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Centro di Ricerche Storiche di Rovigno quarant'anni fa i primi ... - Edit

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2 storia e ricerca<br />

CONTRIBUTI<br />

<strong>di</strong> Kristjan Knez<br />

Il 3 novembre 1918, con la fi rma<br />

dell’armistizio a Villa Giusti<br />

presso Padova e la successiva<br />

entrata del regio esercito a<br />

Trento e Trieste, si pose fi ne alla<br />

carnefi cina che per tre anni e mezzo<br />

aveva sconvolto i territori compresi<br />

tra le Alpi e il mare Adriatico.<br />

Il venir meno delle ostilità aveva<br />

rappresentato la conclusione <strong>di</strong><br />

quella mattanza ma al contempo<br />

aperse nuove questioni <strong>di</strong> non irrilevante<br />

portata. E non poteva<br />

andare <strong>di</strong>versamente. La guerra<br />

che scoppiò tra il Regno d’Italia e<br />

l’Impero austro-ungarico non era<br />

solo un nuovo fronte che si aperse<br />

nel già ferito vecchio continente,<br />

essa incarnava <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> molto profon<strong>di</strong><br />

che si protraevano, in forma<br />

acuta, da almeno un quarantennio,<br />

in primo luogo per la questione<br />

delle “terre irredente”. Pertanto,<br />

accanto ai tuoni delle cannonate<br />

che sconvolsero il nuovo teatro<br />

bellico, è utile tenere presente<br />

anche le altre <strong>di</strong>mensioni che confl<br />

uirono in quello scontro.<br />

Per gli italiani<br />

fu la «redenzione»<br />

Per l’Italia si trattava <strong>di</strong> una<br />

guerra <strong>di</strong> “liberazione” e <strong>di</strong> “re-<br />

denzione” che avrebbe fi nalmente<br />

portato alla defi nitiva unità nazionale<br />

e grazie alla quale si sarebbe<br />

concluso quel percorso iniziato<br />

nei <strong>primi</strong> decenni dell’Ottocento<br />

con il Risorgimento, in<strong>fa</strong>tti<br />

si parlava della “quarta guerra<br />

d’in<strong>di</strong>pendenza”. Per la duplice<br />

monarchia, invece, la <strong>di</strong>chiarazione<br />

delle ostilità era il risultato del<br />

tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un alleato – l’Italia<br />

nel 1882 era entrata nella Triplice<br />

Alleanza – la cui mira era l’occupazione<br />

<strong>di</strong> parte del suo territorio,<br />

compresa Trieste, centro economico-commerciale<br />

<strong>di</strong> rilievo, il<br />

cui porto era defi nito il “polmone”<br />

dell’Impero. La posizione<br />

<strong>di</strong> Vienna non era errata. La monarchia<br />

sabauda, corteggiata dalle<br />

potenze della Triplice Intesa,<br />

alla fi ne fi rmò il patto segreto <strong>di</strong><br />

Londra (26 aprile 1915) in cui,<br />

in caso <strong>di</strong> vittoria, le veniva promesso<br />

una serie <strong>di</strong> territori appartenenti<br />

alla monarchia danubiana<br />

e che coincidevano, in buona<br />

parte, a quegli stessi che avevano<br />

prodotto le controversie tra le due<br />

parti fra Otto e Nocevento. Perciò<br />

se nel “maggio ra<strong>di</strong>oso” le armate<br />

italiane si mossero lungo la frontiera<br />

orientale, lo fecero in primo<br />

luogo per acquisire quelle porzioni<br />

<strong>di</strong> territorio, defi nite anche<br />

“l’Italia d’oltre confi ne”.<br />

Antagonismi<br />

e appetiti<br />

Per il comando austriaco si<br />

trattava <strong>di</strong> una guerra <strong>di</strong> conquista,<br />

imperialista, e per fronteggiarla<br />

non <strong>di</strong>sdegnò <strong>di</strong> utilizzare<br />

gli antagonismi nazionali, che da<br />

decenni stavano caratterizzando<br />

la vita nelle regioni af<strong>fa</strong>cciate<br />

sull’Adriatico orientale. Nel luglio<br />

del 1915 lo Stato Maggiore<br />

dell’Impero tentò <strong>di</strong> motivare gli<br />

Sloveni alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> fronte ad<br />

una possibile avanzata italiana<br />

in profon<strong>di</strong>tà. Quin<strong>di</strong> si fece leva<br />

sul patriottismo e sull’avversità<br />

nei confronti dell’Italia e dei suoi<br />

“appetiti”. E nello scontro con il<br />

vicino l’Isonzo si tinse <strong>di</strong> rosso,<br />

proprio come aveva funestamente<br />

congetturato il sacerdote e poeta<br />

<strong>di</strong> Tolmino, Simon Gregorčič,<br />

nella sua celeberrima poesia de<strong>di</strong>ca<br />

a quel fi ume.<br />

Sul fronte dell’Isonzo e sul<br />

Carso buona parte dei soldati era-<br />

Mostre, <strong>di</strong>battiti, letture, spettacoli, fi lm e documentari d’autore<br />

