di barzellette - Circolo culturale Giancarlo Costa
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a lui puntandolo col <strong>di</strong>to in<strong>di</strong>ce, come solo saprebbe<br />
fare un pazzo degenerato. Mirò una zona qualsiasi<br />
della sua superficie ed avanzò fino a toccarla con la<br />
punta del <strong>di</strong>to, approfittando dell’assenza <strong>di</strong> coperture<br />
che avrebbero protetto il movimento delle lancette.<br />
Aspettò, pazientemente, mentre un briciolo <strong>di</strong> cinismo<br />
gli storceva l’angolo della bocca, <strong>di</strong>segnando un ghigno<br />
quasi perfido ad attendere che la lancetta sbattesse<br />
contro il <strong>di</strong>to, sicuramente più forte del meccanismo<br />
che la faceva girare. E cosi fu.<br />
«Ecco, e adesso?»<br />
Certo era consapevole che quel gesto avesse del surreale.<br />
Sentiva la meccanica premere ripetutamente a<br />
scatti contro la carne e ciò gli infondeva una profonda<br />
sod<strong>di</strong>sfazione, tanto da alleviare ogni pensiero negativo<br />
che <strong>di</strong> solito lo accompagna ai risvegli. La lancetta<br />
si sfiancava invano con tutte le sue forze per proseguire<br />
ciò che era stato presumibilmente interrotto: lo<br />
scorrere del tempo.<br />
Ad un tratto si ricordò, non seppe come, che avrebbe<br />
dovuto prendere il bus delle se<strong>di</strong>ci e trentacinque che<br />
passava puntuale ogni giorno davanti casa sua. L’orologio<br />
era fermo e immobile sulle 4 e 32 circa. «Ma<br />
cosa stavo facendo?», pensò confuso, «Ah, sì! Ero già<br />
vestito e pronto per andare a sbrigare delle commissioni<br />
in città che mi sono proprio assopito sul <strong>di</strong>vano.<br />
E’ un miracolo che mi sia svegliato giusto giusto per<br />
prendere il bus. Che tempismo!», ragionò con sod<strong>di</strong>sfazione,<br />
«Saranno passati poco più <strong>di</strong> due minuti da<br />
quando ho bloccato l’orologio». E pigiò ulteriormente<br />
col <strong>di</strong>to quasi facendo flettere la superficie del cerchio.<br />
Indugiò ancora qualche minuto scrutando fuori dalla<br />
finestra. «Mah… ora saranno passati almeno cinque o<br />
ad<strong>di</strong>rittura sei minuti. Vorrebbe questo forse <strong>di</strong>re che<br />
stia veramente funzionando? Che sia riuscito in qualche<br />
maniera a fermare il…t…t…tempo? Ho sempre<br />
saputo <strong>di</strong> essere una persona speciale, ma fino a questo<br />
punto… mi sembra un esagerazione!». Guardò ancora<br />
fuori sulla strada. Niente. Nessun bus e per giunta non<br />
un autoveicolo o un passante che lo <strong>di</strong>silludesse dalla<br />
sua convinzione.<br />
Incominciò a preoccuparsi seriamente e a sudare qualche<br />
gocciolina. «Saremo almeno al settimo o all’ottavo.<br />
E’ impossibile!». Riflettendo su quest’assurda<br />
questione e perdendosi in qualche strana congettura,<br />
spostò ancora lo sguardo verso la finestra. Un ingombrante<br />
lamiera blu riempì in un lampo l’intera visuale<br />
della sua finestra, accompagnando il tutto con un rauco<br />
rombo <strong>di</strong> pistoni che saltellavano al minimo.<br />
Liberò imme<strong>di</strong>atamente la presa mortale con la quale<br />
teneva alle strette il passare dei secon<strong>di</strong> e, infilatosi le<br />
scarpe, cercò le chiavi ed aprì la porta in tutta fretta.<br />
Il blu volgare dell’autobus lasciava ora spazio ad un<br />
azzurrino sbia<strong>di</strong>to con tanto <strong>di</strong> macchiette bianche soffici,<br />
e puntini neri lontani che si rincorrevano in evoluzioni<br />
curvilinee. Spostò lo sguardo alla sua destra.<br />
L’autobus che l’avrebbe portato in città spernacchiava<br />
sgarbatamente dalla marmitta nella sua <strong>di</strong>rezione con<br />
un non so che <strong>di</strong> derisione, svignandosela a più non<br />
posso.<br />
Guardò l’orologio del campanile sopra i tetti delle case.<br />
Segnava le 4 e 36 del pomeriggio.<br />
«Puntuale come sempre».<br />
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Cultura&&&<br />
21<br />
Riflessioni<br />
“La persistenza<br />
della memoria”,<br />
Salvador Dalì (1931)