Centro di Ricerche Storiche di Rovigno quarant'anni fa i primi ... - Edit
Centro di Ricerche Storiche di Rovigno quarant'anni fa i primi ... - Edit
Centro di Ricerche Storiche di Rovigno quarant'anni fa i primi ... - Edit
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
IN QUESTO NUMERO<br />
Fondato dall’allora UIIF il 12 novembre 1968<br />
<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Ricerche</strong> <strong>Storiche</strong> <strong>di</strong> <strong>Rovigno</strong><br />
quarant’anni <strong>fa</strong> i <strong>primi</strong> passi<br />
«È tà e l’attività del gruppo nazionale italiano in<br />
stata (...) costituita una commissione incaricata<br />
della raccolta dei documenti storici sulla cit-<br />
istria. La commissione dovrebbe collaborare col <strong>Centro</strong> intercomunale<br />
per la storia del movimento operaio. Ne <strong>fa</strong>nno<br />
parte Luciano Giuricin (responsabile), Giovanni Radossi,<br />
Clau<strong>di</strong>o Ra<strong>di</strong>n e Riccardo Giacuzzo”. Questo il sintetico<br />
passo con cui “La Voce del Popolo” informava i lettori,<br />
nel novembre <strong>di</strong> quarant’anni <strong>fa</strong>, dei <strong>primi</strong> passi compiuti<br />
dal Comitato dell’allora Unione degli Italiani dell’Istria e<br />
<strong>di</strong> Fiume, riunitosi il 12 novembre 1968 con i presidenti<br />
dei Circoli Italiani <strong>di</strong> Cultura e della Consulta. La riunione<br />
si svolse a Palazzo Modello, e alla commissione creata<br />
ad hoc per la presentazione entro un mese <strong>di</strong> un progetto<br />
ben defi nito furono in seguito aggiunti Aldo Bressan, Arminio<br />
Schacherl, Arialdo Demartini e Giovanni Cucera. Nella<br />
stessa seduta inoltre, era stato stilato un documento bilingue,<br />
fi rmato dal presidente dell’allora UIIF Antonio Borme,<br />
che <strong>di</strong> <strong>fa</strong>tto sanciva la nascita del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Ricerche</strong> <strong>Storiche</strong>.<br />
Alla nuova istituzione veniva affi dato il compito <strong>di</strong><br />
“occuparsi della storiografi a e dell’etnografi a dell’Istria con<br />
particolare riguardo agli aspetti più <strong>di</strong>rettamente connessi<br />
alla vita del Gruppo Etnico Italiano”. Ne fu anche stabilite<br />
la sede a <strong>Rovigno</strong> e una prima sovvenzione <strong>di</strong> cinquemila<br />
<strong>di</strong>nari. Seguì, il 26 <strong>di</strong>cembre dello stesso anno, la nomina<br />
da parte della Presidenza dell’UIIF a <strong>fa</strong>cente funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore<br />
del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Ricerche</strong> <strong>Storiche</strong> ed etnografi che del<br />
prof. Giovanni Radossi. La Presidenza dell’UIIF detenne<br />
per un proprio membro l’incarico <strong>di</strong> presidente dell’istituto<br />
nella persona <strong>di</strong> Luciano Giuricin, il quale rimarrà in carica<br />
in questa funzione per oltre vent’anni. Era il referente<br />
del Consiglio del <strong>Centro</strong>, formato dall’Alleanza Socialista,<br />
dall’Unione degli Italiani, dalla Comunità degli Italiani <strong>di</strong><br />
<strong>Rovigno</strong> e da alcune sezioni sorte rispettivamente a Fiume,<br />
Pola e Buie. Oggi questo organismo non esiste più, sostituito<br />
da un Consiglio <strong>di</strong> gestione che <strong>fa</strong> capo alla <strong>di</strong>rigenza<br />
dell’Unione Italiana.<br />
Sostenuto dall’Unione Italiana e dell’Università Popolare<br />
<strong>di</strong> Trieste, il CRS ha potuto usufruire anche dell’insostituibile<br />
fi nanziamento della Regione del Veneto<br />
già dal 1995, che aveva approvato, nel suo programma <strong>di</strong><br />
interventi per il recupero e la valorizzazione del patrimonio<br />
culturale <strong>di</strong> origine veneta nell’Istria e nella Dalmazia,<br />
un contributo (protrattosi per <strong>fa</strong>si fi no al 1998) per la<br />
documentazione archivistico – fotografi ca e la successiva<br />
elaborazione storica delle strutture architettonico-urbanistiche<br />
e <strong>di</strong>fensive delle se<strong>di</strong> podestarili istriane. Dal 1995<br />
il suo patrimonio ha assunto lo status <strong>di</strong> Biblioteca depositaria<br />
del Consiglio d’Europa, con una particolare sezione<br />
sui <strong>di</strong>ritti dell’uomo, delle minoranze e la tutela dell’ambiente.<br />
“Superare il primo decennio <strong>di</strong> vita non fu <strong>fa</strong>cile – ricorda<br />
il <strong>di</strong>rettore Radossi – poiché si doveva s<strong>fa</strong>tare l’accusa<br />
che noi <strong>fa</strong>cessimo ‘politica’ e gli altri ‘cultura’:<br />
l’arma calunniosa, allora ‘in<strong>fa</strong>mante’ e persino<br />
pericolosa, con cui si tentò <strong>di</strong> isolarci per<br />
<strong>di</strong>fendere quella ideologia che isteriliva la<br />
storiografi a istriano-fi umano-dalmata,<br />
chiudendola in una problematica povera<br />
e senza vita. Il che signifi cò per gli<br />
stu<strong>di</strong>osi ed i sostenitori del <strong>Centro</strong><br />
avviare in particolare la demistifi<br />
cazione del passato più recente<br />
e scomodo – dalla guerra, alle<br />
foibe e all’esodo – rifi utando<br />
un sistema interpretativo totalizzante<br />
ed autosuffi ciente”,<br />
rileva il <strong>di</strong>rettore. Eventi<br />
speciali per l’anniversario?<br />
Il CRS ricorderà il quarantesimo<br />
della fondazione<br />
continuando la sua opera<br />
storiografi ca. Tutti i volumi<br />
pubblicati quest’anno – e<br />
qualcuno che vedrà la luce appena nel 2009, come una monumentale<br />
storia dell’UIIF-UI – sono in effetti un omaggio<br />
ai suoi quattro decenni <strong>di</strong> vita. La vera novità sarà l’inaugurazione,<br />
tra breve, <strong>di</strong> un nuovo sito internet. Per proiettarsi<br />
ulteriormente nel futuro.<br />
Per il resto, questo numero dell’Inserto “Storia e Ricerca”<br />
è in buona misura legato agli anniversari e alle ricorrenze:<br />
dalla fi ne della Grande Guerra, alla redenzione <strong>di</strong> Trieste,<br />
all’affondamento della “Viribus Unitis”... Si propone<br />
inoltre la recensione <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong>dattico sul confi ne<br />
orientale dell’Italia e un viaggio in<strong>di</strong>etro nei secoli, all’epoca<br />
romana. Buona lettura.<br />
Ilaria Rocchi<br />
DEL POPOLO<br />
storia<br />
e ricerca<br />
www.e<strong>di</strong>t.hr/lavoce Anno IV • n. 33 • Venerdì, 7 novembre 2008
2 storia e ricerca<br />
CONTRIBUTI<br />
<strong>di</strong> Kristjan Knez<br />
Il 3 novembre 1918, con la fi rma<br />
dell’armistizio a Villa Giusti<br />
presso Padova e la successiva<br />
entrata del regio esercito a<br />
Trento e Trieste, si pose fi ne alla<br />
carnefi cina che per tre anni e mezzo<br />
aveva sconvolto i territori compresi<br />
tra le Alpi e il mare Adriatico.<br />
Il venir meno delle ostilità aveva<br />
rappresentato la conclusione <strong>di</strong><br />
quella mattanza ma al contempo<br />
aperse nuove questioni <strong>di</strong> non irrilevante<br />
portata. E non poteva<br />
andare <strong>di</strong>versamente. La guerra<br />
che scoppiò tra il Regno d’Italia e<br />
l’Impero austro-ungarico non era<br />
solo un nuovo fronte che si aperse<br />
nel già ferito vecchio continente,<br />
essa incarnava <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> molto profon<strong>di</strong><br />
che si protraevano, in forma<br />
acuta, da almeno un quarantennio,<br />
in primo luogo per la questione<br />
delle “terre irredente”. Pertanto,<br />
accanto ai tuoni delle cannonate<br />
che sconvolsero il nuovo teatro<br />
bellico, è utile tenere presente<br />
anche le altre <strong>di</strong>mensioni che confl<br />
uirono in quello scontro.<br />
Per gli italiani<br />
fu la «redenzione»<br />
Per l’Italia si trattava <strong>di</strong> una<br />
guerra <strong>di</strong> “liberazione” e <strong>di</strong> “re-<br />
denzione” che avrebbe fi nalmente<br />
portato alla defi nitiva unità nazionale<br />
e grazie alla quale si sarebbe<br />
concluso quel percorso iniziato<br />
nei <strong>primi</strong> decenni dell’Ottocento<br />
con il Risorgimento, in<strong>fa</strong>tti<br />
si parlava della “quarta guerra<br />
d’in<strong>di</strong>pendenza”. Per la duplice<br />
monarchia, invece, la <strong>di</strong>chiarazione<br />
delle ostilità era il risultato del<br />
tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un alleato – l’Italia<br />
nel 1882 era entrata nella Triplice<br />
Alleanza – la cui mira era l’occupazione<br />
<strong>di</strong> parte del suo territorio,<br />
compresa Trieste, centro economico-commerciale<br />
<strong>di</strong> rilievo, il<br />
cui porto era defi nito il “polmone”<br />
dell’Impero. La posizione<br />
<strong>di</strong> Vienna non era errata. La monarchia<br />
sabauda, corteggiata dalle<br />
potenze della Triplice Intesa,<br />
alla fi ne fi rmò il patto segreto <strong>di</strong><br />
Londra (26 aprile 1915) in cui,<br />
in caso <strong>di</strong> vittoria, le veniva promesso<br />
una serie <strong>di</strong> territori appartenenti<br />
alla monarchia danubiana<br />
e che coincidevano, in buona<br />
parte, a quegli stessi che avevano<br />
prodotto le controversie tra le due<br />
parti fra Otto e Nocevento. Perciò<br />
se nel “maggio ra<strong>di</strong>oso” le armate<br />
italiane si mossero lungo la frontiera<br />
orientale, lo fecero in primo<br />
luogo per acquisire quelle porzioni<br />
<strong>di</strong> territorio, defi nite anche<br />
“l’Italia d’oltre confi ne”.<br />
Antagonismi<br />
e appetiti<br />
Per il comando austriaco si<br />
trattava <strong>di</strong> una guerra <strong>di</strong> conquista,<br />
imperialista, e per fronteggiarla<br />
non <strong>di</strong>sdegnò <strong>di</strong> utilizzare<br />
gli antagonismi nazionali, che da<br />
decenni stavano caratterizzando<br />
la vita nelle regioni af<strong>fa</strong>cciate<br />
sull’Adriatico orientale. Nel luglio<br />
del 1915 lo Stato Maggiore<br />
dell’Impero tentò <strong>di</strong> motivare gli<br />
Sloveni alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> fronte ad<br />
una possibile avanzata italiana<br />
in profon<strong>di</strong>tà. Quin<strong>di</strong> si fece leva<br />
sul patriottismo e sull’avversità<br />
nei confronti dell’Italia e dei suoi<br />
