A. Sisti--L'attesa del profeta fedele al tempo dei ... - Christus Rex
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L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE<br />
AL TEMPO DEI MACCABEI<br />
A. <strong>Sisti</strong><br />
La documentazione storica sul ruolo e sull’attività svolta dai profeti nell’antico<br />
Israele, in particolare durante il periodo monarchico, è relativamente<br />
abbondante, anche se occasion<strong>al</strong>e e dispersa in tanti testi biblici; è<br />
scarsa invece, e quasi inesistente, per il periodo più recente. Nelle pagine<br />
seguenti, facendo perno su <strong>al</strong>cuni brevissimi accenni che incontriamo<br />
nella storia <strong>dei</strong> Maccabei, vorremmo sforzarci di individuare qu<strong>al</strong>e idea<br />
<strong>del</strong> carisma profetico si aveva in quel <strong>tempo</strong> e qu<strong>al</strong>e ruolo si attribuiva a<br />
coloro che ne erano dotati 1 . Anche se non rientra nei nostri obiettivi, pensiamo<br />
che una ricerca di questo genere potrebbe rivelarsi utile anche per<br />
precisare meglio lo sviluppo storico <strong>del</strong> messianismo di tipo profetico, che<br />
<strong>al</strong> dire di un recente autore è un tema che non è stato finora sufficientemente<br />
studiato e che, tuttavia, è molto importante per comprendere i testi<br />
<strong>del</strong> Nuovo Testamento 2 .<br />
1. La profezia come dono promesso<br />
L’attesa <strong>del</strong>la venuta di persone dotate di carisma profetico non sorge <strong>al</strong>l’improvviso,<br />
senza <strong>al</strong>cun riferimento <strong>al</strong> passato. In genere si spera o si attende<br />
l’avvento di qu<strong>al</strong>cosa, solo quando la si conosce e la si è già sperimentata.<br />
Molto probabilmente la speranza d’Israele di avere in futuro un<br />
uomo (o più) consacrato <strong>al</strong>la causa <strong>del</strong> Signore, che fosse in grado di orientare<br />
la collettività o i singoli individui in momenti di prova, di dubbio o di<br />
1. La bibliografia sul profetismo biblico è immensa. Per un panorama gener<strong>al</strong>e si veda la<br />
trattazione in DBS VIII, 811-1337. Per il resto, indichiamo soltanto <strong>al</strong>cune opere in lingua<br />
it<strong>al</strong>iana, tra le più accessibili, iniziando d<strong>al</strong> classico H. Gunkel, I Profeti, Firenze 1967 (origin<strong>al</strong>e<br />
tedesco <strong>del</strong> 1917); G. Ravasi, I Profeti, Milano 1975; H. Heschel, Il messaggio <strong>dei</strong><br />
Profeti, Roma 1981; L. Alonso Schökel - J. L. Sicre Díaz, I Profeti. Traduzione e commento,<br />
Roma 1984; G. Savoca, I Profeti d’Israele voce <strong>del</strong> Dio Vivente, Bologna 1985. Per<br />
l’aspetto letterario <strong>del</strong>le parti <strong>del</strong>la Bibbia che parlano <strong>dei</strong> profeti cfr. A. Rofè, Storie di<br />
Profeti, Brescia 1991.<br />
2. E. Cothenet, “Prophetisme dans le Nouveau Testament”, in DBS VIII, 1229. Si veda tuttavia<br />
J. Coppens, Le messianisme et sa relève prophetique, Gembloux 1974.<br />
LA 44 (1994) 47-82
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A. SISTI<br />
incertezze, nacque quando già si conosceva per esperienza l’influsso benefico<br />
che avrebbero potuto esercitare persone di t<strong>al</strong>e genere.<br />
Il testo più noto, anche per le risonanze messianiche che ha avuto lungo<br />
il corso <strong>dei</strong> secoli, è sicuramente quello di Dt 18,15-22 in cui Jahweh<br />
promette di far sorgere, in mezzo a Israele, un <strong>profeta</strong> come Mosè. E’ interessante<br />
osservare come questa promessa, nell’ambito <strong>del</strong> discorso in cui è<br />
collocata, si presenta quasi come un antidoto o come un rimedio, in sostituzione<br />
<strong>del</strong>le pratiche divinatorie, largamente accolte dagli Israeliti sull’esempio<br />
degli <strong>al</strong>tri popoli, in mezzo o a contatto <strong>dei</strong> qu<strong>al</strong>i essi si<br />
trovavano a vivere. Di queste pratiche il testo ha già parlato ampiamente,<br />
condannandole come abominevoli davanti a Dio (Dt 18,9-14). Per la maggior<br />
parte <strong>dei</strong> commentatori, il legislatore deuteronomista parla di un “<strong>profeta</strong>”<br />
<strong>al</strong> singolare per indicare tutta una categoria, come prima ha parlato<br />
<strong>del</strong> sacerdote e <strong>del</strong> giudice (Dt 17,12-13) e poi anche <strong>del</strong> re (Dt 17,14-15).<br />
Osserva però G. Von Rad: “C’è da chiedersi se la promessa faccia veramente<br />
affidamento, nel corso <strong>dei</strong> secoli, su una prospettiva così ampia, e<br />
non piuttosto su un’unica re<strong>al</strong>izzazione; quindi sulla venuta di un mediatore<br />
profetico escatologico” 3 .<br />
E’ nella seconda direzione che il testo è stato visto e inteso d<strong>al</strong>la tradizione<br />
giudaica e cristiana (Cfr. At 3,20-22; 7,37), che l’hanno letto prev<strong>al</strong>entemente<br />
come promessa <strong>del</strong>l’avvento di un <strong>profeta</strong> eccezion<strong>al</strong>e,<br />
identificato t<strong>al</strong>volta col messia, visto princip<strong>al</strong>mente come compimento<br />
<strong>del</strong>l’intera serie profetica. In qu<strong>al</strong>unque modo la figura <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> qui presentato<br />
ha <strong>dei</strong> lineamenti precisi. In primo luogo perché è un eletto, inviato<br />
da Dio: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli,<br />
un <strong>profeta</strong> pari a me” (v. 15). In secondo luogo perché dovrà essere l’interprete<br />
di Dio presso la sua gente: “Io susciterò loro un <strong>profeta</strong> in mezzo<br />
ai loro fratelli, e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io<br />
gli comanderò” (v. 18). Se poi si vuole spaziare nei riferimenti <strong>al</strong>la figura<br />
pluriforme di Mosè, si può dire che, come questi, il <strong>profeta</strong> promesso dovrà<br />
essere un vero intermediario tra Dio e il popolo, facendosi interprete<br />
<strong>del</strong>la sua gente presso Dio e interprete di Dio presso il suo popolo.<br />
Un’idea di quanto il profetismo fosse tenuto in considerazione nell’antico<br />
Israele, si può avere leggendo l’episodio relativo <strong>al</strong>la elezione <strong>dei</strong> settanta<br />
anziani a giudici <strong>del</strong> popolo (Num 11,16-30). Mentre Giosuè vorrebbe<br />
3. G. Von Rad, Deuteronomio, Brescia 1979 (si legga tutto il brano). Cfr. A. Penna, Deuteronomio,<br />
Torino 1976, 188; M. Laconi, Deuteronomio, Roma 1969, 142-144; P. C. Craigie,<br />
The Book of Deuteronomy, Grand Rapids (Mich.) 1976, 261-264; P. Buis, Le Deuteronome,<br />
Paris 1969, 285-290.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 49<br />
che il suo maestro proibisse a Eldad e Medad di <strong>profeta</strong>re, contro ogni sua<br />
aspettativa Mosè gli chiede: “Sei tu geloso per me?”. Poi aggiunge: “Fossero<br />
tutti profeti nel popolo <strong>del</strong> Signore e volesse il Signore dare loro il<br />
suo spirito!” (Num 11,29). A parte la natura <strong>del</strong> fenomeno, che può aver<br />
dato ansa <strong>al</strong> giovane Giosuè ad intervenire presso il suo maestro, per il lettore<br />
comune che si imbatteva in questa risposta, tanto aperta <strong>al</strong>l’esperienza<br />
profetica, l’auspicio di Mosè doveva farla apparire come un dono di inestimabile<br />
v<strong>al</strong>ore, da potersi bramare come nessun’<strong>al</strong>tra cosa <strong>al</strong> mondo, perché<br />
frutto diretto <strong>del</strong>lo spirito di Dio, che si concede con somma liber<strong>al</strong>ità<br />
a chi egli vuole.<br />
In tempi tra i più c<strong>al</strong>amitosi per la storia d’Israele, il <strong>profeta</strong> Geremia<br />
attesterà ripetutamente che in re<strong>al</strong>tà Jahweh è stato sempre generoso con il<br />
suo popolo, inviando ripetutamente e insistentemente i suoi servi, i profeti,<br />
per ammonirlo e ricondurlo sulla via <strong>del</strong> bene e <strong>del</strong>la verità: “D<strong>al</strong> giorno in<br />
cui i vostri padri uscirono d<strong>al</strong> paese d’Egitto fino a quest’oggi, io (Jahweh)<br />
inviai tutti i miei servi e messaggeri, i profeti, ogni giorno, premurosamente<br />
e costantemente, ma non mi hanno ascoltato e non hanno prestato il loro<br />
orecchio; anzi, hanno indurito la loro cervice e sono divenuti peggiori <strong>dei</strong><br />
loro padri” (Ger 7,25-26; cfr. pure 25,4; 29,19; 35,15; 44,4).<br />
Il lamento <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> è davvero amaro, ma non ingiustificato, perché<br />
dettato d<strong>al</strong>la constatazione di un fatto desolante, che da una parte vede l’intervento<br />
costante e ininterrotto <strong>del</strong> Signore, il qu<strong>al</strong>e non desiste mai d<strong>al</strong>l’inviare<br />
i suoi messaggeri, mentre d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte il suo popolo, ostinato<br />
nei suoi peccati, si rifiuta sistematicamente di ascoltarli e di ravvedersi.<br />
Probabilmente anche <strong>al</strong>tri uomini, prima e dopo di lui, dovettero fare la<br />
stessa amara constatazione. Ma non si può dire che la decadenza mor<strong>al</strong>e da<br />
essi lamentata abbia coinvolto tutti i singoli membri <strong>del</strong> popolo, né che per<br />
t<strong>al</strong>e ragione il carisma profetico abbia perso il suo ascendente e la stima <strong>del</strong>la<br />
gente sia rimasta fe<strong>del</strong>e <strong>al</strong> suo ide<strong>al</strong>e religioso. Ne è una dimostrazione un<br />
noto testo <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> Gioele. Il breve scritto che va sotto questo nome è una<br />
<strong>del</strong>le composizioni bibliche, su cui il disaccordo <strong>dei</strong> critici è tot<strong>al</strong>e: tanto<br />
sull’unità di tutte le sue parti, quanto sull’identità <strong>del</strong>l’autore e sul <strong>tempo</strong> in<br />
cui il testo fu redatto (se prima o dopo l’esilio babilonese) 4 . L’accordo degli<br />
studiosi, però, si fa quasi unanimità, quando si passa a considerare l’importanza<br />
di <strong>al</strong>cuni brani, come quello che riguarda l’effusione <strong>del</strong>lo spirito (Gl<br />
3,1-5), su cui si concentra facilmente l’attenzione di tutti.<br />
4. Cfr. G. Rin<strong>al</strong>di, I Profeti minori, II, Osea Gioele Abdia Giona, Torino 1960, 125-137; G.<br />
Bernini, Sofonia, Gioele, Abdia, Giona, Roma 1972, 89-121.
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A. SISTI<br />
Ecco il testo <strong>dei</strong> primi due versetti, i più importanti:<br />
Dopo questo, io effonderò il mio spirito, sopra ogni carne. I vostri figli<br />
e le vostre figlie profeteranno, i vostri vecchi avranno <strong>dei</strong> sogni, i vostri<br />
giovani vedranno visioni. Anche sopra gli schiavi e le schiave in quei<br />
giorni effonderò il mio spirito (Gl 3,1-2).<br />
Indubbiamente nell’interpretazione cristiana di queste parole e di quelle<br />
<strong>dei</strong> tre versetti seguenti ha influito il fatto che il brano è citato integr<strong>al</strong>mente,<br />
secondo la versione <strong>dei</strong> LXX, in At 2,17-21, nel mezzo <strong>del</strong> discorso<br />
che Pietro rivolge agli astanti nel giorno <strong>del</strong>la Pentecoste, nel cui evento<br />
meraviglioso verificatosi in quel giorno si vede pienamente compiuta l’antica<br />
profezia. Per il nostro scopo ci interessa soltanto rilevare che il carisma<br />
profetico è presentato come effetto esclusivo <strong>del</strong>l’effusione <strong>del</strong>lo spirito da<br />
parte di Dio, che si manifesta e manifesta i suoi disegni nelle forme più<br />
varie (compresi i sogni e le visioni) e si dona a tutti, uomini e donne, giovani<br />
e vecchi, schiavi e liberi.<br />
Nel seguito <strong>del</strong>lo scritto di Gioele si incontra un <strong>al</strong>tro testo di ugu<strong>al</strong>e<br />
apertura e larghezza di doni, che nel loro insieme sembrano adombrare una<br />
pace paradisiaca (cfr. Gl 4,18-21). Ma osserva G. Bernini che la vera novità<br />
<strong>del</strong> messaggio di questo <strong>profeta</strong> non sta nella promessa di t<strong>al</strong>e pace, ma<br />
piuttosto nell’annuncio contenuto nel testo citato. “Nella nuova era ci sarà<br />
veramente una nuova creazione. Con l’effusione <strong>del</strong>lo spirito di Jahweh su<br />
ogni carne si re<strong>al</strong>izzerà nel mondo un modo nuovo di conoscere Dio”. Il<br />
carisma profetico cesserà di essere dono di pochi privilegiati, perché, essendo<br />
concesso ugu<strong>al</strong>mente a tutti, tutti saranno in grado di entrare in diretto<br />
e person<strong>al</strong>e contatto con Dio 5 .<br />
Il dono <strong>del</strong>lo spirito è sempre presente nelle promesse collegate ai tempi<br />
escatologici e messianici (cfr. Is 3,15; 44,3; 59,21; Zac 12,10; Ez 36,27).<br />
Ma è particolare <strong>del</strong> testo di Gioele il fatto che la sua concessione ha come<br />
5. Bernini, Sofonia, Gioele, Abdia, Giona, 121. Si veda pure Alonso Schökel - Sicre Díaz,<br />
I Profeti, ove a p. 1072 troviamo scritto: “La profezia di Gioele si ricollega soprattutto col<br />
desiderio <strong>del</strong> grande <strong>profeta</strong>: è come una risposta tardiva (dopo secoli) <strong>al</strong> desiderio di Mosè;<br />
una risposta che supera meravigliosamente la visione di Dt 18,15, dove si promette un <strong>profeta</strong><br />
e una successione di profeti. Con questa continuità lineare fa contrasto il dono generoso,<br />
disposto ad annullare qu<strong>al</strong>siasi discriminazione di età (anziani e giovani), di classe<br />
soci<strong>al</strong>e (servi e serve), di sesso (figli e figlie)”. Diversamente il testo si trova interpretato<br />
nella Bibbia TOB. Edizione integr<strong>al</strong>e in un solo volume, Leumann (Torino) 1992, 1116, <strong>al</strong>la<br />
nota w, ove si dice che la profezia “ha un carattere piuttosto angoscioso”, nel senso che<br />
“tutti, uomini e donne, anziani e giovani, padroni e schiavi, saranno afferrati da una frenesia<br />
violenta”.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 51<br />
scopo ed effetto l’esercizio gener<strong>al</strong>izzato <strong>del</strong>la profezia, per cui non ci sarà<br />
più bisogno di intermediari per sentirsi illuminati e guidati da Dio. Allo<br />
stesso modo anche il <strong>profeta</strong> Geremia, promettendo la stipulazione di un<br />
nuovo patto con la casa di Israele, fa dire a Jahweh: “Porrò la mia legge<br />
nel loro animo, la scriverò sul loro cuore; non dovranno più istruirsi gli uni<br />
gli <strong>al</strong>tri... perché tutti mi conosceranno, d<strong>al</strong> più piccolo <strong>al</strong> più grande” (Ger<br />
31,33-34).<br />
Non importa, in questo luogo, qu<strong>al</strong>e sia la prospettiva <strong>del</strong>le promesse,<br />
che hanno per oggetto il dono <strong>del</strong>la profezia, se vadano proiettate su uno<br />
sfondo ravvicinato nel <strong>tempo</strong> o in un <strong>al</strong>one indefinito che si staglia in lontananza.<br />
L’importante è il poter constatare come la concessione di essa da<br />
parte di Dio sia presentata sempre come un bene non solo desiderabile ed<br />
auspicabile, ma anche consolatorio e, in qu<strong>al</strong>che modo, perfino compensativo<br />
dopo un precedente periodo di c<strong>al</strong>amità, come appunto nel testo ricordato<br />
di Gioele. Questa constatazione permette di comprendere più<br />
agevolmente e di v<strong>al</strong>utare con maggior sicurezza <strong>al</strong>cune voci di rimpianto<br />
che, a un certo momento, incontriamo nella storia biblica per l’assenza <strong>del</strong>la<br />
profezia che sembra scomparsa da mezzo <strong>al</strong> popolo.<br />
2. Il rimpianto per un dono che sembra svanito nel nulla<br />
Già in epoca immediatamente successiva <strong>al</strong>la catastrofe che coinvolse Gerus<strong>al</strong>emme<br />
con il suo tempio nel 587 a. C., vediamo che in un tratto <strong>del</strong>le<br />
Lamentazioni ci si rammarica che, nello stordimento gener<strong>al</strong>e provocato<br />
d<strong>al</strong>l’inaspettata disfatta, siano venute a mancare persino le persone capaci<br />
di risollevare il mor<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la gente: “ Il suo re e i suoi principi sono [stati<br />
deportati] tra le genti, non c’è più la legge e neppure i suoi profeti ricevono<br />
visioni d<strong>al</strong> Signore” (Lam 2,9). Similmente, anche se in un contesto<br />
che sembra descrivere il tremendo giorno <strong>del</strong>la fine, Ezechiele assicura:<br />
“Sventura seguirà a sventura, <strong>al</strong>larme seguirà ad <strong>al</strong>larme; ai profeti chiederanno<br />
responsi, ai sacerdoti verrà meno la dottrina, agli anziani il consiglio”<br />
(Ez 7,26) 6 . Questo testo di Ezechiele è variamente tradotto, ma il<br />
senso gener<strong>al</strong>e si muove essenzi<strong>al</strong>mente verso la denuncia di uno stato di<br />
desolazione e di disorientamento, in cui sono venuti meno punti sicuri di<br />
riferimento.<br />
6. Il motivo <strong>del</strong>la scomparsa <strong>del</strong> dono <strong>del</strong>la profezia, sia in forma di constatazione che di<br />
minaccia, è presente anche <strong>al</strong>trove nella Bibbia (cfr. 1Sam 3,1; S<strong>al</strong> 74,9; Is 29,14; Ez 7,26;<br />
Mich 3,6-7; Am 8,11; Lam 2,9; Zac 13,2-6).
