qui - Tekom
qui - Tekom
qui - Tekom
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Università degli Studi “G. d’Annunzio”<br />
Chieti-Pescara<br />
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere<br />
Corso di Laurea in Traduttori e Interpreti<br />
TESI DI LAUREA<br />
LA TRADUZIONE DIGITALE<br />
Temi e problemi della traduzione per il World Wide Web<br />
Relatore:<br />
Prof. Renzo D’Agnillo<br />
Correlatore:<br />
Prof. Ottavio Ricci<br />
Candidato:<br />
Giovanni Battista Moroni<br />
Anno accademico 2004/2005
INDICE<br />
INTRODUZIONE......................................................................................... 3<br />
La rivoluzione digitale ............................................................................... 3<br />
Computer e traduzione ............................................................................... 4<br />
La localizzazione........................................................................................ 6<br />
La traduzione digitale................................................................................. 9<br />
INTERNET ................................................................................................. 11<br />
Dalle origini ad Arpanet ........................................................................... 11<br />
Arpanet ..................................................................................................... 13<br />
L’esplosione di Internet ............................................................................ 15<br />
INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA.................................. 18<br />
Interferenze linguistiche........................................................................... 18<br />
McLanguage............................................................................................. 20<br />
Un cambiamento di tendenza ................................................................... 21<br />
IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO.................. 25<br />
Il Web come ipertesto multimediale......................................................... 26<br />
Il testo digitale.......................................................................................... 29<br />
Il codice .................................................................................................... 31<br />
IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE ............................... 34<br />
Breve introduzione al linguaggio HTML................................................. 36<br />
Gli elementi invisibili............................................................................... 38<br />
Strumenti di traduzione assistita .............................................................. 39<br />
LA TRADUZIONE AUTOMATICA.......................................................... 41<br />
L’utilità della traduzione automatica........................................................ 42<br />
La traduzione automatica online .............................................................. 45<br />
TRADURRE PER IL WEB ........................................................................ 50<br />
La fedeltà della traduzione ....................................................................... 50<br />
Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue ................................... 53<br />
Tradurre le interfacce ............................................................................... 58<br />
SCRIVERE PER IL WEB........................................................................... 63<br />
Scrivere per motori di ricerca................................................................... 64<br />
Strutturazione del testo............................................................................. 67<br />
Il registro del discorso: tra oralità e scrittura ........................................... 70<br />
CONCLUSIONE......................................................................................... 74<br />
ARTICOLI TRADOTTI ............................................................................. 80<br />
Translation versus Localization ............................................................... 81<br />
Traduzione e localizzazione ..................................................................... 85<br />
1
Translation Technology ............................................................................ 89<br />
Tecnologia per la traduzione .................................................................... 94<br />
The Localisation Industry......................................................................... 99<br />
L’industria della localizzazione.............................................................. 105<br />
Localisation Project Models................................................................... 112<br />
Modelli di progetti di localizzazione...................................................... 116<br />
Softwarelokalisierung............................................................................. 120<br />
La localizzazione del software ............................................................... 128<br />
Automatisierte Übersetzung................................................................... 136<br />
La traduzione automatizzata................................................................... 151<br />
BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 164<br />
2
INTRODUZIONE<br />
La rivoluzione digitale<br />
L’influsso delle tecnologia sulla vita quotidiana fa sorgere una varietà<br />
di questioni e di problemi, nonché emozioni contrastanti. Mentre alcuni,<br />
affascinati dall’era digitale, hanno adottato la tecnologia come un nuovo<br />
stile di vita, altri sull’onda dello scetticismo diffidano di un futuro nel quale<br />
le macchine potrebbero invadere la nostra privacy. Maurizio Decina<br />
sintetizza questa preoccupazione in una battuta: “Anno 2013, una bambina<br />
si rivolge alla mamma e chiede: ‘Mum! Mum! What does privacy mean’?” 1<br />
Indipendentemente da quale atteggiamento assumiamo in riguardo a<br />
questa questione, è evidente che le nuove tecnologie stanno producendo<br />
una serie di cambiamenti in tutti i settori della società, e che, di<br />
conseguenza, anche la traduzione ne è inevitabilmente coinvolta.<br />
La rivoluzione digitale è un processo di trasformazione che è<br />
cominciato attorno alla metà del novecento con la costruzione dei primi<br />
elaboratori elettronici. Assume dimensioni economiche e internazionali già<br />
negli anni settanta, continua la sua crescita durante gli anni ottanta, per<br />
affermarsi come vera e propria “rivoluzione industriale” negli anni novanta.<br />
Il primo computer, infatti, risale intorno al 1945 quando due fisici e un<br />
matematico all’università della Pennsylvania invetarono ENIAC<br />
(Electronic Numerical Integrator and Computer), il primo vero calcolatore<br />
elettronico della storia. Si trattava di un mostro di 30 tonnellate che faceva<br />
uso di schede perforate e necessitava di molto tempo per l’immissione dei<br />
dati. Le prime generazioni di computer erano troppo grandi, complessi e<br />
costosi per avere un reale influsso sulla vita quotidiana. Non solo erano<br />
1<br />
Maurizio Décina, “Il futuro delle reti”, intervento alla conferenza La rivoluzione digitale.<br />
Come cambia la nostra vita e quali regole per tutelarla, Autorità per le Garanzie nelle<br />
comunicazioni, 16 ottobre 2003.<br />
3
inaffidabili, ma avevano anche poca memoria e consumavano grandi<br />
quantità di energia anche per piccole operazioni.<br />
La rivoluzione si ebbe con l’avvento dei microcomputer che presto<br />
avrebbero assunto la forma del Personal Computer di IBM e del Macintosh<br />
di Apple. Dischi più piccoli con maggiore capacità di memoria, nuovi<br />
linguaggi di programmazione, processori più veloci, software sempre più<br />
sofisticati e sistemi operativi di sempre più facile utilizzo, tutto a prezzi<br />
accessibili, hanno favorito la maggiore diffusione dei computer anche per<br />
uso privato.<br />
L’ultimo gradino evolutivo è stato raggiunto con Internet. Ideato dalla<br />
DARPA (Defense Advanced Research Project Agency) come sistema di<br />
comunicazione capace di resistere ad una guerra nucleare, si è sviluppato<br />
come medium per una comunità globale virtuale. I nuovi standard e<br />
protocolli per la trasmissione di dati, insieme agli ipertesti e i browser<br />
hanno trasformato i computer da una moltitudine di macchine isolate sparse<br />
per tutto il mondo in un’unica comunità interconnessa.<br />
Computer e traduzione<br />
L’avvento dei primi computer fece nascere subito l’idea di utilizzarli<br />
per tradurre. I primi tentativi nella traduzione automatica furono compiuti<br />
già negli anni Cinquanta ed erano connessi a grandi speranze. All’iniziale<br />
entusiasmo seguì presto il disincanto. Ci si rese conto che i computer non<br />
erano in grado di infrangere le barriere linguistiche. Si arrivò alla<br />
conclusione che la traduzione automatica era più costosa, più lenta e meno<br />
precisa dei metodi tradizionali e che non vi era una reale prospettiva di<br />
renderla utilizzabile. Ci si rivolse <strong>qui</strong>ndi più intensamente allo sviluppo di<br />
sistemi che potessero facilitare la traduzione umana.<br />
Nonostante il fallimento della traduzione automatica così come era<br />
stata immaginata inizialmente, i computer si sono rivelati degli strumenti<br />
4
preziosi. In alcuni casi, quando vi è la necessità di fornire un’idea generale<br />
del contenuto di un testo, anche la traduzione automatica, seppure con i sui<br />
evidenti limiti, ha oggi la sua utilità.<br />
Negli ultimi anni la traduzione ha subito delle notevoli mutazioni<br />
dovute all’esplosione delle reti informatiche, delle tecnologie digitali e<br />
della mutimedialità. L’immagine romantica del traduttore che lavora nella<br />
solitudine di una stanza circondato da libri polverosi appartiene<br />
irrimediabilmente al passato. Oggi anche i più tradizionalisti non possono<br />
rinunciare all’uso del PC. In pochi usano ancora i dizionari nella loro forma<br />
cartacea, preferendo la versatilità e velocità di quelli digitali. Molto diffusi<br />
sono anche i sistemi di traduzione automatica e assistita, oltre che l’uso di<br />
strumenti online come i newsgroup, le mailinglist, le banche dati<br />
terminologiche, ecc.<br />
Lo sviluppo di sempre nuovi strumenti elettronici disponibili ha<br />
provocato un drastico mutamento della pratica della traduzione. Per restare<br />
competitivo sul mercato il traduttore è costretto ad apprendere come<br />
integrare queste nuove risorse nel processo traduttivo. Si pensi ad esempio<br />
alle possibilità offerte ad un traduttore professionista: consultare banche<br />
dati e giornali scientifici in formato elettronico, trasferire file di testo o<br />
immagini, svolgere ricerche, ottenere software di vario tipo, reperire<br />
anticipazioni sui congressi internazionali, visionare offerte di lavoro.<br />
Al tempo stesso, però, la rivoluzione digitale ha rinnovato anche il<br />
modo di comunicare. I nuovi canali della comunicazione hanno imposto un<br />
uso nuovo della lingua. In particolare, l’utilizzo della rete ha introdotto<br />
modalità di interazione assai diverse rispetto alla comunicazione faccia-a-<br />
faccia, trasformando inoltre il rapporto esistente tra soggetto e tecnologie<br />
informatiche. Il computer ha infatti gradualmente perso la propria<br />
centralità, trasformandosi sempre più da archivio e calcolatore ad uno<br />
strumento di comunicazione. “Il diverso supporto tecnologico produce<br />
5
nuove forme di lingua, ad esempio, i messaggi di posta elettronica hanno<br />
caratteristiche intermedie tra la comunicazione telefonica e lo scambio<br />
epistolare.” 2 Le comunità virtuali di utenti in Internet hanno sviluppato<br />
delle convenzioni comunicative peculiari. Si pensi a tutti i neologismi, gli<br />
acronimi, le abbreviazioni, gli emoticon, l’uso delle maiuscole e delle<br />
minuscole etc. Tutto questo ha chiaramente implicazioni importanti per la<br />
traduzione.<br />
Inoltre nello spazio virtuale di Internet le distanze ac<strong>qui</strong>stano un altro<br />
valore. Lingue e culture diverse, distanti fra loro migliaia di chilometri, si<br />
incontrano ormai quotidianamente attraverso la rete. D’altra parte, però, lo<br />
sviluppo tecnologico non è stato in grado di superare le barriere<br />
linguistiche. L’inglese, che finora e stata la lingua franca anche per le<br />
comunità virtuali, sta perdendo per vari motivi questo suo ruolo.<br />
Contestualmente si assiste ad un aumento del bisogno di mediazione<br />
linguistica e culturale che ha generato un nuovo settore della traduzione, la<br />
localizzazione, e un mercato estremamente redditizio. Secondo i dati forniti<br />
dalla LISA (Localisation Industry Standards Asssociation), l’associazione<br />
che raggruppa tutti i principali operatori del settore, l’industria della<br />
localizzazione è capace di generare un volume d’affari globale di 15<br />
miliardi di euro 3 .<br />
La localizzazione<br />
La crescente tendenza dei mercati e delle imprese ad operare a livello<br />
mondiale, travalicando i confini nazionali, unitamente alla maggiore<br />
diffusione dei PC negli uffici e nelle case, ha determinato l’espansione del<br />
mercato della traduzione soprattutto nel segmento informatico. Da diversi<br />
anni ormai il mercato della localizzazione dei software e dei siti web<br />
2<br />
Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol.2 1999<br />
3<br />
Deborah Fry, Localization Industry Primer, LISA, Lenchy, 2003, trad. it. L’industria della<br />
localizzazione, LISA, Lenchy, 2003, p.6.<br />
6
continua a registrare forti tassi di crescita, offrendo ai traduttori dotati delle<br />
necessarie conoscenze tecniche interessanti opportunità.<br />
Diversamente da quanto accade nel ambito della industria informatica,<br />
la localizzazione non riceve a livello accademico la considerazione che<br />
meriterebbe. Basti dire che il termine localizzazione è rimasto perlopiù<br />
sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori.<br />
Per trovare una definizione di tale termine partiamo da quella proposta<br />
dalla fonte più autorevole, la LISA: “La localizzazione è il processo<br />
mediante il quale un prodotto ideato e sviluppato in un determinato Paese<br />
viene poi adattato alle esigenze linguistiche, culturali ed economiche di<br />
altri Paesi che ne diventano fruitori, proprio come se tale prodotto fosse<br />
stato realizzato in loco.” 4 Nonostante il termine localizzazione sia<br />
applicabile a tutti i tipi di prodotti, ci si riferisce solitamente in modo<br />
specifico alle applicazioni software e ai siti web.<br />
Questo tipo di definizione, pur essendo formalmente ineccepibile,<br />
crea, a mio avviso, qualche confusione. Infatti, la definizione sopracitata<br />
non risulta essere abbastanza chiara per chi si avvicina a questo mondo per<br />
la prima volta. Nel spiegare cosa sia la localizzazione gran parte degli<br />
autori, ricalcando la formulazione della LISA, tende a mettere l’accento<br />
sull’aspetto dell’adattamento linguistico e culturale ad una realtà locale. Ma<br />
ponendo la questione in questi termi, viene da chiedersi quale sia la<br />
differenza tra localizzazione e traduzione.<br />
Come ogni traduttore sa, l’adattamento alla cultura del paese di<br />
destinazione fa parte della traduzione in tutti i settori e, per questo, non può<br />
essere considerata una peculiarità della localizzazione. Nel tradurre un testo<br />
commerciale, giuridico o pubblicitario, ad esempio, una semplice<br />
trasposizione letterale da una lingua all’altra sarebbe insoddisfacente: certi<br />
concetti, formule o slogan vanno adattati a una diversa realtà sociale,<br />
4 Deborah Fry, Ibidem, p.3.<br />
7
culturale e giuridica.<br />
Sembra, perciò, molto più convincente la spiegazione fornita da<br />
Alessandra Muzzi, secondo la quale la particolarità della localizzazione<br />
sarebbe che i testi da tradurre non si limitino a descrivere una realtà ad essi<br />
esterna (come nel caso di un libretto d’istruzioni o un testo giuridico), ma<br />
siano essi stessi parte integrante della realtà descritta 5 . Nei software e nei<br />
siti web la componente linguistica è costitutiva del prodotto e ne determina<br />
il funzionamento. Questi infatti si sviluppano su due livelli: il primo livello,<br />
quello superficiale, è l’interfaccia utente; ad un livello più profondo,<br />
“nascosto” all’utente, vi è il codice sorgente, ciò che effettivamente deve<br />
essere tradotto o localizzato.<br />
In aggiunta va chiarito un’altro fondamentale fattore distintivo della<br />
localizzazione. Questa, a differenza della traduzione, è un processo<br />
complesso, articolato in fasi distinte di cui la traduzione non è che una<br />
componente. La localizzazione è di norma un lavoro di gruppo che<br />
coinvolge accanto al traduttore diverse figure professionali.<br />
L’intero processo è stato adeguatamente illustrato da Federico Vinci 6<br />
con lo schema in Fig.1:<br />
5<br />
Alessandra Muzzi, “Le sfide della localizzazione”, Tradurre, n.2, gennaio 2001, pp. 3-6.<br />
6<br />
Federico Vinci, “La localizzazione”, in Traduzione revisione e localizzazione nel terzo<br />
millennio: da e verso l’inglese, a cura di Claudia Monacelli, Franco Angeli Editore, Milano,<br />
2001, pp. 140-176.<br />
8
La traduzione digitale<br />
Lasciando da parte la localizzazione di software che pur potendo<br />
essere tecnicamente accomunato alla traduzione dei siti web presenta<br />
problematiche traduttive completamente differenti, rivolgeremo la nostra<br />
attenzione ai testi destinati alla pubblicazione in rete. L’oggetto di questa<br />
tesi non è l’intero processo di localizzazione, bensì quella parte di esso che<br />
interessa più da vicino il traduttore, in particolare analizzeremo la<br />
traduzione di testi elettronici, cioè la traduzione digitale.<br />
Un sito web può non contenere soltanto testo, ma è spesso composto<br />
anche da immagini, filmati e elementi sonori. I testi digitali in Internet sono<br />
soprattutto composti da parole scritte e immagini, ma è possibile ad<br />
esempio usare il computer anche come un telefono o una radio, e la sempre<br />
maggiore sofisticazione tecnologica permetterà probabilmente un aumento<br />
di testi di natura orale. Perciò questa particolare branca della traduzione<br />
spesso viene fatta rientrare nella categoria più vasta della traduzione<br />
multimediale.<br />
Questa posizione non ci trova completamente d’accordo, poiché se è<br />
vero che i testi elettronici del Web si uniscono a suoni, immagini, filmati<br />
etc., come in tanti altri prodotti multimediali, è pur vero che si basa su<br />
linguaggi “sottostanti” particolari che, affinché il prodotto digitale possa<br />
essere recepito compiutamente in un’altra lingua devono essere per forza di<br />
cose, al pari di qualsiasi altro software, adattati all’orizzonte d’attesa del<br />
potenziale ricevente, che come mai prima significa orizzonte d’uso. Il<br />
ricevente in questo caso non è più lettore, ascoltatore o spettatore passivo,<br />
come il fruitore di traduzione multimediale, ma è utente e <strong>qui</strong>ndi<br />
partecipante attivo. “Penso che più che di traduzione multimediale sia<br />
ormai pertinente parlare di localizzazione multimediale o, meglio, di<br />
traduzione digitale, insistendo volutamente sul primo termine del sintagma<br />
9
per sottolineare la centralità dell’elemento linguistico.” 7<br />
Questa categorizzazione, comunque, come avremo modo di vedere,<br />
non è priva di problemi. Il termine traduzione digitale non distingue un tipo<br />
di traduzione secondo una tipologia di testo, come accade normalmente, ma<br />
secondo il mezzo attraverso il quale il testo è trasmesso. Quello che la<br />
contraddistingue è il fatto che i testi siano redatti e letti esclusivamente<br />
attraverso strumenti digitali. La traduzione digitale riguarda un’estrema<br />
varietà di tipi testuali, dai testi pubblicitari e informativi a pubblicazioni<br />
accademiche a complessi ipertesti letterari. Ciononostante la forma digitale<br />
conferisce ai testi delle caratteristiche che li distinguono sia dai documenti<br />
a stampa come, per esempio i romanzi, sia da altri testi multimediali come<br />
per esempio i film, con evidenti conseguenze per la traduzione che<br />
giustificano una tale classificazione.<br />
7 Giovanni Nadiani, “Letteratura elettronica e sua traducibilità. Verso una teoria della traduzione<br />
digitale”, Intralinea, vol.6, 2003.<br />
10
INTERNET<br />
Internet è un fenomeno che sta assumendo dimensioni ed evidenza<br />
assolutamente straordinarie. “Oggi soltanto chi vive nell'isolamento<br />
geografico o culturale, oppure rifiuta la stessa idea di progresso al punto di<br />
negarlo anche se lo vede, ignora le dimensioni e la portata di un così<br />
straordinario fenomeno.” 8 Eppure solo in pochi conoscono veramente<br />
questo medium, tanto che la stragrande maggioranza dei suoi utenti abituali<br />
non sarebbe in grado di spiegare cosa sia Internet e non saprebbe<br />
distinguere questo dal Web. Effettivamente può essere molto difficile<br />
rispondere a questi interrogativi senza scendere in complicati tecnicismi ed<br />
è anche vero che dal punto di vista pratico del utente non è indispensabile<br />
saperlo.<br />
Il traduttore di testi digitali, però, non può permettersi di porsi così<br />
passivamente di fronte a questo fenomeno. Per poter affrontare il problema<br />
della traduzione di testi elettronici destinati alla diffusione via Internet, non<br />
si può prescindere dal definire più precisamente questo medium al fine di<br />
prendere coscienza della sua natura. Per questo sembra opportuno<br />
illustrarne almeno a grandi linee la genesi.<br />
Dalle origini ad Arpanet<br />
Quello che sarà la rete delle reti ha origine già alla fine degli anni<br />
cinquanta nel contesto della guerra fredda, nel terrore di una possibile<br />
guerra atomica e nella conseguente contesa tecnologica tra gli USA e<br />
l’Unione Sovietica. Tuttavia la nascita di Internet non può essere ridotta<br />
alla semplice realizzazione di un progetto militare. Infatti, se è vero che il<br />
8 Ignazio Contu, “Finalmente l’hanno capito. Internet fa proprio sul serio”, Telèma, n.21/22,<br />
2000.<br />
11
primitivo impulso allo sviluppo di una rete di comunicazione tra computer<br />
distanti venne da ambienti legati all'amministrazione della difesa, la<br />
maggior parte delle innovazioni che hanno scandito l'evoluzione della rete<br />
sono nate all'interno di libere comunità di ricerca, quasi del tutto svincolate<br />
dal punto di vista professionale e intellettuale dalle centrali di<br />
finanziamento del progetto 9 .<br />
Il punto di partenza è tradizionalmente collocato nel 1957, in<br />
coincidenza di un evento fortemente simbolico: i sovietici mettono in orbita<br />
il primo satellite artificiale, lo Sputnik. Il successo tecnologico sovietico<br />
costrinse gli Stati Uniti a riaffermare la propria supremazia tecnico-<br />
scientifica. Al fine di razionalizzare e accelerare la ricerca in settori dalle<br />
possibili ricadute militari si decise di istituire una agenzia unica per la<br />
ricerca e lo sviluppo scientifico chiamata ARPA (Advanced Research<br />
Project Agency) la cui sede fu stabilita nell’edificio del Pentagono. L’Arpa<br />
raccolse alcuni dei migliori scienziati statunitensi, capaci di mettere<br />
appunto il primo satellite americano in 18 mesi. Ma poco dopo tutti i<br />
programmi aerospaziali furono trasferiti alla NASA e l’ARPA fu obbligata<br />
a trovare un nuovo ambito di ricerca. Ci si dedicò <strong>qui</strong>ndi alla neonata<br />
scienza dei calcolatori, arrivando a concepire l’idea di integrare i computer<br />
in una rete.<br />
Nel 1959 sulla costa opposta degli Stati Uniti alla Rand Corporation,<br />
una azienda californiana legata alla ricerca militare, le cui attività di ricerca<br />
e consulenza erano per gran parte commissionate dall’aviazione, venne<br />
assunto un giovane ingegnere che aveva lavorato nel settore delle valvole<br />
per computer: Paul Baran. Egli fu inserito nella sezione informatica e si<br />
mise a studiare un problema a cui già da qualche tempo i tecnici della Rand<br />
stavano lavorando: come preservare l’operatività delle telecomunicazioni<br />
dell’esercito in caso di attacco nucleare. La risposta di Baran fu che per<br />
9 Carlo Gubitosa, La vera storia di Internet, Apogeo, Milano, 1999.<br />
12
garantire la sicurezza di una rete, questa dovesse avere una configurazione<br />
decentralizzata e ridondate, ossia era necessario creare una infinità di strade<br />
alternative per la circolazione dei dati, in modo che la distruzione di uno o<br />
di molti dei nodi funzionanti non interrompesse il flusso delle informazioni<br />
all’interno della rete. L'assenza di un nodo centrale avrebbe eliminato ogni<br />
possibile obiettivo strategico, la cui distruzione avrebbe potuto<br />
compromettere il funzionamento dell'intero sistema. A tal fine il sistema di<br />
telecomunicazioni doveva, però, basarsi sulle nuove macchine di calcolo<br />
digitale, in grado di applicare sistemi di correzione degli errori e scelta dei<br />
canali di comunicazione.<br />
Lo stesso Baran ebbe anche un'altra intuizione geniale: piuttosto che<br />
inviare un messaggio da un nodo all'altro come un unico blocco di bit, è<br />
meglio dividerlo in parti separate, che possono viaggiare attraverso vari<br />
percorsi verso la destinazione, dove sarebbero ricomposti.<br />
Le sue idee incontrarono, tuttavia, lo scetticismo della comunità<br />
scientifica, che non riteneva il progetto tecnicamente realizzabile, e l’aperta<br />
ostilità della compagnia telefonica AT&T che sarebbe dovuta essere la<br />
principale destinataria del progetto.<br />
Baran era ormai stato costretto ad accantonare il suo progetto, quando<br />
nel 1965 a Londra il fisico inglese Donald Davies in modo del tutto<br />
indipendente pervenne a conclusioni simili a quelle dello scienziato<br />
americano. Tutte queste idee e intuizioni teoriche, elaborate in sedi diverse<br />
e indipendenti, confluirono pochi anni dopo nel progetto Arpanet, la<br />
progenitrice di Internet.<br />
Arpanet<br />
Nel 1963 Bob Taylor entrò a far parte dell’ARPA. Fu lui a promuovere<br />
un progetto volto a consentire la comunicazione e lo scambio di risorse tra i<br />
computer dei vari laboratori universitari finanziati dall’agenzia.<br />
13
Taylor chiamò a sovrintendere gli aspetti tecnici del progetto Larry<br />
Roberts. Per molti mesi il problema del progettare una rete abbastanza<br />
affidabile e veloce da permettere l’elaborazione interattiva a distanza<br />
rimase insoluto. Finché nel 1967 Roberts partecipò a una conferenza alla<br />
quale intervenne un collaboratore di Donald Davies che illustrò i principi<br />
elaborati autonomamente dal ricercatore inglese e da Baren. Fu finalmente<br />
la svolta: Roberts elaborò un progetto della rete, facendovi confluire tutte<br />
quelle idee che erano rimaste nell’aria per oltre un decennio.<br />
Dunque, se è vero che l’idea della rete nacque in un contesto militare,<br />
la diffusa opinione che essa dovesse fungere da strumento di<br />
comunicazione sicuro tra i centri di comando militari nell'evenienza di una<br />
guerra nucleare è frutto di un e<strong>qui</strong>voco storiografico. In realtà l'obiettivo<br />
perseguito da Bob Taylor era di aumentare la produttività e la qualità del<br />
lavoro scientifico nei centri finanziati dall'ARPA, permettendo ai ricercatori<br />
universitari di comunicare e di condividere le risorse informatiche, a quei<br />
tempi costosissime e di difficile manutenzione. Parte dell'e<strong>qui</strong>voco circa le<br />
origini belliche della rete deriva dal fatto che nella stesura delle specifiche<br />
Larry Roberts riprese le idee elaborate da Baran all'inizio degli anni<br />
sessanta. 10<br />
La rete Arpanet cominciava a crescere. I nodi nel 1971 erano diventati<br />
<strong>qui</strong>ndici e gli utenti alcune centinaia. L’applicazione che ebbe la maggiore<br />
influenza nell’evoluzione della rete fu la posta elettronica. Nel giro di pochi<br />
mesi tutti coloro che avevano accesso alla rete iniziarono ad usarla per<br />
scambiarsi messaggi di tutti i tipi: da quelli di lavoro a quelli personali. La<br />
rete dell'ARPA era divenuta un sistema di comunicazione tra una comunità<br />
di giovani ricercatori di informatica. Intorno alla posta elettronica crebbe<br />
anche il fenomeno del software gratuito. Infatti ben presto cominciarono ad<br />
10 Marco Calvo, Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco Zela, Internet 2004, Laterza, Roma-Bari,<br />
2004.<br />
14
apparire programmi per leggere i messaggi sempre più raffinati e dotati di<br />
funzionalità evolute, che venivano liberamente distribuiti.<br />
Il problema che ci si poneva adesso era quello di come far comunicare<br />
tra loro reti basate su tecnologie diverse. Se ci si fosse riusciti, sarebbe stato<br />
possibile diffondere le risorse disponibili su Arpanet a una quantità di utenti<br />
assai maggiore. E i risultati non si fecero attendere troppo a lungo. I primi<br />
esiti della ricerca furono pubblicati nel 1974 in un articolo in cui comparve<br />
per la prima volta il termine “internet” 11 . Le ripercussioni di tale articolo<br />
furono enormi. Ben presto numerosi ricercatori iniziarono a perfezionare le<br />
proposte iniziali e a sperimentare varie implementazioni.<br />
Nel frattempo Arpanet continuava la sua espansione, sia come<br />
diffusione sia, soprattutto, come servizi e applicazioni che venivano<br />
sviluppati. Nel giugno del 1975 si creò il primo gruppo di discussione<br />
basato sulla posta elettronica. I temi che vi si discutevano erano di ambito<br />
tecnico, ma non mancarono scambi di messaggi dedicati a fatti di attualità.<br />
Sulla base di un sistema di comunicazione interattivo fondato sui<br />
computer si era costituita una vera e propria comunità intellettuale.<br />
L’esplosione di Internet<br />
Il successo di Arpanet nella comunità scientifica aveva dimostrato<br />
ampiamente i vantaggi che l’attività di ricerca poteva trarre dalle reti di<br />
comunicazione telematica. Tuttavia alle soglie degli anni ottanta delle<br />
centinaia di dipartimenti di informatica solo <strong>qui</strong>ndici avevano il privilegio<br />
di poter accedere alla rete.<br />
Negli anni ottanta si diffondono reti meno costose tra le università<br />
americane. Tutte queste nuove reti, pur avendo adottato internamente<br />
tecnologie diverse rispetto a quelle di Arpanet, potevano comunicare con<br />
11 Vinton Cerf e Robert Kahn, “A Protocol for Packet Network Internetworking”, IEEE<br />
Transaction on Communication, 1974.<br />
15
essa. Ben presto anche altri paesi occidentali iniziarono a creare reti di<br />
ricerca. Intorno alla rete dell’ARPA andava prendendo forma una sorta di<br />
rete delle reti.<br />
Per molti anni la rete era stata uno strumento nelle mani di poche<br />
migliaia di studenti e ricercatori di informatica. Ma la diffusione che seguì<br />
aveva aumentato radicalmente il numero degli utenti. Questo determinò<br />
agli inizi degli anni novanta una profonda trasformazione dei servizi di rete<br />
e la comparsa di una serie di nuove applicazioni decisamente di più facile<br />
utilizzo. Soprattutto un sistema sviluppato dai laboratori informatici del<br />
CERN a Ginevra cominciò ad attirare l’attenzione degli utenti di Internet.<br />
Si trattava del World Wide Web l’invenzione che maggiormente ha<br />
contribuito alla diffusione e alla popolarità di Internet.<br />
Il primo documento ufficiale in cui si fa riferimento a questo<br />
strumento risale al marzo del 1989 12 . In quell’anno Tim Berners Lee,<br />
concepì l’idea di un sistema ipertestuale per facilitare la condivisione di<br />
informazioni e ne propose lo sviluppo al centro. Nel 1990 lo stesso Lee<br />
rendeva pubblico il nome che aveva idea per la sua creatura. 13<br />
Il Web, però, ha bisogno di uno strumento che permetta di navigare tra<br />
le sue pagine: un browser. Già l’inventore del Web ne aveva sviluppato<br />
uno, ma questo, a causa della sua difficoltà di utilizzo rimase limitato nella<br />
sua diffusione. Un primo aiuto in questo senso venne nel 1992 da Marc<br />
Andersen che sviluppò un browser web grafico: nacque così Mosaic. Fu<br />
una vera e propria rivelazione per la comunità degli utenti Internet che nel<br />
giro di pochi mesi attrasse su Wold Wide Web migliaia di utenti. Questo<br />
strumento fece emergere un modo nuovo di utilizzare i servizi della rete,<br />
completamente svincolato dalla complesse conoscenze tecniche. Grazie a<br />
12<br />
Tale documento è ancora disponibile presso il sito del W3 Consortium.<br />
<br />
13<br />
Anche questo documento è conservato sul sito del W3 Consortium.<br />
<br />
16
Mosaic e alla sottostante architettura Web, Internet divenne alla portata di<br />
chiunque con il minimo sforzo. La semplicità d’uso di Mosaic e le<br />
caratteristiche innovative del Web, nel giro di pochissimi mesi,<br />
con<strong>qui</strong>starono tutti gli utenti della rete, dando inizio a un processo di<br />
espansione tecnologica senza pari nel passato. Attualmente il numero di<br />
documenti presenti sul Web è valutato nell'ordine dei miliardi, e in<br />
centinaia di milioni gli utenti che quotidianamente ne fanno uso.<br />
Il 2 maggio del 1994 si tenne a Ginevra la prima WWW Conference<br />
seguita nell’ottobre da una seconda tenuta a Chicago. Da quei primi<br />
incontri si presero le mosse per la fondazione del W3 Consortium, una<br />
organizzazione voluta da Tim Berners Lee al fine di gestire in modo<br />
pubblico e aperto lo sviluppo delle tecnologie Web.<br />
La nuova Internet era ormai pronta a un’ennesima mutazione: da un<br />
sistema di comunicazione fortemente radicato nell’ambiente accademico<br />
stava per divenire un vero e proprio medium globale.<br />
17
INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA<br />
Interferenze linguistiche<br />
La rete diventa sempre più un luogo di comunicazione internazionale,<br />
ma è anche un luogo di comunicazione multilinguistica? Sembrerebbe<br />
proprio il contrario. Fin dagli albori di Internet la lingua dominante del<br />
World Wide Web è stata l’inglese. Questo perché inizialmente il Web era<br />
sotto il dominio assoluto degli Stati Uniti e solo negli anni novanta Internet<br />
ha iniziato ad espandersi anche nei paesi di altre lingue.<br />
L’inglese svolge oggi, al pari del latino o del francese nel passato, la<br />
funzione di lingua internazionale e la crescente diffusione dei mezzi<br />
informatici e di Internet ne ha rafforzato il ruolo. Questa egemonia<br />
dell’inglese ha destato non poche preoccupazioni riguardo allo stato di<br />
salute delle lingue che subiscono anche e soprattutto a causa di Internet e<br />
del Web il suo influsso. “Lo stranierismo è merce corrente [...] altrettanto<br />
prevedibile è il loro dilagare nei siti web, che ci autorizza ad individuare<br />
una vera e propria invasione, in particolare nei siti settoriali (e privilegiano<br />
l’inglese tecnologico, com’è ovvio, quelli d’argomento informatico), senza<br />
considerare che la maggior parte dei siti nostrani ha addirittura una<br />
versione dei testi in lingua inglese.” 14 Nel settore informatico più che in<br />
altri si verifica il fenomeno della ripresa pura e semplice del vocabolo<br />
