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29-3-2011 MODULO A Che cos'è la linguistica ... - Appunti Unict

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<strong>29</strong>-3-<strong>2011</strong><br />

<strong>MODULO</strong> A<br />

<strong>Che</strong> cos’è <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> applicata?<br />

È una disciplina molto giovane perché nasce e si sviluppa a partire dagli anni ’70. In generale tutta <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> è una disciplina<br />

giovane, perché lo studio scientifico del<strong>la</strong> lingua si sviluppa nel ‘900. All’interno di una disciplina molto giovane come <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> –<br />

come disciplina di carattere scientifico –, <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> applicata nasce come disciplina ancora più giovane perché si sviluppa negli anni<br />

’60-’70 e i suoi elementi costitutivi non sono chiari nemmeno a chi <strong>la</strong> studia: è una materia che ha subito tante formu<strong>la</strong>zioni, l’oggetto<br />

di studio del<strong>la</strong> l. a. non è stabilito una volta per tutte, ma cambia e si modifica in continuazione; manca un canone e l’oggetto<br />

d’interesse di questa disciplina si è modificato nel corso del tempo. Infatti <strong>la</strong> l. a. nasce come materia destinata agli insegnanti di<br />

lingue; lo scopo è quello di dare dei compiti pratici: c’è una <strong>linguistica</strong> teorica (<strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> generale), come si possono applicare<br />

concretamente i principi teorici al<strong>la</strong> realtà? Attraverso <strong>la</strong> l. a. Il primo modo di applicare concretamente queste teorie linguistiche è<br />

rivolgersi a chi insegna le lingue, come acquisizione di L1 e come acquisizione di L2, cioè di altre lingue. Quindi <strong>la</strong> l. a. nasce all’interno<br />

di un generale interesse per <strong>la</strong> didattica delle lingue che però rappresenta solo il punto di partenza, perché a partire dagli anni ’70, e<br />

poi negli decenni successivi gli oggetti d’intersesse di questa disciplina si sono ampliati e il destinatario non è più solo l’insegnante di<br />

lingua, perché, data <strong>la</strong> strettissima connessione tra teoria e prassi, non può prescindere dal contesto socio-culturale che è in continuo<br />

cambiamento; quindi, modificandosi quest’ultimo si modificano anche gli interessi del<strong>la</strong> l. a., che da disciplina orientata verso<br />

l’insegnamento delle lingue, diventa ora una disciplina dal CARATTERE INTERDISCIPLINARE e TRASVERSALE:<br />

INTERDISCIPLINARE perché coinvolge anche altre discipline (es. <strong>la</strong> socio<strong>linguistica</strong>) e TRASVERSALE perché riguarda lo studio<br />

delle lingue applicato a contesti pratici ben precisi che coinvolgono materie, scienze che vanno al di là del<strong>la</strong> l. stessa.<br />

La l. a. media tra <strong>la</strong> l. teorica e le discipline affini per <strong>la</strong> soluzione di problemi centrati sul linguaggio nel<strong>la</strong> sua realizzazione pratica e<br />

attuazione; è una MEDIAZIONE TRA INDAGINE TEORICA E PRASSI.<br />

- Rossini Favretti, cap. 3.<br />

Ci sono esemplificazioni concrete del<strong>la</strong> l., spiega come <strong>la</strong>vora il linguista e pone delle limitazioni di tipo diverso: innanzitutto fa un<br />

esempio di analisi comparativa: solitamente <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> generale si occupa di una so<strong>la</strong> lingua (es. l’italiano o il francese o l’inglese,<br />

ecc), cioè si occupa di analizzare i diversi livelli di analisi di un codice lingua; per es. per quanto riguarda l’italiano, i livelli di analisi<br />

sono <strong>la</strong> fonologia, che è <strong>la</strong> disciplina che studia i suoni del<strong>la</strong> lingua che hanno un valore distintivo; <strong>la</strong> morfologia analizza <strong>la</strong> struttura<br />

del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> (<strong>la</strong> morfologia lessicale) e <strong>la</strong> flessione del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> (<strong>la</strong> morfologia flessiva, cioè il modo in cui le informazioni grammaticali<br />

– tempo, modo, genere, ecc, - vengono veico<strong>la</strong>te all’interno del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>); <strong>la</strong> semantica si occupa dell’analisi del significato delle parole<br />

– <strong>la</strong> semantica, rispetto agli altri livelli linguistici, è quello più marginale perché il confine tra <strong>la</strong> l. e <strong>la</strong> filosofia del linguaggio è molto<br />

sottile e perché il significato, rispetto per es. al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> o al suono ha una control<strong>la</strong>bilità minore, per cui lo studio del<strong>la</strong> semantica è<br />

stato un po’ tra<strong>la</strong>sciato dai linguisti; <strong>la</strong> pragmatica che osserva come <strong>la</strong> lingua viene utilizzata in contesti ben precisi, studia l’uso<br />

concreto di una so<strong>la</strong> lingua e anche in questo caso <strong>la</strong> l. a. cerca di ovviare a questo problema che potrebbe essere un limite perché ogni<br />

livello di analisi si può studiare concretamente facendo riferimento a diverse lingue in un’analisi comparativa:<br />

es. il livello fonologico<br />

lo studio del l. f. in un’ottica comparativa può essere molto utile per chi deve apprendere una lingua straniera; Rossini Favretti fa un<br />

es. di analisi comparativa mettendo a confronto i sistemi vocalici di italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco. Si forma una sorta<br />

di triangolo vocalico che in realtà non è esattamente un triangolo, perché il triangolo vocalico rispecchia solo l’italiano il cui sistema è<br />

eptavocalico; in questo caso si viene a formare un trapezio: quelli dell’italiano sono solo alcuni dei suoni possibili che un par<strong>la</strong>nte può<br />

pronunciare, perché, facendo riferimento, in un’ottica comparativa, anche ad altre lingue, quello che inizialmente era un triangolo si<br />

arricchisce di ulteriori suoni.<br />

Inoltre alcuni suoni che in italiano non hanno carattere distintivo, in altre lingue possono formare coppie minime – per es. <strong>la</strong> i, in<br />

italiano non forma coppie minime mentre in inglese si: “sheep” (pecora) e “ship” (nave), dove nel primo caso si pronuncerà una i più<br />

allungata e nel secondo <strong>la</strong> pronuncia sarà più breve.<br />

Quindi in un’ottica contrastiva, i suoni possono essere diversi e possono avere proprietà distintive.<br />

Tutto questo serve nell’insegnamento delle lingue straniere: avere un approccio contrastivo nell’insegnamento di L2 può essere un<br />

modo per far capire al par<strong>la</strong>nte realmente pronunciare i suoni, le differenze dei diversi suoni e quindi come funziona una lingua.<br />

La stessa cosa può succedere per <strong>la</strong> semantica: imparare una lingua straniera non vuol dire riportare ciò che si dice nel<strong>la</strong> propria lingua<br />

a un altro codice, perché significa affrontare un contesto socio-culturale completamente diverso e <strong>la</strong> l. a. ha cercato di far capire, ad<br />

es. nei diversi metodi di traduzione o di apprendimento di una L2, che bisogna cancel<strong>la</strong>re le conoscenze che si hanno del<strong>la</strong> propria<br />

lingua e metterle a confronto con quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> lingua che si vuole imparare.<br />

- 1 -


30 – 3 – <strong>2011</strong><br />

- Rossini Favretti, cap. 2<br />

LINGUISTICA, LINGUAGGIO E LINGUA<br />

C’è una differenza tra “linguaggio” e “lingua”, una differenza che è lessicalizzata in italiano così come in francese, ma non in inglese.<br />

Il linguaggio è <strong>la</strong> facoltà do utilizzare , comprendere e conoscere una lingua; è una facoltà umana, in quanto distingue gli esseri umani<br />

dal resto degli esseri animali. È una facoltà che possiedono tutti gli esseri umani e che può essere sviluppata con contatto diretto con<br />

una lingua ed è uguale per tutti gli esseri umani.<br />

Le lingue sono le realizzazioni concrete di questa facoltà: sono le strutture che attraverso questa facoltà si esplicano e si realizzano.<br />

Le lingue sono tante, sono diverse e subiscono dei cambiamenti nel corso del tempo, quindi non sono mai uguali a loro stesse.<br />

