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(Il)legalità? - Pedagogika

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<strong>Pedagogika</strong>.it/2011/XV_1/cultura/in_breve<br />

In ricordo di Antonio Erbetta<br />

Antonio Erbetta (La Spezia, 1949) è stato professore ordinario di Storia dell’educazione<br />

europea nella Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Torino, tenendo anche<br />

l’insegnamento di Storia della Filosofia. Per un decennio Vicedirettore del «Centro Internazionale<br />

di Studi Italiani» dell’Università di Genova, per il quale ha tenuto i corsi di Storia delle Idee,<br />

è stato altresì condirettore di «Encyclopaideia», la rivista di fenomenologia pedagogia e formazione<br />

fondata e diretta da Piero Bertolini. Ha coordinato alcune collane per diverse case editrici.<br />

Era fondatore e direttore di «Paideutika. Quaderni di formazione e cultura». Studioso attento,<br />

in particolare, al significato formativo dell’esperienza morale, sia nelle sue risonanze esistenziali,<br />

sia nei suoi risvolti etico-politici, si è sempre occupato di filosofia dell’educazione e di storia<br />

delle idee educative. Centrali i suoi studi su Banfi, Gentile, Nietzsche, Simmel. Collaboratore<br />

di molte Riviste nazionali e internazionali di filosofia e di scienze dell’educazione, ha pubblicato<br />

oltre venti volumi. Tra i più recenti: <strong>Il</strong> tempo della giovinezza (La Nuova Italia, 2001); <strong>Il</strong> corpo<br />

spesso (Utet Libreria, 2001); Senso della politica e fatica di pensare (Clueb, 2003); In forma<br />

di tragedia (Utet Libreria, 2004); L’educazione come esperienza vissuta (Tirrenia Stampatori,<br />

2005); Pedagogia e nichilismo (Tirrenia Stampatori, 2007); L’umanesimo critico di Antonio<br />

Banfi (ed., Anicia, 2008); Decostruire formando. Concetti pratiche orizzonti (Ibis, 2010).<br />

Su <strong>Pedagogika</strong>.it, della quale è stato, ancor prima che membro del comitato scientifico,<br />

amico, ha pubblicato diversi articoli.<br />

Ci piace ricordare il suo splendido e lucido “Elogio del conflitto formativo” (<strong>Pedagogika</strong>.it,<br />

Anno VIII, numero 5, pagg. 26-37), seguito dai contributi, sullo stesso tema, di<br />

Silvano Calvetto ed Elena Madrussan.<br />

Di seguito riportiamo, quale segno della nostra affettuosa stima, un breve quanto attuale stralcio<br />

di un suo intervento ad un Convegno, “Alla ricerca del tempo vissuto”, svoltosi a Landriano<br />

(PV) nel 2004: “.... Sentiamo che il silenzio ha un prezzo e che mettere in discussione le premesse<br />

apparentemente indiscutibili del nostro modo di vivere e, aggiungerei, di educare, può essere considerato<br />

il più urgente dei servizi che dobbiamo svolgere per noi stessi e per gli altri, contrastando<br />

l'individualismo che si è insinuato nelle persone, nelle relazioni sociali, negli stili di vita e di pensiero<br />

e di cui non ci siamo accorti in questi anni. A questo individualismo assunto come paradigma<br />

della modernità ci siamo un po' tutti subalternamente piegati; la crisi dei luoghi di riproduzione<br />

sociale, delle identità collettive, della politica come passione civile, hanno fatto poi il resto. Un antidoto<br />

può essere, è, il narrare ed il narrarsi poiché la memoria è un diritto per le giovani generazioni<br />

ed un dovere per noi adulti se vogliamo che ragionare d'infanzia sia, ancora una volta scommettere<br />

sul futuro, giacché interrogarsi sull'infanzia è, da parte di noi adulti un rispondere ad un'ansia<br />

conoscitiva che il futuro appunto vuole prefigurare con l'ottimismo della ragione; perché essere<br />

qui insieme vuol dire resistere alla lusinga di accettare l'esistente per quello che è: immodificabile<br />

perché difficile da interpretare e da leggere nei suoi segni contraddittori e complessi”.<br />

Un ricordo, infine, tutto personale: a margine e conclusione di un convegno, qualche<br />

anno fa a Torino, sul conflitto formativo e nel contesto di un pranzo a cui, tra gli altri, partecipavano<br />

Elena Madrussan, Roberto Farné, Angela Nava Mambretti, ci siamo accaniti,<br />

stimolati da Antonio, per oltre tre ore a ragionare sulla figura di Giovanni Gentile e sul suo<br />

ruolo e peso nella storia dell'educazione italiana. Indimenticabile la passione e la competenza<br />

di Antonio e per me uno stimolo ad andare a rileggere, depurandolo dalla passione<br />

politica, i testi di un autore che, forse un po' troppo semplicisticamente, avevo archiviato<br />

tra i cattivi maestri del fascismo.<br />

Salvatore Guida<br />

in_breve<br />

In breve 119

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