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di barzellette - Circolo culturale Giancarlo Costa

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Piazza della Scala<br />

in una stampa<br />

ottocentesca<br />

Grazie<br />

al sapiente uso<br />

del <strong>di</strong>aletto<br />

milanese,<br />

Carlo Porta<br />

sostiene<br />

la posizione<br />

romantica<br />

nel <strong>di</strong>battito<br />

tra i nuovi poeti<br />

e il classicismo<br />

Né si può <strong>di</strong>menticare il potente affresco de La nomina<br />

del Cappellan, in cui una dama altezzosa e conformista,<br />

la Marchesa Paola Cangiasa, sceglie, attraverso<br />

un sussiegoso maggiordomo, il nuovo cappellano <strong>di</strong><br />

palazzo. Poiché in casa dopo la padrona viene subito al<br />

secondo posto la cagnetta, la Lilla, il cui accompagnamento<br />

a passeggio rientra nei compiti del Cappellano,<br />

viene alla fine scelto tra tanti postulanti non molto<br />

puliti e male in arnese, quello che sembra essere più<br />

gra<strong>di</strong>to alla poco simpatica bestiola. Solo alla fine si<br />

saprà che il fortunato aveva in tasca tre o quatter fett/<br />

de salamm de basletta…<br />

Del <strong>di</strong>aletto il Porta si serve anche per sostenere, dopo<br />

il 1815-16, la posizione romantica nel <strong>di</strong>battito tra i<br />

nuovi poeti e i classicisti, <strong>di</strong>mostrando pure così, oltre<br />

che nell’uso <strong>di</strong> una metrica sciolta, armonica e regolarissima,<br />

soprattutto nelle ottave ariostesche e negli<br />

endecasillabi , che l’utilizzo del <strong>di</strong>aletto milanese non<br />

si risolve affatto per lui nelle “bosinate” dalla facile<br />

comicità o nelle poesie d’occasione, come fa notare<br />

Dante Isella, il grande stu<strong>di</strong>oso soprattutto della filologia<br />

portiana. Il <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong>venta così uno strumento<br />

linguistico frutto <strong>di</strong> elaborazione <strong>culturale</strong> e tanto ampio<br />

nel respiro da poter affrontare anche temi <strong>di</strong> poetica<br />

e argomentazioni a sostegno della nuova corrente<br />

<strong>culturale</strong>.<br />

A buon <strong>di</strong>ritto il Porta rientra nel <strong>di</strong>battito <strong>culturale</strong> dell’epoca,<br />

<strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> aver perfettamente in<strong>di</strong>viduato<br />

l’elemento strutturale fondativo del Romanticismo,<br />

che consiste nel rifiuto delle regole cosiddette aristoteliche<br />

e nella riven<strong>di</strong>cazione dell’assoluta libertà del<br />

poeta nelle tematiche e nel linguaggio. Naturalmente<br />

14 I L VA G L I O<br />

lo fa assecondando lo spirito spregiu<strong>di</strong>cato, scherzoso<br />

e ammiccante dell’i<strong>di</strong>oma milanese. Così, nel componimento<br />

intitolato “Il Romanticismo”, sotto forma <strong>di</strong><br />

una lettera a una signora, Madama Bibin (Barbara),<br />

che si era <strong>di</strong>chiarata avversa alla poesia romantica<br />

con competenza in merito quanto meno sospetta, il<br />

Porta spiega affettuosamente che la poesia è un fatto<br />

<strong>di</strong>namico, che segue come tutte le cose i movimenti<br />

della storia e lo spirito del tempo. Ma la chiusa della<br />

lunga epistola, secondo le migliori tra<strong>di</strong>zioni satiriche<br />

dell’inaspettato alla fine (fulmen in clausola secondo<br />

i Latini), paragona la libertà dei Romantici all’impossibilità<br />

<strong>di</strong> un passante nei pressi del Duomo <strong>di</strong> frenare<br />

i propri bisogni corporali: Fan tal e qual che fava quel<br />

bon omm/ che ghe criaven (che la scusa un poo)/perché<br />

el fava i fatt soeu depos al Domm:/ Se po’ no, se<br />

po’ no!..Ma mi la fo,… E il poeta conclude l’insolita<br />

quanto efficace similitu<strong>di</strong>ne con la frase S’el gaviss<br />

tort o no la <strong>di</strong>ga lee.<br />

Il successo che i testi poetici del Porta (a cui il Cherubini<br />

aveva riservato il XII volume della “Collezione<br />

delle migliori opere scritte in <strong>di</strong>aletto milanese” iniziata<br />

nel 1816) riportarono fin dalla loro prima uscita<br />

pubblica è testimoniato, tra le varie e numerose<br />

attestazioni, dal giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> un altro grande scrittore<br />

lombardo, Carlo Cattaneo: “…Fu allora che…il nostro<br />

<strong>di</strong>aletto si impregnò della più audace ironia. Nelle<br />

storie <strong>di</strong> Porta ella si unì a tutto il vigore e a tutta la<br />

verità <strong>di</strong> un <strong>di</strong>pinto fiammingo. La moderna poesia <strong>di</strong><br />

tutta Italia non ha una pagina che somigli alla parlante<br />

evidenza <strong>di</strong> quelle scene”.

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