straniero, che non viene né tradotto né adattato alla lingua d’arrivo.<br />
Il tema del possibile decadimento dell’italiano non nasce certo con la<br />
diffusione di Internet, ma i molti prestiti non o poco adatti (o forse a volte<br />
male adattati) entrati nell’italiano attraverso il gergo informatico hanno<br />
rianimato la discussione. “Da anni infatti si discute se sia doveroso tradurre<br />
14<br />
Andrea Masini, “L’italiano contemporaneo e la lingua dei media”, in La lingua italiana e i<br />
mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 21.<br />
18
i termini stranieri in (buon) italiano, o se viceversa sia lecito lasciarli nella<br />
lingua originale o al limite italianizzarli alla meno peggio.” 15 Nella rete<br />
sono frequenti i dibattiti su questo argomento, che evidenziano come in<br />
ambito informatico sia diffuso l’uso di prestiti anche quando esiste un<br />
termine italiano e<strong>qui</strong>valente, e che lamentano l’utilizzo sempre più<br />
frequente di neologismi grossolani come “scannare” (nel senso di<br />
digitalizzare, leggere con lo scanner) e “scannerizzazione”, anziché i più<br />
eleganti “scandire” e “scansione”.<br />
Comunque in genere i linguisti non ritengono che i prestiti siano di per<br />
sé un rischio per la lingua. Marazzini, per esempio, sostiene che i prestiti<br />
“possono essere interpretati come un segno di vitalità” 16 e De Mauro<br />
esclude decisamente che gli anglicismi entrati nell’uso della lingua italiana<br />
(e i forestierismo in genere) costituiscano un pericolo per la lingua: “da<br />
quando sono documentate, le seimila diverse lingue del mondo, anche le<br />
più consolidate ed egemoni, hanno conosciuto e conoscono fenomeni di<br />
interscambio e globalizzazione.” 17<br />
Vi è qualche dissenso sul numero delle parole entrate in italiano dalle<br />
lingue straniere come prestiti non adattati. Ed è discutibile se i derivati<br />
degli anglicismi siano essi stessi dei forestierismi. 18 Comunque il numero<br />
dei prestiti, confrontato con la ricchezza lessicale globale della lingua<br />
italiana, è talmente esiguo da non poter giustificare l’insorgere di<br />
irragionevoli timori. Inotre sembra che la diffusione dei mezzi di<br />
comunicazione globale come Internet non abbiano, almeno finora,<br />
aumentato significativamente il numero dei forestierismi. “Se si<br />
confrontano i neologismi entrati nell'italiano negli anni '90 con quelli dei<br />
15<br />
Cristina Cona, “Non dimentichiamo la nostra lingua”, Interalia, Settembre 2002. p.8.<br />
16<br />
C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma 1999. p. 225.<br />
17<br />
Tullio De Mauro, “Ogni lingua è globale, ciascuna a proprio modo”, Telema n.11, 1997.<br />
18<br />
Gusmani lo nega, ritenendo del tutto improprio attribuire l’etichetta di prestito ai termini<br />
derivati. Così facendo si renderebbe la definizione di prestito talmente generica da risultare<br />
scarsamente utile. Si potrebbe infatti concludere, che tutto il patrimonio di una lingua e dovuto a<br />
prestito, essendo stata ciasuna parola,una volta, un prestito.<br />
19
decenni immediatamente precedenti si notano diverse costanti: il numero di<br />
parole nuove entrate nella lingua è quasi identico ed è stabile il rapporto tra<br />
neologismi sintagmatici, creati cioè con materiale interno alla lingua, e<br />
forestierismi. In altre parole, negli ultimi quarant'anni non c'è stata<br />
un'accelerazione nell'ac<strong>qui</strong>sizione di forestierismi.” 19<br />
McLanguage<br />
Va altresì osservato che la contaminazione delle lingue per via<br />
telematica non avviene a senso unico, ossia non è solo l’inglese a<br />
influenzare le altre lingue, ma anch’esso è influenzato della lingue delle<br />
culture con cui entra in contatto. Il linguaggio informatico, di Internet e del<br />
Web non è più inglese ma si è evoluto in un “tecno-esperanto”, cioè “una<br />
macedonia di parole che fondono latino-grecismi e parole inglesi<br />
irrompendo sulla scena linguistica nei più diversi paesi compresi quelli<br />
anglofoni di qua e di là dell’Atlantico”. 20<br />
Può darsi che questo tran<strong>qui</strong>llizzi qualche purista che pretende di<br />
trascinare sul banco degli imputati il malvagio inglese, reo di invasione<br />
della presunta purezza dell’italiano e di altre lingue. Ma, d’altro canto, in<br />
questo modo si apre un’altra questione: la “salute” dell’inglese. Il Web,<br />
essendo un fenomeno di portata globale che tende a livellare le differenze<br />
tra le culture che in esso si incontrano per permettere una migliore (o una<br />
più facile e immediata) comunicabilità, è spesso ritenuto responsabile da un<br />
lato dell’assimilazione delle diverse lingue all’inglese, e dall’altro del<br />
appiattimento dell’inglese ad un esperanto privato della sue radici culturali.<br />
Anche questo problema non è certo nato con l’avvento della rete, era già<br />
una questione aperta per una lingua che per l’imponente espansione<br />
coloniale dell’Impero inglese e per la colossale importanza economica<br />
19<br />
Elisa Ranucci, “I neologismi nell’italiano contemporaneo”, Interalia, Settembre 2001, p.14-<br />
15.<br />
20<br />
Tulio De Mauro, “La telelingua è il vero esperanto”, Telèma n.2, 1995.<br />
20
statunitense è parlata come lingua ufficiale in 52 paesi e da 1,7 miliardi di<br />
persone in tutto il mondo. La nuova tecnologia non ha fatto altro che<br />
acutizzare il problema e di imporlo di nuovo alla nostra attenzione.<br />
Mary Snell-Hornby sostiene che nel caso della lingua parlata in<br />
Internet si tratta di un inglese che non si conforma più alle regole e le<br />
norme di una varietà nazionale alla quale dà il nome di McLanguage. 21<br />
Questa sarebbe un tipo particolare di inglese americano, semplificato e<br />
privato della sua ricchezza stilistica e lessicale e, con l’ausilio di<br />
abbreviazioni, icone, acronimi e grafici, fatto su misura per essere<br />
“consumato” velocemente. Questa lingua, che funziona da denominatore<br />
comune per la comunicazione interculturale, fa spesso uso del registro<br />
collo<strong>qui</strong>ale e tende a non rispettare rigidamente le prescrizioni<br />
grammaticali.<br />
I paesi di lingua inglese, anche in epoca coloniale, hanno sempre<br />
adottato una politica linguistica tutt’altro che puristica. Questo da un lato ha<br />
favorito la sua espansione, facilitandone l’apprendimento da parte di<br />
popolazioni di lingue diverse, dall’altro ha determinato una particolare<br />
apertura alle innovazioni e agli influssi esterni che ha fatto sorgere<br />
numerose varietà regionali. La Mclanguage ha d’altronde molti tratti<br />
comuni con l’inglese dei scrittori Africani postcoloniali. Questi scrivono in<br />
inglese ma pensano nella loro madrelingua, cioè traducono costantemente<br />
da una lingua all’altra, esattamente come fanno molti utenti web. Il risultato<br />
è una lingua comprensibile a tutti ma piena di interferenze locali.<br />
Un cambiamento di tendenza<br />
Ora però assistiamo ad un ulteriore mutamento della situazione:<br />
lentamente ma inesorabilmente altre lingue cominciano a impossessarsi del<br />
21<br />
Mary Snell-Hornby, “Comunicating in the Global Village: On Language, Translation and<br />
Cultural Identity”, Current Issues in Language & Society, vol.6, n.2, 1999, pp. 103-119.<br />
21
Web scalzando l’inglese dalla sua posizione dominante e rivendicando la<br />
loro autonoma importanza in un mondo globalizzato.<br />
Se nel 1998 il 75% delle pagine web erano in inglese, negli ultimi anni<br />
l’aumento degli utenti di lingue diverse dall’inglese è cresciuto<br />
vertiginosamente: sono passati nel giro di pochissimo tempo dal 10% al<br />
oltre il 50%. Secondo degli studi condotti nel 2002, più della metà degli<br />
utenti Internet non sono di madre lingua inglese e la maggior parte dei<br />
documenti è pubblicata in una lingua diversa dall’inglese. Gli ultimi studi<br />
indicano che il numero degli utenti di lingua inglese è sceso quasi a un<br />
terzo degli utenti totali.<br />
3,8%<br />
3,9%<br />
4,2%<br />
6,9%<br />
1,7%<br />
3,1%<br />
8,4%<br />
10,1%<br />
9,0%<br />
13,7%<br />
35,2%<br />
Figura 1: Utenti web suddivisi per lingua (Settembre 2004) 22<br />
Inglese<br />
Cinese<br />
Spagnolo<br />
Giapponese<br />
Tedesco<br />
Francese<br />
Coreano<br />
Italiano<br />
Portoghese<br />
Olandese<br />
Altro<br />
Anche se l’inglese continua ad essere di gran lunga la lingua più usata<br />
nella rete e molti utenti di Internet sono in grado almeno di comprenderlo,<br />
rimane fuor di ogni dubbio che un sito nella lingua madre dei suoi visitatori<br />
è molto più attraente e di più facile utilizzo.<br />
Gli utenti tendono a passare più tempo e sono più propensi ad<br />
22 Fonte: Global Reach [Ultimo accesso settenbre 2004]<br />
22
ac<strong>qui</strong>stare prodotti in siti nella loro lingua madre. Le aziende che vogliono<br />
sfruttare al medio i vantaggi del mercato globale e di Internet, perciò,<br />
devono assolutamente superare la barriera linguistica che li divide dai loro<br />
potenziali clienti. I primi ad accorgersi di questo aspetto sono stati i gestori<br />
dei portali, che hanno prontamente reagito mettendo a disposizione i loro<br />
servizi in molte lingue diverse e offrendo gratuitamente sistemi di<br />
traduzione automatica online. Per esempio, sia AltaVista che Yahoo!<br />
permettono la traduzione automatica di interi siti.<br />
In questo modo è stata riportata alla ribalta la questione della<br />
traduzione automatica immediata. In un ambiente (quello di Internet) dove<br />
ogni minuto di connessione ha un costo, è ovvio che si voglia accedere alle<br />
informazioni nel minor tempo possibile. La traduzione che rende fruibile il<br />
contenuto di un siti web realizzato in una lingua diversa della propria deve<br />
<strong>qui</strong>ndi avvenire in tempo reale.<br />
Inutile ripetere che le traduzioni così realizzate sono di scarsissima<br />
qualità e che si adatta solo come soluzione di emergenza. La soluzione<br />
migliore è e rimane che i siti siano direttamente localizzati dai loro<br />
realizzatori e che siano disponibili nel maggior numero di lingue possibili.<br />
Ed in effetti ci si accorge immediatamente che sono sempre più numerosi i<br />
siti multi-lingue.<br />
In questo contesto il ruolo del traduttore, già importante di per sé,<br />
diventa fondamentale. Nell’era dell’informazione e della comunicazione il<br />
traduttore diventa una figura di vitale importanza della società globalizzata.<br />
La traduzione dei testi elettronici diventerà sempre più centrale e sempre<br />
più la qualità della lingua dipenderà anche dalla qualità delle traduzioni.<br />
Sottolineare il ruolo del traduttore si rende necessario anche alla luce<br />
delle previsioni via via più insistenti che vedono il traduttore umano<br />
diventare superfluo con il progresso nel campo della traduzione automatica.<br />
Il pronostico dell’estinzione del traduttore in un futuro non molto lontano<br />
23
non è condiviso da nessun che sia cosciente di quale sia realmente il lavoro<br />
del traduttore.<br />
Ma se è vero che l’esistenza futura del traduttore allo stato attuale<br />
delle cose non è assolutamente in pericolo, è anche vero che questa<br />
professione subisce rapidi e profondi mutamenti. Le aspettative nei loro<br />
confronti sono cresciute enormemente. A causa del vasto numero di<br />
documenti trasmessi per via telematica si pretende che il lavoro sia<br />
compiuto a ritmi mai visti prima. Per soddisfare queste esigenze il<br />
traduttore deve imparare ad usare gli strumenti elettronici, a lavorare con<br />
sistemi di traduzione assistita, a svolgere lavoro di gruppo. I traduttori sono<br />
sempre più specializzati in una disciplina, e sempre più spesso in ambiti<br />
tecnici.<br />
Sono mutate e aumentate anche le responsabilità che gravano sulla<br />
figura del traduttore: oggi il traduttore si deve assumere un doppio<br />
impegno: ha il compito di favorire e assicurare un processo di<br />
globalizzazione nel quale non ci siano emarginati, esclusi dal godimento<br />
dei suoi vantaggi; e ha il dovere di preservare la molteplicità delle identità<br />
linguistiche e culturali e di impedire che la globalizzazione significhi<br />
americanizzazione, o comunque, omologazione culturale. Il traduttore<br />
favorisce i contatti e gli scambi pacifici tar le culture e impedisce che le<br />
reciproche influenze si risolvano in un appiattimento su un inico modello di<br />
vita, valorizzando le differenze tra le culture,che sono la vera ricchezza di<br />
un mondo globalizzato.<br />
24
IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO<br />
Il World Wide Web è stato cronologicamente l’ultima funzionalità di<br />
Internet ad essere sviluppata e tra tutte le applicazioni disponibili in rete è<br />
quella che gode della maggiore diffusione presso gli utenti. Questo<br />
strumento ha cambiato decisamente il volto di Internet, rendendo<br />
l’interazione con la rete una attività semplice e gradevole.<br />
Il Web può essere definito come un’enorme rete di documenti<br />
contenenti testi, immagini, ma anche suoni e animazioni distribuiti tra i vari<br />
nodi di Internet e collegati tra loro a formare una trama virtualmente<br />
infinita. L'architettura originaria del Web è stata sviluppata da Tim Berners<br />
Lee. Alla sua opera si devono l'elaborazione e l'implementazione dei<br />
principi, dei protocolli e dei linguaggi che ancora caratterizzano questa<br />
complessa applicazione di rete. Tuttavia, quando fu concepito, il Web era<br />
destinato a una comunità di utenti limitata, non necessariamente in<br />
possesso di particolari competenze informatiche ed editoriali, e non<br />
particolarmente preoccupata degli aspetti qualitativi e stilistici nella<br />
presentazione dell'informazione. Per questa ragione nello sviluppo<br />
dell'architettura Web furono perseguiti espressamente gli obiettivi della<br />
semplicità di implementazione e di utilizzazione.<br />
Queste caratteristiche hanno notevolmente contribuito al successo del<br />
Web. Ma con il successo lo spettro dei fornitori di informazione si è<br />
allargato: nel corso degli anni il World Wide Web è diventato un vero e<br />
proprio ambiente editoriale e di fornitura di servizi avanzati. Ovviamente<br />
l'espansione ha suscitato esigenze e aspettative che non erano previste nel<br />
progetto originale, stimolando una serie di revisioni e di innovazioni degli<br />
standard tecnologici originari.<br />
Si è avuto <strong>qui</strong>ndi un potenziamento della capacità di gestione e<br />
25
controllo dei contenuti multimediali pubblicati sul Web, e dunque dei<br />
linguaggi utilizzati per la loro creazione. In una prima fase un ruolo<br />
propulsivo in questo processo fu assunto dalle grandi aziende produttrici di<br />
browser. Nel corso degli anni novanta sia Microsoft che Netscape, man<br />
mano che nuove versioni dei loro browser venivano sviluppate,<br />
introducevano innovazioni ed estensioni, al fine di con<strong>qui</strong>stare il maggior<br />
numero di fornitori di servizi e dunque di utenti (infatti le nuove<br />
caratteristiche, almeno inizialmente, erano riconosciute e interpretate<br />
correttamente solo dai rispettivi browser). Questa corsa all'ultima<br />
innovazione, se molto ha migliorato l'aspetto e la fruibilità delle pagine<br />
pubblicate su Web, ha rischiato di avere effetti devastanti sull’accessibilità<br />
dei contenuti on-line.<br />
Per evitare che le tensioni indotte dal mercato limitassero l'universalità<br />
di accesso all'informazione on-line, nel 1994 lo stesso Tim Berners Lee<br />
promosse la costituzione del World Wide Web Consortium (W3C).<br />
L’organizzazione senza fini di lucro, che raccoglie centinaia di aziende,<br />
enti, centri di ricerca e singoli specialisti coinvolti più o meno direttamente<br />
nel settore delle tecnologie Web, è ufficialmente deputata allo sviluppo<br />
degli standard tecnologici per il Web.<br />
Il Web come ipertesto multimediale<br />
Qualsiasi documento Web presente in rete è potenzialmente<br />
accessibile allo stesso modo (attraverso un legame ipertestuale) da qualsiasi<br />
altro documento. Inoltre la regnatela globale integra, come abbiamo visto,<br />
diverse forme espressive (testo, suoni, filmati). Di conseguenza il Web può<br />
essere definito come un ipertesto multimediale: è dunque chiaro che tali<br />
concetti delineano la cornice generale nella quale esso e tutte le tecnologie<br />
sottostanti si inseriscono. In primo luogo è bene distinguere il concetto di<br />
multimedialità da quello di ipertesto. I due concetti sono spesso affiancati e<br />
26
talvolta sovrapposti, ma mentre il primo si riferisce agli strumenti e ai<br />
codici della comunicazione, il secondo riguarda la sfera più complessa<br />
della organizzazione dell'informazione.<br />
Con multimedialità, dunque, ci si riferisce alla possibilità di utilizzare<br />
contemporaneamente, in uno stesso messaggio, più linguaggi o codici. 23 Da<br />
questo punto di vista, possiamo dire che una certa dose di multimedialità è<br />
intrinseca in tutte le forme di comunicazione che l'uomo ha sviluppato e<br />
utilizzato, a partire dalla complessa interazione tra parola e gesto, fino alla<br />
invenzione della scrittura, dove il linguaggio verbale si fonde con l'iconicità<br />
del linguaggio scritto, e a tecnologie comunicative più recenti come il<br />
cinema o la televisione. Nondimeno l'informatica, riducendo linguaggi<br />
diversi ad un unico codice binario (cioè costituito da una serie di 0 e di 1),<br />
permette un livello di integrazione fra codici diversi totalmente nuovo:<br />
tradizionalmente, i supporti utilizzati per i testi scritti erano diversi, nelle<br />
tecnologie impiegate e nei modi di fruizione, dai supporti utilizzati per<br />
suoni, da alcuni di quelli usati per le immagini o per i filmati. “La<br />
convergenza al digitale rende possibile una integrazione strettissima e<br />
totalmente inedita fra codici e linguaggi che eravamo abituati a considerare<br />
lontani. E per questa via rende possibile forme di comunicazione nuove, le<br />
cui caratteristiche e potenzialità stiamo appena iniziando ad esplorare.” 24<br />
La definizione di ipertesto, invece, richiederebbe una trattazione più<br />
estesa. Se ci si occupan un po’ di questo argomento, ci si imbatte<br />
inevitabilmente nei nomi di Barthes, Derrida e Genette, in rifeirmento<br />
soprattutto alla critica postmoderna. Argomento di questo lavoro è, però, la<br />
traduzine dei testi elettronici in rete ed è <strong>qui</strong>ndi necessario prendere come<br />
23<br />
Il concetto di multimedialità è più problematico di quanto non appaia <strong>qui</strong>. Il termine a rigore<br />
dovrebbe indicare la molteplicità dei supporti fisici (medium) del messaggio. In realtà, però, si è<br />
soliti riferirsi piuttosto al intreccio di più codici espressivi. In questo senso sarebbe più<br />
opportuno, come suggerisce Gino Roncaglia, parlare di “multicodicalita”.<br />
24<br />
Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Laterza, Roma-<br />
Bari, 2000, pp 28-29.<br />
27
punto di partenza una definizione diversa di ipertesto che si riferisce ad un<br />
insieme di testi elettronici posti in relazione tra loro in maniera non<br />
sequenziale attraverso una serie di riferimenti incrociati. Volendo fornire<br />
una definizione più precisa diremmo che esso consiste in una serie di<br />
blocchi testuali 25 e di una serie di collegamenti e rimandi istituiti fra tali<br />
blocchi, fra porzioni di tali blocchi o all’interno di un singolo blocco.<br />
La prima formulazione moderna dell'idea di ipertesto si trova in un<br />
articolo dell’americano Vannevar Bush, As We May Think 26 , apparso nel<br />
1945, dove viene descritta una complicata macchina immaginaria, il<br />
Memex (contrazione di Memory extension). Si trattava di una sorta di<br />
scrivania meccanizzata, dotata di schermi per visualizzare e manipolare<br />
documenti microfilmati, e di complicati meccanismi con cui sarebbe stato<br />
possibile costruire legami e collegamenti tra unità informative diverse.<br />
La sintesi tra le suggestioni di Bush e le tecnologie informatiche è<br />
stata opera di Ted Nelson, che ha anche coniato il termine 'ipertesto', agli<br />
inizi degli anni sessanta. Nel suo scritto più famoso, Literary Machines 27 si<br />
descrive un potente sistema ipertestuale, chiamato Xanadu 28 . L’idea di<br />
Nelson è quella di realizzare una rete ipertestuale mondiale, da lui definita<br />
docuverso, costituita dall’insieme degli scritti, delle immagini e dei dati<br />
conservati in tutto il mondo che possa essere utilizzata da centinaia di<br />
milioni di persone. Il progetto Xanadu non è mai stato realizzato<br />
concretamente, nonostante i molti tentativi cui Nelson ha dato vita. Ma le<br />
sue idee sono confluite molti anni più tardi nella concezione del World<br />
Wide Web.<br />
25<br />
I blocchi testuali sono spesso anche chiamati “lessie”, prendendo in prestito il termine usato<br />
da Roland Barthes per denotare delle unità di lettura ritagliate all’interno del testo, risultanti<br />
dalla scomposizione del lavoro di lettura. Si badi, però, che i concetti di blocco testuale e lessia,<br />
così come è intesa da Barthes, non coincidono. Infatti, mentre le lessie sono individuate dal<br />
lettore, i blocchi costiutivi del ipertesto sono determinati dall’autore.<br />
26<br />
Vannevar Bush, “As we may think”, Atlantic Monthly, 1945<br />
27<br />
Teodor Nelson, Literary Machines, Mindfull Press, Sausalito, 1992<br />
28<br />
Il sistema ipertestuale prende il nome dal misterioso palazzo nel poema Kubla Kahn del<br />
poeta romantico S. T. Coleridge.<br />
28
Nella cultura occidentale, a partire dalla invenzione della scrittura<br />
alfabetica, e in particolare da quella della stampa, l'organizzazione<br />
dell'informazione in un messaggio, e la corrispondente fruizione della<br />
stessa, è essenzialmente basata su un modello lineare sequenziale, su cui si<br />
può sovrapporre al massimo una strutturazione gerarchica. Basti pensare ad<br />
un libro, esso è una sequenza lineare di testo, eventualmente organizzato<br />
come una sequenza di capitoli, che a loro volta possono essere organizzati<br />
in sequenze di paragrafi, e così via. La fruizione del testo avviene pertanto<br />
in modo sequenziale, dalla prima all'ultima pagina. Il lettore della maggior<br />
parte dei testi finora prodotti dalla cultura occidentale inizia a leggere il<br />
testo dall'inizio, e prosegue linearmente fino alla fine.<br />
A questo modello ci sono ovviamente delle eccezioni. Infatti il<br />
concetto di ipertestualità non è completamente nuovo, ma anzi è presente<br />
già in molti dei testi stampati. La lettura di un articolo scientifico in una<br />
rivista contenete note e rimandi prevede infatti che i lettori si spostino da<br />
un blocco testuale ad un altro, e anche il consultare un dizionario mentre si<br />
legge un libro è un tipo di lettura ipertestuale.<br />
Cionondimeno l’ipertesto è spesso associato al mondo<br />
dell’informatica, cioè è quasi sempre pensato come un testo elettronico. In<br />
effetti, se è vero che un ipertesto può non essere un testo digitale, è anche<br />
vero che nella scrittura tradizionale prevale nettamente la linearità mentre<br />
un testo digitale, in special modo un documento web, non può non essere<br />
un ipertesto. A differenza della carta stampata i testi elettronici in rete<br />
prevedono questa modalità di lettura quasi costituzionalmente 29 . Quindi il<br />
testo digitale viene di fatto a coincidere con un ipertesto elettronico.<br />
Il testo digitale<br />
Il testo che riceviamo composto su di uno schermo differisce, per<br />
29 Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol. 2, 1999.<br />
29
diversi punti essenziali, dal testo che leggiamo sulla carta. Innanzitutto,<br />
dato un codice sorgente, per arrivare a confrontarci con ciò che questo<br />
veicola abbiamo bisogno di un elaboratore che legga il codice e ci<br />
restituisca una pagina a schermo, ovvero necessitiamo di una macchina che<br />
funga da supporto per ciò che va letto. Fatto questo, ciò che scorriamo è, in<br />
effetti, quanto la macchina ha già letto una prima volta. La nostra base di<br />
partenza è il prodotto di un'interpretazione già compiuta dalla macchina,<br />
che in questo modo diventa una specie di secondo autore (o, se si<br />
preferisce, di primo lettore).<br />
È possibile <strong>qui</strong>ndi distinguere due livelli del testo elettronico: il<br />
codice, consistente nella sequenza di caratteri che viene processata dalla<br />
macchina e che è effettivamente scritta dall’autore; e l’opera così come<br />
appare sullo schermo, ossia il testo come appare al lettore dopo<br />
l’interpretazione da parte del computer.<br />
Il rapporto che si instaura tra questi due livelli di testo si presenta nella<br />
seguente maniera. Quello che può essere definito come il testo vero e<br />
proprio è il codice, cioè il livello più profondo del testo elettronico. Questo<br />
contiene tutte le informazioni del testo anche quelle che non vengono<br />
riprodotte sullo schermo, o che sono visualizzate solo in determinate<br />
situazioni. Il codice è il punto di partenza per la realizzazione dell'ipertesto.<br />
Il secondo elemento, ciò che appare a schermo, è solo una presenza<br />
momentanea, che viene simulata ogni volta che l'apposito programma<br />
processa il primo testo. Quando leggiamo un documento digitale, anche se<br />
ogni volta che viene visualizzato la macchina ci mostra lo stesso testo, in<br />
realtà ci troviamo sempre di fronte a un testo nuovo, un testo riscritto dalla<br />
macchina ogni volta di nuovo a partire dal codice sottostante. D’altra parte<br />
questo secondo livello è l’unica realtà con cui si misura il lettore ed è<br />
l’unico aspetto che il testo elettronico può avere nella fruizione.<br />
Il rapporto che lega questi due testi può essere visto, metaforicamente,<br />
30
come se il primo testo, il codice, descrivesse e immaginasse un originale, di<br />
cui la macchina crea una copia, il testo a schermo. Da questo punto di vista,<br />
un vero testo originale non esiste, ma solo la collezione di copie simulate<br />
con cui si interagisce. La nostra esperienza quotidiana con i computer, del<br />
resto, ci ha abituato ad un modo di lavorare che sfrutta questa metafora.<br />
Usando sistemi operativi dove è possibile aprire più sessioni o più finestre<br />
sullo stesso schermo, ad esempio, oppure sfruttando funzionalità come il<br />
copia-e-incolla, ognuno di noi ha imparato a considerare lo schermo come<br />
quello spazio provvisorio dove si creano legami tra dati memorizzati<br />
altrove.<br />
Il codice<br />
Per quanto riguarda <strong>qui</strong>ndi un traduttore che si confronta con un<br />
ipertesto, e più precisamente con un documento web, quello che gli<br />
interesserà di più non sarà la sua realizzazione momentanea, generata da un<br />
progarmma, bensì la sua codificazione che ne rappresenta la realtà stabile.<br />
Nel caso concreto di una pagina web, il codice si basa su di un<br />
linguaggio di rappresentazione dei documenti in formato elettronico,<br />
appartenete alla classe dei linguaggi di marcatura (markup languages)<br />
denominato Hypertext Markup Language (HTML). L'espressione markup<br />
deriva dall'analogia tra questi linguaggi e le annotazioni inserite da autori,<br />
curatori editoriali e correttori nei manoscritti e nelle bozze di stampa di un<br />
testo al fine di indicare correzioni e trattamenti editoriali, chiamate in<br />
inglese mark-up. In modo simile, i linguaggi di marcatura sono costituiti da<br />
un insieme di istruzioni, dette tag (marcatori), che servono a descrivere la<br />
struttura, la composizione e l'impaginazione del documento. I marcatori<br />
sono sequenze di normali caratteri e vengono introdotti, secondo una<br />
determinata sintassi, all'interno del documento, accanto alla porzione di<br />
testo cui si riferiscono.<br />
31
HyperText Markup Language (HTML) è il linguaggio attualmente più<br />
utilizzato per dare forma ai miliardi di documenti che popolano World<br />
Wide Web. 30 Come si è detto, si tratta di un linguaggio orientato alla<br />
descrizione di documenti testuali, ma integra anche alcune estensioni per il<br />
trattamento di dati multimediali e soprattutto di collegamenti ipertestuali.<br />
Ad esempio è possibile indicare i diversi livelli dei titoli di un documento,<br />
lo stile dei caratteri (corsivo, grassetto...), i capoversi, la presenza di liste<br />
(numerate o no). Volendo realizzare un documento ipermediale (cioè un<br />
ipertesto multimediale), avremo a disposizione anche marcatori specifici<br />
per la definizione dei link ipertestuali e per l'inserimento di immagini.<br />
Attraverso i marcatori HTML è possibile anche specificare alcune strutture<br />
interattive come moduli di immissione attraverso cui l'utente può inviare<br />
comandi e informazioni al server.<br />
Lo sviluppo del HTML è stato assai complesso e, soprattutto in una<br />
certa fase, piuttosto disordinato. Nella sua prima versione ufficiale, il<br />
linguaggio era estremamente semplice, e non prevedeva la possibilità di<br />
rappresentare fenomeni testuali ed editoriali complessi. Di conseguenza le<br />
sue specifiche hanno subito numerose revisioni che hanno dato origine a<br />
diverse versioni ufficiali, nonché a una serie di estensioni introdotte dai vari<br />
produttori di browser Web (in particolare, Microsoft e Netscape). Pur se in<br />
maniera un po' caotica, questi raffinamenti successivi, accogliendo le<br />
sollecitazioni provenienti da una comunità di utenti sempre più vasta e<br />
variegata, hanno progressivamente allargato la capacità di rappresentazione<br />
del linguaggio, introducendo molti elementi utili a migliorare<br />
l'organizzazione strutturale e formale dei documenti.<br />
La costituzione del W3C ha permesso di standardizzare in modo<br />
definitivo il linguaggio, che è ormai finalmente stabilizzato. Nel dicembre<br />
30<br />
L’HTML è certamente il linguaggio più diffuso, ma non l’unico. Per ovviare ai suoi<br />
numerosi limiti è stato sviluppato un (meta)linguaggio più potente e versatile per la creazione di<br />
documenti da distribuire su Web, denominato Extensible Markup Language (XML).<br />
32
del 1999, infatti, è stata rilasciata ufficialmente l'ultima versione,<br />
denominata HTML 4.01.<br />
33
IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE<br />
Ogni documento digitale è costituito da due strati: l’interfaccia utente,<br />
ciò che è destinata alla lettura; ed il codice sorgente, il livello più profondo<br />
in cui sono contenute tutte le parti del testo e tutte le informazioni<br />
strutturali. Come abbiamo visto il primo non è che una rappresentazione<br />
momentanea e parziale del testo, mentre il secondo è la realtà stabile con<br />
cui il traduttore si deve confrontare.<br />
Il codice sorgente è un linguaggio artificiale attraverso il quale il<br />
programmatore (in questo caso il webmaster) struttura l’aspetto e il<br />
contenuto del prodotto informatico. Esso, <strong>qui</strong>ndi, determina l’aspetto<br />
esteriore del sito web così come è visto dagli utenti. Bisogna sottolineare il<br />
fatto che nel codice sono contenuti anche porzioni del testo che nella<br />
pagina web finale non sono immediatamente visibili. Infatti, i documenti<br />
digitali, distinguendosi per una certa dinamicità, possono nascondere<br />
frammenti anche rilevanti del testo che diventano visibili solo in risposta ad<br />
una precisa azione del lettore.<br />
Il linguaggio più diffuso nel Web è ancora l’HTML. Anche se si<br />
stanno diffondendo linguaggi con maggiori potenzialità, l’universalità e<br />
l’accessibilità anche i principianti fa si che l’HTML sia ancora il pilastro<br />
portante dello sviluppo Web. Senza nessuna pretesa di completezza ci<br />
accingiamo ad introdurre questo linguaggio di marcatura al solo fine di<br />
illustrare quali siano le difficoltà tecniche della traduzione digitale che la<br />
rendono così diversa dagli altri tipi di traduzione.<br />
Abbiamo detto, <strong>qui</strong>ndi, che il codice HTML oltre a includere il<br />
contenuto dell’ipertesto, ne determina la struttura e la rappresentazione: il<br />
linguaggio di marcatura permette di descrivere, usando particolari simboli<br />
chiamati tag o marcatori (che sono sempre costituiti da parole, lettere, o<br />
34
altri caratteri stampabili) la struttura di un documento, indicando in modo<br />
opportuno l'inizio e la fine di una parola, l'inizio e la fine delle varie parti di<br />
cui si compone un documento (paragrafi, sezioni, capitoli), ecc. Quando si<br />
accede al testo in rete, le informazioni in esso contenute indicheranno al<br />
computer che lo riceve come interpretarlo per visualizzarlo o stamparlo in<br />
modo corretto.<br />
Per poter accedere al documento autentico così come è stato realizzato<br />
dal suo autore bisogna visualizzare dal browser il codice sorgente. Nel<br />
esempio seguente (fig. 1) è illustrato il testo HTML “puro”, visualizzato<br />
aprendo il file con estensione HTM o HTML con un qualsiasi editor di<br />
testo.<br />
Figura 1<br />
Come si può vedere, il testo in codice HTML puro apparire a prima<br />
vista molto oscuro: ci si ritrova davanti ad una confusione quasi<br />
incomprensibile di simboli e caratteri. Per questo motivo e necessario che il<br />
traduttore di un testo digitale abbia una buona conoscenza del linguaggio di<br />
marcatura adoperato, in modo che riesca a distinguere il testo da tradurre da<br />
quello che deve rimanere assolutamente invariato.<br />
35
Breve introduzione al linguaggio HTML<br />
Le informazioni che indicano come disporre gli elementi all’interno di<br />
una pagina sono contenute in appostiti marcatori, detti tag. I tag sono un<br />
insieme di istruzioni che il browser legge in maniera sequenziale, da<br />
sinistra a destra, dall’alto al basso, esattamente come nella lettura umana.<br />
Le istruzioni sono racchiuse tra parentesi angolari () e terminano con<br />
lo stesso tag preceduto dal simbolo di chiusura (). Per esempio:<br />
La traduzione digitale<br />
Questa istruzione indica al browser che il titolo del documento è “La<br />
traduzione digitale”.<br />
Partiamo da un esempio semplice di una pagina web per identificare<br />
tutti i suoi elementi basilari.<br />
<br />
<br />
La traduzione digitale<br />
<br />
<br />
<br />
La traduzione digitale<br />
La traduzione digitale è quel settore della traduzione che si<br />
occupa della traduzione di documenti digitali. <br />
Sito dell’Università Chieti-Pescara<br />
<br />
<br />
<br />
Prendiamo in rassegna ogni elemento del documento appena descritto:<br />
I marcatori , e con i rispettivi tag di chiusura<br />
indicano rispettivamente l’inizio e la fine del documento HTML, la testa<br />
del documento, che contiene informazioni sul documento stesso (per<br />
esempio il titolo), e il corpo del testo, cioè il quello che sarà visualizzato<br />
36
nella finestra del browser.<br />
Il testo compreso tra il marcatore come abbiamo già detto è il<br />
titolo del documento. Esso, facendo parte della testa, sarà visualizzato sulla<br />
barra della finestra del browser e non all’interno del documento.<br />
Il tag sta per “heading 1”. Esso marca il testo che all’interno del<br />
documento svolge la funzione di titolo del testo. Esso sarà rappresentato<br />
con un carattere più grande e in grassetto.<br />
Il tipo di carattere e la grandezza del carattere sono determinati dal<br />
