A. Sisti--L'attesa del profeta fedele al tempo dei ... - Christus Rex

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56 A. SISTI Per nostro conto pensiamo che nella ricerca delle cause della decadenza della profezia non vada trascurato né sottovalutato un fatto molto importante, rappresentato dall’esistenza delle scuole sapienziali, che si sviluppano già a partire dell’epoca persiana e fioriscono soprattutto nell’epoca ellenistica, occupandosi di tutti i problemi della vita religiosa e civile e avendo per tutti una parola ispirata a saggezza. I frutti più belli di queste scuole sono le opere del Qohelet e del Siracide. Quest’ultimo scrive proprio alla vigilia della persecuzione di Antioco IV e, mentre esalta la bellezza del culto e la gloria della sua gente, non manca di mettere in guardia i suoi lettori contro i pericoli derivanti dal continuo contatto col mondo pagano 15 . Sicuramente c’erano anche altri che non hanno scritto nulla ed altri le cui opere non sono giunte fino a noi. Erano queste le nuove guide spirituali d’Israele, anche se forse mancavano di quel particolare carisma, che avrebbe potuto accreditarli come profeti agli occhi del popolo. 3. La fede dei Maccabei I fratelli Maccabei hanno avuto la fortuna d’incontrare degli ammiratori sinceri che, colpiti dalle loro imprese, hanno avuto la voglia e la capacità di metterle in scritto, perché non fossero dimenticate come tante vicende nazionali svoltesi prima di loro per diversi secoli. Dei due libri che si richiamano al loro nome, indubbiamente il primo è il più completo, abbracciando tutto intero l’arco di tempo in cui essi vissero; il secondo è più particolareggiato, ma si limita ai primi anni della rivolta. Per quanto riguarda il nostro tema, questo secondo libro non offre alcuna indicazione precisa. L’autore si interessa solo dei profeti del passato e 14. Per l’individuazione delle cause della decadenza della profezia si veda ancora Russell, L’apocalittica, 102-106. Il testo di Zac 13,2-6 meriterebbe di essere presentato in maniera approfondita per coglierne il significato completo, che è di totale condanna. P. Sacchi, Storia del secondo tempio, Torino 1994, 90-91 lo legge alla luce della situazione del dopo esilio e lo intende come un riflesso del tentativo di limitare l’attività profetica in funzione della stabilità dello stato. 15. La tematica affrontata da Ben Sirac è vastissima; si direbbe quasi onnicomprensiva. Ma egli è convinto che basti la sapienza a risolvere tutti i problemi, senza dover ricorrere o attendere profeti e messia (ad ogni modo si veda 36,14-15 di cui si dirà appresso, all’inizio del paragrafo 4). Per una inquadratura dell’insegnamento del Siracide alla luce del particolare momento in cui egli si trovò a vivere, si veda A. Sisti, “Riflessi dell’epoca premaccabaica nell’Ecclesiastico”, Rivista Biblica 12 (1964) 215-256; per il resto si veda A. Minissale, Siracide (Ecclesiastico), Roma 1980; F. Festorazzi, “Il libro del Siracide”, in Il messaggio della salvezza, V, Torino 1985, 157-182.
L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 57 in particolare del profeta Geremia, che nel libro è presentato come il profeta della restaurazione nazionale e protettore del suo popolo (2Mac 2,1.13; 15,9.12-16) 16 . Per il resto non sembra aver problemi, perché è sicuro che il Signore, quando occorre, si fa sentire anche in modo straordinario con segni e prodigi, con sogni e visioni chiaramente intelligibili. E’ l’autore del primo libro, invece, che nella sua religiosità strettamente legata all’osservanza della legge mosaica, sente vivamente l’assenza di profeti, particolarmente in alcuni casi in cui tale legge si rivela carente o insufficiente per risolvere i problemi emergenti dallo sviluppo di nuove situazioni, da essa non previste 17 . I testi relativi sono tre: 1Mac 4,46; 9,27; 14,41. Conviene esaminarli per ordine, separatamente. a) 1Mac 4,46 Siamo già verso la conclusione della prima fase della lotta armata contro le truppe di Antioco IV, e Giuda con i suoi fratelli decidono di salire fin sul Monte Sion per purificare il tempio dalle impurità legali e materiali che i pagani vi avevano accumulato (4,36-61; cfr. 2 Mac 10,1-8). Giunti sul posto, celebrano una liturgia penitenziale, al termine della quale lo stesso Giuda Maccabeo, quale capo riconosciuto degli insorti, dispone ogni cosa con molta cura perché tutto si svolga nella piena osservanza della legge. L’autore si rivela particolarmente puntiglioso su questo punto. Difatti annota che per compiere tale opera, Giuda “scelse dei sacerdoti senza macchia (iJerei'" ajmwvmou"), osservanti della legge” (v. 42). Essi, dunque, dovevano essere non solo immuni da ogni impurità legale, ma anche zelanti nell’osservare tutte le minute prescrizioni del codice di santità (Lev 21-22) che come sacerdoti dovevano conoscere alla perfezione. Rimosso quanto era da rimuovere e riparato quanto era da riparare, i sacerdoti non hanno dubbi nell’abbattere “l’abominio della desolazione [costruito dai pagani] sull’altare degli olocausti” (1,54), trasportandone le pietre fuori del recinto sacro o, come dice il testo, “in un luogo impuro” (4,43); ma scoperto il sottostante altare, costruito al ritorno dall’esilio (Esr 3,2-5) sul luogo stesso di quello di Salomone, si arrestarono, indecisi sul da fare. L’antico altare era due volte sacro, perché costruito e consacrato 16. Cfr. A. Sisti, I Maccabei. Libro secondo, Roma 1969, 85ss. 17. Per tutti i problemi connessi con i due libri si vedano le introduzioni specializzate. Segnaliamo la sintesi di A. Sisti, “I Maccabei”, in Il messaggio della salvezza, V, Leumann- Torino 1985, 341-387.
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