La battaglia dei Carpazi - Ars Militaris
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illusioni"; e Kusmanek, nell'imminenza dell'ultima sortita, radiotelegrafava<br />
all'imperatore che la guarnigione "voleva cercar di rendere ancora un servizio<br />
all'esercito di campagna prima di subire il suo presumibile destino: non avevano<br />
certo il morale del vincitore. Kusmanek non aveva nemmeno quello di chi spera, ad<br />
ogni modo, di avere qualche sia pur esile possibilità di rompere l'accerchiamento:<br />
come, ad esempio, l'avevano i soldati e gli ufficiali tedeschi accerchiati a Stalingrado<br />
alla fine di novembre del 1942, che in una situazione altrettanto critica non erano<br />
affatto rassegnati all'inevitabile destino - o almeno non lo erano, prima che l'ordine di<br />
Hitler di resistere sul posto non togliesse loro ogni ragionevole speranza. (52) Eppure<br />
tanta ignoranza del reale stato d'animo <strong>dei</strong> propri comandanti e delle proprie truppe<br />
non stupisce, considerando che in tutta la durata della guerra Conrad si sarebbe recato<br />
a visitare il fronte personalmente solo tre volte. È evidente che, isolandosi fino a tal<br />
punto dalla realtà concreta della guerra, egli aveva perso ogni contatto con la<br />
situazione reale.<br />
Né mancarono le polemiche e i contrasti fra i vari comandi, come quello fra<br />
Conrad e Boroević in febbraio; o quello, assai increscioso, fra von Linsingen e<br />
Böhm-Ermolli (che giunse a chiedere, senza ottenerlo, l'esonero dal comando) ai<br />
primi di aprile; mentre ancor oggi gli storici austriaci e tedeschi si palleggiano, cpon<br />
reciproche accuse, la responsabilità dell'insuccesso.<br />
Le condizioni climatiche e ambientali non consentirono molta libertà di manovra<br />
e non erano idonee a mettere in evidenza l'abilità tattica da parte <strong>dei</strong> comandanti. Nel<br />
complesso il generale Boroević fu probabilmente l'uomo più adatto per dirigere le<br />
operazioni dell'armata più importante. A differenza della maggior parte <strong>dei</strong><br />
comandanti austriaci (come Dankl, Auffenberg e lo stesso Conrad) egli non era<br />
succube di quanto la accademie militari presentavano come il principe di tutti i dogmi<br />
strategici: la classica manovra a doppio avvolgimento, come era stata tentata a<br />
Kraśnik, a Komarów e, in più vaste proporzioni, a Lemberg. Nella <strong>battaglia</strong> <strong>dei</strong><br />
<strong>Carpazi</strong> emersero le sue doti più consone alla situazione: quelle del difensore<br />
ostinato, ma elastico, disposto a effettuare ritirate parziali pur di mantenere integra<br />
l'efficienza cobattiva delle proprie truppe (come si vedrà nella <strong>battaglia</strong> di Gorizia e,<br />
poi, in quella della Bainsizza, sul fronte italiano dell'Isonzo).<br />
Per quel che riguarda l'abilità di manovra, l'unico comandante austriaco che ebbe<br />
l'opportunità di mettersi in luce fu il Pflanzer-Baltin, le cui operazioni si svilupparono<br />
quasi interamente al di là della catena montuosa. Anche se la sua azione avvolgente<br />
su Dolina, perno strategica dell'ala sinistra russa, venne a mancare nel momento<br />
decisivo, la lotta da lui abilmente guidata nel marzo e nell'aprile contro forze assai<br />
superiori fu un piccolo capolavoro di abilità tattica. Per inciso, possiamo ricordare<br />
che nella fatale <strong>battaglia</strong> di Łuck (che fu per l'esercito austro-ungarico, dal punto di<br />
vista morale, quello che sarà la <strong>battaglia</strong> di Stalingrado per l'esercito tedesco nella<br />
seconda guerra mondiale) Pflanzer-Baltin non fu altrettanto fortunato, anzi l'alleato<br />
era talmente convinto che egli avesse perduto la fiducia <strong>dei</strong> soldati, da chiederne<br />
categoricamente la sostituzione.<br />
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