A. Sisti--L'attesa del profeta fedele al tempo dei ... - Christus Rex
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A. SISTI<br />
anche il ritorno <strong>del</strong>la profezia, nella persona di un carismatico che avesse<br />
saputo interpretare con sicurezza la parola di Dio consegnata nelle Scritture,<br />
come pure di intuire il suo volere, <strong>al</strong>lo stesso modo che avevano fatto<br />
gli antichi profeti <strong>del</strong>la storia biblica, qu<strong>al</strong>i ad esempio Natan, Elia ed<br />
Eliseo. Come si può dedurre dai testi di Giuseppe Flavio, non mancavano<br />
di quelli che, per mezzo <strong>dei</strong> sogni e con l’aiuto <strong>dei</strong> libri sacri, erano capaci<br />
di scrutare l’avvenire. Mancavano, invece, o non trovavano credito perché<br />
privi di autorità da tutti riconosciuta, coloro che in momenti decisivi o di<br />
crisi potessero presentarsi, agli occhi di tutti, investiti d<strong>al</strong>lo spirito di<br />
Jahweh e spinti ad andare a parlare, anche contro corrente. Questa sembra<br />
l’idea <strong>del</strong>lo stesso Flavio Giuseppe, quando afferma che era venuta meno<br />
la successione esatta <strong>dei</strong> profeti (Contra Ap. 1,8).<br />
La seconda conclusione è conseguenza <strong>del</strong>la prima, ma ci si deve trasferire<br />
nel campo <strong>del</strong> Nuovo Testamento e più precisamente nel Vangelo di<br />
Giovanni. Quando in questo Vangelo si domanda, da parte di molte persone,<br />
se Giovanni è “il <strong>profeta</strong> che deve venire” (Gv 1,21.25) o si dice di<br />
Gesù che “veramente è il <strong>profeta</strong> che deve venire nel mondo” (Gv 7,40.52:<br />
sempre oJ profhvth" con articolo), possiamo e dobbiamo pensare che tanto<br />
la domanda quanto l’affermazione sul <strong>profeta</strong> futuro (oJ ejrcovmeno": Mt<br />
11,3; Lc 7,20) non erano che l’eco di una fede, antica <strong>al</strong>meno di qu<strong>al</strong>che<br />
secolo, che era penetrata tra il popolo ed era condivisa gener<strong>al</strong>mente da<br />
tutti. Se ciò è vero, viene ad essere precisato, in qu<strong>al</strong>che modo, anche il<br />
testo di 1Mac 4,46 e 14,41 nel senso che, invece di un <strong>profeta</strong> qu<strong>al</strong>unque<br />
(qu<strong>al</strong>e si sarebbe potuto trovare pure in quel <strong>tempo</strong>) si attendeva la venuta<br />
di un determinato <strong>profeta</strong>, che potrebbe essere, ad esempio, quello promesso<br />
da Mosè in Dt 18,15.18. Che poi questo <strong>profeta</strong> possa essere quello a<br />
cui <strong>al</strong>lude Gv 6-7, prima e dopo la moltiplicazione <strong>dei</strong> pani, sono diversi<br />
studiosi a pensarlo, soprattutto per il richiamo <strong>al</strong> miracolo <strong>del</strong>la manna ottenuta<br />
con la preghiera da Mosè (Gv 6,31-32) 67 .<br />
Al terzo posto dobbiamo annotare che, nonostante la nostra ricerca fosse<br />
diretta essenzi<strong>al</strong>mente ad individuare testimonianze sull’attesa di un <strong>profeta</strong><br />
nella letteratura giudaica <strong>del</strong> periodo ellenistico, non abbiamo potuto fare a<br />
67. Ambedue gli accostamenti a 1Mac 4,46 e Gv 1,21.25; 6,14; 7,40 sono fatti da Jossa,<br />
D<strong>al</strong> Messia a Cristo, 26, 30. Egli insiste sul <strong>profeta</strong> di Dt 18,18; e a p. 29 scrive: “Questo<br />
punto è di grande importanza per la comprensione <strong>del</strong>la tradizione evangelica. Esso significa<br />
infatti che <strong>al</strong>l’epoca di Gesù esisteva l’attesa di una figura profetica, ma non propriamente<br />
messianica, e che proprio a questa figura profetica si attribuiva una specifica attività<br />
miracolosa”. Ma si veda pure Cothenet in DBS VIII, 1233; R. Schnackenburg, Il vangelo<br />
di Giovanni, II, Brescia 1977, 44-45.294; ecc.