52<br />
A. SISTI<br />
Con molta probabilità <strong>al</strong>la medesima epoca di Ezechiele (o di poco<br />
posteriore) rimonta la composizione <strong>del</strong> S<strong>al</strong> 74 (73). Alcuni studiosi, nel<br />
<strong>tempo</strong> passato, hanno creduto di poterlo meglio ambientare durante la crisi<br />
che portò <strong>al</strong>la rivolta <strong>dei</strong> Maccabei: ma oggi si preferisce riportarla a dopo<br />
la ricordata distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme e <strong>del</strong> tempio ad opera di<br />
Nabuchodonosor 7 . Il S<strong>al</strong>mista, dopo aver rievocato con toni drammatici le<br />
distruzioni materi<strong>al</strong>i arrecate <strong>al</strong> santo luogo (vv. 3-8), aggiunge che, quasi<br />
per colmo di sventura, la vita cittadina è come spenta, vessilli idolatrici<br />
hanno preso il posto di quelli nazion<strong>al</strong>i, il disorientamento gener<strong>al</strong>e si è<br />
impadronito degli animi, “non ci sono più profeti e nessuno sa fino a quando”<br />
ciò dovrà durare (v. 9). Commenta G. Ravasi: “L’assenza <strong>del</strong>la profezia<br />
rende la storia muta e incomprensibile, l’uomo è abbandonato a se<br />
stesso, si trascina sulla terra senza meta. E’ per questo che nei momenti<br />
cruci<strong>al</strong>i <strong>del</strong>la storia ebraica si è sempre lamentato questo silenzio divino” 8 .<br />
Uno di questi momenti, tra i più tremendi, se si eccettua quello successivo<br />
<strong>al</strong>la distruzione <strong>del</strong> primo tempio, è sicuramente rappresentato d<strong>al</strong>la<br />
persecuzione di Antioco IV Epifane, che raggiunse il suo apice con la<br />
profanazione <strong>del</strong> secondo tempio e l’erezione di un <strong>al</strong>tare pagano nell’autunno<br />
<strong>del</strong> 167 a. C. I due libri <strong>dei</strong> Maccabei concordemente descrivono con<br />
espressioni di forte drammaticità la sciagura abbattutasi sul tempio, ridotto<br />
a luogo di orge e di dissolutezze di ogni genere, e sul popolo, costretto a<br />
compiere i riti più ripugnanti per la fede ebraica, da cui solo con la fuga ci<br />
si poteva s<strong>al</strong>vare (1Mac 1,21-64; 2Mac 5,11-6,17).<br />
L’autore <strong>del</strong> secondo libro, in particolare, si sente costretto d<strong>al</strong>la durezza<br />
<strong>dei</strong> fatti narrati, ad avvertire più volte il lettore che fosse restato sconcertato<br />
nel leggere t<strong>al</strong>i fatti, che se da una parte essi si erano verificati perché in<br />
qu<strong>al</strong>che modo giustificati “a causa <strong>dei</strong> peccati commessi dagli abitanti <strong>del</strong>la<br />
città” (2Mac 5,17), d’<strong>al</strong>tra parte “la violenza <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e, dura e insopportabile<br />
per tutti” (6,3), non doveva durare molto a lungo. La sua fede è che “Dio non<br />
ritira affatto da noi la sua misericordia; e, anche quando corregge con la<br />
sventura, non abbandona mai il suo popolo” (6,16). Nelle parole <strong>del</strong>l’anoni-<br />
7. Si veda in proposito l’abbondante trattazione di G. Castellino, Libro <strong>dei</strong> S<strong>al</strong>mi, Torino<br />
1955, 305-307; o quella più recente di G. Ravasi, Il libro <strong>dei</strong> S<strong>al</strong>mi, II, Bologna 1983, 535-<br />
538; cfr. anche R. Meyer, Profetismo e profeti nel giudaismo <strong>del</strong>l’età ellenistico-romana,<br />
in GLNT X, 530-531. Incerto si mostra A. Weiser, I S<strong>al</strong>mi, II, Brescia 1984, 569, per il qu<strong>al</strong>e<br />
“non si può conoscere con certezza se l’oggetto <strong>del</strong> canto sia per la famosa distruzione <strong>del</strong><br />
tempio di S<strong>al</strong>omone ad opera <strong>dei</strong> Babilonesi o per la profanazione <strong>del</strong> santuario ad opera di<br />
Antioco IV”; e tuttavia aggiunge che “si deve supporre con probabilità che <strong>al</strong>la base ci stia<br />
un evento <strong>del</strong>l’epoca quasi sconosciuta tra il V e il II sec. a. C.”.<br />
8. Ravasi, Il libro <strong>dei</strong> S<strong>al</strong>mi, II, 550.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 53<br />
mo autore c’è tanta amarezza e, <strong>al</strong>lo stesso <strong>tempo</strong>, tanta fiducia, ma nessun<br />
lamento specifico per la mancanza di guide sicure come i profeti, capaci di<br />
illuminare e di guidare il popolo disorientato e fuggiasco.<br />
Scrivendo verso la metà <strong>del</strong> sec. II a. C., l’autore <strong>del</strong>l’enigmatico libro<br />
di Daniele, nel suo modo <strong>al</strong>lusivo di ricostruire la storia <strong>del</strong> suo popolo,<br />
accosta e mette quasi in par<strong>al</strong>lelo gli avvenimenti verificatisi <strong>al</strong> <strong>tempo</strong> di<br />
Nabuchodonosor con la distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme (587 a. C.) con quanto<br />
era avvenuto ai suoi tempi ad opera di Antioco IV con la profanazione<br />
<strong>del</strong> tempio (167 a. C.), servendosi <strong>del</strong>l’immagine ancora viva di questi per<br />
ricostruire quelli e proiettando nel passato di oltre quattrocento anni prima<br />
le sue esperienze e i suoi giudizi 9 .<br />
Nell’episodio <strong>dei</strong> tre giovani rinchiusi in una fornace, condannati ad<br />
essere bruciati vivi per essersi rifiutati di accettare il culto idolatrico <strong>dei</strong><br />
pagani, a un certo punto questo ignoto autore introduce un s<strong>al</strong>mo<br />
penitenzi<strong>al</strong>e (Dan 3,26-45 LXX), nel mezzo <strong>del</strong> qu<strong>al</strong>e l’orante, dopo aver<br />
riconosciuto i peccati che hanno provocato l’ira di Dio, si lamenta in tono<br />
molto accorato per lo stato di abbandono in cui è precipitato il popolo<br />
d’Israele. Dio aveva promesso ai patriarchi di “moltiplicare la loro stirpe<br />
come le stelle <strong>del</strong> cielo e come la sabbia <strong>del</strong> mare” (v. 36).<br />
“Ora, invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qu<strong>al</strong>unque<br />
<strong>al</strong>tra nazione, ora siamo umiliati per tutta la terra a causa <strong>dei</strong> nostri peccai.<br />
Ora non abbiamo più né principe, né capo, né <strong>profeta</strong>, né olocausto,<br />
né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie<br />
e trovar misericordia” (Dan 3,37-38).<br />
Questa lamentazione fa parte di quella lunga sezione di Dan 3, che non<br />
si trova nel testo aramaico, ma è presente nel greco <strong>dei</strong> Settanta e di<br />
Teodozione. E’ opinione di tutti gli studiosi di Daniele che questo brano<br />
non solo appartiene <strong>al</strong>lo strato più antico <strong>del</strong> testo, ma anche che esso, più<br />
che descrivere la situazione di Gerus<strong>al</strong>emme dopo la distruzione <strong>del</strong> 587 a.<br />
C., si riferisca più propriamente <strong>al</strong>lo stato desolante in cui vennero a trovarsi<br />
i Giu<strong>dei</strong> dopo la profanazione <strong>del</strong> tempio nel 167 e prima <strong>del</strong>la sua<br />
purificazione, compiutasi tre anni dopo 10 .<br />
9. Sulla complessa questione <strong>del</strong>l’origine, <strong>del</strong>la forma letteraria e <strong>del</strong>le vicende storiche che<br />
hanno contrassegnato questo libro si vedano le introduzioni, come quella di O. da Spinetoli,<br />
“Daniele”, in Introduzione <strong>al</strong>la Bibbia, II/2, Cas<strong>al</strong>e Monferrato 1971, 163-579; oppure G.<br />
Rin<strong>al</strong>di, Daniele, Torino 1947; G. Bernini, Daniele, Roma 1976, 5-51.<br />
10. Cfr. Bernini, Daniele, 132ss; Bibbia TOB, 1622 . Tra le lamentazioni va posta anche quella<br />
di Mattatia, padre <strong>dei</strong> fratelli Maccabei, che si riferisce <strong>al</strong>la stessa situazione (1Mac 2,6-11).
54<br />
A. SISTI<br />
Dati i precedenti letterari che abbiamo considerati fin qui, si potrebbe<br />
pensare che la menzione <strong>dei</strong> profeti sia un luogo comune <strong>del</strong>le lamentazioni.<br />
Ma nel citato testo di Dan 3,37-38 è t<strong>al</strong>e l’aderenza <strong>del</strong>le parole<br />
<strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà storica a noi nota mediante il racconto <strong>dei</strong> due libri <strong>dei</strong> Maccabei,<br />
che si è obbligati a credere <strong>al</strong>la veridicità <strong>del</strong>le singole affermazioni. A<br />
proposito <strong>del</strong> v. 38 annota G. Bernini: “In senso assoluto ciò si verificò <strong>al</strong><br />
momento <strong>del</strong>l’esilio (cfr. Lam 2,9), come minacciava il predicatore deuteronomista<br />
(Dt 28,36) ed Ezechiele (cfr. Ez 7,26). Ma <strong>al</strong> <strong>tempo</strong> <strong>del</strong>la persecuzione<br />
di Antioco IV i capi erano dovuti scappare (cfr. 1Mac 2,39-48) e i<br />
profeti si erano dovuti trasformare in scrittori apoc<strong>al</strong>ittici, come appunto<br />
l’autore <strong>del</strong> libro di Daniele, perché <strong>al</strong>trimenti non avrebbero potuto sopravvivere”<br />
11 . Natur<strong>al</strong>mente, quando si parla di profeti, non si deve pensare<br />
che a persone illuminate d<strong>al</strong>la fede, capaci di interpretare le tremende<br />
vicende <strong>del</strong> momento e di fornire a tutti orientamenti saggi e incoraggianti,<br />
derivandoli d<strong>al</strong>la propria esperienza di Dio. Quelli <strong>del</strong>la persecuzione erano<br />
momenti t<strong>al</strong>mente duri per la gente di pietà, che tutti si sentivano disorientati<br />
e incapaci di sperare un avvenire migliore.<br />
Il medesimo autore di Daniele, parlando proprio di Antioco IV e <strong>del</strong> suo<br />
furore persecutorio, anche se in forma pseudo-profetica (<strong>al</strong> futuro), mostra<br />
con molta evidenza il terrore da lui seminato tra i Giu<strong>dei</strong> rimasti fe<strong>del</strong>i <strong>al</strong>la<br />
propria fede religiosa e <strong>al</strong>le tradizioni <strong>dei</strong> padri (Dan 11,28-39). Ugu<strong>al</strong>mente<br />
fa l’epitomatore di Giasone di Cirene nel 2Mac. Dopo aver parlato a lungo<br />
di Antioco e <strong>del</strong>l’eroismo dimostrato dai martiri che caddero durante la<br />
sua persecuzione (2Mac cc. 5-7), iniziando a narrare le gesta di Giuda<br />
Maccabeo, mette in evidenza lo sforzo compiuto da lui e dai suoi per organizzare<br />
la resistenza, costretti a “introdursi segretamente nei villaggi”<br />
(pareiporeuovmenoi lelhqovtw" eij" ta;" kwvma"), <strong>al</strong>la ricerca di volontari<br />
disposti a unirsi a loro (2Mac 8,1). La situazione si capisce meglio <strong>al</strong>la luce<br />
di quanto annotato nel primo libro <strong>dei</strong> Maccabei, ove, dopo il rifiuto opposto<br />
d<strong>al</strong> sacerdote Mattatia a sacrificare agli idoli, l’autore aggiunge che “egli<br />
fuggì con i suoi figli verso i monti, lasciando tutto ciò che avevano nella città”.<br />
Dietro il suo esempio, “molti che avevano zelo per la giustizia e per il<br />
diritto discesero nel deserto e vi si stabilirono” (1Mac 2,28-29). I tempi erano<br />
duri e prima che i Maccabei riuscissero a radunare nel deserto un sufficiente<br />
numero di volonterosi disposti a combattere, si può immaginare in<br />
qu<strong>al</strong>e stato di prostrazione si trovasse la massa <strong>del</strong> popolo rimasto fe<strong>del</strong>e,<br />
senza <strong>al</strong>cuna indicazione su ciò che si dovesse o convenisse fare.<br />
11. Bernini, Daniele, 139. La scomparsa o la rarità <strong>del</strong>la profezia è lamentata anche in <strong>al</strong>tri<br />
testi sicuramenti più antichi di Daniele (si vedano le indicazioni fornite <strong>al</strong>la nota 6).
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 55<br />
Nel passo di G. Bernini, riferito sopra, a commento e spiegazione di<br />
Dan 3,37-38, si accenna a un fatto letterariamente molto importante, costituito<br />
d<strong>al</strong> passaggio d<strong>al</strong>la profezia <strong>al</strong>l’apoc<strong>al</strong>ittica nel libro di Daniele. La<br />
causa esterna di questo passaggio sarebbe stata la stessa persecuzione<br />
seleucida che impediva, tra l’<strong>al</strong>tro, anche la libera circolazione e manifestazione<br />
di idee o sentimenti che, in qu<strong>al</strong>che modo, potevano suonare come<br />
critica <strong>del</strong>le autorità politiche e militari <strong>del</strong>la Siria, nonché di persone legate<br />
<strong>al</strong> movimento riformista da loro protetto e favorito. Non c’è difficoltà ad<br />
ammettere che la persecuzione abbia favorito l’affermarsi di un genere letterario,<br />
ove la verità viene rivelata (o velata?) mediante immagini e simboli,<br />
soppiantando così la profezia, che ormai non poteva più esprimersi <strong>al</strong>la<br />
maniera tradizion<strong>al</strong>e degli antichi profeti 12 . Ma si deve aggiungere che era<br />
nell’aria già da <strong>tempo</strong>.<br />
Secondo D. S. Russell, la sensazione che la profezia non fosse più quella<br />
di un <strong>tempo</strong> (di prima <strong>del</strong>l’esilio) si avverte già in Zac 1,4 che parla di<br />
“profeti antichi” e in 2Cron 36,21 che si appella <strong>al</strong>l’autorità <strong>del</strong>la parola<br />
<strong>del</strong> Signore predetta per bocca di Geremia, per contare la durata <strong>del</strong>l’esilio<br />
nella cifra di settanta anni. In ambedue i casi traspare una nost<strong>al</strong>gia per un<br />
passato che non c’è più 13 .<br />
I motivi <strong>del</strong>la decadenza possono essere stati molteplici, anche se non<br />
è facile individuarli con certezza. Dopo l’esilio, la vita <strong>dei</strong> reduci da Babilonia<br />
assume una struttura politica e religiosa, che non è più quella<br />
<strong>del</strong>l’antesilio. Già a partire da Esdra, la Torah assume un ruolo determinante<br />
nel giudaismo nascente. Il tempio ricostruito non riesce a raggiungere lo<br />
splendore di quello distrutto, per il qu<strong>al</strong>e diversi profeti antichi si erano<br />
adoperati perché vi si praticasse un culto autenticamente spiritu<strong>al</strong>e. Nello<br />
stesso periodo gli Israeliti tornati in patria, anche se godevano di una discreta<br />
autonomia, ebbero a subire un più forte influsso da parte degli stranieri<br />
che vivevano nel loro stesso territorio, insieme ai rappresentanti <strong>del</strong>le<br />
potenze dominanti. In questo senso può essere significativo il fatto che il<br />
secondo Zaccaria denunci e minacci, da parte di Jahweh, di far scomparire<br />
d<strong>al</strong> paese gli idoli insieme ai profeti con il loro “spirito immondo”, che non<br />
può essere che quello <strong>del</strong>l’idolatria (Zac 13,2) 14 . Segno che anche tra coloro<br />
che pretendevano di essere le guide d’Israele si erano introdotte idee e<br />
consuetudini <strong>del</strong> mondo pagano.<br />
12. Sull’apoc<strong>al</strong>ittica disponiamo oggi, anche in lingua it<strong>al</strong>iana, di una buona letteratura. Si<br />
veda in particolare l’opera, molto bene informata, di P. Sacchi, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica e la<br />
sua storia, Brescia 1990, con l’abbondantissima bibliografia riportata <strong>al</strong>le pp. 321-361.<br />
