br />
della famiglia, cellula della società, sempre più<br />
insidiata da forze disgregatrici, mettendo in pericolo<br />
le sorti dell’intera umanità.<br />
Infatti, oggi, diventa sempre più difficile per<br />
i genitori seguire i propri figli nel corso della loro<br />
crescita, perché la distanza culturale fra le generazioni<br />
si fa sempre più grande a causa della<br />
tecnologia avanzata e dei mass media che dilatano<br />
sempre più la differenza e rendono più difficile,<br />
se non impossibile, la comunicazione. Difatti<br />
per i genitori diventa davvero angoscioso<br />
far fronte ai rischi che corrono i figli con esperienze<br />
sempre più imprevedibili e perniciose di<br />
fronte alla seduzione della droga, alle tentazioni<br />
della violenza, alle attrattive di un edonismo sfrenato,<br />
alle espressioni della disperazione impastate<br />
di complicità, omertà, corruzione, pigrizia<br />
ad ogni livello.<br />
Troppa libertà e troppi quattrini non sudati<br />
difficilmente generano responsabilità e quasi<br />
sempre per tanti genitori si tratta di una vera e<br />
propria abdicazione; nella civiltà del benessere<br />
Dio non è combattuto ma ignorato, il male non è<br />
considerato nella sua tragicità ma accolto con<br />
superficialità, l’ottusità rende tiepida la coscienza.<br />
Per essere portatori di speranza, bisognerà<br />
vincere la stanchezza, liberarci dalle tentazioni<br />
di lasciar perdere tutto, dallo scoraggiamento e<br />
dall’egoismo che tende a farci pensare soltanto a<br />
noi stessi e acquisire, invece, generosità, entusiasmo,<br />
impegno, serietà, operosità, coscienza delle<br />
proprie azioni per affrontare la fatica dello stare<br />
insieme e del servizio ai fratelli.<br />
Bisogna guardare con rinnovato interesse ai<br />
tanti problemi, agli assilli, alle fatiche e ai progetti<br />
della nostra vita con occhio responsabile e generoso,<br />
senza sprofondare nel sonno dell’indifferenza,<br />
del grigiore, della freddezza spirituale, ma<br />
agognando fermamente ad una ordinaria quanto<br />
feconda opportunità personale di operare per la<br />
forma più alta di carità verso l’uomo, lacerato,<br />
sbandato e spesso angosciato, delle moderne metropoli,<br />
sempre meno a misura d’uomo.<br />
Soltanto così potremo dare ai giovani “sentinelle<br />
del mattino” che, per motivi generazionali<br />
e forti soprattutto della loro spinta ideale,<br />
dovranno portare avanti, il rinnovamento<br />
tanto atteso per una società più umana e più<br />
giusta, con fervore di propositi e concrete linee<br />
operative.<br />
Per far questo dobbiamo uscire dal guscio della<br />
nostra sprezzante ed illusoria autosufficienza,<br />
cercando e realizzando il senso del vivere essenzialmente<br />
verso l’apertura, l’accoglienza, l’ascolto:<br />
cioè il lungo, meditato e a volte sofferto “confronto”<br />
con gli altri, proprio nelle odierne circostanze<br />
in cui si avverte il clima pesante del secolarismo e<br />
del consumismo che appiattisce il senso cristiano<br />
delle coscienze di molti fedeli. Gli analisti sociali<br />
descrivono la nostra società come “la società del<br />
vuoto”, definizione suffragata da numerosi indici<br />
di malessere estremo: l’impennata dei suicidi, specie<br />
fra gli adolescenti, il crescente disagio mentale,<br />
l’aumento della violenza giovanile, il senso di frustrazione<br />
e di solitudine, l’incomunicabilità, l’apatia,<br />
l’indifferenza, aggravati dalla dipendenza<br />
dalla magia, l’ignoto, le messe nere, le sette, l’esoterismo,<br />
il demonismo ecc.<br />
Sarebbe errore fatale rassegnarsi alle attuali<br />
difficoltà, ma occorre saper lavorare con un impegno<br />
serio e costante che aiuti a formare le coscienze,<br />
a sviluppare la “cultura del dare”, a far<br />
scoprire i focolai delle violenze, a smascherare i<br />
venditori di morte che, con la droga, la schiavitù,<br />
la violenza, la brutalità appestano il mondo; il<br />
tutto con una spiccata vocazione all’accoglienza,<br />
al dialogo, al rispetto della diversità, combattendo<br />
aspramente la logica della rimozione o della<br />
rassegnazione.<br />
3<br />
La gravissima sciagura che ha colpito il Molise<br />
può essere anche per il nostro paese un<br />
segno premonitore perché dopo ben 22 anni dal<br />
terremoto dell’Irpinia, ci sono ancora edifici abitati<br />
che devono essere ristrutturati e per i quali, a<br />
suo tempo, venne anche quantificata la spesa con<br />
una lettera firmata dal Sindaco, che a tutt’oggi è<br />
restata soltanto una presa in giro. A quando la<br />
soluzione del problema?<br />
Non ci risulta – non diciamo l’esistenza di<br />
progetti capaci di occupare la forza lavoro presente<br />
in paese che è costretta, suo malgrado, ad<br />
emigrare in altre zone per trovare la possibilità di<br />
occupazione – ma neanche il tentativo, lo sforzo,<br />
la buona volontà di cercare un qualche espediente<br />
per il rilancio economico-strutturale del paese<br />
attualmente in un quadro generale di collasso, di<br />
sfiducia e profonda inquietudine, dovuta a quel<br />
nulla predicatorio, saccente ed impudente generato<br />
dalla mentalità, dal comportamento, dall’arroganza<br />
nel gestire il servizio pubblico ormai<br />
concepito come proprietà privata di chi occupa<br />
posizioni prevalenti, senza alcuna distinzione di<br />
colore politico.<br />
Noi restiamo dell’avviso che, siccome l’aiuto<br />
non potrà avvenire per infusione dello Spirito<br />
Santo, bisognerà rimboccarsi le maniche e mettersi<br />
alla ricerca di due o tre grandi aziende – salvaguardando<br />
l’ambiente già penosamente aggredito<br />
– capaci di offrire un congruo numero di posti<br />
di lavoro e dare loro anzitutto un terreno e<br />
l’esenzione dalle tasse per un periodo di almeno<br />
dieci anni. È l’esperienza più praticata e riuscita<br />
in molti paesi, perché non tentarla a Calitri?<br />
Bartolomeo Cestone (20.12.1937 † 25.11.2002)<br />
Raffaele Salvante<br />
La tua scomparsa improvvisa ed immatura ha colpito l’intera comunità<br />
di Calitri che riconoscente ti amava per la tua sempre gentile abnegazione,<br />
la tua cortese gentilezza nell’accorrere con premura da<br />
chi aveva bisogno del tuo aiuto, della tua esperienza di infermiere e<br />
massaggiatore, particolarmente pratico nel curare piaghe e ferite, il<br />
tutto sempre col sorriso sulle labbra, una buona parola di conforto e<br />
di speranza per l’ammalato. Anche nelle tue funzioni di impiegato<br />
comunale eri il punto di riferimento, il pilastro, la roccia , operoso,<br />
zelante, pacato, riservato nello svolgere le tue mansioni; tutti si rivolgevano<br />
a te sicuri e fiduciosi della tua comprensione. Eravamo già<br />
in stampa quando la Redazione del giornale, mai come in questo caso, è stata subissata di<br />
telefonate perché ti fosse conferito, accompagnato da vive preghiere, il giusto riconoscimento<br />
dell’intera comunità Calitrana che piange sentitamente la tua dipartita.