“appetiti”. E nello scontro con il<br />
vicino l’Isonzo si tinse <strong>di</strong> rosso,<br />
proprio come aveva funestamente<br />
congetturato il sacerdote e poeta<br />
<strong>di</strong> Tolmino, Simon Gregorčič,<br />
nella sua celeberrima poesia de<strong>di</strong>ca<br />
a quel fi ume.<br />
Sul fronte dell’Isonzo e sul<br />
Carso buona parte dei soldati era-<br />
Mostre, <strong>di</strong>battiti, letture, spettacoli, fi lm e documentari d’autore<br />
Venerdì, 7 novembre 2008<br />
no Slavi (Sloveni, Croati, Serbi<br />
della Krajina e della Bosnia,<br />
ecc.). Per i medesimi si trattava<br />
in primo luogo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere il<br />
suolo natio e l’orgoglio, e <strong>di</strong> conseguenza<br />
erano fortemente motivati<br />
a combattere, malgrado le<br />
<strong>di</strong>ffi cili con<strong>di</strong>zioni orografi che e<br />
climatiche <strong>di</strong> quel settore, a <strong>di</strong>fferenza<br />
dei <strong>fa</strong>nti italiani, specie<br />
quelli del <strong>Centro</strong> e del Sud, che<br />
erano giunti in territori lontani,<br />
ove pure i toponimi avevano un<br />
suono “aspro”.<br />
Lo spazio slavo<br />
Benché essi si battessero per<br />
la “redenzione” dei connazionali<br />
della sponda opposta adriatica, la<br />
linea del fronte correva e si incuneava<br />
nello spazio etnico e culturale<br />
sloveno – non venne toccata<br />
né l’Istria né Trieste –, la cui popolazione,<br />
grazie all’azione del<br />
clero, aveva sviluppato un forte<br />
senso <strong>di</strong> appartenenza nazionale.<br />
Questo aspetto era stato rammentato<br />
da Attilio Tamaro già nel<br />
1919; ma il primo ad affrontarlo,<br />
inserendolo nel contesto della<br />
Grande guerra, è stato lo storico<br />
militare Antonio Sema, che, con<br />
la competenza che lo contrad<strong>di</strong>stingueva,<br />
è stato tra i <strong>primi</strong> – se<br />
non il primo in Italia – a scriverne<br />
in termini scientifi ci, analizzandone<br />
il problema (ricor<strong>di</strong>amo in primo<br />
luogo i tre tomi “La Grande<br />
guerra sul fronte dell’Isonzo”, Libreria<br />
E<strong>di</strong>trice Goriziana, Gorizia<br />
1995-1997). Lo stu<strong>di</strong>oso evidenzia<br />
altresì che molte delle questioni<br />
verifi catesi nella Venezia Giulia<br />
sul fi nire della seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale o nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra<br />
(il concetto <strong>di</strong> spazio etni-<br />
Trieste ricorda il novantesimo della redenzione<br />
Cinque mostre, una <strong>di</strong>visa in sei<br />
sezioni, <strong>di</strong>battiti, letture, spettacoli,<br />
fi lm e documentari d’autore<br />
animeranno i prossimi due mesi gli<br />
spazi culturali più rappresentativi <strong>di</strong><br />
Trieste, a cura dell’Assessorato alla<br />
Cultura del Comune <strong>di</strong> Trieste, Direzione<br />
Area Cultura e Civici Musei<br />
<strong>di</strong> Storia ed Arte, in occasione del<br />
90.esimo anniversario della Prima<br />
redenzione <strong>di</strong> Trieste e della fi ne della<br />
Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. I contenuti<br />
della manifestazione sono emersi da<br />
un serrato lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e docenti<br />
<strong>di</strong> varie università italiane, componenti<br />
<strong>di</strong> un comitato scientifi co che<br />
ha a lungo <strong>di</strong>scusso e approfon<strong>di</strong>to<br />
temi e argomenti defi nendo un percorso<br />
a tappe che narra il racconto<br />
della Grande Guerra osservandolo<br />
da più angolazioni. La prima mostra<br />
curata da Lorenza Resciniti, conservatore<br />
presso i Civici Musei <strong>di</strong> Storia<br />
ed Arte <strong>di</strong> Trieste, è stata inaugurata<br />
il 30 ottobre scorso presso la Sala Attilio<br />
Selva <strong>di</strong> Palazzo Gopcevich con<br />
il titolo “Il tesoro riscoperto”, la storia<br />
<strong>di</strong> una scoperta clamorosa: per la<br />
prima volta viene esposto un “tesoro<br />
segreto”, custo<strong>di</strong>to nelle casseforti<br />
dell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Trieste,<br />
quale ere<strong>di</strong>tà del governo austriaco.<br />
Si tratta <strong>di</strong> tremila preziosi, custo<strong>di</strong>ti<br />
in 384 sacchetti <strong>di</strong> stof<strong>fa</strong> bianca che<br />
racchiudono spille, bracciali, collane,<br />
orecchini, anelli d’oro e d’argento,<br />
accanto a monete, bancono-<br />
Le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> uno scontro che si accese sulle ferite della Grande G<br />
1918: il crollo dell’Austria-Ung<br />
<strong>di</strong> Francesco Cenetiempo<br />
La popolazione <strong>di</strong> Lissa attende le forze militari italiane<br />
te, posate, candelabri <strong>fa</strong>centi parte<br />
della serie dei “depositi giu<strong>di</strong>ziali”,<br />
consegnata fi n dal ‘700 al Tribunale<br />
<strong>di</strong> Trieste. Il ricco materiale deriva<br />
da sequestri, recupero <strong>di</strong> refurtiva,<br />
spese legali e cauzioni, patrimonio<br />
<strong>di</strong> defunti in presenza <strong>di</strong> fi gli minori,<br />
<strong>di</strong> soggetti sottoposti a tutela, <strong>di</strong><br />
ere<strong>di</strong> irreperibili e <strong>fa</strong>llimenti. Con il<br />
passaggio dall’amministrazione austriaca<br />
a quella italiana tutti i preziosi<br />
passarono in custo<strong>di</strong>a dell’Intendenza<br />
<strong>di</strong> Finanza e da questa (decreto 28<br />
<strong>di</strong>cembre 2000 n.1390) all’Archivio<br />
<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Trieste. Il corpus che ne è<br />
derivato, offre una visione peculiare<br />
della società triestina nel momento<br />
in cui la città si evolve da periferia<br />
dell’Impero austroungarico a porto<br />
commerciale <strong>di</strong> primaria importanza.<br />
I gioielli, commissionati e indossati<br />
dai ceti borghesi, testimoniano<br />
una nuova ricchezza, da godere e<br />
mostrare, alle volte ricercata e rara,<br />
grazie alle possibilità <strong>di</strong> interscambio<br />
con i paesi lontani raggiunti dalle<br />
navi mercantili.<br />
Nelle immagini<br />
l’entusiasmo popolare<br />
Nella stessa giornata ha preso il<br />
via presso la Sala Umberto Veruda<br />
<strong>di</strong> Palazzo Costanzi la Mostra “Trieste<br />
liberata”. La cronaca nelle immagini<br />
della Fototeca dei Civici Musei<br />
<strong>di</strong> Storia ed Arte a cura <strong>di</strong> Francesco<br />
Fait e Clau<strong>di</strong>a Morgan degli stessi<br />
Civici Musei triestini. Le giornate<br />
<strong>di</strong> fi ne ottobre e inizio novembre<br />
del 1918, giornate <strong>di</strong> entusiasmo popolare<br />
per il passaggio <strong>di</strong> Trieste all’Italia,<br />
giornate <strong>di</strong> manifestazioni e<br />
<strong>di</strong> atti simbolici, come la rimozione<br />
dell’aquila bicipite dal palazzo della<br />
Luogotenenza, sono documentate<br />
dal corpus <strong>di</strong> immagini fotografi che<br />
selezionato tra il consistente patrimonio<br />
<strong>di</strong> fon<strong>di</strong> fotografi ci, fi rmati<br />
dai più noti fotografi <strong>di</strong> fi ne Ottocento<br />
operanti a Trieste. Nella Camera<br />
chiara, ancora oggi opera fondamentale<br />
<strong>di</strong> critica fotografi ca, Roland<br />
Barthes racconta un aneddoto:<br />
osservando una foto del 1852 raffi -<br />
gurante l’ultimo fratello <strong>di</strong> Napoleone<br />
stupito pensò: “Questi occhi hanno<br />
visto l’imperatore!”, rendendosi<br />
conto che la fotografi a “riproduce<br />
all’infi nito ciò che ha avuto luogo<br />
una sola volta”, ciò che non potrà<br />
mai più ripetersi. Ecco dunque l’essenza<br />
e il <strong>fa</strong>scino della fotografi a:<br />
ciò che è stato fotogra<strong>fa</strong>to è esistito.<br />
Essa non inventa, ha il potere <strong>di</strong><br />
<strong>fa</strong>r rivivere ciò che è stato. Dunque<br />
che cosa meglio <strong>di</strong> una mostra fotografi<br />
ca per documentare quei cinque<br />
giorni intensi ed esaltanti, vissuti da<br />
Trieste dal 30 ottobre al 3 novembre<br />
del 1918? Questo periodo è stato un<br />
banco <strong>di</strong> prova per i fotografi triestini:<br />
osservando la totalità delle opere<br />
in mostra ci si rende conto <strong>di</strong> quanto<br />
le immagini dei fratelli Avanzo,<br />
<strong>di</strong> Umberto Morterra, <strong>di</strong> Arnaldo<br />
Polacco si inseriscano a pieno titolo<br />
nel fi lone della fotografi a documentaria<br />
internazionale e anticipino<br />
le moment décisif <strong>di</strong> cui parlerà decenni<br />
dopo Cartier-Bresson: immortalare<br />
il momento, ma non un attimo<br />
qualsiasi, il momento decisivo che<br />
condensa l’essenza della situazione.<br />
Dall’altro lato Giuseppe Furlani,<br />
insegnante, pittore e fotografo,<br />
con le sue raffi nate immagini è un<br />
degno rappresentante del pittorialismo,<br />
il movimento nato alla fi ne del<br />
XIX secolo per nobilitare la fotografi<br />
a, dandole le qualità <strong>di</strong> una grande<br />
arte pur senza nulla sacrifi care alla<br />
verità.<br />
La posta<br />
degli irredenti<br />
Dalla Trieste austriaca in guerra,<br />
da una città come la defi nì Eugenio<br />
Montale “intensamente europea eppure<br />
inconfon<strong>di</strong>bilmente legata ad<br />
un ceppo ben <strong>di</strong>stinto per linguaggio,<br />
sangue e tra<strong>di</strong>zioni” (dal <strong>di</strong>scorso<br />
pronunciato da Eugenio Montale<br />
al Circolo della Cultura e delle Arti<br />
<strong>di</strong> Trieste nella ricorrenza del centenario<br />
della nascita <strong>di</strong> Italo Svevo),<br />
tra il maggio del 1915 e l’ottobre<br />
del 1918, partono per il fronte italiano<br />
1047 volontari (2107 da tutte<br />
le terre giuliane dalmate e fi umane).<br />
Uomini e ragazzi che si arruolano<br />
nelle fi le dell’esercito italiano<br />
per realizzare un loro ideale, anche<br />
a costo dell’estremo sacrifi cio del-<br />
la loro vita; do<strong>di</strong>ci saranno insigniti<br />
della massima onorifi cenza, la medaglia<br />
d’oro al valore militare. Sono<br />
Guido Brunner, Guido Corsi, Fabio<br />
Filzi, Ugo Pizzarello, Ugo Polonio,<br />
Francesco Rismondo, Nazario<br />