13. D. S. Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica, Brescia 1991, 101-102.
56<br />
A. SISTI<br />
Per nostro conto pensiamo che nella ricerca <strong>del</strong>le cause <strong>del</strong>la decadenza<br />
<strong>del</strong>la profezia non vada trascurato né sottov<strong>al</strong>utato un fatto molto importante,<br />
rappresentato d<strong>al</strong>l’esistenza <strong>del</strong>le scuole sapienzi<strong>al</strong>i, che si<br />
sviluppano già a partire <strong>del</strong>l’epoca persiana e fioriscono soprattutto nell’epoca<br />
ellenistica, occupandosi di tutti i problemi <strong>del</strong>la vita religiosa e civile<br />
e avendo per tutti una parola ispirata a saggezza. I frutti più belli di<br />
queste scuole sono le opere <strong>del</strong> Qohelet e <strong>del</strong> Siracide. Quest’ultimo scrive<br />
proprio <strong>al</strong>la vigilia <strong>del</strong>la persecuzione di Antioco IV e, mentre es<strong>al</strong>ta la<br />
bellezza <strong>del</strong> culto e la gloria <strong>del</strong>la sua gente, non manca di mettere in guardia<br />
i suoi lettori contro i pericoli derivanti d<strong>al</strong> continuo contatto col mondo<br />
pagano 15 . Sicuramente c’erano anche <strong>al</strong>tri che non hanno scritto nulla ed<br />
<strong>al</strong>tri le cui opere non sono giunte fino a noi. Erano queste le nuove guide<br />
spiritu<strong>al</strong>i d’Israele, anche se forse mancavano di quel particolare carisma,<br />
che avrebbe potuto accreditarli come profeti agli occhi <strong>del</strong> popolo.<br />
3. La fede <strong>dei</strong> Maccabei<br />
I fratelli Maccabei hanno avuto la fortuna d’incontrare degli ammiratori<br />
sinceri che, colpiti d<strong>al</strong>le loro imprese, hanno avuto la voglia e la capacità<br />
di metterle in scritto, perché non fossero dimenticate come tante vicende<br />
nazion<strong>al</strong>i svoltesi prima di loro per diversi secoli. Dei due libri che si richiamano<br />
<strong>al</strong> loro nome, indubbiamente il primo è il più completo, abbracciando<br />
tutto intero l’arco di <strong>tempo</strong> in cui essi vissero; il secondo è più<br />
particolareggiato, ma si limita ai primi anni <strong>del</strong>la rivolta.<br />
Per quanto riguarda il nostro tema, questo secondo libro non offre <strong>al</strong>cuna<br />
indicazione precisa. L’autore si interessa solo <strong>dei</strong> profeti <strong>del</strong> passato e<br />
14. Per l’individuazione <strong>del</strong>le cause <strong>del</strong>la decadenza <strong>del</strong>la profezia si veda ancora Russell,<br />
L’apoc<strong>al</strong>ittica, 102-106. Il testo di Zac 13,2-6 meriterebbe di essere presentato in maniera<br />
approfondita per coglierne il significato completo, che è di tot<strong>al</strong>e condanna. P. Sacchi, Storia<br />
<strong>del</strong> secondo tempio, Torino 1994, 90-91 lo legge <strong>al</strong>la luce <strong>del</strong>la situazione <strong>del</strong> dopo esilio<br />
e lo intende come un riflesso <strong>del</strong> tentativo di limitare l’attività profetica in funzione <strong>del</strong>la<br />
stabilità <strong>del</strong>lo stato.<br />
15. La tematica affrontata da Ben Sirac è vastissima; si direbbe quasi onnicomprensiva. Ma<br />
egli è convinto che basti la sapienza a risolvere tutti i problemi, senza dover ricorrere o attendere<br />
profeti e messia (ad ogni modo si veda 36,14-15 di cui si dirà appresso, <strong>al</strong>l’inizio<br />
<strong>del</strong> paragrafo 4). Per una inquadratura <strong>del</strong>l’insegnamento <strong>del</strong> Siracide <strong>al</strong>la luce <strong>del</strong> particolare<br />
momento in cui egli si trovò a vivere, si veda A. <strong>Sisti</strong>, “Riflessi <strong>del</strong>l’epoca<br />
premaccabaica nell’Ecclesiastico”, Rivista Biblica 12 (1964) 215-256; per il resto si veda<br />
A. Miniss<strong>al</strong>e, Siracide (Ecclesiastico), Roma 1980; F. Festorazzi, “Il libro <strong>del</strong> Siracide”, in<br />
Il messaggio <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza, V, Torino 1985, 157-182.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 57<br />
in particolare <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> Geremia, che nel libro è presentato come il <strong>profeta</strong><br />
<strong>del</strong>la restaurazione nazion<strong>al</strong>e e protettore <strong>del</strong> suo popolo (2Mac 2,1.13;<br />
15,9.12-16) 16 . Per il resto non sembra aver problemi, perché è sicuro che il<br />
Signore, quando occorre, si fa sentire anche in modo straordinario con segni<br />
e prodigi, con sogni e visioni chiaramente intelligibili. E’ l’autore <strong>del</strong><br />
primo libro, invece, che nella sua religiosità strettamente legata <strong>al</strong>l’osservanza<br />
<strong>del</strong>la legge mosaica, sente vivamente l’assenza di profeti, particolarmente<br />
in <strong>al</strong>cuni casi in cui t<strong>al</strong>e legge si rivela carente o insufficiente per<br />
risolvere i problemi emergenti d<strong>al</strong>lo sviluppo di nuove situazioni, da essa<br />
non previste 17 . I testi relativi sono tre: 1Mac 4,46; 9,27; 14,41. Conviene<br />
esaminarli per ordine, separatamente.<br />
a) 1Mac 4,46<br />
Siamo già verso la conclusione <strong>del</strong>la prima fase <strong>del</strong>la lotta armata contro<br />
le truppe di Antioco IV, e Giuda con i suoi fratelli decidono di s<strong>al</strong>ire fin sul<br />
Monte Sion per purificare il tempio d<strong>al</strong>le impurità leg<strong>al</strong>i e materi<strong>al</strong>i che i<br />
pagani vi avevano accumulato (4,36-61; cfr. 2 Mac 10,1-8). Giunti sul posto,<br />
celebrano una liturgia penitenzi<strong>al</strong>e, <strong>al</strong> termine <strong>del</strong>la qu<strong>al</strong>e lo stesso<br />
Giuda Maccabeo, qu<strong>al</strong>e capo riconosciuto degli insorti, dispone ogni cosa<br />
con molta cura perché tutto si svolga nella piena osservanza <strong>del</strong>la legge.<br />
L’autore si rivela particolarmente puntiglioso su questo punto. Difatti annota<br />
che per compiere t<strong>al</strong>e opera, Giuda “scelse <strong>dei</strong> sacerdoti senza macchia<br />
(iJerei'" ajmwvmou"), osservanti <strong>del</strong>la legge” (v. 42). Essi, dunque,<br />
dovevano essere non solo immuni da ogni impurità leg<strong>al</strong>e, ma anche zelanti<br />
nell’osservare tutte le minute prescrizioni <strong>del</strong> codice di santità (Lev<br />
21-22) che come sacerdoti dovevano conoscere <strong>al</strong>la perfezione.<br />
Rimosso quanto era da rimuovere e riparato quanto era da riparare, i<br />
sacerdoti non hanno dubbi nell’abbattere “l’abominio <strong>del</strong>la desolazione<br />
[costruito dai pagani] sull’<strong>al</strong>tare degli olocausti” (1,54), trasportandone le<br />
pietre fuori <strong>del</strong> recinto sacro o, come dice il testo, “in un luogo impuro”<br />
(4,43); ma scoperto il sottostante <strong>al</strong>tare, costruito <strong>al</strong> ritorno d<strong>al</strong>l’esilio (Esr<br />
3,2-5) sul luogo stesso di quello di S<strong>al</strong>omone, si arrestarono, indecisi sul<br />
da fare. L’antico <strong>al</strong>tare era due volte sacro, perché costruito e consacrato<br />
16. Cfr. A. <strong>Sisti</strong>, I Maccabei. Libro secondo, Roma 1969, 85ss.<br />
17. Per tutti i problemi connessi con i due libri si vedano le introduzioni speci<strong>al</strong>izzate. Segn<strong>al</strong>iamo<br />
la sintesi di A. <strong>Sisti</strong>, “I Maccabei”, in Il messaggio <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza, V, Leumann-<br />
Torino 1985, 341-387.
58<br />
A. SISTI<br />
rispettando le regole di purità previste d<strong>al</strong>la legge (Es 20,24-26; Dt 27,5-6;<br />
Gs 8,11) e perché per secoli vi si erano offerte vittime <strong>al</strong> Signore. Ma l’erezione<br />
di un <strong>al</strong>tare pagano sopra di esso e l’immolazione di anim<strong>al</strong>i immondi<br />
che per tre anni vi si erano offerti in sacrificio, non davano luogo a dubbi<br />
che quel vecchio <strong>al</strong>tare fosse stato profanato e reso impuro (cfr. 1,54-59).<br />
Che fare? Conveniva onorare la santità inizi<strong>al</strong>e <strong>del</strong>l’antico <strong>al</strong>tare riprendendo<br />
ad offrire su di esso sacrifici come prima o era meglio considerarlo<br />
definitivamente profanato e quindi non più utilizzabile per l’uso liturgico? 18 .<br />
Qui interviene lo storico, che giudica favorevolmente la decisione presa<br />
dai sacerdoti, nell’atto stesso e con le parole medesime con cui riferisce<br />
il fatto: “E venne loro la felice idea di demolirlo” (kai; e[pesen aujtoi'"<br />
boulh; ajgaqh; kaqelei'n aujtov).<br />
Nel periodo monarchico si erano distrutti degli <strong>al</strong>tari costruiti nel cortile<br />
stesso <strong>del</strong> tempio; ma erano <strong>al</strong>tari illegittimi, eretti in onore di divinità<br />
pagane (cfr. 2Re 23,12.15; 2Cron 34,4.7). Qui invece si trattava <strong>del</strong>l’<strong>al</strong>tare<br />
eretto nel rispetto di tutte le leggi di purità, <strong>al</strong>l’epoca <strong>del</strong>la ricostruzione<br />
<strong>del</strong> tempio; e se i sacerdoti si permettono di demolirlo, è soltanto perché “i<br />
gentili lo avevano contaminato” (o[ti ejmivanan ta; e[qnh) (v. 45).<br />
L’autore non si ferma qui e, prima ancora di parlare <strong>del</strong> nuovo <strong>al</strong>tare<br />
costruito <strong>al</strong> posto <strong>del</strong>l’antico, si attarda a parlare <strong>del</strong>la sorte riservata <strong>al</strong>le<br />
pietre con le qu<strong>al</strong>i questo era stato costruito. Scrive “Demolirono, dunque,<br />
l’<strong>al</strong>tare e ne deposero le pietre sul monte <strong>del</strong> tempio, in un luogo conveniente”<br />
(v. 46a: ejn tovpw/ ejpith<strong>dei</strong>vw/). 2Mac 10,2 dice soltanto che il<br />
Maccabeo (Giuda) con i suoi compagni, sotto la guida <strong>del</strong> Signore... abbatterono<br />
gli <strong>al</strong>tari costruiti dagli stranieri” intendendo riferirsi a tutte le are<br />
pagane erette nel paese, compreso l’<strong>al</strong>tare degli olocausti, <strong>al</strong> cui posto<br />
difatti ne viene costruito uno nuovo (2Mac 10,3). Nella sua narrazione non<br />
c’è la minima preoccupazione per le pietre rimosse d<strong>al</strong> vecchio <strong>al</strong>tare. L’autore<br />
<strong>del</strong> primo libro invece ha cura di notare che le pietre non furono gettate<br />
nella sottostante v<strong>al</strong>le <strong>del</strong> Cedron o in quella di Ben-Innon o Geenna,<br />
considerate luoghi impuri (cfr. 2Re 23,10.12), bensì in un angolo riposto<br />
<strong>del</strong>lo stesso monte <strong>del</strong> tempio, detto nel testo “monte <strong>del</strong>la casa” (ejn tw/'<br />
18. Precedentemente, <strong>al</strong>l’inizio <strong>del</strong>la rivolta, il gruppo <strong>dei</strong> Maccabei, ritrovatosi nell’antico<br />
luogo di culto e di preghiera presso Masfa, con una solenne liturgia penitenzi<strong>al</strong>e si era rivolto<br />
<strong>al</strong> Signore per decidere sul da farsi. In t<strong>al</strong>e occasione, scrive l’autore che “aprirono il<br />
libro <strong>del</strong>la legge riguardo a quelle cose per le qu<strong>al</strong>i i gentili consultano i simulacri <strong>dei</strong> loro<br />
idoli” (1Mac 3,48). Si può ipotizzare che abbiano fatto ugu<strong>al</strong>mente nella nuova situazione.<br />
Ma, evidentemente, non trovarono <strong>al</strong>cuna risposta, perché nella legge mosaica non è contemplato<br />
affatto un caso <strong>del</strong> genere. Altrimenti non avrebbero avuto <strong>al</strong>cuna difficoltà nel<br />
decidere il da farsi.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 59<br />
o[rei tou' oi[kou) <strong>del</strong> Signore 19 . La ragione è quella accennata: la loro<br />
consacrazione e destinazione inizi<strong>al</strong>e a formare l’<strong>al</strong>tare, su cui per oltre tre<br />
secoli e mezzo si erano offerte vittime e sacrifici.<br />
La risoluzione presa, però, dai sacerdoti non sembra <strong>del</strong> tutto sicura,<br />
per cui l’autore ne mette in evidenza la provvisorietà, scrivendo che le pietre<br />
furono collocate in quel “luogo conveniente”, mevcri tou' paragenhqh'nai<br />
profhvthn tou' ajpokriqh'nai peri; aujtw'n (v. 46: “fino a che o<br />
in attesa che venga un <strong>profeta</strong> il qu<strong>al</strong>e si pronunzi a loro riguardo”. Nella<br />
sua glob<strong>al</strong>ità, l’affermazione non è difficile da intendere. Essa significa, in<br />
primo luogo, che in quel momento i sacerdoti incaricati non si sentono in<br />
grado di risolvere il dubbio che si era insinuato nel loro animo, non essendosi<br />
mai verificato prima un caso <strong>del</strong> genere; poi significa pure che non<br />
c’erano tra i seguaci <strong>del</strong>la famiglia <strong>dei</strong> Maccabei persone che con la loro<br />
esperienza e saggezza potessero indicare con sicurezza cosa si dovesse fare<br />
<strong>del</strong>le pietre rimosse d<strong>al</strong> vecchio <strong>al</strong>tare; infine, dovendosi attendere la venuta<br />
di un <strong>profeta</strong>, sta a confermare la più volte ricordata lamentela per il<br />
venir meno <strong>del</strong>la profezia in mezzo agli Israeliti. Ma perché si attende proprio<br />
un <strong>profeta</strong> e chi dovrebbe o potrebbe essere?<br />
Come prima risposta si potrebbe dire che secondo l’autore <strong>del</strong> libro già<br />
i Maccabei e i loro seguaci consideravano tanto importante la questione,<br />
che non credevano potessero risolverla un qu<strong>al</strong>unque magistrato, capo <strong>del</strong><br />
popolo, scriba o sacerdote, per quanto sapienti, saggi e autorevoli essi potessero<br />
essere. Ma poiché la stessa attesa, proiettata in un futuro, indeterminato,<br />
si manifesta anche in un caso successivo (14,41) che esamineremo<br />
dopo, sembra potersene dedurre che egli <strong>al</strong>luda a una persona singolare e<br />
carismatica, capace di interpretare e proporre con chiarezza e autorevolezza<br />
il volere divino: un <strong>profeta</strong>, insomma, <strong>del</strong> tipo di quelli conosciuti nella<br />
tradizione biblica più antica.<br />
b) 1Mac 9,27<br />
Qui ci troviamo di fronte a un testo molto singolare, il cui significato non è<br />
quello di un rimpianto nost<strong>al</strong>gico per il passato e nemmeno quello di una<br />
speranza ardente per il futuro perché la scomparsa <strong>dei</strong> profeti è presa come<br />
termine di riferimento per misurare il <strong>tempo</strong> passato. Lo storico, autore <strong>del</strong><br />
19. Nella Mishna (Middot 2,6) si dice che furono sistemate in una stanza non sacra a nordest<br />
<strong>del</strong> tempio (cfr. W. Wirgin, “Simon Maccabaeus and the Prophetes Pistos”, P<strong>al</strong>estine<br />
Exploration Quarterly 103 (1971) 35-41 (qui a p. 36).
