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la divinità, ma qui è occulta anche l'umanità; e, pure, l'una e l'altra<br />
credendo e professando, chiedo quello che ha implorato il ladro<br />
penitente. Con Tommaso non ravviso le ferite, e tuttavia ti proclamo<br />
mio Dio. Fa' che sempre più io creda, che in te speri e che ti ami".<br />
L'Eucaristia è il MEMORIALE DELLA MORTE DEL SIGNORE. La<br />
definizione di Tommaso diventa una piissima esclamazione: "O<br />
memoriale <strong>della</strong> morte del Signore, pane vivo e fonte di vita per l'uomo<br />
(O memoriale mortis Domini, / panis vivus vitam praestans homini)".<br />
Memoriale <strong>della</strong> morte e pane vivo, del quale si domanda di vivere per<br />
sempre e di gustare la dolcezza, l'Eucaristia è anche sangue che fluisce<br />
dal petto squarciato di Gesù, assimilato a un pio pellicano e invocato a<br />
purificare dall'immondezza: un sangue tanto prezioso, di cui anche una<br />
sola goccia sarebbe bastata a salvare da ogni delitto il mondo intero:<br />
"Donami di vivere sempre di te, e di non cessare mai di assaporare la<br />
tua dolcezza (Praesta mihi semper de te vivere, / et te mihi semper dulce<br />
sapere)".<br />
"Pio pellicano, Gesù Signore, mondami col tuo sangue nella mia<br />
impurità: una sua sola goccia basterebbe a salvare da ogni crimine il<br />
mondo intero". Soprattutto gli ultimi devoti e commossi accenti rivolti<br />
personalmente a Cristo rivelano in tutto il suo incanto e la sua emozione<br />
la poesia eucaristica di san Tommaso teologo e mistico del Corpo e del<br />
Sangue del Signore. La tradizione non conosce elevazioni eucaristiche<br />
più devote e più belle di queste e si comprende perché la <strong>Chiesa</strong> le<br />
abbia assunte e ancora le usi per cantare la propria adorazione e il<br />
proprio fervore. "O Gesù, che ora scorgo ancor velato, quando si<br />
avvererà quello di cui ho tanta sete? Cioè di contemplarti apertamente e<br />
quindi di essere beato nella visione <strong>della</strong> tua gloria (Ihesu, quem<br />
velatum nunc aspicio, / quando fiet illud quod tam sicio? / Ut te revelata<br />
cernens facie, / visu sim beatus tuae gloriae)".<br />
Per altro, questi versi rivelano il senso e l'esito <strong>della</strong> teologia e del<br />
lavoro teologico di Tommaso, che nella conclusione <strong>della</strong> sua vita<br />
sentiva e giudicava tutti i suoi scritti come "paglia". Egli era impaziente<br />
che tutto l'enuntiabile, tutto il castello dei concetti si convertissero e<br />
sfociassero alla res, alla realtà. Ma questa è la sete di ogni credente, cui<br />
la Rivelazione, grazie allo Spirito, abbia confidato i "segreti di Dio": lo<br />
prende l'accoramento di vedere Cristo e in lui di vedere Dio. Com'è<br />
detto da Dante nella Commedia: "Che del disïo di sé veder n'accora"<br />
(Purgatorio, canto V, 57).<br />
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