marcatore . Esso racchiude in se stesso gli attributi “face” (tipo di<br />
carattere) e “size” (la grandezza del carattere).<br />
Con si indica una interruzione di riga, cioè si manda a capo il<br />
testo che segue. Questo è uno dei pochi marcatori che non possiede un<br />
rispettivo tag di chiusura.<br />
Il marcatore più importante però è quello che permette di stabilire dei<br />
collegamenti ipertestuali con altri documenti digitali. Il tag indica la<br />
presenza di link e l’attributo “href” (hypertext reference) indica l’indirizzo<br />
del documento di destinazione.<br />
Figura 2<br />
37
Gli elementi invisibili<br />
Tutti i tag descritti sopra devono rimanere invariati nel testo tradotto.<br />
Questo vale per tutti i marcatori e per tutti gli attributi, ma non per tutti i<br />
valori degli attributi. Tra questi ultimi bisogna, infatti, distinguere quelli<br />
traducibili da quelli inalterabili.<br />
Per esempio i valori del attributo “align” che determina la posizione di<br />
un elemento all’interno del documento possono essere solo “right”, “left”,<br />
“center” e “justify” (allineato a destra, a sinistra, al centro o giustificato).<br />
La sostituzione di questi valori con degli e<strong>qui</strong>valenti in un’altra lingua<br />
avrebbe come effetto che il browser non riconoscerebbe come valido il<br />
valore inserito.<br />
Al contrario, nel caso dell’attributo “title” del tag , il valore può<br />
essere costituito da una stringa (sequenza di caratteri alfanumerici)<br />
qualsiasi. In questo caso l’attributo indica il nome assegnato ad un<br />
collegamento ipertestuale. Nell’esempio precedente questo valore era<br />
“Clicca per visualizzare il sito UdA”. Questa brevissima parte di testo è<br />
visualizzato solo quando l’utente posiziona il puntatore del mouse sul<br />
collegamento ipertestuale (fig. 3).<br />
Se si omettesse la traduzione di questo testo, l’aspetto iniziale del<br />
documento risulterebbe invariato ma quando l’utente vorrebbe seguire il<br />
rimando ipertestuale verrebbe visualizzato il testo nella lingua originale. La<br />
qualità della traduzione sarebbe decisamente scadente. Si capisce <strong>qui</strong>ndi<br />
perché non è possibile partire dell’interfaccia per tradurre un documento<br />
digitale.<br />
38
Strumenti di traduzione assistita<br />
Figura 3<br />
Come si è visto dalla figura 1 il codice sorgente potrebbe risultare<br />
piuttosto intricato. Spesso i documenti web sono talmente complessi da<br />
rendere quasi impossibile la traduzione senza ausili tecnologici. In questi<br />
casi uno strumento di traduzione assistita (CAT, Computer-Aided<br />
Translation) si rivela utile in quanto consente di formattare opportunamente<br />
il documento, per esempio mettendo in particolare rilievo il testo da<br />
tradurre.<br />
Figura 4<br />
39
La figura 4 mostra un documento HTML dopo la rielaborazione da<br />
parte di uno strumento di traduzione assistita. Il programma in questo caso<br />
ha attribuito colori diversi ai diversi elementi del documento, facilitando in<br />
questo modo la distinzione tra marcatori HTML e il testo della pagina web.<br />
Inoltre gli strumenti CAT consentono di tradurre il materiale e di<br />
archiviare in appositi file, detti memorie di traduzione (TM, Translation<br />
Mermory) le frasi tradotte unitamente a quelle in lingua originale. Con il<br />
procedere del lavoro, lo strumento di traduzione assistita verifica se nella<br />
memoria è presente la frase da tradurre o una frase simile e, in caso<br />
affermativo, presenta la traduzione disponibile unitamente alle eventuali<br />
differenze individuate. In questo modo si rende più rapido ed efficiente il<br />
processo di traduzione, garantendo al tempo stesso la coerenza<br />
terminologica. Questo si rivela particolarmente vantaggioso qualora si<br />
traducessero documenti tecnici piuttosto lunghi e complessi che si<br />
caratterizzano per la ripetitività della terminologia.<br />
Si badi, però, la traduzione assistita si distingue in maniera<br />
fondamentale dalla traduzione automatica. Il programma CAT si limita a<br />
suggerire possibili soluzioni in base alle traduzione fatte precedentemente e<br />
non traduce autonomamente. Gli strumenti CAT non sono che dei semplici<br />
ausili alla traduzione umana e non la sostituiscono in nessun momento. La<br />
traduzione automatica è ben altra cosa e non risulta essere altrettanto<br />
vantaggiosa nella pratica traduttiva. Come vedremo in un altro capitolo,<br />
malgrado i notevoli sforzi per sviluppo degli strumenti automatici e<br />
nonostante le aspettative spesso esagerate la traduzione automatica al<br />
contrario di quella assistita rimane, salvo casi eccezionali, esclusa<br />
dall’effettiva pratica della traduzione.<br />
40
LA TRADUZIONE AUTOMATICA<br />
“Non esiste civiltà che non abbia una sua versione di Babele, una<br />
mitologia della dispersione originaria delle lingue.” 31 Da tempo<br />
immemorabile ormai l’uomo si interroga sul ruolo negativo dell’isolamento<br />
linguistico “e il tentativo di porvi rimedio grazie al ritrovamento o<br />
all’invenzione di una lingua comune a tutto il genere umano attraversa la<br />
storia di tutte le culture.” 32<br />
Oggi il mondo caratterizzato dal processo di globalizzazione<br />
percepisce molto più urgentemente di ieri la necessità della ricomposizione<br />
delle fratture linguistiche. Ci si è accorti che il villaggio globale ha bisogno<br />
di poter comunicare senza ostacoli al di là dei propri confini politici e<br />
culturali, ma che ognuno parla ancora rigorosamente solo la propria lingua.<br />
L’adozione di una lingua franca, a differenza di quello che si è potuto<br />
pensare in passato, non costituisce una soluzione particolarmente allettante.<br />
La prospettiva che una lingua diventi il veicolo di tutte le comunicazioni<br />
interculturali implica una relazione di dominio sulle altre lingue. Queste<br />
finirebbero per essere degradate a lingue di seconda classe e finirebbero a<br />
poco a poco per scomparire, portandosi dietro tutta la cultura di cui sono<br />
testimoni.<br />
Questo è ciò che sta già in parte accadendo a causa del dominio<br />
culturale statunitense. Dato il dominio dell’inglese nei prodotti culturali<br />
globali, le lingue locali assumono un’immagine di inferiorità. Si teme che<br />
delle 6000 lingue attualmente parlate al mondo alla fine del XXI secolo ne<br />
saranno scomparse 5500. Dietro ogni lingua c’è una cultura e la capacità di<br />
rispecchiare un modo di pensare. Quando muore una lingua diminuisce la<br />
31<br />
George Steiner, After Babel, Oxford-New York, OUP, trad. it. Dopo Babele, Garzanti,<br />
Milano, 1994, p. 86.<br />
32<br />
Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta, Roma-Bari, Laterza, 2004 p. 6.<br />
41
capacità di pensare di conoscere in modo differente. 33<br />
L’unica alternativa è quella di affidare la comunicazione tra comunità<br />
di lingue diverse alla mediazione dei traduttori. Questa, per esempio, è stata<br />
la scelta della Comunità Europea che ha deciso di considerare e<strong>qui</strong>valenti<br />
tutte lingue parlate dai paesi membri. In questo caso però il problema è che<br />
la domanda di traduzione supera di gran lunga l’offerta. Non ci sono<br />
abbastanza traduttori e l’aumento di produttività anche con l’ausilio di<br />
strumenti informatici è arrivato al suo limite massimo. Un buon traduttore<br />
cimentandosi con una traduzione specialistica non supera mediamente le 4-<br />
6 pagine o le 2000 parole al giorno. 34 Inoltre la traduzione è un servizio<br />
estremamente costoso: è stato calcolato che il 40-45% dei costi delle<br />
istituzioni comunitarie sono costituite dai servizi di traduzione e<br />
interpretazione, ma si tratta di una stima che risale a prima<br />
dell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est. 35 Si capisce <strong>qui</strong>ndi perché<br />
ci sia un interesse così forte nella traduzione automatica (MT).<br />
L’utilità della traduzione automatica<br />
La prospettiva di una traduzione completamente automatica senza<br />
l’intervento di un traduttore umano ha attratto l’attenzioni di molti,<br />
soprattutto tra coloro che non lavorano come traduttori. Le posizioni prese<br />
riguardo al fenomeno della traduzione automatica oscilla tra due estremi<br />
opposti: da un lato si asserisce che la traduzione automatica sia<br />
completamente inutile, perché la qualità dei testi prodotti è decisamente<br />
scadente e non potrà mai sostituire il traduttore umano; dall’altra parte<br />
invece si sostiene che essa riuscirà a superare tutte le barriere linguistiche,<br />
33<br />
M. Davies e Z. Sardar, Perché il mondo detesta l’America, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 115.<br />
34<br />
Olivia Craciunescu, Constanza Gerding-Salas, Susan Stringer O’Keeffe, “Machine<br />
Translation and Computer-Assisted Translation: a New Way of Translating”, Translation<br />
Journal, vol. 3, n.3, 2004.<br />
35<br />
Douglas Arnold, Machine Translation: an Intoductory Guide, London, NCC Blackwell, 1994,<br />
p. 5.<br />
42
minacciando perciò l’esistenza dei traduttori. La verità, come spesso<br />
accade, si trova nel mezzo. Nessuna delle due posizioni è esatta: quella<br />
totalmente negativa sottovaluta le possibilità dei sistemi MT, quella<br />
positiva ne sottovaluta i limiti.<br />
L’indubbia utilità della traduzione automatica è dimostrata dal suo<br />
effettivo utilizzo. Per esempio METEO è usato dal Centro Meteorologico<br />
Canadese fin dal 1977 per tradurre bollettini meteorologici tra l’inglese e il<br />
francese, e SYSTRAN, uno dei sistemi più rodati e affidabili, è utilizzato<br />
dalle istituzioni europee. Il fatto che questi strumenti si rivelano utili solo in<br />
circostanze particolari e che la qualità dei testi tradotti è ancora piuttosto<br />
scarsa non ne sancisce l’inutilità. Infatti non in tutti i casi si necessita di una<br />
traduzione qualitativamente elevata, a volte è necessario che essa sia<br />
eseguita rapidamente al solo fine di conoscere a grandi linee il contenuto di<br />
un testo in lingua straniera. In altre parole, la traduzione automatica è<br />
maggiormente adatta a situazioni in cui un ampio volume di traduzioni sia<br />
richiesto a stretti termini di consegna e in cui la qualità richiesta per il<br />
prodotto finale non sia troppo elevata. Inoltre, la traduzione automatica<br />
necessita di testi in formato elettronico, perciò il suo impiego sembra<br />
particolarmente indicato per testi che nascono e sono destinati a essere<br />
fruiti in tale formato, come nel caso di documenti web.<br />
Nessun computer, però, partendo da un testo qualsiasi, è in grado di<br />
portare a termine una traduzione di qualità simile a quella di un traduttore<br />
professionista senza alcun bisogno si intervento umano. Anzi, l’intervento<br />
umano è una componente essenziale della traduzione automatica. Il<br />
traduttore deve pre-elaborare il testo per semplificare la sintassi e il lessico<br />
oltre a risolvere eventuali ambiguità. Il testo così predisposto può essere<br />
tradotto da una macchina evitando in massima parte imprecisioni e<br />
malintesi. A seconda del grado di accuratezza desiderato, il testo tradotto<br />
può anch’esso subire una rielaborazione al fine di eliminare<br />
43
definitivamente tutti i possibili errori.<br />
La prospettiva della sostituzione dell’uomo con la macchina ha portato<br />
ad un certo rifiuto di queste tecnologia da parte dei traduttori non solo a<br />
causa di una possibile perdita di lavoro e di prestigio professionale, ma<br />
anche per il timore di una riduzione della qualità dei servizi offerti. Inoltre<br />
il ristretto campo d’applicazione della traduzione automatica ha comunque<br />
determinato una diffusione piuttosto limitata di questi sistemi. La<br />
traduzione automatica non è servita ad aumentare la produttività della gran<br />
parte dei traduttori, che preferiscono l’utilizzo di strumenti più semplici ma<br />
più efficienti. Questa situazione ha generato reazioni come quelle di Martin<br />
Kay, il quale, riguardo alla traduzione automatica, arriva ad affermare che<br />
nella storia non esiste esempio migliore dell’uso improprio dei computer.<br />
Per poter automatizzare il processo della traduzione sarebbe necessario<br />
esplicitarne i principi con la precisione richiesta da un programma<br />
informatico. Secondo Kay, insomma, il fallimento è dovuto al fatto che si<br />
stia tentando di far fare ai computer qualcosa che noi stessi ancora non<br />
comprendiamo completamente. 36<br />
Steve Vitek, invece, evidenzia una altro aspetto: non è possibile<br />
tradurre senza comprendere il senso del testo, ma questo è proprio quello<br />
che pretendiamo dai computer. Fin quando le macchine non<br />
comprenderanno il significato di ciò che devono tradurre la traduzione<br />
automatica non rimarrà che uno strumento utile per tradurre delle singole<br />
parole da una lingua all’atra, parole che non riveleranno nulla del senso del<br />
testo originale se non per caso. Per questo una traduzione automatica che<br />
punta ad una traduzione accurata del contenuto del testo di partenza non è<br />
altro che un futile esercizio. 37<br />
36<br />
Martin Kay, “The Proper Place of Men and Machine in Language Translation”, in Machine<br />
Translation, 12, 1997, pp.3-23.<br />
37<br />
Steve Vlasta Vitek, “Reflections of a Human Translator on Machine Translation”, Translation<br />
Journal, vol. 4 n. 3, Luglio 2000.<br />
44
Oggi, nonostante il notevole sviluppo tecnologico, la traduzione<br />
automatica non riesce a fornire risposte adeguate ai problemi pratici della<br />
traduzione più di quanto non l’abbia fatto in passato. La speranza di una<br />
traduzione automatica che possa sostituire quella umana in maniera<br />
accettabile finora è andata delusa e nulla fa pensare che si possa avverare in<br />
un prossimo futuro. Il giorno in cui i computer riusciranno a sostituire<br />
completamente i traduttori nel loro lavoro sarà anche il giorno in cui<br />
saranno in grado di sostituirci in ogni altro tipo di attività. La strada da<br />
imboccare, secondo Kay, sarebbe un’altra: adottare quella soluzione che si<br />
è dimostrata proficua in tanti altri campi, cioè lo sviluppo di sistemi che<br />
facciano collaborare maggiormente l’uomo e la macchina. In sostanza<br />
bisognerebbe investire maggiori energie nel migliorare gli strumenti di<br />
traduzione assistita (CAT, computer-aided translation). La ricerca, invece di<br />
tentare di eliminare completamente il fattore umano, dovrebbe orientarsi<br />
verso l’automatizzazione di procedure ripetitive e moleste, lasciando agli<br />
uomini gli aspetti creativi e appaganti della traduzione.<br />
La traduzione automatica online<br />
Internet sta diventando sempre più importante come mezzo di<br />
comunicazione che trascende i confini nazionali e culturali. Diversamente<br />
dalla televisione o dalla radio, gruppi di persone o singoli individui possono<br />
pubblicare testi che possono essere letti da qualsiasi luogo del mondo.<br />
Eliminate le distanze geografiche tra gli individui coinvolti in questa forma<br />
di comunicazione, rimangono però da superare le barriere linguistiche.<br />
Nonostante l’attuale importanza internazione della lingua inglese, essa<br />
sta già lentamente perdendo il suo ruolo di lingua franca della<br />
comunicazione in Internet. Come è stato detto, l’adozione di un’unica<br />
lingua per il superamento della barriera linguistica non costituisce una<br />
soluzione soddisfacente. Ogni comunità linguistica avverte intimamente di<br />
45
possedere il diritto di poter comunicare attraverso la propria lingua, per<br />
questo motivo aumentano sempre di più i documenti web in lingue diverse<br />
dall’inglese. Il risultato è che l’utente web alla ricerca di informazioni nella<br />
ragnatela globale si ritrova perso in una babele di lingue a lui<br />
incomprensibili. È incontestabile che la diversità linguistica costituisce una<br />
ricchezza, essa però non può divenire un ostacolo alla reciproca<br />
comprensione.<br />
Di recente si è potuto assistere alla diffusione di sistemi di traduzione<br />
automatica messi a disposizione gratuitamente in Internet, i quali possono<br />
tradurre singoli frammenti di testo o addirittura l’intero contenuto di una<br />
pagina web. Sono fiorite decine di siti che offrono traduzioni istantanee, ma<br />
attualmente il più popolare di questi strumenti online è “Babelfish” di<br />
Altavista, che è basato sul sistema di traduzione automatica SYTRAN.<br />
In molti sono convinti che queste macchine abbiano la potenzialità per<br />
facilitare la comunicazione interlinguistica e interculturale. Alcuni, come<br />
era già accaduto per la traduzione automatica, si lasciano andare in maniera<br />
esagerata ad un ottimistico entusiasmo. Sam Lehman-Wilzig arriva<br />
addirittura a sostenere che la traduzione automatica istantanea in Internet<br />
sia il primo segnale di una rivoluzione nella comunicazione della portata<br />
pari all’invenzione del testo stampato. Secondo lui, la traduzione istantanea<br />
ci porterebbe più vicini all’unità linguistica pre-babelica senza però mettere<br />
in pericolo la ricchezza e la bellezza della diversità linguistica e culturale. 38<br />
Più realistica sembra la posizione di Mary Flanagan, che riconosce ed<br />
ammette il limiti della traduzione automatica, concordando con Kay sul<br />
fatto che con il passare del tempo le reticenze verso la traduzione<br />
automatica non sono diminuite, e che solo pochissimi traduttori intergrano<br />
tali strumenti nel loro processo lavorativo. Ma Flanagan sostiene anche che<br />
38 Sam Lehman-Wilzig, “The Tower of Babel vs the Power of Babel”, in New Media and<br />
Society, vol.2, n.4, 2000, pp. 467-494.<br />
46
è necessario riconsiderare la faccenda alla luce degli sviluppi più recenti.<br />
Negli ultimi anni la traduzione automatica online, che ha ottenuto molta<br />
attenzione e un notevole successo, ha aperto una nuova prospettiva. La<br />
questione, adesso non è tanto se tali strumenti siano utili o no ai traduttori,<br />
quanto se abbiano una utilità anche per utenti occasionali, che antepongono<br />
la quantità alla qualità. 39<br />
L’ideale di una traduzione qualitativamente elevata e completamente<br />
automatizzata (FAHQT, fully automatic hight quality translation) è un<br />
obiettivo che vale la pena di essere perseguito, ma ha dimostrato di non<br />
essere indispensabile per il successo della traduzione automatica online. La<br />
FAHQT deve essere sostituita da un approccio diverso: la traduzione<br />
comprensibile completamente automatizzata (FAUT, fully automatic<br />
understandable translation). La traduzione automatica, anche se<br />
qualitativamente inferiore a quella umana, ha trovato la sua nicchia di<br />
mercato nel Web, soddisfacendo con successo la necessità di una<br />
traduzione immediata. Bisogna, infatti, ammettere che in molti casi si tratta<br />
di una soluzione soddisfacente per un gran numero di utenti del World<br />
Wide Web, i quali devono poter esaminare immediatamente l’enorme mole<br />
di informazioni che reperiscono in Internet.<br />
Ma la traduzione automatica online rimane comunque un rimedio<br />
imperfetto: i tempi di elaborazione di questi sistemi sono spesso ridotti a<br />
svantaggio dell’accuratezza e della comprensibilità della traduzione. L’esito<br />
di una traduzione di questo genere potrebbe essere un testo completamente<br />
incomprensibile come nell’esempio che segue.<br />
Traduzione:<br />
39 Mary Flanagan, “MT today: Emerging Roles, New Successes”, Machine Translation, 12,<br />
1997, pp. 25-27.<br />
47
Sono un traduttore freelance con un ufficio nei miei clienti del serving<br />
di affari riusciti ragionevolmente e della sede nel Regno Unito ed i Paesi<br />
Bassi. L'altro giorno sono stato interferito fuori della protezione quando un<br />
cliente lo ha telefonato dall'azzurro ed ha insistito sul cadere dentro per<br />
rivedere un testo in persona (è sembrato essere nella vicinanza ed il testo<br />
era urgente). 40<br />
Testo originale:<br />
I am a freelance translator with an office in my home and a<br />
reasonably successful business serving clients in the UK and the<br />
Netherlands. The other day I was caught off guard when a client phoned<br />
me out of the blue and insisted on dropping in to review a text in person (he<br />
happened to be in the neighbourhood, and the text was urgent). 41<br />
L’unica informazione che il lettore di lingua italiana riuscirebbe a<br />
evincere dal testo così tradotto è che il soggetto del discorso è un traduttore<br />
freelance, tutto il resto rimarrebbe oscuro. In questo caso la traduzione<br />
automatica può essere utile solo per capire, senza conoscere l’inglese, se si<br />
parla del argomento che ci interessa, rimandando ad un secondo momento<br />
la traduzione più accurata.<br />
Un utente che si trova davanti a una pagina web tradotta da una<br />
macchina potrebbe essere disorientato dal trovare la parola “domestico” in<br />
luogo di “home” o “home page” ad indicare un rimando ipertestuale alla<br />
pagina principale del sito. Oppure potrebbe non capire che l’espressione<br />
“segno in” (sign in) in realtà significhi “registrati” e che “firmi in su <strong>qui</strong>”<br />
(sign up here) stia ad indicare il link ad un modulo di iscrizione per<br />
40<br />
La traduzione è stata eseguita dal sitema di traduzione automatica di Yahoo! basato su<br />
SYSTRAN.<br />
41<br />
Il brano è tratto dal Translation Jounal. http://www.accurapid.com/journal/30fawb.htm<br />
48
accedere ai servizi offerti dal sito. 42 In sostanza, la traduzione automatica<br />
non facilità di molto la navigazione tra i documenti in lingua straniera del<br />
Web.<br />
Malgrado tutto anche la traduzione automatica online rimane una<br />
soluzione parziale del problema, utile solo in casi specifici. Il cuore del<br />
problema della mediazione tra lingue diverse rimane saldamente nella mani<br />
dei traduttori. “Ma visto che adesso è diventato così facile venire a contatto<br />
con le lingue diverse dalla nostra, perché non impararne anche qualcuna?<br />
La vera via per sbarazzarsi definitivamente di interpreti e traduttori è solo<br />
questa.” 43<br />
42 Gli esempi citati sono tratti della traduzione automatica del sito www.ingenta.com.<br />
43 Diego Marani, “Internet e il problema delle lingue straniere: i pro e i contro delle traduzioni<br />
automatiche online”, in La Repubblica del 30 dicembre 1998.<br />
49
TRADURRE PER IL WEB<br />
La fedeltà della traduzione<br />
Tradizionalmente lo scopo di ogni traduttore è sempre stato quello di<br />
realizzare una traduzione fedele. Per questo il conflitto tra traduzione libera<br />
e letterale è una delle questioni più ricorrenti e centrali all’interno degli<br />
studi sulla traduzione.<br />
La traduzione letteraria ha una funzione ‘documentale’, ossia il suo<br />
scopo è quello di far conoscere un’opera letteraria a chi non è in grado di<br />
comprendere la lingua in cui è stata redatta. Il testo tradotto, <strong>qui</strong>ndi, non<br />
traspone semplicemente il contenuto di un testo da una lingua ad un’altra,<br />
bensì sostituisce l’originale nella cultura di arrivo, “lo rappresenta in terra<br />
straniera e , per quanto possibile, lo fa conoscere per quello che è al nuovo<br />
lettore” 44 . La traduzione deve conservare l’autonomia e ‘l’estraneità’ del<br />
genio originale, deve raggiungere, cioè, “una simbiosi, una fusione che<br />
tutela in qualche modo la separatezza e l’unicità dell’originale” 45 .<br />
La traduzione specialistica, invece, ha spostato l’attenzione dal testo<br />
originale alla funzione e al destinatario del testo stesso. Il fine del testo<br />
specialistico è quello di trasmettere delle informazioni, e per questo motivo<br />
la forma assolve una funzione subordinata al contenuto. Al contrario di<br />
quanto accade nella traduzione letteraria, dove stile e messaggio hanno lo<br />
stesso peso, nella traduzione specialistica è importante privilegiare la<br />
chiarezza della comunicazione rispetto allo stile dell'autore. Pertanto<br />
l’obiettivo principale del traduttore specialistico non è necessariamente la<br />
fedeltà alla forma del testo originale, che va anzi adeguata alle convenzioni<br />
della lingua d’arrivo, bensì la riproduzione integrale del contenuto<br />
dell’originale. Il traduttore è autorizzato ad alterare il carattere del testo, se<br />
44<br />
Roberto Bertozzi, E<strong>qui</strong>valenza e sapere traduttivo, LED, Milano, 1999, p. 72.<br />
45<br />
Geoge Steiner, After Babel, OUP, Oxford-New York, 1974, trad. it., Dopo Babele, Garzanti, Milano,<br />
1994, p. 313.<br />
50
questo si rende necessario per produrre maggiore chiarezza nel testo<br />
d’arrivo. Lo scopo primario della traduzione specialistica è quello di<br />
comunicare delle informazioni che nella traduzione devono risultare<br />
esaurienti, di gradevole lettura, ma allo stesso tempo sobrie e facilmente<br />
comprensibili al lettore almeno quanto lo sono nell’originale. Delle<br />
variazioni rispetto all’originale sono possibili e anzi a volte necessarie,<br />
tuttavia possono riguardare soltanto la forma, e non devono comportare<br />
alcuna perdita o distorsione delle informazioni contenute nel testo di<br />
partenza.<br />
In entrambi i casi, nella traduzione letteraria e specialistica, <strong>qui</strong>ndi,<br />
ponendo l’enfasi su aspetti diversi, il concetto di fedeltà rimane comunque<br />
di vitale importanza. Lo stesso non vale per la traduzione digitale. Sebbene<br />
la traduzione di documenti digitali, possa riguardare qualsiasi varietà<br />
testuale (sia letteraria che specialistica), ognuna con delle specifiche<br />
problematiche, a causa delle particolarità dei mezzi di comunicazione<br />
digitali il vincolo di fedeltà tra traduzione e originale in determinate<br />
circostanze può essere disatteso. Sono due le caratteristiche che producono<br />
questo fondamentale mutamento di prospettiva.<br />
La prima è che viene meno la secolare supremazia del testo originale<br />
sulla traduzione e la conseguente dipendenza del testo di arrivo dal testo di<br />
partenza. Si instaura invece una relazione di interdipendenza tra i due testi,<br />
poiché spesse volte in questo settore l’originale è concepito e scritto già in<br />
vista della sua traduzione. In gergo si dice che il testo di partenza prima di<br />
essere localizzato (o tradotto) è ‘enabled’. L’enabling, che consiste nel<br />
produrre un testo destinato alla traduzione e nel facilitare il trasferimento di<br />
significato da una lingua all’atra, costituisce un ponte che permette di<br />
superare l’abisso che divide il testo originale dalla sua traduzione. Inoltre<br />
questo processo che precede la traduzione getta una luce completamente<br />
nuova sulla questione della intraducibilità, cioè sull’eterno interrogativo se<br />
51
la traduzione sia di fatto possibile.<br />
La seconda caratteristica è che il destinatario dei testi digitale non è<br />
più lettore passivo ma utente, ossia in un certa misura partecipante attivo<br />
della comunicazione. Va però precisato che la possibilità d’azione del<br />
lettore è comunque limitata e programmata da parte del autore del<br />
documento digitale, che predispone consapevolmente i percorsi di lettura<br />
possibili. Il nuovo ruolo del ricevente pone comunque al centro<br />
dell’attenzione del traduttore non più il testo di partenza o il suo contenuto,<br />
ma piuttosto l’uso che ne deve fare il destinatario. La funzione del testo nel<br />
contesto culturale in cui deve inserirsi diventa il fattore fondamentale delle<br />
scelte traduttive.<br />
Il principio fondamentale della traduzione digitale non è tanto il<br />
rispetto del progetto primitivo, e <strong>qui</strong>ndi sostanzialmente della cultura<br />
originaria, quanto di quella di destinazione, realizzando, se necessario un<br />
documento completamente nuovo. In questo ambito il concetto di fedeltà,<br />
<strong>qui</strong>ndi, è molto ridimensionato nella sua importanza e perde il carattere di<br />
assioma assoluto. Nella traduzione dei siti web infatti può essere necessario<br />
discostarsi dal testo di partenza sia nella forma che nel contenuto. La<br />
traduzione in questo caso è ‘funzionale’ e non ‘documentale’ (non è<br />
marcata come traduzione) perché tende a produrre un testo di arrivo<br />
orientato a funzionare nella nuova situazione comunicativa in cui è calata<br />
come se fosse un testo originale. Giacché il sito tradotto potrebbe dover<br />
assolvere nel paese di destinazione una funzione diversa da quella nel paese<br />
di origine, potrebbe essere necessario modificarne, oltre alla forma, per<br />
adattarsi alle diverse convenzioni stilistiche, anche il contenuto.<br />
Più che di ‘fedeltà’ della traduzione sembra essere più utile parlare di<br />
‘lealtà’ del traduttore 46 . Questa è la responsabilità deontologica che il<br />
traduttore ha nei confronti degli altri partecipanti alla comunicazione, ossia<br />
46 Fderica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 203<br />
52
l’emittente, il destinatario e il committente. Il traduttore deve infatti<br />
lavorare nell’interesse della comunicazione e <strong>qui</strong>ndi la sua responsabilità è<br />
non solo nei confronti del contenuto del testo di partenza (e <strong>qui</strong>ndi<br />
dell’emittente) ma anche, in egual misura, nei confronti del committente<br />
della traduzione e dei destinatari del testo di arrivo. Nella traduzione<br />
digitale si ha la necessità di ricorre anche ad una reinterpretazione più<br />
libera del testo originale al fine di venire incontro alle esigenze di tutti i<br />
partecipanti alla comunicazione. Nei casi più estremi la traduzione può<br />
essere talmente lontana dall’originale da rendere discutibile il fatto che si<br />
tratti ancora di una traduzione. Volendo riprendere il tradizionale sistema<br />
triadico della teoria delle traduzione in quei casi si parlerebbe piuttosto di<br />
“imitazione” 47 che non di traduzione in senso stretto.<br />
Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue<br />
Ci sono tre tipi differenti di siti web multilingue che corrispondono a<br />
tre modi diversi di accostarsi al problema della traduzione dei siti web.<br />
Partendo da quello che permette di rimanere più fedeli all’originale a quello<br />
che reinterpreta più liberamente il sito di partenza i tre approcci sono: la<br />
traduzione pagina per pagina, la creazione di sub-siti paralleli per ogni<br />
lingua, oppure la realizzazione di siti completamente distinti. 48<br />
Il sito web singolo è costituito da un solo sito con un unico dominio.<br />
47 Secondo il sistema triadico proposto da Dryden ‘metafrasi’, ‘parafrasi’ e ‘imitazione’ corrispondono<br />
rispettivamente alla traduzione letterale (parola per parola), alla traduzione fedele ma autonoma e alla<br />
ricreazione, reinterpretazione libera dell’originale.<br />
48 Mathew Hillier, “Cultural Context in Multilingual Web”, Electronic Commerce Research and<br />
Applications, 2003, pp. 2-14.<br />
53
Si tratta di un approccio minimalista nel quale solo alcune parti del sito<br />
vengono tradotte. Di solito il sito è strutturato in modo tale che da una<br />
pagina in lingua inglese si rimandi attraverso un link ai contenuti nelle altre<br />
lingue. La traduzione avviene pagina per pagina o in alcuni casi addirittura<br />
sono tradotti solo singoli paragrafi. A volte i siti di questo genere fanno<br />
ricorso ai servizi di traduzione automatica online (come BabelFish di<br />
Altavista) per consentire alla propria utenza di tradurre istantaneamente le<br />
porzioni di testo o le pagine a cui sono interessati. Questo approccio è<br />
quello che comporta il minore dispendio di risorse per la realizzazione e il<br />
mantenimento, ed è anche quello che in genere permette una maggiore<br />
aderenza alla forma e al contenuto dei testi originali, a scapito, però, della<br />
qualità e della usabilità.<br />
Rientra in questa categoria la rivista elettronica di traduttologia<br />
Intralinea (www.intralinea.it):<br />
Attraverso il link posto in alto a destra (“in inglese”) è possibile<br />
passare alla versione tradotta della pagina visualizzata. Nel sito è possibile<br />
disporre in entrambe le lingue (inglese e italiano) di tutti i menu, sia quelli<br />
verticali che quelli orizzontali, ma non di tutti i testi nel corpo della pagina.<br />
54
Gli articoli contenuti in questa rivista, per esempio, rimangono sempre in<br />
lingua originale, siano essi redatti in inglese o in italiano, creando in questo<br />
modo un interessante commistione delle due lingue in un medesimo<br />
documento. D’altra parte anche nei menu in lingua italiana appaiono degli<br />
anglismi inusuali anche per un ambiente permeabile ai forestierismi con il<br />
Web. Le voci “special issues” e “members area” sarebbero potute essere<br />
sostituiti con gli e<strong>qui</strong>valenti italiani (per esempio, numeri speciali e area<br />
riservata). “Login” invece è ormai entrato stabilmente a far parte del gergo<br />
della rete.<br />
Un secondo approccio possibile è quello del sito web multiplo che è<br />
anche quello più diffuso. Al sito multiplo è assegnato un solo dominio con<br />
una pagina iniziale nella quale è possibile scegliere la lingua che si<br />
preferisce. Generalmente i sub-siti hanno tutti lo stesso aspetto e sono<br />
strutturati in maniera speculare. Se necessario, ci possono essere anche<br />
delle differenze rilevanti tra i contenuti delle singole versioni. Per esempio<br />
quando una azienda offre un servizio che in dato paese non può essere<br />
erogato, la relativa sezione del sito nella lingua del paese in questione viene<br />
omessa. L’unità di riferimento per la traduzione in questo caso non è più la<br />
pagina web ma il sito nel suo complesso.<br />
55
I menu del sito AMTrad (www.amtrad.it), il sito di Alessandra Muzzi,<br />
dimostrano come le due versioni linguistiche siano adattate agli utenti a cui<br />
sono destinati. Nella versione italiana, per esempio, è presente la voce<br />
“servizi di formazione” che manca invece nella versione inglese. Dato che i<br />
corsi di formazione proposti in questa sezione del sito si tengono<br />
esclusivamente in Italia, segnalarli nelle pagine destinate ad utenti che si<br />
trovano in altri paesi avrebbe poco senso.<br />
L’approccio del sito multiplo, rispetto al sito singolo, permette la<br />
realizzazione di una traduzione maggiormente adattabile alle esigenze dei<br />
destinatari e <strong>qui</strong>ndi una maggiore qualità del sito web multilingue. Questo a<br />
un prezzo ovviamente più alto, poiché ai costi per la traduzione del sito si<br />
aggiungono quelli per il mantenimento e l’aggiornamento della versioni<br />
tradotte.<br />
Quando le versioni nelle diverse lingue sono presentate separatamente,<br />
queste posseggono ognuna un proprio dominio. In questo caso si hanno due<br />
siti distinti e autonomi che possono avere anche un contenuto del tutto<br />
diverso l’uno dall’altro. Quello che rimane costante tra i due è la funzione<br />
che devono svolgere e l’idea generale. In genere si tratta di un approccio<br />
adottato solo per siti con fini pubblicitari, che richiedono un forte<br />
adattamento della forma e dei contenuti alla cultura di arrivo. Siti web<br />
distinti vengono adottato normalmente solo dalle grandi società e le aziende<br />
multinazionali, come la Mecedes-Benz o la Coca-Cola Company, con sedi<br />
distaccate nei singoli paesi che possono curare autonomamente ognuna il<br />
proprio sito.<br />
56
