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A. Sisti--L'attesa del profeta fedele al tempo dei ... - Christus Rex

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L’ATTESA DEL PROFETA FEDELE AL TEMPO DEI MACCABEI 61<br />

“l’opera” re<strong>al</strong>izzata d<strong>al</strong> 520 <strong>al</strong> 515 a. C. sotto la guida <strong>del</strong> governatore<br />

Zorobabele e <strong>del</strong> sommo sacerdote Giosuè (cfr. Esr 1-6). I nomi <strong>dei</strong> profeti<br />

che presero parte a questa impresa sono quelli di Aggeo e Zaccaria (cfr. Ag<br />

1,7-15; Zac 4,9). Ma si fa anche il nome di M<strong>al</strong>achia, che visse qu<strong>al</strong>che<br />

<strong>tempo</strong> dopo, <strong>al</strong>l’inizio <strong>del</strong> sec. V a. C. In questo modo la distanza <strong>del</strong>l’autore,<br />

che si riferiva <strong>al</strong> giorno da cui non era apparso più un <strong>profeta</strong> in Israele,<br />

sarebbe di circa quattrocento anni, durante i qu<strong>al</strong>i nessun inviato di Dio<br />

si sarebbe manifestato.<br />

c) 1Mac 14,41<br />

L’episodio in cui si inquadra la frase da esaminare, ha per protagonista il terzo<br />

<strong>dei</strong> fratelli Maccabei: Simone, che due anni prima (nel 142 a. C.) aveva<br />

preso il posto di suo fratello Gionata, caduto in mano <strong>dei</strong> nemici ellenisti, che<br />

lo avevano assassinato. L’autore è un sincero ammiratore di Simone e ne fa<br />

un elogio (1Mac 14,4-15), in cui qu<strong>al</strong>che studioso ha creduto di poter scorgere<br />

chiari tratti di un messianismo già re<strong>al</strong>izzato 22 . Entusiasti <strong>dei</strong> successi<br />

da lui ottenuti contro gli ellenisti e <strong>del</strong>l’abilità che dimostrava nell’amministrazione<br />

<strong>del</strong>la cosa pubblica, i notabili <strong>del</strong> paese insieme <strong>al</strong> popolo rimasto<br />

fe<strong>del</strong>e <strong>al</strong>la fede <strong>dei</strong> padri, adunatisi in assemblea, con atto solenne da incidere<br />

su tavole di bronzo, decretano che da quel momento, Simone sarà loro<br />

“capo e sommo sacerdote per sempre” (v. 41a: hJgouvmenon kai; ajrciereva eij"<br />

to;n aijw'na). Ciò significa che con quell’atto Simone era proclamato uffici<strong>al</strong>mente<br />

capo unico e assoluto di tutti i Giu<strong>dei</strong>, in modo perpetuo ed ereditario,<br />

assommando in sé il potere civile e religioso, per cui egli era <strong>al</strong>lo stesso<br />

<strong>tempo</strong> egumeno o governatore e sommo sacerdote.<br />

Il decreto era perfettamente regolare perché ratificato da tutto il popolo,<br />

anche se giuridicamente la nazione restava ancora soggetta <strong>al</strong> regno di<br />

Siria, di cui continuava a far parte. Giunto a questo punto il testo avrebbe<br />

potuto considerarsi completo e chiuso. Invece troviamo che esso continua<br />

recando inaspettatamente la clausola e{w" tou' ajnasqh'nai profhvthn pistovn<br />

(v. 41b), v<strong>al</strong>e a dire: i due titoli e le due potestà, benché conferite in forma<br />

ereditaria, dovevano considerarsi legate a una condizione difficilmente<br />

comprensibile, espressa con le parole “finché non sorga un <strong>profeta</strong> fe<strong>del</strong>e”.<br />

Perché questa riserva e questa limitazione?<br />

22. G. Boccaccini, Il Medio Giudaismo, Genova 1993, 118 (nota 27): “Non è difficile scorgere<br />

tratti messianici nell’elogio di Simone, sia pure nel quadro di un’escatologia compiuta<br />

entro i confini <strong>del</strong>la storia”.

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