di barzellette - Circolo culturale Giancarlo Costa
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umorismo, scherno e scempiaggini facevano da padroni.<br />
Anche i trionfi avevano spesso il carattere <strong>di</strong><br />
festa popolare e, affinché il trionfatore non si elevasse<br />
troppo al <strong>di</strong> sopra dei comuni mortali, i soldati gli<br />
rammentavano la sua umanità con drastici scherzi.<br />
Anche gli eru<strong>di</strong>ti, sebbene non fossero estranei all’umorismo<br />
salace-volgare (che tuttavia poteva assumere<br />
le sfumature brillanti <strong>di</strong> un Marziale), apprezzavano<br />
anche un umorismo più raffinato, <strong>di</strong> carattere<br />
aneddotico, che invitava non tanto alla risata quanto a<br />
un sorriso compiaciuto o alla gioia per il male altrui.<br />
Una caratteristica fondamentale <strong>di</strong> questo umorismo,<br />
in parte anche messo per iscritto, era la prontezza<br />
<strong>di</strong> parola. Nella formazione <strong>di</strong> un oratore non potevano<br />
mancare l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo umorismo<br />
“classico” e l’affinamento delle capacità umoristiche<br />
personali: saper far ridere i giurati, al momento giusto,<br />
era considerato dall’antica retorica giuri<strong>di</strong>ca una<br />
caratteristica fondamentale del buon oratore. Alla fama<br />
<strong>di</strong> Cicerone, per esempio, contribuì non poco la<br />
sua prontezza <strong>di</strong> parola esibita nei tribunali come nei<br />
salotti. Eccone un assaggio, riportato da Quintiliano.<br />
Quando Fabio Dolabella affermò <strong>di</strong> avere trent’anni,<br />
Cicerone annuì <strong>di</strong>cendo: «È vero! Sono vent’anni che<br />
glielo sento <strong>di</strong>re».<br />
I Romani conoscevano sicuramente anche le <strong>barzellette</strong>,<br />
ma non ce ne sono pervenute. Dalle comme<strong>di</strong>e<br />
<strong>di</strong> Plauto si evince che esistevano vere e proprie raccolte<br />
<strong>di</strong> <strong>barzellette</strong> scritte privatamente o ad<strong>di</strong>rittura<br />
sotto forma <strong>di</strong> libro; i parassiti che vogliono spacciarsi<br />
per ospiti <strong>di</strong>vertenti ed essere così invitati a mangiare<br />
gratis ricorrono, quale ultima spes, anche a queste.<br />
«Bisogna che mi procuri un libro e impari a memoria<br />
le <strong>barzellette</strong> migliori», annuncia uno <strong>di</strong> costoro agli<br />
spettatori. Queste <strong>barzellette</strong> infioravano anche molti<br />
degli spettacoli tanto amati nel teatro imperiale, i cui<br />
copioni tuttavia non ci sono pervenuti probabilmente<br />
anche a causa della loro salacità. Il punto conclusivo<br />
della tra<strong>di</strong>zione dei parassiti è costituita da quei “professionisti”<br />
che alcuni imperatori tenevano a palazzo<br />
come buffoni <strong>di</strong> corte o come spiritosi conversatori, a<br />
seconda dei casi.<br />
Un’unica raccolta <strong>di</strong> <strong>barzellette</strong> antiche è giunta sino a<br />
noi: quella redatta in lingua greca da Filogelo (letteralmente<br />
“amico del riso”). Essa nacque in età imperiale<br />
romana, ma fu redatta nella forma attuale solo nella<br />
tarda antichità. In massima parte si tratta <strong>di</strong> <strong>barzellette</strong><br />
che prendono in giro gli abitanti delle “fortezze<br />
<strong>di</strong> pazzi” dell’antichità (soprattutto gli abitanti <strong>di</strong> Abdera,<br />
fiorente città della Tracia) o gli “Scholastikòi”:<br />
gente fuori dal mondo come se ne trova in tutte le professioni<br />
e fa ridere il prossimo con analogie taglienti<br />
quanto false. Le <strong>barzellette</strong> sugli Abderiti, menzionati<br />
anche da Cicerone perché proverbialmente stupi<strong>di</strong>,<br />
erano sicuramente in latino. Ecco due assaggi dalle<br />
265 <strong>barzellette</strong> <strong>di</strong> Filogelo. «Uno Scholastikòs vide<br />
il suo me<strong>di</strong>co e si nascose per non farsi vedere. Il suo<br />
compagno gli chiese perché lo facesse ed egli rispose:<br />
“È tanto tempo che non mi ammalo e mi vergogno”».<br />
«Un Abderita aveva cremato il padre defunto, come<br />
vuole l’usanza. Poi corse a casa, dalla madre malata,<br />
e le <strong>di</strong>sse: «Mi è rimasta un po’ <strong>di</strong> legna. Se vuoi e<br />
puoi, fatti cremare con lui!». Più realistico è certo il<br />
consiglio che un umorista <strong>di</strong> tendenze filosofeggianti<br />
fece incidere sulla sua lapide: «Tu che sei qui davanti<br />
e leggi la mia lapide: gioca, scherza… e vieni!».<br />
a p r i l e - g i u g n o 2 0 1 0<br />
5<br />
Mosaico romano<br />
del I secolo a.C.<br />
raffigurante le maschere<br />
della Trage<strong>di</strong>a<br />
e della Comme<strong>di</strong>a<br />
(Roma, Musei Capitolini)<br />
I Romani<br />
conoscevano<br />
anche<br />
le <strong>barzellette</strong>,<br />
ma non ce ne sono<br />
pervenute.<br />
Dalle comme<strong>di</strong>e<br />
<strong>di</strong> Plauto si evince<br />
l’esistenza<br />
<strong>di</strong> vere e proprie<br />
raccolte