I siti della casa automobilistica tedesca Mecedes-Benz si assomigliano<br />
molto, ma i contenuti sono assai differenti. I colori e il design generale del<br />
sito rimangono invariati nelle diverse versioni, ma i contenuti informativi e<br />
i testi pubblicitari sono perfettamente adattati alla esigenze dei rispettivi<br />
mercati di destinazione. Come nella traduzione pubblicitaria il ricorso ad<br />
una ampia rielaborazione degli slogan, dei testi promozionali è una<br />
57
necessità inevitabile, se si vuole che il sito tradotto abbia l’effetto sperato<br />
della cultura d’arrivo.<br />
Tradurre le interfacce<br />
La categoria della traduzione digitale non è riferita a una particolare<br />
tipologia di testo, come accade per la traduzione letteraria o la traduzione<br />
specialistica. Questa categoria traduttiva si distingue dalle altre per il<br />
medium attraverso il quale i testi da tradurre sono trasmessi. La tipologia di<br />
testo che è possibile incontrare varia dai testi pubblicitari alle pubblicazione<br />
accademiche, dai testi informativi agli ipertesti letterari, ognuna con le sue<br />
specifiche problematiche traduttive. È difficile, dunque, individuare delle<br />
particolarità della traduzione, oltre a quelle esposte finora, generalmente<br />
valide per i testi digitali.<br />
Tuttavia un re<strong>qui</strong>sito è comune a tutti i documenti digitali: la presenza<br />
di testi che fungono da interfaccia, ossia che premettono all’utente di<br />
interagire con il sito. Il primo e principale tipo di interfaccia di un sito web<br />
è costituito dai menu. Questi sono, se vogliamo, simili ad un indice, e<br />
permettono di spostarsi da una sezione all’altra del sito senza perdere<br />
l’orientamento. Per questo il loro utilizzo all’interno dei documenti digitali<br />
è irrinunciabile.<br />
Un primo ostacolo alla traduzione delle interfacce di particolare<br />
importanza è costituito dalla lunghezza del testo. I menu solitamente sono<br />
rappresentati graficamente da dei pulsanti. Se questi elementi grafici non<br />
sono stati predisposti per la traduzione può accadere che non ci sia<br />
abbastanza spazio per il testo italiana, solitamente più lungo<br />
dell’e<strong>qui</strong>valente inglese. Di conseguenza è opportuno limitare o se<br />
possibile, eliminare completamente l’uso di preposizioni, articoli e in<br />
genere, qualsiasi informazione non strettamente necessaria per la<br />
comprensione del messaggio. In casi limite è possibile anche ricorrere<br />
58
all’abbreviazione del messaggio stesso. La difficoltà sta nel fatto che la<br />
traduzione deve rispondere sia a criteri di concisione, come è stato detto,<br />
sia a quelli chiarezza, e i due possono facilmente entrare in conflitto.<br />
Un ulteriore problema è costituito dalla mancanza di<br />
standardizzazione terminologica in italiano. I stessi concetti possono essere<br />
espressi con termini differenti, dando luogo ad ambiguità semantiche e<br />
creando non pochi disagi per i traduttori. “Nell’informatica la mancanza di<br />
standardizzazione è dovuta al modo rapido e disordinato con cui il settore si<br />
è sviluppato, a una resistenza generalizzata alla prescrizione linguistica e,<br />
crucialmente, a una diffusa mancanza di interesse per i problemi di natura<br />
linguistica.” 49 La conseguenza di questo disinteresse è stata l’instaurarsi di<br />
una prassi secondo la quale l’azienda che riesce a prevalere in un<br />
determinato settore dell’informatica finisce anche con l’imporre la propria<br />
terminologia.<br />
Per esempio capita spesso di incontrare all’interno dei siti la seguente<br />
frase: “Add this site to the bookmarks”. Il termine “bookmark” indica uno<br />
strumento del browser per organizzare e visualizzare rapidamente le pagine<br />
web a cui si accede di frequente. A seconda dei casi è tradotto con<br />
“segnalibro”, “preferiti” oppure ricorrendo ad un prestito integrale. Al fine<br />
di agevolare la comprensione da parte degli utenti il traduttore deve tendere<br />
ad usare il termine italiano più usuale. Il termine “preferiti”, essendo la<br />
parola usata nel browser della Microsoft, gode della maggiore diffusione.<br />
Per tanto la traduzione migliore sembra essere “Aggiungi questo sito ai<br />
preferiti”.<br />
D’altro canto però il traduttore è anche responsabile della qualità dei<br />
testi che produce e non sempre la terminologia comunemente adottata è<br />
quella migliore. Quando non esiste il rischio di risultare poco chiaro o di<br />
essere frainteso è possibile ricorrere anche a delle traduzioni più originali,<br />
49 Federica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 51.<br />
59
scartando le scelte terminologiche delle grandi aziende informatiche.<br />
L’assenza di standardizzazione è anche la causa dell’ampio uso di<br />
anglicismi, che nella maggior parte dei casi entrano nel lessico italiano<br />
sotto forma di presiti non integrati (home page, guest book) o di calchi<br />
semantici (virus, portale, sito).<br />
Questo fenomeno è stato rilevato e criticato molte volte da più parti.<br />
Bisogna tener presente, però, che i prestiti hanno il vantaggio di rimanere<br />
isolati da tutti i campi semantici diversi da quello in cui vanno ad inserirsi<br />
rendendo il termine monoreferenziale. L’univocità semantica dei prestiti<br />
contribuisce alla precisione e alla chiarezza del discorso e agevola la<br />
comunicazione.<br />
Ma un uso eccessivo di forestierismi sortisce l’effetto contrario. A<br />
volte gli anglicismi della terminologia informatica risultano non trasparenti<br />
per coloro che non possiedono conoscenze specialistiche in questo settore.<br />
Molte volte si tende ad usare il forestierismo anche quando esiste una<br />
variante italiana più trasparente. Questo non accade per esigenze di<br />
precisione, ma per il gusto di esibirsi in inutili tecnicismi oppure per la<br />
fretta e la comodità di chi traduce. Si verifica spesso anche che i calchi o<br />
prestiti semantici e sintattici si cristallizzino in moduli "pronti all’uso",<br />
causando un impoverimento nelle scelte terminologiche o stilistiche ed<br />
erodendo la qualità della traduzione.<br />
Buona parte delle parole inglesi, però, non è effettivamente<br />
sostituibile con termini italiani corrispondenti, spesso perché esse<br />
designano oggetti o situazioni inedite, non previste dal lessico italiano o<br />
perlomeno non traducibili a meno di usare locuzioni involute e poco<br />
efficaci: un esempio è costituito dal termine “mouse” che in teoria potrebbe<br />
essere reso con un calco semantico, “topo”, oppure con una perifrasi come<br />
“periferica di puntamento”. Entrambe le soluzioni risultano<br />
immediatamente meno opportune del prestito non adattato.<br />
60
I prestiti integrali producono anche dei problemi grammaticali di cui<br />
bisogna tenere conto, primo tra tutti quello della corretta grafia.<br />
Analizzando i forestierismi impiegati nei siti web ci si accorge<br />
immediatamente che esistono diverse grafie per gli stessi termini. Il<br />
fenomeno più diffuso sembra essere quello di scrivere come un’unica<br />
parola locuzioni inglesi come “home page”, “guest book”, “sign in” che<br />
diventano per l’appunto “homepage”, “guestbook” e “signin”. Le due<br />
grafie sembrano egualmente diffuse. Per “on line” in italiano esistono<br />
addirittura tre diverse grafie: “on line”, online” e anche “on-line”.<br />
Inoltre i molti termini inglesi entrati nella lingua italiana in questo<br />
settore essendo per la maggior parte sostantivi causano anche il problema<br />
della determinazione del loro genere. La scelta tra maschile e femminile<br />
avviene di norma innanzitutto mantenendo il loro genere naturale, oppure<br />
attribuendo all’anglicismo il genere del sostantivo italiano con un<br />
significato analogo. L’attribuzione di un genere grammaticale non è tuttavia<br />
sempre così automatica ed esistono numerosi casi di indecisione tra un<br />
genere e l’altro: il/la mail (messaggio di posta elettronica, ma anche la<br />
lettera di posta elettronica).<br />
Visti i problemi che possono causare i forestierismi sembra essere<br />
opportuno tradurre sempre, se possibile, l’interfaccia testuale. Ovviamente<br />
fanno eccezione i termini standard come ‘home page’, ‘link’ e ‘e-mail’, i<br />
quali, se sostituiti con altri termini, finirebbero per generare troppa<br />
confusione. In linea generale, la traduzione deve evitare l’anglicizzazione<br />
fine a se stessa ma, d’altro canto, non deve ricercare nemmeno<br />
l’italianizzazione a tutti i costi.<br />
In definitiva, per poter adattare la traduzione al contesto culturale e<br />
linguistico in cui deve inserirsi, il traduttore deve prima conoscere le<br />
modalità con cui vengono tipicamente formulati i contenuti sia nella lingua<br />
di partenza, sia in quella di arrivo. In sostanza, il traduttore per rispettare le<br />
61
aspettative dei destinatari della traduzione deve innanzitutto conoscere le<br />
norme e convenzioni che caratterizzano i documenti digitali, ovvero deve<br />
essere prima di tutto un buon ‘web writer’.<br />
62
SCRIVERE PER IL WEB<br />
Il lavoro del traduttore per il Web non è dissimile da quello dell’autore<br />
dei testi. Il web writer inizia sempre da una pagina bianca, il traduttore web<br />
invece si trova di fronte a un testo già scritto da qualcun'altro. Per il resto,<br />
gran parte del lavoro di traduttori e scrittori per il Web è simile, dovendo<br />
entrambi produrre un testo finale facilmente fruibile sul nuovo medium<br />
online. La traduzione è un lavoro creativo che richiede la stessa padronanza<br />
delle tecniche di scrittura online del web writer. Un testo tradotto è un testo<br />
originale che deve vivere di vita propria nella nuova lingua. Il traduttore,<br />
<strong>qui</strong>ndi, è uno scrittore e, come tale, deve essere in grado di creare contenuti<br />
di qualità, fruibili e leggibili come testi originali. Insomma tutte le regole<br />
che si applicano al web writing valgono inalterate anche per la traduzione.<br />
Quando si scrive o si traduce per il Web bisogna tenere presente<br />
alcune fondamentali differenze tra la carta stampata e le pagine web:<br />
Innanzitutto la modalità di lettura dei testi digitali è molto differente<br />
da quella dei testi stampati su carta. L’utente web si comporta in modo<br />
diverso dal lettore normale. Nel Web in realtà non si legge, ma ci si limita a<br />
scorrere velocemente i contenuti della pagina, per di più in maniera<br />
disordinata, cioè saltando da una parte all’altra del testo alla ricerca di<br />
qualcosa che attiri l’attenzione. Questo accade per due motivi principali: gli<br />
utenti web sono generalmente alla ricerca di informazioni che sperano di<br />
reperire nel più breve tempo possibile (si tenga presente che il tempo di<br />
connessione ha un costo); un altro motivo è che la lettura a schermo è più<br />
faticosa rispetto alla lettura su carta.<br />
Una seconda basilare differenza deriva dalla necessità di posizionarsi<br />
ai primi posti negli elenchi dei motori di ricerca. Infatti il successo di un<br />
sito dipende soprattutto dalla possibilità che le sue pagine vengano trovate<br />
63
dai navigatori. Il web writer, cioè, scrive per essere letto e compreso da<br />
esseri umani ma anche dagli spider che incessantemente navigano il Web<br />
alla ricerca di contenuti che ne determinano il posizionamento negli<br />
elenchi. Di conseguenza, chi scrive per il Web scrive per farsi trovare,<br />
sceglie con attenzione le parole chiave da inserire nel testo e in torno a<br />
queste parole costruisce il suo testo.<br />
Un’ultima differenza è che i testi scritti per il Web devono vivere<br />
anche fuori dal contesto del sito in cui sono contenuti. Bisogna essere<br />
consapevoli del fatto che una pagina potrà essere stampata o letta da utenti<br />
che non conoscono nulla di ciò che precede o segue tale pagina, perché vi<br />
possono giungere seguendo un link di un altro sito o dopo aver digitato<br />
alcune parole chiave in un motore di ricerca. Per questo ogni paragrafo e<br />
ogni pagina devono essere abbastanza modulari e autonomi, e contenere<br />
tutti gli elementi che permettono di ricostruirne il contesto.<br />
Scrivere per motori di ricerca<br />
I motori di ricerca (Search Engines) sono dei software che svolgono<br />
una doppia attività: in modo autonomo esplorano la rete, indirizzo per<br />
indirizzo, e schedano in un loro archivio le pagine trovate, estraendone le<br />
informazioni essenziali. Questa enorme banca dati è a disposizione dei<br />
viaggiatori di Internet che, collegandosi a uno di questi siti, possono<br />
chiedere gli indirizzi delle pagine che contengono una certa parola chiave.<br />
I motori, per la loro classificazione, si basano primariamente sulla<br />
lettura del testo presente nella pagina. Un motore, quando indicizza un sito,<br />
si serve di alcuni piccoli software (detti spider) che esplorano un sito<br />
recuperando le pagine da analizzare per il posizionamento. In un secondo<br />
momento il motore di ricerca applicherà i propri algoritmi di indicizzazione<br />
per tentare di attribuire a quella pagina un valore in base alle ricerche degli<br />
utenti. Quando un utente inserirà nel motore di ricerca una frase o una<br />
64
parola, esso restituirà le pagine che a suo giudizio maggiormente attengono<br />
a quella precisa ricerca. Alcune pagine avranno una pertinenza maggiore,<br />
altre una pertinenza minore.<br />
“Users almost never look beyond the second page of search results” 50 ,<br />
dice Jakob Nielsen (gli utenti non vanno mai oltre la seconda pagina di<br />
risultati). Per questo il fine del web writer deve essere è quello di assicurare<br />
alle proprie pagine web un valore maggiore per le frasi di ricerca che gli<br />
interessano in modo da farle visualizzare in testa ai motori di ricerca.<br />
Il concetto chiave nella redazione di una pagina scritta anche per i<br />
motori è keyword, parola chiave. Ogni volta che si redige una pagina web<br />
con un occhi rivolto al motore di ricerca è bene fissare inizialmente due o<br />
tre parole chiave base che condizioneranno la scrittura del testo. Queste<br />
vanno ripetute più volte nel corpo della pagina senza cadere in goffe<br />
ripetizioni.<br />
Ma questo non basta: le parole chiave scelte è bene posizionarle anche<br />
in altri punti della pagina verso cui i motori di ricerca sono sensibili:<br />
Prima di tutto ci sono i marcatori che descrivono il sito e il suo<br />
contenuto, chiamati meta tag. Questi sono collocati nella testa del<br />
documento, ovvero tra i tag , e non sono visibili per<br />
l’utente. Nel meta tag “description” si inserisce una breve descrizione del<br />
contenuto della pagina, non più lunga di 120 caratteri, nel meta tag<br />
“keywords” invece vanno elencati le parole chiave. Per esempio:<br />
<br />
<br />
50<br />
Jakob Nielsen, “Search: Visible and Simple”, in useit.com<br />
(13 maggio 2001) [ultimo accesso settembre<br />
2004]<br />
65
Il meta tag “description” appare come riassunto nel sito di alcuni<br />
motori di ricerca, per esempio Yahoo!, mentre le “keywords” sono<br />
essenziali per il posizionamento tra i risultati dei motori.<br />
Un altro punto sensibile a cui prestare attenzione è il titolo del<br />
documento: quello che in HTML è compreso tra i tag e che<br />
nella navigazione viene visualizzato nella barra in alto sulla finestra del<br />
browser, chiamata appunto barra del titolo. I titoli delle pagine o dei<br />
paragrafi, invece, è consigliabile inserirli tra i di modo che i<br />
motori li riconoscano come “headline” e li utilizzino al fine<br />
dell’indicizzazione.<br />
Anche inserire adeguati commenti alle immagini migliora i<br />
posizionamento del sito: in HTML per i commenti alle immagini vengono<br />
si utilizza l’attributo “alt” all’interno del marcatore .<br />
In una traduzione le parole chiave non vanno scelte secondo il criterio<br />
della fedeltà all’originale, ma secondo quello della maggiore possibile<br />
funizionalità nella lingua d’arrivo. L’obbiettivo del traduttore non è quello<br />
riprodurre fedelmente l’originale, ma quello di creare una pagina che<br />
sortisca lo stesso effetto del testo di partenza sia sui lettori che sui motori di<br />
ricerca.<br />
Ma scrivere per i motori di ricerca non significa soltanto scrivere per<br />
essere trovati. Una volta che l’utente, tramite la ricerca con un motore, è<br />
giunto sulla pagina che desiderava, deve essere anche in grado di poter<br />
comprenderne il contenuto senza prima doversi andare a cercare altre<br />
informazioni nel sparse per l’intero sito. Quello che conta dal punto di vista<br />
concettuale è che i materiali siano organizzati per unità relativamente<br />
autonome, ognuna dotata di una coerenza locale, ma collegate l’una<br />
all’altra secondo criteri coerenti.<br />
66
Strutturazione del testo<br />
Si è accennato alla differenza della modalità di lettura degli ipertesti<br />
elettronici rispetto ai media tradizionali. I testi per il Web sono fruiti<br />
mediante appositi strumenti hardware e software che vincolano e<br />
condizionano il lettore. È abbastanza intuitivo che la lettura di un testo<br />
digitale sia più faticosa di quella di un testo su carta. Innanzitutto si è<br />
obbligati ad assumere una posizione seduta (davanti al computer) e a<br />
mantenerla, inoltre è anche più impegnativa per via delle caratteristiche<br />
spesso non ottimali degli strumenti di visualizzazione (schede grafiche e<br />
monitor).<br />
Il collegamento Internet costa e, mentre si è collegati, ogni minuto<br />
incide sulla bolletta telefonica. Ogni collegamento dunque è anche, forse<br />
inconsciamente, una corsa contro il tempo, cercando di massimizzare la<br />
raccolta di informazioni in rapporto al tempo impiegato per ottenerle.<br />
È importante, <strong>qui</strong>ndi, fornire al lettore un’evidente strutturazione<br />
logica al testo. “Uno dei caratteri che meglio distinguono, in linea generale,<br />
la scrittura dei testi per il Web è la maggiore esplicitezza strutturale: i testi<br />
di una certa estensione sono fittamente segmentati su più livelli”. 51 È<br />
necessario dividere i blocchi di testo troppo estesi con interruzioni di riga,<br />
facendo coincidere le unità formali con le unità di contenuto. Il vuoto e lo<br />
spazio bianco ac<strong>qui</strong>stano la loro importanza: indirizzano e fanno fermare lo<br />
sguardo. In questo si possono mettere a frutto le possibilità offerte dal<br />
codice HTML di distinguere tra accapo semplice (con il marcatore ) e<br />
accapo con interlinea (con il marcatore ), regolando così finemente lo<br />
spazio che separa un segmento dall’altro.<br />
Inoltre è bene disseminare la pagina di segnali che dicano<br />
immediatamente di cosa si parla e che rendano subito chiaro il contenuto<br />
51<br />
Massimo Prada, “Lingua e Web”, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi,<br />
A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 261.<br />
67
della pagina, titolando le pagine e i paragrafi, condensando nel titolo il<br />
contenuto del testo. Usando un’espressione di Jakob Nielsen si direbbe che<br />
i titoli devono essere “pearls of clarity”, perle di chiarezza. 52 Se il titolo non<br />
chiarisce immediatamente ciò di cui tratta il testo l’utente non lo leggerà<br />
mai, perciò Nielsen suggerisce di usare titoli chiari e brevi, non più di tre o<br />
quattro parole.<br />
Altrettanto importante è individuare alcune parole chiave all'interno<br />
del paragrafo, evidenziandole in grassetto o con altri artifici tipografici. Le<br />
parole chiave così evidenziate fungono da punti di aggancio all’occhio che<br />
scorre il documento. È consigliabile, però, evitare il corsivo che a video si<br />
legge male, e non trarre in inganno il lettore, confondendo link e parole<br />
chiave (per esempio sottolineando parole che non sono link).<br />
Gli articoli online del Corriere della Sera costituiscono un esempio<br />
particolarmente virtuoso dell’uso dei questi elementi paratestuali. I testi<br />
sono suddivisi su più livelli, cioè in paragrafi opportunamente titolati e in<br />
capoversi. Inoltre il Corriere è l’unico tra i testi giornalistici a fare ricorso<br />
52<br />
Jacob Nielsen, “Microcontent: How to Write Headlines, Page Titles and Subject Lines”, in<br />
Useit.com http://www.useit.com/alletrbox/980906.html (9 settembr 1998) [Ultimo accesso<br />
agosto 2004).<br />
68
ad artifici tipografici per la messa in rilievo delle parole tematicamente<br />
salienti (che appaiono in grassetto).<br />
Luisa Carrada consiglia addirittura di usare colori diversi per mettere<br />
in rilievo le parole chiave. Le pagine del suo sito sono anche un ottimo<br />
esempio di come l’uso di colori diversi dal solito nero possano creare dei<br />
piacevoli effetti.<br />
“Per un web writer il colore fa parte della "grammatica sublime della<br />
scrittura": il testo va pensato, immaginato, progettato anche a colori,<br />
nello spazio concreto della pagina in cui dovrà vivere e comunicare.<br />
E' con un cambio di colore che le parole possono saltare fuori,<br />
ammiccare, dire al lettore "leggimi", oppure "<strong>qui</strong> si parla di ...", cioè<br />
aiutare l'autore a costruire quella mappa testuale e visiva insieme che<br />
dovrebbe essere ogni buona pagina web.” 53<br />
Franco Carlini mette in evidenza un ulteriore aspetto della lettura a<br />
schermo: la pagina web obbliga a una lettura a scorrimento. Il limite fisico<br />
rappresentato dal monitor permette di vedere non più di una ventina di<br />
righe alla volta. Tutto quello che c’è sopra o sotto può essere portato alla<br />
vista, ma solo a prezzo della momentanea invisibilità del resto. Lo scrolling<br />
verticale delle videate determina “il limite della continua invisibilità di gran<br />
parte del testo e possibili situazioni di perdita di orientamento. [...] La<br />
mancanza di azione fisica e il fatto che i movimenti nel testo avvengano in<br />
maniera istantanea può far sì che non si abbia più la percezione della<br />
collocazione spaziale del paragrafo”. 54<br />
Si capisce <strong>qui</strong>ndi perché vi sia l’esigenza di concisione e semplicità<br />
nella composizione di testi digitali. In generale si tende a dividere i testi in<br />
periodi brevi e ad evitare periodi complessi che posso ostacolare<br />
l’immediata comprensione del senso, privilegiando la costruzione<br />
53<br />
Luisa Carrada, “Scrivere per il Web. Il colore nella grammatica della scrittura”,in Il mestiere<br />
di scrivere. (2 luglio 2001) [ultimo<br />
accesso agosto 2004]<br />
54<br />
Franco Carlini, Lo stile del Web, Einaudi, Torino, 1999.<br />
69
paratattica e usando solo moderatamente costrutti subordinativi. Nielsen,<br />
inoltre, raccomanda di ridurre la lunghezza del testo digitale della metà<br />
rispetto ad un analogo testo cartaceo, sfruttando dove possibile le funzioni<br />
offerte da tabelle, elenchi puntati e numerati. Quando possibile il testo<br />
dovrebbe essere tanto breve da trovare spazio in un singola videata.<br />
Eventuali approfondimenti dovranno essere affrontati, rimandando il<br />
lettore, tramite dei link, a delle pagine successive. Si tratta, insomma, di<br />
stratificare i contenuti su più livelli e di creare dei percorsi che diano ai<br />
lettori la possibilità di scegliere il grado di esaustività di cui hanno bisogno.<br />
Nel caso della traduzione dei contenuti di un sito dalla lingua inglese<br />
c’è un altro fondamentale fattore a favore di uno stile conciso: i testi<br />
occupano uno spazio ben definito e prestabilito all’interno della pagina dal<br />
quale non posso sconfinare a causa della presenza nella stessa pagine di<br />
elementi grafici. Poiché la traduzione italiana e mediamente più lunga<br />
dell’originale inglese, si possono creare dei problemi nella visualizzazione<br />
grafica del sito, delle finestre pop-up, dei menu e delle liste a<br />
tendina.Questo significa che anche inquesto caso molto spesso si è costretti<br />
a rinunciare alla fedeltà della traduzione per assicurare la funzionalità<br />
dell’interfaccia testuale.<br />
Il registro del discorso: tra oralità e scrittura<br />
La scrittura per il Web sia caratterizza per una certa tendenza alla<br />
commistione i tratti tipici delle modalità comunicativa orale e scritta.<br />
Tecnicamente si tratta di testo scritto, dato che si appoggia su parole battute<br />
alla tastiera, ma il tono e l’andamento sono sovente quelli della<br />
comunicazione orale. Insomma, la caratteristica sembra essere quella di una<br />
contemporanea presenza di più registi in una forma che si potrebbe<br />
chiamare “oralità scritta”, written speech.<br />
Non è infrequente l’uso di elementi tipici della lingua parlata o della<br />
70
lingua scritta che imita le movenze della parlato come le interiezioni e<br />
alcuni segnali discorsivi. 55 Questi ultimi, come nel parlato, hanno la<br />
funzione di contrassegnare l’inizio del discorso (allora, dunque...),<br />
esplicitare l’atteggiamento del parlante verso ciò viene detto (da un certo<br />
punto di vista, in qualche modo...), o concludere il discorso (bene...<br />
arrivederci a domani). L’uso dei segnali discorsivi, a scapito, magari, della<br />
finitezza formale, propria dei testi scritti tradizionali, è giustificato dal fatto<br />
che non si può contare sulla prolungata attenzione del destinatario.<br />
Va sottolineato, però, che non tutti gli ipertesti telematici mostrano i<br />
segni di una spiccata commistione tra elementi tipici dell’oralità e della<br />
scrittura. I testi giornalistici sul Web, per esempio, si mantengono ad un<br />
livello di formalità medio e manifestano caratteristiche più prossime a<br />
quelle tipiche dei testi tradizionali. La rilassatezza formale e la presenza di<br />
tratti propri della collo<strong>qui</strong>alità e dell’oralità si fanno più marcati in alcune<br />
pagine personali, nei siti che si rivolgono a gruppi ristretti di persone, o<br />
quelli che si rifanno a filoni culturali più o meno marcatamente trash.<br />
Nella traduzione dall’inglese all’italiano si presenta il problema<br />
dell’uso dei deittici personali, che puntano direttamente alle figure degli<br />
attori della comunicazione (mittente e destinatario: pronomi e verbi di<br />
prima e seconda persona), in particolare il pronome personale “you” che<br />
può essere tradotto con “tu”, “voi” o “lei”.<br />
La scelta del “tu” è adeguata per siti in cui gli utenti costituiscono una<br />
sorta di comunità di esperti o di appassionati di una stessa materia o di un<br />
dato argomento. I portali musicali, o i siti dedicati a programmatori, web<br />
designer, appassionati di calcio, ecc. sono il luogo adatto per rivolgersi agli<br />
utenti in modo informale e diretto.<br />
Nel sito del giocatore di calcio Alessandro Nesta<br />
55<br />
Il Serianni ci avverte del fatto che la terminologia per descrivere questi stessi elementi non è<br />
uniforme. Altri termini in uso sono “connettivi pragmatici”, “riempitivi” o “elementi di<br />
articolazione”. Si è scelto il termine “segnali discorsivi” seguendo proprio l’uso del Serianni.<br />
71
(www.alessandronesta.it) troviamo vari esempi dell'uso del tu: “Entra<br />
anche tu a far parte della Community del Capitano!” oppure “Vieni a<br />
incontrare il tuo campione in chat!” o ancora “Personalizza il tuo Pc coi<br />
colori del Capitano!”. L'uso del tu è adeguato al tipo di utente che<br />
frequenterà il sito, crea un senso di appartenenza e invita i tifosi a visitare<br />
altre pagine del sito.<br />
La scelta del pronome allocutivo “lei” è piuttosto rara sul Web, ma<br />
può essere la scelta più adeguata nei casi in cui si instaurano rapporti<br />
formali, come per esempio quelli di tipo commerciale, con i quali si invita<br />
l’utente a scegliere o valutare un prodotto o un servizio. Si da del lei ai<br />
lettori quando ci si rivolge ad un utente specifico che deve effettuare una<br />
scelta (accettare le condizioni di un sito, ac<strong>qui</strong>stare un prodotto, scaricare<br />
un file, ecc.). Il lei è particolarmente indicato per i rapporti che una azienda<br />
instaura con i propri clienti e in questi casi è difficilmente sostituibile con il<br />
tu.<br />
La homepage di Viking (www.vikingop.it), una azienda che<br />
distribuisce prodotti per ufficio, utilizza il “lei” sia per i pulsanti (“Clicchi<br />
<strong>qui</strong>”) sia per altre comunicazioni ai clienti (“Vuole conoscere i nostri tempi<br />
di consegna?” oppure “Inserisca il Suo indirizzo e-mail”). Tuttavia la<br />
scelta, in questo caso non è del tutto coerente perché si riscontra nello<br />
stesso sito l’uso del “voi” e del “tu”: “Registratevi <strong>qui</strong>” e “Lavora con<br />
noi!”.<br />
Tra i siti commerciali e aziendali è, però, molto diffuso anche l’uso del<br />
“tu”. In alcuni casi è una scelta consapevole che mira ad instaurare con il<br />
possibile cliente un clima confidenziale, ma spesso l’impressione è che la<br />
scelta derivi da una cattiva traduzione dei contenuti originariamente in<br />
inglese, in cui non esiste la distinzione di diversi livelli di formalità della<br />
lingua italiana. Comunque in linea di principio si tratta di una scelta poco<br />
consigliabile per la creazione di un ambiente serio e professionale.<br />
72
Molto spesso, soprattutto in ambito formale, si evita il ricorso a forme<br />
linguistiche che puntino direttamente al lettore. È questo il caso delle<br />
versioni online dei quotidiani, come “Il Corriere della Sera” e “La<br />
Repubblica”, e di alcune riviste elettroniche, come per esempio<br />
“Intralinaea” o “Telèma”.<br />
Diverso è il caso dei testi di argomento tecnico che appaiono più<br />
aperti e nel complesso più propensi a una scrittura relativamente<br />
amichevole. Per esempio, nei siti “Il mestiere di scrivere” oppure “Html.it”<br />
si riscontra frequentemente l’uso della secondo persona plurale:<br />
“Scrivete con onestà. Non occultate nulla, né tagliate corto. Quando<br />
scrivete di cose importanti, potete essere tentati di volare verso<br />
paradisi sicuri e familiari e adottare uno stile scontato, sentimentale o<br />
alla moda.” (Il Mestiere di Scrivere)<br />
“Immaginate le diverse aree del sito come camere diverse, con<br />
funzioni e atmosfere diverse. Naturalmente la casa avrà un suo<br />
carattere particolare, un'atmosfera, dei colori, che dipenderanno dal<br />
vostro gusto e dalle vostre preferenze.” (Html.it)<br />
73
CONCLUSIONE<br />
Globalizzazione è la parola che circola con insistenza sulla bocca di<br />
tutti, è diventato un termine alla moda, molto elastico, dai mille usi,<br />
soprattutto dalle mille interpretazioni possibili. Volendone dare una<br />
definizione comunemente accettata, si potrebbe dire che la globalizzazione<br />
è preminentemente un fenomeno economico mirante all'integrazione dei<br />
singoli mercati nazionali in un unico mercato mondiale, il cui effetto è<br />
l’intensificazione dell’interdipendenza dei mercati e della produzione nei<br />
diversi paesi, in virtù dell’aumento di scambi di beni e servizi e dei<br />
movimenti di capitale e tecnologia.<br />
Ma la globalizzazione è anche un processo di integrazione sociale e<br />
culturale, sostenuto dalle comunicazioni di massa e da Internet. Infatti<br />
questo fenomeno tende a travolgere tutte le barriere che intralciano la<br />
formazione di un unico mercato mondiale, non solo quelle politiche ma<br />
anche quelle etniche, culturali e linguistiche. Non a caso stiamo assistendo,<br />
oltre che alla diffusione della lingua angloamericana, all’esportazione del<br />
modello culturale e sociale statunitense, in parte imposto addirittura con la<br />
forza.<br />
Se è vero, <strong>qui</strong>ndi, come è stato detto, che la globalizzazzione è un<br />
evento inevitabile, allora sembrerebbe che essa debba essere anche un<br />
fenomeno culturale a cui non è più possibile sottrarsi. Per usare le parole di<br />
Mark Davis "Globalization, resistence is futile!" 56 . Questa espressione,<br />
diventata celebre grazie ad un telefilm di fantascienza di successo 57 , sembra<br />
56<br />
Mark Davis, “Globalization: Resitance is futile”, intervento al Global Strategies Summit a San<br />
Francisco, California, il 4 Marzo 2003.<br />
57<br />
Nell'universo di Star Trek una razza aliena, per metà umana e per metà macchina, chiamata Borg, vaga<br />
nell'universo alla ricerca di nuove specie da sottomettere e assimilare. Prima di incorporare nel loro<br />
“collettivo” una specie, intimano la resa con le parole “We are the Borgs. Resistence is futile”.<br />
74
particolarmente felice dal momento che riesce a cogliere sia l'ineluttabilità<br />
di questo processo, sia un certo sentimento di in<strong>qui</strong>etudine che lo<br />
accompagna.<br />
Sono in molti a percepire il processo di globalizzazione come un<br />
processo di assimilazione o assoggettamento culturale. Non è inconsueto<br />
sentire parlare di globalizzazione come se si trattasse di una nuova forma di<br />
colonialismo. Molto spesso si accosta il concetto di globalizzazione al<br />
concetto di americanizzazione. Il diffondersi di parole come McWorld e<br />
McLanguage, di recente entrate nel famoso dizionario inglese Merriam-<br />
Webster, testimonia la larga condivisione del concetto di globalizzazione-<br />
assimilazione. E d'altronde i fatti accaduti a Seattle e a Genova dimostrano<br />
che non sono affatto in pochi ad avvertire questa situazione di pericolo. La<br />
diffussione dei marchi McDonald’s e Coca-Cola è spesso interpretata come<br />
sintomo di un cancro culturale cha va diffondendosi, distruggendo antiche<br />
tradizioni e culture a favore del dio denaro.<br />
Il processo di globalizzazione è considerato anche un serio rischio per<br />
la democrazia e la libertà. I fenomeni economici hanno ormai assunto<br />
preminenza internazionale ed atttraverso i loro meccanismi è possibile<br />
eludere i controlli da parte dei singoli stati. Di fronte ad importanti<br />
questioni dalle quali dipendono i destini dei popoli, le istituzioni<br />
democratiche sono impotenti.<br />
I mezzi di comunicazione di massa e Internet hanno un ruolo di<br />
primaria importanza per la globalizzazione. Essi permettono di annullare le<br />
distanze fisiche tra popoli diversi e facilitano i contatti interculturali. Si<br />
parla spesso di Internet come uno strumento di unificazione cultuarle e<br />
linguistica convergente verso il modello americano. È certamente vero che<br />
una forma di affinità e un modo di esprimersi relativamente omogeneo<br />
fatalmente avrà luogo con l'espandersi del mezzo, poiché uno strumento<br />
crea senza dubbio delle affinità fra coloro che lo usano. Ma è discutibile il<br />
75
fatto che Internet formerà una cultura unitaria, nel senso profondo della<br />
parola. Inizialmente, quando Internet era ancora dominio quasi esclusivo<br />
degli Stati Uniti, la tendenza era certamente quella verso l’appiattimento<br />
delle diversità, ma con il moltiplicarsi delle specificità culturali presenti<br />
nella Rete, la situazione è cambiata. Attualmente sembra esserci più spazio<br />
per la formazione delle culture periferiche e delle culture originali. A queste<br />
è riservato uno spazio decisamente maggiore, poiché lo strumento è agile,<br />
flessibile, e le ospita in maniera naturale. La nuova tecnologia di cui stiamo<br />
parlando facilita l’ingresso di nuove espressioni, di nuove voci, di nuove<br />
culture. Per questa ragione, avremo più pluralismo culturale. La tecnologia<br />
non invita ad omogeneizzare e ad omologare, ma piuttosto ad esprimersi<br />
con diversità. Paradossalmente, Internet favorisce la globalizzazione<br />