La <strong>linguistica</strong> è <strong>la</strong> disciplina che studia scientificamente il linguaggio, ma soprattutto le lingue; <strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> l. è <strong>la</strong> storia delle teorie<br />

che si sono succedute.<br />

STORIA DELLA LINGUISTICA<br />

La storia del<strong>la</strong> l. è una storia discontinua, non è lineare ed è molto giovane: <strong>la</strong> l. come disciplina scientifica inizia a svilupparsi nel 1900 e<br />

ha come antecedente gli studi comparativisti del<strong>la</strong> seconda metà dell’800 (<strong>la</strong> grammatica storica comparativa) che si sviluppano<br />

soprattutto in Germania. Si tratta di analisi dei mutamenti delle lingue: in un’ottica diacronica i comparativisti, mettendo a confronto<br />

le diverse lingue (ad es. il <strong>la</strong>tino con il greco, con il sanscrito, con le lingue germaniche, ecc.), cercavano di vedere se tra di esse<br />

esistevano delle corre<strong>la</strong>zioni o delle corrispondenze attraverso le quali poi formu<strong>la</strong>vano le teorie linguistiche – dal confronto tra <strong>la</strong>tino,<br />

greco, sanscrito, ecc., si è risaliti al<strong>la</strong> famiglia indoeuropea.<br />

Questo tipo di studio viene condotto da un punto di vista esclusivamente diacronico; dal 1900 in poi le lingue vengono invece analizzate<br />

da un punto di vista sincronico.<br />

La storia del<strong>la</strong> l. è discontinua, procede per salti, ripensamenti e capovolgimenti delle teorie precedenti, ma non si par<strong>la</strong> mai di<br />

“rivoluzioni” che stravolgono completamente tali teorie – vengono ribaltate, riformu<strong>la</strong>te, riprese successivamente ma mai stravolte –<br />

per cui non esiste un quadro teorico che possa essere sintetico e generale, quindi non è possibile fare una storia del<strong>la</strong> l. generalizzata<br />

come se fosse una parabo<strong>la</strong> continua, ma bisogna mettere a confronto ogni teoria con quelle precedenti.<br />

La storia del<strong>la</strong> l. del 1900 deve inevitabilmente partire da de Saussure, considerato il padre del<strong>la</strong> l. moderna; di lui ci è rimasto, oltre a<br />

scritti, lezioni, ecc., anche un Corso di <strong>linguistica</strong> generale, che non è stato scritto da lui, ma dai suoi studenti, il che lo rende,<br />

filologicamente, un testo molto problematico in quanto il contenuto può essere il frutto di reinterpretazioni da parte di alcuni suoi<br />

allievi che misero insieme appunti di lezioni di corsi diversi, quindi <strong>la</strong> successione degli argomenti trattati non è così come l’ha pensata<br />

de Saussure.<br />

FERDINAND DE SAUSSURE<br />

ØØ LINGUISTICA LINGUISTICA INTERNA INTERNA e e LINGUISTICA LINGUISTICA ESTERNA ESTERNA<br />

ØØ SEGNO SEGNO<br />

ØØ ARBITRARIETÀ<br />

ARBITRARIETÀ<br />

ØØ VALORE VALORE<br />

ØØ RELAZIONI RELAZIONI SINTAGMATICHE SINTAGMATICHE e e PARADIGMATICHE<br />

PARADIGMATICHE<br />

ØØ SISTEMA SISTEMA<br />

Ø GRAMMATICA GRAMMATICA (morfologia, sintassi e lessicologia)<br />

ØØ SEMIOLOGIA<br />

SEMIOLOGIA<br />

LINGUISTICA INTERNA<br />

LINGUISTICA ESTERNA<br />

Si par<strong>la</strong> di l. i. quando ci si riferisce al<strong>la</strong>’analisi interna del<strong>la</strong> lingua, cioè dei diversi livelli linguistici (morfologico, fonetico, sintattico,<br />

lessicale, semantico, ecc.)<br />

- 2 -


La l. e. è invece lo studio del<strong>la</strong> lingua in riferimento a fattori esterni (<strong>la</strong> società, <strong>la</strong> cultura); discipline come <strong>la</strong> geografia <strong>linguistica</strong>, <strong>la</strong><br />

socio<strong>linguistica</strong>, l’etno<strong>linguistica</strong> sono sottodiscipline del<strong>la</strong> l. e.<br />

SEGNO<br />

LINGUISTICO : è un elemento costituito da un significato e da un significante. Il significato è l’immagine mentale che ognuno di noi<br />

ha di un elemento del<strong>la</strong> realtà esterna. Il significante è il materiale fonico o grafico che corrisponde a quel significato. Significato e<br />

significante sono elementi individuabili, perché è possibile individuare da un <strong>la</strong>to il significato e dall’altro il significante, ma sono<br />

indivisibili; de Saussure dice che dobbiamo immaginare il segno come un foglio di carta di cui il significato è il verso e il significante è<br />

il recto: è possibile individuare il verso e il recto di un foglio di carta ma non è possibile separarli e così è per il segno linguistico dove<br />

significato e significante sono inscindibili.<br />

ARBITRARIETÀ :<br />

è <strong>la</strong> conseguenza del rapporto tra significato e significante che è arbitrario, cioè non c’è nessuna motivazione naturale per cui ad un<br />

determinato significato vada associato un determinato significante. Tuttavia l’arbitrarietà del segno deve essere comunque condivisa<br />

da tutti i par<strong>la</strong>nti di una comunità <strong>linguistica</strong>.<br />

Conseguenza dell’arbitrarietà è <strong>la</strong> differenza tra le lingue.<br />

Esistono però dei segni nei quali il rapporto tra significato e significante è motivato: per es. nelle onomatopee o nei numeri composti.<br />

VALORE : p e r<br />

capire questo concetto è necessario fare riferimento al<strong>la</strong> concezione che de Saussure ha del<strong>la</strong> lingua: <strong>la</strong> lingua per de Saussure è un<br />

sistema di segni<br />

SISTEMA :<br />

corrisponde ai vari livelli linguistici (<strong>la</strong> morfologia di un sistema, <strong>la</strong> fonologia di un sistema, ecc.). Ogni sistema è costituito da un<br />

insieme di segni.<br />

De Saussure dice però che <strong>la</strong> lingua non è un insieme di segni, ma un sistema di segni.<br />

La differenza tra sistema e insieme è che, sebbene in entrambi i casi si fa riferimento ad un gruppo di elementi, in un insieme essi non<br />

hanno un ordine ben preciso, può essere un insime raffazzonato di elementi che non hanno alcuna re<strong>la</strong>zione tra loro, ma sono messi<br />

insieme senza un motivo ben preciso; in un sistema i diversi elementi costitutivi si influenzano tra di loro e si uno di essi subisce un<br />

qualche cambiamento, di conseguenza, si modificheranno anche tutti gli altri, quindi in un sistema tali elementi sono in stretta<br />

re<strong>la</strong>zione l’uno con l’altro (es. il rapporto distintivo dei fonemi, anche se <strong>la</strong> teoria dei fonemi è successiva a de Saussure. Non è un<br />

concetto ancora definito, ma comunque presuppone le teorie saussuriane).<br />

RELAZIONI<br />

SINTAGMATICHE e PARADIGMATICHE : ogni segno linguistico ha determinati attributi (il segno non può essere associato<br />

unicamente al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>). Il segno linguistico è quello che noi chiamiamo morfema (es.: è un morfema perché dotato di un<br />

significato e di un significante, così come , così come .<br />

Le re<strong>la</strong>zioni sintagmatiche e paradigmatiche riguardano, facendo riferimento al concetto di valore, le re<strong>la</strong>zioni che si possono creare<br />

tra diversi segni linguistici. De Saussure dice che questi rapporti possono essere:<br />

Ø in presentia: un segno linguistico è influenzato dai segni linguistici vicini (es: il segno è influenzato da - non<br />

posso dire - perché veico<strong>la</strong> una determinata informazione grammaticale, che deve essere veico<strong>la</strong>ta anche<br />

dall’articolo). Queste sono le re<strong>la</strong>zioni sintagmatiche.<br />

Ø in absentia: un segno linguistico ouò essere associato ad altri segni linguistici che però non possono essere contigui<br />

(es.: “il libro” e “questo libro”, “il” e “questo” sono in re<strong>la</strong>zione paradigmatica perché se occorre “il” non può occorrere<br />

“questo”). Queste sono le re<strong>la</strong>zioni paradigmatiche. De Saussure non par<strong>la</strong> di re<strong>la</strong>zioni paradigmatiche ma di re<strong>la</strong>zioni<br />

associative.<br />

GRAMMATICA : per de Saussure è esclusivamente lo studio dei livelli morfologico e sintattico. Non viene<br />

coinvolta <strong>la</strong> né fonetica né <strong>la</strong> semantica perché , concentrandosi solo sullo studio dei segni, de Saussure focalizza l’attenzione sullo<br />

studio delle combinazioni dei segni come morfemi legati ,per <strong>la</strong> formazione delle parole, e le combinazioni dei morfemi liberi per <strong>la</strong><br />

formazione delle frasi.<br />

SEMIOTICA o SEMIOLOGIA: è lo studio dei segni, sia verbali sia non verbali.<br />

La l. è considerata una sottodisciplina del<strong>la</strong> semiotica che si occupa di un tipo partico<strong>la</strong>re di segni, ovverosia quelli verbali.<br />