Sauro, Guido Slataper, Giani e Carlo<br />
Stuparich, Spiro Tipaldo Xi<strong>di</strong>as,<br />
Giacomo Venezian. Nel Museo Postale<br />
e Telegrafi co della Mitteleuropa<br />
si è aperta il 31 ottobre, con la curatela<br />
della sua <strong>di</strong>rettrice Chiara Simon,<br />
“La posta degli irredenti. Documenti<br />
dei volontari giuliani e dalmati”: qui<br />
sono raccontate le loro storie attraverso<br />
la corrispondenza dal fronte e<br />
i ritagli <strong>di</strong> giornali dell’epoca. Un’ulteriore<br />
sezione è de<strong>di</strong>cata alle cartoline<br />
del 1918, inneggianti alla “Trieste<br />
liberata” con l’arrivo degli italiani.<br />
È raccontato, inoltre, lo sviluppo<br />
del servizio <strong>di</strong> posta militare italiano,<br />
inesistente prima del 1915, che viene<br />
completamente riorganizzato proprio<br />
allo scoppio della Prima guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale dall’Amministrazione delle<br />
Poste e dei Telegrafi del Regno<br />
d’Italia.<br />
Eroi in <strong>di</strong>visa<br />
Segue l’esposizione curata da<br />
Antonella Cosenzi, archivista dei<br />
Civici Musei <strong>di</strong> Storia ed Arte, “Eroi<br />
in <strong>di</strong>visa. Uniformi dalle collezioni<br />
civiche”. Una decina <strong>di</strong> giacche<br />
da uniforme e copricapo del Regio<br />
Esercito Italiano, relative alla prima<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale sono esposte per la<br />
prima volta nella signifi cativa cor
Venerdì, 7 novembre 2008<br />
uerra<br />
eria e le terre adriatiche<br />
co esclusivo, la defi nizione <strong>di</strong> una<br />
nazione slovena, le riven<strong>di</strong>cazioni<br />
territoriali, ecc.), non erano il prodotto<br />
<strong>di</strong> quella stagione bensì era<br />
la riproposta <strong>di</strong> posizioni sostenute,<br />
elaborate, ma non realizzate<br />
– causa il <strong>di</strong>verso procedere della<br />
storia –, già negli anni precedenti<br />
il primo confl itto mon<strong>di</strong>ale e poi<br />
abilmente utilizzate dall’Impero<br />
austro-ungarico.<br />
La mobilitazione<br />
«illirica»<br />
Ed effettivamente nel cruento<br />
scontro lungo il confi ne austroitaliano<br />
vennero incanalate tutte,<br />
o quasi, le speranze degli assertori<br />
della politica trialistica, che era<br />
stata caldeggiata in primo luogo<br />
“Il tesoro riscoperto”: una preziosa<br />
ere<strong>di</strong>tà austriaca nell’Archivio<br />
<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Trieste (Palazzo Gopcevich)<br />
nice del Civico Museo del Risorgimento<br />
e a queste <strong>fa</strong>nno da sfondo,<br />
nel salone centrale del Museo,<br />
i <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> Carlo Sbisà, l’artista più<br />
amato nella Trieste degli anni Trenta.<br />
Il Museo inserito nella cosiddetta<br />
Casa del Combattente, destinata<br />
ad ospitare le associazioni combattentistiche<br />
e d’arma, fu realizzato<br />
dall’architetto Umberto Nor<strong>di</strong>o<br />
dall’erede al trono, Francesco Fer<strong>di</strong>nando.<br />
Quel nuovo corso politico<br />
– che non venne mai attuato,<br />
vuoi perché l’arciduca perì a Sarajevo<br />
sotto i colpi <strong>di</strong> rivoltella <strong>di</strong><br />
Gavrilo Princip, vuoi perché l’Europa<br />
sprofondò nel confl itto mon<strong>di</strong>ale<br />
– era stato non solo abbozzato<br />
ma venne defi nito nei particolari<br />
da una parte dei leader politici<br />
sloveni.<br />
Janez Evangelist Krek, leader<br />
ed ideologo dei cristiano-sociali<br />
sloveni, già nel periodo antecedente<br />
il <strong>fa</strong>tale attentato del 28<br />
giugno 1914 auspicava <strong>di</strong> trovare<br />
degli alleati all’interno dei circoli<br />
militari per poter attuare i piani <strong>di</strong><br />
riforma statuale. I politici sloveni<br />
si mobilitarono per creare una<br />
macro unità amministrativa autonoma,<br />
detta “illirica”, che avrebbe<br />
compreso Trieste, la Contea <strong>di</strong> Gorizia<br />
e Gra<strong>di</strong>sca – incluse le eventuali<br />
acquisizioni territoriali che la<br />
duplice monarchia avrebbe <strong>fa</strong>tto<br />
nella Slavia Veneta –, l’Istria, la<br />
Dalmazia, la Carniola, la Carinzia<br />
meri<strong>di</strong>onale nonché la bassa Stiria.<br />
All’interno <strong>di</strong> tale territorio si doveva<br />
necessariamente arrivare ad<br />
un accordo paritario con i partiti<br />
tedeschi. Per quanto concerne la<br />
questione delle altre componenti,<br />
vale a <strong>di</strong>re gli Italiani ed i Serbi,<br />
si proponeva <strong>di</strong> risolverla attraverso<br />
la slovenizzazione e la croatizzazione.<br />
La Grande Slovenia<br />
Insomma venne ideato un progetto,<br />
un piano da attuare, in cui<br />
si sarebbe delineata una realtà slavo-meri<strong>di</strong>onale<br />
nell’ambito <strong>di</strong> una<br />
triarchia, in cui, come abbiamo<br />
rammentato, non vi sarebbe sta-<br />
nello stesso luogo dove sorgeva<br />
la caserma austro-ungarica, <strong>di</strong> cui<br />
venne conservata la cella carceraria<br />
dell’irredentista triestino Guglielmo<br />
Oberdan, giustiziato in seguito<br />
all’accusa <strong>di</strong> aver voluto attentare<br />
alla vita dell’imperatore Francesco<br />
Giuseppe nel 1882. Nelle stanze del<br />
museo si snoda la storia dell’irredentismo<br />
giuliano raccontata attra-<br />
to spazio per i non slavi – eccetto<br />
i Tedeschi, naturalmente –, e che<br />
avrebbe seguito in buona parte i<br />
confi ni della Slovenia etnica pro-<br />
verso documenti, fotografi e, <strong>di</strong>vise,<br />
cimeli e <strong>di</strong>pinti relativi a <strong>fa</strong>tti e personaggi<br />
delle vicende risorgimentali<br />
e irredentiste locali, dai moti del<br />
1848 alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale,<br />
fi no allo sbarco del re e la festa dell’Annessione<br />
con la quale nel 1921<br />
si chiuse la <strong>fa</strong>se risorgimentale della<br />
storia giuliana.<br />
Segue a pagina 8<br />
posti alla metà del XIX secolo<br />
da Peter Kozler. Il progetto della<br />
Grande Slovenia, presentato agli<br />
albori della prima guerra mon<strong>di</strong>ale,<br />
prevedeva altresì l’unione con<br />
la Croazia, la Slavonia e la Bosnia<br />
ed Erzegovina, mentre l’irredentismo<br />
serbo si riteneva <strong>di</strong> poterlo<br />
eliminare esclusivamente con la<br />
croatizzazione della popolazione<br />
serba. Si trattava <strong>di</strong> dare vita ad<br />
un’unità nazionale e religiosa tra<br />
Sloveni e Croati che doveva dare<br />
forma ad un regno subor<strong>di</strong>nato alla<br />
<strong>di</strong>nastia asburgica. Il piano politico,<br />
nonostante l’appoggio del capo<br />
dello Stato Maggiore, Conrad, non<br />
venne mai realizzato.<br />
Il coronamento<br />
<strong>di</strong> un sogno<br />
Già queste sommarie considerazioni<br />
in<strong>di</strong>cano chiaramente<br />
la complessità <strong>di</strong> un territorio <strong>di</strong><br />
frontiera – in cui aspirazioni <strong>di</strong>vergenti<br />
fi nirono per cozzare –, perciò<br />
attribuire l’origine dei problemi a<br />
un solo <strong>fa</strong>ttore signifi ca proporre<br />
un’interpretazione storica per forza<br />
<strong>di</strong> cose <strong>fa</strong>ziosa.<br />
Ai <strong>primi</strong> <strong>di</strong> novembre del 1918<br />
il regio esercito italiano progressivamente<br />
entrava nelle terre e città<br />
sino ad allora “irredente”, per “<strong>di</strong>ritto<br />
<strong>di</strong> conquista e occupazione”.<br />
Per la popolazione italiana delle<br />
rive dell’Adriatico orientale fu la<br />
“redenzione”, il maggiore avvenimento<br />
della contemporaneità, il<br />
coronamento <strong>di</strong> un sogno. E non<br />
fu un trionfo costruito a tavolino<br />
dai vincitori: la partecipazione<br />
era massiccia, popolare e le municipalità<br />
chiedevano formalmente<br />
l’annessione. Ma non vi erano<br />
solo festeggiamenti. La componente<br />
slava della Venezia Giulia,<br />
che auspicava la realizzazione degli<br />
obiettivi fi ssati con la <strong>di</strong>chiarazione<br />
<strong>di</strong> Corfù (luglio 1917), cioè<br />
la creazione <strong>di</strong> uno stato che abbracciasse<br />
gli Slavi meri<strong>di</strong>onali,<br />
storia e ricerca 3<br />
guardava ai Karađorđević e successivamente<br />
al Regno dei Serbi,<br />
Croati e Sloveni, ma non conobbe<br />
la sua “redenzione”.<br />
Cogliere tutte<br />
le sfumature<br />
Vi erano poi anche considerazioni<br />
storiche e geografi che antitetiche:<br />
per gli Italiani si trattava<br />
<strong>di</strong> raggiungere i confi ni naturali<br />
della nazione e quin<strong>di</strong> i territori<br />
storicamente, culturalmente,<br />
linguisticamente ed etnicamente<br />
italiani, per gli Sloveni fu invece<br />
un’occupazione, che non erano<br />
riusciti a fermare dalle trincee.<br />
Si stava pagando lo sbaglio, che,<br />
a detta <strong>di</strong> Ivan Šušteršič del partito<br />
popolare sloveno, il governo<br />
<strong>di</strong> Vienna aveva compiuto già nel<br />
1849 con la formazione dei piccoli<br />
domini della corona (Istria,<br />
Trieste, Gorizia e Gra<strong>di</strong>sca) e per<br />
giunta irredentisti che <strong>fa</strong>vorivano<br />
gli Italiani, e pertanto sottratti dal<br />
corpo imperiale della “fedele regione<br />
della Carniola”, alla quale<br />
– sempre secondo il politico sloveno<br />
– il Litorale austriaco le apparteneva<br />
per <strong>di</strong>ritto storico.<br />
Alla fi ne dei cosiddetti “quattro<br />
cippi confi nari” (mejniki,<br />
come li defi nì il poeta Oton<br />
Župančič), ossia Maribor, Klagenfurt,<br />
Gorizia e Trieste, solo<br />
il primo non era passato in mano<br />
“straniera”, ma solo grazie all’uso<br />
delle armi, i cui eserciti<br />
erano penetrati anche in Carinzia<br />
per re<strong>di</strong>mere gli Sloveni – quegli<br />
stessi che nel successivo plebiscito<br />
avrebbero preferito l’Austria<br />
anziché il nuovo regno guidato<br />
dai Serbi. Anche questo fu l’autunno<br />
1918 nelle terre plurali dell’ormai<br />
<strong>di</strong>ssolto impero austroungarico<br />
e sta ad in<strong>di</strong>care che per<br />
una ricostruzione storiografi ca<br />
quanto più completa è doveroso<br />
cogliere tutte le sfumature nonché<br />
le posizioni degli altri.
