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la stampa locale - angopi

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500 milioni di <strong>la</strong>voratori che hanno conquistato dignitose tutele in competizione col miliardo<br />

e mezzo dei <strong>la</strong>voratori dei paesi emergenti, sottopagati e privi anche dei minimi diritti; e<br />

ciò in uno scenario in cui lo sviluppo tecnologico, con le macchine che sostituiscono l’uomo,<br />

espelle sempre più forza <strong>la</strong>voro. Fatte salve, però, talune eccezioni, dove tecnologia<br />

e forza <strong>la</strong>voro coesistono intersecando i reciproci pregi. Come appare, ad esempio, nel<strong>la</strong><br />

professione degli ormeggiatori e barcaioli, dove ancora oggi occorre l’insostituibile opera<br />

dell’uomo per le operazioni di ormeggio, nonostante l’alta tecnologia e l’ausilio di internet.<br />

Ed è in queste attività, dove l’azione dell’uomo non è fungibile, che il <strong>la</strong>voro resta <strong>la</strong> voce<br />

centrale, una ricchezza, <strong>la</strong> forza, una ragione di coesione sociale e di solidarietà dell’intero<br />

Paese. Parlo del <strong>la</strong>voro come ruolo e funzione nel quale l’individuo partecipa al<strong>la</strong> vita<br />

e all’economia del<strong>la</strong> collettività di cui fa parte producendo e per questo ottenendone un<br />

ricavo. D’altro canto un uomo che ha costantemente paura di perdere il suo posto <strong>la</strong>voro,<br />

o che è addirittura incapace di trovare un’occupazione, <strong>la</strong>sciato così senza protezione<br />

davanti a grandi rischi sociali, è chiaro che oltre a perdere <strong>la</strong> sua qualità di cittadino, e<br />

quindi <strong>la</strong> dignità umana, non può essere un uomo libero.<br />

Par<strong>la</strong>ndo del<strong>la</strong> situazione economica italiana Guidi osserva che secondo l’Ocse il Pil crescerà<br />

dell’1,2% quest’anno e dell’1,6% nel 2012, e solo dal 2014 <strong>la</strong> crescita tornerà ai<br />

livelli del 2007. Troppo poco! Secondo i dati di Bankitalia, il 10% del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione italiana<br />

detiene il 45% del<strong>la</strong> ricchezza totale, mentre il 50% del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione possiede solo<br />

il 10% del<strong>la</strong> ricchezza stessa. Dai dati Istat si rileva che al Nord, il 4,8% delle famiglie è<br />

in condizioni di ‘povertà re<strong>la</strong>tiva’, mentre, al Sud, questa percentuale arriva addirittura<br />

al 22%. Secondo l’Istat le famiglie in condizioni di ‘povertà re<strong>la</strong>tiva’ sono 2 milioni 657<br />

mi<strong>la</strong>: quindi, con una media di circa 2,9 per nucleo familiare: Parliamo di 7 milioni 810<br />

mi<strong>la</strong> persone povere, chiosa il presidente Angopi (segna<strong>la</strong>ndo poi che nel<strong>la</strong> Ue s’intende<br />

per tasso ufficiale di povertà, per cui uno è povero, se vive con meno del 60 per cento del<strong>la</strong><br />

mediana del Pil pro-capite). E che nello stesso Centro-Nord il prodotto cresce meno che nei<br />

paesi europei più avanzati ed eppure se abbiamo imprese di eccellenza – all’avanguardia<br />

del<strong>la</strong> tecnologia – il nostro disavanzo con l’estero aumenta e il settore dei servizi, privati e<br />

pubblici, registra situazioni di arretratezza.<br />

Però anche se da più fonti si afferma che: nel<strong>la</strong> crisi <strong>la</strong> caduta dell’Italia è stata maggiore,<br />

dopo <strong>la</strong> crisi <strong>la</strong> ripresa è stata minore, e nonostante i dati riportati, è almeno opportuno<br />

concordare con quanto affermato dal Ministro Tremonti, sul fatto che in questa fase so<strong>la</strong>mente,<br />

e purtroppo, le cose negative fanno notizia. “È come se ci fosse un’auto con a<br />

bordo una famiglia bloccata sui binari”. Normalmente si tiene al<strong>la</strong> famiglia – ma in questo<br />

momento – c’è chi tifa per il treno. Allora partendo dal dato che i conti pubblici sembrano<br />

aver tenuto, ora però senza più ritardi e tentennamenti, occorre sorreggere quel<strong>la</strong> crescita<br />

economica che ci deve riportare ai livelli pre-crisi. A tal riguardo in modo unanime gli osservatori<br />

sostengono che c’è <strong>la</strong> necessità improrogabile di varare in modo serio e profondo<br />

riforme strutturali, dal fisco all’amministrazione pubblica, dall’università al<strong>la</strong> cultura,<br />

dall’innovazione al <strong>la</strong>voro alle infrastrutture, dai giovani al welfare, dal<strong>la</strong> moralizzazione<br />

del<strong>la</strong> vita pubblica e in partico<strong>la</strong>r luogo dar corso ad una razionale redistribuzione del<strong>la</strong><br />

ricchezza. È chiaro quindi che <strong>la</strong> politica deve reagire e dar vita ad un “Progetto Italia”<br />

che affronti questi problemi: valorizzando <strong>la</strong> nostra struttura industriale, favorendo un<br />

piano energetico che agisca sui costi di un’energia pulita, investendo sulle potenzialità dei<br />

nostri porti, sul<strong>la</strong> logistica e sul<strong>la</strong> filiera marittimo-portuale, incentivando l’efficienza dei<br />

servizi.<br />

E qui, sul<strong>la</strong> funzione portuale insiste. È noto che nel nostro comparto, manca una politica<br />

del ‘Sistema Paese’ che crei <strong>la</strong> nostra rete competitiva in Europa e nel mondo. La debolezza<br />

infrastrutturale è evidente, il livello di fatiscenza delle nostre strade e ormai incettabile<br />

e non è più sopportabile il calo delle risorse pubbliche destinate ai nostri porti, che dovrebbero<br />

essere i nodi di un’efficiente rete logistica se non esistessero quelle strozzature<br />

alle connessioni del cosiddetto “ultimo miglio”. Non dimentichiamo che <strong>la</strong> portualità italiana<br />

è un artico<strong>la</strong>to sistema di porti polifunzionali con adeguati livelli di specializzazione<br />

seconda, per merci movimentate in Europa, solo al Regno Unito. Siamo invece al primo<br />

posto al mondo per il movimento dei passeggeri, quando a questo si aggiunga il traffico<br />

dovuto al collegamento con le isole. È chiaro inoltre, che <strong>la</strong> nostra portualità registra<br />

ancora quel delicatissimo periodo che iniziato a metà del 2008 si è protratto fino al primo<br />

trimestre del 2010 seminando scompensi e contrazioni nei traffici mondiali, anche se in<br />

misura diversa tra le aree geografiche. Europa ed Italia comprese. Tale rappresentazione<br />

si attaglia anche al nostro settore.<br />

Settore professionale di ormeggiatori - barcaioli di cui Guidi enumera gli scompensi e ap-

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