- 3 -


In linea di massima non ci sono stati studiosi che hanno portato avanti le teorie di de Saussure perché tutte quelle successive si<br />

rifanno ai concetti saussuriani che nessuno mette in discussione; tuttavia non si possono individuare teorie ben precise che possono<br />

essere etichettate come propraiamente “saussuriane”.<br />

Dalle de Saussure si sviluppa <strong>la</strong> teoria dello struttralismo: i concetti di sistema, e quindi di struttura, diventano le basi di questa<br />

teoria che che non è limitata al<strong>la</strong> l., ma sconfina anche in altre discipline, ad es. <strong>la</strong> filosofia. Quindi l’influenza generale delle teorie di<br />

de Saussure è di carattere metodologico, perché il concetto di struttura, nello specifico, viene applicato anche ad elementi che sono<br />

diversi dal<strong>la</strong> lingua (per es. <strong>la</strong> società).<br />

In ambito linguistico, lo s., che si sviluppa sia a livello europeo che negli USA, si configura come teoria che si rifa a de Saussure.<br />

In partico<strong>la</strong>re, lo s. americano, pur prendendo le mosse da de Saussure, se ne allontana molto, a differenza dello s. europeo che invece<br />

rimane profondamente legato a de Saussure.<br />

STRUTTURALISMO AMERICANO<br />

Nel 1924 nasce <strong>la</strong> Linguistic Society of America che darà vita al<strong>la</strong> rivista “Language”. I principali esponenti del<strong>la</strong> LSA e quindi dello s.<br />

americano sono: Boas, Sapir, Whorf e Bloomfield.<br />

Lo s. americano viene influenzato dallo s. europeo perché tutti questi studiosi sono stati a stretto contatto con l’Europa (per es.<br />

Bloomfield ha studiato a Lipsia con i conparativisti; Boas e Sapir sono nati in Europa); ciò vuol dire che le due correnti non vanno viste<br />

come separate l’una dall’altra: questi studiosi partono dalle teorie linguistiche che nascono in Europa per poi svilupparne di proprie che<br />

le superino.<br />

Per capire Boas, Sapir e Whorf bisogna fare riferimento agli studi delle lingue degli Indiani d’America – <strong>la</strong> situazione americana è<br />

molto diversa da quel<strong>la</strong> europea: non esiste solo l’inglese ma anche altre lingue, quelle appunto dei nativi americani.<br />

Boas, Sapir e Whorf cercano di entrare a stretto contatto con le popo<strong>la</strong>zioni indiane, di apprenderne le lingue e poi di studiarle, dal<br />

momento che di queste lingue non esistono delle grammatiche, per cui il linguisti sono liberi, attraverso l’osservazione diretta, di<br />

crearne essi stessi, che spieghino <strong>la</strong> struttura di questi codici. Quindi per capire questi tre studiosi bisogna tenere a mente l’interesse<br />

che nasce in America nel<strong>la</strong> I metà del ‘900 verso queste lingue che sono totalmente diverse dalle nostre (inglese, francese, italiano,<br />

ecc.). da questo punto di vista si sviluppa una concezione del<strong>la</strong> lingua come elemento fortemente connesso con <strong>la</strong> società: secondo lo s.<br />

a. <strong>la</strong> lingua è profondamente connessa con le condizioni socio-ambientali ed è quindi influenzata dal<strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> esterna. Questa è<br />

un’innovazione rispetto alle teorie precedenti nelle quali viene privilegiata <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> interna rispetto al<strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> esterna. Di<br />

conseguenza <strong>la</strong> l. viene sempre associata all’antropologia, dando vita a nuove discipline - ad es. <strong>la</strong> sociologia delle lingue – nelle quali <strong>la</strong><br />

lingua viene vista in re<strong>la</strong>zione con <strong>la</strong> società in cui viene par<strong>la</strong>ta.<br />

In questo clima culturale si sviluppa <strong>la</strong> cosiddetta IPOTESI SAPIR-WHORF (ormai superata) che si basa sul<strong>la</strong> connessione tra l.,<br />

realtà e lingua. Tale connessione, tra lingua e società, tra lingua e cultura e tra lingua e ambiente, si estremizza diventando<br />

DETERMINISMO : l’ambiente, <strong>la</strong> società vengono determinati dal<strong>la</strong> lingua, <strong>la</strong> visione che ognuno di noi ha del<strong>la</strong> realtà è determinata<br />

dal<strong>la</strong> lingua, ognuno di noi vede il mondo circostante in base al<strong>la</strong> lingua che par<strong>la</strong>.<br />

Es.: Sapir e Whorf hanno studiato l’Hopi e si accorsero che i nomi venivano divisi in sostantivi animati e sostantivi inanimati e<br />

che tra i primi inserivano anche le nuvole e i sassi. Secondo i due studiosi per gli Hopi le nuvole e i sassi sono esseri animati. Altri<br />

linguisti risposero prendendo in considerazione altre società dove i nomi sono divisi in femminili e maschili e tra i primi vi è <strong>la</strong> pietra<br />

mentre tra i secondi il tavolo; ma ciò non vuol dire che <strong>la</strong> pietra è considerata di sesso femminile, così come il tavolo non è considerato<br />

di sesso maschile.<br />

Quindi Boas, Sapir e Whorf facevano confusione tra le categorie linguistiche e le categorie biologiche, infatti oggi Ipotesi Sapir-<br />

Whorf è superata; nessuno fa più riferimento a questa concezione deterministica del<strong>la</strong> realtà.<br />

All’interno dello s. a. si sviluppano alte teorie che sono sistematizzate da Bloomfield in un libro del 1933, “Language”. Bloomfield studia<br />

in Europa, quindi conosce bene tutte le teorie linguistiche precedenti e <strong>la</strong> sua massima aspirazione è fare con <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> sincronica<br />

quello che i comparativisti hanno fatto con <strong>la</strong> <strong>linguistica</strong> diacronica: come questa è stata sistematizzata scientificamente, così<br />

Bloomfield vuole ordinare e trattare scientificamente <strong>la</strong> l. sincronica.<br />

All’epoca l’interesse per <strong>la</strong> sincronia non si era ancora sviluppato; è con de Sassure che <strong>la</strong> lingua viene studiata privilegiando il punto di<br />

vista sincronico rispetto a quello diacronico.<br />

Bloomfield si schiera con i comparativisti ma allo stesso tempo è influenzato dallo strutturalismo di de Saussure; quindi questi due<br />

elementi si congiungono nel<strong>la</strong> sua massima ambizione.<br />

La teoria di Bloomfield è di carattere strutturalista, ma al contempo fa riferimento anche al COMPORTAMENTISMO-<br />

MECCANICISMO. Bloomfieldè fermamente convinto che <strong>la</strong> lingua vada osservata direttamente: di fondamentale importanza per lo<br />

studio di una lingua è l’osservazione concreta dei fatti linguistici e, attraverso dei procedimenti induttivi si può risalire a delle regole;<br />

si tratta quindi di un metodo empirista.<br />

Bloomfield dice:<br />

- 4 -


«La scienza deve trattare solo eventi accessibili nel loro tempo e luogo ad ogni e qualsiasi osservatore o solo eventi che si<br />

pongono nelle coordinate di tempo e spazio»<br />

solo ciò che è osservabile, ciò che è control<strong>la</strong>bile in un luogo e in un tempo ben precisi può essere studiato. Secondo Bloomfield il<br />

linguista deve osservare il comportamento verbale, da cui il nome di comportamentismo.<br />

Bloomfield viene influenzato anche dal positivismo che si sviluppa proprio in quel periodo; l’osservazione del comportamento verbale<br />

altro non è che l’osservazione dei rapporti stimolo-risposta, il MECCANICISMO: ogni comportamento umano è meccanico perché ad<br />

un determinato stimolo corrisponde una determinata risposta, cioè quando un essere umano riceve un dato stimolo, meccanicamente<br />

risponderà in un determinato modo (vedi es. di “Jake e Jill” in Rossini Favretti, pp. 31,32,33); quindi ogni comportamento verbale è una<br />

reazione ad un preciso stimolo proveniente dal<strong>la</strong> realtà.<br />

Osservando concretamente <strong>la</strong> realtà, si arriva ad un altro concetto, quello di CORPUS: è un insieme di dati linguistici che vengono poi<br />

sottoposti ad analisi. Secondo Bloomfield, dato che <strong>la</strong> realtà è l’unico elemento che si può osservare, descrivere e studiare, lo si può<br />

fare attraverso una raccolta di dati linguistici, il corpus.<br />

Ovviamente, non sono rilevanti i soli dati linguistici, ma anche il contesto in cui essi si realizzano; per cui diventa centrale anche il<br />

concetto di CONTESTO: quando si osserva un dato linguistico, esso non va iso<strong>la</strong>to, ma va visto all’interno del suo contesto (per es. per<br />

un morfema legato il suo contesto è <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, per un morfema libero il suo contesto è <strong>la</strong> frase).<br />