60<br />
A. SISTI<br />
libro, segn<strong>al</strong>a con evidente dolore che dopo la morte di Giuda Maccabeo<br />
(160 a. C.), i filoellenisti ripresero il sopravvento e insieme <strong>al</strong>le forze<br />
seleucide iniziarono a perseguitare in tutti i modi i tradizion<strong>al</strong>isti, rimasti<br />
fe<strong>del</strong>i <strong>al</strong>le loro osservanze religiose. Per colmo di sventura, il paese fu colpito<br />
da una terribile carestia e il popolo si trovò nella miseria (1Mac 9,23-<br />
26). Quindi commenta: “Fu una grande tribolazione (qlivyi" megavlh) per<br />
Israele, qu<strong>al</strong>e non vi era stata mai (h{ti" oujk ejgevneto) d<strong>al</strong> giorno in cui<br />
non era apparso (oujk w[fqh) un <strong>profeta</strong> in mezzo a loro” (9,27).<br />
Lo storico vorrebbe dare un’idea <strong>del</strong>l’eccezion<strong>al</strong>ità <strong>del</strong>la “tribolazione”,<br />
ma non trova un <strong>al</strong>tro fatto an<strong>al</strong>ogo con cui confrontarlo, se non in un passato<br />
molto remoto. Il “giorno in cui non era apparso più un <strong>profeta</strong>”, dunque,<br />
è la data dopo la qu<strong>al</strong>e non si era mai verificata in Israele una<br />
situazione tanto grave come quella successiva <strong>al</strong>la morte di Giuda. I libri<br />
storici menzionano diverse carestie, ma sono tutte anteriori <strong>al</strong>l’esilio (cfr.<br />
2Sam 21,1; 1Re 8,37; 17,18; 2Re 4,38; 6,25; 25,3) e legate in massima<br />
parte <strong>al</strong>le figure carismatiche <strong>dei</strong> profeti Elia ed Eliseo. Che il nostro autore<br />
pensi a questi profeti? In ogni caso, nella frase in discussione è implicita<br />
la confessione che <strong>al</strong>l’epoca <strong>dei</strong> fatti (e anche quando l’autore scrive) non<br />
vi era <strong>al</strong>cun <strong>profeta</strong> in Giudea o che l’ultimo di cui si aveva memoria doveva<br />
essere vissuto in tempi molto remoti. Ma quando?<br />
I commentatori sono molto incerti nel rispondere a questa domanda. La<br />
difficoltà sorge d<strong>al</strong> fatto che non abbiamo notizie sui profeti vissuti dopo<br />
l’esilio, se non quei pochi indizi che si possono raccogliere d<strong>al</strong>l’an<strong>al</strong>isi<br />
degli scritti <strong>dei</strong> profeti minori. Per questo, <strong>al</strong>cuni si rifanno fino <strong>al</strong>la distruzione<br />
di Gerus<strong>al</strong>emme, mentre i più pensano <strong>al</strong>l’epoca <strong>del</strong>la ricostruzione<br />
<strong>del</strong> tempio (d<strong>al</strong> 520 in poi) 20 . A questa epoca sembra riportarci lo stesso<br />
autore <strong>del</strong> libro quando, procedendo nel suo racconto, riferisce che, qu<strong>al</strong>che<br />
<strong>tempo</strong> dopo, il sommo sacerdote Alcimo, passato <strong>al</strong>la parte degli ellenisti,<br />
“fece abbattere il muro <strong>del</strong> cortile interno <strong>del</strong> santuario”, quindi<br />
aggiunge questa curiosa annotazione: e così egli “distrusse l’opera<br />
(kaqei'len ta; e[rga) <strong>dei</strong> profeti” (9,54). Anche se resta difficile identificare<br />
questo muro fatto abbattere d<strong>al</strong> sommo Sacerdote 21 , è importante rilevare<br />
come l’autore attribuisce direttamente ai profeti la ricostruzione <strong>del</strong> tempio,<br />
in quanto con il loro esempio e con la loro predicazione sostennero<br />
20. Cfr. M. Grandclaudon, Les livres des Maccabées (“La S. Bible” Pirot - Clamer 8,2),<br />
Paris 1951, 80; A. Penna, Libri <strong>dei</strong> Maccabei, Torino - Roma 1953, 116; M. Laconi, Primo<br />
e secondo libro <strong>dei</strong> Maccabei, Padova - Torino 1960, 210.<br />
21. J. A. Goldstein, I Maccabees, New York 1976, si occupa lungamente <strong>del</strong>la questione<br />
<strong>al</strong>le pp. 391-393.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 61<br />
“l’opera” re<strong>al</strong>izzata d<strong>al</strong> 520 <strong>al</strong> 515 a. C. sotto la guida <strong>del</strong> governatore<br />
Zorobabele e <strong>del</strong> sommo sacerdote Giosuè (cfr. Esr 1-6). I nomi <strong>dei</strong> profeti<br />
che presero parte a questa impresa sono quelli di Aggeo e Zaccaria (cfr. Ag<br />
1,7-15; Zac 4,9). Ma si fa anche il nome di M<strong>al</strong>achia, che visse qu<strong>al</strong>che<br />
<strong>tempo</strong> dopo, <strong>al</strong>l’inizio <strong>del</strong> sec. V a. C. In questo modo la distanza <strong>del</strong>l’autore,<br />
che si riferiva <strong>al</strong> giorno da cui non era apparso più un <strong>profeta</strong> in Israele,<br />
sarebbe di circa quattrocento anni, durante i qu<strong>al</strong>i nessun inviato di Dio<br />
si sarebbe manifestato.<br />
c) 1Mac 14,41<br />
L’episodio in cui si inquadra la frase da esaminare, ha per protagonista il terzo<br />
<strong>dei</strong> fratelli Maccabei: Simone, che due anni prima (nel 142 a. C.) aveva<br />
preso il posto di suo fratello Gionata, caduto in mano <strong>dei</strong> nemici ellenisti, che<br />
lo avevano assassinato. L’autore è un sincero ammiratore di Simone e ne fa<br />
un elogio (1Mac 14,4-15), in cui qu<strong>al</strong>che studioso ha creduto di poter scorgere<br />
chiari tratti di un messianismo già re<strong>al</strong>izzato 22 . Entusiasti <strong>dei</strong> successi<br />
da lui ottenuti contro gli ellenisti e <strong>del</strong>l’abilità che dimostrava nell’amministrazione<br />
<strong>del</strong>la cosa pubblica, i notabili <strong>del</strong> paese insieme <strong>al</strong> popolo rimasto<br />
fe<strong>del</strong>e <strong>al</strong>la fede <strong>dei</strong> padri, adunatisi in assemblea, con atto solenne da incidere<br />
su tavole di bronzo, decretano che da quel momento, Simone sarà loro<br />
“capo e sommo sacerdote per sempre” (v. 41a: hJgouvmenon kai; ajrciereva eij"<br />
to;n aijw'na). Ciò significa che con quell’atto Simone era proclamato uffici<strong>al</strong>mente<br />
capo unico e assoluto di tutti i Giu<strong>dei</strong>, in modo perpetuo ed ereditario,<br />
assommando in sé il potere civile e religioso, per cui egli era <strong>al</strong>lo stesso<br />
<strong>tempo</strong> egumeno o governatore e sommo sacerdote.<br />
Il decreto era perfettamente regolare perché ratificato da tutto il popolo,<br />
anche se giuridicamente la nazione restava ancora soggetta <strong>al</strong> regno di<br />
Siria, di cui continuava a far parte. Giunto a questo punto il testo avrebbe<br />
potuto considerarsi completo e chiuso. Invece troviamo che esso continua<br />
recando inaspettatamente la clausola e{w" tou' ajnasqh'nai profhvthn pistovn<br />
(v. 41b), v<strong>al</strong>e a dire: i due titoli e le due potestà, benché conferite in forma<br />
ereditaria, dovevano considerarsi legate a una condizione difficilmente<br />
comprensibile, espressa con le parole “finché non sorga un <strong>profeta</strong> fe<strong>del</strong>e”.<br />
Perché questa riserva e questa limitazione?<br />
22. G. Boccaccini, Il Medio Giudaismo, Genova 1993, 118 (nota 27): “Non è difficile scorgere<br />
tratti messianici nell’elogio di Simone, sia pure nel quadro di un’escatologia compiuta<br />
entro i confini <strong>del</strong>la storia”.
62<br />
A. SISTI<br />
La ragione di fondo, anche se non specificata nel testo, sembra essere<br />
questa: la famiglia sacerdot<strong>al</strong>e di Simone, per quanto benemerita <strong>del</strong>la nazione,<br />
non apparteneva né <strong>al</strong>la discendenza leg<strong>al</strong>e <strong>del</strong> sommo sacerdote<br />
Sadoc, né a quella <strong>del</strong> re David. Per conseguenza, a norma <strong>del</strong>la legge e<br />
<strong>del</strong>la tradizione, Simone non poteva assumere le due autorità 23 . L’ostacolo<br />
viene superato, appunto, con la clausola citata, che rimette a un futuro <strong>profeta</strong><br />
il giudizio sulla leg<strong>al</strong>ità e sulla v<strong>al</strong>idità <strong>del</strong> conferimento <strong>dei</strong> due incarichi.<br />
Ma qu<strong>al</strong>’è la portata religiosa e politica <strong>del</strong>la clausola?<br />
Sul piano politico è accettabile l’opinione di coloro i qu<strong>al</strong>i pensano che<br />
la clausola sia il risultato di un compromesso tra due posizioni opposte, <strong>dei</strong><br />
fautori e <strong>dei</strong> contrari a che Simone assumesse per sé e per i suoi discendenti<br />
i due poteri, civile e religioso, a cui t<strong>al</strong>volta si poteva aggiungere<br />
(come di fatto era in quel momento) il potere militare di stratega e<br />
condottiero <strong>del</strong>le forze combattenti 24 . Simone era consapevole che la linea<br />
<strong>del</strong> sommo sacerdozio era quella <strong>dei</strong> discendenti di Onia III, mentre quella<br />
<strong>del</strong>la potestà civile, anche se dopo l’esilio si era non poco offuscata, apparteneva<br />
ai discendenti di David. Non si poteva ipotecare tot<strong>al</strong>mente il futuro<br />
e Simone, col consenso di tutti, accetta la decisione, la qu<strong>al</strong>e per quanto<br />
poteva apparire provvisoria, gli conferiva la pienezza di tutti i poteri, civili,<br />
religiosi e militari 25 .<br />
Sotto l’aspetto religioso, E. Schürer scrive che questa formula [“fino<br />
a che sorgerà un <strong>profeta</strong> fe<strong>del</strong>e”] implicava che il decreto <strong>del</strong> popolo fosse<br />
v<strong>al</strong>ido finché Dio decidesse <strong>al</strong>trimenti 26 . A. Penna, da parte sua, aggiunge<br />
che <strong>al</strong> <strong>profeta</strong> fe<strong>del</strong>e, “come inviato di Dio, si riconosce il diritto<br />
di mutare t<strong>al</strong>e decreto” 27 . Ma perché ci si rimette a un <strong>profeta</strong> e non ad<br />
<strong>al</strong>tri? Una prima risposta potrebbe essere quella suggerita da W. Wirgin,<br />
23. Cfr. A. <strong>Sisti</strong>, I Maccabei. Libro primo, Roma 1977, 299-300. Sotto l’aspetto civile<br />
Simone è denominato sia capo (egumeno), che stratega ed etnarca (cfr. vv. 42 e 47). Per<br />
una inquadratura storica <strong>del</strong> personaggio si veda E. Schürer, Storia <strong>del</strong> Popolo giudaico <strong>al</strong><br />
<strong>tempo</strong> di Gesù Cristo (175 a. C. 135 d. C.), I, Brescia 1985, 250-261 (in particolare <strong>al</strong>la p.<br />
255, in nota, per la discussione <strong>dei</strong> titoli attribuitigli). Cfr. anche J. A. Soggin, Storia d’Israele,<br />
Brescia 1984, 452ss; C. Saulnier - C. Perrot, Storia d’Israele d<strong>al</strong>la conquista di Alessandro<br />
<strong>al</strong>la distruzione <strong>del</strong> tempio, Roma 1988, 124-127; Sacchi, Storia <strong>del</strong> secondo tempio,<br />
222-227.<br />
24. Sulle istituzioni militari di Israele e sulla loro evoluzione e utilizzo in <strong>tempo</strong> di guerra,<br />
cfr. R. De Vaux, Le istituzioni <strong>del</strong>l’Antico Testamento, Torino 1964, 219-269.<br />
25. In questo senso si pronuncia Sacchi, Storia <strong>del</strong> secondo tempio, 223-226; ma si veda<br />
pure Goldstein, I Maccabees, 508, il qu<strong>al</strong>e per la transitorietà <strong>del</strong>la decisione rimanda a un<br />
caso an<strong>al</strong>ogo, riferito in Esr 2,63 e Neh 7,65.<br />
26. Schürer, Storia <strong>del</strong> Popolo giudaico <strong>al</strong> <strong>tempo</strong> di Gesù Cristo, I, 255.<br />
27. A. Penna, Libri <strong>dei</strong> Maccabei, Torino - Roma 1953, 164.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 63<br />
secondo il qu<strong>al</strong>e ci si riferirebbe <strong>al</strong>l’unico caso an<strong>al</strong>ogo rintracciabile nella<br />
Bibbia, quando per il passaggio <strong>del</strong> governo <strong>del</strong> popolo dai giudici <strong>al</strong>la<br />
monarchia, si tenne una pubblica assemblea a Rama, presso il vecchio<br />
<strong>profeta</strong> Samuele, il qu<strong>al</strong>e, benché a m<strong>al</strong>incuore, dovette cedere <strong>al</strong>la richiesta<br />
<strong>del</strong> popolo di avere un re come tutti gli <strong>al</strong>tri popoli (1Sam 8) 28 . In<br />
seguito sarà lo stesso <strong>profeta</strong> a provvedere <strong>al</strong> passaggio <strong>del</strong>la stessa monarchia<br />
d<strong>al</strong>la famiglia di Saul a quella di David (1Sam 16).<br />
Come vedremo, quelli erano tempi in cui, insieme <strong>al</strong>l’attesa di un’era<br />
nuova, escatologica, si attendeva pure la rinascita <strong>del</strong>la profezia e il ritorno<br />
di profeti autentici come il mai obliato Elia, il cui ritorno era stato<br />
promesso d<strong>al</strong> <strong>profeta</strong> M<strong>al</strong>achia (3,1-4; si veda pure Sir 48,10-12; e poi<br />
nel Nuovo Testamento Mt 16,14; 17,10-13; 27,47-49; Lc 9,8; Gv 1,21-<br />
22). Come è facile immaginare e come è sempre avvenuto in periodi<br />
c<strong>al</strong>amitosi <strong>del</strong>la storia, c’erano pure coloro che, approfittando <strong>del</strong>la buona<br />
fede <strong>del</strong> popolo, non avevano ritegno a presentarsi e a spacciarsi per<br />
profeti. Nella Bibbia si parla abbastanza frequentemente di f<strong>al</strong>si profeti.<br />
Simone, dunque, si premunisce contro costoro, esigendo che il <strong>profeta</strong><br />
atteso dovesse essere “fe<strong>del</strong>e”. Nei tre <strong>al</strong>tri testi in cui ricorre (1Mac<br />
2,52; 3,13; 7,8) l’aggettivo “fe<strong>del</strong>e” (pistov") si applica sempre a persone<br />
che non hanno tradito la fiducia riposta in loro, restando sempre fe<strong>del</strong>i<br />
<strong>al</strong>la persona cui si sono votati. Non si può pensare che nel decreto<br />
si voglia parlare di un <strong>profeta</strong> che sia fe<strong>del</strong>e a Simone. L’aggettivo, <strong>al</strong>lora,<br />
va inteso nel senso di autentico, vero, veritiero o verace, come Elia,<br />
appunto, e gli <strong>al</strong>tri profeti classici 29 . In particolare è da mettersi in relazione<br />
<strong>al</strong> <strong>profeta</strong> promesso da Mosè in Dt 18,15ss., <strong>del</strong> qu<strong>al</strong>e Dio dice:<br />
“gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto gli comanderò”<br />
(Ivi v. 18), aggiungendo severe minacce contro i f<strong>al</strong>si profeti e criteri<br />
sicuri per riconoscere i profeti autentici e distinguerli da quelli f<strong>al</strong>si<br />
e bugiardi (vv. 19-20).<br />
28. Wirgin, “Simon Maccabaeus and the Prophetes Pistos”, 35-41, ove tuttavia sono trattati<br />
vari <strong>al</strong>tri problemi. Per l’intervento di profeti in campo politico si può ricordare pure il<br />
caso di S<strong>al</strong>omone, la cui designazione <strong>al</strong> trono fu più opera <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> Natan che <strong>del</strong> padre<br />
David (1Re 1) oppure l’intervento di Eliseo per l’unzione di Ieu come re d’Israele (2Re 9).<br />
29. Così già pensava S. Zeitlin, The First Book of Maccabees, New York 1950, 29s. Secondo<br />
questo autore il cap. 14 di 1Mac sarebbe un’aggiunta, composta in età posteriore, quando i<br />
f<strong>al</strong>si profeti abbondavano. Argomento addotto per difendere questa tesi è che il Flavio nelle<br />
sue opere non dice nulla di quanto narrato da 1Mac 14. Ma Wirgin, nel lavoro citato <strong>al</strong>la nota<br />
precedente, fa osservare che il Flavio era un politico astuto, interessato a evitare di danneggiare<br />
gli interessi di Agrippa II e degli Erodiani in genere. Comunque B. Motzo, Saggi di storia<br />
e letteratura giudeo-ellenistica, Firenze 1924, 207-214 pensava (come <strong>al</strong>tri dopo di lui)<br />
che il Flavio non si sarebbe servito direttamente <strong>del</strong> 1Mac come fonte <strong>del</strong> suo racconto.
