Marzo 2013 - Parrocchiadisalo.It

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Siamo a febbraio e sto esaminando un piccolo programma che esibisce in prima pagina il disegno di una mano che bussa davanti a una porta chiusa. Il messaggio, già chiaro, viene esplicitato dal sottotitolo: bussiamo con fede alla porta della misericordia. Dopo aver notato all’interno il programma dettagliato degli incontri per gli Esercizi Spirituali, leggo nel retro del significativo messaggio, una triplice riflessione di tipica atmosfera pasquale imperniata su tre espressioni latine che traduco con facilità senza (purtroppo!!) identificarne gli autori: victimae paschali laudes immolent christiani; Agnus redemit oves Christus innocens patrir conciliavit peccatores; mors et vita duello conflixere mirando; dux vitae mortuus regnat vivus. Dopo aver apprezzato l’impegno qualificante dell’iniziativa che è venuta a coincidere significativamente anche con un caldo momento elettorale, mi soffermo compiaciuta sull’uso dell’antica lingua latina alla quale ho dedicato un’intera vita di studi e di professione e cerco di arricchire la mia fragilità con quei messaggi. Essendo contemporaneamente reduce dallo spettacolo (offerto al teatro Strehler di Milano), del Macbeth di Shakespeare il cui protagonista è un soldato sanguinario che non solo uccide in guerra ma porta la violenza anche dentro le mura domestiche (perché posseduto dalla malvagità impunita del potere), il meditare sulle riflessioni offerte dal programma parrocchiale ha rappresentato una vera e necessaria catarsi spirituale. Non potevo non essere colpita, come tutti, dalle dimissioni di Papa Benedetto del 10 febbraio e dalla felice constatazione dell’uso della lingua latina (di cui ho immediatamente recuperato il testo) e sulla quale mi sono soffermata a lungo. L’occasione offerta al mondo permette di capire il pensiero del Santo Padre, di penetrare nel profondo dei sentimenti, di catturare la sua autentica riflessione, la forza dei sentimenti e il segno di un destino di alto profilo. Il messaggio viene offerto con una intensità inaudita e nel volto del Pontefice si avvertono le tracce di una profonda domanda interiore che deve aver scavato non poche dolorose ferite a causa della persona- Invito alla lettura a cura di Nerina Lugli Semplice e umile lavoratore della vigna Il cristianesimo non è opera di persuasione, ma di grandezza; non va cioè ostentato, ma vissuto (I. di Antiochia). Benedetto Antelami Il Lavoratore della Vigna Battistero di Parma le e straordinaria coscienza religiosa e morale. Dopo lo stupore iniziale e lo sgomento conseguente, credo che la decisione forte del Papa si sia mutata, per ogni ascoltatore, nel bisogno intimo di esaminare se stesso, di rivedere le proprie frequenti fragilità umane, di rinnovarsi attraverso la riflessione suscitata da quelle parole semplici, ma decisive, da quella commozione forzatamente sottintesa e forse anche dalle lacrime trattenute. Siamo stati coinvolti in una personale consapevolezza perchè “la vita è sempre una scelta dolorosa ma è forte se diventa dignitosa conquista” (M. Poggialini – Avvenire). Ognuno di noi, credo, tramite il teleschermo, è rimasto inchiodato davanti all’immagine di quel vecchio volto, di quel sorriso velato. Come conseguenza è stato indotto naturalmente a pensare a se stesso, a fare il bilancio delle proprie scelte di vita ed anche, nell’intimo, a formulare con intensa partecipazione una preghiera, perché il cammino di ognuno sia percorso con dignità e non venga a mancare mai al Santo Padre e a noi tutti il conforto e l’aiuto che sono indispensabili per affrontare, con umiltà cosciente il cammino personale da compiere, soprattutto se è “naturalmente” breve. Così la televisione ha compiuto inconsapevolmente una profonda e forse inattesa funzione: registrando