4 storia e ricerca<br />
Venerdì, 7 novembre 2008 Venerdì, 7 novembre 2008<br />
ARCHEOLOGIA Sono state riportate alla luce anche numerose testimonianze <strong>di</strong> un intenso traffi co commerciale nell’area del Mare Adriatico<br />
Dall’offi cina <strong>di</strong> Sextus Metillius Maximus<br />
un’anfora davvero speciale<br />
Dall’anno 2006 lo scavo archeologico<br />
<strong>di</strong> Crikvenica<br />
(Ad turres) che consiste nei<br />
resti <strong>di</strong> una offi cina del primo secolo<br />
a. C. per la produzione della<br />
ceramica <strong>di</strong> Sesto Metilio Massimo<br />
(Sextus Metillius Maximus), è<br />
<strong>di</strong>ventato oggetto <strong>di</strong> un particolare<br />
interesse scientifi co. Da qui il perché<br />
del simposio “Offi cine per la<br />
produzione <strong>di</strong> ceramica e vetro in<br />
epoca romana”, organizzato verso<br />
la fi ne <strong>di</strong> ottobre a Crikvenica, nello<br />
splen<strong>di</strong>do albergo “Therapia”,<br />
che ha riunito una larga schiera <strong>di</strong><br />
specialisti del settore per <strong>di</strong>scutere<br />
sugli straor<strong>di</strong>nari eventi e risultati<br />
scientifi ci emersi dagli scavi<br />
pluriennali svolti sotto la <strong>di</strong>rezione<br />
della dott.ssa Goranka Lipovac<br />
Vrkljan dell'Istituto <strong>di</strong> archeologia<br />
<strong>di</strong> Zagabria.<br />
Il sito in questione è ubicato nel<br />
solo centro della città balneare, allo<br />
sbocco del fi ume Dubračina, sulla<br />
sponda orientale dell'insenatura<br />
collegata tramite la regione storica<br />
<strong>di</strong> Vinodol con le altre regioni dell’entroterra.<br />
Gli spessi strati alluvionali<br />
del fi ume Dubračina<br />
hanno tenuto coperto per più<br />
<strong>di</strong> duemila anni questo importante<br />
luogo dal ricco e<br />
antico passato dell’intera<br />
area quarnerina, della<br />
quale solo recentemente<br />
si è venuti a conoscenza.<br />
Questa offi cina offre<br />
tante interessanti informazioni<br />
sia sulla composizione<br />
e l'organizzazione<br />
del processo produttivo<br />
sia sugli oggetti ceramici<br />
che vi venivano<br />
prodotti dalla<br />
fi ne del I sec.<br />
a. C. fi no alla<br />
fi ne del II sec<br />
d.C. Un particolare<br />
molto<br />
interessante<br />
che riguarda<br />
la scoperta è<br />
il <strong>fa</strong>tto che si<br />
tratta della prima<br />
offi cina per<br />
la produzione<br />
della ceramica<br />
attestata sul territorio<br />
della provincia<br />
romana<br />
nell’area quarnerina.<br />
Gli scavi organizzati<br />
e condotti<br />
dalla Lipovac Vrkljan,<br />
assieme al suo gruppo,<br />
composto da Bartul<br />
Šiljeg, Ivana Ožanić<br />
dell'Istituto <strong>di</strong> archeologia,<br />
e da Irena Ra<strong>di</strong>ć Rossi<br />
del Diparti-<br />
mento per l’archeologia subacquea<br />
dell'Istituto croato <strong>di</strong> restauro ed altri<br />
collaboratori (lo stesso gruppo<br />
è anche organizzatore della conferenza<br />
internazionale a Crikvenica),<br />
hanno portato alla luce non solo i<br />
resti dell’offi cina per la produzione<br />
della ceramica, ma anche numerose<br />
testimonianze <strong>di</strong> un intenso traffi -<br />
co commerciale nell’area del Mare<br />
Adriatico. Dall’inizio degli scavi<br />
(2006), fi no ad oggi sono emerse<br />
oltre 4 tonnellate <strong>di</strong> reperti, tra<br />
cui scarti <strong>di</strong> produzione dell’offi cina,<br />
ceramiche per l’uso quoti<strong>di</strong>ano,<br />
e anfore.<br />
L’iniziativa conferenziale, promossa<br />
nell’ambito del progetto<br />
“L’area settentrionale del Litorale<br />
croato nel contesto del sistema <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fesa romana” avviato dall’Istituto<br />
<strong>di</strong> archeologia <strong>di</strong> Zagabria, è<br />
nata come necessità <strong>di</strong> scambiare<br />
risultati delle ricerche scientifi che<br />
riguardanti lo stu<strong>di</strong>o dei centri per<br />
la produzione<br />
della<br />
ceramica e<br />
del vetro in epoca romana, con un<br />
particolare accento sulla produzione<br />
locale ed il relativo commercio,<br />
soprattutto nell’area adriatica.<br />
Grazie al suo carattere internazionale,<br />
il simposio è stata esposto in<br />
tre lingue; croato, italiano e inglese,<br />
anche poiché vede la partecipazione<br />
<strong>di</strong> eminenti professori<br />
d’archeologia, molti dei quali<br />
provenienti dall'Italia. Complessivamente<br />
alla conferenza<br />
che si è articolata<br />
nel corso <strong>di</strong> due giornate,<br />
ha visto la partecipazione<br />
<strong>di</strong> oltre 60 stu<strong>di</strong>osi,<br />
archeologi, professori<br />
e operatori del<br />
settore. Diversi sono<br />
stati gli scopi <strong>di</strong> questo<br />
simposio, in primo luogo<br />
valorizzare l'aspetto<br />
e l'importanza archeologica<br />
non solo della città<br />
<strong>di</strong> Crikvenica, località <strong>di</strong><br />
ritrovamento del sito, ma<br />
l'intera zona del circondario,<br />
allargata in questo caso<br />
a tutta l’area quarnerina. Parere<br />
degli stu<strong>di</strong>osi presenti all’evento,<br />
è che la zona in passato<br />
era soggetta a un’intensa<br />
vita e commercio <strong>di</strong> alto livello,<br />
e dunque per questo non minore<br />
ad altri siti archeologici ben più<br />
noti, come quelli dell’Istria e della<br />
Dalmazia.<br />
A conferma <strong>di</strong> queste<br />
tesi i <strong>di</strong>versi interventi<br />
dei singoli stu<strong>di</strong>osi<br />
e archeologi,<br />
alcuni dei quali<br />
meritano una<br />
analisi più<br />
profonda.<br />
Si<br />
tratta<br />
<strong>di</strong> argomenti come “Produzione <strong>di</strong><br />
ceramica locale della offi cina <strong>di</strong> Sesto<br />
Metilio Massimo a Crikvenica<br />
– anfore romane a fondo piatto, variante<br />
‘Crikvenica’” <strong>di</strong> Goranka Lipovac<br />
Vrkljan e Bartul Šiljeg. I due<br />
ricercatori e stu<strong>di</strong>osi hanno illustrato<br />
gli scavi archeologici sistematici<br />
che dal 2006 a Crikvenica (Ad turres)<br />
vengono effettuati nella zona<br />
dell’offi cina romana per la produzione<br />
della ceramica. Questi hanno<br />
portato alla scoperta della maggior<br />
parte <strong>di</strong> contenuti architettonici<br />
della “<strong>fa</strong>bbrica” <strong>di</strong> Sesto Metilio<br />
Massimo, per esempio le fornaci e<br />
gli ambienti usati nel processo produttivo.<br />
Sono stati scoperti inoltre<br />
tantissimi frammenti, oltre quattro<br />
tonnellate, della ceramica d’uso<br />
comune ed e<strong>di</strong>lizia, nonché i numerosi<br />
frammenti della anfore che<br />
comprendono le forme conosciute<br />
del primo Impero ed una serie<br />
<strong>di</strong> anfore con caratteristiche fi nora<br />
sconosciute.<br />
Un’attenzione speciale è stata<br />
prestata a questi ultimi frammenti,<br />
ossia alle anfore con il fondo piatto,<br />
denominate “anfore <strong>di</strong> Crikvenica”.<br />
Benché queste anfore concor<strong>di</strong>no<br />
in molti elementi con quelle<br />
a fondo piatto <strong>di</strong> tipo Forlimpopoli,<br />
alcuni componenti come la forma<br />
dell’orlo, del collo e della anse<br />
come d’altronde il rapporto tra le<br />
anse ed il collo in<strong>di</strong>cano una variante<br />
nuova <strong>di</strong> anfore a fondo piatto<br />
appartenenti al primo Impero. È<br />
possibile, spiegano gli archeologi,<br />
che esse in parte rappresentano una<br />
copia intenzionale delle anfore del<br />
tipo Forlimpopoli, prodotta e commercializzata<br />
localmente. La loro<br />
attribuzione alla variante “Crikvenica”<br />
è accettabile poiché sono prese<br />
in considerazione le caratteristiche<br />
tipologiche e la loro produzione<br />
a Crikvenica, soprattutto in rispetto<br />
ai risultati ottenuti dalle analisi<br />
comparative mineralogiche e chimiche<br />
del materiale delle anfore e<br />
dell’argilla del luogo.<br />
Goranka Lipovac Vrkljan nelle<br />
presentazione ha rilevato che dopo<br />
aver aperto l’offi cina per la produzione<br />
<strong>di</strong> ceramica a Crikvenica, il<br />
proprietario Sesto MetilioMassimo<br />
(Sextus Metillius Maximus), ha segnato<br />
la produzione con la sua fi rma,<br />
non solo attraverso il bollo ma<br />
anche con particolarità tipologiche<br />
<strong>di</strong> alcuni prodotti.<br />
La produzione <strong>di</strong> anfore a<br />
Crikvenica è stata confermata anche<br />
attraverso la conformità delle ca-<br />
ratteristiche mineralogiche e quelle<br />
chimiche generali <strong>di</strong> anfore e argilla<br />
raccolta nella prossimità del sito.<br />
“I frammenti delle anfore <strong>di</strong><br />
Crikvenica, dei vasi a pareti sottili<br />
e delle tegole sono stati sottoposti<br />
alle analisi analitiche. Come modelli<br />
sono stati raccolti dei campioni<br />
<strong>di</strong> terra nelle vicinanze della offi cina<br />
stessa e su alcuni siti dell’entroterra.<br />
Le caratteristiche mineralogiche,<br />
geochimiche e strutturali dei<br />
campioni e delle ceramica analizzati<br />
sono risultati particolarmente simili<br />
tra loro. Ciò indubbiamente in<strong>di</strong>ca<br />
il <strong>fa</strong>tto che sono stati prodotti nella<br />
stessa offi cina e dalla stessa o molto<br />
simile materia prima” ha osservato<br />
Goranka Lipovac Vrkljan.<br />
Altro interessante passo del simposio<br />
è stato l’intervento <strong>di</strong> Irena<br />
Ra<strong>di</strong>ć Rossi, dal titolo “Prodotti dell’offi<br />
cina <strong>di</strong> Sesto Metilio Massimo<br />
nell’area sottomarina croata”.<br />
L’archeologa Ra<strong>di</strong>ć Rossi ha<br />
spiegato che nella stesura uffi cia-<br />
le del patrimonio subacqueo croato,<br />
da parecchio tempo sono elencati<br />
due siti ancor oggi completamente<br />
trascurati. Si tratta <strong>di</strong> naufragi<br />
con carico <strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>le<br />
in ceramica, situati nelle acque <strong>di</strong><br />
Lussino e Sansego dell’insenatura<br />
del Quarnero. La revisione <strong>di</strong> alcuni<br />
<strong>di</strong> questi reperti collocati nella<br />
sede del Museo navale e storico<br />
del Quarnero a Fiume, ed i risultati<br />
delle analisi chimiche del materiale<br />
recentemente recuperato hanno at-<br />
5<br />
testato la loro provenienza dall’offi<br />
cina <strong>di</strong> Sesto Metilio Massimo a<br />
Crikvenica. Affondamenti con carichi<br />
<strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>le sono stati<br />
scoperti anche in altri posti lungo<br />
la costa croata, ma in nessuno dei<br />
casi sono stati effettuati ricerche<br />
approfon<strong>di</strong>te. Irena Ra<strong>di</strong>ć Rossi in<br />
conclusione ha rilevato che “i ritrovamenti<br />
sottomarini delle cosiddette<br />
‘anfore <strong>di</strong> Crikvenica’ sono ancora<br />
molto rari, essi tuttavia in<strong>di</strong>cano,<br />
la possibilità dell’esistenza<br />
<strong>di</strong> naufragi, i quali potrebbero aiutate<br />
a defi nir con più precisione la<br />
forma esatta delle anfore caratteristiche<br />
per l’offi cina <strong>di</strong> Crikvenica”.<br />
Infi ne Bartul Šiljeg, ha illustrato ai<br />
presenti il tema “Le offi cine per la<br />
produzione del vetro a Crikvenica<br />
e Corinthia (Veglia)”. “I pezzi del<br />
materiale vitreo <strong>di</strong> scarto trovati<br />
sul sito archeologico <strong>di</strong> Crikvenica,<br />
in<strong>di</strong>cano senza ombra <strong>di</strong> dubbio<br />
la presenza della produzione<br />
del vetro” ha esor<strong>di</strong>to l’esperto in<br />
archeologia. “Le ricognizioni svolte<br />
nell’area <strong>di</strong> Corinthia (Piccolo<br />
porto) sull’isola <strong>di</strong> Veglia hanno<br />
riportato nuovi in<strong>di</strong>zi sulla produzione<br />
del vetro nell’epoca della<br />
tarda antichità (sesto secolo) in<br />
queste zone. Le prove dell’esistenza<br />
<strong>di</strong> un’offi cina per la produzione<br />
del vetro comprendono i resti della<br />
materia prima, i pezzi <strong>di</strong> scarto,<br />
un numero elevato <strong>di</strong> vari prodotti<br />
in vetro, una quantità elevata <strong>di</strong><br />
cenere creatasi col bruciare elevate<br />
quantità <strong>di</strong> legno, e pezzi <strong>di</strong> legno<br />
fuso attaccati alla ceramica. Queste<br />
due offi cine, ha spiegato Šiljeg,<br />
sono la conferma della produzione<br />
del vetro nel Quarnero”.