64<br />
A. SISTI<br />
Come si è potuto constatare, su tre casi in cui nel 1Mac, in un modo o<br />
in un <strong>al</strong>tro, si avverte l’assenza assoluta di profeti, in due di essi (4,46 e<br />
14,41) si esprime chiaramente la fiducia che in un futuro imprecisato ci sarà<br />
qu<strong>al</strong>cuno, capace di interpretare con autorità la volontà di Dio per risolvere<br />
questioni (giuridiche) in materia religiosa, non contemplate nell’antica<br />
legislazione biblica e mai affrontate precedentemente. Nel primo di questi<br />
due testi (4,46), l’idea di attendere un <strong>profeta</strong> che si pronunci sulla sorte<br />
<strong>del</strong>le pietre rimosse d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tare degli olocausti è registrata e chiaramente<br />
condivisa d<strong>al</strong>l’autore; nel secondo (14,41), invece, l’autore la riferisce in<br />
quanto già contenuta nel decreto di nomina di Simone a capo politico, sommo<br />
sacerdote e stratega <strong>del</strong>la nazione. Ma poiché egli, pur componendo la<br />
sua opera più di cinquanta anni dopo gli avvenimenti (verso il 100 a. C.),<br />
si mostra ovunque un convinto ammiratore <strong>del</strong>la famiglia <strong>dei</strong> Maccabei e<br />
non ha nulla da obiettare contro la decisione <strong>del</strong>l’assemblea popolare, è da<br />
ritenere fondatamente che anche lui fosse convinto <strong>del</strong>la venuta di un <strong>profeta</strong><br />
inviato da Dio, che si sarebbe dovuto occupare <strong>del</strong>la questione per risolverla<br />
in maniera definitiva 30 .<br />
4. Le attese <strong>del</strong> mondo giudaico con<strong>tempo</strong>raneo<br />
Scrivendo verso il 180 a. C., e quindi <strong>al</strong>la vigilia <strong>del</strong>la tremenda persecuzione<br />
scatenata da Antioco IV, il Siracide, nonostante tutto, sente ancora la<br />
fierezza di appartenere a un “popolo glorioso, porzione <strong>del</strong> Signore e sua<br />
eredità” (Sir 24,12). I tempi però non erano più quelli di una volta. Perciò,<br />
conscio anch’egli <strong>del</strong>le difficoltà <strong>del</strong> momento, rivolge un’ardente preghiera,<br />
piena di nost<strong>al</strong>gia e di speranza (Sir 36,1-17), perché il Signore voglia<br />
tornare ad essere benevolo con i suoi servi, mantenendo fede <strong>al</strong>le promesse<br />
antiche e concedendo di nuovo i suoi favori di un <strong>tempo</strong>. Tra le varie richieste<br />
da lui formulate ce n’è anche una che riguarda la profezia. Il testo è<br />
variamente tradotto. Nella versione uffici<strong>al</strong>e it<strong>al</strong>iana suona:<br />
Rendi testimonianza <strong>al</strong>le creature che sono tue fin d<strong>al</strong> principio, adempi<br />
le profezie fatte nel tuo nome. Ricompensa coloro che sperano in te, i tuoi<br />
profeti siano trovati degni di fede (Sir 36,14-15: Vg. 17-18)<br />
Propriamente nel v. 14b, tanto il greco che l’ebraico hanno un verbo<br />
che v<strong>al</strong>e: suscita, fa’ sorgere (e[geiron) e quindi si dovrebbe intendere nel<br />
30. Per una visione complessiva <strong>del</strong> pensiero teologico presente nel 1Mac cfr. E. V<strong>al</strong>lauri,<br />
1-2 Maccabei. Lotte e martirio per la fede, Brescia 1982, 64-83.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 65<br />
senso di far sorgere (profeti che facciano) profezie “nel tuo (di Dio) nome”.<br />
Il che significa che a Dio si chiede di inviare nuovi profeti che parlino in<br />
suo nome. Comunque anche nel modo in cui il testo è comunemente inteso,<br />
suona come una testimonianza <strong>del</strong>l’assenza di profeti in quel lasso di<br />
<strong>tempo</strong> e implicitamente anche <strong>del</strong>la speranza che le antiche profezie si<br />
adempiano fe<strong>del</strong>mente: “i tuoi profeti siano trovati fe<strong>del</strong>i” (ejmpisteuqhvtwsan)<br />
31 . In pratica la situazione supposta nel brano è quella di tutto il<br />
periodo successivo <strong>al</strong>l’esilio.<br />
Il successo inaspettato <strong>dei</strong> Maccabei contro le forze seleucide di Siria e<br />
la riconquistata libertà politica e religiosa <strong>del</strong>la nazione, sebbene ancora<br />
nell’ambito <strong>del</strong> vasto impero <strong>dei</strong> successori di Antioco IV, rianimarono la<br />
fede <strong>del</strong> popolo e generarono una carica di gener<strong>al</strong>e entusiasmo, che si tradusse<br />
ben presto in nuove idee e in nuove aspettative. Si pensava e si sperava<br />
in un intervento più p<strong>al</strong>ese <strong>del</strong>l’Altissimo, che, come si era mostrato<br />
benigno in quei momenti tanto drammatici, così avrebbe dovuto continuare<br />
a favorire il suo popolo senza interruzione (cfr. 2Mac 2,17-18). Vinto il<br />
nemico, ma non annullata la sua potenza, si voleva che Dio intervenisse<br />
ancora più potentemente per stabilire per sempre il suo regno sulla terra,<br />
annientando tutti i suoi nemici e glorificando i suoi servi fe<strong>del</strong>i (cfr. il già<br />
citato brano di Sir. 36,1-17).<br />
Specchio di questa nuova visione <strong>del</strong>l’avvenire può considerarsi, in<br />
qu<strong>al</strong>che modo, già il libro di Daniele, composto (come pare) durante la<br />
grande rivolta capeggiata da Giuda Maccabeo (166-160 a. C.). La impressionante<br />
figura <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo, che viene intronizzato davanti a Dio<br />
(Dan 7,13-14), la vittoria di Dio sulle forze <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e, con Michele che combatte<br />
a fianco <strong>del</strong> popolo degli eletti (12,1), il giudizio, la risurrezione e la<br />
conseguente glorificazione <strong>dei</strong> “saggi” che risplenderanno come lo splendore<br />
<strong>del</strong> firmamento” (12,2-3), sono gli elementi essenzi<strong>al</strong>i <strong>del</strong>la speranza,<br />
verso cui si proietta tutto l’insegnamento <strong>del</strong> libro 32 .<br />
Con questo scritto si entra nel campo di un nuovo genere di letteratura,<br />
detta Apoc<strong>al</strong>ittica, che presenta non poche difficoltà d’interpretazione, in<br />
primo luogo per il linguaggio <strong>al</strong>lusivo e immaginifico che la caratterizza;<br />
poi la difficoltà di stabilire una cronologia sicura per la composizione di<br />
ciascuna opera o per singole parti di esse; infine la grande varietà e l’ambi-<br />
31. Cfr. C. Spicq, L’Ecclésiastique (“La S. Bible” Pirot - Clamer 6) Paris 1946, 747-748;<br />
Miniss<strong>al</strong>e, Siracide, 171. Per la questione circa la messianicità di Sir 36,1-17 si veda brevemente<br />
in H. Duesberg - P. Auvray, Le livre de l’Ecclésiastique, Paris 1953, 16-18.<br />
32. Sulla speranza espressa nel libro di Daniele, cfr. P. Grelot, La speranza ebraica <strong>al</strong> <strong>tempo</strong><br />
di Gesù, Roma 1981, 32-40 (con bibliografia).
66<br />
A. SISTI<br />
guità <strong>dei</strong> personaggi e <strong>dei</strong> ruoli a loro attribuiti nello svolgimento <strong>del</strong>le vicende<br />
immaginate 33 . Si aggiunga la distinzione, non sempre netta e ben<br />
definita, tra messianismo ed escatologismo, nonché la varietà di messianismi<br />
presentati in queste opere. Tutti fattori che non favoriscono affatto<br />
una ricerca precisa 34 .<br />
Senza dubbio, tra i testi comunemente intesi in senso messianico, predominano<br />
quelli di tipo reg<strong>al</strong>e, legati in qu<strong>al</strong>che modo <strong>al</strong>la figura ide<strong>al</strong>izzata<br />
<strong>del</strong> più illustre <strong>dei</strong> re d’Israele, il fondatore <strong>del</strong>la dinastia, David.<br />
Seguono quelli di tipo sacerdot<strong>al</strong>e, connesso col primo sacerdote israelitico,<br />
Aronne. Buon ultimo è il messianismo profetico, che si ispira a Mosè, l’uomo<br />
che parlava con Dio “faccia a faccia” e “bocca a bocca” (Es 33,11;<br />
Num 13,8) 35 . La ragione è che i testi relativi <strong>al</strong>l’attesa di un <strong>profeta</strong> ci sono,<br />
collegati <strong>al</strong>la venuta <strong>del</strong> Messia o meno; ma sono molto pochi.<br />
In genere i mo<strong>del</strong>li a cui si guarda nel tratteggiare la figura <strong>del</strong> <strong>profeta</strong>,<br />
oggetto di desiderio e di speranza per l’avvenire, sono mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> passato.<br />
Con riferimento <strong>al</strong> giudaismo <strong>del</strong> <strong>tempo</strong> di Gesù, G. Jossa scrive: “Era diffusa<br />
l’idea che lo spirito ormai fosse estinto e che dunque la profezia fosse<br />
scomparsa. Ma forte, fortissima, era la speranza che un giorno lo Spirito<br />
sarebbe riapparso e con lui sarebbero riapparsi i profeti. Questa speranza<br />
assumeva forme diverse. Un’idea largamente diffusa era che <strong>al</strong>la fine <strong>dei</strong><br />
tempi sarebbero ricomparse figure di antichi profeti. In modo particolare si<br />
pensava natur<strong>al</strong>mente a quei profeti che secondo la tradizione non erano<br />
mai morti, perché erano stati rapiti in cielo: Enoc (Gen 5,24), Elia (2Re<br />
2,11)” 36 . Espressione di questa concezione sono le seguenti parole che l’angelo<br />
rivolge <strong>al</strong> protagonista <strong>del</strong> IV Libro di Esdra: i giusti che saranno in<br />
33. Su questi scritti, detti anche pseudoepigrafi, si vedano gli autori già citati: Sacchi,<br />
L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica e la sua storia; Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica (più antica <strong>del</strong>l’opera<br />
precedente). Più in genere si veda pure L. Rost, Introduzione agli apocrifi <strong>del</strong>l’Antico Testamento,<br />
Cas<strong>al</strong>e Monferrato 1980; J. Maier, Il giudaismo <strong>del</strong> secondo tempio, Brescia 1991; M.<br />
Cimosa, La letteratura intertestamentaria, Bologna 1992. Per i testi è disponibile l’opera: P.<br />
Sacchi (a cura di), Apocrifi <strong>del</strong>l’Antico Testamento, 2 voll. (da completare), Torino 1981 e 1989.<br />
34. Cfr. Grelot, La speranza ebraica, 12-15; Heschel, Il messaggio <strong>dei</strong> Profeti, 337-344.<br />
35. E’ significativo il fatto che il noto studioso di giudaismo P. Grelot in una relazione sul<br />
messianismo negli apocrifi, tratta separatamente, in due paragrafi, <strong>del</strong> Messia-Re e <strong>del</strong> Messia-Sacerdote,<br />
ma neppure in un capoverso <strong>del</strong> Messia-Profeta. Cfr. P. Grelot, Le Messie dans<br />
les apochryphes de l’Ancien Testament, nel volume di Autori vari, La venue du Messie.<br />
Messianisme et Eschatologie, Tournai 1962, 19-50; <strong>del</strong> medesimo si veda Sens chrétien de<br />
l’Ancien Testament, Tournai 1962, 328-403. Anche nell’opera specifica già citata di Coppens,<br />
Le messianisme et sa relève prophetique, non si trovano che scarsi accenni ai libri apocrifi.<br />
36. G. Jossa, D<strong>al</strong> Messia <strong>al</strong> Cristo, Brescia 1989, 26-27.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 67<br />
vita <strong>al</strong>la fine <strong>dei</strong> tempi “vedranno gli uomini che sono stati accolti<br />
(nell’<strong>al</strong>dilà) e che fin d<strong>al</strong>la nascita non hanno mai assaggiato la morte. Il<br />
cuore degli abitanti <strong>del</strong>la terra verrà cambiato e sarà mutato in un <strong>al</strong>tro spirito”<br />
(4Esd 6,26) 37 .<br />
Con più diretto riferimento <strong>al</strong>le vicende <strong>dei</strong> Maccabei e <strong>al</strong>l’attesa <strong>del</strong><br />
<strong>profeta</strong>, che nel 1Mac è visto come interprete <strong>del</strong>la legge mosaica, D. S.<br />
Russell sottolinea anch’egli il perdurare di una speranza nell’avvento “di<br />
un grande <strong>profeta</strong>, precursore <strong>del</strong> messia promesso, per tutto il periodo<br />
intertestamentario” (rinviando <strong>al</strong>l’episodio di Esd 2,63). Poi precisa: “Questa<br />
speranza assume due forme, in relazione a due differenti personaggi <strong>del</strong><br />
passato. In un caso si prospetta la venuta di un <strong>profeta</strong> come Mosè, secondo<br />
la promessa di Dt 18,15: Il Signore “ Dio susciterà per te, fra i tuoi fratelli,<br />
in mezzo a te, un <strong>profeta</strong> come me: lui ascolterete”. Nell’<strong>al</strong>tro, la<br />
venuta <strong>del</strong> ‘<strong>profeta</strong> veritiero’ coincide con il ritorno <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> Elia, secondo<br />
la promessa di M<strong>al</strong> 3,23: “Ecco, io vi invio Elia il Profeta, prima<br />
che venga il giorno <strong>del</strong> Signore, grande e spaventoso” 38 .<br />
a) L’attesa di un nuovo Mosè<br />
Mosè è senza dubbio il personaggio più eminente di tutto l’Antico Testamento.<br />
Uomo di Dio (Gs 14,6; 1Cron 23,14), servo <strong>del</strong> Signore (2Re 21,8;<br />
S<strong>al</strong> 105,26; Sap 10,16; M<strong>al</strong> 3,22; Bar 2,28), è stato venerato nei secoli,<br />
prima soltanto da ebrei, ma poi anche da cristiani e musulmani. Chiamato<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to, fu liberatore, condottiero, capo, legislatore e giudice <strong>del</strong> suo popolo,<br />
sacerdote (S<strong>al</strong> 99,6), ma soprattutto <strong>profeta</strong>. La tradizione è sempre<br />
molto varia e abbondante nei suoi riguardi, ricordandone ora le opere meravigliose<br />
e ora le qu<strong>al</strong>ità o le virtù carismatiche che lo contraddistinsero<br />
(cfr. il bell’elogio di Sir 45,1-5). Tra queste ultime c’è appunto la qu<strong>al</strong>ifica<br />
di <strong>profeta</strong> e la sua presentazione come il massimo e mo<strong>del</strong>lo di tutti i profeti<br />
(cfr. Num 12,6-7; Dt 18,15.18; 34,10; Os 12,14; Sap 10,15; 11,1). Ciò<br />
significa che egli è rimasto nella memoria nazion<strong>al</strong>e come l’ide<strong>al</strong>e da ammirare<br />
e da imitare, anche nel continuo protendersi verso il futuro. Oltre<br />
<strong>al</strong>la memoria sempre viva ed esemplare <strong>del</strong> grande condottiero, molto influì<br />
nell’<strong>al</strong>imentare la speranza, sempre rinnovantesi, nella venuta di un<br />
<strong>profeta</strong> simile a Mosè il testo citato di Dt 18,15, in cui Mosè in persona<br />
37. Versione in Sacchi, Apocrifi, II, 316.<br />
38. Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica, 107.
68<br />
A. SISTI<br />
promette che Dio susciterà tra i fratelli “un <strong>profeta</strong> pari a me”. In forza di<br />
questa promessa, ogni <strong>profeta</strong> autentico giunto dopo di lui poteva essere<br />
visto come un suo successore e rappresentante e partecipe <strong>del</strong> suo stesso<br />
carisma 39 .<br />
I Samaritani che, come si sa, ritennero come libro sacro solo il Pentateuco,<br />
rifiutando gli scritti degli <strong>al</strong>tri profeti vissuti anteriormente <strong>al</strong>la loro<br />
costituzione in gruppo autonomo, credevano fermamente nell’autorità di<br />
Mosè, considerandolo unico <strong>profeta</strong> da porsi accanto <strong>al</strong> messia <strong>del</strong> futuro,<br />
che sarà anch’egli <strong>profeta</strong> unico. Al contrario, nel giudaismo il messia assume<br />
anche le vesti di re e di sacerdote, e solo secondariamente quelle di<br />
<strong>profeta</strong> 40 .<br />
Il noto biblista H. Cazelles ha scritto un bel profilo storico <strong>del</strong> grande<br />
<strong>profeta</strong> e legislatore, cui il popolo ebraico deve l’affermazione <strong>del</strong>la sua coscienza<br />
nazion<strong>al</strong>e, terminando con un capitolo suggestivo, intitolato “Mosè<br />
attraverso i secoli”. Prima di giungere <strong>al</strong>le tradizioni islamica e cristiana,<br />
egli presenta una sintesi <strong>del</strong>la tradizione giudaica, fornendo qu<strong>al</strong>che str<strong>al</strong>cio<br />
<strong>del</strong>la Vita Mosis di Filone di Alessandria, ricordando gli apocrifi Assunzione<br />
di Mosè e Testamento di Mosè, per terminare infine con la tradizione<br />
rabbinica 41 . Vi sono testimonianze che sotto qu<strong>al</strong>che aspetto possono<br />
apparire tardive; ma, tenuto conto <strong>del</strong>la tenacia <strong>del</strong>la tradizione presso gli<br />
orient<strong>al</strong>i antichi, non si può respingere in blocco quanto esse ci fanno intuire<br />
circa il ruolo profetico, sacerdot<strong>al</strong>e e reg<strong>al</strong>e di Mosè nella storia <strong>del</strong> suo<br />
popolo.<br />
b) Elia redivivo<br />
La fede nel ritorno <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> Elia parte d<strong>al</strong>la promessa di M<strong>al</strong> 3,1-3.23-<br />
24, ove è presentato come precursore di Jahweh, in stretto rapporto con<br />
39. A questo proposito scriveva G. F. Moore: “Mosè è la fonte <strong>del</strong>la profezia in senso letter<strong>al</strong>e,<br />
che si può dire che egli pronunciò tutte le parole <strong>del</strong>le profezie, oltre <strong>al</strong>le proprie” (citato<br />
da Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica, 113-114).<br />
40. Cfr. Sacchi, Storia <strong>del</strong> mondo giudaico, 58-59; Sacchi, Storia <strong>del</strong> secondo tempio, 127-134;<br />
si veda anche R. Le Déaut, “I Samaritani”, in A. George - P. Grelot (a cura di), Introduzione <strong>al</strong><br />
Nuovo Testamento, I, Roma 1988, 126-128. Sull’interpretazione cristiana di Dt 18,15-19 si veda<br />
invece F. Ceuppens, De Prophetiis messianicis in Antiquo Testamento, Roma 1935, 101-114.<br />
41. H. Cazelles, Alla ricerca di Mosè, Brescia 1982, 129-139; ma già in DBS V, 1308-1337.<br />
Si veda anche A. Segre, Mosè nostro maestro, Fossano 1975 (molto interessante per la<br />
conoscenza <strong>del</strong>la letteratura rabbinica).
