A. Sisti--L'attesa del profeta fedele al tempo dei ... - Christus Rex

L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 53
mo autore c’è tanta amarezza e, allo stesso tempo, tanta fiducia, ma nessun
lamento specifico per la mancanza di guide sicure come i profeti, capaci di
illuminare e di guidare il popolo disorientato e fuggiasco.
Scrivendo verso la metà del sec. II a. C., l’autore dell’enigmatico libro
di Daniele, nel suo modo allusivo di ricostruire la storia del suo popolo,
accosta e mette quasi in parallelo gli avvenimenti verificatisi al tempo di
Nabuchodonosor con la distruzione di Gerusalemme (587 a. C.) con quanto
era avvenuto ai suoi tempi ad opera di Antioco IV con la profanazione
del tempio (167 a. C.), servendosi dell’immagine ancora viva di questi per
ricostruire quelli e proiettando nel passato di oltre quattrocento anni prima
le sue esperienze e i suoi giudizi 9 .
Nell’episodio dei tre giovani rinchiusi in una fornace, condannati ad
essere bruciati vivi per essersi rifiutati di accettare il culto idolatrico dei
pagani, a un certo punto questo ignoto autore introduce un salmo
penitenziale (Dan 3,26-45 LXX), nel mezzo del quale l’orante, dopo aver
riconosciuto i peccati che hanno provocato l’ira di Dio, si lamenta in tono
molto accorato per lo stato di abbandono in cui è precipitato il popolo
d’Israele. Dio aveva promesso ai patriarchi di “moltiplicare la loro stirpe
come le stelle del cielo e come la sabbia del mare” (v. 36).
“Ora, invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque
altra nazione, ora siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccai.
Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie
e trovar misericordia” (Dan 3,37-38).
Questa lamentazione fa parte di quella lunga sezione di Dan 3, che non
si trova nel testo aramaico, ma è presente nel greco dei Settanta e di
Teodozione. E’ opinione di tutti gli studiosi di Daniele che questo brano
non solo appartiene allo strato più antico del testo, ma anche che esso, più
che descrivere la situazione di Gerusalemme dopo la distruzione del 587 a.
C., si riferisca più propriamente allo stato desolante in cui vennero a trovarsi
i Giudei dopo la profanazione del tempio nel 167 e prima della sua
purificazione, compiutasi tre anni dopo 10 .
9. Sulla complessa questione dell’origine, della forma letteraria e delle vicende storiche che
hanno contrassegnato questo libro si vedano le introduzioni, come quella di O. da Spinetoli,
“Daniele”, in Introduzione alla Bibbia, II/2, Casale Monferrato 1971, 163-579; oppure G.
Rinaldi, Daniele, Torino 1947; G. Bernini, Daniele, Roma 1976, 5-51.
10. Cfr. Bernini, Daniele, 132ss; Bibbia TOB, 1622 . Tra le lamentazioni va posta anche quella
di Mattatia, padre dei fratelli Maccabei, che si riferisce alla stessa situazione (1Mac 2,6-11).