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Sentire, riconoscere, pensare - Il pensare - Rivista di Filosofia

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<strong>Il</strong> <strong>pensare</strong> e la realtà. Cusano e Hegel Marco Moschini<br />

Mai Platone ha introdotto una <strong>di</strong>cotomia tra sensibile e ideale; il grande filosofo ha bensì<br />

sempre richiamato alla non esclusivizzazione del sentire <strong>di</strong>sgiunto dalla esperienza sofica del vero.<br />

Da questa prende senso anche l’ombra, anche la sensibilità, anzi questa <strong>di</strong>venta essenziale 11 . L’espe-<br />

rienza del vero è possibile a chi sa domandarsi il perché, il senso del pesante fardello <strong>di</strong> catene che<br />

sono quelle che legano l'uomo a volgere il volto al fondo <strong>di</strong> un antro con atteggiamenti che sanno <strong>di</strong><br />

“umano troppo umano”. 12<br />

Domandarsi sulla realtà del mondo vuol <strong>di</strong>re aprirsi al mondo con l’animo <strong>di</strong> chi dalla do-<br />

manda sul vero aspira all'esperienza qualificata ed autentica del mondo stesso. Tutto questo passa<br />

da una sensibilità irriducibile alla mera sensibilità empirica, ma apre al sentire, sentire pienamente<br />

la presenza del peso dell'esistenza. Così come lo sentiva Carlo Michelstaedter, così come lo senti-<br />

vano gli animi inquieti dell’esistenzialismo che spesso riducevano il problema ad una fuga inconsi-<br />

stente verso il nulla.<br />

La filosofia chiede una <strong>di</strong>sposizione del tutto peculiare alla penetrazione del senso dell'esi-<br />

stenza. E questa relativa pesantezza la si sente e la proviamo tanto da volerla prima comprenderla e<br />

poi trasformarla. Compiere una palino<strong>di</strong>a della stessa esistenza che non la neghi, che non desideri la<br />

<strong>di</strong>struzione ma ne trasformi la tragicità, l'ineluttabilità, spesso l'orrore, nella accettazione, nella co-<br />

scienza capace <strong>di</strong> creare un mondo più bello nel bello implicito nella transitorietà 13 . La consapevo-<br />

lezza della transitorietà richiede il suo superamento che si attua nella forza trasformatrice dello spi-<br />

rito che scorge la bellezza in questa fugacità; lo spirito vede il trasparire del vero e del buono in<br />

questo apparire temporaneo e lo vuole fermare nel gesto buono, nel concetto vero, nella cosa bella.<br />

Questo è il sentire realmente estetico a cui l’esistenza rimanda. È il sentire appunto che nasce<br />

come un richiamo profondo alla <strong>di</strong>mensione superiore dell’essere. È la prima esperienza della onto-<br />

logicità del vivere a cui la ra<strong>di</strong>calità heideggeriana sembrava corrispondere ma non rispondere.<br />

11 Si dovrebbe sempre mettere in guar<strong>di</strong>a da troppo facili interpretazioni, manualisticamente accre<strong>di</strong>tate, <strong>di</strong> un Platone<br />

<strong>di</strong>cotomico, sempre inteso a <strong>di</strong>stinguere sensibile e ideale. Si dovrebbe invece invitare a guardare al Platone che introduce<br />

<strong>di</strong>stinzioni gnoseologiche sulla base della <strong>di</strong>versa qualità dell'intellezione a cui egli rimanda e il cui effetto è la<br />

considerazione della realtà sotto <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong> attestazione <strong>di</strong> verità.<br />

12 "<strong>Il</strong> <strong>pensare</strong> concreto...non è niente <strong>di</strong> astratto possiede in se stesso ciò che è particolare e non sta accanto ad esso.<br />

Dapprima il <strong>pensare</strong> appare come qualcosa <strong>di</strong> soggettivo, ma noi dobbiamo prendere in esame il pensiero anche in senso<br />

obiettivo... <strong>Il</strong> <strong>pensare</strong> non spetta alle cose naturali. <strong>Il</strong> pensiero, non nella forma della coscienza, bensì in sé e per sé, è<br />

ciò che è universale in genere, ciò che è sostanziale ed obiettivo. È ragione interna al mondo. La ragione interna al<br />

mondo non è ragione soggettiva; nella natura le cose vanno in modo razionale perché vi sono leggi, generi, eccetera e<br />

ciò che è razionale, universale e capace <strong>di</strong> sussistere sta <strong>di</strong> contro a ciò che è singolo, irrelato e transeunte. Conoscere la<br />

natura del pensiero mette in guar<strong>di</strong>a dai mo<strong>di</strong> soggettivi propri dell'apparenza; il significato del pensiero è che esso non<br />

è qualcosa <strong>di</strong> particolare e <strong>di</strong> soggettivo, bensì è ciò che è universale in sé e per sé; il pensiero non è una semplice proprietà<br />

della coscienza, esso è invece ciò che è obiettivo e capace <strong>di</strong> esistere in sé e per sé". G.W.F. Hegel, introduzione,<br />

alle Lezioni <strong>di</strong> storia della filosofia 1825-1826, tra. it. a cura <strong>di</strong> Roberto Bondoli, Laterza, Bari-Roma, 2009, p 16.<br />

La lunga citazione non solo contiene una ampia e marcata <strong>di</strong>stinzione del rapporto scienza e filosofia, e sapere filosofico<br />

e mero conoscere. Essa sintetizza bene la <strong>di</strong>stinzione tra comprensione qualitativa universale e conoscenza quantitativa<br />

<strong>di</strong> cui il tedesco vuole precisare appunto le forme. Una precisazione utile anche oggi.<br />

13 Lo spirito <strong>di</strong> una nuova creazione è garantito dal superamento della sindrome <strong>di</strong> annientamento del sé <strong>di</strong> cui siamo<br />

vittime noi uomini della modernità (o se si vuole della sua forma più estrema) che è quella della post-modernità. Rimando<br />

a G. Steiner, Grammatiche della creazione, Garzanti, Milano, 2003.<br />

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