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 69<br />
Mosè: “Tenete a mente la legge <strong>del</strong> mio servo Mosè... Ecco, io invierò il<br />
<strong>profeta</strong> Elia, prima che giunga il giorno grande e terribile <strong>del</strong> Signore,<br />
perché converta il cuore <strong>dei</strong> padri verso i figli e il cuore <strong>dei</strong> figli verso i<br />
padri, così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio” (vv.<br />
22-24). Si fa eco di questa profezia Sir 48,10, secondo cui egli è stato<br />
“designato a rimproverare i tempi futuri, per ricondurre il cuore <strong>dei</strong> padri<br />
verso i figli e ristabilire le tribù di Giacobbe”. Evidentemente il racconto<br />
<strong>del</strong> rapimento di Elia su un carro di fuoco (2Re 2,11) aveva causato<br />
un’enorme impressione, per cui si credeva che non fosse morto e quindi<br />
poteva tornare sulla terra, come si credeva ancora ai tempi <strong>del</strong> Nuovo<br />
Testamento (cfr. Mc 6,15; 9,11; Gv 1,21). Anche quella di Elia è una figura<br />
suggestiva, che non ha mai cessato di esercitare il suo fascino sulla<br />
fede <strong>dei</strong> credenti.<br />
Negli scritti apocrifi intertestamentari egli, pur mantenendo il ruolo di<br />
precursore, viene trasferito d<strong>al</strong>l’avvento <strong>del</strong> giorno di Jahweh <strong>al</strong>la preparazione<br />
<strong>del</strong>la venuta <strong>del</strong> messia 42 . Nella letteratura rabbinica, invece, assume<br />
il ruolo di un inviato divino, che deve venire per risolvere le non poche<br />
controversie giuridiche e d’interpretazione biblica, che si dibattevano tra i<br />
dottori <strong>del</strong>la legge e tra i rabbini 43 .<br />
c) Il Profeta di Qumran<br />
Nella letteratura di Qumran, un po’ perché rinvenuta in stato precario e<br />
frammentario, e un po’ anche perché ancora non tutta pubblicata integr<strong>al</strong>mente,<br />
vi sono parecchi enigmi da risolvere, compresi <strong>al</strong>cuni riguardanti il<br />
messianismo e il profetismo.<br />
L’interesse <strong>del</strong>la comunità di Qumran per i profeti e il profetismo è fuori<br />
dubbio. Lo provano, se non <strong>al</strong>tro, i numerosi commentari o interpretazioni<br />
(in ebraico pesharîm, <strong>al</strong> singolare pesher) <strong>dei</strong> libri profetici <strong>del</strong>la<br />
Bibbia, come Isaia, Osea, Michea, Nahum, Abacuc, che è il più abbondan-<br />
42. Si veda Coppens, Le messianisme et sa relève prophetique, 129-132. Per <strong>al</strong>tre informazioni<br />
su Elia come precursore <strong>del</strong> Messia, cfr. Schürer, Storia <strong>del</strong> popolo giudaico <strong>al</strong> <strong>tempo</strong><br />
di Gesù Cristo, II, 615-616.<br />
43. Numerosi riferimenti in A. S. Van Der Woude, “Le maître de justice et les deux messias<br />
de la communauté de Qumrân”, in Autori vari, La secte de Qumrân et les origines du<br />
Christianisme, Bruges 1959, 131-132 (L’autore sostiene l’identità <strong>del</strong> maestro di giustizia<br />
di 1QpHab 7,1-5 col messia di Aronne e di questi con Elia redivivo).
70<br />
A. SISTI<br />
te tra quelli conservati 44 . Considerata la mole <strong>dei</strong> testi finora ritrovati e studiati,<br />
i punti di riferimento per l’attesa di un <strong>profeta</strong> venturo non sono molti<br />
e nemmeno tanto chiari. Ma v<strong>al</strong>e la pena di affrontarne, sia pur<br />
brevemente, l’esame, perché molto utili per il nostro argomento.<br />
Iniziamo da un testo che potremmo definire panoramico, in quanto<br />
sembra riassumere tutte le speranze escatologiche e messianiche, nutrite<br />
nella comunità di Qumran. Si tratta di un foglio quasi completo, ris<strong>al</strong>ente<br />
<strong>al</strong>l’epoca degli Asmonei, rinvenuto nella grotta 4Q, cui è stato attribuito<br />
il titolo latino di testimonia per il fatto che contiene “testi biblici raccolti<br />
per giustificare credenze posteriori” 45 . I testi scelti, nella prima parte, sono<br />
quasi tutti <strong>del</strong> Pentateuco. Apre la serie Dt 5,28-29, che funge quasi da<br />
introduzione. Seguono <strong>al</strong>tri tre testi: ˆt 18,18-19, che contiene la promessa<br />
di un <strong>profeta</strong> come Mosè, cui si è fatto cenno in precedenza; Num<br />
24,15-17, che costituisce l’oracolo di B<strong>al</strong>aam, relativo <strong>al</strong>la stella e <strong>al</strong>lo<br />
scettro di Giacobbe; Dt 33,8-11 che contiene la benedizione di Mosè su<br />
Levi e i suoi discendenti (4Q Test. = 4Q 175,1-20). Come è facile dedurre<br />
d<strong>al</strong>l’oggetto proprio di ciascun testo ivi riferito, sono tre i personaggi<br />
cui si <strong>al</strong>lude: un <strong>profeta</strong> come Mosè, un principe o re, discendente di<br />
Giacobbe; un sacerdote <strong>del</strong>la tribù di Levi. Non importa l’ordine in cui si<br />
succedono; ma, a guardar bene, essi rappresentano i tre tipi di autorità in<br />
cui si era sempre espressa la società israelitica nell’epoca classica e che<br />
ora si aspirava a ricostituire: un re o principe per la sfera civile e militare,<br />
un (sommo) sacerdote per la sfera <strong>del</strong> sacro, un <strong>profeta</strong> come rappresentante<br />
e interprete di Dio 46 .<br />
44. Si veda L. Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti di Qumran, Torino 1986: introduzione <strong>al</strong> genere letterario<br />
<strong>del</strong> pesher <strong>al</strong>le pp. 497-506; bibliografia sistematicamente disposta <strong>al</strong>le pp. 507-<br />
516; versione <strong>dei</strong> commenti ai profeti <strong>al</strong>le pp. 525-571. Più brevemente F. Michelini Tocci,<br />
I manoscritti <strong>del</strong> Mar Morto, Bari 1967, 259-290. La bibliografia su Qumran è ormai innumerevole.<br />
Segn<strong>al</strong>iamo soltanto <strong>al</strong>cune opere che forniscono informazioni anche sulla<br />
storia <strong>dei</strong> ritrovamenti e sugli scavi degli edifici esistenti nel luogo: J. T. Milik, Dieci<br />
anni di scoperte nel deserto di Giuda, Torino 1957; M. Burrows, Prima di Cristo. La<br />
scoperta <strong>dei</strong> rotoli <strong>del</strong> Mar Morto, Milano 1957; J. A. Soggin, I manoscritti <strong>del</strong> Mar<br />
Morto, Roma 1978.<br />
45. Milik, Dieci anni di scoperte, 64. Se ne legga la descrizione completa in Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti<br />
di Qumran, 593 con la versione it<strong>al</strong>iana <strong>al</strong>le pp. 593-596.<br />
46. Il seguito di Dt 18,18-19, che tratta <strong>dei</strong> criteri per riconoscere i veri profeti, è riportato<br />
nel Rotolo <strong>del</strong> Tempio, 61,1-5 (cfr. in Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti di Qumran, 804 e A. Vivian, Il<br />
Rotolo <strong>del</strong> Tempio, Brescia 1990, 123), ma non vi si dice nulla <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> promesso e aspettato.<br />
Comunque è interessante notare che prima <strong>del</strong> <strong>profeta</strong>, il Rotolo (56,12-60,20) parla<br />
<strong>del</strong> re e <strong>del</strong> clero. Sull’interpetazione <strong>del</strong> testo citato dai Testimonia, si veda ancora Jossa,<br />
D<strong>al</strong> Messia <strong>al</strong> Cristo, 28-29; Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica, 107-108.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 71<br />
Un <strong>al</strong>tro testo importante ai fini di intendere e precisare le aspettative<br />
<strong>del</strong>la comunità di Qumran è quello contenuto nel notissimo Commento<br />
<strong>al</strong> <strong>profeta</strong> Abacuc, una composizione <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong> sec. I a. C., che<br />
interpreta e attu<strong>al</strong>izza l’antico testo profetico. Giunto ad Ab 2,2 l’autore<br />
scrive: “Ciò che disse: ‘Perché si possa leggere speditamente, si interpreta<br />
in riferimento <strong>al</strong> maestro di giustizia, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e Dio ha fatto conoscere<br />
tutti i misteri <strong>del</strong>le parole <strong>dei</strong> suoi servi, i profeti’ ” (1QpHab<br />
7,1-5) 47 . Chi sia storicamente questo personaggio, indicato col titolo di<br />
maestro di giustizia, resta ancora un mistero. Forse fu lo stesso iniziatore<br />
<strong>del</strong>la setta. Per quanto affermato nel testo citato v<strong>al</strong>e il commento di R.<br />
Meyer: “Quando Dio svela i ‘segreti’, v<strong>al</strong>e a dire il significato escatologico<br />
degli oracoli profetici <strong>al</strong> maestro di giustizia, questi, qu<strong>al</strong>e interprete<br />
carismatico ovvero pneumatico, è <strong>del</strong> pari il legittimo successore<br />
degli antichi profeti, anzi è perfino superiore a loro, giacché soltanto<br />
‘adesso’, per mezzo di lui, è venuto <strong>al</strong>la luce il significato recondito <strong>del</strong>le<br />
parole profetiche” 48 .<br />
Nella gener<strong>al</strong>e lamentela per l’assenza di profeti e nello sviluppo <strong>del</strong>la<br />
conseguente attesa di un <strong>profeta</strong> nei tempi futuri, il testo riferito di 1QpHab<br />
sembra collocarsi in una prospettiva anom<strong>al</strong>a, giacché in questo modo l’autore<br />
si rivela indifferente <strong>al</strong> problema sentito da tutti, nel senso che egli<br />
considera il maestro di giustizia <strong>profeta</strong> e interprete autentico <strong>dei</strong> profeti<br />
passati. Ma questa è una voce singola, che non esclude, né può escludere<br />
<strong>al</strong>tre posizioni, come quella ben più autorevole che viene considerata e denominata<br />
Regola <strong>del</strong>la Comunità. La letteratura di Qumran è ben lungi<br />
d<strong>al</strong>l’essere uniforme e concorde!<br />
T<strong>al</strong>e Regola non è un codice di leggi coordinate tra loro, ma un insieme<br />
di disposizioni, indicazioni e norme, disposte senza troppe preoccupazioni<br />
di ordine logico, a cui si aggiungono spesso considerazioni e suggerimenti<br />
d’indole teologica e spiritu<strong>al</strong>e, affinché l’adepto sia non solo<br />
sottomesso <strong>al</strong>la disciplina comune, ma anche un uomo di fede e di santità,<br />
nella piena osservanza <strong>del</strong>la legge data da Dio a Mosè. La via da appianare<br />
davanti a Dio, in conformità <strong>al</strong> comando di Is 40,3 “è appunto lo studio<br />
<strong>del</strong>la legge, che egli ha promulgato per mezzo di Mosè, affinché si compia<br />
tutto ciò che è stato rivelato di <strong>tempo</strong> in <strong>tempo</strong>, come hanno rivelato i pro-<br />
47. Versione di Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti di Qumran, 561.<br />
48. Meyer, in GLNT XI, 545. Sulla figura di questo misterioso personaggio si veda l’ottima<br />
monografia di L. Mor<strong>al</strong>di, Il Maestro di Giustizia. L’innominato <strong>dei</strong> manoscritti di Qumran,<br />
Fossano 1971 (<strong>al</strong>le pp. 47-52 il suo ruolo di interprete e conoscitore <strong>dei</strong> misteri).
72<br />
A. SISTI<br />
feti per mezzo <strong>del</strong> suo spirito santo” (1QS 8,15-16). L’osservanza <strong>del</strong>la legge<br />
è condizione indispensabile per poter rimanere a far parte <strong>del</strong>la comunità.<br />
Ed ecco, <strong>al</strong>lora, sempre nella stessa direzione, l’esortazione che più ci<br />
interessa: “Non usciranno da <strong>al</strong>cun consiglio <strong>del</strong>la legge per camminare<br />
nell’ostinazione <strong>del</strong> loro cuore; saranno invece retti, in base <strong>al</strong>le prime disposizioni<br />
nelle qu<strong>al</strong>i incominciarono ad essere formati gli uomini <strong>del</strong>la<br />
comunità, fino <strong>al</strong>la venuta <strong>del</strong> <strong>profeta</strong> e <strong>dei</strong> messia di Aronne e di Israele”<br />
(1QS 9,9-11) 49 .<br />
La prima osservazione che si deve fare per una retta e v<strong>al</strong>ida interpretazione<br />
<strong>del</strong> testo riferito è che l’azione espressa nella proposizione princip<strong>al</strong>e,<br />
e cioè il rispetto <strong>del</strong>le disposizioni <strong>del</strong>la legge, è proiettata in un<br />
futuro illimitato, che terminerà solo con la venuta imprecisata <strong>del</strong> <strong>profeta</strong><br />
e <strong>dei</strong> messia di Aronne e di Israele: esattamente come nel caso <strong>del</strong>la<br />
reposizione <strong>del</strong>le pietre <strong>del</strong> vecchio <strong>al</strong>tare <strong>del</strong> tempio, di cui 1Mac 4,46, e<br />
come nel caso <strong>del</strong> conferimento <strong>del</strong>la suprema potestà a Simone<br />
Maccabeo, di cui 1Mac 14,41. In secondo luogo va rilevato che il <strong>profeta</strong><br />
e i messia di Aronne e di Israele sono collocati sullo stesso piano, anche<br />
se messi l’uno dopo l’<strong>al</strong>tro, senza che il loro ruolo sia specificato e il<br />
loro arrivo distanziato nel <strong>tempo</strong>. C’è da aggiungere poi che <strong>del</strong>l’avvento<br />
<strong>del</strong> messia di Aronne e di Israele, senza il <strong>profeta</strong>, si parla pure - e più<br />
volte - nel Documento di Damasco, ma sono sempre accoppiati nello stesso<br />
ordine, e quindi non se ne ricava <strong>al</strong>cuna informazione utile (CD 12,23;<br />
14,19: 19,10; 20,1).<br />
C’è ancora un <strong>al</strong>tro testo da considerare. Lo troviamo nella Regola<br />
<strong>del</strong>l’Assemblea (sigla 1QS a ), detta anche Regola annessa perché rinvenuta<br />
unita <strong>al</strong>la Regola <strong>del</strong>la Comunità. Questo scritto ha <strong>dei</strong> toni chiaramente<br />
escatologici. Il testo che ci interessa è quasi <strong>al</strong>la fine (2,11-21), quando<br />
l’autore ha già spiegato il modo di convocare l’assemblea <strong>del</strong>la comunità<br />
(1,25-2,10). L’incontro avverrà “quando Dio avrà fatto nascere il messia<br />
in mezzo a loro. Entrerà il sacerdote, capo di tutta l’assemblea di Israele,<br />
e poi tutti i suoi fratelli, figli di Aronne... Dopo entrerà il messia di Israele<br />
e davanti a lui siederanno i capi <strong>del</strong>le tribù” (11,11-15). Nel convito<br />
che seguirà, “nessuno stenda la sua mano sulla primizia <strong>del</strong> pane e <strong>del</strong><br />
vino dolce prima <strong>del</strong> sacerdote, che benedirà la primizia <strong>del</strong> pane e <strong>del</strong><br />
vino dolce e per primo stenderà la sua mano sul pane. Dopo, il messia di<br />
49. Ambedue i testi citati d<strong>al</strong>la Regola sono riferiti nella versione di Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti<br />
di Qumran, 160 e 162.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 73<br />
Israele stenderà le sue mani sul pane” e tutta la congregazione pronuncerà<br />
la benedizione (11,18-21) 50 .<br />
Come si può facilmente osservare, qui il messia o unto è uno solo, il<br />
messia di Israele, ed è il più importante, giacché si deve attendere il suo arrivo<br />
prima di aprire l’assemblea e ha la precedenza su tutti gli <strong>al</strong>tri nel prendere<br />
il pane e il mosto (vino dolce) benedetto d<strong>al</strong> sacerdote. Questi, d’<strong>al</strong>tra<br />
parte, è definito capo di tutta l’assemblea, deve benedire il pane e il vino ed<br />
egli stesso ne prende per primo. Si ha l’impressione di trovarci davanti ad<br />
un’assemblea liturgica ed è natur<strong>al</strong>e che il sacerdote la presieda e compia i<br />
riti che a lui solo competono. Il messia d’Israele, <strong>al</strong>lora, non può essere che<br />
il principe o capo <strong>del</strong> popolo, cui è dovuta tutta l’obbedienza <strong>dei</strong> sudditi,<br />
compresi i sacerdoti, che come gli <strong>al</strong>tri attendono il suo arrivo e rispettano<br />
devotamente il suo diritto di precedenza. Praticamente si ritorna ai due<br />
messia di Aronne e di Israele. In questo caso manca il <strong>profeta</strong>, che non è propriamente<br />
un “unto”, se non in senso spiritu<strong>al</strong>e (cfr. Is 61,1), ma piuttosto un<br />
carismatico, non legato come il principe-re e come il sacerdote a una<br />
discendenza, ma chiamato direttamente da Dio. Il <strong>profeta</strong> non aveva un posto<br />
speci<strong>al</strong>e nelle assemblee liturgiche; non faceva parte di una classe come<br />
i sacerdoti, né era membro di una famiglia nobile come il re. Se interveniva,<br />
era solo a titolo person<strong>al</strong>e, come tutti gli <strong>al</strong>tri semplici fe<strong>del</strong>i.<br />
Tornando <strong>al</strong>lora <strong>al</strong> testo di 1QS 9,11 e riportando a questo testo fondament<strong>al</strong>e<br />
tutte le possibili indicazioni d’indole escatologica o messianica<br />
presenti negli scritti di Qumran, conviene dire che i membri <strong>del</strong>la setta<br />
attendevano, in un futuro imprecisato, la venuta di un <strong>profeta</strong>, di un sommo<br />
sacerdote e di un principe, che ristabilissero nella comunità giudaica<br />
un regime simile a quello in vigore nel popolo d’Israele, <strong>al</strong>meno d<strong>al</strong> <strong>tempo</strong><br />
di David e S<strong>al</strong>omone, fino <strong>al</strong>la distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme: un regime<br />
in cui le tre istituzioni avevano ciascuna un ruolo proprio, senza<br />
confusione di poteri; un regime, cioè, simile anche a quello che era stato<br />
restaurato, senza sostanzi<strong>al</strong>i cambiamenti, <strong>al</strong>l’inizio <strong>del</strong>la ricostruzione<br />
dopo l’esilio, con Giosuè sommo sacerdote e Zorobabele capo civile,<br />
mentre d<strong>al</strong>l’esterno davano il loro contributo di zelo e d’incoraggiamento<br />
i profeti, come Aggeo e Zaccaria 51 . Non è impossibile poi, come suggeri-<br />
50. Anche la versione di questo testo è di Mor<strong>al</strong>di, I manoscritti di Qumran, ove questo<br />
scritto occupa le pp. 188-191; ma si veda pure la versione di Michelini Tocci, I manoscritti<br />
<strong>del</strong> Mar Morto, 102-103.<br />
51. Cfr. R. Horsley, “Gruppi giudaici p<strong>al</strong>estinesi e i loro messia <strong>al</strong>la fine <strong>del</strong> periodo <strong>del</strong><br />
secondo tempio”, Concilium 29 (1993/1) 43-47.