6 storia e ricerca<br />
CONTRIBUTI<br />
Per una storia del confi ne orientale<br />
tra guerre, violenze, foibe, <strong>di</strong>plomazia<br />
<strong>di</strong> Marco Grilli<br />
er una storia del confi ne orienta-<br />
«Ple: fra guerre, violenze, foibe, <strong>di</strong>plomazia”<br />
(2007) è il titolo <strong>di</strong> un volume<br />
<strong>di</strong> materiali <strong>di</strong>dattici prodotto dall’Istituto<br />
Storico Grossetano della Resistenza e<br />
dell’Età Contemporanea (ISGREC) col<br />
patrocinio della Regione Toscana. L’opera,<br />
curata da Laura Benedettelli, Matteo<br />
Fiorani e Luciana Rocchi, frutto <strong>di</strong> un’accurata<br />
ricognizione delle più rigorose ricerche<br />
storiche sul tema e della letteratura<br />
prodotta nel Friuli-Venezia Giulia, ha<br />
tratto spunto da un progetto dell’Istituto <strong>di</strong><br />
Trieste (Istituto regionale per la storia del<br />
movimento <strong>di</strong> liberazione nel Friuli Venezia<br />
Giulia) <strong>di</strong>venuto convegno nazionale<br />
(Storia della frontiera orientale, Torino,<br />
17-20 ottobre 2005). Nella presentazione<br />
del volume il Presidente della Regione<br />
Toscana, Clau<strong>di</strong>o Martini, ha riba<strong>di</strong>to<br />
l’interesse dell’istituzione: “alla memoria<br />
pubblica dei <strong>fa</strong>tti e delle vicende tragiche<br />
del Novecento, nella certezza che questo<br />
investimento è produttivo da un punto <strong>di</strong><br />
vista culturale ma, ancora <strong>di</strong> più, che la<br />
<strong>di</strong>ffusione delle conoscenze è un elemento<br />
decisivo per la partecipazione alla vita<br />
pubblica e la crescita della democrazia”.<br />
L’ISGREC, consapevole dell’importanza<br />
del confi ne orientale italiano all’interno<br />
della storia nazionale ed europea, ha promosso<br />
questo lavoro sia come opportunità<br />
d’approfon<strong>di</strong>mento per gli insegnanti, sia<br />
come proposta <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong>dattico su<br />
storia e memoria che: “… sappia eludere<br />
il rischio <strong>di</strong> una decontestualizzazione dell’evento<br />
foibe, oggetto <strong>di</strong>chiarato della rimozione,<br />
che il legislatore ha voluto rovesciare<br />
in rituale commemorativo”.<br />
Le violenze subite<br />
dagli italiani<br />
Negli ultimi anni il tragico tema delle<br />
foibe e dell’esodo, colpevolmente rimosso<br />
per lungo tempo, ha suscitato molto interesse<br />
dando origine a ricerche, pubblicazioni,<br />
convegni e perfi no fi ction, spesso<br />
lontane da un approccio scientifi co, <strong>di</strong>mostrando<br />
come la conoscenza storica nell’era<br />
della comunicazione proteiforme sia<br />
esposta al rischio <strong>di</strong> usi strumentali e mistifi<br />
cazioni. Su questo aspetto si è soffermata<br />
la Direttrice dell’ISGREC Luciana<br />
Rocchi, che nell’introduzione dell’opera<br />
ha spiegato i due presupposti – uno storiografi<br />
co, l’altro <strong>di</strong>dattico – alla base del volume.<br />
Il primo aspetto è il risultato <strong>di</strong> un<br />
modello interpretativo fondamentale: “il<br />
fenomeno delle violenze subite dagli italiani<br />
in Istria tra 1943 e 1945 culminate<br />
negli infoibamenti, che hanno dato origine<br />
al lungo esodo degli italiani dalle loro<br />
terre, non può essere compreso e spiegato<br />
che nel contesto dei più ampi processi<br />
<strong>di</strong> trasformazione che hanno interessato il<br />
Confi ne orientale nel lungo periodo della<br />
storia del Novecento”, mentre il presupposto<br />
<strong>di</strong>dattico, ispirandosi al modello <strong>di</strong> una<br />
”<strong>di</strong>dattica laboratoriale” da tradursi in lezioni,<br />
laboratori, percorsi formativi più o<br />
meno ampi, ha inteso mettere a <strong>di</strong>sposizione<br />
degli insegnanti una pluralità <strong>di</strong> fonti<br />
–archivistiche, fotografi che, cartografi che,<br />
memorialistiche, storiografi che- in grado<br />
<strong>di</strong> supportare un manuale generalmente<br />
povero sul tema proposto.<br />
Contestualizzare i fenomeni<br />
Richiamandosi all’insegnamento dello<br />
storico Giovanni De Luna, volto a percepire<br />
la specifi cità <strong>di</strong> ogni fenomeno od<br />
evento storico ed a ricondurre la storia alle<br />
fonti ed ai documenti, restituendo <strong>di</strong>gnità<br />
scientifi ca alle sue argomentazioni, Luciana<br />
Rocchi ha affrontato i complessi temi<br />
dell’uso pubblico della storia e del rapporto<br />
fra storia e memoria, invocando la necessità<br />
<strong>di</strong> ridurre: “la <strong>di</strong>stanza tra i luoghi<br />
<strong>di</strong> costruzione del sapere storico e il pubblico,<br />
sia chiedendo agli storici <strong>di</strong> misu-<br />
Un volume <strong>di</strong> materiali <strong>di</strong>dattici dell’ISGREC<br />
rarsi anche con le esigenze della <strong>di</strong>vulgazione,<br />
sia introducendo nella scuola la conoscenza<br />
e la pratica degli strumenti con<br />
cui la conoscenza storica si produce”. La<br />
prima parte del libro è de<strong>di</strong>cata al tragico<br />
esodo della popolazione italiana dall’Istria<br />
(1945-1954) e permette <strong>di</strong> seguire nel tempo<br />
gli spostamenti <strong>di</strong> quello che a ragione<br />
è stato defi nito “confi ne mobile”, nell’ambito<br />
<strong>di</strong> “quell’immane assommarsi <strong>di</strong><br />
dolore” che è il dopoguerra europeo. Nell’intento<br />
dell’opera le fonti scelte – fotografi<br />
che, orali, letterarie, memorialistiche<br />
– “grazie all’impatto emotivo con cui s’impongono<br />
e agli imme<strong>di</strong>ati interrogativi che<br />
suscitano, possono creare le con<strong>di</strong>zioni per<br />
un primo approccio alla realtà <strong>di</strong> una società<br />
minacciata nella propria identità e<br />
sconvolta nelle sue strutture… rappresentano<br />
il punto <strong>di</strong> partenza per descrivere angosce,<br />
speranze e sconfi tte <strong>di</strong> chi ha visto<br />
trasformarsi non solo gli aspetti politici e<br />
istituzionali, ma anche, attraverso il trauma<br />
subito, le proprie strutture mentali”.<br />
Alle origini dell’esodo<br />
La seconda parte dell’opera – “Alle<br />
origini dell’esodo: i mutamenti del confi<br />
ne orientale” – parte da un’interessante<br />
analisi del concetto generale <strong>di</strong> frontiera,<br />
ripercorrendone i numerosi signifi cati<br />
assunti nella travagliata storia dei rapporti<br />
fra l’Italia e le popolazioni slave al<br />
<strong>di</strong> là dell’Adriatico (frontiera <strong>di</strong> tensione,<br />
<strong>di</strong> mobilitazione, confi ne naturale, etnico,<br />
strategico, imperiale ecc.). Emerge, come<br />
sottolineato dagli stu<strong>di</strong> dello storico Guido<br />
Crainz, l’esistenza <strong>di</strong> frontiere culturali e<br />
mentali che sembrano più durevoli <strong>di</strong> quelle<br />
fra Stati, evidenti negli splen<strong>di</strong><strong>di</strong> passi<br />
tratti dall’opera “Mondo ex” del “cosmpolita”<br />
per defi nizione Predrag Matvejevic,<br />
oggi tra “asilo ed esilio” dall’ex-Jugoslavia.<br />
Le <strong>di</strong>fferenze etniche e culturali delle<br />
popolazioni lungo il confi ne mobile, all’origine<br />
<strong>di</strong> nazionalismi e confl itti, sono<br />
analizzate nel volume attraverso la meticolosa<br />
opera del triestino Carlo Schiffrer<br />
(1902-’70), <strong>di</strong> cui sono proposte alcune<br />
carte e i dati quantitativi tratti dal saggio<br />
“Sguardo storico sui rapporti fra italiani e<br />
slavi nella Venezia Giulia” (1945).<br />
Dal 1866 al 1975<br />
Il secondo capitolo “Tra Grande Guerra,<br />
<strong>fa</strong>scismo e secondo dopoguerra” è aperto<br />
da una lucida e sintetica scheda storica<br />
che, a partire dalla III Guerra d’In<strong>di</strong>pendenza<br />
del 1866 fi no agli Accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Osimo<br />
del 1975, che stabilirono uffi cialmente il<br />
confi ne <strong>di</strong> stato italo-jugoslavo, fornisce le<br />
nozioni essenziali per orientarsi nello stu<strong>di</strong>o<br />
del confi ne orientale, pensato, seguendo<br />
la defi nizione <strong>di</strong> Raul Pupo, come laboratorio<br />
della storia europea del ‘900: “S’intrecciano<br />
lì nazioni e nazionalismi, guerre<br />
totali e movimenti <strong>di</strong> massa, stati totalitari,<br />
violenze programmate e sistema concentrazionario,<br />
relazioni <strong>di</strong>plomatiche e blocchi<br />
<strong>di</strong> stati”. Le fonti archivistiche, stampa e le<br />
testimonianze orali selezionate consentono<br />
<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re numerosi aspetti, dalle relazioni<br />
<strong>di</strong>plomatiche (testi del Trattato <strong>di</strong><br />
Rapallo-1920, Conferenza <strong>di</strong> Pace <strong>di</strong> Parigi-1947,<br />
Memorandum <strong>di</strong> Londra-1954<br />
ecc.) al nazionalismo e l’occupazione nazi<strong>fa</strong>scista<br />
della Jugoslavia nella II Guerra<br />
Mon<strong>di</strong>ale (es. Circolare 3 C del Gen. Mario<br />
Roatta –1942), introducendo alle fonti storiografi<br />
che, costituite da estratti <strong>di</strong> testi sul<br />
tema scelti dall’ISGREC per la loro serietà<br />
d’analisi e ricchezza documentaria. Si tratta<br />
<strong>di</strong>: “Gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> pace dopo la Grande<br />
Guerra (1919-1925) <strong>di</strong> E. Goldstein (2005);<br />
“L’Europa nazista, il progetto <strong>di</strong> un nuovo<br />
or<strong>di</strong>ne europeo” <strong>di</strong> E. Collotti (2002); “I<br />
campi del Duce, l’internamento civile nell’Italia<br />
<strong>fa</strong>scista” <strong>di</strong> C. S. Capogreco (2004);<br />
“Foibe, le stragi negate degli italiani della<br />
Venezia Giulia e dell’Istria” <strong>di</strong> G. Oliva<br />
(2002); “Il lungo esodo, Istria, le persecuzioni,<br />
le foibe, l’esilio” <strong>di</strong> R. Pupo (2005);<br />
“Profughi, dalle foibe all’esodo, la trage<strong>di</strong>a<br />
degli italiani <strong>di</strong> Istria Fiume e Dalmazia” <strong>di</strong><br />
G. Oliva (2005) ed infi ne “Il dolore e l’esilio,<br />