Bloomfield si occupa in partico<strong>la</strong>re di due livelli linguistici: fonologia e morfologia, escludendo, anche qui, <strong>la</strong> semantica. Bloomfield dice:<br />

«La definizione del significato è il punto debole dello studio del linguaggio»<br />

E il perché è abbastanza ovvio: mentre fonema e morfema sono facilmente rilevabili nel<strong>la</strong> realtà, il significato è qualcosa di più<br />

aleatorio che non sempre e non così facilmente può essere osservato.<br />

Considerare le forme morfemi e fonemi all’interno di contesti da vita al modello del DISTRIBUZIONALISMO: una volta individuato<br />

l’elemento linguistico, che può essere un morfema o un fonema, ne vengono definite le sue proprietà distribuzionaliste, il modo in cui<br />

questi due elementi si combinano fino a formarne altri di unità superiore<br />

Es.: <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> . Per individuare gli elementi costitutivi del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> si può fare riferimento ad altre parole: , ,<br />

, che costituiscono un corpus nel quale è l’elemento che rimane uguale mentre , e sono gli elementi che cambiano.<br />

Quindi come è indistribuzione con , così , e sono in distribuzione con . Ciò dimostra che è possibile<br />

individuare un determinato elemento mettendolo in re<strong>la</strong>zione con altri elementi - nel caso preso in esame è il fonema [i] con altri<br />

fonemi. Lo stesso procedimento va fatto con gli altri elementi costitutivi del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> .<br />

Il modello distribuzionalista si applica anche ai morfemi: si mette a confronto una paro<strong>la</strong> con un’altra e si vede se uno stesso morfema<br />

(per es. il suffisso ) ha <strong>la</strong> stessa distribuzione, ovverosia se si trova nello stesso contesto con parole diverse.<br />

NOAM CHOMSKY<br />

È con Chomsky che forse si può par<strong>la</strong>re di “rivoluzione” rispetto alle teorie precedenti, anche se non tutti sono d’accordo, dal momento<br />

che anche Chomsky prende le mosse proprie da quelle teorie.<br />

Nel 1957 esce il suo libro “Strutture sintattiche”.<br />

Nel 1976 pubblica un altro libro: “Linguistica cartesiana”.<br />

Questi due testi sono i punti di riferimento del<strong>la</strong> teoria <strong>linguistica</strong> e<strong>la</strong>borata da Chomsky, che prende il nome di GRAMMATICA<br />

GENERATIVO-TRASFORMAZIONALE.<br />

Mentre in passato di occupva di l. teorica, ora invece Chomsky è molto attivo nello studio dei meccanismi di comunicazione..<br />

Negli ultimi dieci anni ha scritto molti libri nei quali analizza, dal punto di vista sociale, i rapporti tra, per es., politica e comunicazione,<br />

mettendo in evidenza come <strong>la</strong> politica, il potere, possano influenzare le menti umane attraverso <strong>la</strong> comunicazione.<br />

GRAMMATICA INNATA E GRAMMATICA UNIVERSALE<br />

La grammatica è vista da Chomsky in maniera completamente diversa rispetto a Bloomfield e de Saussure: secondo Chomsky <strong>la</strong><br />

grammatica è un qualcosa di innato, è una competenza presente dentro di noi da sempre es è un elemento costitutivo dell’essere<br />

umano, cioè ognuno di noi possiede dentro di sé <strong>la</strong> capacità di utilizzare <strong>la</strong> lingua. Poi questa facoltà si sviluppa in modi diversi, a<br />

seconda del<strong>la</strong> lingua con <strong>la</strong> quale il bambino entra in contatto nell’infanzia. Ma dal momento che tale capacità non si acquisisce, ma è<br />

presente dentro ognuno di noi in quanto esseri umani, essa è universale, non è differenete tra un popolo e un altro, tra un par<strong>la</strong>nte di<br />

una lingua e un par<strong>la</strong>nte di un’altra lingua, ma è universale proprio perché innata.<br />

La grammatica innata e universale è <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> lingua interiorizzata, ma è anche <strong>la</strong> descrizione <strong>linguistica</strong> di queste struttre che<br />

sono presenti in ogni par<strong>la</strong>nte. Questa è <strong>la</strong> differenza tra Bllomfield e Chomsky: mentre il primo osservava i fatti linguistici reali,<br />

quindi studiava <strong>la</strong> lingua dall’esterno, il secondo osserva <strong>la</strong> lingua dall’interno, <strong>la</strong> lingua presente nelle nostre menti; e <strong>la</strong> grammatica<br />

innata altro non è che <strong>la</strong> nostra competenza, sia grammaticale che pragmatica.<br />

- 5 -


La COMPETENZA GRAMMATICALE è <strong>la</strong> nostra capacità di utilizzare i diversi livelli di analisi – morfologico, sintattico, fonologico.<br />

La COMPETENZA PRAGMATICA riguarda invece il rapporto tra lingua ed uso, ovverosia <strong>la</strong> capacità di un par<strong>la</strong>nte di utilizzare <strong>la</strong><br />

lingua in un determinato contesto.<br />

L’idea del<strong>la</strong> competenza innata risale a Cartesio – ecco perché “Linguistica cartesiana” – quindi torna indietro, supera Bloomfield,<br />

ribaltandone le teorie, rifacendosi però anch’egli a de Saussure.<br />

COMPETENZA GRAMMATICALE<br />

Tra le competenze grammaticali presenti nell’uomo, quel<strong>la</strong> predominante è <strong>la</strong> competenza sintattica, segue quel<strong>la</strong> fonologica ed infine<br />

quel<strong>la</strong> semantica.<br />

È stato sempre rimproverato alle teorie chomskyane di aver sviluppato solo il ivello sintattico, e in effetti <strong>la</strong> grammatica generativotrasformazionale<br />

parte dal livello sintattico: ognuno di noi ha dentro di sé una struttura profonda, una struttura di base attraverso <strong>la</strong><br />

quale riesce a formare frasi; quindi questa struttura si reallizza concretamente nelle frasi che poduciamo, pronunciamo e riusciamo a<br />

comprendere.<br />

Chomsky parte da una domanda: come è possibile che un essere umano, pur non memorizzando tutte le frasi, riesca sempre a produrne<br />

e a comprenderne di nuove?<br />

La risposta risiede nel<strong>la</strong> grammatica innata, cioè nel<strong>la</strong> capacità di strutturare delle frasi a partire da una struttura profonda –<br />

ovviamente le strutture profonde devono essere poche, ridotte al minimo e uguali per tutte le lingue.<br />

Lo studio del<strong>la</strong> l. consiste nello studio del<strong>la</strong> generazione delle frasi, ecco perché grammatica generativa.<br />

Poi il passaggio dal<strong>la</strong> struttura profonda al<strong>la</strong> struttura superficiale avviene attraverso delle trasformazioni: si può passare da una<br />

struttura di base, che è uguale per tutti, a diverse strutture superficiali; ecco perché grammatica generativo-trasformazionale.<br />

Quindi <strong>la</strong> sintassi è al primo posto; <strong>la</strong> morfologia viene considerata una componenete del<strong>la</strong> sintassi – come le parole si combinano per<br />

formare frasi, così i morfemi si combinano tra loro per formare parole – e <strong>la</strong> fonologia e <strong>la</strong> semantica sono complementari, nel senso<br />

che quando si producono delle frasi, lo si fa fonologicamente realizzando suoni concreti, e semanticamente associando quelle parole a<br />

dei significati.<br />

Quindi le differnze tra Bloomfield e Chomsky sono immense: mentre Bloomfield partiva dal<strong>la</strong> realtà concreta, Chomsky si chiede cosa<br />

ci sia nelle mente di un par<strong>la</strong>nte nativo; Bloomfiled guarda <strong>la</strong> lingua dall’esterno, mentre Chomsky dall’interno; il concetto di<br />

grammatica assume posizioni diverse perché mentre in Bloomfield è secondaria, nelle teorie di Chomsky ha un ruolo centrale; infine,<br />

mentre per Bloomfield <strong>la</strong> grammatica è descrittiva, per Chomsky è un modo attraverso il quale si può fornite una spiegazione sulle<br />

forme delle lingue e sui mezzi che un par<strong>la</strong>nte utilizza per realizzare quelle forme.<br />

12 – 4 - <strong>2011</strong><br />

- Sgroi, cap. 3<br />

I concetti di grammatica, norma, regole, errore e uso vengono definiti all’interno dei dizionari.<br />

ERRORE<br />

Quando una determinata paro<strong>la</strong>, struttura, forma, pronunica possono essere considerati errori?<br />

L’errore può essere considerato tale dal punto di vista socio-linguistico, formale e comunicativo.<br />

Dal punto di vista socio-linguistico, le forme popolori possono essere considerati errori perché utilizzate da par<strong>la</strong>nti che<br />

hanno appreso l’italiano come seconda lingua;<br />

Dal punto di vista comunicativo; se <strong>la</strong> comunicazione non arriva al destinatario.<br />