economica, facilitando gli scambi commerciali, ma a dispetto di quanto si è<br />
pensato in un primo momento, è un ostacolo all’omologazione culturale.<br />
Secondo molti, Internet sembrerebbe scongiurare, almeno in parte, il<br />
rischio di perdità di democrazia nel mondo globalizzato. Sono in molti a<br />
pensare che Internet darà al cittadino una grandissima quantità di<br />
informazione che gli permetterà di prendere decisioni politiche con più<br />
consapevolezza che in passato. La partecipazione dei cittadini alla vita<br />
pubblica sarà più facile grazie a queste tecnologie che avranno un ruolo<br />
importante nella difesa delle libertà e in particolare della libertà di<br />
espressione. Oggi è molto difficile imporre censure e controlli delle<br />
informazioni, grazie alla scomparsa delle frontiere nel campo<br />
dell'informazione.<br />
Ma un conto è la disponibilità di informzioni nella rete, un altro è la<br />
loro effettiva accessibilità. Infatti le informazioni vengono diffuse<br />
attraverso Internet, ma non tutti riescono ad accedervi.<br />
Innanzitutto vi è il problema del “digital divide”, ossia il divario<br />
tecnologico tra paesi industrializzati e terzo mondo. Come si può accedere<br />
76
ad Internet dove non ci sono computer? Si può avere qualcosa di elettronico<br />
dove non c'è elettricità? Questo è un problema enorme che riguarda i due<br />
terzi dell'umanità.<br />
Un secondo problema è costituito dalle barriere linguistiche. A cosa<br />
serve poter reperire informazioni da tutto il mondo su qualsiasi argomento,<br />
se poi la maggioranza delle persone non riesce a comprendere la lingua in<br />
cui esse sono scritte? In un mondo dove popoli diversi entrano in contatto<br />
quotidianamente tra di loro, e ciascuno con le proprie individualità<br />
culturali, il ruolo del mediatore è di immensa importanza. Il lavoro del<br />
traduttore è sempre stato di grandissimo valore per la società in cui opera,<br />
sebbene sia stato spesso sottovalutato, ma oggi il mediatore linguistico<br />
diventa addirittura vitale per il funzionamento sociale del villaggio globale.<br />
In qualità di mediatore, il traduttore promuove la conoscenza<br />
reciproca tra culture diverse che spesso sono in conflitto tra di loro,<br />
favorendo la comprensione e la pace e preservando le culture stesse da una<br />
possibile omologazione. In un articolo apparso pochi giorni dopo l'undici<br />
settembre, Gabe Bokor ribadisce: "I am proud of belonging to a trade<br />
which is inherently pacifist and concerns itself with promoting good<br />
international understanding." 58<br />
L’importanza sociale, prima ancora che economica, della traduzione<br />
nel settore informatico ed in particolare nel World Wide Web è indiscussa.<br />
Ne è dimostrazione il numero enorme di documenti digitali tradotti ogni<br />
anno. Ciononostante, questo particolare genere di traduzione non è tenuta<br />
nella giusta considerazione. Solo in pochi se ne occupano, e chi lo fa<br />
generalmente affronta la questione in modo troppo generico, oppure dedica<br />
eccessiva attenzione agli aspetti tecnici a discapito di quelli linguistici e<br />
culturali. L’esigua bibliografia esistente in materia ne è la prova: tutta la<br />
letteratura scientifica, essendo prodotta principalmente da informatici,<br />
58 Gabe Bokor, “Transaltion and International Politics”, Translation Journal, Vol.5, No. 4, 2001<br />
77
prende in esame quasi esclusivamente le questioni tecniche del processo di<br />
localizzazione che non riguardano direttamente la traduzione. La<br />
prospettiva linguistica è troppo spesso sottovalutata e per questo trattata<br />
con superficialità se non addirittura tralasciata.<br />
Solitamente si fa rientrare la traduzione dei siti web sotto la categoria<br />
più ampia della localizzazione del software, non le si riconosce, cioè, una<br />
sua autonomia. Generalmente si ritiene che la localizzazione di pagine web<br />
sia rincoducibile a quella della documentazione elettronica. Da un punto di<br />
vista tecnico ciò è vero, poiché di regola la documentazione dei software è<br />
prodotta, esattamente come i siti web, in HTML. Ma dal punto di vista<br />
linguistico e delle rilevanza culturale le due cose non possono<br />
assolutamente essere accostate.<br />
In aggiunta bisogna sottolineare la difficoltà delle università europee,<br />
e soprattutto italiane, nel produrre una riflessione approfondita su questi<br />
problemi e di formare dei localizzatori capaci di confrontarsi con tutti gli<br />
aspetti della localizzazione. È curioso notare come in Italia esista un solo<br />
corso universitario per localizzatori, peraltro istituito solo recentemente.<br />
Inoltre, secondo stime recenti il numero di traduttori che operano in Italia<br />
in questo settore non supera le 300 unità su 20.000 traduttori censiti nel<br />
2001 59 . La conseguenza è che spesso la traduzione dei documenti digitali<br />
viene curata da persone senza specifiche competenze linguistiche. È<br />
inevitabile che la qualità dei prodotti localizzati e della inerente riflessione<br />
teorica ne siano influenzate negativamente.<br />
Nel contesto appena delineato, questa tesi ha inteso approfondire<br />
alcune riflessioni di carattere descrittivo e teorico sulle nuove forme<br />
espressive che impiegano tecnologie digitali e che sono destinate alla<br />
pubblicazione in Rete. Constatando l’assenza di studi teorici sulla<br />
traduzione o, meglio, sulla localizzazione di questi nuovi prodotti, essa ha<br />
59 Alessandra Di Pofi et al., “Introduzione alla localizzazione”, Il traduttore Nuovo, 2002.<br />
78
cercato di fornire qualche spunto per una riflessione che si sforzi di cogliere<br />
quanto sta succedendo, anche considerando la progressiva espansione e la<br />
rapidissima trasformazione della pratica traduttiva.<br />
79
ARTICOLI TRADOTTI<br />
80
TRANSLATION VERSUS LOCALISATION<br />
By Bert Esselink 60<br />
Most likely, you will have heard or read about terms like localization<br />
and globalization. Apparently the whole world is globalizing and we are all<br />
localizing... but where does that leave translation? Is localization a new,<br />
hyped word for translation? Is localization a subset of translation, or vice<br />
versa? Are any translators working in this so-called localization industry, or<br />
is it just techies? As a trained translator and author of A Practical Guide to<br />
Software Localization, many people have asked me the same question:<br />
"What's the difference between localization and translation". In my first<br />
contribution to tranfree , I will try to answer this question as clearly as I<br />
can, realizing it's just one more theory... To compare translation with<br />
localization, I'm using the following categories:<br />
Activities<br />
- activities<br />
- complexity<br />
- adaptation level<br />
- technology used<br />
Traditionally, translation is only one of the activities in projects where<br />
material is transferred from one language into another. Other activities that<br />
can be distinguished in traditional translation projects include terminology<br />
research, editing, proofreading, and page layout. In localization, many more<br />
activities have been added to this list. Examples of activities in localization<br />
which are not necessarily part of traditional translation are multilingual<br />
60 Bert Esselink, “Transaltion versus Localisation”, Tranfree, n.10, 2000.<br />
81
project management, software and online help engineering and testing,<br />
conversion of translated documentation to other formats, translation<br />
memory alignment and management, multilingual product support, and<br />
translation strategy consultancy. Most large, multi-language localization<br />
agencies focus on these additional activities and outsource core translation<br />
activities to freelance translators. Typically, only final language quality<br />
assurance is performed in- house by these vendors.<br />
Complexity<br />
Compared to traditional translation projects, managing software or<br />
web localization projects can be very complex. First of all, localization<br />
projects contain a large number of components, such as software, sample<br />
files, online help, online and printed documentation, collateral materials<br />
such as product boxes and disk labels, and multimedia demos. In most<br />
cases translation starts before the source material is final, so in most<br />
localization projects the source files are updated several times during<br />
translation.<br />
Because volumes are usually very large and all components contain<br />
dependencies, managing localization projects is a tricky task. Large<br />
volumes and tight deadlines re<strong>qui</strong>re teams of translators, who all need to be<br />
reviewed carefully to maintain consistency. For example, when translator A<br />
translates the software and translator B the online help files, all references<br />
to the running software translated by translator B in the online help must<br />
exactly match the software translations that translator A has chosen.<br />
Also planning localization projects is a complicated task, because<br />
many tasks depend on completion of previous tasks. For example, screen<br />
captures of localized software to be included in the online help or<br />
documentation cannot be created until the localized software has been<br />
engineered and tested.<br />
82
Adaptation Level<br />
Localization is derived from the word locale, which is defined in the<br />
Collins Cobuild Dictionary as "a small area, for example the place where<br />
something happens or where the action of a book or film is set". In a<br />
software localization context, a locale is a region which is defined by a<br />
number of characteristics, such as language, culture, and all types of<br />
regional standards such as character set, currency, default page sizes,<br />
address formats, custom calendars, date/time formats, and other things that<br />
give many American software developers headaches. For example, a<br />
language is French, a locale is the region in Canada where French is<br />
spoken.<br />
In software localization projects, all local characteristics need to be<br />
implemented in the final product. A truly localized product shouldn't only<br />
be in the target language but should also use default settings for the target<br />
locale. So, a product sold in Germany should automatically use A4 as<br />
default page size, support input and output of accented characters, and<br />
display currency amounts using Marks and Euros instead of dollars.<br />
Apart from technical adaptations to software code, often complete<br />
rewrites (sometimes called transcreations) of sample files or marketing<br />
material need to be done before it is acceptable for a certain target locale.<br />
Even though the situation seems to be changing slightly, still too many<br />
software products developed in the U.S. are too focused on the U.S. market<br />
only.<br />
Technology Used<br />
In software localization, the integration of translation technology is<br />
ahead of traditional translation. Because of the nature of software products<br />
and web sites, which are highly repetitive, and updated on a regular basis,<br />
83
smart re- use of existing translations has become a competitive advantage<br />
and the use of translation memory a must. Most software products are<br />
updated at least once a year, and web sites are often updated on a daily<br />
basis. As a result, translation memory tools have been used successfully for<br />
many years in the localization industry.<br />
Other examples of translation technology that is widely applied in the<br />
localization industry are software localization tools for software user<br />
interface translations, terminology extraction and management tools, and<br />
machine translation.<br />
To sum up, localization has never and will never replace translation.<br />
It's just a term used to cover all activities related to adapting a software<br />
product or web site to be used in a target locale. Translation will always<br />
remain one of the most important activities in any localization project.<br />
84
TRADUZIONE E LOCALIZZAZIONE<br />
di Bert Esselink<br />
Con ogni probabilità avrete già sentito parlare di localizzazione e<br />
globalizzazione. Apparentemente il mondo intero si sta globalizzando e noi<br />
tutti ci stiamo localizzando... ma qual è il ruolo della traduzione in tutto<br />
questo? Localizzazione è un un nuovo termine alla moda per denominare la<br />
traduzione? La localizzazione è un tipo di traduzione, o viceversa? Nella<br />
cosiddetta industria della localizzazione lavorano anche traduttori, oppure<br />
ci sono solo dei tecnici? Essendo un traduttore qualificato e l’autore del<br />
libro A Practical Guide to Sofware Localization (Guida pratica alla<br />
localizzazione dei software), molte persone mi hanno posto la stessa<br />
domanda: “Qual è la differenza tra localizzazione e traduzione?” Nel mio<br />
primo articolo per Tranfree cercherò di rispondere proprio a questa<br />
domanda nel modo più comprensibile possibile, rendendomi conto che si<br />
tratta solo di un’altra teoria... Al fine di confrontare la traduzione con la<br />
localizzazione userò le seguenti categorie:<br />
- attività<br />
- complessità<br />
- livello di adattamento<br />
- tecnologie impiegate<br />
Attività<br />
In progetti nei quali del materiale è trasposto da una lingua all'altra<br />
abitualmente la traduzione è solo una delle attività da svolgere. Le altre<br />
attività che possono essere distinte nei progetti di traduzione tradizionali<br />
includono la ricerca terminologica, l’editing, la revisione e<br />
l’impaginazione. Nella localizzazione molte altre attività si aggiungono a<br />
85
questa lista. Per esempio le attività inerenti alla localizzazione che non<br />
fanno necessariamente parte della traduzione tradizionale sono la gestione<br />
di progetti multilingue, lo sviluppo e la verifica del software della guida in<br />
linea, la conversione del materiale tradotto in formati diversi, l'allineamento<br />
e la gestione delle memorie di traduzione, l'assistenza in lingua e la<br />
consulenza sulle strategie di traduzione. La maggior parte delle agenzie di<br />
localizzazione multilingue si concentrano su queste attività aggiuntive e<br />
affidano la traduzione vera e propia a traduttori esterni. Normalmente i<br />
produttori si occupano solo della verifica finale della qualità linguistica.<br />
Complessità<br />
In confronto alla traduzione classica, gestire un progetto di<br />
localizzazione di software e o di un sito web può essere molto complesso.<br />
Innanzitutto i progetti di localizzane contengono un gran numero di<br />
componenti, come il software, i file campione, la guida in linea, la<br />
documentazione digitale e stampata, materiale a corredo come per esempio<br />
l’imballaggio del prodotto, le etichette dei dischi, e i demo multimediali. In<br />
molti casi la traduzione inizia ancora prima che il materiale di partenza sia<br />
giunto alla versione finale. Per questo i file originali devono essere<br />
aggiornati diverse volte durante la traduzione.<br />
Poiché generalmente il volume è molto ampio e i componenti<br />
contengono degli annessi, gestire dei progetti di localizzazione può essere<br />
un compito difficile. Molto lavoro e scadenze strette rendono necessario<br />
l’impiego di gruppi di traduttori, il cui lavoro deve essere revisionato al<br />
fine di mantenere la coerenza. Se per esempio, il software è tradotto da un<br />
traduttore e la guida in linea da un altro, allora tutti i riferimenti al software<br />
della guida devono corrispondere alle scelte traduttive fatte dal primo<br />
traduttore.<br />
86
Anche la programmazione di progetti di localizzazione è un compito<br />
complesso, perché molte attività dipendono dal completamento di quelle<br />
precedenti. Per esempio, le immagini delle schermate da includere nella<br />
guida in linea o nelle documentazione non possono essere prodotte fin<br />
quando il software localizzato non è stato sviluppato e collaudato.<br />
Livello di adattamento<br />
Localizzazione deriva dalla parola inglese locale che è definita dal<br />
Collins Cobuild Dictionary come un'area ristretta, per esempio il luogo<br />
dove accade qualcosa o nel quale è ambientata l'azione di un libro o di un<br />
film. Nel contesto della localizzazione del software si tratta di una regione<br />
caratterizzata da una serie di particolarità, come la lingua, la cultura e tutti i<br />
tipi di standard regionali, come l'alfabeto, la valuta, la dimensione standard<br />
delle pagine, le feste nazionali, i formati degli indirizzi, della data e<br />
dell’orario e tutte le altre cose che procurano ai progettisti di software<br />
americani dei grattacapi. Per esempio, una lingua è il francese e un locale è<br />
la regione canadese dove questa lingua è parlata.<br />
Nella localizzazione tutte queste caratteristiche locali devono essere<br />
conglobate nel prodotto finale. Un prodotto totalmente localizzato non<br />
dovrebbe soltanto far uso della lingua di destinazione, ma dovrebbe anche<br />
essere impostato sulle opzioni tipiche per il luogo per cui è stato realizzato.<br />
Quindi un prodotto da vendere in Germania dovrebbe far uso<br />
automaticamente della dimensione della pagina A4, supportare l’input e<br />
l’output di caratteri accentati e indicare le valute in Marchi e in Euro<br />
anziché in Dollari.<br />
Oltre all’adattamento tecnico del codice sorgente, spesso è necessario<br />
operare una riscrittura completa (a volte chiamata transcreazione) dei file<br />
campione e del materiale di marketing al fine di renderli soddisfacenti per il<br />
87
mercato di destinazione. Anche se la situazione sta cambiando<br />
leggermente, ancora troppi prodotti software sviluppati negli Stati Uniti<br />
sono ancora specifici per il solo mercato americano.<br />
Le tecnologie impiegate<br />
Nella localizzazione l’integrazione di strumenti elettronici nel<br />
processo traduttivo è più avanzata rispetto alla traduzione tradizionale.<br />
Poiché i software e i siti web sono per loro natura molto ripetitivi e devono<br />
essere aggiornati regolarmente, un riutilizzo di traduzioni già esistenti è<br />
diventato un vantaggio competitivo e l'uso delle memorie di traduzione è<br />
ormai obbligatorio. La maggior parte dei software sono aggiornati almeno<br />
una volta all’anno e i siti web spesso anche giornalmente. Per questo<br />
motivo nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono usate<br />
con successo da molti anni.<br />
Altri esempi di tecnologie largamente applicate nell’industria della<br />
localizzazione sono gli strumenti per la traduzione delle interfacce utente,<br />
gli strumenti per la ricerca e la gestione terminologica e la traduzione<br />
automatica.<br />
Riassumendo, la localizzazione non ha rimpiazzato, né rimpiazzerà<br />
mai la traduzione. Il termine è usato solo per descrivere tutte le attività<br />
inerenti all’adattamento di un prodotto software o di un sito web al mercato<br />
a cui sono destinati. La traduzione rimarrà sempre una delle attività più<br />
importanti dei progetti di localizzazione.<br />
88
TRANSLATION TECHNOLOGY<br />
By bert Esselink 61<br />
This is my second contribution in a series of four articles about<br />
software localisation. The previous article discussed the differences<br />
between translation and localisation, and below I will cover the types of<br />
translation tools that are used by translators working for localisation service<br />
providers.<br />
First of all, a distinction needs to be made between machine<br />
translation (MT) tools and computer aided translation (CAT) tools. Where<br />
machine translation tries to replace a translator to a certain extent, computer<br />
aided translation tools support the translator by preventing repetitive work,<br />
automating terminology lookup activities, and recycling previously<br />
translated texts. Machine translation has not been applied much in the<br />
software localisation industry mainly because, unlike in the automotive and<br />
aerospace industries, software publishers never really created their<br />
documentation in a structured way that would make machine translation<br />
successful. Even though this seems to be gradually changing, I will focus<br />
on computer aided translation tools in order to reflect current practices in<br />
the localization industry.<br />
Computer aided translation tools, also called computer assisted<br />
translation tools, can be categorized as follows:<br />
- Translation Memory tools<br />
- Terminology tools<br />
- Software Localization tools<br />
61 Bert Esselink, “Translation Technology”, Tranfree, n.11, 2000.<br />
89
The first two types, translation memory and terminology tools, are<br />
typically combined for translation of documentation, online help, or html<br />
text. Software localization tools are used to translate and test software user<br />
interfaces, i.e. dialog boxes, menus, and messages.<br />
Translation Memory tools<br />
Basically, a translation memory system is no more than a database<br />
which stores translated sentences.<br />
When a source text is imported into a translation memory tool, the text<br />
is segmented. Usually segmentation is performed at sentence level, where<br />
segments are separated by colons, commas, question marks, etc. However,<br />
it is also possible to segment texts on a paragraph basis, where segments<br />
are separated by paragraph marks. Each segment is a record in the<br />
translation memory database, and each record can store several fields, such<br />
as source text segment, translated segment, language, name of translator,<br />
date of translation, or type of text. The number of possible data fields in<br />
records differs per translation memory tool.<br />
When text segmented by a translation memory tool is translated, all<br />
translations are automatically stored in the records containing the source<br />
segments. If identical or similar sentences occur in the source text, the<br />
translations are automatically retrieved from the database and inserted into<br />
the target text. An identical segment that is automatically translated is<br />
called a full match; a similar sentence that is automatically translated is<br />
called a fuzzy match. Obviously, fuzzy matches need to be post-edited to<br />
make them correspond to the source text. A fuzzy match is for example a<br />
sentence where only one word has changed.<br />
On large projects, translation memory databases can be shared<br />
amongst a team of translators. This means that if translator A has translated<br />
a sentence which also occurs in the text that translator B is translating, A's<br />
90
translation will automatically be retrieved from the translation memory<br />
database and inserted in B's target text.<br />
Naturally, translation memory tools are especially useful on large<br />
volume texts, which contain a lot of repetitive text and where translations<br />
can be created on a one-to-one sentence basis. Using translation memory<br />
tools to translate marketing text or adverts is not a good idea, simply<br />
because those types of texts often re<strong>qui</strong>re many adjustments, rewrites, and<br />
other modifications.<br />
In the software localisation industry, translation memory tools have<br />
always been very popular because of the short life cycle of software<br />
products. Most software products are updated at least once a year, and re-<br />
using translations of previous versions will decrease time to market of<br />
localised versions drastically.<br />
Examples of translation memory tools are Trados Translator's<br />
Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu<br />
(http://www.atril.com/), and STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).<br />
Terminology tools<br />
In localisation, terminology management is usually dealt with in a<br />
very basic manner. Localisers typically don't create or use large<br />
multilingual terminology databases with term definitions, context,<br />
grammatical information, source, etc. Instead, in most cases only bilingual<br />
glossaries of translated terms or phrases are used, for example all translated<br />
terms from the software user interface, e.g. menu options, dialog box items,<br />
etc. For this reason, not only are professional terminology management<br />
tools used, but also basic glossary tools with search features.<br />
Most translation memory tools come with terminology management<br />
applications which can be linked to the translation memory for automatic<br />
terminology lookup. Automatic terminology lookup means that terms in the<br />
91
source text which are found in the dictionary or terminology database are<br />
automatically displayed with their translations.<br />
Examples of terminology tools are Trados Multiterm<br />
(http://www.trados.com/), Atril TermWatch (http://www.atril.com/) or<br />
STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).<br />
Software Localisation tools<br />
Special tools have been developed to translate graphical user<br />
interfaces of software applications, i.e. the dialog boxes, menus, and<br />
messages that are displayed on a computer screen. These tools allow<br />
translators to view their translations in context. For example translations<br />
can be entered directly in a dialog box and then saved.<br />
Software localisation tools also contain features for automatically<br />
translating updated software with previously translated versions, and for<br />
running basic tests on localized software, for example checking if no<br />
translated text has been truncated in the screens because of space<br />
restrictions.<br />
Examples of software localisation tools are Corel Catalyst (now<br />
Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) and Passolo<br />
(http://www.passolo.com/).<br />
The Next Generation<br />
Even though many translators still need to get acquainted with<br />
traditional translation technology such as translation memory, the next<br />
generation translation tools have already been introduced. Companies like<br />
e-Translate and Uniscape offer automated internet-based translation<br />
workflow solutions that automate many steps in translation projects. Texts<br />
are not only transferred automatically through each translation and review<br />
phase, but databases containing the source text are linked to translation<br />
92
technology that detects changed content and then first pre-translates it using<br />
a combination of translation memory and machine translation before it is<br />
forwarded to a human translator for post-editing.<br />
These so-called translation portals and internet-based translation<br />
management solutions are especially designed to deal with frequently<br />
changing content, such as text published on daily updated web sites. For<br />
more information about these types of translation technology, visit<br />
http://www.uniscape.com/ or http://www.etranslate.com/.<br />
Technology and the web will totally change the way translations have<br />
been done for many centuries. Frequently updated content, geographically<br />
distributed resources, and pressure to keep prices down will result in further<br />
integration of technology and workflow automation in translation<br />
processes. Undoubtedly the tools can be developed <strong>qui</strong>ckly, but the real<br />
challenge will be to keep producing quality translations and to still enjoy<br />
translating.<br />
93
TECNOLOGIA PER LA TRADUZIONE<br />
di Bert Esselik<br />
Questo è il mio secondo contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />
localizzazione.<br />
L’articolo precedente ha esaminato le differenza tra la traduzione e la<br />
localizzazione. Qui invece mi occuperò dei diversi tipi di strumenti usati<br />
dai traduttori che lavorano per fornitori di servizi di localizzazione.<br />
Innanzitutto va fatta una distinzione tra gli strumenti di traduzione<br />
automatica (MT – machine translation) e gli strumenti di traduzione<br />
assistita (CAT – computer aided translation). Mentre i primi entro certi<br />
limiti mirano a sostituire il traduttore, i secondi agevolano il lavoro del<br />
traduttore, evitandogli il lavoro ripetitivo, automatizzando la ricerca<br />
terminologica e riutilizzando i testi già tradotti. L’uso della traduzione<br />
automatica non si è diffuso molto nell’industria della localizzazione,<br />
soprattutto perché, al contrario dell’industria automobilistica e<br />
aerospaziale, i produttori di software non hanno mai prodotto una<br />
documentazione strutturata in modo tale da rendere efficace la traduzione<br />
automatica. Anche se questa situazione sembra evolversi gradualmente, mi<br />
occuperò <strong>qui</strong> solo degli strumenti di traduzione assistita al fine di<br />
descrivere la pratica corrente nell'industria della localizzazione.<br />
Gli strumenti di traduzione assistita possono essere categorizzati nel<br />
modo seguente:<br />
- Memorie traduttive<br />
- Strumenti di gestione terminologica<br />
- Strumenti di localizzazione<br />
94
I primi due tipi di strumenti sono normalmente usati insieme per la<br />
traduzione della documentazione, la guida in linea e i testi in HTML. Gli<br />
ultimi sono usati per tradurre e collaudare le interfacce utente, ovvero le<br />
finestre di dialogo, i menu, e i messagi.<br />
Le memorie traduttive<br />
Fondamentalmente una memoria traduttiva non è altro che una banca<br />
dati che memorizza delle frasi tradotte.<br />
Il testo di partenza, una volta importato nella memoria traduttiva,<br />
viene segmentato. La segmentazione avviene di solito al livello della frase,<br />
dove i due punti, le virgole, i punti interrogativi ecc. fungono da separatori.<br />
Comunque è possibile dividere il testo anche in paragrafi, in quel caso sono<br />
i segni di interruzione del paragrafo a marcare la fine di un segmento. Ogni<br />
segmento costituisce un record del database, che a sua volta contiene più<br />
campi: segmento originale, segmento tradotto, lingua, nome del traduttore,<br />
data di traduzione e tipi di testo. Il numero dei campi possibili nei record<br />
varia da strumento a strumento.<br />
Quando un testo segmentato da una memoria traduttiva viene tradotto,<br />
i segmenti d'arrivo sono archiviati automaticamente nei record contenenti il<br />
segmento di partenza.<br />
Se nel testo originale si ripentono frasi simili, le rispettive traduzione<br />
sono reperite automaticamente dal database e inserite nel testo d’arrivo. Nel<br />
caso della traduzione automatica di segmenti identici si parla di<br />
corrispondenza totale (full match); quando i segmenti sono soltanto simili<br />
allora si parla di corrispondenza parziale (fuzzy match). Ovviamente le<br />
corrispondenze parziali vanno rielaborate affinché corrispondano al testo di<br />
partenza. Un caso del genere si ha, per esempio, quando in una frase<br />
cambia solo una parola.<br />
95
In progetti di dimensioni più vaste, i database delle memorie traduttive<br />
possono essere condivisi da un gruppo di traduttori. Questo significa che,<br />
se un traduttore ha già tradotto una frase presente nel testo di un altro<br />
traduttore, la traduzione del primo è richiamata automaticamente e inserita<br />
nel testo d’arrivo del secondo.<br />
Chiaramente questi strumenti risultano particolarmente utili per testi<br />
di una certa lunghezza, che contengano un gran numero di ripetizioni e<br />
dove la traduzione può essere eseguita frase per frase. Utilizzare le<br />
memorie traduttive per testi pubblicitari o di marketing non è una buona<br />
idea, semplicemente perché questi tipi di testi richiedono molti<br />
aggiustamenti, riscritture e altre modifiche.<br />
Nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono sempre<br />
state molto diffuse a causa del breve ciclo di vita dei prodotti software. La<br />
maggior parte dei software è aggiornato almeno una volta all’anno e il<br />
riutilizzo delle traduzioni precedenti riduce drasticamente i tempi di<br />
commercializzazione delle versioni localizzate.<br />
Delle memorie traduttive sono, per esempio, Trados Translator’s<br />
Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu<br />
(http://www.atril.com/), e STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).<br />
Strumenti di gestione terminologica<br />
Nella localizzazione la gestione terminologica è affrontata in maniera<br />
elementare. I localizzatori normalmente non creano, né usano banche dati<br />
terminologiche multilingue, che contengono la definizione dei termini, il<br />
contesto, informazioni grammaticali, la fonte ecc. Nella maggior parte dei<br />
casi si fa uso soltanto di glossari bilingue dei termini o delle espressioni<br />
tradotti, per esempio, quelli dell’interfaccia utente: le opzioni dei menu, gli<br />
elementi delle finestre di dialogo ecc. Per questo motivo oltre agli strumenti<br />
96
di gestione terminologica professionali si impiegano anche dei semplici<br />
glossari con la funzione di ricerca.<br />
La maggior parte delle memorie traduttive comprendono delle<br />
applicazioni per la gestione terminologica, che possono essere collegati alle<br />
memorie per la ricerca automatica dei termini. Questo significa che i<br />
termini del testo di partenza trovati nel dizionario o nella banca dati<br />
terminologica appaiono automaticamente insieme alla loro traduzione.<br />
Strumenti di gestione terminologica sono, per esempio Trados<br />
Multiterm (http://www.trados.com/), Atril TermWatch<br />
(http://www.atril.com/) o STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).<br />
Strumenti di localizzazione<br />
Per la traduzione dell’interfaccia grafica delle applicazioni, cioè le<br />
finestre di dialogo, i menu e i messaggi che compaiono sullo schermo, sono<br />
stati sviluppati strumenti particolari. Questi permettono di vedere la<br />
traduzione nel suo contesto. Per esempio la traduzione può essere inserita<br />
direttamente nella finestra di dialogo per poi essere salvata.<br />
Gli strumenti di localizzazione contengono anche delle funzionalità<br />
per la traduzione automatica degli aggiornamento del software, usando<br />
versioni tradotte precedentemente, e per eseguire delle semplici verifiche<br />
sul software localizzato, per esempio controllando che la traduzione non<br />
appaia troncata sullo schermo a causa dello spazio ristretto.<br />
Strumenti di localizzazione sono, per esempio, Corel Catalyst (adesso<br />
Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) e Passolo<br />
(http://www.passolo.com/).<br />
La prossima generazione<br />
Mentre molti traduttori non hanno ancora preso confidenza con le<br />
tecnologie tradizionali per la traduzione, come le memorie traduttive, la<br />
97
nuova generazione di strumenti per la traduzione è già stata introdotta.<br />
Aziende come e-Translate e Uniscape offrono soluzioni per un processo<br />
traduttivo automatizzato basato su Internet, che meccanizzano molte fasi<br />
dei progetti di traduzione. Non solo i testi sono trasferiti automaticamente<br />
attraverso ogni fase di traduzione e revisione, ma anche i database<br />
contenenti il testo di partenza sono collegati a degli strumenti che<br />
individuano le variazioni nel contenuto e producono una prima traduzione,<br />
usando in combinazione la memoria traduttiva e la traduzione automatica,<br />
prima di inoltrarlo al traduttore umano per il post-editing.<br />
Questi cosiddetti portali traduttivi e soluzioni per la gestione della<br />
