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Marzo - Moked

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P18<br />

Spiegelman: ‘Anche un cane diventa un libro’<br />

Il creatore di Maus e della graphic novel racconta il suo progetto editoriale dedicato al pubblico dei più giovani<br />

ú–– Ada Treves<br />

DOSSIER /Leggere per crescere<br />

Francoise Mouly è arrivata a New<br />

York come studentessa di architettura,<br />

e si è dedicata a mille lavori<br />

fino a quando, grazie anche all’incontro<br />

con Art Spiegelman, ha individuato<br />

le sue vere passioni: le arti grafiche<br />

e l’editoria. Mentre lavora come<br />

colorista per la Marvel, nel 1977, fonda<br />

una piccola casa editrice, la RAW<br />

Books & Graphics, da cui parte la nostra<br />

storia, ma è necessario ricordare<br />

che suo partner nell’impresa, e nella<br />

vita, era Art Spiegelman, l’autore che<br />

sarebbe poi riuscito praticamente da<br />

solo a riconciliare<br />

gli<br />

adulti con la<br />

lettura dei fumetti,<br />

grazie<br />

soprattutto a<br />

Maus, l’opera<br />

che gli è valsa<br />

il premio Pulitzer,<br />

nel<br />

1992, nonostante i suoi genitori avessero<br />

cercato in tutti i modi di convincerlo<br />

a diventare dentista.<br />

Come esplicitamente dichiarato sin<br />

dall’origine nel suo nome - RAW sta<br />

per Real Art Works - la RAW Books<br />

& Graphics selezionava lavori di livello<br />

artistico molto alto, pur ricavando<br />

la maggior parte dei suoi guadagni<br />

dalla pubblicazione di una guida di<br />

Soho e Tribeca. E’ però nel 1980, con<br />

la nascita di RAW magazine, che si<br />

arriva al salto di qualità. Si trattava di<br />

una antologia di comics e storie illustrate,<br />

selezionati da Spiegelman e<br />

Mouly, che raccoglieva il lavoro di<br />

artisti americani allora difficilmente<br />

pubblicati altrove, studenti di Art e<br />

artisti europei di altissimo livello. Come<br />

dichiarato anche recentemente<br />

da Spiegelman, la grande scommessa<br />

di RAW magazine era di riuscire a<br />

dimostrare che i comics non sono solo<br />

una cosa da bambini. Durante quegli<br />

anni Francoise Mouly, diventata<br />

art editor e poi art director del New<br />

Yorker, inizia a raccogliere i numerosi<br />

premi e riconoscimenti di cui sarebbe<br />

poi stata costellata la sua carriera. Nel<br />

frattempo Spiegelman publlica, a puntate<br />

e proprio su RAW magazine tra<br />

il 1980 e il 1985, il primo volume di<br />

Maus e raccogle il successo che, dopo<br />

la pubblicazione del secondo volume,<br />

l’avrebbe portato al Pulitzer. Nel 1994<br />

poi le inquietanti illustrazioni in bianco<br />

e nero di Spiegelman avevano dato<br />

nuova vita al classico di Joseph Moncure<br />

March, uscito originariamente<br />

nel 1928. Nel 1997, cambiando completamente<br />

genere, scrive un libro per<br />

bambini, Open me, I’m a Dog che ri-<br />

serva una grande sorpresa: leggendolo<br />

si scopre che non si tratta di un libro<br />

che sembra un cane - ha anche coda<br />

e un guinzaglio, se mai servisse… -<br />

ma di un cane che è stato per magia<br />

trasformato in un libro.<br />

Nel 2000 si arriva alla fondazione di<br />

RAW Junior Division, dove l’idea alla<br />

base di RAW magazine, pubblicare<br />

antologie di illustratori capaci di lavorare<br />

senza fare alcun compromesso<br />

sulla qualità, è diretta però ai bambini.<br />

Little Lit (come già raccontato nel<br />

dossier Leggere per crescere dello<br />

scorso anno) è un annuario di lusso<br />

che raccoglie lavori originali e inediti<br />

di tutte le grandi firme dei comics e<br />

dell’illustrazione. I primi tre volumi<br />

toccano molti temi ebraici, o comunque<br />

dedicati alle differenze e alla società<br />

plurale, attirando collaboratori<br />

illustri. Il primo volume della serie si<br />

intitola Little Lit: Folklore & Fairy<br />

Tale Funnies. I volumi successivi, intitolati<br />

Little Lit: Strange Stories for<br />

Strange Kids e Little Lit: It Was a<br />

Dark and Silly Night... sono diventati,<br />

come il primo, un must anche per i<br />

collezionisti e per gli appassionati di<br />

fumetto per adulti, nonostante siano<br />

dichiaratamente per bambini. Fra le<br />

tante chicche, oltre ai lavori dello stesso<br />

Spiegelman e della Mouly, che<br />

hanno anche il ruolo di curatori della<br />

serie, è pubblicata in Little Lit una<br />

meravigliosa versione della famosa<br />

leggenda chassidica del Principe e il<br />

pollo di Nachman di Breslov. Nel<br />

2006 esce poi una sorta di riassunto<br />

di questa straordinaria avventura: Big<br />

www.moked.it<br />

Fat Little Lit contiene il meglio del<br />

meglio dei comics contenuti nei tre<br />

volumi della serie, raccolti in un solo<br />

volume (con una nuova copertina di<br />

Spiegelman) che, pur se dedicato ai<br />

bambini solleva ancora una volta parecchie<br />

domande: un libro di tale livello<br />

artistico e tale complessità è davvero<br />

adatto a un pubblico di piccoli<br />

lettori?<br />

La cosa notevole, raccontata recentemente<br />

