Lo sviluppo della persona nella discontinuità - Agesci Emilia ...
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L O S V I L U P P O D E L L A P E R S O N A N E L L A D I S C O N T I N U I T À<br />
struzione <strong>della</strong> <strong>persona</strong>, cioè dell’esistere<br />
umano. La perdita <strong>della</strong> coerenza<br />
significa pazzia, coma, morte o animalità.<br />
Se il mio agire fosse radicalmente<br />
schizofrenico, cioè senza continuità,<br />
la frattura che si creerebbe fra<br />
un atto e l’altro manifesterebbe la<br />
frantumazione <strong>della</strong> <strong>persona</strong>lità agente,<br />
cioè la mia frantumazione. All’Io<br />
iniziale si sostituirebbe l’attore <strong>della</strong><br />
nuova azione, completamente avulso<br />
dal primo, e causa <strong>della</strong> sua sparizione.<br />
Quest’Io sarebbe destinato, a sua volta,<br />
ad essere sostituito da un nuovo attore,<br />
sempre estraneo e ignaro del precedente,<br />
sempre causa del suo dissolvimento<br />
e così via, all’infinito, in una<br />
totale perdita di autocoscienza. Solo<br />
una conquistata capacità di mantenere<br />
un legame tra ciò che ho fatto, e<br />
quindi sono, e ciò che farò, e quindi<br />
sarò, può far emergere il mio esistere<br />
dalle tenebre dell’incoscienza. Se perdo<br />
la memoria, perdo me stesso, perdo<br />
ogni possibilità di affrontare il futuro:<br />
non riesco più a pensare, a parlare,<br />
ad essere.<br />
Per questo l’esistere,che è frutto <strong>della</strong> fedeltà,<br />
si presenta come un compito, come<br />
una costruzione, come un impegno.<br />
Il rischio è che la fedeltà diventi attaccamento<br />
a una maschera, a una realtà<br />
statica, esteriore e fredda, che ci opprime<br />
e ci umilia, in uno sforzo continuo<br />
di essere ciò che non siamo, e che non<br />
saremmo mai dovuti diventare.<br />
La fedeltà a noi stessi è ben altro. È la<br />
ricerca umile e serena delle nostre potenzialità,<br />
dei nostri limiti, in definitiva<br />
<strong>della</strong> nostra individualità, irripetibile<br />
e diveniente. È attingere a un humus<br />
profondo, che ci è dato, ma che<br />
<strong>nella</strong> sua ambivalenza richiede una costante<br />
capacità di scelta e di conversione.<br />
Noi e solo noi abbiamo di<br />
fronte le infinite possibilità di un viaggio<br />
ancora da compiere, che richiede<br />
le nostre originali caratteristiche, ma<br />
che non è tracciato e che, se non lo<br />
compiremo, non esisterà mai.<br />
Per questo i due elementi che ci costituiscono:<br />
l’essere nel tempo e lo scegliere,<br />
implicano un continuo, radicale<br />
cambiamento e un rischio costante.<br />
La scelta<br />
Scegliere è cosa seria, rischiosa, angosciante.<br />
Le scelte autentiche non sono<br />
quelle tra il gelato al pistacchio e quello<br />
al limone, tra la carriera di avvocato<br />
o quella di medico. Le scelte vere<br />
non sono neppure quelle tra il matrimonio<br />
e il celibato, tra l’occidente e il<br />
terzo mondo.<br />
Scegliere significa responsabilmente<br />
cimentarsi con il concetto di colpa.<br />
L’unica scelta umanamente qualificante<br />
è quella che pone di fronte alla reale<br />
possibilità di peccare, che affida alle<br />
mani di un uomo la sua eterna salvezza<br />
o la sua definitiva dannazione, in un<br />
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atto lucidamente e responsabilmente<br />
voluto.<br />
È solo di fronte all’autentico, non<br />
edulcorato concetto di colpa, che la<br />
<strong>discontinuità</strong> può trovare la sua ragion<br />
d’essere. La conversione, mutamento<br />
radicale e consapevole, è il segno di<br />
una <strong>discontinuità</strong> maturata e coerente<br />
con un passato vinto, perché non dimenticato,<br />
non sepolto. Un essere capace<br />
di salvezza o dannazione, questo<br />
è l’uomo che, nel momento di massima<br />
fedeltà a se stesso, scopre la sua intima,<br />
inconfondibile tensione verso un<br />
dover essere, verso un miglioramento,<br />
che è sete dell’altro, e, al fondo, del totalmente<br />
Altro.<br />
Gian Maria Zanoni