traduzione basata su Internet sono stati ideati soprattutto per occuparsi dei<br />
contenuti modificati di frequente, come per esempio i testi pubblicati in siti<br />
web aggiornati quotidianamente. Per maggiori informazioni su questo tipo<br />
di tecnologia per la traduzione visita http://www.uniscape.com/ o<br />
http://www.etranslate.com/.<br />
La tecnologia e il Web cambieranno completamente quello che è stato<br />
per molti secoli il modo di tradurre. I contenuti aggiornati di frequente,<br />
risorse distribuite geograficamente e le pressioni a tenere bassi i prezzi<br />
provocheranno una maggiore integrazione delle tecnologie e<br />
dell'automatizzazione delle procedure nel processo traduttivo.<br />
Indubbiamente è possibile sviluppare in poco tempo gli strumenti, ma<br />
la sfida sarà quella di proseguire a produrre delle traduzioni di qualità e<br />
continuare a farlo con piacere.<br />
98
THE LOCALISATION INDUSTRY<br />
By Bert Esselink 62<br />
This is my third contribution in a series of four articles about software<br />
localisation. The first article discussed the differences between translation<br />
and localisation, and the second provided an overview of translation<br />
technology. In this article, I will focus on the localisation industry and<br />
introduce the history, major players and industry organisations.<br />
History<br />
Starting in the early 1980s, many software publishers realised they had<br />
to localise their products, mainly as a re<strong>qui</strong>rement to sell them overseas.<br />
Before that time, software was mainly published in the language the<br />
developers happened to speak. At that time most large software publishers<br />
would either use individual freelance translators, single-language vendors,<br />
or in- house translation departments to perform the translation work.<br />
Smaller software publishers often requested translations from distributors<br />
or local sales people with no translation experience.<br />
Software publishers saw their in-house translation departments grow<br />
<strong>qui</strong>ckly through large volumes of translatable text in software applications<br />
and documentation. Most of them started looking for outsourcing<br />
possibilities in order to focus on their core business and keep headcounts<br />
down. Not only was the workload for internal translation departments very<br />
unpredictable, also multi-language project management was causing them<br />
headaches, especially in projects involving dozens of languages.<br />
The demand for outsourcing of translation activities combined with<br />
the large volumes and high complexity of jobs automatically resulted in the<br />
start-up of the first multi-language vendors (MLVs), who mainly focused<br />
62 Bert Esselink, “The Localisation Industy”, Tranfree, n.12, 2000.<br />
99
on large-volume translation projects into multiple languages. Most MLVs<br />
also offered project management of these large, complex, and time-critical<br />
translation projects. MLVs were either start-ups, for example the INK<br />
network in Europe, or large divisions of established companies, such as<br />
Berlitz's translation division, now called GlobalNET.<br />
Still, many software publishers were experiencing bottlenecks just<br />
before their multilingual product releases, for example in their engineering<br />
and testing departments who suddenly found themselves having to test<br />
multiple language versions instead of just one English version. This called<br />
for an extended outsourcing model, which really took off in the beginning<br />
of the 1990s. Apart from translation services, MLVs also started offering<br />
engineering, testing, desktop publishing, printing, and support services.<br />
This period can be considered as the start of localisation as we now<br />
know it. With teams of translators, project managers, engineers, testers, and<br />
desktop publishers, MLVs could provide one-stop multilingual solutions to<br />
software publishers.<br />
An important trend that started taking shape in the late 1990s was the<br />
consolidation of the localisation industry. Many localisation vendors either<br />
merged with others or were ac<strong>qui</strong>red in order to achieve more market share,<br />
a better geographical spread, or additional skills. In the 1990s, the number<br />
of large localisation vendors decreased from 30 to 10. Examples of major<br />
consolidations taking place in the late 1990s were the ac<strong>qui</strong>sitions of<br />
Mendez by Lernout & Hauspie, LMI by Berlitz, and (very recently) ILE/IC<br />
(INT'L.com) by Lionbridge.<br />
The yearly growth of the localisation industry since the beginning of<br />
the 1990s has averaged 30%, and in 2000 total revenues are in the range of<br />
US$ 6 billion. The most popular languages into which products are<br />
localised are French, Italian, German, Spanish (FIGS), Brazilian<br />
100
Portuguese, and Japanese. In 80% of the localisation work outsourced by<br />
clients, the source language is English.<br />
MLVs and SLVs<br />
Today, at the beginning of 2000, the major players in the localisation<br />
industry are the following companies:<br />
- ALPNET<br />
- Lionbridge<br />
- Berlitz GlobalNET<br />
- Bowne Global Solutions<br />
- Lernout & Hauspie<br />
- SDL<br />
These companies are all examples of multi-language vendors (MLVs)<br />
offering a wide range of services besides localisation, varying from<br />
SGML/XML consulting and large volume documentation translation and<br />
publishing (ALPNET), to multilingual internet services and testing<br />
(Lionbridge), from speech technology (Lernout & Hauspie) to language<br />
training (Berlitz). Revenues of these companies are approximately US$ 70<br />
million. The second tier of multi-language vendors are companies such as<br />
the localisation department of Sykes.<br />
Even though these MLVs usually get the most publicity, most of the<br />
revenue in the translation and localisation industry is still generated by the<br />
thousands of single-language vendors (SLVs) and freelance translators that<br />
are active in every country. SLVs typically focus on one target language,<br />
have 1 to 30 employees, and offer mainly translation and desktop<br />
publishing services. Most SLVs work for MLVs; freelance translators<br />
usually work for both MLVs and SLVs.<br />
101
Organisations<br />
In 1990 the Localisation Industry Standards Association (LISA) was<br />
founded in Switzerland. LISA defines its mission as "promoting the<br />
localisation and internationalisation industry and providing a mechanism<br />
and services to enable companies to exchange and share information on the<br />
development of processes, tools, technologies and business models<br />
connected with localisation, internationalisation and related topics".<br />
LISA organises quarterly forums and regular workshops in which<br />
members can exchange information and attend training. These forums<br />
typically deal with business aspects of localisation and globalisation. Very<br />
little attention is paid to the activities and issues of translators. For more<br />
information about LISA, visit their Web site at www.lisa.org.<br />
In Ireland two organisations were founded in the 1990s to establish<br />
contacts between software publishers, localisation service providers and<br />
universities in and around Dublin.<br />
The Localisation Research Centre (LRC) was established at the<br />
University of Limerick in April 1998 as the result of a merger between the<br />
Centre for Language Engineering and the Localisation Resources Centre.<br />
The Software Localisation Interest Group (SLIG) is a special interest<br />
group for all parties involved in software localisation. It was founded by<br />
the Localisation Resources Centre in February 1994. For more information<br />
about LRC and SLIG visit their Web sites at lrc.csis.ul.ie and<br />
http://www.slig.ie/ respectively.<br />
Training & Further Reading<br />
Not many opportunities exist for translators to be trained in<br />
localisation processes and tools. Most localisation firms train their staff<br />
internally. Translation and language schools and universities typically do<br />
not supply technically aware translators.<br />
102
Standard technologies such as translation memory tools are often not<br />
even covered in translation or language studies.<br />
Over the past few years, several surveys were conducted to research<br />
how educational establishments could change their curricula to better train<br />
translators for the "real world". Examples of these surveys are:<br />
- LEIT: Short for LISA Education Initiative Taskforce, a commission<br />
that was formed in March 1998 and consists of representatives from<br />
universities in the U.S. and Europe. More information at<br />
www.ttt.org/leit.<br />
- LETRAC: Short for Language Engineering for Translators Curricula,<br />
a project funded by the European Commission. More information at<br />
www.iai.uni-sb.de/LETRAC.<br />
- CLP: Short for Certified Localisation Professional, a project initiated<br />
by the Irish Software Localisation Interest Group, and several<br />
industry leaders. More information at lrc.csis.ul.ie/CLP.<br />
Currently, very few translation schools or language universities<br />
specialise in localisation. There's a post-graduate course in localisation at<br />
the University of Limerick in Ireland, and some institutes integrate<br />
localisation modules into their translation education.<br />
Not much information is available about localisation which is<br />
especially for translators. To fill this gap, A Practical Guide to Software<br />
Localisation was written. The book was published in 1998 and a new<br />
edition will be published in the second half of 2000. It can still be ordered<br />
through http://www.amazon.com/ or http://www.benjamins.com/.<br />
103
Future Developments<br />
It is difficult to predict how the industry will develop in the next few<br />
years, especially because localisation is more fragmented than ever and<br />
everybody seems to be questioning what the localisation industry actually<br />
encompasses. Where localisation firms once distinguished themselves from<br />
traditional translation companies by specialising in translation, engineering<br />
and testing of software applications, now most of them are migrating to<br />
web localisation solutions.<br />
Since the web is obviously not limited to software publishers only,<br />
many localisation firms find themselves again translating large volume<br />
web-based product and marketing information which might have nothing to<br />
do with software applications, just like the good old days of translation.<br />
In other words, the localisation industry will most likely slowly<br />
integrate back into the translation industry. And when large localisation<br />
firms such as Lionbridge and ALPNET keep moving upstream in the<br />
publishing process and offering content creation and product support<br />
solutions, today's localisation industry will soon be called the "multilingual<br />
solutions industry".<br />
104
L’INDUSTRIA DELLA LOCALIZZAZIONE<br />
Di Bert Esselink<br />
Questo è il mio terzo contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />
localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la<br />
localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie<br />
impiegate nella traduzione. In questo articolo mi occuperò dell’industria<br />
della localizzazione, introducendone la storia, i principali attori e le<br />
maggiori organizzazioni industriali.<br />
Storia<br />
Fin dai primi anni ottanta molti produttori di software si resero conto<br />
di dover localizzare i loro prodotti soprattutto al fine di venderli all’estero.<br />
Prima di allora il software era prodotto principalmente nella lingua dei<br />
progettisti. La maggior parte dei grandi produttori impiegava per il lavoro<br />
di traduzione singoli traduttori freelance, agenzie single-language, oppure<br />
reparti interaziendali. Spesso produttori più piccoli richiedevano le<br />
traduzioni alle società distributrici o ai venditori locali senza che questi<br />
avessero alcuna esperienza di traduzione.<br />
I produttori di software assistevano alla rapida crescita dei loro reparti<br />
interaziendali dedicati alla traduzione a causa della grande quantità di testi<br />
nelle applicazioni software e nella documentazione. In molti cominciarono<br />
a considerare la possibilità di appaltare questo lavoro al fine di potersi<br />
concentrare sulle attività principali e di mantenere basso il numero dei<br />
dipendenti. Non solo il carico di lavoro per i reparti interni di traduzione<br />
era imprevedibile, ma anche la gestione dei progetti multilingue causavano<br />
delle noie, specialmente in progetti che coinvolgevano dozzine di lingue.<br />
105
La necessità di appaltare le attività di traduzione insieme alla mole e la<br />
complessità del lavoro determinò l’avviamento delle prime agenzie multi-<br />
lingue (MLVs - multi-language vendors), che si concentrarono soprattutto<br />
su progetti di traduzione di grandi dimensioni in più lingue. Gran parte dei<br />
MLVs offrivano anche la gestione di questi grandi, complessi progetti che<br />
richiedono una attenta gestione dei tempi. I MLVs erano nuove aziende,<br />
per esempio la rete INK in Europa, oppure grandi reparti di aziende<br />
affermate, come il reparto traduzione della Berlitz, adesso chiamata<br />
GlobalNET.<br />
Ciononostante molti produttori di software si trovarono ad affrontare<br />
dei colli di bottiglia poco prima della messa in commercio dei loro prodotti<br />
in più lingue. Questo capitò, per esempio, nei loro reparti di sviluppo e<br />
collaudo che invece della versione inglese si ritrovarono improvvisamente<br />
a dover collaudare versioni multilingue. Questo richiese un esteso modello<br />
di appalto che si diffuse finalmente all’inizio degli anni novanta. Oltre ai<br />
servizi di traduzione, i MLVs iniziarono ad offrire anche servizi di<br />
sviluppo, collaudo, desktop publishing, stampa e supporto.<br />
Questo periodo può essere considerato l’inizio della localizzazione<br />
così come la conosciamo oggi. Con delle e<strong>qui</strong>pe di traduttori, project<br />
manager, sviluppatori, collaudatori, desktop publisher, i MVLs potettero<br />
offrire ai produttori di software delle soluzioni multilingue complete.<br />
Una tendenza importante che inizio a prendere forma alla fine degli<br />
anni novanta fu il consolidamento dell’industria della localizzazione. Molti<br />
localizzatori si fusero con altre o furono ac<strong>qui</strong>site al fine di con<strong>qui</strong>stare<br />
maggiori quote di mercato, una migliore copertura geografica o<br />
competenze aggiuntive. Negli anni novanta il numero delle grandi agenzie<br />
di localizzazione diminuì da 30 a 10. Esempi per i principali<br />
consolidamenti avvenuti in quegli anni sono l'ac<strong>qui</strong>sizione di Mendez da<br />
106
parte di Lernout & Huspie, di LMI da parte di Berlitz e (recentemente) di<br />
ILE/IC (INT’L.com) da parte di Lionbridge.<br />
Il tasso di crescita annuale dell’industria della localizzazione<br />
dall’inizio degli anni novanta è stato mediamente del 30% e nel 2000 le<br />
entrate totali si aggirano intorno ai 6 miliardi di Dollari. Le lingue più<br />
comuni nelle quali si localizzano i prodotti sono il francese, l’italiano, il<br />
tedesco, lo spagnolo (FIGS), il portoghese brasiliano e il giapponese.<br />
Nell’80% del lavoro di localizzazione appaltato la lingua di partenza è<br />
l’inglese.<br />
MLVs e SLVs<br />
Oggi, all’inizio del 2000, i principali attori dell’industria della<br />
localizzazione sono le seguenti aziende:<br />
- ALPNET<br />
- Lionbridge<br />
- Berlitz GlobalNET<br />
- Bowne Global Solutions<br />
- Lernout & Hauspie<br />
- SDL<br />
Tutte queste aziende sono esempi di agenzie multilingue (MVLs) che<br />
accanto alla localizzazione offrono una vasta gamma di servizi, che varia<br />
dalla consulenza per SGML/XML e la traduzione e pubblicazione di<br />
documentazioni di vaste dimensioni, ai servizi internet multilingue e al<br />
collaudo (Lionbridge); dalla sintesi vocale (Lernout & Hauspie) alla<br />
formazione linguistica.<br />
Le entrate di queste aziende ammontano approssimativamente a 70<br />
milioni di Dollari. Il secondo tipo di MLVs sono le aziende come il reparto<br />
di traduzione di Sykes.<br />
107
Anche se queste MLVs ricevono solitamente la maggiore attenzione,<br />
la gran parte delle entrate nell'industria della traduzione e della<br />
localizzazione è ancora generata dalle migliaia di agenzie che si occupano<br />
di una sola lingua (SLVs – single-language vendors) e dai traduttori<br />
freelance attivi in ogni paese. I SLVs di regola si concentrano su una sola<br />
lingua d’arrivo, hanno da 1 a 300 dipendenti e offrono principalmente<br />
servizi di traduzione e desktop publishing. La maggior parte dei SLVs<br />
lavorano per i MLVs; i traduttori freelance normalmente lavorano per<br />
entrambi.<br />
Organizzazioni<br />
Nel 1990 è stata fondata in Svizzera la LISA (Localization Industry<br />
Standard Association). La LISA definisce la propria missione “promuovere<br />
l’industria della localizzazione e della internazionalizzazione e fornire un<br />
meccanismo e servizi per permettere alla società di scambiarsi e di<br />
condividere le informazioni sugli sviluppi dei processi, degli strumenti, le<br />
tecnologie e i modelli commerciali riguardanti la localizzazione,<br />
l’internazionalizzazione ed argomenti ad esse connessi”.<br />
La LISA organizza dei forum trimestrali e dei seminari durante i quali<br />
i membri possono scambiarsi informazioni e frequentare dei corsi. Questi<br />
forum normalmente riguardano gli aspetti commerciali della localizzazione<br />
e della globalizzazione. Si presta poca attenzione alle attività e alle<br />
questioni dei traduttori. Per maggiori informazioni sulla LISA si consulti il<br />
loro sito all’indirizzo www.lisa.org.<br />
In Irlanda negli anni novanta sono state fondate due organizzazioni<br />
con il fine di stabile dei contatti tra i produttori di software, i fornitori di<br />
servizi di localizzazione e le università di Dublino e dintorni.<br />
108
Il LRC (Localisation Research Centre) è stato istituito presso<br />
l'Università di Limerick nel aprile 1998. Esso è il risultato della fusione tra<br />
il Centre for Language Engineering e il Localisation Resources Center.<br />
Il SLIG (Software Localisation Interest Group) è un particolare<br />
gruppo d’interesse per tutte le parti coinvolte nella localizzazione dei<br />
software. Esso è stato fondato dal LRC nel febbraio 1994. Per maggiori<br />
informazione sul LRC e SLIG si consulti le loro pagine web<br />
rispettivamente agli indirizzi http://lrc.csis.ul.ie e http://www.slig.ie.<br />
Formazione e letture d’approfondimento<br />
Per i traduttori non esisto molte opportunità di essere formati per il<br />
processo di localizzazione e per l’uso degli strumenti. Molte aziende che si<br />
occupano di localizzazione formano esse stesse il loro personale. Le scuole<br />
e le facoltà di lingue e traduzione normalmente non forniscono traduttori<br />
tecnicamente preparati.<br />
Tecnologie standard come le memorie traduttive spesso non sono<br />
considerate nei programmi di studio in lingue e traduzione.<br />
Negli ultimi anni sono state realizzate diverse indagini su come le<br />
istituzioni scolastiche possano cambiare i loro curriculum per preparare<br />
meglio i traduttori al "mondo reale". Alcuni di questi studi sono:<br />
- LEIT: che sta per LISA Education Initiative Taskforce, una<br />
commissione nominata nel marzo 1998 costituita da rappresentanti di<br />
università statunitensi ed europee. Maggiori informazioni sono<br />
disponibili all’indirizzo www.ttt.org/leit.<br />
- LETRAC: acronimo di Language Engineering for Translators<br />
Curricula, un istituito fondato dalla Commissione Europea. Maggiori<br />
informazioni sono disponibili all’indirizzo www.iai.uni-<br />
sb.de/LETRAC.<br />
109
- CLP: che sta per Certified Localisation Professional, un progetto<br />
iniziato dalla SLIG irlandese e diversi leader di settore. Maggiori<br />
informazioni sono disponibili all’indirizzo lrc.csis.ul.ie/CLP.<br />
Attualmente solo pochissime scuole per traduttori o facoltà di lingue<br />
formano specialisti in localizzazione. Esiste un corso di specializzazione in<br />
localizzazione presso l'Università di Limerick in Irlanda, e alcuni istituti<br />
integrano moduli di studio in localizzazione nei corsi per traduttori.<br />
Sulla localizzazione sono disponibili solo poche informazioni che<br />
riguardano in maniera particolare i traduttori. A Practical Guide to<br />
Software Localisation è stato scritto proprio per colmare questa lacuna. Il<br />
libro è stato pubblicato nel 1998 e una nuova edizione sarà pubblicata nella<br />
seconda metà del 2000. È possibile ordinare il libro agli indirizzi<br />
http://www.amazon.com/ e http://www.benjamins.com/.<br />
Sviluppi futuri<br />
È difficile predire come si svilupperà questa industria nei prossimi<br />
anni, soprattutto perché la localizzazione è più frammentata che mai e tutti<br />
sembrano interrogarsi su cosa essa comprenda realmente. Mentre le aziende<br />
di localizzazione si distinguevano una volta dalle società di traduzione<br />
tradizionali perché erano specializzate nella traduzione, lo sviluppo e il<br />
collaudo si applicazioni software, oggi la maggior parte di esse stanno<br />
spostando le loro attività verso soluzioni di localizzazione del web.<br />
Poiché il Web ovviamente non si limita ai soli produttori di software,<br />
molte aziende di traduzione si ritrovano a tradurre grandi quantità di<br />
prodotti basati sul web e informazioni di marketing che non hanno nulla a<br />
che vedere con le applicazioni software, proprio come nei bei vecchi tempi<br />
della traduzione.<br />
In altre parole, l’industria della localizzazione sarà con ogni<br />
110
probabilità lentamente reintegrata nell’industria della traduzione. E se le<br />
grandi aziende della localizzazione come Lionbridge e ALPNET<br />
continuano a risalire il processo di pubblicazione e ad offrire soluzioni per<br />
la creazione dei contenuti e per il supporto alla produzione, l’odierna<br />
industria della localizzazione presto si chiamerà “l’industria delle soluzioni<br />
multilingue”.<br />
111
LOCALISATION PROJECT MODELS<br />
By Bert Esselink 63<br />
This is my fourth contribution in a series of four articles about<br />
software localisation. The first article discussed the differences between<br />
translation and localisation, the second provided an overview of translation<br />
technology, and the third article covered the localisation industry<br />
developments. In this article, I will focus on localisation project models and<br />
the way the web is changing them.<br />
Traditional Project Models<br />
The "Guide to the Project Management Body of Knowledge"<br />
published by the Project Management Institute (http://www.pmi.org/)<br />
defines project as "a temporary endeavour undertaken to create a unique<br />
product or service." This definition also applies to most traditional<br />
localisation or translation projects. Localisation projects usually start with a<br />
publisher sending out a localisation kit with all source material to a<br />
translation agency. The project manager sends out the relevant documents<br />
to a translator or a group of translators, schedules the time re<strong>qui</strong>red to<br />
translate, edit, and proofread the material, and returns the translations after<br />
completion to the client. Projects have a definite beginning and a definite<br />
end.<br />
Before the introduction of translation memory tools, translation work<br />
would usually not start until the domestic product was finalised and<br />
sometimes even published or shipped. After design, development, and<br />
testing of an English product, only limited time was scheduled to create<br />
localised versions of a product. Nevertheless, foreign users often had to<br />
63 Bert Esselink, “Localisation Project Models”, Tranfree, n.13, 2000<br />
112
wait for months before a version of the product in their language was<br />
available.<br />
With the invention of translation memory and other computer aided<br />
translation tools in the beginning of the 1990s, this model changed<br />
dramatically. Publishers started aiming for simultaneous release (simship)<br />
of the domestic product and at least the most important target languages.<br />
This meant that translation already had to start while the source material or<br />
product was still being developed or written. The only way to effectively<br />
re-use translations of material that was still "under construction" was to use<br />
translation memory.<br />
In most of today's localisation projects, translators start translating the<br />
a first draft of a product, and then leverage all translations already done by<br />
importing translations stored in a translation memory database. The only<br />
way in which simship of different language versions can be achieved is by<br />
combining translation memory with a thorough internationalisation of the<br />
product, i.e. separating language-dependent information from the product's<br />
layout or code information and thus limiting the amount of testing or layout<br />
work re<strong>qui</strong>red for localised versions after translation is finished.<br />
Tomorrow's Project Models<br />
With the web, a new type of localisation model is evolving.<br />
Professional web sites are usually dynamic, database-driven sites, where all<br />
information and text is stored in a database, which automatically publishes<br />
information to web pages whenever new content is added or changed. Web<br />
sites are updated on a continuous basis. This means that translating a web<br />
site cannot be considered a "project" anymore; instead, it is a continuous<br />
flow of changes and updates. In the case of multilingual web sites, changes<br />
in one language should ideally be reflected in the other languages<br />
immediately.<br />
113
This new localisation model, which is characterised by small "chunks"<br />
of translatable information, has called the need for more automation.<br />
Sending each small change or update to a page on a web site to a project<br />
manager, who then coordinates the translation in all re<strong>qui</strong>red languages is<br />
just too time-consuming and inefficient. This is the reason many translation<br />
tool developers are now working on workflow systems which enable<br />
companies to automate the transfer of files between all people involved in a<br />
translation project, i.e. client, project manager, translator, editor,<br />
proofreader, client validator, etc. Examples of such tools are Lionbridge's<br />
LionTrack and SDL's SDLX WebFlow. Apart from workflow automation<br />
some of these tools also contain online project tracking features, so clients<br />
can see any time of the day how far translation of their material has<br />
progressed.<br />
Implementation of these systems re<strong>qui</strong>res a thorough analysis of the<br />
client's and vendor's processes and information flows, so the tool can be<br />
customised. Moving to this new, automated localisation project model also<br />
means that many clients are looking for long-term partnerships with<br />
localisation vendors, in order to better integrate them in their development<br />
and business processes, and to build up expertise and product knowledge in<br />
one central location.<br />
In a few years from now, it is not unlikely that translators will be part<br />
of "virtual teams" working for one or more clients. These teams will consist<br />
of translators who, regardless of their location, have all qualified or<br />
received training to do translations for a particular client. If new<br />
information is added to the client's web site, the text is transferred to the<br />
first translator in the team, who then indicates if he or she is available to do<br />
the work. If rejected, the job is automatically passed to the next translator<br />
in the team until someone can do it. After translation, the translated<br />
material is automatically transferred to a reviewer working for the client,<br />
114
who approves the translation so it can be merged back into the multilingual<br />
database for publication on the web.<br />
Workflow automation enables project managers to focus more on<br />
managing, such as resource management, quality management, scheduling,<br />
and budgeting, instead of acting as a "post office" sending files back and<br />
forth between translators and clients.<br />
115
MODELLI DI PROGETTI DI LOCALIZZAZIONE<br />
Questo è il mio quarto contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />
localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la<br />
localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie<br />
impiegate nella traduzione e il terzo ha trattato gli sviluppi dell’industria<br />
della localizzazione. In questo articolo mi occuperò dei modelli di progetti<br />
di localizzazione e di come il web li stia cambiando.<br />
Modelli di progetti tradizionali<br />
Il libro "Guide to the Project Management Body of Knowledge" edito<br />
dal Project Management Institute (http://www.pmi.org/) definisce progetto<br />
come “uno sforzo temporaneo compiuto con il fine di creare un prodotto o<br />
un servizio unico”. Questa definizione vale anche per i progetti di<br />
localizzazione o di traduzione più tradizionali. Di solito un progetto di<br />
localizzazione inizia con la spedizione da parte del produttore di un kit di<br />
localizzazione contenete tutto il materiale sorgente a una agenzia di<br />
traduttori. Il project manager invia i documenti a un traduttore o a un<br />
gruppo di traduttori, programma il tempo necessario per tradurre, editare e<br />
verificare il materiale, e restituisce, una volta completate, le traduzioni al<br />
committente. I progetti hanno un inizio e una fine definiti.<br />
Prima dell’introduzione degli strumenti di memoria traduttiva, la<br />
traduzione non sarebbe iniziata prima del completamento del prodotto<br />
originale e a volte addirittura non prima della sua commercializzazione ed<br />
esportazione.<br />
Dopo la progettazione, lo sviluppo e il collaudo dei prodotto in lingua<br />
inglese, solo poco tempo veniva previsto per crearne una versione<br />
116
localizzata. Ciononostante, gli utenti stranieri spesso dovevano aspettare<br />
mesi prima di trovare disponibile la versione del prodotto nella loro lingua.<br />
All’inizio degli anni novanta, con l’invenzione delle memorie<br />
traduttive e altri strumenti di traduzione assistita questo modello è mutato<br />
notevolmente. I produttori hanno iniziato a mirare alla distribuzione<br />
simultanea (simship) del prodotto originale e almeno delle versioni nelle<br />
lingue più importanti. Questo significa che la traduzione deve iniziare<br />
mentre il materiale o il prodotto di partenza è ancora in via di sviluppo.<br />
L’unico modo per riutilizzare efficientemente le traduzioni del materiale<br />
non definitivo è quello di fare uso delle memorie traduttive.<br />
Nella maggior parte dei progetti odierni i traduttori iniziano a lavorare<br />
su una prima versione provvisoria del prodotto per poi rimettere a frutto le<br />
traduzioni già eseguite importandole dai database delle memorie traduttive.<br />
L’unico modo per riuscire ad ottenere una simship di versioni in lingue<br />
differenti è quello di associare alle memorie traduttive anche una completa<br />
internazionalizzazione del prodotto. Ossia, è necessario separare le<br />
informazioni linguisticamente dipendenti dal layout del prodotto e dalle<br />
informazioni del codice, limitando in questo modo la quantità di lavoro<br />
necessario per le versioni localizzate dopo la conclusione della traduzione.<br />
Futuri modelli di progetti<br />
Con il web si sta sviluppando un nuovo modello di localizzazione. I<br />
siti web professionali normalmente sono dinamici, impostati sui database,<br />
dove tutte le informazioni e i testi sono memorizzati in una banca dati che li<br />
pubblica automaticamente nelle pagine non appena si aggiunge o si<br />
modifica il contenuto. I siti sono aggiornati costantemente. Questo significa<br />
che tradurre un sito web non può più essere considerato un progetto;<br />
piuttosto si tratta di un processo continuo di modifiche e aggiornamenti.<br />
117
Nel caso di siti multilingue le modifiche in una lingua dovrebbero essere<br />
apportate immediatamente anche nelle altre lingue.<br />
Questo nuovo modello di localizzazione, caratterizzato da brevissime<br />
informazioni traducibili ha suscitato il bisogno di maggiori automatismi.<br />
Spedire ogni piccolo cambiamento o aggiornamento di una pagina a un<br />
project manager, che a sua volta coordina la traduzione in tutte le lingue<br />
necessitate è semplicemente troppo dispendioso e inefficiente. Questa è la<br />
ragione per cui molti sviluppatori di strumenti per la traduzione stanno<br />
lavorando a un sistema di workflow che permetta alle società di<br />
automatizzare il trasferimento dei file tra le persone coinvolte nel progetto<br />
di traduzione, cioè il committente, il project manager, il curatore, il<br />
revisore, il supervisore ecc. Esempi di tale strumenti sono Lion Track della<br />
Lionbridge e SDLX Web Flow della SDL. Oltre all'automatizzazione del<br />
workflow alcuni di questi strumenti includono delle funzionalità per il<br />
controllo del progetto, in modo che i committenti possano vedere in ogni<br />
momento della giornata a che punto si trovi la traduzione del loro<br />
materiale.<br />
Al fine di personalizzare lo strumento l’implementazione di questi<br />
sistemi richiedono una analisi integrale dei processi e dei flussi di<br />
informazione del committente e dell’agenzia. Adottare questo nuovo<br />
modello di localizzazione automatizzata significa anche che i committenti<br />
ricerchino delle collaborazioni a lungo termine con le agenzie di<br />
localizzazione, al fine di integrarle meglio nel loro processo commerciale e<br />
di sviluppo, e per accumulare competenza e conoscenza del prodotto in un<br />
unico centro.<br />
Non è improbabile che, entro pochi anni, i traduttori saranno parte di<br />
gruppi virtuali che lavorano per uno o più committenti. Questi gruppi<br />
saranno costituiti da traduttori che, indipendentemente dal loro luogo di<br />
118
esidenza, sono tutti qualificati o sono stati formati per tradurre per un<br />
particolare committente.<br />
Se viene aggiunta una nuova informazione nel sito del committente, il<br />
testo è trasferito al primo traduttore del gruppo, che indicherà se è<br />
disponibile per svolgere quel lavoro. Nel caso venga rifiutato il lavoro<br />
passerebbe automaticamente al prossimo traduttore del gruppo fin quando<br />
sarà eseguito da qualcuno. Dopo la traduzione il materiale è trasferito<br />
automaticamente a un revisore che lavora per il committente che approva la<br />
traduzione così che possa essere reinserita nella banca dati multiligue per la<br />
pubblicazione nel web.<br />
L’automatizzazione del workflow consente ai project manager di<br />
concentrarsi sulla gestione delle risorse e della qualità, sulla pianificazione<br />
e la preventizzazione, invece di fare da ufficio postale, mandando avanti e<br />
indietro i file tra i traduttori e i clienti.<br />
119
SOFTWARELOKALISIERUNG<br />
Mehr als Übersetzung<br />
von Karl-Heinz Freigang 64<br />