Nelle grammatiche non viene data una definizione di errore in base al<strong>la</strong> quale poi è possibile considerare le diverse foeme come errori,<br />

ma vine detto in modo prescrittivo ciò che si può dire e ciò che non si può dire, ma non viene mai spiegato il perché o, se viene<br />

spiegato, le spiegazioni sono incoerenti e contrastano con l’uso, dal momento che quelle forme vengono usate dai pr<strong>la</strong>nti, sia incolti che<br />

colti; quindi c’è una discrasia tra ciò che dicono le grammatiche e quello che succede nel<strong>la</strong> realtà; ciò vuol dire che il concetto di<br />

“errore” è un concetto incoerente nelle grammatiche e nei dizionari.<br />

Lo Zingarelli riporta una lista di parole, sintagmi e frasi che vengono considerati errati; accanto al<strong>la</strong> forma errata viene scritta <strong>la</strong><br />

forma corretta. È un elenco di 103 errori più frequenti secondo i compi<strong>la</strong>tori dello Zingarelli nello scritto e nel par<strong>la</strong>to italiano.<br />

Accanto a queste 103 forme i compi<strong>la</strong>tori ne suggeriscono altre: oltre le forme corrette, anche quelle più diffuse – e non scorrette – e<br />

forme più corrette o ricercate ed infine quelle preferite.<br />

- 6 -


ERRORI DI TIPO GRAFICO-FONETICO<br />

Corretto Errato<br />

Conoscenza Conoscienza<br />

Coscienza Coscienza<br />

Eccezionale Eccezionale<br />

Efficienza Efficienza<br />

COSCIENZA/CO<br />

SCENZA: La ragione per cui alcuni par<strong>la</strong>nti scrivono è perché adattano <strong>la</strong> grafia al<strong>la</strong> fonia, senza <strong>la</strong> [i], mentre <strong>la</strong> forma<br />

è <strong>la</strong> forma etimologica perché in <strong>la</strong>tino era con <strong>la</strong> [i] (in De Mauro: etimo dal <strong>la</strong>t. conscientiam, der. di consciens –entis) e<br />

per questo è considerata <strong>la</strong> forma corretta dai compi<strong>la</strong>tori dello Zingarelli.<br />

Il punto è capire se è una forma errata o meno, perché in questo caso il concetto di errore è ciò che si allontana dal<strong>la</strong> forma<br />

etimologica, mentre secondo <strong>la</strong> nostra definizione di errore questa forma sarebbe errata solo se venisse usata dai par<strong>la</strong>nti colti – non<br />

è un errore comunicativo perché, che si scriva o , si capisce di cosa si sta par<strong>la</strong>ndo; allora bisogna capire se si<br />

tratta di un errore socio-linguistico: si cerca nel<strong>la</strong> letteratura e se fosse una forma utilizzata non si potrebbe par<strong>la</strong>re di errore; in<br />

caso contrario va considerata errore. Un riferimento è <strong>la</strong> LIZ (Letteratura Italiana Zanichelli), un CD-ROM in cui è raccolta buona<br />

parte dei testi del<strong>la</strong> letteratura italiana; in questo caso ci sono solo tre attestazioni di , quindi può essere considerata una<br />

forma errata e <strong>la</strong> nostra definizione di errore collima con quel<strong>la</strong> dei compi<strong>la</strong>tori dello Zingarelli.<br />

CONOSCENZA/C<br />

ONOSCIENZA: La forma corretta è perché è <strong>la</strong> forma etimologica e quel<strong>la</strong> errata è . Un’ipotesi sul perchè<br />

è che nel<strong>la</strong> mente del par<strong>la</strong>nte scatta l’associazione con . anche in questo caso si cerca un riscontro nell’uso dei par<strong>la</strong>nti colti,<br />

nel<strong>la</strong> LIZ: ci sono solo tre attestazioni, per cui <strong>la</strong> grafia si può considerare errata.<br />

ECCEZIONALE/<br />

ECCEZZIONALE: Secondo lo Zingarelli è <strong>la</strong> forma corretta perchè è <strong>la</strong> forma etimologica. Una spiegazione è che, dal<br />

momento che normalemente in italiano l’affricata in posizione intervocalica è geminata, il par<strong>la</strong>nte adatta <strong>la</strong> grafia al<strong>la</strong> fonia. Nel<strong>la</strong> LIZ<br />

non c’è nessuna attestazione, quindi questa forma è da considerarsi errata.<br />

EFFICIENZA/EF<br />

FICENZA: <strong>la</strong> forma corretta è <strong>la</strong> forma perché è <strong>la</strong> forma etimologica; <strong>la</strong> forma si spiega come ,<br />

cioè con l’adattamento del<strong>la</strong> grafia al<strong>la</strong> fonia.<br />

Corretta Preferita<br />

Obbiettivo Obiettivo<br />

OBBIETTIVO/O<br />

BIETTIVO: scondo lo Zingarelli òa forma corretta è quel<strong>la</strong> con due occlusive, mentre <strong>la</strong> forma preferita, cioè quel<strong>la</strong> più usata<br />

(probabilmente dai par<strong>la</strong>nti colti), è quel<strong>la</strong> con una occlusiva, nonostante <strong>la</strong> prima sia <strong>la</strong> forma etimologica. Nel<strong>la</strong> LIZ ci sono 18 esempi<br />

con due occlusive e 16 con una occlusiva.<br />

Si tratta di una variazione regionale: mentre i par<strong>la</strong>nti dell’Italia meridionale tendono a geminare le occlusive in posizione intervocalica<br />

(e anche in posizione iniziale; es: [lɑˈɖːoʈʃːiɑ]), <strong>la</strong> forma con una [b] è tipica delle varietà regionali del nord; quindi il fatto che <strong>la</strong> forma<br />

con una [b] sia quel<strong>la</strong> preferita è per allontanarsi da una forma che potrebbe ricordare il siciliano; quindi per iper-correttismo. In<br />

questo caso non si tratta di un errore, ma è solo una questione di varietà.<br />

Più corretta Più diffusa<br />

Harakiri Karakiri<br />

HARAKIRI/KAR<br />

AKIRI: per lo Zingarelli <strong>la</strong> forma più corretta è quel<strong>la</strong> con l’[h] iniziale perché è <strong>la</strong> forma etimologica ed è quel<strong>la</strong> che si avvicina di più<br />

al<strong>la</strong> forma giapponese. Lo Zingarelli dice che <strong>la</strong> variante più diffusa è quel<strong>la</strong> con <strong>la</strong> [k] iniziale. Probabilmente il par<strong>la</strong>nte adatta <strong>la</strong><br />

grafia al<strong>la</strong> fonia. Nel<strong>la</strong> LIZ c’è un solo esempio con l’[h]. Oltre <strong>la</strong> LIZ, un altro strumento per vedere l’attestazione presso i par<strong>la</strong>nti<br />

colti è “Il Domenicale” del Sole 24 ore. Nel Domenicale 17 testi riportano <strong>la</strong> forma con l’[h].<br />

- 7 -


Corretto Errato<br />

Caltanissetta Caltanisetta<br />

Machiavelli Macchiavelli<br />

Appropriato Appropiato<br />

CALTANISSETT<br />

A/CALTANISETTA: <strong>la</strong> forma corretta è perché è <strong>la</strong> forma etimologica. La pronuncia non dipende dal<strong>la</strong><br />

varietà regionale perché di solito <strong>la</strong> fricativa non viene raddoppiata.<br />

È una paro<strong>la</strong> pentasil<strong>la</strong>bica; in italiano <strong>la</strong> maggior parte delle parole bisil<strong>la</strong>biche, al massimo trisil<strong>la</strong>biche, che quindi hanno un solo<br />

accento. è una paro<strong>la</strong> lunga che ha visogno di un accento secondario: l’accento primario cade sul<strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba –se- che è <strong>la</strong><br />

sil<strong>la</strong>ba forte, quindi è una paro<strong>la</strong> piana; poi c’è un accento secondarioche è un po’ più debole rispetto a quello primarioche cade sul<strong>la</strong><br />

sil<strong>la</strong>ba Ca-; il par<strong>la</strong>nte marca <strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba Ca- e <strong>la</strong> sil<strong>la</strong> –se-. Dato che le parole prototipiche dell’italiano sono bisil<strong>la</strong>biche o trisil<strong>la</strong>biche<br />

con un solo accento, è come se [caltanissetta] venisse suddivisa in due parole prototipiche: [caltani] e [ssetta]. Ora però [ssetta] non<br />

sarebbe una paro<strong>la</strong> possibile in italiano (con due fricative iniziali); di conseguenza il par<strong>la</strong>nte pronuncia [caltani] e [setta].<br />