l’Istria e le memorie <strong>di</strong>vise d’Europa”<br />
<strong>di</strong> G. Crainz (2005). Quest’ultimo volume<br />
offre spunti interessanti per giungere alla<br />
comprensione dei <strong>fa</strong>tti verifi catisi sul confi<br />
ne orientale fra il 1943 ed il 1945: “La<br />
denuncia dei crimini che lì ebbero luogo<br />
– spiega il presidente dell’ISGREC Adolfo<br />
Turbanti – ha senso solo se si riconducono<br />
quegli avvenimenti all’interno del più<br />
vasto quadro europeo del dopoguerra, ove<br />
si trovano episo<strong>di</strong> analoghi e anche <strong>di</strong> più<br />
vasta portata, tutti legati alla ridefi nizione<br />
dei confi ni, con conseguenti spostamenti e<br />
<strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> popolazioni”.<br />
Cercare <strong>di</strong> capire<br />
Dopo un’esauriente cartografi a che,<br />
grazie all’ausilio <strong>di</strong> note effi caci e sintetiche,<br />
segue le principali mo<strong>di</strong>fi che del<br />
confi ne mobile tra il 1915 (frontiera fra<br />
Regno d’Italia e Litorale austriaco) ed il<br />
1954 (Memorandum <strong>di</strong> Londra che assegna<br />
la zona A del Territorio Libero <strong>di</strong><br />
Trieste all’Italia e la zona B alla Jugoslavia),<br />
il “pacchetto <strong>di</strong>dattico” si chiude con:<br />
l’elenco e la localizzazione delle foibe,<br />
tratto dall’Atlante storico della lotta <strong>di</strong> liberazione<br />
in Friuli Venezia Giulia; un’ampia<br />
e dettagliata cronologia dei <strong>fa</strong>tti svoltisi<br />
nei territori istriani e giuliano dalmati<br />
dal 1866 al 1991 (inizio della <strong>di</strong>ssoluzione<br />
della Jugoslavia) ed infi ne una bibliografi<br />
a, come strumento <strong>di</strong> aggiornamento per<br />
gli insegnanti. Il lavoro dell’ISGREC, in<br />
un periodo non immune da quella che il<br />
fi losofo Remo Bodei chiama “la storia da<br />
supermercato, o la storia a prezzi stracciati<br />
offerta dai me<strong>di</strong>a” si rivela <strong>di</strong> grande interesse<br />
e utilità per cercare <strong>di</strong> capire quanto<br />
è successo nei territori istriani e giuliano-dalmati,<br />
nella speranza che il recupero<br />
della memoria ed il confronto fra storie e<br />
memorie dei paesi del confi ne, oggi in atto,<br />
produca infl ussi positivi nella convivenza<br />
tra le popolazioni delle zone <strong>di</strong> frontiera,<br />
accrescendo la consapevolezza delle comunità<br />
che accolsero quanti furono espulsi<br />
dai loro luoghi. Il tutto nell’auspicio, riba<strong>di</strong>to<br />
dal Presidente dell’ISGREC Turbanti<br />
nella pre<strong>fa</strong>zione al libro, che l’idea<br />
<strong>di</strong> una federazione degli Stati europei,<br />
lanciata dall’intellettuale Gaetano Salvemini<br />
in una delle sue lettere dall’America<br />
già dal 1945, ed impostasi, seppur non<br />
pienamente, nella politica europea del dopoguerra:<br />
“possa <strong>di</strong>ffondersi dal Confi ne<br />
orientale italiano in tutta la penisola balcanica,<br />
per unire in un progetto <strong>di</strong> democrazia<br />
quei popoli agli altri europei, per togliere<br />
defi nitivamente alla guerra la sua<br />
capacità <strong>di</strong> seduzione”.<br />
La Regione Toscana e l’ISGREC, in<br />
collaborazione con la Direzione Generale<br />
Scolastica per la Toscana, terranno un secondo<br />
ciclo d’iniziative d’aggiornamento<br />
per gli insegnanti delle province toscane,<br />
sul tema del confi ne orientale, a partire da<br />
questo mese <strong>di</strong> novembre 2008.<br />
Venerdì, 7 novembre 2008<br />
ANNIVERSARI<br />
«Viribu<br />
E <strong>di</strong> un sogno<br />
Unitis”, “Tegetthoff”,<br />
“Prinz Eugen”,<br />
«Viribus<br />
“Szent Istvan”: la possente<br />
(e unica) classe <strong>di</strong> navi da<br />
battaglia, orgoglio dell’Austria-Ungheria<br />
scese in mare dallo Stabilimento<br />
Tecnico Triestino <strong>di</strong> Trieste<br />
La “Viribus Unitis”, racchiudeva<br />
nel nome il sogno dell’Impero e dell’Imperatore:<br />
avanti assieme, a forze<br />
riunite, ogni singolo mosaico del<br />
grande impero. La “Viribus Unitis”<br />
fu la prima nave della Classe: sfortunata,<br />
ebbe vita breve per quanto<br />
simbolica. Scese in mare il 24 giugno<br />
1911, colò a picco (assieme all’Impero,<br />
per una guerra persa) il<br />
1.mo novembre 1918 nel porto <strong>di</strong><br />
Pola. Si portò <strong>di</strong>etro ben 300 uomini.<br />
Una trage<strong>di</strong>a, leggendo la data, a<br />
guerra fi nita e per questo ancor più<br />
<strong>di</strong>ffi cile da capire; una fi ne che nessuno<br />
si sarebbe nemmeno immaginato<br />
anche perché la “Viribus Unitis”,<br />
al <strong>di</strong> là della sua potenza e possenza,<br />
delle sue qualità tecniche e<br />
del suo armamento <strong>di</strong> tutto rispetto,<br />
non battagliò mai tanto che trascorse<br />
la guerra in acque tutto sommato<br />
tranquille.<br />
Eppure, anche senza battagliare,<br />
fu la tragica protagonista che in un<br />
certo qual senso segnò l’inizio e la<br />
fi ne della Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale: il<br />
2 luglio 1914 portò da Metković a<br />
Trieste le salme dell’arciduca Francesco<br />
Fer<strong>di</strong>nando e della duchessa<br />
Sofi a, uccisi per mano <strong>di</strong> Gavrilo<br />
Princip a Sarajevo a fi ne giugno nell’attentatoattentato<br />
che segnò l’inizio<br />
del confl itto (ma la miccia era<br />
già pronta, quello fu solo l’accen<strong>di</strong>no),<br />
il 1.mo novembre 1918 colò a<br />
picco nelle acque del porto <strong>di</strong> Pola,<br />
ultima grande nave ad affondare nel<br />
Me<strong>di</strong>terraneo nella Prima Grande<br />
Guerra che, come detto, ormai si<br />
stava concludendo: l’armistizio tra<br />
Austria e Italia sarebbe stato fi rmato<br />
un paio <strong>di</strong> giorni dopo, il 3 novembre<br />
(ma la notizia giunse al fronte<br />
il giorno dopo e le armi tacquero,<br />
quin<strong>di</strong>, il 4 novembre); l’11 novembre<br />
venne fi rmato l’armistizio tra<br />
gli alleati e la Germania e quella fu<br />
davvero la fi ne.<br />
In effetti, l’Austria aveva deposto<br />
le armi prima della fi rma dell’intesa<br />
a Villa Giusti (Padova): le cose<br />
si erano messe malissimo, per l’Impero,<br />
sul Piave e sul Grappa e già le<br />
sue navi avevano ammainato la ban<strong>di</strong>era.<br />
La “Viribus Unitis” si portò in<br />
fondo al mare la ban<strong>di</strong>era del nuovo<br />
Stato dei Serbi Croati e Sloveni.<br />
Quando si <strong>di</strong>ce la sorte. O la storia.<br />
A volte <strong>fa</strong> davvero lo stesso.<br />
Morte in guerra<br />
senza battaglia<br />
Ma senza battaglia, una nave<br />
come affonda?<br />
Ad essere sinceri, ancora durante<br />
la primavera e l’estate <strong>di</strong> quell’anno<br />
la Marina Italiana aveva<br />
tentato <strong>di</strong> affondare qualche grossa<br />
unità alla fonda nel porto <strong>di</strong> Pola<br />
ma la base era ben <strong>di</strong>fesa. A quanto<br />
aveva concesso Madre Natura alla<br />
confi gurazione del porto, la mano<br />
(militare) dell’uomo aveva aggiunto<br />
molti sbarramenti, <strong>di</strong>ffi cili da superare,<br />
per raggiungere le unità e<br />
quegli atti andati a male, scottavano<br />
un po’ sull’orgoglio militare italiano.<br />
Ma nell’estate ci fu la svolta:<br />
il maggiore del genio navale Raf<strong>fa</strong>elle<br />
Rossetti aveva progettato una<br />
sorta <strong>di</strong> siluro pilotato dal quale si<br />
sganciavano due cariche esplosive
Venerdì, 7 novembre 2008<br />
da sistemare sotto la carena della<br />
nave con un elettromagnete ad accumulatori.<br />
Si sarebbe potuto tentare<br />
l’impresa. Per la missione, che<br />
questa volta si sperava possibile,<br />
vennero scelti lo stesso Rossetti e il<br />
tenente me<strong>di</strong>co Raf<strong>fa</strong>ele Paolucci.<br />
Tre mesi <strong>di</strong> addestramento per aumentare<br />
la resistenza in mare e per<br />
imparare a manovrare la mignatta<br />
(questo il nome dato all’or<strong>di</strong>gno) e<br />
a fi ne ottobre si decise <strong>di</strong> agire.<br />
Uccidete<br />
la «Viribus Unitis»!<br />
Nel pomeriggio del 31 ottobre,<br />
due torpe<strong>di</strong>niere e due mas lasciarono<br />
Venezia al comando <strong>di</strong> Costanzo<br />
Ciano. Verso sera, le torpe<strong>di</strong>niere<br />
lasciarono i mas: quello<br />
che rimorchiava l’or<strong>di</strong>gno arrivò<br />
a poche centinaia <strong>di</strong> metri dalla<br />
<strong>di</strong>ga, l’altro si posizionò in modo<br />
da raccogliere i due uomini a fi ne<br />
missione. Alle 22,18 i due uffi ciali<br />
salirono sulla mignatta e in silenzio<br />
puntarono verso la base milita-<br />
re. La “vera” missione, cominciava<br />
adesso.<br />
Una decina <strong>di</strong> minuti dopo raggiunsero<br />
lo sbarramento esterno…<br />
lo superarono, poi si apprestarono<br />
ad affrontare tre triplici or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
reti… sentinelle… imbarcazioni<br />
della ronda… altre <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a…<br />
sommergibili… E per <strong>di</strong> più aveva<br />
cominciato a piovere. Non si risparmiarono:<br />
alle 3 erano dentro<br />
la base, tutti gli ostacoli alle spalle.<br />
In mare, all’ancora, la “Viribus<br />
Unitis”, la “Tegetthoff”, la “Prinz<br />
Eugen” e varie navi <strong>di</strong> scorta. Un<br />
colpo d’occhio notevole, <strong>di</strong> tutto<br />
rispetto. Un dettaglio stonava,<br />
ma non ci fecero caso: nella buia<br />
notte piovosa, la base era tutta una<br />
luce. Le navi, in<strong>fa</strong>tti, erano illuminate.<br />
In guerra, un errore madornale.<br />
Mortale. In guerra, come detto.<br />
Ma quella che aveva messo a ferro<br />
e fuoco l’Europa, era da considerarsi<br />
guerra fi nita; con le gambe<br />
spezzate l’AU si apprestava a fi rmare<br />
l’Intesa che aveva chiesto e<br />
quin<strong>di</strong> l’Italia non era più il nemi-<br />
co da combattere e battere in battaglia.<br />
Solo che Paolucci e Rossetti,<br />
queste cose non le sapevano. Alle<br />
4,15 erano appresso alla corazzata<br />
condannata a morte. Non fu impresa<br />
