religioni - Homolaicus
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NONCREDO<br />
ne di complessità abbastanza significativa da<br />
permetterci di stabilire con esattezza il grado di<br />
complessità che caratterizza un dato sistema.<br />
Essa è ancora un soggetto così nuovo e così<br />
vasto che non solo nessuno sa come definirlo,<br />
ma neppure sa riconoscerne i confini. Se il<br />
campo oggi sembra così scarsamente definito è<br />
perché la ricerca sulla complessità sta affrontando<br />
problemi non convenzionali. Possiamo<br />
dunque dire che la teoria della complessità non<br />
è una teoria scientifica in senso stretto. Meglio<br />
sarebbe parlare (e in effetti alcuni studiosi lo<br />
fanno) di “sfida della complessità” oppure di<br />
“pensiero della complessità”. È possibile però<br />
cogliere le caratteristiche generali che rendono<br />
un sistema complesso.<br />
Esso risulta tale quando:<br />
1) le parti di un sistema si influenzano reciprocamente<br />
attraverso le connessioni;<br />
2) una grande varietà di componenti o di elementi<br />
possiedono delle funzioni specializzate;<br />
3) non c’è gerarchia “piramidale”;<br />
4) le interazioni tra gli elementi del sistema<br />
sono non lineari;<br />
5) il sistema è adattivo, ovvero è un sistema che<br />
si adatta all’ambiente.<br />
Sono sistemi complessi, ad esempio, tutti i<br />
sistemi della biosfera, dai batteri alle popolazioni<br />
umane. Questi sono tutti adattivi e in essi<br />
compaiono i cosiddetti “fenomeni emergenti”<br />
(vita, mente, organizzazione sociale, ecc.); il<br />
sistema, cioè, si “auto-organizza”. Quando<br />
questo si verifica, avviene ciò che rende davvero<br />
sorprendenti tali sistemi: emergono fenomeni<br />
nuovi e imprevedibili.<br />
» Osservazioni finali<br />
Oggi sappiamo che le condizioni di non linearità<br />
a cui è sottoposto un sistema possono produrre<br />
un dato ordine e farlo emergere dal caos<br />
di determinati processi evolutivi, ma il risultato<br />
più importante è che il futuro non è più<br />
determinato e non più necessariamente implicato<br />
dal presente. Questo è il segno della fine<br />
dell’ideale classico dell’onniscienza. È morta<br />
Anno II - n.6 luglio / agosto 2010<br />
l’antica concezione animistica e, insieme ad<br />
essa, sono morte tutte le altre che ci volevano<br />
soggetti volontari, dotati di progetti, cittadini<br />
di un mondo fatto per noi. Oggi sappiamo che<br />
la biosfera nel suo insieme è in condizioni di<br />
lontananza dall’equilibrio, e che in tale contesto<br />
la vita sembra essere l’espressione più alta<br />
dei processi di auto-organizzazione.<br />
Nell’introduzione affermavo che l’esistenza dell’homo<br />
sapiens è un fatto empirico e “non privilegiato”<br />
rispetto all’esistenza di altre specie<br />
umane o di altri esseri viventi. E questo a ragione:<br />
i dati sperimentali e i supporti teorici che ci<br />
forniscono la teoria del caos deterministico e la<br />
scienza della complessità vanno proprio nella<br />
direzione accennata, anche se siamo solo agli<br />
inizi di questa avventura conoscitiva; essi ci<br />
dicono che siamo il frutto dell’improvvisazione<br />
e dei tentativi della selezione naturale, e che<br />
nessun Progettista davvero intelligente ci ha<br />
fatti così come siamo.<br />
Questo mondo, che sembra rinunciare alla sicurezza<br />
delle regole stabili e permanenti, può solo<br />
ispirarci sentimenti di tenue speranza. Quella<br />
stessa speranza che alcuni testi talmudici sembrano<br />
aver attribuito al dio della Genesi:<br />
‹‹Ventisei tentativi hanno preceduto la genesi<br />
attuale e tutti erano destinati a fallire. Il mondo<br />
dell’uomo è uscito dal grembo caotico di questi<br />
detriti anteriori, ma nemmeno questo ha certificato<br />
di garanzia: anche esso è esposto al rischio<br />
del fallimento e del ritorno al nulla. “Speriamo<br />
che questo funzioni” esclamò dio creando il<br />
mondo. E tale speranza, che ha accompagnato<br />
tutta l’ulteriore storia del mondo e dell’umanità,<br />
ha sottolineato fin dall’inizio come questa storia<br />
è segnata col marchio della radicale incertezza››.<br />
Nessuno può scrivere il capitolo finale del<br />
grande libro cosmico.<br />
Senza entrare nella definizione rigorosa di funzione<br />
non lineare che la renderebbe di difficile<br />
comprensione per i non addetti ai lavori, diciamo<br />
che una equazione è non lineare quando<br />
presentandosi sotto forma algebrica ha termini<br />
di grado diverso da uno, o più in generale<br />
l’equazione ha termini non polinomiali.<br />
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