MACHIAVELLI/<br />

MACCHIAVELLI: <strong>la</strong> forma corretta è perché è <strong>la</strong> forma etimologica. Anche in questo caso non è questione di varietà<br />

regionale perché non esistono forme con una occlusiva sorda. La ragione sta nel fatto che è una paro<strong>la</strong> plurisil<strong>la</strong>bica – quattro sil<strong>la</strong>be –<br />

e l’accento primariocade sul<strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba –ve- e l’accento secondario sul<strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba ma- e anche in questo caso si vengono a formare due<br />

parole: [machia] e [velli]. In italiano non esistono parole con <strong>la</strong> stringa [machia], quindi il par<strong>la</strong>nte per analogia associa <strong>la</strong> pronuncia a<br />

parole che conosce, cioè [macchia]: in –achia non esiste nessuna paro<strong>la</strong>, mentre in –acchia, -ecchia e –icchia ci sono 22 parole in<br />

italiano, per cui il par<strong>la</strong>nte associa per analogia quel<strong>la</strong> pronuncia ad altre che conosce.<br />

APPROPRIATO/<br />

APPROPIATO: in questo caso <strong>la</strong> forma errata dipende dal<strong>la</strong> varietà regionale (es: noi siciliani diciamo [propriu] e non [propriu]). Nel<strong>la</strong><br />

LIZ non ci sono attestazioni, nel Sole 24 ore ci sono 28 esempi di , contri i circa 400 esempi di . Quindi <strong>la</strong><br />

variante è una variante popo<strong>la</strong>re.<br />

Più frequente Corretto<br />

Soprattutto Soprattutto<br />

Cosiddetto Cosidetto<br />

Cosiffatto Cosifatto<br />

SOPRATTUTTO/<br />

SOPRATTUTTO: è <strong>la</strong> forma corretta perche è <strong>la</strong> forma etimologica, ma quel<strong>la</strong> più frequente è perché è<br />

un adattamento del<strong>la</strong> grafia al<strong>la</strong> fonia, perché si ha il raddoppiamento fonosintattico: sono due parole dove non ha l’ultima<br />

sil<strong>la</strong>ba accentata ed è seguita da tutto dove <strong>la</strong> dentale iniziale si raddoppia e quindi <strong>la</strong> pronuncia nelle varietà meridionali è<br />

[soprattutto] e <strong>la</strong> grafia è un adattamento al<strong>la</strong> fonia.<br />

COSIDDETTO/COSIDETTO e COSIFFATTO/COSIFATTO: avviene <strong>la</strong> stessa cosa di /: le<br />

forme etimologiche, quindi quelle corrette, sono e , ma le forme più diffuse sono quelle con due occlusive e due<br />

frivative geminate per raddoppiamento fonosintattico.<br />

Corretto<br />

Aeroporto Areoporto Aereoporto<br />

AEROPORTO/AR<br />

EOPORTO/AEREOPORTO: <strong>la</strong> forma corretta è perché è <strong>la</strong> forma etimologica, areo- + porto, quindi è un composto<br />

neoc<strong>la</strong>ssico formato da un morfema libero che è e un confisso 1 che è areo-. Alcuni par<strong>la</strong>nti pronunciano [areoporto] l’associano<br />

probabilmente ad aria (areo-/aria). Nel<strong>la</strong> LIZ non c’è nessuna attestazione.<br />

Alcuni par<strong>la</strong>nti invece pronunciano [aereoporto] per l’associazione tra aero- e aereo, facendolo diventare da composto neoc<strong>la</strong>ssico un<br />

composto “italiano”.<br />

1 Un confisso è un morfema dotato di tre caratteristiche: 1) è un morfema legato; 2) deriva da una lingua c<strong>la</strong>ssica; 3) ha un autonomo significato lessicale. I confissi<br />

formano i cd. composti neoc<strong>la</strong>ssici.<br />

- 8 -


ERRORI PROSODICI (errori di accentazione)<br />

Ovviamente gli errori prosodici sono difficili da documentare all’interno dei testi scritti, a meno che non ci siano scritti gli accenti.<br />

Corretto Errato<br />

Bolscevìco Bolscèvico<br />

BOLSCEVÌCO/B<br />

OLSCÈVICO: <strong>la</strong> forma corretta, in quanto forma etimologica, è “bolscevìco”. La pronuncia “bolscèvico” si spiega con <strong>la</strong> pressione<br />

paradigmatica: se si consulta un dizionario inverso 2 si può notare che delle parole in –ico in italiano solo l’1% è costituito da parole<br />

piane, cioè con l’accento sul<strong>la</strong> penultima sil<strong>la</strong>ba (es. mendìco, pudìco, beccafìco, ecc.), mentre il restante 99% è costituito da parole<br />

sdrucciole (es. accadèmico, acrìlico, acùstico, ecc.) per cui il par<strong>la</strong>nte ha in mente <strong>la</strong> pronuncia sdruccio<strong>la</strong>; ecco perché pronuncia<br />

“bolsèvico” invece di “bolscevìco”, per pressione paradigmatica.<br />

Corretto Più diffuso<br />

Mi sbellìco Mi sbèllico<br />

Èureka Eurèka<br />

Salubre Salùbre<br />

Persuadère/Dissuadère Persuàdere/Dissuàdere<br />

MI<br />

SBELLÌCO/MI SBÈLLICO: anche in questo caso per pressione paradigmatica, sebbene <strong>la</strong> forma corretta perché etimologica sia “mi<br />

sbellìco”, <strong>la</strong> forma “mi sbèllico” è quel<strong>la</strong> più diffusa, anche tra i par<strong>la</strong>nti colti.<br />

ÈUREKA/EURÈK<br />

A: “èureka” è <strong>la</strong> forma etimologica quindi è quel<strong>la</strong> corretta; ci sono però alcuni par<strong>la</strong>nti che pronunciano “eurèka”, anche in questo caso<br />

per pressione paradigmatica (es. bachèca, bibliotèca, emerotèca, discotèca, ecc.): <strong>la</strong> maggio parte delle parole che finiscono in –eca<br />

sono parole piane.<br />

SÀLUBRE/SALÙ<br />

BRE: <strong>la</strong> forma etimologica è “salùbre”, quindi è quel<strong>la</strong> corretta, ma <strong>la</strong> forma più diffusa è “sàlubre” per pressione paradigmatica; ci<br />

sono parole come ad es. “lùgubre” che sono sdrucciole.<br />

PERSUADÈRE/PE<br />

RSUÀDERE E DISSUADÈRE/DISSUÀDERE: le forme corrette sono “persuadère” e “dissuadère” che sono le forme etimologiche. Il<br />

par<strong>la</strong>nte dice “persuàdere” e “dissuàdere”, che sono forme popo<strong>la</strong>ri del<strong>la</strong> varietà diastatica bassa, perché <strong>la</strong> maggior parte delle parole<br />

che finiscono in –dere (es. “accendère”, “alludère”, “ascendère”, “chiudère”, ecc.) sono sdrucciole; quindi anche in questo caso per<br />

pressione paradigmatica.<br />

14-4-<strong>2011</strong><br />

Lo Zingarelli prende in considerazione gli errori: alcuni sono tali in quanto forme utilizzate nelle varietà popo<strong>la</strong>ri, altri sono forme che<br />

si possono spiegare in modo diverso e alcuni riguardano <strong>la</strong> contraddizione tra fonia e grafia – vengono scritte delle forme non<br />

etimologiche perché più vicine al<strong>la</strong> fonia – e questa è una prima tipologia di errori.<br />

La seconda tipologia di errori è quel<strong>la</strong> degli errori prosodici, cioè gli errori re<strong>la</strong>tivi all’accentazione.<br />

La prosodia è una sottodisciplina del<strong>la</strong> fonologia e del<strong>la</strong> fonetica che si occupa dei tratti soprasegmentali:<br />

FREQUENZA, cioè l’intonazione: ci sono lingue nelle quali le differenze fonematiche sono veico<strong>la</strong>te dall’intonazione;<br />

DURATA (vocali lunghe e vocali brevi, come ad es. in <strong>la</strong>tino);<br />

INTENSITÀ: in italiano si ha nel caso delle sil<strong>la</strong>be accentate.<br />

Quindi quando si par<strong>la</strong> di errori prosodici in italiano ci si riferisce agli errori di accentazione.<br />

2 I dizionari inversi sono dizionari nei quali le parole sono disposte in ordine alfabetico ma a partire dall’ultimo suono, dall’ultima lettera. Inoltre non vengono date le<br />

definizioni delle parole.<br />

- 9 -


Corretto Errato<br />

Baùle Bàule<br />

Nùoro Nuòro<br />

Cosmopolìta Cosmopòlita<br />

BAÙLE/BÀULE:<br />

“baùle” è <strong>la</strong> forma corretta perché è <strong>la</strong> forma etimologica; “bàule” è una forma attestata e si motiva facendo riferimento ad –au- che è<br />

un dottongo 3 nel<strong>la</strong> forma errata. Nel<strong>la</strong> forma “baùle”, <strong>la</strong> u è accentata, quindi non è un dittongo, ma uno iato 4 hce da luogo ad una paro<strong>la</strong><br />

trisil<strong>la</strong>bica: ba-ù-le. Ora <strong>la</strong> maggior parte delle parole in italiano che hanno il nesso au- sono parole con dittongo, di conseguenza il<br />

par<strong>la</strong>nte avvicina <strong>la</strong> pronuncia alle altre parole dell’italiano che conosce e quindi pronuncia un dittongo, dando luogo ad una paro<strong>la</strong><br />

bisil<strong>la</strong>bica.<br />

NÙORO/NUÒRO<br />

: è lo stesso tipo di errore di baùle/baùle;“Nùoro” è <strong>la</strong> forma etimologica, “Nuòro” è una forma attestata anche nei par<strong>la</strong>nti colti.<br />

