religioni - Homolaicus
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152<br />
il crepuscolo degli dèi<br />
Atei, non credenti, agnostici<br />
» nando tonon SAGGISTA<br />
Tra le diverse forme di scetticismo sulla presenza di un ipotetico “supremo fattore”, si suole parlare<br />
di “atei” per indicare chi nega in modo reciso l’esistenza di qualsiasi entità trascendente.<br />
Meno intransigenti, i “non credenti” si limiterebbero solo, senza chiusure assolute sul piano<br />
teorico, a non stimare attendibile l’ipotesi del divino.<br />
Alle prime due vanno aggiunti gli “agnostici”, ossia le persone che non si pongono nemmeno<br />
il problema se esista o meno un padreterno e non entrano nella disputa, disinteressandosi di<br />
fatto alla questione.<br />
Categorie tutto sommato abbastanza inutili, perché nella pratica del quotidiano fra le tre posizioni<br />
non marca grande differenza di sostanza. Si può essere, infatti, al contempo atei e agnostici?<br />
Sì, chi scrive ne è l’esempio concreto: dipende dal concetto che ognuno di noi ha elaborato<br />
per postulare una propria idea di dio.<br />
È noto che dio può essere pensato esclusivamente come creatore assoluto dell’universo, delle<br />
leggi che lo governano e ne regolano l’evoluzione, compresi i processi che hanno dato origine<br />
al fenomeno della materia vivente. Un atto dunque di potenza soprannaturale, un’espressione<br />
di immensa forza generatrice che trova il fine ultimo nel suo manifestarsi.<br />
A questo dio non importerebbe né della complicata sorte di ogni corpo celeste, né degli sporadici<br />
fenomeni artefici, qua e là nell’infinito, del passaggio dalla materia inerte ai composti cellulari<br />
animati, fenomeni ancora ignoti alla scienza.<br />
Perché un dio, capace di dar luogo a duecento miliardi di galassie, forte ognuna di duecento<br />
miliardi di soli e di un numero inconcepibile di pianeti, dovrebbe darsi pena delle meschine<br />
vicende del singolo individuo, microbo relegato in un oscuro recesso dell’Universo? È come se<br />
il Presidente dell’ONU badasse ai casi di ogni formica, termite, acaro o ameba che brulica sopra<br />
e sotto la superficie del globo terracqueo. È ragionevole? Non tanto.<br />
Bene. Allora l’esistenza o l’inesistenza di un simile “creatore” non mi tocca, non mi assilla, non desta<br />
né timore, né amore. Non interferendo nella mia vita, che procede per binari indipendenti dalla sua<br />
partecipazione, il sapere che ci sia o non ci sia non suscita in me alcuna curiosità. Sono agnostico.<br />
Allorché invece ragioniamo sul dio delle <strong>religioni</strong>, l’agnosticismo vira subito in ateismo. Non (mi)<br />
è possibile conciliare tra loro figura e poteri del cosiddetto “onnipotente” - così come tramandato<br />
da millenni - con le risultanze della realtà constatabile, con il buon senso della logica, le scoperte<br />
della scienza, le tante contraddizioni delle dottrine. La casualità degli eventi, l’asettica crudeltà<br />
della natura, l’inguaribile presenza del male nonostante i presunti interventi redentori, l’ingenuità<br />
a volte feroce dei riti, la vacuità degli appelli lanciati dai ministri della fede, la suprema<br />
ingiustizia di un dio che si vuole misericordioso, ma che condanna a tempo indeterminato l’umanità<br />
a pagare per l’unico errore dei due progenitori: tutto ciò e molto altro ancora inducono riflessioni<br />
in grado di guidare una mente pensante a rifiutare l’idea che possa realmente esistere un<br />
“padre celeste” con tali prerogative. Come si vede da questa sommaria esposizione, a seconda<br />
dell’idea di dio presa in considerazione muta il grado di scetticismo ad essa applicato. Neutrale e<br />
non coinvolgente nel primo caso, totale, passionale, determinato nel secondo.<br />
Entrambi legittimi e motivati dalla volontà di non rinunziare a esercitare la facoltà suprema<br />
degli esseri viventi: la ragione.<br />
NONCREDO<br />
Anno II - n.6 luglio / agosto 2010