l’evento, che ha sorpreso il mondo intero, ha indirettamente favorito una meditazione personale sulle scelte decisive dell’esistenza dell’uomo sulla terra. Non poco stupore ha suscitato l’uso di una lingua che attraverso i secoli è stata codificata e consacrata sugli altari del mondo, ma che nella contemporaneità, appare largamente superata. Non mancano di certo i sapienti cultori di questi moduli linguistici (che faticosamente sopravvivono nei nostri licei…) i quali si sono scatenati con entusiasmo, convinti della sobria efficacia e della universale dignità della lingua latina. Ne è derivata un’analisi testuale rigorosa nella quale è stato evidenziato un latino moderno costruito con prestiti ricavati da autori di diverse epoche che, nel testo papale, formano un mosaico che abbraccia due millenni di latinità. Viene apprezzata l’espressione adottata per indicare la vecchiaia (ingravescente aetate) di ciceroniana memoria e vengono sottolineati i riferimenti all’epoca classica, da Quintiliano a Plinio. Naturalmente trattandosi di studiosi colti e stimati (Luciano Canfora sul Corriere) non mancano le sottolineature in rosso dovute “a sviste” imputabili a qualche collaboratore turbato dalla gravità dell’annuncio e una caduta sintattica da sottolineare: quando infatti in apertura si parla di una decisione di grande rilevanza, si usa l’espressione PRO ecclesiae vitae (errore facilmente identificabile anche da uno studente di modesta cultura) al posto di Vita. Gli studiosi della lingua latina si rammaricano che siano stati commessi questi errori (forse dovuti al turbamento e alla fretta!) in un testo destinato a passare alla storia. È superfluo concludere che questi rilievi linguistici nulla tolgono al valore del messaggio che tutto il mondo con vivissima partecipazione ha accolto con l’implicita forte consapevolezza che è indilazionabile approfondire i valori che ispirano la nostra fede per vivere una quotidianità che diventa ogni giorno più difficile e complessa. Anno LXII - n. 3 Marzo 2013 22 Anno LXII - n. 3 Marzo 2013
È richiamata nell’Esodo quanto Dio disse…questo mese sarà per voi il principio dei mesi, sarà il primo mese dell’anno (23, 5) e viene riportato nel Libro dei Numeri quando il primo mese del secondo anno dopo l’uscita dall’Egitto Dio parlò a Mosè nel deserto del Sinai e gli disse… i figli di Israele celebreranno la Pasqua nel tempo stabilito, il 14 di questo mese sull’imbrunire e sarà celebrata al tempo fissato secondo tutti i suoi statuti e tutti i riti prescritti ( 9, 2). E la Pasqua fu sempre rispettata come accadde anche in quell’anno quando giunto…il primo giorno degli Azzimi che era di Giovedì, Gesù rispettò la tradizione, rinunziò a ritirarsi a Bethania sul Monte degli Ulivi come aveva fatto nelle notti precedenti e inviò Pietro e Giovanni a preparare la cena. Strano invito il suo, perché questo avrebbe dovuto essere compito di Giuda, l’economo, l’amministratore, ma Giuda era occupato a ordire il suo tradimento e non doveva essere aiutato a conoscere il luogo dove si sarebbe consumata l’ultima cena del Maestro, punto culminante del suo magistero con l’istituzione della Eucarestia. Trovata la sala che li avrebbe ospitati, la cena si svolse come era l’uso: le quattro coppe rituali del vino che si bevevano in tempi diversi (la prima, prima di porsi a tavola, la seconda che introduceva la cena, la terza a cena avviata e infine la quarta come ringraziamento finale), il pane azzimo, le erbe agresti con la salsa e l’agnello arrostito. E la cena era da poco cominciata quando fra i discepoli, certo per occupare i posti più vicini al Maestro, sorse una disputa …riguardo a chi di loro appariva esser maggiore, una disputa assurda agli occhi di Gesù che, vedendo che non diminuiva, non sprecò parole, ma deposte le vesti e preso un catino colmo