La lunga vita di don Antonio Ilario Fortunati - la Notizia
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IL TRONO E L’ALTARE<br />
tivi mestieri, viver bene e cristianamente, non andare vagando <strong>di</strong><br />
notte, nè cantare canzoni <strong>di</strong> qualunque sorta, rispettare <strong>la</strong> Chiesa e<br />
i suoi Sacerdoti, sotto l’irremissibile pena del carcere ed altra maggiore<br />
a norma <strong>di</strong> legge in caso <strong>di</strong> contravvenzione o reci<strong>di</strong>va. Per<br />
tentare <strong>la</strong> loro resipiscenza, qualora <strong>la</strong> si ritenga possibile, ed essere<br />
accertato del loro emendamento li ha precettati sotto <strong>la</strong> stessa pena<br />
a presentare ogni bimestre <strong>la</strong> fede dei loro costumi redatta dal Parroco<br />
e da un Deputato comunale. E ciò per un anno. Il Delegato<br />
informò con lettera <strong>don</strong> <strong>Fortunati</strong> perchè quando gli chiederanno<br />
tale certificato possa ri<strong>la</strong>sciarlo. I protagonisti del fatto sono nove,<br />
dal più anziano Moratti Cesare, 41 anni, sposato con Giacobini Maria,<br />
ai giovanissimi Marangoni Giuseppe e Gavarini Giovanni <strong>di</strong><br />
18 e 17. Il papà <strong>di</strong> Giuseppe, Pietro, originario <strong>di</strong> ricca famiglia<br />
mantovana <strong>di</strong> commercianti, a Gui<strong>di</strong>zzolo era tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> <strong>di</strong>spensa<br />
del sale. Morì a 66 anni nel giugno dello stesso anno 1794. Uomo<br />
onesto, mite e paziente nei casi avversi del<strong>la</strong> <strong>vita</strong>, sopportò le gravi<br />
“perturbationes” dei figli. L’età degli altri, Gasapini Domenico,<br />
Avanzi Giacomo, Simoncelli Stefano, Beltrami Silvestro oscil<strong>la</strong> tra<br />
questi estremi. Don <strong>Fortunati</strong> li definisce in<strong>di</strong>vidui sfrenati, atei e<br />
materialisti. Ma riserva il giu<strong>di</strong>zio più severo a Giacomo Mutelli e<br />
a Leopoldo Zappettini, il primo appartenente a famiglia agiata <strong>di</strong><br />
professionisti, il padre e il nonno sono notai, il secondo è il <strong>di</strong>scendente<br />
<strong>di</strong> antica famiglia che ebbe già il giuspatronato dell’altare <strong>di</strong><br />
San Giovanni nel<strong>la</strong> parrocchiale. È probabile siano essi <strong>la</strong> mente,<br />
spetti loro il ruolo <strong>di</strong> capi. Leopoldo era nato nel 1769 e quando il<br />
24 febbraio 1800 sposa in chiesa Levori Pasqua <strong>don</strong> <strong>Fortunati</strong> assiste<br />
o presiede al matrimonio “sebbene malvolentieri” e delega <strong>don</strong><br />
Luigi Tazzoli a celebrare <strong>la</strong> Messa e impartire <strong>la</strong> bene<strong>di</strong>zione nuziale<br />
con l’augurio che “Dio <strong>la</strong> confermi e moltiplichi <strong>di</strong>mentico delle<br />
malefatte compiute nell’esecrabile Democratica Repubblica”. E nel<br />
1809 Leopoldo da tempo amma<strong>la</strong>to ricevette “in qualche modo” gli<br />
ultimi Sacramenti. Le sofferenze del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, <strong>la</strong> morte immatura<br />
sono viste dal <strong>Fortunati</strong> quale prec<strong>la</strong>ro esempio del<strong>la</strong> <strong>di</strong>vina vendetta<br />
per gli spiriti increduli, liberi e indocili.<br />
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