74<br />
A. SISTI<br />
sce Michelini Tocci, che si pensasse ad una persona sola, in cui i tre poteri<br />
si assommassero unitariamente 52 .<br />
5. Un Profeta tra gli eredi <strong>dei</strong> Maccabei<br />
Nella seconda metà <strong>del</strong> sec. I <strong>del</strong>la nostra era, gli anonimi autori di due<br />
opere apocrife, che si ritengono composte più precisamente dopo la seconda<br />
distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme nell’anno 70 ad opera <strong>dei</strong> Romani, si<br />
pongono sulla scia degli scrittori vissuti prima di loro, lamentando anche<br />
essi l’assenza di profeti, mentre rimpiangono con nost<strong>al</strong>gia i tempi<br />
antichi, in cui “i nostri padri avevano come aiuto giusti e profeti e santi…<br />
ed essi ci aiutavano quando peccavamo e invocavano per noi colui<br />
che ci ha fatti e il Potente li udiva e ci era propizio. Ora però i giusti<br />
sono stati radunati (nello sheol) e i profeti si sono addormentati” (Apoc.<br />
siriaca di Baruc 55,1-3). Ugu<strong>al</strong>mente, anche se da un punto di vista<br />
diverso, l’<strong>al</strong>tro apocrifo ricorda i profeti venuti dopo Mosè, sul cui esempio<br />
hanno mostrato <strong>al</strong> popolo la retta via <strong>del</strong> vivere e tuttavia non sono<br />
stati ascoltati (4Esdra 7,130) 53 . In quel momento, seguito <strong>al</strong>la tragica fine<br />
<strong>del</strong>la nazione giudaica con la sua città santa Gerus<strong>al</strong>emme, il disorientamento<br />
doveva essere molto vasto e avvilente, per cui il bisogno di<br />
guide capaci di infondere coraggio e di indicare orientamenti v<strong>al</strong>idi era<br />
maggiormente avvertito. Di qui il ritorno <strong>del</strong>la memoria <strong>al</strong> passato e il<br />
suo rimpianto.<br />
Non pare che fosse di questo parere lo storico Flavio Giuseppe, che<br />
pure la guerra contro i Romani l’aveva fatta, pur se senza successo. Infatti,<br />
se da una parte è testimone anch’egli di un’interruzione <strong>del</strong> carisma profetico<br />
<strong>del</strong> tipo classico, da un’<strong>al</strong>tra parte nei suoi scritti si trovano non poche<br />
informazioni d<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i si deduce con facilità che la profezia continuò<br />
ad essere coltivata ed esercitata per vari secoli, anche se in modo diverso<br />
d<strong>al</strong> passato.<br />
52. Michelini Tocci, I manoscritti <strong>del</strong> Mar Morto, 88 (in nota). La questione <strong>del</strong> o <strong>dei</strong><br />
messia è tra le più discusse tra quelle suscitate dai famosi manoscritti. Mor<strong>al</strong>di l’espone in<br />
nota <strong>al</strong>le pp. 188-191, fornendo numerose indicazioni bibliografiche. Si vedano anche le<br />
opere segn<strong>al</strong>ate <strong>al</strong>la nota 45, cui si può aggiungere F. Gioia, La comunità di Qumran, Roma<br />
1979 e, in modo più specifico per l’argomento qui accennato, Van Der Woude, “Le maître<br />
de justice et les deux messias de la communeauté de Qumrân”, 121-134.<br />
53. La versione <strong>dei</strong> due testi è stata ripresa da Sacchi (a cura di), Apocrifi <strong>del</strong>l’Antico Testamento,<br />
II, rispettivamente <strong>al</strong>le pp. 232 e 336 .
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 75<br />
Il Flavio scriveva le sue opere negli ultimi decenni <strong>del</strong> sec. I d. C. in<br />
parte per difendere i suoi connazion<strong>al</strong>i d<strong>al</strong>le accuse che venivano loro mosse<br />
in vari ambienti ostili agli ebrei, ma in parte anche a scopo di propaganda.<br />
In una di esse, composta a Roma verso l’anno 95 e intitolata significativamente<br />
Contra Apionem (un grammatico <strong>al</strong>essandrino, che aveva scritto<br />
c<strong>al</strong>unniosamente contro gli ebrei), occupandosi <strong>dei</strong> libri sacri prodotti dai<br />
propri connazion<strong>al</strong>i, spiega che essi furono composti da Mosè e da <strong>al</strong>tri<br />
profeti dopo di lui, fino <strong>al</strong> <strong>tempo</strong> di Artaserse (464-424 a.C.) e che costituiscono<br />
una compagine omogenea, che tutti ritengono di origine divina.<br />
Quindi prosegue: “Da Artaserse in poi, benché ne sia stata scritta la storia<br />
completa, questa non è considerata degna <strong>del</strong>la stessa fede attribuita ai libri<br />
precedenti, perché è venuta a mancare l’esatta successione <strong>dei</strong> profeti”<br />
(Contra Ap. 1,8).<br />
Evidentemente la fede di cui parla è quella degli ebrei <strong>del</strong> suo <strong>tempo</strong>,<br />
per i qu<strong>al</strong>i gener<strong>al</strong>mente la parola di Dio era contenuta soltanto nei libri<br />
più antichi, scritti in ebraico. Quindi, come osserva D. S. Russell, in questo<br />
modo Giuseppe “esprime concretamente l’idea corrente che l’ispirazione<br />
profetica, iniziatasi con Mosè, fosse cessata nel V sec. a. C., <strong>al</strong>l’epoca<br />
di Artaserse, che fu anche l’epoca di Esdra, lo scriba 54 . Per conseguenza<br />
le parole che di lui abbiamo riferito riguardano gli <strong>al</strong>tri libri<br />
composti successivamente, negli ultimi secoli prima di Cristo, sia quelli<br />
che noi chiamiamo deuterocanonici, sia gli <strong>al</strong>tri ancora più numerosi che<br />
indichiamo col termine apocrifi. In questo modo la “successione <strong>dei</strong> profeti”<br />
è solo quella <strong>dei</strong> profeti cosiddetti scrittori, la cui autorità era comunemente<br />
ammessa da tutti, <strong>al</strong> contrario di <strong>al</strong>tri autori che vissero e scrissero<br />
in epoca successiva componendo opere anche notevoli per sodezza<br />
di dottrina, che però non furono accettate come scritture sacre appunto<br />
perché mancò una qu<strong>al</strong>unque voce autorevole, pari a quella che ebbero<br />
gli antichi profeti 55 .<br />
In re<strong>al</strong>tà il Flavio non solo conosceva gli <strong>al</strong>tri libri non compresi nel<br />
canone, ma in <strong>al</strong>cuni casi se ne servì pure per redigere le sue opere, nelle<br />
qu<strong>al</strong>i troviamo non poche informazioni intorno <strong>al</strong>l’argomento <strong>del</strong>la profezia:<br />
informazioni che ci aiutano a comprendere meglio il senso <strong>del</strong>le<br />
frasi riferite sopra, in quanto ci mostrano che anche in tempi a lui vicini<br />
54. Russell, L’apoc<strong>al</strong>ittica giudaica, 109. L’autore sviluppa questa idea, riferendosi <strong>al</strong>la tradizione<br />
rabbinica citando tra l’<strong>al</strong>tro Pirque Aboth, 1,1 rinvenibile in versione it<strong>al</strong>iana nell’edizione<br />
di Y. Colombo, Pirque Aboth. Mor<strong>al</strong>e di maestri ebrei, Roma 1985.<br />
55. Sulla limitazione <strong>del</strong> canone presso gli ebrei si vedano i cenni di C. M. Martini - P.<br />
Bonatti, in Il Messaggio <strong>del</strong>la S<strong>al</strong>vezza, I, Torino 1972, 125-129.
76<br />
A. SISTI<br />
vi furono singoli individui e perfino interi gruppi religiosi che esercitarono<br />
il carisma profetico o lo coltivarono con interesse. Scrivendo egli a<br />
distanza dai fatti narrati, forse non tutte le notizie da lui raccolte possono<br />
avere il massimo grado di certezza. Ma v<strong>al</strong>e ugu<strong>al</strong>mente la pena riferirne<br />
<strong>al</strong>cune per avere un quadro più chiaro <strong>del</strong>l’ambiente e degli<br />
uomini, tra cui per lunghissimo <strong>tempo</strong> fiorì insistente la speranza nell’avvento<br />
di un <strong>profeta</strong> autorevole, la cui parola potesse essere accolta e<br />
accettata da tutti.<br />
Iniziamo dagli Esseni, <strong>dei</strong> qu<strong>al</strong>i afferma: “Fra loro ci sono anche <strong>al</strong>cuni<br />
che dichiarano di prevedere il futuro, essendo iniziati fin d<strong>al</strong>l’infanzia<br />
ai libri sacri, <strong>al</strong>le diverse forme di purificazione e ai detti <strong>dei</strong> profeti;<br />
raramente, seppure capita t<strong>al</strong>volta, sbagliano nelle loro predizioni” (Bell.<br />
Jud. 2,159) 56 . Di uno di essi, un certo Giuda, “esseno di razza”, scrive in<br />
particolare che “non gli avvenne mai di errare e di mentire nelle sue predizioni”<br />
(Ivi 1,78) 57 . Altrove lo storico giudeo aggiunge che il loro potere<br />
di divinazione era t<strong>al</strong>e che <strong>al</strong>cuni di loro riuscivano ad interpretare i sogni<br />
(Ant. Jud. 17,345).<br />
Anche in mezzo ai Farisei vi erano <strong>dei</strong> profeti e un gruppo di essi<br />
circolava liberamente <strong>al</strong>la corte di Erode, benché gli fossero ostili, predicendo<br />
prossima la fine <strong>del</strong> suo regno (Ant. Jud. 17,47ss). Perfino gli<br />
Zeloti ebbero i loro profeti, che negli ultimi giorni <strong>del</strong>la lotta contro i<br />
Romani si aggiravano nella zona <strong>del</strong> tempio per incoraggiare i deboli,<br />
rianimandoli con la fiducia nell’aiuto di Dio (Bell. Jud. 6,286). Tra gli<br />
individui ricordati d<strong>al</strong> Flavio come profeti, oltre <strong>al</strong> già nominato Giuda<br />
l’esseno (Bell. Jud. 1,78), si segn<strong>al</strong>ano <strong>al</strong>cuni veggenti appartenenti anche<br />
essi <strong>al</strong> gruppo degli Esseni, come un t<strong>al</strong>e Simone, capo di un’intera scuola<br />
di profeti, che predisse la rovina di Antigono, figlio di Giovanni Ircano<br />
(Ant. Jud. 13,311ss); il veggente Menahem, che predisse ad Erode la sua<br />
ascesa <strong>al</strong> trono (Ant. Jud. 15,373), e un <strong>al</strong>tro veggente, anch’egli di nome<br />
56. Versione di A. Penna, I figli <strong>del</strong>la luce, Fossano 1971, 104. Quest’opera di Penna raccoglie<br />
tutta la documentazione reperibile nelle opere di Filone d’Alessandria, di Flavio e di<br />
<strong>al</strong>tri autori antichi sugli Esseni.<br />
57. Della Guerra Giudaica esistono due buone versioni: una con note di G. Ricciotti,<br />
voll. 4, Torino 1937; l’<strong>al</strong>tra, più recente e con note più succinte, di G. Vitucci, con testo<br />
greco a fronte, voll. 2, Fondazione Lorenzo V<strong>al</strong>la, 1974. Delle Antichità Giudaiche non<br />
conosciamo una versione recente, ma solo una in tre grossi volumi di F. Angiolini, Firenze<br />
1840 (contiene tutte le opere <strong>del</strong> Flavio). Per le opere minori ci sono l’Autobiografia<br />
a cura di G. Jossa, Napoli 1972 e In difesa degli Ebrei a cura di F. C<strong>al</strong>obi, Venezia<br />
1993.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 77<br />
Simone, che interpretò un sogno di Archelao, predicendogli un’imminente<br />
rovina (Ant. Jud. 17,345ss) 58 .<br />
Ad un certo punto <strong>del</strong>la guerra contro i Romani, Giuseppe, parlando di<br />
sé stesso in terza persona, riferisce che, stando sul punto di essere catturato,<br />
“si rammentò <strong>dei</strong> sogni notturni nei qu<strong>al</strong>i il dio gli aveva predetto le<br />
c<strong>al</strong>amità che stavano per abbattersi sui giu<strong>dei</strong> o i cambiamenti che stavano<br />
per verificarsi <strong>al</strong>la testa <strong>del</strong>l’impero romano”. Quindi, senza nessuna apparente<br />
ombra di orgoglio, aggiunge, sempre in riferimento <strong>al</strong>la sua persona:<br />
“Nell’interpretare i sogni, egli era anche abile nel cogliere il significato<br />
<strong>del</strong>le espressioni oscure usate d<strong>al</strong>la divinità, ed essendo sacerdote e di famiglia<br />
sacerdot<strong>al</strong>e, non ignorava le profezie <strong>dei</strong> libri sacri” (Bell. Jud.<br />
3,351s). Il suo profetismo, dunque, consisteva in un impasto di sogni abilmente<br />
interpretati <strong>al</strong>la luce e con l’aiuto <strong>del</strong>la rivelazione contenuta nei libri<br />
sacri. Il risultato pratico fu la persuasione che era meglio per sé e per il<br />
suo popolo cedere <strong>al</strong>le offerte <strong>dei</strong> Romani e consegnarsi nelle loro mani.<br />
Il caso più singolare che maggiormente ci interessa per il profetismo<br />
individu<strong>al</strong>e è, però, quello di Giovanni Ircano, figlio ed erede di Simone<br />
Maccabeo, con la cui vicenda si chiude la narrazione <strong>del</strong> primo libro <strong>dei</strong><br />
Maccabei. Di lui l’autore ci dice semplicemente che, liberatosi da coloro<br />
che avevano ucciso suo padre e volevano uccidere anche lui, “d<strong>al</strong> momento<br />
in cui divenne sommo sacerdote... tutte le sue gesta, le sue guerre, le<br />
costruzioni da lui re<strong>al</strong>izzate, sono scritte nel libro <strong>dei</strong> giorni (ann<strong>al</strong>i) <strong>del</strong><br />
sommo sacerdozio” (1Mac 16,23-24).<br />
Evidentemente l’anonimo storico giudeo, che con molta probabilità<br />
scrive negli ultimi anni <strong>del</strong> sec. II a. C. o nei primi <strong>del</strong> sec. I, quando il<br />
prestigio <strong>del</strong>la famiglia <strong>dei</strong> Maccabei era ancora vivo e onorato da tutti<br />
per le benemerenze acquisite durante tutta la lunga lotta contro i<br />
Seleucidi 59 , giunto a questo punto, giudicava esaurito il suo compito, tanto<br />
più che le sue massime aspirazioni nazion<strong>al</strong>i sembravano essersi re<strong>al</strong>izzate<br />
nell’opera di Simone, di cui tesse il più bell’elogio (1Mac<br />
14,3-15), culminante nel riconoscimento uffici<strong>al</strong>e e solenne, da parte di<br />
tutti i giu<strong>dei</strong> e <strong>del</strong>lo stesso re di Siria, <strong>del</strong>la sua autorità di principe e<br />
sommo sacerdote. Giuseppe invece, quantunque non si mostri molto entusiasta<br />
<strong>del</strong>la famiglia <strong>dei</strong> Maccabei, per il loro primo e più illustre erede,<br />
58. Riprendiamo queste indicazioni da Meyer, “Profetismo e profeti nel giudaismo <strong>del</strong>l’età<br />
ellenistico-romana”, 552- 558. Per <strong>al</strong>tri personaggi presentatisi come profeti agli inizi <strong>del</strong>l’era<br />
