Es. 35 – Elaborazione ritmica di a nella sezione D (segue) Es. 35 – Impiego di figure ritmiche speculari (bb. 16-17) Per quanto riguarda l’aspetto armonico: Es. 36 – Segmentazione modale del soggetto principale
MARCO MONTAGUTI La ‘musique concrète instrumentale’ Il termine ‘musique concrète instrumentale’ – non a caso coniato in francese, derivando da ‘musique concrète’ di P. Schaeffer - è stato creato, già negli anni Sessanta del XX secolo, dal compositore tedesco Helmut Lachenmann per definire la sua musica, una musica che parte dal ripensamento degli strumenti tradizionali, considerati innanzitutto come oggetti - sonori, beninteso - da ‘riscoprire’, o semplicemente da scoprire fino in fondo, perchè essi non hanno ancora svelato tutte le loro possibilità, sia come singoli che in gruppi, fino alla grande orchestra. Determinante, nella concezione della ‘musique concrète instrumentale’, è la centralità, via via conquistata nel corso degli anni, del ‘suono’, centralità che ha generato un nuovo rapporto con esso e con gli strumenti in particolare, sia da parte degli esecutori che dei compositori. In un tempo relativamente breve, infatti, se si pensa alla portata della novità, grazie anche allo sviluppo delle nuove tecnologie, il rapporto dei compositori con la musica passa da speculativo a fisico, da astratto a concreto – non si parlerà allora più di altezze, di intervalli, di grappoli di note, di accordi ecc., ma di ‘suoni’: la nuova concezione arriverà dunque ad investire, a condizionare, e anche a generare completamente il pensiero; il rapporto tra compositore e strumentista diventa allora simbiotico, arrivando anche all’esclusività. In questo contesto non cadono comunque nell’obsolescenza gli strumenti ‘tradizionali’ della tecnica compositiva, che anzi trovano nuova linfa vitale: il contrappunto non è allora più di linee, ma diventa di atteggiamenti, di situazioni, magari conviventi nella stessa parte strumentale – ad esempio il movimento delle due mani di uno strumentista ad arco -, la verticalità non è più una sovrapposizione di parti, ma un nuovo suono, prodotto da un nuovo strumento (la somma di quelli che in quel momento intervengono). Tale musica impone quindi un ascolto ‘nuovo’ - una rimessa in gioco del fruitore fin nel profondo, momento per momento -, un ascolto che non solo impone a chi lo pratica di ripensare il proprio approccio con la musica – colta o non -, ma anche di riconsiderare criticamente la propria inclinazione (o tendenza) a cercare di cogliere, fors’anche per comprenderla – e magari anche ad analizzarla – meglio, nella musica di oggi, più gli elementi di continuità con la tradizione (innegabili, peraltro), trascurando invece quelli innovativi, soprattutto di pensiero, che la originano. Come è poi facile intuire, la ‘musique concrète instrumentale’ propone anche problemi di grafia, la soluzione dei quali è strettamente legata alla sua comprensione prima, ed esecuzione poi. In un periodo in cui la grafia sembrava aver trovato un ‘lessico’ comune, anche grazie alla conclusione delle sperimentazioni a tutto campo, la ‘musique concrète instrumentale’ riapre il discorso. Osservando infatti le legende delle opere di Lachenmann, che possiamo considerare parte integrante della partitura, si possono reperire indicazioni, precisissime e dettagliatissime, che, molto più che semplici ‘note per l’esecuzione’, vanno considerate esemplificazioni del pensiero del compositore. La parte finale dell’intervento sarà dedicata alle intuizioni di Giacinto Scelsi - che va visto a mio avviso come un precursore del posizionamento dell’interesse dei compositori sulla centralità del suono. Egli, infatti, focalizzando il suo interesse per la ‘fisicità’ sonora in un epoca assai precedente a quella in cui, ad esempio, le nuove tecnologie avranno il loro sviluppo, cominciò a procurarsi gli strumenti per tradurla in musica: nuove modalità esecutive – sia vocali che strumentali – richieste agli interpreti, utilizzi inediti degli strumenti (si pensi ad esempio alla chitarra usata come strumento a percussione in Ko-tha), ma anche accostamenti inusuali (flauto in sol, gong e piccolo campanaccio in Hyxos). Naturalmente l’operazione di Scelsi va adeguatamente contestualizzata, poichè, se Helmut Lachenmann perviene all’elaborazione del suo pensiero e della sua poetica compositiva da uomo pienamente inserito nella sua epoca, non solo come musicista, ma anche come intellettuale in senso lato – in questo senso particolarmente significativa è l’opera Das Mädchen und den Schwefelhölzern –, il compositore ligure, di famiglia aristocratica e di formazione, sia culturale che musicale, extrascolastica, denuncia una forte attitudine al misticismo e la sua visione della musica è fortemente improntata a ciò. La trattazione, supportata da esemplicazioni audio e video, ha quindi l’obiettivo di mettere a fuoco un approccio al suono che, non avendo finora purtroppo suscitato, se non indirettamente, grande interesse nei compositori contemporanei del nostro Paese, è rimasto anche ai margini degli studi e delle ricerche compiuti su tale repertorio.