d’acqua, cominciò a lavare i piedi ai commensali. Un gesto di massima umiltà che sconcertò i discepoli, ma che non Anno LXII - n. 3 Marzo 2013 Altre note... a cura di Giancarlo Giacomuzzi Giovedì Santo - L’ultima cena scompose Gesù il quale, terminata la lavanda e indossate nuovamente le vesti, riprese a cenare dicendo … chi si è lavato non ha bisogno di lavarsi, è mondo interamente; voi siete mondi, ma non tutti. Questa frase tolse la serenità alla compagnia e turbò i discepoli che cominciarono a chiedersi a chi fra loro si fosse riferito il Maestro. La risposta la riceverà Giovanni, il discepolo prediletto che sedeva alla sua destra …è quello a cui intingerò il boccone e glielo darò e staccato un pez- «Ultima cena» del Romanino in Santa Maria della Neve a Pisogne zo di pane Gesù lo intinse e lo dette a Giuda che lasciò la stanza e si immerse nella notte del suo tradimento. Giuda dunque era assente quando il banchetto pasquale prossimo alla sua fine, forse si era giunti alla terza coppa, si illuminò dei successivi gesti del Maestro che preso del pane, ne staccò dei pezzi che distribuì agli Apostoli dicendo…prendete e mangiate; questo é il corpo mio, che per voi è dato, ciò fate nel mio ricordo, poi ancora alzando il calice …questo calice è il nuovo testamento del sangue mio, che per molti è versato, ciò fate, quante volte beviate, nel mio ricordo. Non sappiamo come reagirono i discepoli a tale doppia azione di Gesù, certo è che venticinque anni dopo Paolo in una lettera ai Corinzi (1Cor, 11-23/29) presenta l’Eucarestia come rito stabile e abituale ed assai maggiore impressione ne ricevette in tempi successivi la primissima società cristiana. Gesù aveva già fatto riferimento a questo mesi prima a Cafarnao, ma fino all’ultima cena egli non aveva offerto ai discepoli maniera di eseguire questo comando così essenziale da rinnovarsi nel tempo …ciò fate …nel mio ricordo, e l’istituzione della Eucarestia è chiaramente l’intenzione di fondare una nuova religione, con un suo ben distinto rito che ricordasse perennemente la vita e la morte redentrice del suo fondatore. Con la consumazione della quarta coppa la cena ha termine, ma la comitiva si intrattiene nella sala a conversare e Gesù prima anticipa loro il suo prossimo martirio ricordando la profezia di Zaccaria …insorgi spada contro il mio pastore …percuoti il pastore e sian disperse le pecorelle (Zc. 13,7), poi li rassicura … dopo che io sia risorto vi precederò in Galilea. Segue il momento della predizione della reiterata negazione di Pietro, perché il discepolo è bellicoso, dice di essere pronto a difendere il suo Maestro anche con la spada contro ogni pericolo…con te sono pronto ad andare in carcere e a morte e Gesù con pazienza lo avverte …questa notte prima che il gallo abbia cantato due volte, mi avrai rinnegato tre volte. Ci sono due spade nella sala e i discepoli tentano l’impossibile, ma Gesù per l’ultima volta li zittisce …basta così. Seguono gli ultimi colloqui riferiti dal solo Giovanni (Gv. 14/16): l’amore per il Padre Celeste, l’amore per i discepoli, il Padre al quale ritorna, i discepoli dai quali si allontana, l’invito a…custodire i suoi comandamenti, ad aver fede in lui e nelle sue opere, a confidare nello Spirito della verità, a vivere in pace. È la conclusione del suo percorso di predicatore alle genti durato quasi tre anni sulle strade della Galilea e della Giudea, la fase nella quale i discepoli prendono coscienza che il Maestro ritornerà da loro dopo la resurrezione per avviarli a predicare la buona novella per le vie del mondo. Quindi Gesù uscì nella notte …di là dal torrente del Cedron ove era un giardino nel quale entrò con i suoi ed il giardino, un oliveto che ancora si può ammirare, si chiamava Gethsemani. 23 Anno LXII - n. 3 Marzo 2013
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