Noch vor 15 Jahren war weltweit Englisch die Sprache, in der<br />
Softwareprodukte mit ihren Anwendern kommunizierten. Mit dem<br />
Durchbruch des PC und seiner Ausstattung für ”jedermann” wurde es<br />
notwendig, Bedienoberflächen, Systemmeldungen und Dokumentation in<br />
den Sprachen der Benutzer verfügbar zu machen.<br />
Heutzutage verkauft sich ein Softwareprodukt nicht mehr, wenn die<br />
Kommunikation mit den Benutzern nicht in deren Landessprache ist. Dabei<br />
reicht es nicht, wenn die Dokumentation in die Landessprache übertragen<br />
wird. Benutzer erwarten, dass Menüs, Dialogfelder, Systemmeldungen,<br />
Fehlermeldungen, Online-Hilfen, Installationsanweisungen usw. in ihrer<br />
Sprache vorliegen.<br />
All diese verschiedenen Texte sind Gegenstand der<br />
Softwarelokalisierung, die sich in den letzten Jahren zu einer boomenden<br />
Industrie entwickelt hat. Absolventen der Ausbildungsinstitute für<br />
Übersetzer, die sich in diese Tätigkeit einarbeiten wollen oder während des<br />
Studiums Einblicke in die Arbeit eines ”Lokalisierers” gewonnen haben,<br />
finden nach ihrem Examen beste berufliche Chancen. Sei es als<br />
Angestellter in Softwareunternehmen oder als Freiberufler, die meist in<br />
Teams mit anderen Kolleginnen und Kollegen Lokalisierungsprojekte<br />
übernehmen.<br />
64 Karl-Heinz Freigang, “Softwarelokalisierung”, Technische Kommunikation, 2/1999, p.23.<br />
120
Komponenten der Software<br />
Die Besonderheit der Softwarelokalisierung liegt darin, dass es nicht<br />
nur um die Übersetzung der sprachlichen Komponenten von<br />
Softwareprodukten geht. Die Anpassung formaler Elemente wie Datums-<br />
und Uhrzeitformat, Währung, Maßeinheiten, Zeichensätze muss ebenfalls<br />
durchgeführt werden. Gleiches gilt für die grafischen Elemente, die sich an<br />
den kulturellen Gegebenheiten des Ziellandes orientieren sollten. Auch<br />
wenn die Bearbeitung grafischer Elemente nicht die Aufgabe eines<br />
Übersetzers ist - er kann aufgrund seiner Ausbildung am ehesten<br />
Ungereimtheiten entdecken. So ist festzustellen, dass auch in der<br />
lokalisierten Version vieler Softwareprodukte beispielsweise der<br />
”Papierkorb” durch einen typischen amerikanischen Mülleimer (”trash”)<br />
dargestellt wird. Auch die bekannte Windows-Zwischenablage wird in der<br />
deutschen Version immer noch durch ein Klemmbrett (”clipboard”)<br />
symbolisiert.<br />
Die zu lokalisierenden Komponenten eines Softwareprodukts lassen<br />
sich in drei Grobbereiche einteilen:<br />
- die Software mit Menüs, Befehlen, Dialogfeldern,<br />
Schaltflächen, Meldungen,<br />
- die Online-Hilfetexte,<br />
- die Dokumentation, entweder in gedruckter Form oder<br />
maschinenlesbar z. B. als Hypertext.<br />
All diese Komponenten enthalten natürlich Textpassagen, die auch in<br />
anderen Komponenten vorkommen und die im Sinne einer größtmöglichen<br />
Konsistenz und Benutzerfreundlichkeit dann auch in den verschiedenen<br />
Komponenten gleich übersetzt werden sollten. Ideal wäre es, wenn bei der<br />
ersten Übersetzung einer solchen Textpassage die Übersetzung gespeichert<br />
121
und für die übrigen Komponenten in einem Translation-Memory zur<br />
Verfügung gestellt werden könnte.<br />
Um welche Arten von Texten und welche Formate handelt es sich nun<br />
bei den einzelnen Komponenten?<br />
Software<br />
Z. B. Windows-Software besteht aus verschiedenen Dateitypen, die alle zu<br />
übersetzende Texte oder Zeichenketten enthalten können. Es handelt sich<br />
dabei um ”ausführbare” Programmdateien (EXE- oder COM-Dateien)<br />
sowie um weitere Programmdateien wie Treiber (DRV) oder ”Dynamic<br />
Link Libraries” (DLL). Diese Programmdateien enthalten die Menüs,<br />
Dialogfelder, Befehle und Meldungen der Software, die dem Übersetzer<br />
entweder in Form von Resourcen-Dateien (”resource files”) im ”Nur-<br />
Text”-Format oder direkt in den binären Programmdateien vorliegen.<br />
Resourcen<br />
(normalerweise mit der Dateinamenserweiterung RC oder DLG) sind Nur-<br />
Text-Dateien, die in jedem Texteditor oder Textverarbeitungsprogramm<br />
bearbeitet werden können. Nach der Übersetzung müssen sie in binäre<br />
Programmdateien kompiliert werden. Da sie als Nur-Text-Dateien<br />
vorliegen, können sie auch problemlos mit den gängigen Translation-<br />
Memory-Systemen (z. B. Trados Translator’s Workbench, Star Transit,<br />
IBM TranslationManager) bearbeitet werden. Der Nachteil liegt darin, dass<br />
der Übersetzer nicht direkt sehen kann, wie sich seine Arbeit auf das<br />
betreffende Dialogfeld, das Menü oder die Schaltfläche auswirkt, d. h., ob<br />
der Text der Übersetzung vom Platzbedarf her passt oder ob Schaltflächen<br />
oder Fenster nachträglich angepasst werden müssen. Die folgende<br />
Abbildung ( Abb. 1 ) zeigt ein Beispiel für ein solches Resourcen-Format:<br />
122
Abb. 1: Resourcen-Format-Beispiel<br />
Der Übersetzer muss hier wissen, dass nur die in Anführungszeichen<br />
stehenden Textelemente zu übersetzen sind (mit Ausnahme der Angabe<br />
”Helv” in der dritten Zeile, die die Schriftart des hier vorliegenden<br />
Dialogfelds bezeichnet). Der Einsatz von vorbereiteten Filtern oder Makros<br />
in den Translation-Memory-Systemen ermöglicht eine Abgrenzung der zu<br />
übersetzenden Teile von den Teilen, die zum Programmcode gehören, und<br />
ermöglicht es außerdem, den Programmcode vor versehentlichem<br />
Überschreiben zu schützen.<br />
Programmdateien<br />
(in der Regel mit der Dateinamenserweiterung EXE oder DLL) können in<br />
einem Resource-Editor direkt übersetzt werden (z. B. Microsoft App Studio<br />
oder Borland Resource Workshop). Inzwischen sind auch Lokalisierungs-<br />
Tools auf dem Markt, die ebenfalls eine direkte Übersetzung von<br />
Programmdateien erlauben (z. B. Corel Catalyst, PASSOLO). Der Vorteil<br />
dieser Werkzeuge liegt darin, dass der Übersetzer direkt die Auswirkungen<br />
seiner Arbeit sieht und auch Anpassungen z. B. von Schaltflächen direkt<br />
selbst vornehmen kann. Die folgende Abbildung ( Abb. 2 ) zeigt ein<br />
Beispiel für die Übersetzung eines Menüs in einem Resource-Editor:<br />
123
Abb. 2: Menü-Übersetzung im Resource-Editor<br />
In diesem Beispiel kann die Übersetzung der einzelnen Menüpunkte<br />
sowohl im Programmcode (rechts untere Hälfte) als auch im Resource-<br />
Editor (linke Hälfte) vorgenommen werden. Die Auswirkungen auf das<br />
Erscheinungsbild des Menüs sind direkt in der rechten oberen Hälfte zu<br />
sehen.<br />
Ähnlich wie in diesem Beispiel läuft auch die Übersetzung mit Hilfe<br />
eines der obenerwähnten Lokalisierungs-Tools. Der Nachteil dabei ist, dass<br />
in diesen Lokalisierungs-Tools zwar die einzelnen Übersetzungen z. B. der<br />
verschiedenen Menüoptionen in einer Liste gespeichert werden können, die<br />
dann für andere Lokalisierungsprojekte wiederverwendet werden kann. Um<br />
sie für die Übersetzung der Dokumentation verfügbar zu machen, muss<br />
jedoch eine solche Liste (Glossar) exportiert und in das für die Übersetzung<br />
der Dokumentation eingesetzte Translation-Memory bzw. die zugehörige<br />
Terminologiedatenbank importiert werden.<br />
Online-Hilfe<br />
Texte der Online-Hilfe ersetzen heutzutage immer mehr die gedruckte<br />
Dokumentation. Sie liegen dem Übersetzer in verschiedenen Formaten vor,<br />
124
z. B. in Form von Windows-Hilfedateien im RTF-Format, die nach der<br />
Bearbeitung mit einem geeigneten Hilfe-Compiler umgesetzt werden. Oder<br />
in Form von HTML-Dateien, bei deren Aufruf ein HTML-Browser<br />
gestartet wird, mit dem die Dateien gelesen werden können. Der Übersetzer<br />
muss in diesen Fällen in der Lage sein, diese Formate zu bearbeiten. Dies<br />
ist entweder mit Hilfe von Lokalisierungs-Tools möglich, die auch für die<br />
Bearbeitung von Hilfetexten entwickelt wurden. Oder wiederum mit Hilfe<br />
der bereits erwähnten Translation-Memory-Systeme, die entsprechende<br />
Filter aufweisen.<br />
Vom Übersetzer-Standpunkt aus betrachtet, ist beim Übersetzen von<br />
Hilfetexten darauf zu achten, dass diese von den potentiellen Lesern auf<br />
ganz andere Art und Weise rezipiert werden. Während letztere in der Regel<br />
eher sequentiell gelesen werden, d. h. die Informationen aus den<br />
vorangehenden Kapiteln meist vorausgesetzt werden können, werden<br />
Hilfetexte in der Regel punktuell gelesen. D. h., der Leser springt direkt aus<br />
der Anwendung an eine bestimmte Stelle des Hilfetextes, ohne die<br />
vorangehenden Stellen gelesen zu haben. Die einzelnen Passagen eines<br />
Hilfetextes, auf die über Hyperlinks zugegriffen werden kann, sollten also<br />
für sich genommen verständlich sein und nicht allzu viele implizite<br />
Rückverweisungen enthalten. Dies muss natürlich der Originalautor des<br />
Hilfetextes bereits beachten. Der Übersetzer jedoch darf nicht unbedingt<br />
die ihm vom Translation Memory angebotenen, etwa aus der Übersetzung<br />
des gedruckten Handbuchs stammenden Übersetzungen ohne weiteres<br />
übernehmen.<br />
Dokumentation<br />
Texte der gedruckten Dokumentation liegen normalerweise im Format<br />
eines Textverarbeitungsprogramms (z. B. Word) oder im Format eines<br />
Desktop-Publishing-Programms vor. Während noch vor einiger Zeit der<br />
125
Übersetzer die Texte direkt in dem entsprechenden Programm durch<br />
Überschreiben des Ausgangstextes bearbeitet hat, werden sie heutzutage<br />
meist in Translation-Memory-Systeme importiert, dort bearbeitet und<br />
anschließend wieder ins Ausgangsformat exportiert. Für diese Import- und<br />
Exportvorgänge stellen Translation-Memory- Systeme Filter zur<br />
Verfügung, die beim Import die dem DTP-System eigenen Steuercodes<br />
durch eigene Tags ersetzen und beim Export wieder einfügen. Wie bereits<br />
im Zusammenhang mit der Übersetzung der Softwarekomponenten<br />
erwähnt, wäre es sinnvoll, die dort erstellten Übersetzungen - sowohl die<br />
einzelnen Termini als auch komplette Phrasen (z. B. Fehlermeldungen) in<br />
einem Translation Memory bereitgestellt zu bekommen. Wird die Software<br />
in Form von Resource-Dateien (s. o.) mit Hilfe des Translation-Memory-<br />
Systems übersetzt mit allen Nachteilen, die oben angesprochen wurden -,<br />
stehen die Übersetzungen zur Verfügung.<br />
Ideal wären jedoch Werkzeuge, mit denen sowohl die Software direkt<br />
in den Programmdateien als auch die Online-Hilfe und die gedruckte<br />
Dokumentation bearbeitet werden können und die gleichzeitig die<br />
Funktionalitäten von Translation-Memory-Systemen inklusive der<br />
zugehörigen Terminologieverwaltungssysteme bieten.<br />
Schlussbemerkung<br />
Abschließend einige Bemerkungen zur Hardware- und<br />
Softwareausstattung, die für die Softwarelokalisierung erforderlich ist.<br />
Generell gilt, dass es sinnvoll ist, genau die Hardware- und<br />
Softwareausstattung zur Verfügung zu haben, unter der die zu<br />
lokalisierende Software läuft. Man sollte - vor allem auch als Freiberufler -<br />
immer darauf achten bzw. darauf drängen, dass vom Auftraggeber nicht nur<br />
die zu übersetzenden Resourcen und sonstigen Dateien zur Verfügung<br />
gestellt werden. Die komplette, lauffähige Software in ihrer<br />
126
Ausgangssprache sollte dabei sein. So ist man in der Lage, jederzeit das<br />
Programm auszuführen und bei Unklarheiten die Wirkung bestimmter<br />
Optionen und Befehle auszuprobieren. Allein aus diesem Grund ist es<br />
erforderlich, dass die erforderliche Hardware zur Verfügung steht. Als<br />
Softwarevoraussetzung sollte auf jeden Fall das Betriebssystem vorhanden<br />
sein, unter dem die Software läuft, und zwar möglichst auch in der Sprache,<br />
in die übersetzt werden muss. Eventuell kann es sinnvoll sein, verschiedene<br />
Sprachversionen des Betriebssystems auf verschiedenen Rechnern oder auf<br />
einem Rechner mit den Voraussetzungen zum Booten mit verschiedenen<br />
Betriebssystemversionen verfügbar zu haben. Handelt es sich um eine<br />
Update-Version einer Software, sollte darauf geachtet werden, dass auch<br />
die Vorgängerversionen zur Verfügung stehen und dass Translation<br />
Memories und Terminologie-Glossare zu den früheren Versionen<br />
vorhanden sind.<br />
Vor Beginn des Projekts sollte die Abfolge der Arbeitsschritte klar<br />
sein. Man muss hierbei zumindest bei einem neuen Produkt immer davon<br />
ausgehen, dass die Übersetzung nicht erst beginnt, wenn die<br />
Originalversion komplett fertiggestellt ist. Bereits bei Vorliegen der Beta-<br />
Versionen beginnt die Lokalisierung. Daher werden mehrere<br />
Arbeitsdurchgänge bis zum Vorliegen des endgültigen Produkts<br />
wahrscheinlich. Auftraggeber sind mehr und mehr daran interessiert, die<br />
lokalisierten Versionen eines Produkts unmittelbar nach der<br />
Markteinführung des Originalprodukts bereitzustellen. Effizientes<br />
Projektmanagement ist daher eine unabdingbare Voraussetzung für eine<br />
erfolgreiche Arbeit als Softwarelokalisierer.<br />
127
LA LOCALIZZAZIONE DEL SOFTWARE<br />
Non solo traduzione<br />
di Karl-Heinz Freigang<br />
Ancora 15 anni fa l’inglese era in tutto il mondo la lingua in cui i<br />
prodotti software dialogavano con i propri utenti. Con il grande successo<br />
del PC e la sua dotazione di facile utilizzo emerse la necessità di fornire le<br />
interfacce, gli avvisi di sistema e la documentazione nelle lingue degli<br />
utenti.<br />
Oggi un prodotto software non si vende più se la comunicazione con<br />
l’utente non avviene nella sua lingua. E non basta solo tradurre la<br />
documentazione. Gli utenti si aspettano di poter disporre nella propria<br />
lingua di menu, finestre di dialogo, avvisi di sistema, avvisi di errore, guide<br />
in linea, istruzioni per l’installazione ecc.<br />
Tutti questi differenti testi sono oggetto della localizzazione, che negli<br />
ultimi anni si è trasformata in una industria fiorente. I diplomati in<br />
traduzione che vogliono fare pratica in questa attività o che durante il loro<br />
periodo di studio si sono formati un’idea del lavoro del localizzatore, sono<br />
in possesso dopo l'esame di ottime opportunità professionali, sia come<br />
impiegati di una azienda di software, sia come liberi professionisti che<br />
solitamente assumono l'incarico di un progetto di localizzazione in un team,<br />
insieme a colleghi e colleghe.<br />
Le componenti del software<br />
La particolarità della localizzazione risiede nel fatto che non è<br />
sufficiente tradurre soltanto le componenti linguistiche del prodotto.<br />
Bisogna eseguire anche l’adattamento di elementi formali come il formato<br />
della data e dell’ora, della valuta, delle unità di misura. Lo stesso vale<br />
anche per gli elementi grafici che devono adattarsi alle caratteristiche<br />
128
culturali del paese di destinazione. Anche se l’elaborazione degli elementi<br />
grafici non figura tra i compiti del traduttore, egli è comunque colui che in<br />
virtù della sua formazione può individuarne più prontamente le inesattezze.<br />
Così si osserva, per esempio, che anche nella versione localizzata di molti<br />
prodotti software il “cestino” è rappresentato da un secchio per i rifiuti<br />
tipicamente americano (“trash”). Anche i famosi “appunti” di Windows<br />
nella versione localizzata sono ancora simboleggiati da un portablocco a<br />
molla (“clipboard”).<br />
Le componenti di un software da localizzare possono essere suddivise<br />
a grandi linee in tre gruppi principali:<br />
- il software con i menu, i comandi, le finestre di dialogo, i pulsanti e gli<br />
avvisi;<br />
- i testi della guida in linea;<br />
- la documentazione in forma stampata o in forma digitale (per esempio<br />
un ipertesto).<br />
Tutte queste componenti contengono naturalmente dei testi, che sono<br />
presenti anche in altre componenti e che <strong>qui</strong>ndi, per ottenere la maggiore<br />
coerenza e facilità d’uso possibile, devono essere tradotti immediatamente<br />
anche nelle altre componenti. La situazione ideale è quella in cui la<br />
traduzione di queste parti di testo è archiviata e resa disponibile per le altre<br />
componenti in una memoria traduttiva.<br />
Software<br />
Quali sono i tipi di testo e i formati di tali componenti?<br />
Per esempio, il software di Windows è composto da diversi tipi di file<br />
i quali possono contenere testi o sequenze di segni che devono essere<br />
tradotti. Si tratta di file eseguibili (file EXE o COM) come anche di driver<br />
129
(DRV) o librerie di collegamento dinamico (DLL). Questi file contengono i<br />
menu, le finestre di dialogo, i comandi e gli avvisi del software e sono<br />
disponibili per il traduttore sotto forma di file risorsa (“resource files”) nel<br />
formato “solo testo” oppure direttamente sotto forma di file binari.<br />
Le Risorse<br />
Le risorse (normalmente con l’estensione RC o DLG) sono file di<br />
“solo testo” che possono essere trattati in un qualsiasi editor di testi o in un<br />
programma di videoscrittura. Dopo essere stati tradotti, i file binari devono<br />
essere compilati. Poiché questi file sono in formato “solo testo”, possono<br />
essere trattati senza problemi con comuni sistemi di memorie traduttive<br />
(per esempio Trados Translator’s Workbench, Star Transit, IBM<br />
TranslationManager). Lo svantaggio risiede nel fatto che il traduttore non<br />
riscontra direttamente gli esiti del proprio lavoro sulla finestra di dialogo,<br />
sul menu e sul pulsante in questione, cioè non può verificare se lo spazio<br />
disponibile per il testo della traduzione è sufficiete o se i pulsanti e le<br />
finestre devono essere adattati in un secondo momento.<br />
risorsa:<br />
L’immagine seguente (fig.1) mostra un esempio di file in formato<br />
Fig. 1: Esempio di formato risorsa<br />
130
Il traduttore deve sapere che solo gli elementi testuali riportati tra<br />
virgolette devono essere tradotti (con l’eccezione della dicitura “Helv”<br />
nella terza riga, che indica il carattere usato nella finestra di dialogo).<br />
L’utilizzo di filtri e di macro predisposti nei sistemi di memoria traduttiva<br />
consente di separare le parti da tradurre dal codice del programma e<br />
permette inoltre di proteggere il codice dalla sovrascrittura accidentale.<br />
I file di programma<br />
I file di programma (di norma con l'estensione EXE o DLL) possono<br />
essere tradotti direttamente con un editor di risorse (per esempio Microsoft<br />
App Studio o Borland Resource Workshop). Intanto sul mercato sono<br />
comparsi anche strumenti per la localizzazione che permettono anch’essi<br />
una traduzione diretta dei file di programma (per esempio Corel Catalyst,<br />
PASSOLO). Il vantaggio di questi strumenti risiede nel fatto che il<br />
traduttore verifica direttamente gli esiti del proprio lavoro e può, per<br />
esempio, adattare immediatamente i pulsanti. L’immagine seguente (fig. 2)<br />
mostra un esempio di traduzione di un menu in un editor di risorse:<br />
Fig. 2: La traduzione di un menu in un editor di risorse.<br />
131
In questo esempio la traduzione delle singole voci del menu può<br />
essere eseguita sia nel codice sorgente (in basso a destra) sia nell’editor di<br />
risorse (a sinistra). Gli effetti sull’aspetto del menu vengono visualizzati<br />
immediatamente in alto a destra.<br />
In modo simile a questo si svolge anche la traduzione realizzata con<br />
l’ausilio di uno strumento per la localizzazione. Le singole traduzioni,<br />
come per esempio quelle delle diverse opzioni del menu, possono essere<br />
salvate in una lista che può essere riutilizzata in altri progetti di<br />
localizzazione, anche se questi strumenti presentano uno svantaggio. Per<br />
poter impiegare la lista (glossario) nella traduzione della documentazione,<br />
questa deve essere esportata per poi importarla in una memoria di<br />
traduzione o nella relativa banca dati terminologica.<br />
La guida in linea<br />
La documentazione stampata è sostituita sempre più spesso dai testi<br />
della guida in linea. Questa può presentarsi al traduttore in diversi formati,<br />
per esempio nel formato RTF dei file della guida di Windows, che dopo<br />
essere stati elaborati vengono convertiti con un apposito compilatore.<br />
Oppure nella forma di un file HTML che quando viene selezionato avvia<br />
un browser nel quale si possono visualizzare questi file. In questi casi il<br />
traduttore deve essere in grado di elaborare questi tipi di formati. Questo è<br />
possibile con l’ausilio di strumenti di localizzazione che sono stati<br />
sviluppati anche per l'elaborazione dei testi delle guide in linea. Oppure con<br />
i già menzionati sistemi di memoria traduttiva con i relativi filtri.<br />
Nella traduzione delle guide in linea dal punto di vista del traduttore<br />
bisogna tenere conto del fatto che queste possono essere recepire in modo<br />
completamente diverso dall’eventuale lettore. Mentre le guide cartacee<br />
normalmente sono lette in maniera sequenziale, cioè di solito le<br />
informazioni dei capitoli precedenti possono essere date per scontate, le<br />
132
guide in linea sono lette punto per punto. Ovvero il lettore salta<br />
direttamente dall’applicazione ad un determinato punto della guida in linea<br />
senza aver letto ciò che lo precede. Quindi i singoli passaggi della guida in<br />
linea a cui è possibile accedere tramite dei link ipertestuali dovrebbero<br />
essere autonomamente comprensibili e non dovrebbero contenere troppi<br />
riferimenti impliciti ai contenuti precedenti. Di questo naturalmente deve<br />
tenere conto già l'autore del testo originale. Ma il traduttore dal canto suo<br />
non può semplicemente accettare le traduzioni magari derivanti dal<br />
manuale cartaceo propostegli dalla memoria traduttiva.<br />
Documentazione<br />
I testi della documentazione stampata normalmente sono disponibili<br />
nel formato di un programma di videoscrittura (per esempio Word) oppure<br />
nel formato di un programma di desktop publishing. Mentre ancora non<br />
molto tempo fa il traduttore lavorava sui testi direttamente nel relativo<br />
programma, sovrascrivendo il testo di partenza, oggi solitamente i testi<br />
sono importati in un sistema di memoria traduttiva, nel quale vengono<br />
elaborati e in fine riesportati nel formato originale. Per svolgere questi<br />
processi di importazione ed esportazione le memorie traduttive dispongono<br />
di filtri che durante l’importazione sostituiscono il codice di marcatura dei<br />
sistemi DTP con i propri tag per reinserirli durante l’esportazione alla fine<br />
del processo. Come già menzionato a proposito della traduzione delle<br />
componenti software, sarebbe ragionevole avere a disposizione nella<br />
memoria traduttiva le traduzioni sia dei singoli termini, sia delle frasi<br />
complete (p. es. gli avvisi di errore) prodotte in quel contesto. Se il<br />
software è stato tradotto come file risorsa (vedi sopra), utilizzando una<br />
memoria traduttiva con tutti gli svantaggi menzionati sopra che questo<br />
comporta, le traduzioni sono disponibili.<br />
133
Il caso ideale sarebbe quello di disporre di strumenti in grado di<br />
elaborare sia direttamente i file del software, sia la guida stampata e in<br />
linea, e che in oltre sia dotato delle funzionalità di una memoria traduttiva<br />
incluso il sistema di gestione terminologica.<br />
Considerazione conclusiva<br />
Per concludere alcune osservazioni sull’e<strong>qui</strong>paggiamento hardware e<br />
software necessario per la localizzazione. In linea di massima è bene<br />
disporre esattamente del hardware e del software richiesti dal prodotto da<br />
localizzare. Bisognerebbe, soprattutto come libero professionista,<br />
pretendere dal committente non solo i file risorsa e gli altri file da tradurre,<br />
ma si dovrebbe disporre anche del software completo e funzionante nella<br />
lingua originale. In questo modo si è sempre in grado di avviare il<br />
programma e, in caso di dubbio, verificare l'effetto di determinati comandi<br />
e opzioni. Già solo per questo motivo è indispensabile disporre del<br />
hardware necessario. La dotazione software di base dovrebbe essere in ogni<br />
caso il sistema operativo richiesto dal software possibilmente nella lingua<br />
in cui si traduce. Eventualmente può essere utile disporre di versioni in<br />
lingue diverse del sistema operativo su computer differenti oppure su un<br />
computer in grado di eseguire il boot di diversi sistemi operativi. Se si tratta<br />
di una versione aggiornata del software bisognerebbe disporre anche delle<br />
versioni precedenti, delle memorie traduttive e dei glossari terminologici<br />
delle versioni antecedenti.<br />
Prima di iniziare il progetto dovrebbe essere ben chiara la sequenza<br />
delle fasi di lavoro. Bisogna partire dal presupposto, almeno nel caso di un<br />
nuovo prodotto, che la traduzione non inizia solo quando la versione<br />
originale è stata completata. La localizzazione inizia non appena è<br />
disponibile la versione beta. Quindi è probabile che siano necessarie<br />
svariate fasi di lavoro prima di giungere al prodotto definitivo. È interesse<br />
134
sempre maggiore dei committenti che la versione localizzata di un prodotto<br />
sia completata immediatamente dopo l'introduzione sul mercato del<br />
prodotto originale. Per questo una gestione efficiente del progetto è un<br />
presupposto indispensabile per lavorare con successo come localizzatore.<br />
135
AUTOMATISIERTE ÜBERSETZUNG<br />
Werkzeuge für effektives Management<br />
von Karl-Heinz Freigang 65<br />
Die Automatisierung der Übersetzerarbeit reicht von Hilfen beim<br />
Schreiben und Editieren von Übersetzungen bis hin zu Softwaresystemen<br />
zur automatischen Übersetzung. Selbstverständlich gehört eine<br />
Textverarbeitung heutzutage zu jedem Übersetzerarbeitsplatz wie noch vor<br />
wenigen Jahren die Schreibmaschine.<br />
Um Schreib- und Editierwerkzeuge herum sind in den vergangenen<br />
Jahren weitere Werkzeuge entwickelt worden, die mit unterschiedlichen<br />
Schwerpunkten verschiedene Aspekte des Übersetzungsprozesses und des<br />
gesamten Managements unterstützen sollen. Solche Aspekte sind:<br />
- Die Layout-Gestaltung im eigentlichen Übersetzungsprozess des<br />
zielsprachlichen Dokuments.<br />
- Die Recherche, Erfassung und Bereitstellung von Terminologie mit dem<br />
Ziel, terminologische Kohärenz des zielsprachlichen Dokuments zu<br />
gewährleisten.<br />
- Die eigentliche Übersetzung, d.h. die sprachliche Realisierung des<br />
zielsprachlichen Dokuments unter Herstellung bzw. Wahrung<br />
textinterner, textübergreifender Kohärenz.<br />
- Die Anpassung des zielsprachlichen Dokuments an die sprachlichen und<br />
kulturellen Konventionen der Adressaten.<br />
- Und schließlich – was häufig von Übersetzern, mehr aber noch von<br />
anderen am gesamten Prozess technischer Dokumentation beteiligten<br />
Personen vergessen wird – Management, Planung und Organisation der<br />
65 Karl-Heinz Freigang, “Automatisierte Übersetzung”, Technische Kommunikation, 5/1999, p.12<br />
136
Arbeitsabläufe in den unterschiedlichsten Umfeldern und<br />
Arbeitssituationen.<br />
Übersetzungsprozess<br />
Die drei Hauptaufgaben des Übersetzungsprozesses sind das Schreiben, das<br />
Recherchieren und das Übersetzen im engeren Sinn. Für jede dieser<br />
Tätigkeiten stehen einerseits spezielle eigenständige Softwareanwendungen<br />
zur Verfügung. Andererseits gibt es seit einiger Zeit Systeme, die<br />
Werkzeuge für diese drei Tätigkeiten in einem komplexen System<br />
integrieren – “integrierte Übersetzungssysteme”.<br />
Der Einsatz von Übersetzungswerkzeugen, die über die Textverarbeitung<br />
hinausgehen, setzt voraus, dass die zu übersetzenden, ausgangssprachlichen<br />
Dokumente in maschinenlesbarer Form vorliegen. Diese Voraussetzung<br />
ermöglicht:<br />
- den ausgangssprachlichen Text in Übersetzungseinheiten zu<br />
segmentieren,<br />
- die im Text vorkommenden Wortformen automatisch in einem<br />
Wörterbuch oder einer Terminologiedatenbank nachzuschlagen<br />
- oder gar den Text automatisch syntaktisch und semantisch zu<br />
analysieren, um auf der Grundlage des Analyseergebnisses den<br />
zielsprachlichen Text zu generieren.<br />
Integrierte Übersetzungssysteme<br />
Wie bereits erwähnt, integrieren diese Systeme Werkzeuge zum<br />
Schreiben/Editieren, zur Terminologierecherche und zur Unterstützung des<br />
eigentlichen Übersetzungsprozesses. Der zu übersetzende Text wird in den<br />
entsprechenden Editor geladen. Dort wird innerhalb des Dokuments oder in<br />
einem eigenen Fenster die Übersetzung erstellt und editiert. Die<br />
137
ausgangssprachlichen Übersetzungseinheiten (Segmente), die entweder<br />
während des Imports des Textes in den Editor oder im Rahmen des<br />
Nachschlageprozesses auf Grundlage von Segmentierungsregeln ermittelt<br />
werden, können nunmehr im Übersetzungsspeicher, Translation-Memory,<br />
nachgeschlagen werden.<br />
Ergebnis: Die für das ausgangssprachliche Segment gefundene<br />
Übersetzung wird angeboten und kann vom Anwender in den Zieltext<br />
übernommen werden. Mit dem Nachschlagen des kompletten Segments<br />
werden die einzelnen Wortformen in dem integrierten terminologischen<br />
Glossar nachgeschlagen. Gefundene Termini werden ebenfalls in einem<br />
eigenen Fenster zur Übernahme in den Text angeboten.<br />
Bei den Schnittstellen zwischen den einzelnen Komponenten und bei<br />
der Konzeption und dem Aufbau der einzelnen Komponenten gibt es z.T.<br />
beträchtliche Unterschiede zwischen den einzelnen<br />
Übersetzungswerkzeugen.<br />
Der integrierte Editor<br />
Die Editoren integrierter Systeme sind entweder ein eigenständiges Modul<br />
innerhalb des Systems und stehen nur im Rahmen des jeweiligen Systems<br />
zur Verfügung, oder es sind herkömmliche, unabhängige<br />
Textverarbeitungssysteme.<br />
Die eigens entwickelten Editoren sind in der Regel reine “Nur-Text”-<br />
Editoren: Dokumente werden in den Editor importiert, in<br />
Übersetzungseinheiten segmentiert und im Editor als “Nur Text” ohne<br />
direkte Formatierung bearbeitet. Dabei wird der ausgangssprachliche Text<br />
in einem eigenen Editierfenster angezeigt, in dem er durch seine<br />
Übersetzung nach und nach überschrieben wird. Auf Wunsch kann das<br />
Original in einem eigenen Fenster getrennt angezeigt werden, wobei beide<br />
138
Fenster synchronisiert werden können, so dass sie der Anwender scrollen<br />
kann.<br />
Abb. 1: Editorfenster mit eingeblendetem Memory- und Wörterbuchfenster<br />
Die im Ausgangsdokument enthaltenen Layoutinformationen werden<br />
beim Import mit Hilfe von Filterroutinen identifiziert und in<br />
systemspezifische Tags umgewandelt. Filter stehen normalerweise für<br />
gängige Textverarbeitungsformate sowie DTP- und Resource-Formate zur<br />
Verfügung. Während der Bearbeitung können diese Tags vor<br />
versehentlichem Überschreiben geschützt und auch teilweise oder ganz<br />
ausgeblendet werden.<br />
Die während des Imports erfolgende Segmentierung des<br />
ausgangssprachlichen Textes kann bei manchen Systemen durch den<br />
Benutzer mit Hilfe eines Regelapparats beeinflusst werden. Nach<br />
Abschluss der Übersetzung wird das Dokument mit Hilfe von<br />
Exportroutinen wieder in sein ursprüngliches Format überführt und kann<br />
dann eventuell in der Originalanwendung zur endgültigen Gestaltung des<br />
Layouts weiterverarbeitet werden.<br />
Textverarbeitung als Editor<br />
Wird als Editor ein herkömmliches Textverarbeitungssystem verwendet,<br />
können zunächst alle Formate bearbeitet werden, die von dem benutzten<br />
System erkannt und konvertiert werden. Darüber hinaus stehen auch hier<br />
139
Filter für eine Reihe von Formaten zur Verfügung, die von der<br />
Textverarbeitung nicht erkannt werden. Für bestimmte Formate, wie<br />
HTML/SGML oder Power-Point, werden inzwischen auch eigene Editoren<br />
angeboten bzw. eine Schnittstelle zur Originalanwendung.<br />
Abb. 2: Tag-Editor mit importierter HTML-Datei<br />
Wesentliche Kriterien bei der Beurteilung der Editor-Komponente von<br />
integrierten Systemen:<br />
- Bearbeitung unterschiedlicher Dateiformate.<br />
- Schutz von Tags oder – bei der Übersetzung von Resource-Dateien –<br />
des Programmcodes vor versehentlichem Überschreiben.<br />
- Möglichkeit, den Bildschirm in mehrere Fenster aufzuteilen und die<br />
Fenstergröße so einzustellen, daß außer dem bearbeiteten Segment ein<br />
größerer Textausschnitt zu sehen ist, der die kontextuelle Einbettung des<br />
Segments deutlich macht.<br />
140
Die Terminologiekomponente<br />
Das zu bearbeitende Segment wird sowohl im Translation-Memory als<br />
auch in der angeschlossenen Terminologiedatenbank gesucht. Dies<br />
geschieht mittels zweier Systeme:<br />
- Eine eigenständige, unabhängige Terminologieverwaltung.<br />
- Ein vollständig integriertes, nicht alleine nutzbares Terminologiemodul.<br />
Da die in der Terminologiedatenbank zu suchenden Wortformen<br />
selten in den Texten in ihrer Grundform vorkommen, auf der anderen Seite<br />
aber in einer Terminologiedatenbank selbstverständlich nicht alle<br />
flektierten Formen von Benennungen enthalten sein können, ist für die<br />
Brauchbarkeit der Suchergebnisse die Leistungsfähigkeit der<br />
Suchalgorithmen von entscheidender Bedeutung. Dabei kann entweder in<br />
das Übersetzungswerkzeug linguistisches, genauer morphologisches<br />
Wissen integriert werden, z.B. in Form von sprachspezifischen Regeln und<br />
Endungslisten. Oder es können für das Nachschlagen von Terminologie,<br />
die “Terminologieerkennung”, Fuzzy-Match-Algorithmen eingesetzt<br />
werden, die – wie bei der Suche von Segmenten im Translation-Memory –<br />
nicht nur genau identische Einheiten finden, sondern auch formal ähnliche<br />
Wortformen.<br />
Im einfachen Fall erfolgt das Nachschlagen durch eine Trunkierung<br />
der Wortformen um ihre letzten drei bis vier Buchstaben. Um die Suche<br />
effizienter zu gestalten und auf das Nachschlagen potentieller<br />
terminologischer Einheiten zu beschränken, wird zuweilen mit Listen von<br />
Stoppwörtern gearbeitet, mit deren Hilfe zumindest Funktionswörter wie<br />
Artikel, Präpositionen, Konjunktionen usw. bei der Suche ignoriert werden<br />
können.<br />
141
Translation-Memory<br />
Was den Aufbau und die Organisation der Translation-Memory-<br />
Komponente betrifft, lassen sich grob zwei Ansätze unterscheiden:<br />
Ansatz eins: Das Translation-Memory stellt eine Datenbank dar, die<br />
Paare von ausgangssprachlichen und zielsprachlichen<br />
Übersetzungseinheiten enthält. Diese Datenbankeinträge können ergänzt<br />
werden durch Attribute wie Kunden- oder Projektcode, Bearbeiter,<br />
Textsorte ...<br />
Jede neue ausgangssprachliche Übersetzungseinheit, die im<br />
angeschlossenen Editor bearbeitet wird, kann nach der Übersetzung<br />
zusammen mit der zielsprachlichen Einheit und eventuell definierten<br />
Attributen in dieser Datenbank gespeichert werden. Sie steht von diesem<br />
Moment für die Suche zur Verfügung. Das bedeutet, daß sich das<br />
Translation-Memory während der Übersetzung eines Dokuments nach und<br />
nach füllt und bei Auftreten identischer oder ähnlicher<br />
ausgangssprachlicher Segmente – Fuzzy-Matches – noch im selben<br />
Dokument einen Übersetzungsvorschlag liefert.<br />
Abb. 3: Satzpaare in einer Translation-Memory-Datenbank<br />
Ansatz zwei: Translation-Memory wird aus Paaren von ausgangs- und<br />
142
zielsprachlichen Texten gebildet, die im Format des entsprechenden<br />
Übersetzungswerkzeugs vorliegen. Bei der Bearbeitung eines neuen Textes<br />
kann auf der Grundlage dieser Referenztexte eine Vorübersetzung<br />
durchgeführt werden, bei der im Rahmen des importierten Ausgangstextes<br />
