2010 n.3 La Pianura - Camera di Commercio di Ferrara
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62<br />
cultura<br />
appoggiata al corridoio. “Lei<br />
piace al mio gatto”, <strong>di</strong>sse la<br />
novantottenne Felicita Frai, con<br />
un moto <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione.<br />
<strong>La</strong> delusi <strong>di</strong> nuovo quando, ora<br />
che aveva cominciato a parlare,<br />
tirai fuori un minuscolo taccuino<br />
– lezione appresa da mio padre –<br />
su cui volevo annotare qualche<br />
frase. Mi scrutò con occhio critico.<br />
“Non penserà <strong>di</strong> voler cominciare<br />
a scrivere adesso, la prima<br />
volta che ci ve<strong>di</strong>amo…”.<br />
“Abbiamo tutto il tempo…”.<br />
Risposi l’innocuo calepino e mi<br />
tenni il gatto sulle ginocchia. Si<br />
ricomincia da capo.<br />
“Sono nata a Praga nel 1909<br />
sotto l’Impero austroungarico”, le<br />
piaceva citare la sua vita come se<br />
seguisse il testo autorizzato delle<br />
sue biografie, sempre controllatissime<br />
e approvate, e “andavo<br />
sia alla scuola boema sia alla<br />
scuola tedesca”.<br />
I primi libri d’arte si compravano<br />
a Dresda, durante gli anni del<br />
liceo si stu<strong>di</strong>ava violoncello e<br />
intanto Felicita riceveva “anche<br />
l’educazione delle signorine <strong>di</strong><br />
buona famiglia: il cavallo, la<br />
scherma, star bene a tavola”,<br />
come scrisse nella preziosa e<br />
gustosissima biografia pubblicata<br />
da Scheiwiller nel 1996, Mi racconto<br />
un po’da me.<br />
Felicita Frai non partecipò<br />
all’inaugurazione dell’ultima<br />
grande mostra pubblica nella<br />
quale era presente col superbo<br />
Autoritratto del 1936, in Palazzo<br />
Reale a Milano, nel 2007, perché,<br />
sosteneva “lì è sempre molto<br />
freddo, ci vuole lo scialle”. Anche<br />
io avrei dovuto portarne uno, mi<br />
suggerì.<br />
Aveva, appunto, da poco compiuto<br />
novantotto anni e quel nostro<br />
primo incontro, dopo l’apertura<br />
della mostra, le sembrava ancora<br />
insufficiente per giustificare una<br />
conversazione, una vera e propria<br />
intervista, un tentativo <strong>di</strong> ritratto<br />
da parte mia. Di lei avevano scritto<br />
Giorgio De Chirico, Eugenio<br />
Montale, Raffaele Carrieri,<br />
Camilla Cederna e Gianna<br />
Manzini...<br />
Mi piacque la sua forza indomita,<br />
il modo <strong>di</strong> come parlava del<br />
passato (“ma oggi è tutto <strong>di</strong>verso”<br />
ripeteva continuamente), dei<br />
viaggi in treno da Praga a Trieste,<br />
giovanissima e bionda, affacciata<br />
al finestrino, e del primo<br />
incontro col destino, quello con<br />
Achille Funi, <strong>di</strong> cui fu modella e<br />
allieva. Mi piacque il modo in cui<br />
scese una scala, sempre lamentandosi<br />
<strong>di</strong> come non fosse capace<br />
<strong>di</strong> tenere in or<strong>di</strong>ne il suo archivio,<br />
e mi portò uno dei suoi cataloghi,<br />
che ancora odora <strong>di</strong> muffa.<br />
Vittima e regina della stirpe<br />
oscura delle donne artiste che<br />
sembrano non essere realmente<br />
né donne né artiste, Felicita<br />
avrebbe compiuto in questi giorni<br />
101 anni. Non c’è arrivata. Ma<br />
la sua traccia, felice come il suo<br />
nome, è rimasta incisa nella storia<br />
<strong>di</strong> un secolo complesso, ha<br />
superato due guerre, due dopoguerra,<br />
ed è sopravvissuta a quel<br />
che arriva in dote regolarmente<br />
alle artiste: dall’oblio alle passioni<br />
devastanti, dagli amori coi<br />
maestri all’ ostilità del mondo.<br />
Le sue modelle, descritte con<br />
garbo superbo da Dino Buzzati<br />
nel 1964, come fossero gatti, o<br />
elegantissimi animali da salotto,<br />
sono femmine senza tempo che<br />
fluttuano in un impero fatato,<br />
ricciute, ornate, fiorite, sorridenti,<br />
ammiccanti. Sono e non sono<br />
una sorta <strong>di</strong> autoritratto continuo,<br />
una specie <strong>di</strong> eterna rivisitazione<br />
<strong>di</strong> sé. Che <strong>di</strong>venta,<br />
all’improvviso, l’esatto contrario.<br />
Possono ricordare Klimt,<br />
Chagall, perfino Munch, Auguste<br />
Renoir.<br />
<strong>La</strong> prima mostra postuma che la<br />
galleria Ponte Rosso <strong>di</strong> Milano<br />
(Ricordo <strong>di</strong> Felicita Frai, fino al<br />
14 novembre <strong>2010</strong>) le de<strong>di</strong>ca,<br />
ha raccolto una trentina <strong>di</strong> oli e<br />
una serie <strong>di</strong> litografie. Quel che<br />
si respira è un’aria rigorosa e<br />
dolce insieme, femminilmente<br />
fatua, ma coltissima, fertile, tra<br />
esibita bellezza e simboli sapientemente<br />
nascosti.<br />
Quando iniziò a lavorare con<br />
Funi, lo seguì nelle maggiori<br />
imprese da lui compiute negli<br />
anni trenta: da Trieste a Tripoli,<br />
fino al fantastico ciclo <strong>di</strong> affreschi<br />
col Mito <strong>di</strong> <strong>Ferrara</strong> del<br />
Palazzo Comunale della città<br />
estense.<br />
Qui, immortalata in una fotografia<br />
che la vede lavorare, in camicetta<br />
a fiori e viso assorto, accanto<br />
al maestro, fu anche da lui<br />
ritratta, e rimane per sempre,<br />
come “sorella <strong>di</strong> Fetonte, piegata<br />
in una posizione faticosissima”,<br />
e nella “regina liberata<br />
dalle grinfie del drago”, e “nella<br />
Parisina tra le braccia <strong>di</strong> Ugo”:<br />
giovanissima lottatrice <strong>di</strong> tutte le<br />
tecniche e <strong>di</strong> tutti volti, <strong>di</strong> ogni<br />
possibilità dell’arte. Praticò ogni<br />
tipo <strong>di</strong> linguaggio, dall’acquerello<br />
al <strong>di</strong>pinto su vetro, dall’affresco<br />
all’incisione.<br />
Quando Montale le de<strong>di</strong>cò il suo<br />
scritto, erano gli anni in cui,<br />
ancora e ancora, ci si chiedeva<br />
se la pittura fosse morta. Non<br />
importava che fosse <strong>di</strong> uomini o<br />
<strong>di</strong> donne.<br />
Rispose laconico il poeta:<br />
“Felicita Frai, per conto suo, ha<br />
dato una risposta a questa<br />
domanda”.<br />
Beatrice Buscaroli.