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Scripta Manent 2004 (PDF, ca 3 MB) - Rete Civica dell'Alto Adige

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26<br />

TEMI<br />

passato ha fi nito per essere una zavorra nei<br />

confronti della produzione culturale, venendo<br />

indebitamente contrapposto al contemporaneo.<br />

Così, mentre l’Italia cer<strong>ca</strong> di tenere tutto<br />

sotto vetro altri Paesi meno “dotati” di noi<br />

scommettono sulla creatività e sulla <strong>ca</strong>pacità<br />

dialogi<strong>ca</strong> della cultura, e generano molto più<br />

benessere, trattando correttamente la cultura<br />

come metodo e non come collezione”.<br />

Tra i suoi compiti in sede lo<strong>ca</strong>le anche<br />

quella di membro della Consulta Culturale.<br />

Che tipo di attività svolge questo<br />

organo e quanto può incidere sulla promozione<br />

culturale?<br />

“La Consulta Culturale ha un compito molto<br />

deli<strong>ca</strong>to, salvaguardare la cultura italiana<br />

attraverso la sua promozione e la sua crescita.<br />

Quindi anziché proteggere pedissequamente,<br />

deve stimolare la <strong>ca</strong>pacità imprenditoriale<br />

degli operatori culturali, tutelare la diffusione<br />

della cultura italiana nel territorio provinciale,<br />

raccogliere le istanze creative e organizzative<br />

provenienti “dal basso”. In questo quadro la<br />

presenza di un non-bolzanino (per quanto<br />

affettivamente legato alla città e alla provincia)<br />

nella Consulta permette di integrare la profonda<br />

conoscenza del territorio che hanno i suoi<br />

componenti con una diottria esterna che a<br />

volte si può rivelare utile per completare<br />

l’analisi di alcuni fenomeni”.<br />

Che futuro attende l’Alto <strong>Adige</strong> in questo<br />

settore a suo modo di vedere?<br />

“L’Alto <strong>Adige</strong> occupa una posizione strategi<strong>ca</strong><br />

in un quadro di ricomposizione internazionale<br />

che va dalla Croazia alla Slovenia all’Austria, a<br />

regioni italiane come il Veneto e la Lombardia<br />

la cui identità culturale è oggetto di grande<br />

attenzione. L’interesse che l’Alto <strong>Adige</strong> manifesta<br />

per il contemporaneo e per le culture emergenti<br />

può diventare non soltanto il tratto identitario<br />

della sua produzione culturale, ma anche<br />

il fulcro di una rete di s<strong>ca</strong>mbi creativi di<br />

dimensione internazionale”.<br />

Che cosa funziona meglio e cosa peggio, a<br />

suo giudizio, in <strong>ca</strong>mpo culturale nella nostra<br />

realtà?<br />

“C’è una grande vitalità, sia nell’azione<br />

pubbli<strong>ca</strong> sia nella progettualità e nella <strong>ca</strong>pacità<br />

imprenditoriale dal basso. E c’è una copertura<br />

abbastanza completa di temi, settori e linguaggi.<br />

Il punto dolente è una certa impermeabilità<br />

tra le comunità della provincia. Se da una<br />

parte se ne possono comprendere le ragioni,<br />

dall’altra si dovrebbero vedere con chiarezza<br />

i benefi ci e la pertinenza di un’integrazione<br />

culturale sempre più intensa”.<br />

1994-<strong>2004</strong>. Dieci anni di intensi investimenti<br />

culturali in Alto <strong>Adige</strong>. Che cosa ci<br />

hanno lasciato secondo Lei?<br />

“Certamente una provincia più ric<strong>ca</strong> di<br />

infrastrutture, di iniziative e di apertura.<br />

L’attenzione nei confronti del contemporaneo<br />

è cresciuta a dismisura, ponendo il territorio<br />

e le attività della provincia in un avamposto<br />

progettuale e linguistico sia in Italia che<br />

nell’area europea della quale Bolzano può<br />

diventare il polo culturale di riferimento. Non<br />

soltanto si sono costruite nuove sedi per la<br />

cultura, e si sono realizzati nuovi allestimenti,<br />

ma soprattutto si è dato uno stimolo diffuso<br />

alla creatività e alla produzione di nuove<br />

iniziative culturali”.<br />

Nell’ultimo decennio città piccole o di<br />

provincia (Bolzano, Ferrara, Treviso per<br />

fare solo alcuni esempi) per i più svariati<br />

motivi sono riuscite ad inserirsi in un<br />

circuito culturale nazionale salendo alla<br />

ribalta delle cronache per diversi eventi.<br />

Com’è stato possibile? Si tratta della<br />

rivincita del piccolo sul grande?<br />

“Le grandi città italiane hanno voluto sfruttare<br />

il proprio patrimonio culturale come fulcro<br />

per l’attrazione di turisti internazionali, che<br />

hanno certamente contribuito alla crescita<br />

del reddito e dell’occupazione, ma hanno<br />

anche generato congestione e hanno fi nito<br />

per estraniare i residenti dal centro storico, e<br />

quindi dalla propria memoria. Il bisogno di<br />

un nuovo modo di fare cultura appare più<br />

connaturato ai centri di piccole dimensioni,<br />

dove un uso morbido del tempo e dello spazio<br />

coincide con una presenza pervasiva dei segni<br />

dell’identità territoriale. Tuttavia, bisogna fare<br />

attenzione alla tentazione di “vendere” gli<br />

spazi cittadini a buon mer<strong>ca</strong>to. Non è con<br />

gli impressionisti che si esalta il valore delle<br />

risorse culturali lo<strong>ca</strong>li, e non si generano<br />

neanche benefi ci solidi e di lungo periodo per<br />

i residenti. I centri italiani si stanno in sostanza<br />

collo<strong>ca</strong>ndo su due versanti contrapposti:<br />

quello effi mero e poco signifi <strong>ca</strong>tivo degli eventi<br />

di massa, e quello ben più sostanziale della

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