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<strong>Campo</strong> de’ fiori 11<br />
Contributo alla comprensione<br />
del “secondo” Battisti<br />
... continua dal numero 58<br />
Se si vuol <strong>di</strong>struggere un e<strong>di</strong>ficio si attaccano<br />
le fondamenta.<br />
Battisti fa questo, azzerando “la routine<br />
del cantar leggero” <strong>di</strong>struggendo sintassi e<br />
semantica dei testi – e la musica che vi si<br />
lega – col paroliere Panella.<br />
È un’operazione che somiglia molto alla<br />
catarsi, alla purificazione, per partire <strong>di</strong><br />
nuovo corroborati da una nuova frizzante<br />
energia. Mi sono chiesto se questa scelta<br />
sia stata dettata a Lucio da una narcisistica<br />
convinzione: “la mia musica è un linguaggio<br />
talmente forte e profondo da fare<br />
a meno <strong>di</strong> storie da raccontare e posso<br />
<strong>di</strong>mostrarlo seminando a caso parole slegate,<br />
neologismi incomprensibili, ossimori<br />
ed altre figure retoriche, che affascinano,<br />
ma che risultano <strong>di</strong>fficili da collegare alla<br />
sfera delle esperienze personali”.<br />
Tre parole <strong>di</strong> fila, un aggettivo collegato al<br />
soggetto in modo surreale, mostrano realtà<br />
nascoste, emozioni che valicano il dato<br />
sensibile, confondendosi, talvolta, in un<br />
sogno sognato.<br />
È l’essenza stessa del surreale che cerca e<br />
trova la verità, non solo nella sfera razionale<br />
delle esperienze concrete e reali, ma<br />
anche nell’intrecciarsi onirico della nostra<br />
irrazionalità e dell’emotività.<br />
Nonostante l’irriverenza <strong>di</strong> stampo dadaista,<br />
in uno con l’anticonformismo e la provocazione<br />
<strong>di</strong> Panella, i testi sono misteriosi<br />
ma stimolanti.<br />
Non piacciono a tutti, ma se ne sospende<br />
il giu<strong>di</strong>zio rimandandolo a tempi più maturi<br />
per capirne l’avanguar<strong>di</strong>a.<br />
La scelta <strong>di</strong> Battisti–Panella si gioca sulla<br />
semantica delle parole.<br />
L’esperienza della musica/parola esorbita<br />
dal conformismo musicale, circoscrive<br />
nuclei vuoti, si avventura in significanti e<br />
significati solo in modo occasionale. Si<br />
configura, prima <strong>di</strong> tutto, come sostanza<br />
del ritmo.<br />
L’aspetto lu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> questa ricerca configura<br />
ogni parola in cerca <strong>di</strong> un suo corpo visivo<br />
all’interno <strong>di</strong> una commistione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci e<br />
della contaminazione tra parole, strumentazione<br />
tecnologica e suoni.<br />
Si ricrea un collage <strong>di</strong> suoni/immagine<br />
evocate, <strong>di</strong> fonemi e lessemi che emergono<br />
come frammenti da un magma sonoro<br />
continuo, fondato sulla compenetrazione e<br />
la sincronia, come le figure <strong>di</strong> un quadro<br />
ribaltate sulla superficie bi<strong>di</strong>mensionale. In<br />
ogni caso si cerca <strong>di</strong> rendere opaca la<br />
parola, in modo da impe<strong>di</strong>rle la transitività<br />
imme<strong>di</strong>ata voluta dalla comunicazione corrente.<br />
La scrittura tende a darsi un corpo nuovo<br />
senza peso, privo <strong>di</strong> contorni definiti e<br />
pronto a qualsiasi metamorfosi. In questo<br />
senso non sembra azzardato un parallelismo<br />
tra l’opera <strong>di</strong> Magritte ed il nuovo<br />
corso <strong>di</strong> Battisti–Panella.<br />
Nelle arti visive l’artista belga indaga il rapporto<br />
parola-immagine, facendoli coesistere<br />