semplice: lottarono con il mare,<br />
le onde li trascinarono via dalla<br />
“Viribus”, Rossetti nuotò <strong>di</strong> nuovo<br />
verso la sagoma che si stagliava<br />
contro il cielo, <strong>di</strong> nuovo il mare<br />
se lo trascinò lontano e <strong>di</strong> nuovo il<br />
maggiore raggiunse la nave riuscendo<br />
a sistemare la carica esplosiva<br />
contro la carena della corazzata.<br />
Adesso potevano affrontare gli<br />
sbarramenti nel senso opposto.<br />
Un’altra ban<strong>di</strong>era<br />
per morire<br />
Purtroppo, non va sempre come<br />
da <strong>di</strong>segno: un proiettore puntò il <strong>fa</strong>scio<br />
<strong>di</strong> luce sul mare e li inquadrò.<br />
Paolucci attivò la seconda carica <strong>di</strong><br />
esplosivo, Rossetti aprì la valvola <strong>di</strong><br />
immersione per <strong>di</strong>struggere la mi-<br />
storia e ricerca 7<br />
L’affondamento il 1.mo novembre 1918<br />
s Unitis», la fi ne <strong>di</strong> un impero<br />
affondato insieme con la nave<br />
gnatta che, senza controllo andò a<br />
sbattere contro il piroscafo Wien <strong>fa</strong>cendolo<br />
saltare.<br />
Dalla “Viribus Unitis” scese in<br />
mare una lancia e i due uffi ciali,<br />
<strong>fa</strong>tti prigionieri, vennero <strong>fa</strong>tti salire<br />
sulla corazzata destinata a morire. Lì<br />
la sorpresa: quella non era più fl otta<br />
austriaca! Le navi avevano issato<br />
la ban<strong>di</strong>era del nuovo Stato <strong>di</strong> Jugoslavia;<br />
i componenti non austriaci<br />
dell’equipaggio avrebbero lasciato<br />
la nave. Rossetti e Paolucci, il gelo<br />
nelle vene, si guardarono e si capirono.<br />
Si rivolsero al nuovo comandante<br />
dell’unità, il capitano <strong>di</strong> vascello<br />
Janko Vuković de Podkapelski: “La<br />
nave è minata. Salterà!” e il capitano<br />
or<strong>di</strong>nò il “Si salvi chi può!”<br />
Nella confusione che seguì, si<br />
buttarono in mare anche Paolucci<br />
e Rossetti ma vennero riportati<br />
a bordo. Tantissimi marinai erano<br />
rimasti sulla nave, convinti che i<br />
due uffi ciali italiani avessero mentito.<br />
Intanto, si esaurivano gli ultimi<br />
minuti che il destino, complici<br />
Paolucci e Rossetti, aveva concesso<br />
alla nave e al suo equipaggio. E<br />
la corazzata saltò. Nel caos che ne<br />
seguì, Paolucci e Rossetti restarono<br />
soli con il comandante. “Lasciate<br />
la nave! Salvatevi” or<strong>di</strong>nò<br />
loro Vuković de Podkapelski (un<br />
gesto da antologia del mare). E i<br />
due uffi ciali salirono su una lancia.<br />
La “Viribus Unitis”, stanca e<br />
ferita, sbandò pericolosamente e<br />
lentamente si abbandonò al mare.<br />
si <strong>di</strong>ce che un marinaio sulla lancia<br />
accanto a Rossetti e Paolucci<br />
pianse l’orgogliosa ammiraglia.<br />
Alle 6,40 del 1.mo novembre, la<br />
“Viribus Unitis” non c’era più. Tra<br />
i 300 uomini morti o dati per <strong>di</strong>spersi,<br />
perse la vita anche Vuković<br />
de Podkapelski, nuovo ammiraglio<br />
della Flotta del nuovo stato. Che<br />
sfortuna, pover’uomo: aveva comandato<br />
nave e fl otta per appena<br />
12 ore prendendo il comando alle 5<br />
del pomeriggio del 31 ottobre dopo<br />
che l’ammiraglio Miklós Horthy<br />
aveva <strong>fa</strong>tto l’ultimo ammaina ban<strong>di</strong>era.<br />
Rossetti e Paolucci vennero<br />
<strong>fa</strong>tti salire sulla “Tegetthoff” e <strong>fa</strong>tti<br />
prigionieri. Status che mantennero<br />
fi no al 4 novembre: il giorno dopo<br />
la fi rma della pace, la Marina Militare<br />
Italiana occupò il porto e Paolucci<br />
e Rossetti vennero liberati.<br />
Cierre
8 storia e ricerca<br />
Mostre, <strong>di</strong>battiti, letture, spettacoli, fi lm e documentari d’autore<br />
ta alla Lega Nazionale, affronterà<br />
l’argomento dell’associazionismo<br />
antiasburgico, a Trieste, nei <strong>primi</strong><br />
decenni del Novecento. Nell’incontro<br />
curato dall’associazione culturale<br />
goriziana èStoria, Piero Melograni,<br />
John Schindler e Roberto Spazzali<br />
interpreteranno il 1918 come<br />
data cruciale nel determinare la fi ne<br />
della vecchia Europa. Dal punto <strong>di</strong><br />
vista geopolitico ed economico il<br />
<strong>di</strong>scorso passerà poi al mondo della<br />
cultura e delle arti. Scendono in<br />
campo personaggi come Gentile e<br />
Croce, in un serrato confronto-scontro<br />
impostato da Roberto Pertici. Ed<br />
Ernst Jünger autore <strong>di</strong> Nelle tempeste<br />
d’acciaio, rielaborazione del<br />
<strong>di</strong>ario scritto in trincea, ricordato, a<br />
<strong>di</strong>eci anni dalla sua morte, da Francesco<br />
Fiorentino. Quattro incontri si<br />
concentreranno, ancora, sull’aspetto<br />
più strettamente letterario. Gli scrittori<br />
giuliani, primo fra tutti Stuparich,<br />
raccontato da Anna Storti Abate;<br />
Saba, Svevo, Elia e Camber Barni,<br />
visti da Elvio Guagnini, nella duplice<br />
prospettiva <strong>di</strong> soldati semplici oppure<br />
interpreti esterni ed estranei alla<br />
guerra. Prosegue con gli “esteti armati”<br />
<strong>di</strong> Maurizio Serra: intellettuali<br />
europei che non avevano separato la<br />
grande letteratura dalla grande storia<br />
come Ste<strong>fa</strong>n George, Wyndham<br />
Lewis, Filippo Tommaso Marinetti,<br />
François Feytö. Infi ne un intervento<br />
specifi co sulla “letteratura <strong>di</strong> guerra”<br />
<strong>di</strong> Francesco De Nicola. Due appuntamenti<br />
d’argomento storico-artistico,<br />
uno <strong>di</strong> carattere nazionale e l’altro<br />
giuliano, affronteranno, il primo,<br />
il rapporto degli artisti italiani con la<br />
Grande Guerra, con particolare attenzione<br />
alla nascita del futurismo<br />
– a cura <strong>di</strong><br />
Elena Pontiggia –,<br />
il secondo, l’originale<br />
<strong>di</strong>scorso dei<br />
ritratti uffi ciali<br />
e satirici nella<br />
Trieste asburgica,<br />
attraverso<br />
l’analisi <strong>di</strong> Maria<br />
Masau Dan<br />
e Vanja Strukelj.<br />
Ste<strong>fa</strong>no Bianchi<br />
parlerà delle<br />
scelte musicali e<br />
teatrali della Trieste<br />
pre-bellica e in<br />
guerra, “tra wagnerismo<br />
e irredentismo”.<br />
Cinema e prima guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale sarà l’argomento<br />
affrontato da più<br />
punti <strong>di</strong> vista e prospettive<br />
da Maurizio Cabona,<br />
Giacomo Campiotti,<br />
Lucio Fabi, Franco<br />
Giral<strong>di</strong> e Pietro Neglie.<br />
Roberto Todero<br />
commenterà, in due<br />
incontri, la lettura <strong>di</strong><br />
alcune lettere conservate<br />
in archivi privati,<br />
le storie <strong>di</strong> alcuni soldati <strong>di</strong> lingua<br />
italiana e slovena all’interno dei reggimenti<br />
asburgici e presenta i Canti<br />
dei soldati del Litorale, interpretati<br />
dal coro <strong>di</strong> un’associazione culturale<br />
regionale. A conclusione del vasto<br />
programma Chiara Simon e Mario<br />
Coglitore parleranno delle origini<br />
della posta militare, illustrando le<br />
collezioni del Museo Postale e Te-<br />
Anno IV / n. 33 del 7 novembre 2008<br />
legrafi co della Mitteleuropa, uno dei<br />
luoghi del tessuto culturale citta<strong>di</strong>no<br />
utile per l’approfon<strong>di</strong>mento del periodo<br />
storico...<br />
Il confl itto e il cinema<br />
La prima guerra mon<strong>di</strong>ale, primo<br />
confl itto <strong>di</strong> massa della storia, ha<br />
infl uenzato con le sue trage<strong>di</strong>e umane<br />
ed i suoi eroismi registi e cineasti<br />
<strong>di</strong> ogni epoca. Con un’ottica <strong>di</strong> tipo<br />
trasversale, la rassegna curata da La<br />
Cappella Underground all’interno<br />
della manifestazione Trieste 1918<br />
intende superare le <strong>di</strong>stinzioni tra<br />
cinema <strong>di</strong> propaganda e fi lm <strong>di</strong> impostazione<br />
pacifi sta, proponendo un<br />
percorso in cui la storia si <strong>fa</strong> protagonista<br />
attraverso le immagini. Per<br />
questa rassegna sono stati selezionati<br />
alcuni dei titoli migliori in assoluto<br />
tra i fi lm de<strong>di</strong>cati alla Grande<br />
Guerra. Si inizia con Cuori del<br />
mondo (1918) del “padre del cinema”<br />
David Wark Griffi th, fi lm commissionato<br />
dai governi nazionali <strong>di</strong><br />
Francia e Inghilterra nel pieno del<br />
confl itto, per continuare attraverso<br />
altri classici del cinema muto come<br />
“Al”i (1927) <strong>di</strong> William Wellmann,<br />
primo premio Oscar nella storia della<br />
statuetta, realizzato dal regista<br />
sull’onda del ricordo delle sue stesse<br />
imprese come pilota. Pellicola <strong>di</strong><br />
grande innovazione tecnica è “Angeli<br />
dell’inferno” (1930) <strong>di</strong> Howard<br />
Hughes, spettacolare fi lm <strong>di</strong> aviazione<br />
celebre per la ricostruzione<br />
dei set in Aviator <strong>di</strong> Scorsese. Tra<br />
i capolavori della storia del cinema,<br />
“La Grande Illusione” <strong>di</strong> Jean Renoir<br />
(primo fi lm in lingua straniera<br />
ad aver ottenuto la nomination all’Oscar<br />
come miglior fi lm) escito in<br />
Francia nel 1937, con una straor<strong>di</strong>naria<br />
galleria <strong>di</strong> personaggi interpretati<br />
tra gli altri da Jean Gabin, Pierre<br />
Fresnay, Erich von Stroheim e Dita<br />
Parlo. Il titolo più signifi cativo degli<br />
anni Cinquanta è “Orizzonti <strong>di</strong><br />
gloria” (1957) <strong>di</strong> Stanley Kubrick,<br />
grande affresco storico e antimilitarista<br />
della guerra sul fronte francese.<br />
Negli stessi anni esce in Italia<br />
“La Grande Guerra” (1959) <strong>di</strong> Mario<br />
Monicelli, con Sor<strong>di</strong> e Gassman<br />
nelle parti <strong>di</strong> due soldati eroi dell’arte<br />
<strong>di</strong> arrangiarsi. Del 1971 è il fi lm<br />
<strong>di</strong> Roger Corman de<strong>di</strong>cato al pilota<br />
tedesco Manfred von Richtofen, “Il<br />
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />
IN PIÙ Supplementi a cura <strong>di</strong> Errol Superina<br />