Venerdì, 7 novembre 2008<br />

no Slavi (Sloveni, Croati, Serbi<br />

della Krajina e della Bosnia,<br />

ecc.). Per i medesimi si trattava<br />

in primo luogo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere il<br />

suolo natio e l’orgoglio, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

erano fortemente motivati<br />

a combattere, malgrado le<br />

<strong>di</strong>ffi cili con<strong>di</strong>zioni orografi che e<br />

climatiche <strong>di</strong> quel settore, a <strong>di</strong>fferenza<br />

dei <strong>fa</strong>nti italiani, specie<br />

quelli del <strong>Centro</strong> e del Sud, che<br />

erano giunti in territori lontani,<br />

ove pure i toponimi avevano un<br />

suono “aspro”.<br />

Lo spazio slavo<br />

Benché essi si battessero per<br />

la “redenzione” dei connazionali<br />

della sponda opposta adriatica, la<br />

linea del fronte correva e si incuneava<br />

nello spazio etnico e culturale<br />

sloveno – non venne toccata<br />

né l’Istria né Trieste –, la cui popolazione,<br />

grazie all’azione del<br />

clero, aveva sviluppato un forte<br />

senso <strong>di</strong> appartenenza nazionale.<br />

Questo aspetto era stato rammentato<br />

da Attilio Tamaro già nel<br />

1919; ma il primo ad affrontarlo,<br />

inserendolo nel contesto della<br />

Grande guerra, è stato lo storico<br />

militare Antonio Sema, che, con<br />

la competenza che lo contrad<strong>di</strong>stingueva,<br />

è stato tra i <strong>primi</strong> – se<br />

non il primo in Italia – a scriverne<br />

in termini scientifi ci, analizzandone<br />

il problema (ricor<strong>di</strong>amo in primo<br />

luogo i tre tomi “La Grande<br />

guerra sul fronte dell’Isonzo”, Libreria<br />

E<strong>di</strong>trice Goriziana, Gorizia<br />

1995-1997). Lo stu<strong>di</strong>oso evidenzia<br />

altresì che molte delle questioni<br />

verifi catesi nella Venezia Giulia<br />

sul fi nire della seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale o nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra<br />

(il concetto <strong>di</strong> spazio etni-<br />

Trieste ricorda il novantesimo della redenzione<br />

Cinque mostre, una <strong>di</strong>visa in sei<br />

sezioni, <strong>di</strong>battiti, letture, spettacoli,<br />

fi lm e documentari d’autore<br />

animeranno i prossimi due mesi gli<br />

spazi culturali più rappresentativi <strong>di</strong><br />

Trieste, a cura dell’Assessorato alla<br />

Cultura del Comune <strong>di</strong> Trieste, Direzione<br />

Area Cultura e Civici Musei<br />

<strong>di</strong> Storia ed Arte, in occasione del<br />

90.esimo anniversario della Prima<br />

redenzione <strong>di</strong> Trieste e della fi ne della<br />

Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. I contenuti<br />

della manifestazione sono emersi da<br />

un serrato lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e docenti<br />

<strong>di</strong> varie università italiane, componenti<br />

<strong>di</strong> un comitato scientifi co che<br />

ha a lungo <strong>di</strong>scusso e approfon<strong>di</strong>to<br />

temi e argomenti defi nendo un percorso<br />

a tappe che narra il racconto<br />

della Grande Guerra osservandolo<br />

da più angolazioni. La prima mostra<br />

curata da Lorenza Resciniti, conservatore<br />

presso i Civici Musei <strong>di</strong> Storia<br />

ed Arte <strong>di</strong> Trieste, è stata inaugurata<br />

il 30 ottobre scorso presso la Sala Attilio<br />

Selva <strong>di</strong> Palazzo Gopcevich con<br />

il titolo “Il tesoro riscoperto”, la storia<br />

<strong>di</strong> una scoperta clamorosa: per la<br />

prima volta viene esposto un “tesoro<br />

segreto”, custo<strong>di</strong>to nelle casseforti<br />

dell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Trieste,<br />

quale ere<strong>di</strong>tà del governo austriaco.<br />

Si tratta <strong>di</strong> tremila preziosi, custo<strong>di</strong>ti<br />

in 384 sacchetti <strong>di</strong> stof<strong>fa</strong> bianca che<br />

racchiudono spille, bracciali, collane,<br />

orecchini, anelli d’oro e d’argento,<br />

accanto a monete, bancono-<br />

Le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> uno scontro che si accese sulle ferite della Grande G<br />

