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RATTI L., Musica e immaginazione. Un confronto tra Roger Scruton e Nicholas Cook. Tesi di laurea<br />
presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di laurea in filosofia, a.a.<br />
2008/2009.<br />
ROSEN CH., The Romantic Generation, Cambridge, Harvard University Press 1995; tr. it. a cura di G.<br />
Zaccagnini, La generazione romantica, Milano, Adelphi 1997.<br />
RUWET N., Langage, musique, poésie, Paris, Éditions du Seuil 1972; tr. it. di M. Bortolotto, L. Geroldi,<br />
E. De Angeli, Linguaggio, Musica, Poesia, Torino, Einaudi 1983.<br />
SARTRE J.-P., L’imaginaire. Psychologie phénoménologique de l’imagination, Paris, Gallimard 1940<br />
(ed. riveduta 1986); tr. it. a cura di R. Kirchmayr, L’immaginario. Psicologia fenomenologica<br />
dell’immaginazione, Torino, Einaudi 2007.<br />
SCRUTON R., The Aesthetics of Music, New York, Oxford University Press 1997.<br />
STRAVINSKY I,, CRAFT R., Dialogues and a Diary, New York, Doubleday 1963.<br />
STRAVINSKY I., Themes and Conclusions, London, Faber & Faber 1972.<br />
DOMENICO GIANNETTA<br />
Il primo libro dei Préludes di Claude Debussy: tonalità ed interferenze modali<br />
L’interpretazione armonica della musica di Claude Debussy rappresenta una vera sfida per lo studioso.<br />
Una lettura di tipo funzionale, infatti, è destinata a naufragare in partenza, rivelandosi completamente<br />
inadeguata a spiegare la relazione che si instaura fra le diverse armonie. Ma anche un approccio<br />
esclusivamente modale, che tenga conto della presenza di particolari sistemi sonori cari al compositore<br />
francese (scala per toni interi, pentafonia ecc…), non basta da solo a far luce sulla complessità del suo<br />
linguaggio musicale.<br />
Gli studiosi, a tal proposito, hanno coniato il concetto di ‘armonia defunzionalizzata’ per sottolineare il<br />
fatto che la relazione fra i diversi aggregati sonori, piuttosto che ubbidire alle regole che sovrintendono<br />
alla scienza armonica dei secc. XVIII–XIX, sembra scaturire da esigenze puramente sonoriali: il moto<br />
delle parti, ed in particolare gli scivolamenti per grado congiunto, producono quasi incidentalmente degli<br />
aggregati sonori che si giustappongono o si contrappongono a seconda dei casi.<br />
In realtà Debussy non rinuncia mai del tutto al potere unificatore della tonalità, e segnatamente a quei<br />
moti cadenzali codificati dalla tradizione che producono un senso di appagamento nell’ascoltatore:<br />
assistiamo spessissimo, infatti, a successioni al basso che richiamano la cadenza perfetta V–I, oppure a<br />
percorsi armonici più articolati che potremmo tranquillamente analizzare con la classica simbologia<br />
funzionale. Ma allo stesso tempo nella sua musica vi è un continuo alternarsi di strutture scalari sempre<br />
diverse, grazie alle quali il linguaggio armonico si arricchisce enormemente ed assume un carattere<br />
cangiante e molto personale.<br />
La vera essenza della musica debussyana, quindi, sembra fondarsi proprio sulla perfetta coesistenza fra<br />
due procedimenti molto diversi: tanto centripeto, in quanto basato sulla tonica e sulla logica armonica<br />
tradizionale, il primo, quanto invece centrifugo e vòlto a creare atmosfere suggestive ed inaspettate il<br />
secondo.<br />
Questo modus operandi raggiunge la sua massima efficacia allorquando Debussy riesce a conciliare gli<br />
opposti, ed in particolare a far convivere il sistema tonale con la scala per toni interi, ovvero con il<br />
sistema sonoro che più di ogni altro sembrerebbe contraddire le esigenze dell’armonia tonale: come<br />
sappiamo, infatti, la tonalità si basa sulle relazioni di quinta, ed in particolare sull’opposizione tonica–<br />
dominante, mentre invece in un sistema sonoro di tipo esatonale non sono presenti intervalli di quinta<br />
giusta, ed anzi al suo interno vige una sostanziale equiparazione ed indifferenziazione funzionale fra i<br />
diversi gradi della scala.<br />
L’integrazione fra tonalità e modalità, poi, diventa ancora più evidente nel caso dei modi pentatonici,<br />
anch’essi molto frequenti nella musica di Debussy: la loro peculiarità, infatti, è quella di essere<br />
‘contenuti’ nei modi eptafonici diatonici, e quindi possono essere sfruttati per entrare e uscire dalla<br />
tonalità, o per effettuare una transizione fra diversi centri tonali. Un'altra perfetta sintesi fra tonalità e