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iveste <strong>della</strong> bellezza e dell'emozione <strong>della</strong> lirica. La fides - direbbe<br />
sant'Ambrogio - si fa canora.<br />
Del resto, di là dagli inni letterariamente poetici, un diffuso soffio di<br />
viva poesia pervade e anima tutta la composizione dell'Ufficio e <strong>della</strong><br />
Messa in onore del Corpo e del Sangue del Signore, di cui l'Angelico<br />
è autore, dove largamente si incontrano e si fondono la limpidità e la<br />
precisione dell'idea con la vibrazione e l'abbandono del sentimento.<br />
All'origine di questa diffusa poeticità si trova la sorgente stessa, a<br />
cui attinge tutta questa esuberante composizione, ossia la Scrittura, i cui<br />
testi riccamente intessono questo Ufficio e questa Messa. E, tuttavia,<br />
non si tratta di semplici citazioni ripetute fedelmente e opportunamente<br />
scelte e collocate: spesso un tocco felice di artista le rimo<strong>della</strong> e le<br />
ricrea, rivestendole di bellezza e di attrattiva nuova. Tutta una poesia<br />
biblica si diffonde dalla innumerevole serie di antifone e responsori, che<br />
a sua volta la musica e il canto liturgico hanno concorso a esaltare e a<br />
rendere ancora più appassionata e contemplativa.<br />
Ma volgiamo qui l'attenzione agli Inni eucaristici dell'Angelico, in<br />
cui è possibile cogliere, in una varietà di intrecci, la storia e la teologia<br />
dal linguaggio puntuale, la lode, l'adorazione e l'implorazione.<br />
Il "mistero del corpo glorioso, e del prezioso sangue (gloriosi<br />
corporis mysterium, sanguinisque pretiosi)" porta alla memoria di<br />
Tommaso anzitutto L'ULTIMA CENA, con i tratti di amicizia e di fraternità<br />
che l'hanno contrassegnata. Così egli canta nel Pange, lingua: "Dato a<br />
noi e per noi nato da una vergine illibata, trascorsa nel mondo la sua<br />
vita e sparso il seme <strong>della</strong> parola, mirabilmente concluse il suo<br />
soggiorno. La notte dell'ultima cena, giacendo a mensa coi fratelli,<br />
osservata fedelmente coi cibi rituali la legge antica, dona se stesso in<br />
cibo ai dodici". E nel Verbum supernum: "Il Verbo celeste, veniente<br />
dal Padre, e sempre alla sua destra, portando a compimento la sua<br />
opera, giunse alla sera <strong>della</strong> vita. Uno dei discepoli lo consegnava ai<br />
suoi nemici per esser messo a morte, ed egli si offrì loro in cibo di vita".<br />
E, allo stesso modo, nel Lauda, Sion: "Solenne è celebrato il<br />
giorno che ricorda la prima istituzione di quest'agape". Il "pane vivo e<br />
vitale (panis vivus et vitalis)" "nella mensa <strong>della</strong> santa cena alla<br />
compagnia dei dodici fratelli senza dubbio fu donato", mentre, insieme,<br />
"Cristo dispose che in sua memoria si compisse quello che egli fece<br />
nella cena".<br />
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