sulla tela e forzando nell’osservatore<br />
una riflessione sul co<strong>di</strong>ce semantico che li<br />
configura nel pensiero comune e che li<br />
rende più o meno arbitrariamente reali (si<br />
veda, ad esempio, una delle versioni <strong>di</strong><br />
Ceci n’est pas une pipe). Il fine è sempre<br />
creativo e sottolinea l’ambiguità delle<br />
parole in uno con i limiti del linguaggio.<br />
Non paia blasfemo un ulteriore parallelismo<br />
con l’accostamento degli esiti battistiani<br />
alla ricerca filosofico-linguistica <strong>di</strong><br />
Wittgenstein.<br />
Per questi il significato della realtà sta proprio<br />
nei nostri infiniti mo<strong>di</strong> d’interpretazione<br />
della stessa, come se il mondo non<br />
fosse altro che occasione linguistica: “ciò<br />
che l’immagine deve avere in comune con<br />
la realtà, per poterla raffigurare (correttamente<br />
e falsamente) nel proprio modo, è<br />
la forma <strong>di</strong> raffigurazione propria dell’immagine...;<br />
i limiti del mio linguaggio significano<br />
i limiti del mio mondo...; su ciò <strong>di</strong><br />
cui non si può parlare si deve tacere”. I<br />
suoni, le parole e le immagini danno un<br />
senso al mondo, ma il mondo è totalmente<br />
autonomo rispetto<br />
alle nostre capacità<br />
e possibilità linguistiche:<br />
noi ci<br />
muoviamo all’interno<br />
<strong>di</strong> questa vertiginosa<br />
separatezza.<br />
Tornando sul versante<br />
della ricerca<br />
musicale intrapresa<br />
da Battisti e<br />
Panella, possiamo<br />
notare che, ad<br />
essere minato, è il<br />
significato che<br />
<strong>di</strong>amo alla sequenza<br />
delle lettere e,<br />
successivamente,<br />
alla stessa sintassi.<br />
Non solo.<br />
È ancora la sequenza<br />
dei suoni vocali<br />
che dev’essere collegata<br />
alle note<br />
musicali.<br />
L’idea è rivoluzionaria.<br />
Sembra ridurre<br />
una canzone ai rapporti<br />
<strong>di</strong> suoni sillabici<br />
e delle parole<br />
<strong>di</strong> Ettore Racioppa<br />
all’interno <strong>di</strong> un ritmo musicale.<br />
I testi panelliani compongono una sequenza<br />
<strong>di</strong> suoni corti, fissati nell’esprime un<br />
concetto e, subito dopo, negarlo con il<br />
concetto opposto (io ti vorrei incontrare<br />
però non lo vorrei; aperti come i mari/ e<br />
come i mari chiusi), oppure nella ripetizione<br />
ossessiva delle finali (niente per niente…pungente…vincente):<br />
scelte provocatrici<br />
che paiono rispondere sempre più ad<br />
esigenze fonetiche.<br />
Sembra ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> vedere, da “Don<br />
Giovanni” ad “Hegel”, un processo d’impoverimento<br />
semantico a vantaggio <strong>di</strong> un<br />
ritmo assoluto fatto <strong>di</strong> sola musica. Con<br />
“Hegel” il processo è compiuto, si giunge<br />
all’astrazione, al bud<strong>di</strong>stico mormorio in<strong>di</strong>stinto<br />
e piatto <strong>di</strong> mantra laici.<br />
Forse l’estremo limite cui poteva aspirare<br />
una ricerca così coraggiosa da rimettere in<br />
<strong>di</strong>scussione le scelte vittoriose senza<br />
tempo alla ricerca <strong>di</strong> un tempo assoluto.<br />
Del resto, anche la data scelta per l’uscita<br />
dell’ultima raccolta, il 29 settembre, sembra<br />
proprio rappresentare il desiderio<br />
inconscio <strong>di</strong> chiudere lì la sua avventura<br />
artistica, iniziata realmente col successo<br />
della celebre “29 settembre” nell’ormai<br />
lontano 1967.<br />
Una sorta <strong>di</strong> alfa e omega coincidenti che<br />
lo renderanno mito per lungo tempo a<br />
venire.