COSMOPOLÌTA/<br />

COSMOPÒLITA: “cosmopòlita” è attestata anche nei par<strong>la</strong>nti colti, ma <strong>la</strong> pronuncia corretta è “cosmopolìta” perché è <strong>la</strong> forma<br />

etimologica. Per spiegare questo tipo di errore bisogna ricorrere al concetto di “piede” ( dattilo, anapestro, <br />

trocheo e giambo): il piede è un insieme di sil<strong>la</strong>be. In <strong>la</strong>tino le sil<strong>la</strong>be si alternavano in “sil<strong>la</strong>be brevi” e “sil<strong>la</strong>be lunghe” e tramite<br />

<strong>la</strong> combinazione delle sil<strong>la</strong>be si avevano diversi tipi di piedi. In italiano invece, nel<strong>la</strong> combinazione delle sil<strong>la</strong>be, una deve essere<br />

necessariamente accentata, quindi non si fa più riferimento al<strong>la</strong> lunghezza, ma al<strong>la</strong> intensitò. In italiano si possono avere diverse<br />

combinazioni di sil<strong>la</strong>be che costituiscono il piede, in cui una deve essere accentata ed è chiamata “sil<strong>la</strong>ba forte” ed è preceduta o<br />

seguita da sil<strong>la</strong>be non accentate dette “sil<strong>la</strong>be deboli”.<br />

Un piede può essere costituito da:<br />

Ø sf: una so<strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba forte ] “giù”; 5<br />

Ø sd: una so<strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba debole ]”là”: è atono e <strong>la</strong> pronuncia è legata – [ʎɑˈkɑsɑ]; 6<br />

Ø sf + sd ] “casa” è formata da due sil<strong>la</strong>be dove <strong>la</strong> prima, ca-, è <strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba forte perché è accentata – e questo è il<br />

piede prototipico dell’italiano, con testaa destra, dove con testa si intende <strong>la</strong> sf.<br />

Ø sd + sf ] “città” [ʈʃiʈˈʈɑ], dove <strong>la</strong> sil<strong>la</strong>ba accentata è <strong>la</strong> seconda;<br />

Ø sf + sd +sd ] “battito [‘bɑʈʈiʈo];<br />

Ø sd + sd + sf ] “finirò [fini’ro].<br />

Ora, “cosmopolìta” [ˌkosmopo’lita] è un composto neoc<strong>la</strong>ssico, costituto da cosmo- e –polita.<br />

Bisogna considerare queste due parole come se fossero due: <strong>la</strong> prima è “cosmo” che è costituita da sf + sd e quindi è un piede<br />

prototipico dell’italiano, <strong>la</strong> seconda è “pòlita”, formata da sf + sd + sd, entrambi piedi rego<strong>la</strong>ri, dal momento che “cosmopolìta” è<br />

formato invece da tre piedi, “cosmo” (sf + sd), “po” (sd) e “lita” (sf + sd), dove però “po” è degenere in quanto atono.<br />

ERRORI DI PRONUNCIA (SEGMENTALE)<br />

Un altro tipo di errore è quello che del<strong>la</strong> pronuncia che però non fa riferimento al<strong>la</strong> fonetica.<br />

Corretto Errato<br />

Peronospora Peronospera<br />

Meteorologia Metereologia<br />

PERONOSPORA/<br />

PERONOSPERA: “peronospora” è <strong>la</strong> forma etimologica quindi quel<strong>la</strong> corretta. Il par<strong>la</strong>nte pronncia “peronospea” per<br />

DISSIMIAZIONE, cioè ci sono troppe sil<strong>la</strong>be con «o» vicine.<br />

METEOROLOGI<br />

A/METEREOLOGIA: <strong>la</strong> forma etimologica è “meteorologia”. Nel<strong>la</strong> LIZ ci sono 2 esempi di “metereologia”, quindi <strong>la</strong> si può considerare<br />

3 Il dittongo è l’unione di una vocale e di una semiconsonante e fanno parte di un’unica sil<strong>la</strong>ba e <strong>la</strong> semiconsonante non è accentata.<br />

4 Lo iato è l’incontro di due o più vocali che fanno parte di sil<strong>la</strong>be distinte, dove <strong>la</strong> semiconsonante è accentata e quindi non formano dittongo.<br />

5 e 6 Sono i piedi meno prototipi dell’italiano e si chiamano “PIEDI DEGENERATI”.<br />

6<br />

- 10 -


una forma popo<strong>la</strong>re. Il par<strong>la</strong>nte pronuncia “metereolgia” perché in italiano non esistono parole con <strong>la</strong> stringa «eoro», mentre esiste <strong>la</strong><br />

stringa «ereo» (“stereo”, “etereo”); quindi il par<strong>la</strong>nte avvicina <strong>la</strong> pronuncia a parole che conosce, quindi per pressine paradigmatica.<br />

ERRORI ORTOGRAFICI<br />

Corretto Errato<br />

È/Cioè É/Cioé<br />

Dà/Dì/Sì Da/Di/Si<br />

Egli fa/Egli sta Egli fà/Egli stà<br />

Rossoblù/lLasssù Rossoblu/Lassu<br />

Un po’/A mo’ Un po’/A mò<br />

Qual è Qual’è<br />

Un amico Un’amico<br />

È/È-<br />

CIOÈ/CIOÉ: nel<strong>la</strong> forma errata l’accento è acuto, cioè <strong>la</strong> “é” è chiusa, mentre nel<strong>la</strong> forma corretta l’accento è grave, cioè <strong>la</strong> “è” è<br />

aperta. Questo tipo di errore può essere considerato tale solo per i toscani, cioè in quelle varietà regionali nelle quali c’è differenza<br />

tra vocale aperta e vocale chiusa. Nel<strong>la</strong> nostra varietà regionale tale differenza non c’è per cui non può essere considerato un errore.<br />

EGLI FA/EGLI<br />

FA-EGLI STA/EGLI STÀ: le forme con l’accento sono considerate errate perché non è un accento di paro<strong>la</strong> ma di frase: [ɛʎiˈʋa].<br />

questo sintagma viene pronunciato come se fosse un’unica stringa e l’accento cade su “va”.<br />

DÀ/DA-DÌ/DI-<br />

SÌ/SI: le grammatiche dicono che <strong>la</strong> 3° pers. sing. del verbo “dare” ve segnata con l’accento, come anche “dì” (giorno) e “sì”<br />

(affermazione) per distinguerli rspettivamente dal<strong>la</strong> preposizione “da”, dal<strong>la</strong> preposizione “di” e dal pronome “si”. Ora il fatto di dove<br />

mettere l’accento, dato che gli altri monosil<strong>la</strong>bi genralmente non sono accentati, non è coerente perché, anche se l’accento non c’è non<br />

si possono confondere dal momento che il senso lo si capirebbe dal contesto; quindi l’accento è un si più che si può anche omettere.<br />

ROSSOBLÙ/ROS<br />

SOBLU-LASSÙ/LASSU: <strong>la</strong> forma corretta è quel<strong>la</strong> con l’accento. Il par<strong>la</strong>ne che mette l’accento considera queste due parole dotate<br />

di un accento primario che cade sulle sil<strong>la</strong>be –blu e –su e di un accento secondario che cade sulle sil<strong>la</strong>be ro- e <strong>la</strong>-, [ˌrossoˈblu] e [ˌ<strong>la</strong>s<br />

ˈsu]. Sono quindi parole tronche. L’omissione dell’accento è dovuta probabilmente al fatto che il par<strong>la</strong>nte le considera come se fossero<br />

due parole, cioè due composti e da maggiore autonomia ai costituenti, e dal momento che “blu” e “su” sono monosil<strong>la</strong>bi, non necessitano<br />

di accenti.<br />

UN PO’/UN PO’-<br />

A MO’/A MÒ: <strong>la</strong> forma con l’accento è sbagliata perché “un po’” e “a mo’” sono le forme apocopate di “un poco” e di “a modo di”.<br />

L’accento è un accento di frase: il par<strong>la</strong>nte le sente come fossero parole tronche.<br />