Progetto e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Silvio Forza / Art <strong>di</strong>rector: Daria Vlahov Horvat<br />
e<strong>di</strong>zione: STORIA E RICERCA<br />
Redattore esecutivo: Ilaria Rocchi-Rukavina / Impaginazione: Denis Host-Silvani<br />
Collaboratori: Francesco Cenetiempo, Marco Grilli, Gianfranco Miksa, Kristjan<br />
Knez e Carla Rotta / Foto: Graziella Tatalović<br />
La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano<br />
con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre<br />
2004<br />
Venerdì, 7 novembre 2008<br />
Trieste ricorda il novantesimo della redenzione<br />
Da pagina 2<br />
Mostrare la guerra<br />
Il programma prosegue con la<br />
grande mostra, <strong>di</strong>visa in sei sezioni<br />
e inaugurata il 31 ottobre presso<br />
l’af<strong>fa</strong>scinante cornice del Salone<br />
degli Incanti (dove un tempo<br />
si vendeva il pesce all’incanto)<br />
dell’ex Pescheria centrale: “Trieste<br />
1918. La prima redenzione<br />
novant’anni dopo” è il suo titolo<br />
e si articola in sei sezioni che ripercorrono<br />
la storia della prima<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale, affrontandola da<br />
più punti <strong>di</strong> vista. La prima sezione:<br />
“Mostrare la guerra. Reperti<br />
bellici da collezioni pubbliche e<br />
private, curata da Roberto Todero,<br />
presenta i gran<strong>di</strong> reperti bellici<br />
dalle collezioni del Civico Museo<br />
<strong>di</strong> guerra “Diego de Henriquez”,<br />
affi ancati da oggetti <strong>di</strong> minor <strong>di</strong>mensione<br />
utilizzati quoti<strong>di</strong>anamente<br />
dai soldati e provenienti in<br />
parte da collezioni private, offrono<br />
la possibilità <strong>di</strong> operare un serrato<br />
confronto tra i materiali usati nei<br />
<strong>di</strong>versi fronti. La seconda sezione:<br />
“Fumetti in trincea. Strisce <strong>di</strong><br />
storia” è opera <strong>di</strong> giovani fumettisti<br />
italiani riuniti attorno alla Twilight<br />
Comics, sulle orme dei gran<strong>di</strong><br />
maestri Pratt e Micheluzzi (alcune<br />
delle quali ambientate proprio nel<br />
1917-18, tra “le trincee australiane<br />
e tedesche che si fronteggiano<br />
sulle rive della Somme”, l’abbattimento<br />
del “Barone Rosso” e le sparatorie<br />
aeree nel cielo <strong>di</strong> Venezia;<br />
alle celebri narrazioni per immagini<br />
dell’istriano Attilio Micheluzzi,<br />
tra spie a Venezia e un Feldwebel<br />
galante) e le tavole ine<strong>di</strong>te, realizzate<br />
per l’occasione, raccontano la<br />
Grande Guerra a fumetti. La terza<br />
sezione: “Scrittori inquieti. Letterati<br />
giuliani al fronte”, curata da Il<br />
Ramo d’Oro E<strong>di</strong>tore, riporta il percorso<br />
dei letterati italiani <strong>di</strong> fronte<br />
al grande confl itto e più specifi catamente<br />
<strong>di</strong> quelli giuliani rifugiatisi<br />
a Firenze per non servire l’esercito<br />
austroungarico ed entrati in contatto<br />
con il vivace mondo de “La<br />
Voce” <strong>di</strong> Prezzolini e <strong>di</strong> “Lacerba”,<br />
come Giani e Carlo Stuparich,<br />
Scipio Slataper, Giulio<br />
Camber Barni, Enrico Elia,<br />
Umberto Saba, attraverso le<br />
prime e<strong>di</strong>zioni delle loro opere,<br />
<strong>di</strong>ari, lettere, manoscritti<br />
e oggetti personali utilizzati<br />
in guerra. Sono raccontate le<br />
vicende biografi che <strong>di</strong> alcuni<br />
<strong>di</strong> essi; si ricordano anche<br />
la posizione degli altri letterati<br />
giuliani quali Italo Svevo,<br />
Livia Veneziani, Elody Oblath,<br />
ecc. La quarta sezione: “Costruire<br />
per <strong>di</strong>struggere. Le fotografi e<br />
<strong>di</strong> un pioniere austro-ungarico”,<br />
curata da Francesco Fait, riporta<br />
più <strong>di</strong> cento immagini scattate sul<br />
fronte russo, rumeno e italiano da<br />
Michele Chiachich, uffi ciale <strong>di</strong> carriera<br />
militante nella cavalleria dell’esercito<br />
comune austro-ungarico<br />
e comandante dello squadrone <strong>di</strong><br />
pionieri del reggimento: un eccezionale<br />
sguardo sugli aspetti più<br />
cru<strong>di</strong> della guerra ma anche su scenari<br />
ine<strong>di</strong>ti della vita sociale delle<br />
popolazioni coinvolte nel confl itto.<br />
Nella quinta sezione: “La città<br />
in guerra”. Vita quoti<strong>di</strong>ana a Trieste,<br />
curata dalla Associazione Zenobi,<br />
vengono affrontati vari temi:<br />
l’economia <strong>di</strong> guerra, il rapporto<br />
tra i soldati nel loro tempo libero<br />
e la popolazione civile, gli sfollati;<br />
la vita culturale durante la guerra,<br />
il fronte interno, la città al servizio<br />
della guerra, la reazione <strong>di</strong> triestini<br />
alle offensive dell’Isonzo, la conquista<br />
della città.<br />
Sesta e ultima sezione: “I sentieri<br />
della memoria”, sempre a cura<br />
dell’Associazione Zenobi, vuole<br />
essere una passeggiata immaginaria<br />
attraverso il Carso triestino, goriziano<br />
e sloveno: un enorme giar<strong>di</strong>no<br />
della memoria, un gran<strong>di</strong>oso<br />
museo all’aperto tutto da scoprire.<br />
L’analisi <strong>di</strong> quegli<br />
anni cruciali<br />
Il Salone degli Incanti ospiterà<br />
sino alla conclusione delle manifestazioni,<br />
prevista per la metà <strong>di</strong><br />
gennaio 2009, un ciclo <strong>di</strong> incontri<br />
e <strong>di</strong>battiti, tenuti da accademici<br />
ed esperti in <strong>di</strong>versi ambiti, e un<br />
programma <strong>di</strong> fi lm d’autore, con<br />
lo scopo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o<br />
degli anni della Grande Guerra. In<br />
più <strong>di</strong> trenta appuntamenti verranno<br />
analizzati quei cruciali anni <strong>di</strong><br />
inizio secolo. Introdurrà l’articolato<br />
programma Giuseppe Parlato<br />
con un intervento generale sul rapporto<br />
e il ruolo della Grande Guerra<br />
e l’Italia, ponendo le basi agli interventi<br />
successivi che restringeranno<br />
e approfon<strong>di</strong>ranno i singoli aspetti<br />
dello stesso campo d’indagine. Sui<br />
prodromi della prima guerra mon<strong>di</strong>ale<br />
interverranno Ester Capuzzo,<br />
che analizzerà il ruolo della guerra<br />
a Trieste, Giorgio Petracchi, ricostruirà<br />
le ragioni internazionali<br />
dello scoppio del confl itto, Giorgio<br />
Negrelli, affronterà, invece, il quadropolitico-culturale<br />
della Trieste<br />
asburgica. A defi<br />
nire il <strong>di</strong>scorso<br />
politico<br />
ed<br />
economico sugli effetti del primo<br />
confl itto mon<strong>di</strong>ale, parleranno Giulio<br />
Mellinato, per l’ambito giuliano,<br />
Angelo Visintin, sui passaggi<br />
<strong>di</strong> consegne dall’amministrazione<br />
asburgica a quella italiana, Georg<br />
Mayr, allargherà l’analisi al piano<br />
internazionale ponendo la delicata<br />
questione dei trattati <strong>di</strong> pace come<br />
possibili cause della seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale, e infi ne Marina Rossi,<br />
sulla vicenda delle missioni militari<br />
italiane in Russia, Siberia e Cina tra<br />
1915-1920. A Pietro Neglie, il compito<br />
<strong>di</strong> affrontare, tra storia delle<br />
idee e storia politica, l’impatto della<br />
Rivoluzione d’Ottobre. Diego Re<strong>di</strong>vo,<br />
in occasione della serata de<strong>di</strong>ca-<br />
Calamaio e cartoline in franchigia italiane; calamaio e Feldpost<br />
(cartoline in franchigia) austro-ungariche; portapennini<br />
barone rosso”, interpretato da John<br />
Phillip Law. Peter Weir, con il suo<br />
fi lm “Gli anni spezzati” (1981), racconta<br />
invece la storia <strong>di</strong> due giovanissimi<br />
volontari dell’esercito australiano<br />
impegnati nella tragica<br />
battaglia <strong>di</strong> Gallipoli in Turchia. È<br />
infi ne un’intensa rievocazione attorno<br />
al mito del milite ignoto il tema<br />
<strong>di</strong> “La vita e niente altro” (1989) <strong>di</strong><br />
Bertrand Tavernier. Al rapporto tra<br />
le immagini in movimento e la prima<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale saranno inoltre<br />
de<strong>di</strong>cati alcuni importanti appuntamenti<br />
all’interno della sezione conferenze<br />
e incontri: lo storico Pietro<br />
Neglie affronterà il soggetto delle<br />
“Immagini per la storia”: fi ction e<br />
documentari per la custo<strong>di</strong>a della<br />
memoria; il critico cinematografi<br />
co Maurizio Cabona parlerà su<br />
“L’immagine della Grande Guerra<br />
nei due dopoguerra italiani” e introdurrà<br />
al pubblico i fi lm “Montagne<br />
in fi amme” (1931) del regista, attore<br />
e alpinista altoatesino Luis Trenker,<br />
e “Guai ai vinti” (1954) <strong>di</strong> Raf<strong>fa</strong>ello<br />
Matarazzo; il regista Giacomo<br />
Campiotti presenterà la sua fi ction<br />
televisiva “L’amore e la guerra”<br />
(2007); lo storico Lucio Fabi presenterà<br />
i fi lmati originali dal fronte<br />
italo-austriaco 1915-1918 e il documentario<br />
frutto del lavoro <strong>di</strong> ricerca<br />
svolto da La Cineteca del Friuli<br />
per “Doppio sguardo sulla Grande<br />
Guerra”; e il regista cinematografi -<br />
co Franco Giral<strong>di</strong> (già acuto osservatore<br />
delle trasformazioni epocali<br />
negli anni della Grande Guerra<br />
con “La rosa rossa”, dal romanzo <strong>di</strong><br />
Quarantotti Gambini, e “Un anno <strong>di</strong><br />
scuola”, da uno dei Racconti <strong>di</strong> Giani<br />
Stuparich) presenterà il suo fi lm<br />
del 1996 “La frontiera”.<br />
A corredo della manifestazione<br />
l’E<strong>di</strong>toriale Silvana <strong>di</strong> Milano<br />
ha dato alle stampe un libro-catalogo<br />
sull’evento ospitando numerosi<br />
interventi degli stessi curatori<br />
delle mostre: Giulia Bernar<strong>di</strong>, Roberto<br />
Borghesi, Francesco Cenetiempo,<br />
Mario Cerne, Antonella<br />
Cosenzi; Francesco Fait; Clau<strong>di</strong>a<br />
Morgan, Giuseppe Parlato, Lorenza<br />
Resciniti, Chiara Simon, Grazia<br />
Tatò, Daniele Terzoli, Roberto Todero,<br />
Maria Carla Triadan, Pamela<br />
Volpi.<br />
Francesco Cenetiempo