a Torino con garbata ironia<br />

n. 3 | marzo 2012 pagine ebraiche<br />

dallo stesso Spiegelman è che mentre<br />

con RAW magazine il tentativo consapevole<br />

era di convincere il mondo<br />

che i comics potevano essere adatti<br />

a un pubblico adulto, il progetto di<br />

Little Lit era esattamente l’opposto:<br />

riportare i bambini alla lettura dei comics<br />

– lo slogan di Little Lit era proprio<br />

“Comics -They're not just for<br />

Grown-ups Anymore"<br />

– ma ripartendo<br />

da un lavoro di altissima<br />

qualità, sia grafica<br />

che narrativa.<br />

Forse anche per rispondere<br />

alla questione,<br />

e con un interessante<br />

ritorno alle<br />

origini, quasi a<br />

chiudere un cerchio,<br />

il 5 aprile del<br />

2008 la coppia Mouly-Spiegelman ha<br />

fondato TOON Books, un ulteriore<br />

passo avanti verso la costruzione di<br />

uno strumento educativo. Si tratta di<br />

una serie di comics destinata a lettori<br />

dai quattro anni in su, rigorosamente<br />

suddivisi per età, abilità di lettura,<br />

L’anima? Ha una tecnologia<br />

Pixar compie 25 anni e in una grande mostra riafferma il ruolo centrale della creatività<br />

C’è una scena, in Toy Story 2, in cui<br />

il collezionista impaziente, mentre<br />

aspetta che venga terminata la riparazione<br />

di Woody, si sente rispondere:<br />

“You can’t rush art”. E’ una dichiarazione<br />

di principio, inserita appositamente,<br />

che purtroppo è facile sfugga<br />

agli spettatori.<br />

John Lasseter è animatore, regista,<br />

sceneggiatore e produttore cinematografico,<br />

ed è soprattutto uno dei<br />

fondatori (con Steve Jobs e John Catmull)<br />

della Pixar, di cui è anche direttore<br />

creativo. Ha scritto, per il<br />

pannello introduttivo della mostra<br />

Pixar, 25 anni di animazione che sta<br />

girando il mondo: “È difficile immaginare<br />

che alla Pixar gli artisti che<br />

usano i mezzi tradizionali – disegni a<br />

mano, dipinti, pastelli, scultura – sono<br />

in numero quasi pari a quello degli<br />

artisti che impiegano i mezzi digitali.”<br />

Ed è davvero questa la parte che più<br />

colpisce della mostra appena chiusa<br />

a Milano: vedere come siano la creatività<br />

e il talento a dare forma alle<br />

storie, a fare da base a quelli che diventano<br />

poi film considerati il top<br />

dell’animazione computerizzata. Vedere<br />

il lavoro degli artisti Pixar incorniciato<br />

ed esibito in un allestimento<br />

da museo implica automaticamente<br />

trovarsi a riflettere su cosa<br />

sia “arte” e cosa sia appropriato mostrare<br />

in un museo. Se la definiamo<br />

come parte di un processo o di un<br />

prodotto che stimola un’emozione<br />

forte, risulta immediatamente chiaro<br />

che tutti gli oggetti della mostra Pixar<br />

rientrano nella categoria.<br />

L’emozione che<br />

provocano è ancora<br />

più forte<br />

nel caso delle<br />

due installazioni<br />

create appositamente<br />

per la<br />

mostra: Artscape<br />

è una installazionemultimediale<br />

creata<br />

usando la tecnologia<br />

digitale, in<br />

cui l’arte bidimensionaleviene<br />

esplorata in<br />

un movimento<br />

tridimensionale simulato,<br />

portando in continuazione<br />

gli spettatori<br />

(la proiezione dura<br />

15 minuti) dentro e<br />

fuori dalle immagini;<br />

gli effetti visivi, accompagnati<br />

da un incredibile<br />

panorama<br />

sonoro, creano una<br />

suggestione cui è praticamente<br />

impossibile sottrarsi. L’altra<br />

installazione, lo Zoetrope<br />

Toy Story, ha origini antiche:<br />

brevettato negli Stati Uniti nel<br />

1867, era una forma popolare di<br />

intrattenimento domestico alla<br />

fine del diciannovesimo secolo.<br />

Ruotando rapidamente una sequenza<br />

di immagini statiche all’interno<br />

di<br />

un cilindro, il<br />

dispositivo<br />

dimostrava i<br />

principi di<br />

base dell’animazioneprimadell’invenzione<br />

del<br />

cinema. Quello in mostra<br />

ne è una versione tridimensionale<br />

ed è stato<br />

sviluppato da scienziati<br />

in collaborazione con<br />

animatori e artisti: in un<br />

ciclo di diciotto inquadrature,<br />

ognuna è rappresentata<br />

da una figurina<br />

tridimensionale del<br />

personaggio, montata in<br />

un punto preciso del disco che ruota<br />

alla velocità di un giro al secondo. In<br />

più uno stroboscopio su ogni inquadratura<br />

blocca il movimento, consentendo<br />

all’occhio umano di percepirla<br />

come un’immagine singola del personaggio.<br />

Quando l’occhio vede tutte queste<br />

immagini bloccate in rapida successione,<br />

l’effetto di movimento apparente<br />

le mette tutte in fila creando<br />

l’illusione della realtà. Un’illusione<br />

talmente forte da tenere il pubblico<br />

inchiodato, incapace di allontanarsi<br />

pur di vedere più e più volte il cilindro<br />

rallentare fino a fermarsi, a mostrare<br />

le figurine dei personaggi, perfettamente<br />

immobili, per poi lenta-

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