1918: il crollo dell’Austria-Ung<br />

<strong>di</strong> Francesco Cenetiempo<br />

La popolazione <strong>di</strong> Lissa attende le forze militari italiane<br />

te, posate, candelabri <strong>fa</strong>centi parte<br />

della serie dei “depositi giu<strong>di</strong>ziali”,<br />

consegnata fi n dal ‘700 al Tribunale<br />

<strong>di</strong> Trieste. Il ricco materiale deriva<br />

da sequestri, recupero <strong>di</strong> refurtiva,<br />

spese legali e cauzioni, patrimonio<br />

<strong>di</strong> defunti in presenza <strong>di</strong> fi gli minori,<br />

<strong>di</strong> soggetti sottoposti a tutela, <strong>di</strong><br />

ere<strong>di</strong> irreperibili e <strong>fa</strong>llimenti. Con il<br />

passaggio dall’amministrazione austriaca<br />

a quella italiana tutti i preziosi<br />

passarono in custo<strong>di</strong>a dell’Intendenza<br />

<strong>di</strong> Finanza e da questa (decreto 28<br />

<strong>di</strong>cembre 2000 n.1390) all’Archivio<br />

<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Trieste. Il corpus che ne è<br />

derivato, offre una visione peculiare<br />

della società triestina nel momento<br />

in cui la città si evolve da periferia<br />

dell’Impero austroungarico a porto<br />

commerciale <strong>di</strong> primaria importanza.<br />

I gioielli, commissionati e indossati<br />

dai ceti borghesi, testimoniano<br />

una nuova ricchezza, da godere e<br />

mostrare, alle volte ricercata e rara,<br />

grazie alle possibilità <strong>di</strong> interscambio<br />

con i paesi lontani raggiunti dalle<br />

navi mercantili.<br />

Nelle immagini<br />

l’entusiasmo popolare<br />

Nella stessa giornata ha preso il<br />

via presso la Sala Umberto Veruda<br />

<strong>di</strong> Palazzo Costanzi la Mostra “Trieste<br />

liberata”. La cronaca nelle immagini<br />

della Fototeca dei Civici Musei<br />

<strong>di</strong> Storia ed Arte a cura <strong>di</strong> Francesco<br />

Fait e Clau<strong>di</strong>a Morgan degli stessi<br />

Civici Musei triestini. Le giornate<br />

<strong>di</strong> fi ne ottobre e inizio novembre<br />

del 1918, giornate <strong>di</strong> entusiasmo popolare<br />

per il passaggio <strong>di</strong> Trieste all’Italia,<br />

giornate <strong>di</strong> manifestazioni e<br />

<strong>di</strong> atti simbolici, come la rimozione<br />

dell’aquila bicipite dal palazzo della<br />

Luogotenenza, sono documentate<br />

dal corpus <strong>di</strong> immagini fotografi che<br />

selezionato tra il consistente patrimonio<br />

<strong>di</strong> fon<strong>di</strong> fotografi ci, fi rmati<br />

dai più noti fotografi <strong>di</strong> fi ne Ottocento<br />

operanti a Trieste. Nella Camera<br />

chiara, ancora oggi opera fondamentale<br />

<strong>di</strong> critica fotografi ca, Roland<br />

Barthes racconta un aneddoto:<br />

osservando una foto del 1852 raffi -<br />

gurante l’ultimo fratello <strong>di</strong> Napoleone<br />

stupito pensò: “Questi occhi hanno<br />

visto l’imperatore!”, rendendosi<br />

conto che la fotografi a “riproduce<br />

all’infi nito ciò che ha avuto luogo<br />

una sola volta”, ciò che non potrà<br />

mai più ripetersi. Ecco dunque l’essenza<br />

e il <strong>fa</strong>scino della fotografi a:<br />

ciò che è stato fotogra<strong>fa</strong>to è esistito.<br />

Essa non inventa, ha il potere <strong>di</strong><br />

<strong>fa</strong>r rivivere ciò che è stato. Dunque<br />

che cosa meglio <strong>di</strong> una mostra fotografi<br />

ca per documentare quei cinque<br />

giorni intensi ed esaltanti, vissuti da<br />

Trieste dal 30 ottobre al 3 novembre<br />

del 1918? Questo periodo è stato un<br />