cristiana, cfr. Sacchi, Storia <strong>del</strong> secondo tempio, 274.<br />
59. Cfr. <strong>Sisti</strong>, I Maccabei. Libro Primo, 33-35.
78<br />
A. SISTI<br />
Giovanni Ircano (135-104 a. C.), è largo di elogi e pieno di ammirazione,<br />
riservandogli uno spazio non trascurabile nelle sue due opere maggiori.<br />
Nella più abbondante di esse, le Antiquitates, oltre a ricordare le sue princip<strong>al</strong>i<br />
opere, nella conclusione <strong>del</strong> suo racconto si lascia andare a questo<br />
giudizio: dopo trentuno anni di governo, morì “da Dio reputato degno <strong>dei</strong><br />
tre supremi uffici: sovranità sul popolo, dignità di sommo sacerdote e<br />
carisma profetico” (Ant. Jud. 13,299) 60 . In questo passo il Flavio non fa<br />
che ripetere, quasi con le stesse parole, quanto precedentemente aveva già<br />
detto nella Guerra Giudaica: “uomo veramente fortunato, non diede mai<br />
motivo di accusare la fortuna a suo riguardo. Egli fu il solo ad avere insieme<br />
le tre cose capaci di assicurare una posizione di assoluta preminenza:<br />
il governo <strong>del</strong>la nazione, il sommo sacerdozio e la profezia. Era così<br />
vicino <strong>al</strong>la divinità da non ignorare nessuna <strong>del</strong>le cose future; così egli<br />
previde e profetò che i due suoi figli maggiori non sarebbero rimasti <strong>al</strong><br />
potere” (Bell. Jud.1,68-19) 61 .<br />
Giovanni Ircano non ebbe mai il titolo di re, pur essendo di fatto il<br />
capo politico, oltre che religioso, <strong>del</strong>la nazione. Il primo a cingersi <strong>del</strong>la<br />
corona reg<strong>al</strong>e sarà suo figlio Aristobulo (Bell. Jud. 1,70) 62 . E tuttavia il<br />
Flavio implicitamente gli attribuisce anche la potestà reg<strong>al</strong>e, per cui H.<br />
Cazelles può affermare con ragione che “<strong>al</strong> suo potere venne riconosciuto<br />
un carattere non soltanto sacr<strong>al</strong>e ma profetico” e pertanto “era quanto<br />
meno considerato un precursore <strong>del</strong> messia degli ultimi tempi” 63 . Per<br />
60. Versione ripresa d<strong>al</strong> GLNT XI, 559; ma è piacevole leggere il testo completo nella versione<br />
ottocentesca di F. Angiolini, Delle Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, vol. II,<br />
Firenze 1842, 90-91: “Ora Ircano, dopo aver menato una vita felice e (aver) retto con ottime<br />
leggi il principato per anni trentuno, lasciati dopo di sé cinque figli, se ne muore, uomo<br />
cui Dio stimò degno di tre sommi onori: ciò sono il governo <strong>del</strong>la nazione, il grado pontific<strong>al</strong>e<br />
e lo spirito di profezia; perciocchè usò Dio di conversare con esso lui, e dargli non<br />
solo il conoscimento <strong>del</strong>l’avvenire, ma il poterlo <strong>al</strong>tresì accertare, di modo che de’ suoi figliuoli<br />
maggiori predisse non dover essi vivere lungo <strong>tempo</strong> nel principato”. Giuseppe fa<br />
menzione anche di <strong>al</strong>tri che predissero avvenimenti futuri (cfr. Cothenet, “Prophetisme dans<br />
le Nouveau Testament”, 1225); ma si tratta di episodi sporadici e non di un carisma abitu<strong>al</strong>e<br />
come per Giovanni Ircano. Su questa singolare figura e sulla sua attività politica e militare,<br />
si veda la dettagliata e documentata ricostruzione di Schürer, Storia <strong>del</strong> popolo giudaico<br />
<strong>al</strong> <strong>tempo</strong> di Gesù Cristo, I, 262-279.<br />
61. Versione di Vitucci, edizione citata, vol. I, 31.<br />
62. Ma secondo Strabone (16,2.40) il primo sarebbe stato il di lui successore Alessandro<br />
Janneo (cfr. la nota di Vitucci a p. 602 <strong>del</strong> vol. I <strong>del</strong>la Guerra.<br />
63. H. Cazelles, Il Messia <strong>del</strong>la Bibbia, Roma 1981, 176s. Si veda nelle pagine successive<br />
(178-181) una dilucidazione <strong>del</strong>le affermazioni riferite, <strong>al</strong>la luce <strong>del</strong>le idee <strong>al</strong>lora correnti<br />
nei vari settori <strong>del</strong> giudaismo con<strong>tempo</strong>raneo.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 79<br />
quanto l’opinione di R. Meyer 64 non sia condivisa da tutti, sembra possibile<br />
che il redattore greco <strong>del</strong> Testamento di Levi 8,11-17 si sia ispirato a<br />
questo principe nel dipingere le future sorti <strong>del</strong>la discendenza di Levi:<br />
“Levi, la tua discendenza si dividerà in tre funzioni, come segno <strong>del</strong>la<br />
gloria <strong>del</strong> Signore che deve venire. Il primo ufficio sarà grande. Al di<br />
sopra di esso non potrà essercene un <strong>al</strong>tro. Il secondo sarà costituito d<strong>al</strong><br />
sacerdozio… Amabile è la sua apparizione come <strong>profeta</strong> <strong>del</strong>l’Altissimo<br />
d<strong>al</strong> seme di Abramo, nostro padre” (cfr. anche 17,11-18,14) 65 .<br />
Questo testo, appena riferito non è <strong>del</strong> tutto chiaro e comunque pensano<br />
<strong>al</strong>cuni che sia stato interpolato da mani cristiane 66 . E’ evidente però il<br />
congiungimento <strong>del</strong> triplex munus, reg<strong>al</strong>e, sacerdot<strong>al</strong>e e profetico, nell’autorità<br />
di una sola persona, che, come per Giuseppe Flavio, potrebbe identificarsi<br />
con l’erede immediato <strong>dei</strong> Maccabei, Giovanni Ircano. Se poi anche<br />
la posizione già accennata <strong>dei</strong> manoscritti di Qumran potesse e dovesse<br />
intendersi in senso unitario, avremmo una concordanza piena fra tutte le<br />
maggiori testimonianze provenienti d<strong>al</strong>la tradizione <strong>del</strong>l’epoca di Cristo.<br />
6. Conclusione<br />
Giunti <strong>al</strong> termine di questa rassegna, che ovviamente non pretende di essere<br />
completa né esauriente in tutti suoi aspetti, crediamo doveroso tirarne <strong>al</strong>cune<br />
conclusioni, perché lo studio compiuto abbia il suo natur<strong>al</strong>e compimento.<br />
La prima attiene la posizione <strong>del</strong> 1Mac circa l’attesa di un <strong>profeta</strong> fe<strong>del</strong>e<br />
o degno di fede. E’ da lì che abbiamo preso le mosse e l’occasione<br />
per questa ricerca, la qu<strong>al</strong>e a questo punto ci permette di affermare come la<br />
posizione di t<strong>al</strong>e libro sull’argomento non è né unica né esclusiva. Tanto la<br />
constatazione <strong>del</strong>l’assenza, sul momento, di un qu<strong>al</strong>unque <strong>profeta</strong>, quanto<br />
la speranza e l’attesa di un <strong>profeta</strong> vero e degno di fede, sono condivise<br />
anche da <strong>al</strong>tri scritti, sia nell’ambito degli apocrifi o pseudoepigrafi già<br />
conosciuti da <strong>tempo</strong>, sia nei testi di Qumran. Ciò significa che nella gener<strong>al</strong>e<br />
speranza in un avvenire migliore, messianico o meno, era compreso<br />
64. In GLNT XI, 560.<br />
65. Versione ripresa da Sacchi (a cura di), Apocrifi <strong>del</strong>l’Antico Testamento, I, 798.<br />
66. La questione fu già studiata da M.-J. Lagrange, Le Judaïsme avant Jésus Christ, 3 éd.,<br />
Paris 1931, 122-130. Anch’egli vede in Ircano il mo<strong>del</strong>lo ispirativo <strong>del</strong>la pseudoprofezia<br />
sull’avvenire <strong>del</strong>la discendenza di Levi. Si veda anche la più recente presentazione di<br />
Grelot, La speranza ebraica, 76-85.
80<br />
A. SISTI<br />
anche il ritorno <strong>del</strong>la profezia, nella persona di un carismatico che avesse<br />
saputo interpretare con sicurezza la parola di Dio consegnata nelle Scritture,<br />
come pure di intuire il suo volere, <strong>al</strong>lo stesso modo che avevano fatto<br />
gli antichi profeti <strong>del</strong>la storia biblica, qu<strong>al</strong>i ad esempio Natan, Elia ed<br />
Eliseo. Come si può dedurre dai testi di Giuseppe Flavio, non mancavano<br />
di quelli che, per mezzo <strong>dei</strong> sogni e con l’aiuto <strong>dei</strong> libri sacri, erano capaci<br />
di scrutare l’avvenire. Mancavano, invece, o non trovavano credito perché<br />
privi di autorità da tutti riconosciuta, coloro che in momenti decisivi o di<br />
crisi potessero presentarsi, agli occhi di tutti, investiti d<strong>al</strong>lo spirito di<br />
Jahweh e spinti ad andare a parlare, anche contro corrente. Questa sembra<br />
l’idea <strong>del</strong>lo stesso Flavio Giuseppe, quando afferma che era venuta meno<br />
la successione esatta <strong>dei</strong> profeti (Contra Ap. 1,8).<br />
La seconda conclusione è conseguenza <strong>del</strong>la prima, ma ci si deve trasferire<br />
nel campo <strong>del</strong> Nuovo Testamento e più precisamente nel Vangelo di<br />
Giovanni. Quando in questo Vangelo si domanda, da parte di molte persone,<br />
se Giovanni è “il <strong>profeta</strong> che deve venire” (Gv 1,21.25) o si dice di<br />
Gesù che “veramente è il <strong>profeta</strong> che deve venire nel mondo” (Gv 7,40.52:<br />
sempre oJ profhvth" con articolo), possiamo e dobbiamo pensare che tanto<br />
la domanda quanto l’affermazione sul <strong>profeta</strong> futuro (oJ ejrcovmeno": Mt<br />
11,3; Lc 7,20) non erano che l’eco di una fede, antica <strong>al</strong>meno di qu<strong>al</strong>che<br />
secolo, che era penetrata tra il popolo ed era condivisa gener<strong>al</strong>mente da<br />
tutti. Se ciò è vero, viene ad essere precisato, in qu<strong>al</strong>che modo, anche il<br />
testo di 1Mac 4,46 e 14,41 nel senso che, invece di un <strong>profeta</strong> qu<strong>al</strong>unque<br />
(qu<strong>al</strong>e si sarebbe potuto trovare pure in quel <strong>tempo</strong>) si attendeva la venuta<br />
di un determinato <strong>profeta</strong>, che potrebbe essere, ad esempio, quello promesso<br />
da Mosè in Dt 18,15.18. Che poi questo <strong>profeta</strong> possa essere quello a<br />
cui <strong>al</strong>lude Gv 6-7, prima e dopo la moltiplicazione <strong>dei</strong> pani, sono diversi<br />
studiosi a pensarlo, soprattutto per il richiamo <strong>al</strong> miracolo <strong>del</strong>la manna ottenuta<br />
con la preghiera da Mosè (Gv 6,31-32) 67 .<br />
Al terzo posto dobbiamo annotare che, nonostante la nostra ricerca fosse<br />
diretta essenzi<strong>al</strong>mente ad individuare testimonianze sull’attesa di un <strong>profeta</strong><br />
nella letteratura giudaica <strong>del</strong> periodo ellenistico, non abbiamo potuto fare a<br />
67. Ambedue gli accostamenti a 1Mac 4,46 e Gv 1,21.25; 6,14; 7,40 sono fatti da Jossa,<br />
D<strong>al</strong> Messia a Cristo, 26, 30. Egli insiste sul <strong>profeta</strong> di Dt 18,18; e a p. 29 scrive: “Questo<br />
punto è di grande importanza per la comprensione <strong>del</strong>la tradizione evangelica. Esso significa<br />
infatti che <strong>al</strong>l’epoca di Gesù esisteva l’attesa di una figura profetica, ma non propriamente<br />
messianica, e che proprio a questa figura profetica si attribuiva una specifica attività<br />
miracolosa”. Ma si veda pure Cothenet in DBS VIII, 1233; R. Schnackenburg, Il vangelo<br />
di Giovanni, II, Brescia 1977, 44-45.294; ecc.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 81<br />
meno di registrare nei testi esaminati la presenza di attese ugu<strong>al</strong>mente v<strong>al</strong>ide,<br />
che si muovono nella direzione di persone investite <strong>del</strong>l’ufficio sacerdot<strong>al</strong>e o<br />
<strong>del</strong> potere reg<strong>al</strong>e. Le abbiamo riscontrate sia nei testi di Qumran, sia negli<br />
apocrifi. In sede storica la testimonianza di Giuseppe Flavio su Giovanni<br />
Ircano è molto significativa. In 1Mac non abbiamo incontrato affermazioni<br />
chiare ed esplicite sul sacerdozio e sul principato. Ma questi due poteri erano<br />
già nelle mani <strong>dei</strong> Maccabei e quindi l’unica potestà da attendere poteva essere<br />
solo quella profetica, che neppure Simone, giunto <strong>al</strong>la sommità <strong>dei</strong> poteri<br />
riconosciutigli form<strong>al</strong>mente in una pubblica assemblea di popolo, pretese<br />
di usurpare. Sarà suo figlio Giovanni ad essere riconosciuto come <strong>profeta</strong>,<br />
oltre che come principe e sommo sacerdote. Ad ogni modo si può pensare<br />
quanto meno che le aspettative <strong>del</strong>la nuova comunità formatasi attorno <strong>al</strong>la<br />
famiglia <strong>dei</strong> Maccabei si muovessero nel senso <strong>del</strong>la restaurazione <strong>del</strong>l’epoca<br />
antica, quando in Israele il potere reg<strong>al</strong>e, sacerdot<strong>al</strong>e e profetico era esercitato<br />
simultaneamente, in modo indipendente l’uno d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro.<br />
Ancora un’ultima notazione. E’ chiaro a tutti che gli scritti <strong>del</strong> Nuovo<br />
Testamento, nella loro molteplicità e nella loro varietà, non hanno un messaggio<br />
unico né uniforme da divulgare o da tramandare. E’ certo però che<br />
essi affondano le loro radici nella cultura, nella ment<strong>al</strong>ità e nella fede di quel<br />
loro <strong>tempo</strong>. In molta parte essi si pongono in continuità con i libri sacri <strong>del</strong>l’Antico<br />
Testamento. Con<strong>tempo</strong>raneamente, anche se non sempre a livello<br />
di scelta volontaria, attingono da testi più tardivi, compresi quelli conosciuti<br />
come apocrifi. Inoltre c’è la tradizione or<strong>al</strong>e di cui non sapremo mai misurare<br />
il grado d’influenza. Ora, per quanto riguarda il nostro tema, si può affermare<br />
con sicurezza che, nella presentazione <strong>del</strong> Cristo, il Nuovo Testamento<br />
riflette ciascuna <strong>del</strong>le tre correnti in cui si era espressa l’attesa escatologica<br />
e messianica tra il popolo d’Israele, a tutti i livelli: reg<strong>al</strong>e, sacerdot<strong>al</strong>e e<br />
profetico. Non c’è bisogno di richiamare i testi circa le proprietà reg<strong>al</strong>i, tanto<br />
sono evidenti e numerosi. Per la corrente sacerdot<strong>al</strong>e bisogna ricorrere <strong>al</strong>la<br />
lettera agli Ebrei, anche se non esclusivamente 68 . Per il profetismo, invece,<br />
oltre a quanto detto circa il IV Vangelo, si potrebbero aggiungere sia le numerose<br />
predizioni poi puntu<strong>al</strong>mente verificatesi, sia l’autopresentazione che<br />
Luca (4,16-22) gli attribuisce quando, nella sinagoga di Nazareth, gli fa leggere<br />
e dichiarare adempiute le parole di Is 61,1-2 69 .<br />
68 Cfr. A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote secondo il Nuovo Testamento,<br />
Leumann (Torino) 1990.<br />
69. Si veda l’articolo più volte citato di Cothenet in DBS VIII, 1267ss; e precedentemente<br />
O. Cullmann, Christologie du Nouveau Testament, Neuchâtel 1958, 18-47 (e pp. 74-94 per<br />
il sacerdozio).
82<br />
A. SISTI<br />
Nelle elaborazioni attu<strong>al</strong>i <strong>del</strong>la cristologia biblica non sarebbe m<strong>al</strong>e che<br />
i tre aspetti fossero studiati par<strong>al</strong>lelamente in profondità, non trascurando,<br />
anzi tenendo maggiormente conto di quanto si può ricavare d<strong>al</strong>le tradizioni<br />
biblica ed extrabiblica <strong>del</strong> giudaismo <strong>del</strong> secondo tempio, compreso, natur<strong>al</strong>mente,<br />
l’aspetto profetico. Se non <strong>al</strong>tro questo studio gioverebbe a chiarire<br />
meglio anche il triplice ruolo od ufficio (munus), reg<strong>al</strong>e, sacerdot<strong>al</strong>e e<br />
profetico, che il Vaticano II (Lumen Gentium, 31) assegna <strong>al</strong> popolo di Dio<br />
come partecipazione e continuazione <strong>del</strong>l’opera di Cristo Gesù.<br />
Ad<strong>al</strong>berto <strong>Sisti</strong>, ofm<br />
Pontificia Università Urbaniana, Roma