QUAL<br />

È/QUAL’È: <strong>la</strong> forma corretta è quel<strong>la</strong> senza apostrofo. Nel secondo caso si tratta di una forma apocopata, c’è troncamento, cioè è<br />

caduta <strong>la</strong> “e” finale a prescindere dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> che segue; mentre nel prmo caso si ha elisione perché è seguita da un’altra vocale. In<br />

realtà <strong>la</strong> forma apostrofata non è sbagliata; al contratio, generalemente, in altri contesti utilizziamo «quale» e non «qual» (es. «quale<br />

ragazzo» e non «qual ragazzo»), diversamente da quanto succedeva in passato. Quindi si può dire che per noi è più corretta <strong>la</strong> forma<br />

apostrofata.<br />

UN<br />

AMICO/UN’AMICO: <strong>la</strong> prima forma è quel<strong>la</strong> corretta. L’apostrofo non si mette perché, dato che al maschile ci sono due allomorfi,<br />

«un» e «uno», si utilizza l’articolo «un» e non «uno», al contrario del femminile di cui c’è una so<strong>la</strong> forma, «una», che si utilizza in tutti i<br />

contesti per cui quando è seguita da vocale si ha l’elisione del<strong>la</strong> «a» con l’apostrofo.<br />

ERRORI MORFOLOGICI<br />

Corretto Errato<br />

<strong>Che</strong> egli stesse/ <strong>Che</strong> egli desse <strong>Che</strong> egli stasse/ <strong>Che</strong> egli dasse<br />

- 11 -


Un silo/Un mural/Un vigi<strong>la</strong>nte Un silos/Un murales/Un vigi<strong>la</strong>ntes<br />

Le specie/Le superficie Le speci/Le supefici<br />

L e f o r m e<br />

STASSE/DASSE sono forme popo<strong>la</strong>ri. Il par<strong>la</strong>nte pronuncia “stasse” e “dasse” per analogia: i verbi del<strong>la</strong> I coniugazione fanno –asse<br />

(es. “studiasse”, “mangiasse”), quindi sono forme analogiche. Il par<strong>la</strong>nte associa “stare” a “studiare” e di conseguenza “studiasse” a<br />

“stasse”.<br />

UN SILO/UN SILOS-UN MURAL/UN MURALES-UN VIGILANTE/UN VIGIANTES: le prime forme vengono<br />

considerate errate, anche se sono attestate. Sono prestiti dallo spagnolo dove sono forme al prlurale. Il par<strong>la</strong>nte che non conosce lo<br />

spagnolo le considera forme al singo<strong>la</strong>re e non al plurale; capisce che sono prestiti, ma non che nel<strong>la</strong> lingua d’origine sono plurali.<br />

LE SPECIE/LE SPECI-LE SUPEFICIE/LE SUPERFICI: le prime sono le forme etimologiche, quindi quelle corrette. Sono<br />

forme invariabili. In italiano le parole che finiscono in «e» hanno il plurale in «i», quindi il par<strong>la</strong>nte rende variabili forme che in realtà<br />

non lo sono.<br />

ERRORI MORFO-SINTATTICI E LESSICALI<br />

Corretto Errato<br />

Inerente al… Inerente il…<br />

Gratis A gratis<br />

INERENTE AL/INERENTE IL: “inerente il” è una forma attestata e probabilmente si ha per pressione paradigmatica<br />

(“riguardante il”).<br />

GRATIS/A GRATIS: “a gratis” si ha, probabilmente, perché il par<strong>la</strong>nte lo associa ad altre forme come ad es. “a iosa”.<br />

- Sgroi, cap.5.<br />

<strong>MODULO</strong> B<br />

ANALISI DI ALCUNE GRAMMATICHE<br />

CONCETTO DI PAROLA<br />

«Ieri sera al centro commerciale ho incontrato Luca e suo zio e li ho invitati a cena a casa dei miei zii»<br />

Al<strong>la</strong> domanda «quante parole ci sono in questa frase?» sono state date varie risposte: 22, 7, 12. Le risposte sono tutte giuste.<br />

Il concetto di paro<strong>la</strong> non ha una definizione univovca, non solo per il par<strong>la</strong>nte, ma anche per il linguista; per il par<strong>la</strong>nte è un concetto<br />

intuitivo, è immediato. Ogni par<strong>la</strong>nte seleziona e scandisce <strong>la</strong> lingua in parole. Per il linguista definire “<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>” è difficile perché non<br />

è stato individuato un criterio univico attraverso il quale definire il concetto di paro<strong>la</strong>, che è un universale linguistico, ovverosia è<br />

presente in tutte le lingue. Il linguista deve dare una definizione che sia inter<strong>linguistica</strong>, cioè che sia valida per tutte le lingue; il<br />

problema risiede nel fatto che, tipologicamente, esistono lingue diverse. Inoltre non si può definire, strutturalmente e<br />

istituzionalmente, il concetto di paro<strong>la</strong> in opposizione con altri concetti (distribuzionalismo). Mentre all’interno del<strong>la</strong> frase si possono<br />

distinguere nomi, aggettivi, verbi, ecc., il concetto di paro<strong>la</strong> non può essere messo in opposizione, per es., col concetto di frase perché<br />

sono due ambiti completamente diversi. Ecco perché le definizioni di “paro<strong>la</strong>” sono tante e sono diverse.<br />

In linea di massima si dice che <strong>la</strong> “paro<strong>la</strong>” ha tre caratteristiche:<br />

Ø AUTONOMIA;<br />

Ø MOBILITÀ;<br />

Ø COESIONE INTERNA o INSEPARABLITÀ DEGLI ELEMENTI.<br />

AUTONOMIA: è possibile utilizzare una paro<strong>la</strong> autonomamente. Es. “di che colore è <strong>la</strong> tua macchina?”, “verde”. “Verde” <strong>la</strong> si può<br />

considerare una paro<strong>la</strong> perché può essere utilizzata autonomamente, senza metter<strong>la</strong> in re<strong>la</strong>zione con altri elemente dal punto di vista<br />

sintagmatico.<br />

MOBILITÀ. Es. “Ho comprato <strong>la</strong> macchina verde” e “é verde <strong>la</strong> macchina che ho comprato”: “verde” viene spostato. Una paro<strong>la</strong> che può<br />

essere interamente spostata è dotata di mobilità.<br />

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COESIONE INTERNA o INSEPARABLITÀ DEGLI ELEMENTI. Es. “La macchina verde” e non “<strong>la</strong> ver macchina de”: gli elementi<br />

costitutivi del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> non possono essere separati, altrimenti non sarebbe più <strong>la</strong> stessa paro<strong>la</strong>,<br />

AUTONOMIA, MOBILITÀ e COESIONE INTERNA o INSEPARABLITÀ DEGLI ELEMENTI sono le caratteristiche che sono state<br />

indivuduate e sono le caratteristiche prototipiche del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>. Alcune parole possiedono più di altre queste caratteristiche (es.<br />

l’articolo “il” non possiede tutte le tre caratteristiche rispetto a “verde”: è vero che è inseparabile, cioè non si può inserire materiale<br />

lessicale al suo inerno, ma non è una forma autonoma perché “il” da solo non si utilizza, ma è sempre accompagnato da altre parole).<br />

Questo perché, quando un concetto è difficile da definire, si può dare una defnizione prototipica ma non discreta<br />

DEFINIZIONI PROTOTIPICHE e DEFINIZONI DISCRETE: In una definizione prototipica vengono individuate determinate<br />

caratteristiche, ma gli elementi possono rispondere positivamente a tutte le caratteristiche o anche solo ad alcune. Se le possiedono<br />

tutte sono elementi prototipici, se ne possiedono solo alcune sono elementi discreti.<br />

Ora, definire il concetto di paro<strong>la</strong> in modo prototipico è impossibile, perché se si dovessero considerare parole solo tutti quegli<br />

elementi che rispondono positivamente alle caratteristiche di mobilità, autonomia e coesione interna, si ridurrebbero a pochissime,<br />

quindi si dice che «alcune parole sono più prototipiche di altre» (es. «verde» è una paro<strong>la</strong> più prototipica di «il».).<br />

Inoltre le parole possono essere:<br />

Ø PAROLE GRAFICHE: un insieme di simboli separati da uno spazio bianco (ma <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> grafica non è un concetto universale).<br />

Ø PAROLE SEMANTICAMENTE PIENE dette anche PAROLE CONTENUTO: hanno un significato, un contenuto.<br />

Ø PAROLE SEMANTICAMENTE VUOTE dette anche PAROLE FUNZIONE: svolgono una funzione ma non hanno un significato.<br />

Ø PAROLE MORFOLOGICHE.<br />

Es.: «dammelo» è:<br />

§ 1 paro<strong>la</strong> grafica;<br />

§ 3 parole morfologiche («me lo dai»)<br />

§ 1 paro<strong>la</strong> fonologica.<br />

Es. «me lo dai» è:<br />

§ 3 parole grafiche;<br />

§ 3 parole morfologiche;<br />

§ 1 paro<strong>la</strong> fonologica.<br />

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