banco <strong>di</strong> prova per i fotografi triestini:<br />

osservando la totalità delle opere<br />

in mostra ci si rende conto <strong>di</strong> quanto<br />

le immagini dei fratelli Avanzo,<br />

<strong>di</strong> Umberto Morterra, <strong>di</strong> Arnaldo<br />

Polacco si inseriscano a pieno titolo<br />

nel fi lone della fotografi a documentaria<br />

internazionale e anticipino<br />

le moment décisif <strong>di</strong> cui parlerà decenni<br />

dopo Cartier-Bresson: immortalare<br />

il momento, ma non un attimo<br />

qualsiasi, il momento decisivo che<br />

condensa l’essenza della situazione.<br />

Dall’altro lato Giuseppe Furlani,<br />

insegnante, pittore e fotografo,<br />

con le sue raffi nate immagini è un<br />

degno rappresentante del pittorialismo,<br />

il movimento nato alla fi ne del<br />

XIX secolo per nobilitare la fotografi<br />

a, dandole le qualità <strong>di</strong> una grande<br />

arte pur senza nulla sacrifi care alla<br />

verità.<br />

La posta<br />

degli irredenti<br />

Dalla Trieste austriaca in guerra,<br />

da una città come la defi nì Eugenio<br />

Montale “intensamente europea eppure<br />

inconfon<strong>di</strong>bilmente legata ad<br />

un ceppo ben <strong>di</strong>stinto per linguaggio,<br />

sangue e tra<strong>di</strong>zioni” (dal <strong>di</strong>scorso<br />

pronunciato da Eugenio Montale<br />

al Circolo della Cultura e delle Arti<br />

<strong>di</strong> Trieste nella ricorrenza del centenario<br />

della nascita <strong>di</strong> Italo Svevo),<br />

tra il maggio del 1915 e l’ottobre<br />

del 1918, partono per il fronte italiano<br />

1047 volontari (2107 da tutte<br />

le terre giuliane dalmate e fi umane).<br />

Uomini e ragazzi che si arruolano<br />

nelle fi le dell’esercito italiano<br />

per realizzare un loro ideale, anche<br />

a costo dell’estremo sacrifi cio del-<br />

la loro vita; do<strong>di</strong>ci saranno insigniti<br />

della massima onorifi cenza, la medaglia<br />

d’oro al valore militare. Sono<br />

Guido Brunner, Guido Corsi, Fabio<br />

Filzi, Ugo Pizzarello, Ugo Polonio,<br />

Francesco Rismondo, Nazario<br />

Sauro, Guido Slataper, Giani e Carlo<br />

Stuparich, Spiro Tipaldo Xi<strong>di</strong>as,<br />

Giacomo Venezian. Nel Museo Postale<br />

e Telegrafi co della Mitteleuropa<br />

si è aperta il 31 ottobre, con la curatela<br />

della sua <strong>di</strong>rettrice Chiara Simon,<br />

“La posta degli irredenti. Documenti<br />

dei volontari giuliani e dalmati”: qui<br />

sono raccontate le loro storie attraverso<br />

la corrispondenza dal fronte e<br />

i ritagli <strong>di</strong> giornali dell’epoca. Un’ulteriore<br />

sezione è de<strong>di</strong>cata alle cartoline<br />

del 1918, inneggianti alla “Trieste<br />

liberata” con l’arrivo degli italiani.<br />

È raccontato, inoltre, lo sviluppo<br />

del servizio <strong>di</strong> posta militare italiano,<br />

inesistente prima del 1915, che viene<br />

completamente riorganizzato proprio<br />

allo scoppio della Prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale dall’Amministrazione delle<br />

Poste e dei Telegrafi del Regno<br />

d’Italia.<br />

Eroi in <strong>di</strong>visa<br />

Segue l’esposizione curata da<br />

Antonella Cosenzi, archivista dei<br />

Civici Musei <strong>di</strong> Storia ed Arte, “Eroi<br />

in <strong>di</strong>visa. Uniformi dalle collezioni<br />

civiche”. Una decina <strong>di</strong> giacche<br />

da uniforme e copricapo del Regio<br />

Esercito Italiano, relative alla prima<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale sono esposte per la<br />

prima volta nella signifi cativa cor

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