alle exakt mit Segmenten eines Referenztextes übereinstimmenden<br />
Übersetzungseinheiten durch die im zielsprachlichen Referenztext<br />
enthaltene Übersetzung ersetzt werden.<br />
Während der Bearbeitung der auf diese Weise noch nicht<br />
vorübersetzten Segmente wird auf das Referenzmaterial auch mit Hilfe von<br />
Fuzzy-Match-Algorithmen zugegriffen, so daß auch ähnliche Segmente<br />
gefunden werden können. Die in dieser Phase erarbeiteten Übersetzungen<br />
werden in einer temporären Datei abgelegt, so daß auch sie sofort für die<br />
Übersetzung identischer oder ähnlicher Segmente zur Verfügung stehen.<br />
Nach Abschluß der Übersetzung eines Dokuments wird diese temporäre<br />
Datei wieder gelöscht. Die fertige Übersetzung bildet zusammen mit dem<br />
ausgangssprachlichen Text ein Paar von Referenztexten für zukünftige<br />
Übersetzungen.<br />
143
Abb. 4: Referenzdateien Werkzeuge zur Softwarelokalisierung<br />
Für die Übersetzung von Software, insbesondere der<br />
Benutzeroberflächen mit Dialogfeldern, Menüs und Systemmeldungen,<br />
144
stehen spezielle Werkzeuge zur Verfügung. Mit diesen können vor allem<br />
die Komponenten eines Softwareprodukts bearbeitet werden, bei denen<br />
neben der Übersetzung von Textelementen auch Schaltflächen und andere<br />
Grafikelemente angepaßt werden müssen.<br />
Abbildung 5 zeigt die Möglichkeit zur Bearbeitung von Elementen<br />
eines Dialogfelds in einem solchen Softwarelokalisierungswerkzeug:<br />
Abb. 5: Übersetzen eines Dialogfelds in einem Werkzeug zur<br />
Softwarelokalisierung<br />
In solchen Werkzeugen werden die ausgangssprachlichen Einheiten<br />
und ihre Übersetzungen in tabellarischen Listen abgelegt. Diese können<br />
beispielsweise bei der Übersetzung einer neuen Version als eine Art<br />
Translation-Memory herangezogen werden. Auch bei einer nachträglichen<br />
145
Änderung von Elementen während eines Lokalisierungsprojekts können<br />
diese Übersetzungslisten zur automatischen Vorübersetzung der<br />
unveränderten Elemente genutzt werden.<br />
Die Arbeit mit einem solchen Lokalisierungswerkzeug ermöglicht,<br />
bereits während der Arbeit die Auswirkungen der Übersetzung auf das<br />
Aussehen von Dialogfeldern zu sehen und eventuell grafische Elementen<br />
selbst anzupassen.<br />
Einsatzkriterien<br />
Die Translation-Memory-Werkzeuge liefern Übersetzungsvorschläge<br />
für Segmente (Übersetzungseinheiten), die in identischer oder ähnlicher<br />
Form bereits einmal übersetzt worden sind. Dies bedeutet, daß sich<br />
besonders solche Dokumente für die Bearbeitung mit diesen Werkzeugen<br />
anbieten, die einerseits in sich relativ redundant sind und andererseits<br />
starke Ähnlichkeiten mit bereits früher übersetzten Dokumenten aufweisen.<br />
Ersteres ist mit Sicherheit bei technischer Dokumentation der Fall, bei der<br />
sich bestimmte Textpassagen, wie Handlungsanweisungen, häufig in<br />
identischer oder leicht abgewandelter Form wiederholen, so daß durch den<br />
Einsatz eines Werkzeugs mit Translation-Memory gleichartige<br />
Anweisungen auch immer gleichartig übersetzt werden.<br />
Software-Dokumentation<br />
Der zweite Typ von Dokumenten ist sicherlich ebenfalls in der<br />
technischen Dokumentation häufig anzutreffen, wenn – vor allem bei der<br />
Übersetzung von Software – regelmäßig aktualisierte Versionen von<br />
Produkten erscheinen. Ein ähnlicher Fall liegt sicherlich auch dann vor,<br />
wenn zu einem technischen Produkt Texte unterschiedlicher Funktion<br />
erstellt werden: Gedruckte Dokumentation oder Online-Hilfe.<br />
146
In all diesen Fällen gewährleistet die Kombination eines Translation-<br />
Memory und einer Terminologiedatenbank eine einheitliche, kohärente<br />
Übersetzung der immer wiederkehrenden Textelemente. Nicht gedacht sind<br />
diese Werkzeuge sicherlich für alle Texte, bei denen stilistische Variation<br />
und kreative Formulierung eine große Rolle spielen.<br />
Die genannten Anforderungen an die ausgangssprachlichen Texte<br />
werden natürlich auch und in besonderem Maße von den Komponenten von<br />
Softwareprodukten erfüllt. Menüs, Dialogfelder, Fehlermeldungen, Online-<br />
Hilfen und gedruckte Dokumentation enthalten jeweils<br />
Übersetzungseinheiten, die sich in all diesen Textsorten wiederholen. Im<br />
Sinne einer kohärenten Präsentation des Produkts sollen diese möglichst in<br />
allen Texten gleich übersetzt werden.<br />
Bei der Kurzlebigkeit von Softwareprodukten ist nach wie vor davon<br />
auszugehen, dass ein Produkt fast jährlich, mindestens aber alle zwei Jahre<br />
in einer neuen Version auf den Markt kommt und dann natürlich auch<br />
lokalisiert werden muss Die erwähnten spezialisierten Werkzeuge zur<br />
Softwarelokalisierung bieten Translation-Memory-Funktionen für die<br />
Übersetzung der Softwarekomponenten an. Eine Übersetzung der<br />
Dokumentation ist innerhalb dieser Softwarepakete allerdings meistens<br />
nicht oder nur sehr umständlich möglich.<br />
Um die Übersetzung der technischen Dokumentation einer Oberfläche<br />
bequem zu ermöglichen, müssen die Übersetzungslisten aus dem<br />
Lokalisierungswerkzeug exportiert und in den Translation-Memory<br />
importiert werden.<br />
Schnittstellen<br />
In Ansätzen liegen bereits Schnittstellen zwischen<br />
Lokalisierungswerkzeug und integriertem Übersetzungssystem vor. Will<br />
man jedoch einen Wechsel zwischen verschiedenen Werkzeugen bei der<br />
147
Bearbeitung eines Lokalisierungsprojekts vermeiden, bleibt natürlich die<br />
etwas benutzerunfreundlichere Möglichkeit der Bearbeitung der im “Nur-<br />
Text”-Format vorliegenden Resource-Dateien (meist RC- oder DLG-<br />
Dateien) direkt im Editor des integrierten Übersetzungssystems. Hierfür<br />
bieten diese Systeme – wie für die DTP-Formate – spezielle Filter an, die<br />
den in den Resource-Dateien mitenthaltenen Programmcode identifizieren<br />
und schützen können.<br />
Ausgangstext<br />
Generell spielt beim Einsatz von Übersetzungswerkzeugen natürlich<br />
auch die Formulierung der Ausgangstexte eine große Rolle. Wenn in<br />
verschiedenen Versionen eines ausgangssprachlichen Dokuments, die<br />
möglicherweise von unterschiedlichen Autoren erstellt werden, inhaltlich<br />
identische Sachverhalte mit unterschiedlichen Formulierungen dargestellt<br />
werden, können die Übersetzungswerkzeuge möglicherweise eine<br />
vorhandene Identität nicht erkennen. Eine kohärente, einheitliche<br />
Übersetzung der betreffenden Passagen ist dadurch nicht gewährleistet.<br />
Häufig wird in der Übersetzungspraxis mit der Übersetzung einer<br />
technischen Dokumentation oder eines Softwareprodukts bereits begonnen,<br />
bevor die ausgangssprachliche Version endgültig fertiggestellt ist. Dabei ist<br />
von besonderer Bedeutung, dass nachträgliche Änderungen im<br />
Ausgangstext möglichst ohne großen Zeitverlust in die Übersetzung<br />
übertragen werden können. Auch hier sind zunächst die Autoren des<br />
ausgangssprachlichen Textes gefragt, die gewährleisten sollten, dass<br />
tatsächlich nur die Passagen geändert werden, bei denen dies unbedingt<br />
erforderlich ist. Wenn nun bei den Übersetzern die bisherige Fassung des<br />
Dokuments und die zugehörige Übersetzung im Translation-Memory (bzw.<br />
den Übersetzungslisten der Lokalisierungswerkzeuge) abgelegt ist, können<br />
in der Neufassung relativ schnell alle unveränderten ausgangssprachlichen<br />
148
Segmente durch ihre im Memory abgelegten zielsprachlichen<br />
Entsprechungen ersetzt werden. Der Übersetzer muß dann lediglich noch<br />
zu den veränderten oder neuen Segmenten springen – entsprechende<br />
Optionen bieten die Werkzeuge an – und deren Übersetzung bearbeiten.<br />
Unkontrollierte Übernahme<br />
Auch wenn in einem Dokument eine große Zahl identischer Segmente<br />
vorliegt, ist zumindest beim ersten Durchlauf durch die Übersetzung des<br />
Dokuments eine unkontrollierte Übernahme der Übersetzungsvorschläge<br />
aus dem Memory problematisch. Da Übersetzungen, die in einem<br />
Translation-Memory abgelegt sind, nicht immer von ein und demselben<br />
Übersetzer stammen müssen und ihre Qualität nicht immer unbesehen<br />
akzeptiert werden kann, sollte der zuständige Übersetzer die angebotenen<br />
Übersetzungen vor ihrer Übernahme in seine Übersetzung prüfen. Gerade<br />
bei Dokumenten mit einer großen Zahl solcher Passagen können sich<br />
ansonsten einmal gemachte Übersetzungsfehler immer weiter fortpflanzen.<br />
Prüfung<br />
Daher sollte in jedem Übersetzungsprojekt ein abschließender<br />
Prüfdurchlauf durchgeführt werden. Auch um der Gefahr entgegenzutreten,<br />
dass die stark segment- oder satzbezogene Vorgehensweise beim<br />
Übersetzen, zu der die Werkzeuge bei unkritischer Verwendung eventuell<br />
verleiten, zu Schwächen bezüglich der Kohärenz und der Verbindung<br />
zwischen den Segmenten führen. Dieser abschließende Prüfdurchlauf sollte<br />
auf jeden Fall nicht außerhalb des Übersetzungswerkzeugs erfolgen, damit<br />
die letzten Änderungen im Dokument gespeichert und in das Translation-<br />
Memory integriert werden. Erst nach dieser Prüfung sollte die Bereinigung<br />
des Dokuments bzw. der Export aus dem integrierten Übersetzungssystem<br />
erfolgen.<br />
149
Besonders aus den zuletzt genannten Aspekten sollte deutlich<br />
geworden sein, dass der Einsatz der Übersetzungswerkzeuge nur dann zur<br />
Sicherung der Übersetzungsqualität und zur Steigerung der Produktivität<br />
führen kann, wenn sie von hierfür ausgebildeten Fachleuten bedient<br />
werden: Nämlich von Übersetzern, die neben der technischen Fähigkeit<br />
zum Umgang mit den Werkzeugen auch über die erforderliche sprachliche<br />
und übersetzerische Kompetenz verfügen.<br />
150
LA TRADUZIONE AUTOMATIZZATA<br />
Gli strumenti per una gestione efficace<br />
di Karl-Heinz Freigang<br />
L’automatizzazione del processo di traduzione include dagli strumenti<br />
per la scrittura e l'editing fino ai sistemi software per la traduzione<br />
automatica. Al giorno d’oggi ovviamente un programma di videoscrittura fa<br />
parte della postazione di lavoro di ogni traduttore come ancora pochi anni<br />
fa ne faceva parte la macchina da scrivere.<br />
Partendo dagli strumenti di scrittura e di editing sono stati sviluppati<br />
negli ultimi anni altri strumenti che, ponendo l’accento su diversi aspetti,<br />
facilitano il processo di traduzione e l’intera gestione. Tali aspetti sono:<br />
- La cura del layout del documento nella lingua di arrivo all’interno del<br />
processo di traduzione vero e proprio.<br />
- La ricerca, il rilevamento e la preparazione della terminologia con lo<br />
scopo di garantire la coerenza terminologica del documento nella lingua<br />
di arrivo.<br />
- La traduzione vera e propria, ossia la realizzazione del documento nella<br />
lingua d’arrivo e la conservazione o la formazione della coerenza<br />
interna ed esterna del testo.<br />
- L’adattamento del documento d’arrivo alle convenzioni linguistiche e<br />
culturali dei destinatari.<br />
- E in fine – ciò che spesso viene dimenticato dai traduttori, ma più<br />
spesso dalle altre persone coinvolte nel processo della documentazione<br />
tecnica – la gestione, progettazione e l’organizzazione delle fasi<br />
lavorative nelle diverse situazioni e contesti di lavoro.<br />
151
Il processo di traduzione<br />
I tre obiettivi principali del processo di traduzione sono la scrittura, la<br />
ricerca e la traduzione in senso stretto. Per ognuna di queste attività<br />
esistono delle specifiche applicazioni, d’altra parte però da qualche tempo<br />
gli strumenti per queste tre attività sono integrati in un sistema complesso –<br />
“i sistemi di traduzione integrati”.<br />
L’impiego degli strumenti di traduzione che non si limitano alla sola<br />
videoscrittura presuppone che i documenti da tradurre siano disponibili in<br />
forma digitale. Questo consente:<br />
- di segmentare il testo di partenza in unità traduttive;<br />
- di reperire automaticamente le espressioni presenti nel testo in un<br />
vocabolario o una banca dati terminologica;<br />
- addirittura di analizzare automaticamente la sintassi e la semantica del<br />
testo, per generare in base al risultato il testo d'arrivo.<br />
I sistemi di traduzione integrati<br />
Come già menzionato, questi sistemi integrano gli strumenti per la<br />
scrittura e l’editing, la ricerca terminologica e l’assistenza al processo di<br />
traduzione. Il testo da tradurre viene caricato nel editor dove, all’interno del<br />
documento o in una finestra propria, viene eseguita ed editata la traduzione.<br />
Le unità traduttive del testo di partenza (segmenti), che sono state<br />
individuate durante l’importazione nell’editor oppure durante il processo di<br />
ricerca in base delle regole di segmentazione, d’ora in avanti possono<br />
essere consultate nella memoria traduttiva.<br />
Il risultato è che viene proposta la traduzione trovata per il segmento<br />
di partenza e l’utente può decidere di adottarla nel testo d’arrivo.<br />
Eseguendo la ricerca per tutto il segmento, vengono reperite le singole<br />
espressioni nel glossario terminologico integrato. Anche i termini trovati<br />
vengono proposti in una apposita finestra per poter poi essere adottati nel<br />
152
testo.<br />
In alcuni casi ci sono delle differenze considerevoli tra i singoli<br />
strumenti per la traduzione, sia per ciò che riguarda le interfacce, sia nella<br />
concezione e la strutturazione delle singole componenti.<br />
L’editor integrato<br />
L’editor dei sistemi integrati può essere un modulo indipendente<br />
all’intero del sistema, e <strong>qui</strong>ndi disponibile solo nell’ambito del sistema<br />
stesso, oppure si può trattare di un tradizionale sistema di videoscrittura<br />
indipendente.<br />
Gli editor sviluppati a tale scopo sono di norma editor “solo testo”: i<br />
documenti sono importati nel editor, segmentati in unità traduttive ed<br />
elaborati come testo semplice senza formattazione diretta. In questo modo<br />
il testo di partenza è visualizzato in una finestra, nella quale man mano<br />
viene sostituita dalla traduzione. Se richiesto il testo originale può essere<br />
visualizzato separatamente in un’altra finestra e le due finestre possono<br />
essere sincronizzate in modo che l'utente possa scorrerle.<br />
Fig. 1: Finestra dell’editor con la finestra della memoria e del vocabolario.<br />
Durante l’importazione le informazioni sul layout del documento di<br />
partenza vengono identificate attraverso delle rutine di filtraggio e<br />
trasformate in specifici tag di sistema. Normalmente sono disponibili i filtri<br />
per gli editor di testi più comuni, per i formati DTP e i formati risorsa.<br />
153
Durante l’elaborazione i tag possono essere protetti dalla sovrascrittura<br />
accidentale oppure essere nascosti in parte o completamente.<br />
La segmentazione del testo di partenza, che ha luogo durante<br />
l’importazione, può in alcuni sistemi essere condizionato dall’utente per<br />
mezzo di una lista di regole. Conclusa la traduzione, il documento<br />
attraverso delle rutine di esportazione viene riportato nel formato originale<br />
ed eventualmente può essere ulteriormente elaborato nell’applicazione<br />
originale fino al raggiungimento del layout definitivo.<br />
L’elaboratore di testi come editor<br />
Se un sistema di videoscrittura convenzionale è usato come editor,<br />
possono essere elaborati tutti i formati che il sistema è in grado di utilizzare<br />
e convertire. Inoltre anche <strong>qui</strong> sono disponibili una serie di filtri di formati<br />
che l’elaboratore di testi non è in grado di riconoscere. Per certi formati,<br />
come HTML/SGML o Power-Point, ci sono ora anche appositi editor<br />
oppure interfacce con le applicazioni originali.<br />
Fig. 2: File HTML caricato su un tag-editor<br />
154
Criteri essenziali nella valutazione dei componenti per l'editing nei<br />
sistemi integrati:<br />
- Elaborazione di diversi formati di file.<br />
- Protezione dalla sovrascrittura accidentale dei tag oppure, nel caso di<br />
file risorsa, del codice di programmazione.<br />
- Possibilità di poter suddividere la schermata in più finestre e di poter<br />
impostare la dimensione delle finestre in modo tale da visualizzare,<br />
oltre al segmento da tradurre, una porzione di testo maggiore che<br />
chiarisca il contesto del segmento stesso.<br />
La gestione terminologica<br />
Il segmento da elaborare viene ricercato sia all’interno della memoria<br />
traduttiva che nella banca dati terminologia ad essa collegata. Questo<br />
accade attrverso due sistemi diversi:<br />
- Una gestione terminologia indipendente ed autonoma.<br />
- Un modulo per la terminologia completamente integrato, non<br />
utilizzabile autonomamente.<br />
Poiché le espressioni da ricercare nella banca dati terminologica nei<br />
testi sono presenti solo di rado nella loro forma di base, ma d'altra parte nel<br />
database non possono essere contenute tutte le forme flesse, l'efficienza<br />
degli algoritmi di ricerca è di fondamentale importanza per l’utilità dei<br />
risultati di ricerca. In questi strumenti traduttivi possono essere intergrate<br />
informazioni linguistiche, o meglio morfologiche, per esempio sotto forma<br />
di specifiche regole o liste di suffissi. Per la ricerca terminologica, il<br />
“riconoscimento terminologico”, possono essere impiegati anche algoritmi<br />
fuzzy-match, i quali, esattamente come nel caso di una ricerca nella<br />
memoria traduttiva, non riconoscono solo unità identiche, ma anche<br />
155
espressioni dalla forma simile.<br />
Nel caso più semplice la ricerca avviene attraverso il troncamento<br />
delle ultime tre, quattro lettere del termine. Per rendere più efficiente la<br />
ricerca e per limitarla alle sole unità potenzialmente terminologiche,<br />
talvolta si lavora con delle liste di “stopword”, le quali permettono di<br />
ignorare le parole vuote (o grammaticali) come gli articoli, le preposizioni,<br />
le congiunzioni, ecc.<br />
Le memorie traduttive<br />
Per quanto riguarda la struttura e l’organizzazione delle memorie<br />
traduttive si possono distinguere due approcci:<br />
Primo approccio:<br />
La memoria traduttiva è composta da una database che contiene delle<br />
coppie di unità traduttive nella lingua di partenza e in quella d’arrivo.<br />
Questi record della banca dati possono essere integrati da attributi come il<br />
codice cliente, il codice progetto, redattore, il tipo di testo, ecc.<br />
Ogni nuova unità traduttiva di partenza elaborata nel editor integrato,<br />
dopo la traduzione può essere salvata in questo database insieme all’unità<br />
di arrivo agli attributi eventualmente predefiniti. Questa unità d’ora in<br />
avanti sarà disponibile per la ricerca. Questo significa che la memoria<br />
traduttiva si popola a poco a poco durante la traduzione e, qualora si<br />
presentino segmenti di partenza uguali o simili (fuzzy-matches), viene<br />
fornita nello stesso documento una proposta di traduzione.<br />
156
Fig. 3: Coppie di frasi nel database di una memoria traduttiva.<br />
Secondo approccio:<br />
La memoria di traduzione è formata da coppie di testi in lingua di<br />
partenza e in lingua di arrivo, presenti nel formato dello strumento di<br />
traduzione corrispondente. Elaborando un testo nuovo può essere realizzata<br />
sulla base dei testi di riferimento una pre-traduzione, sostituendo al testo<br />
originale tutti i segmenti di partenza che corrispondono alle unità traduttive<br />
del testo di riferimento nella lingua di partenza con la traduzione contenuta<br />
nella testo di riferimento nella lingua di arrivo.<br />
Durante l’elaborazione dei segmenti che in questo modo non sono<br />
ancora stati tradotti si ricorre al materiale di riferimento anche con l’ausilio<br />
degli algoritmi fuzzy-match, in modo da poter trovare in aggiunta segmenti<br />
simili. Le traduzioni elaborate in questa fase vengono salvate in un file<br />
temporaneo, così da poter essere immediatamente disponibili per la<br />
traduzione di segmenti identici o simili. Alla fine della traduzione di un<br />
documento il file temporaneo viene cancellato. La traduzione completata<br />
costituisce insieme al testo di partenza una coppia di testi di riferimento per<br />
le traduzioni successive.<br />
157
Fig. 4: File di riferimento<br />
Strumenti per la localizzazione del software<br />
Per la traduzione di software, soprattutto per le interfacce utente con<br />
finestre di dialogo, menu e avvisi di sistema, sono disponibili degli appositi<br />
strumenti. Con questi possono essere elaborate principalmente le<br />
158
componenti di un prodotto software, nelle quali, oltre alla traduzione degli<br />
elementi testuali, vi è bisogno di adattare anche i pulsanti e altri elementi<br />
grafici.<br />
La figura 5 illustra la possibilità di elaborare con uno strumento di<br />
localizzazione gli elementi di una finestra di dialogo.<br />
Fig. 5: Traduzione di una finestra di dialogo con uno strumento per la<br />
localizzazione di software.<br />
Con questi strumenti si archiviano le unità di partenza e le loro<br />
traduzioni in liste tabellari, che possono essere impiegate per esempio come<br />
una sorta di memoria traduttiva per la traduzione di nuove versioni. Anche<br />
nel caso di una successiva correzione nel corso di un progetto di<br />
localizzazione queste liste di traduzione possono essere utilizzate per<br />
159
ealizzare delle pre-traduzioni degli elementi inalterati.<br />
Il lavoro con questi strumenti consente di visualizzare già durante il<br />
lavoro gli effetti della traduzione sull’aspetto delle finestre di dialogo ed<br />
eventualmente di adattare gli elementi grafici.<br />
Modalità di impiego<br />
Le memorie traduttive propongono delle traduzioni per i segmenti<br />
(unità di traduzione) che in forma identica o simile sono già stati tradotti.<br />
Questo significa che per l’elaborazione con questi strumenti si adattano<br />
principalmente quei documenti che sono relativamente ridondanti oppure<br />
che presentano forti somiglianze con documenti tradotti in passato. Il primo<br />
caso è certamente quello della documentazione tecnica, nella quale si<br />
ripetono spesso passaggi di testo e istruzioni identici o leggermente<br />
modificate, così che attraverso l'impiego di una memoria traduttiva le stesse<br />
istruzioni sono tradotte sempre nello stesso modo.<br />
La documentazione dei software<br />
Il secondo tipo di documenti si ritrova anch’esso spesso nella<br />
documentazione tecnica – soprattutto nella traduzione del software – nei<br />
casi in cui vengono pubblicate regolarmente versioni aggiornate. Un caso<br />
simile si presenta anche quando per un prodotto tecnico si redigono testi<br />
con finalità differenti: la documentazione stampata o la guida in linea.<br />
In tutti questi casi la combinazione di una memoria traduttiva e una<br />
banca dati terminologica garantisce una traduzione unitaria e coerente degli<br />
elementi testuali ricorrenti. Questi strumenti non sono certo adatti per i testi<br />
nei quali sono in primo piano la variazione stilistica e la creazione<br />
espressiva.<br />
160
I suddetti re<strong>qui</strong>siti nei testi in lingua di partenza vengono soddisfatti<br />
naturalmente anche e soprattutto dalle componenti dei prodotti software.<br />
Menu, finestre di dialogo, avvisi di errore, guide in linea e la<br />
documentazione stampata contengono tutti unità traduttive che si ripetono<br />
in ognuna delle tipologie testuali. Al fine di ottenere una presentazione<br />
coerente del prodotto, tutte le unità traduttive dovrebbero essere tradotte<br />
possibilmente nello stesso modo.<br />
Tenendo conto del breve ciclo di vita dei prodotti software bisogna<br />
presupporre che ogni anno, o almeno ogni due anni, una nuova versione di<br />
un prodotto venga immessa sul mercato, e che <strong>qui</strong>ndi debba essere<br />
localizzata. I suddetti strumenti specializzati per la localizzazione del<br />
software dispongono di funzioni di memoria traduttiva per la traduzione<br />
delle componenti software. Ma nella maggior parte dei casi una traduzione<br />
della documentazione attraverso questi pacchetti software non è possibile<br />
oppure è possibile solo con molte complessità.<br />
Per consentire una comoda traduzione della documentazione tecnica<br />
di un’interfaccia bisogna esportare le liste di traduzione dallo strumento di<br />
localizzazione ed importarle in una memoria traduttiva.<br />
Interfacce ibride<br />
Esitono già i primi tentativi per lo sviluppo di un’interfaccia ibrida tra<br />
uno strumento per la localizzazione e un sistema di traduzione integrato.<br />
Ma se si vuole evitare di dover passare da uno strumento all’altro durante<br />
l’elaborazione di un progetto di localizzazione c’è naturalmente la<br />
possibilità un po’ meno comoda di elaborare nel editor del sistema di<br />
traduzione integrato i file risorsa (solitamente file RC o DLG) in formato<br />
“solo testo”. Per questo scopo i sistemi dispongono – come per i formati<br />
DTP – di appositi filtri che possono identificare e proteggere il codice del<br />
161
programma contenuto nei file risorsa.<br />
Testo di partenza<br />
In generale anche la formulazione dei testi di partenza riveste un ruolo<br />
importante nell'impiego di strumenti per la traduzione. Se in due diverse<br />
versioni di un documento di partenza, magari redatte da due autori<br />
differenti, due informazioni contenutisticamente identiche sono formulate<br />
in modo distinto, gli strumenti per la traduzione potrebbero non riconoscere<br />
la corrispondenza esistente. Una traduzione coerente e unitaria di questi<br />
passaggi non è <strong>qui</strong>ndi garantita.<br />
Spesso nella prassi si inizia una traduzione di una documentazione<br />
tecnica o di un prodotto software ancora prima che la versione originale sia<br />
completata in maniera definitiva. Perciò è particolarmente importante che<br />
le modifiche successive al testo di partenza possano essere trasposte nella<br />
traduzione possibilmente senza grosse perdite di tempo. Innanzitutto gli<br />
autori del testo di partenza devono garantire che siano apportate delle<br />
modifiche solo ai passaggi nei quali questo è assolutamente necessario.<br />
Quando <strong>qui</strong>ndi la prima stesura del documento e la rispettiva traduzione è<br />
archiviata nella memoria traduttiva (oppure nelle liste di traduzione degli<br />
strumenti di localizzazione), nella nuova versione possono essere sostituite<br />
in maniera relativamente rapida tutti i segmenti di partenza invariati con i<br />
corrispettivi segmenti di arrivo contenuti nella memoria. Il traduttore deve<br />
<strong>qui</strong>ndi solo passare ai segmenti nuovi modificati – gli strumenti dispongono<br />
di opzioni specifiche – e comporre la loro traduzione.<br />
Adozione incontrollata delle proposte<br />
Anche quando in un documento vi sono una grande quantità di<br />
segmenti identici, l’adozione incontrollata delle proposte di traduzione<br />
dalla memoria non è priva di problemi almeno durante la prima stesura<br />
162
della traduzione del documento. Poiché le traduzioni registrate nelle<br />
memorie traduttive non appartengono sempre ad un solo traduttore e non<br />
sempre la loro qualità può essere accettata, il traduttore competente<br />
dovrebbe revisionare le proposte prima di adottarle nella sua traduzione. In<br />
caso contrario proprio nei documenti che contengono un gran numero di<br />
questo tipo di passaggi gli errori fatti una volta si possono moltiplicare<br />
continuamente.<br />
Revisione<br />
Di conseguenza in ogni progetto di traduzione dovrebbe essere<br />
eseguita una fase di revisione finale, anche per far fronte al rischio che la<br />
procedura improntata alla traduzione segmento o frase, alla quale può<br />
indurre l'utilizzo acritico di tali strumenti, produca imperfezioni relative<br />
alla coesione e alla coerenza tra i segmenti. Questa fase di revisione finale<br />
non dovrebbe in ogni caso avvenire al di fuori dello strumento di<br />
traduzione, di modo che le ultime modifiche siano salvate nel documento e<br />
integrate nella memoria traduttiva. Solo dopo la revisione dovrebbe<br />
avvenire la ripulitura (“clean up”) del documento e l’esportazione dal<br />
sistema di traduzione integrato.<br />
Specialmente quest’ultimi aspetti dovrebbero aver chiarito che<br />
l’impiego di strumenti per la traduzione può essere una garanzia per la<br />
qualità della traduzione e determinare un aumento della produttività solo<br />
quando sono maneggiati da esperti con alle spalle una specifica<br />
formazione, ossia da traduttori che dispongono oltre che di una certa<br />
dimestichezza con gli strumenti anche della necessaria competenza<br />
linguistica e traduttiva.<br />
163
BIBLIOGRAFIA<br />
Arnold, Douglas, Machine Translation: an Introductory Guide, NCC<br />
Blackwell, London, 1994.<br />
Appleby, Steve, “Multilingual Information Technology”, BT Technology<br />
Journal, vol. 21, n. 1, gennaio 2003.<br />
Appleby, Steve e Pompo, Marta, “The Multilingual World Wide Web”, BT<br />
Technology Journal, vol. 18, n. 1, gennaio 2001.<br />
Austermühl, Frank, Electronic Tools for Translators, St. Jerome Publishing,<br />
Manchester, 2001.<br />
Bertozzi, Roberto, E<strong>qui</strong>valenza e sapere traduttivo, LED, Milano, 1999.<br />
Bokor, Gabe, “Translation and International Politics”, Translation Journal,<br />
vol.5 , n.4 , 2001.<br />
Bush, Varnnevar, “As We May Think”, Atlantic Monthly, 1945.<br />
Calvo, Marco; Ciotti, Fabio; Roncaglia, Gino e Zela, Marco, Internet 2004,<br />
Laterza, Roma-Bari, 2004.<br />
Carlini, Franco, Lo stile del Web, Einaudi, Torino, 1999.<br />
Carrada, Luisa, “Scrivere per il Web. Il colore nella grammatica della<br />
scrittura”,in Il mestiere di scrivere.<br />
164
(2 luglio 2001)<br />
[ultimo accesso agosto 2004]<br />
Castelvecchi, Alberto e Serianni, Luca, Italiano: Grammatica, sintassi,<br />
dubbi, Garzanti, Milano, 2000.<br />
Cerf ,Vinton e Kahn, Robert, “A Protocol for Packet Network<br />
Internetworking”, IEEE Transaction on Comunication, vol.2, n. 5,<br />
1974.<br />
Ciotti, Fabio e Rocaglia, Gino, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi<br />
media, Laterza, Roma-Bari, 2000.<br />
Cona, Cristina, “Non dimentichiamo la nostra lingua”, Interalia, settembre<br />
2002.<br />
Contu Ignazio, “Finalmente l’hanno capito. Internet fa proprio sul serio”,<br />
Telèma, n.21/22, 2000.<br />
Craciunescu, Olivia; Gerding-Salas, Costanza e Strineger O’Keeffe, Susan,<br />
“Machine Translation and Computer-Assisted Translation: a New Way<br />
of Translating”, Translation Journal, vol.3, n.3, 2004.<br />
Davies, Merryl e Zianddin Sardar, Preché il mondo detesta l’America,<br />
Feltrinelli, Milano, 2003.<br />
Davis, Mark, “Globalization: Resistence is Futile”, intervento al Global<br />
Strategies Summit a San Francisco, California, il 4 Marzo 2003.<br />
(4 marzo 2003)<br />
165
[ultimo accesso agosto 2004]<br />
Decina, Maurizio, “Il futuro delle reti”, intervento alla conferenza La<br />
rivoluzione digitale. Come cambia la nostra vita e quali regole per<br />
tutelarla, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, 16 ottobre<br />
2003.<br />
<br />
(16 ottobre 2003) [ultimo accesso agosto 2004]<br />
De Mauro, Tullio, “La telelingua è il vero esperanto”, Telèma, n.2, 1995.<br />
De Mauro, Tullio, “Ogni lingua è globale, ciascuna a proprio modo”,<br />
Telèma, n.11, 1997.<br />
Di Pofi, Alessandra; Giannetti, Alessandro; Muzii, Luigi; Nuzzolese,<br />
Giuseppe e Vinci, Federico, “Introduzione alla localizzazione”, Il<br />
Traduttore Nuovo, 2002.<br />
Dohler, Per, “Facets of Software Localization”, Translation Journal, vol. 5,<br />
n. 1, luglio 1997.<br />
Eco, Umberto, La ricerca della lingua perfetta, Laterza, Roma-Bari, 2004.<br />
Esselink, Bert, A Practical Guide to Localization, John Benjamins<br />
Publishing Co., Amsterdam, 2000.<br />
Esselink, Bert, “Transaltion versus Localisation”, Tranfree, n.10, 2000.<br />
<br />
(gennaio 2000) [ultimo accesso settembre 2004]<br />
166
Esselink, Bert, “Transaltion Technology”, Tranfree, n.11, 2000.<br />
<br />
(febbraio2000) [ultimo accesso settembre 2004]<br />
Esselink, Bert, “Localisation Industry”, Tranfree, n.12, 2000.<br />
<br />
(marzo 2000) [ultimo accesso settembre 2004]<br />
Esselink, Bert, “Localisation Project Models”, Tranfree, n.13, 2000.<br />
<br />
(marzo 2000) [ultimo accesso settembre 2004]<br />
Flanagan, Mary, “MT Today: Emerging Roles, New Successes”, Machine<br />
Translation, n.12, 1997.<br />
Forsell, Dag, “One Translator’s Thoughts on Software Localization”,<br />
Translation Journal, vol. 5, n. 3, luglio 2001.<br />
Freigang, Karl-Heinz, “Softwarelokalisierng”, Technische Kommunikation,<br />
Anno XXI, 2/1999.<br />
Freigang, Karl-Heinz, “Automatisierte Übersetzung”, Technische<br />
Kommunikation, Anno XXI, 5/1999.<br />
Fry, Deborah, Localization Industry Primer, LISA, Lenchy, 2003, trad. it.<br />
L’industria della localizzazione, LISA, Lenchy, 2003.<br />
167
Gubitosa, Carlo, La vera storia di Internet, Apogeo, Milano, 1999.<br />
Gusmani, Roberto, Saggi sull’interferenza linguistica, Ed. Le Lettere,<br />
Firenze, 1986.<br />
Hillier, Mathew, “Cultural Context in Multilingual Web”, Electronic<br />
Commerce Research and Applications, 2003.<br />
Holzschlag, Molly, HTML, Mondadori, Milano, 2002.<br />
Kay, Martin, “The Proper Place of Men and Machine in Language<br />
Translation”, Machine Translation, n.12, 1997<br />
Lehman-Wilzig, Sam, “The Tower of Babel vs. the Power of Babel”, New<br />
Media and Society, vol.2, n.4, 2000.<br />
Marani, Diego, “Internet e il problema delle lingue straniere: i pro e i<br />
contro delle traduzioni automatiche online”, La Repubblica, 30<br />
dicembre 1998.<br />
Marazzini, Claudio, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma, 1999.<br />
Masini, Andrea, “L’italiano contemporameo e la lingua dei media”, in La<br />
lingua italiana e i mass media, a cura di Bonomi, Ilaria; Masini,<br />
Andrea e Morgana, Silvia, Carocci, Roma, 2004.<br />
Muzzi, Alessandra, “Le sfide della localizzazione”, Tradurre, n.2, gennaio<br />
2002.<br />
168
Nadiani, Giovanni, “Letteratura elettronica e sua traducibilità”, Intralinea,<br />
vol. 6, 2003.<br />
Nelson, Teodor, Literary Machines, Mindful Press, Sansalito, 1992.<br />
Nielsen, Jacob, “Microcontent: How to Write Headlines, Page Titles and<br />
Subject Lines”, in Useit.com<br />
(9 settembre 1998)<br />
[Ultimo accesso agosto 2004].<br />
Nielsen, Jakob, “Search: Visible and Simple”, in Useit.com<br />
(13 maggio 2001)<br />
[ultimo accesso settembre 2004]<br />
Osimo, Bruno, Traduzione e nuove tecnologie. Informatica e Internet per<br />
traduttori, Hoepli, Milano, 2001.<br />
Patel, Malti e Watters, Paul, “Semantic Processing Performances of Internet<br />
Machine Translation Systems”, Internet Research: Electronic<br />
Networking Applications and Policy, vol. 9, n. 2, 1999.<br />
Prada, Massimo, “Lingua e Web”, in La lingua italiana e i mass media, a<br />
cura di Bonomi, Ilaria; Masini, Andrea e Morgana, Silvia, Carocci,<br />
Roma, 2004.<br />
Ranucci, Elisa, “I neologismi nell’italiano contemporaneo”, Interalia,<br />
settembre 2001.<br />
Scarpa, Federica, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001.<br />
169
Snell-Hornby, Mary, “Comunicating in the Global Village: On Language,<br />
Translation and Cultural Identity”, Current Issues in Language and<br />
Society, vol.6, n.2, 1999.<br />
Steiner, George, After Babel, OUP, Oxford-New York, 1973, trad. it. Dopo<br />
Babele, Garzanti, Milano, 1994.<br />
Vinci, Federico, “La localizzazione”, in Traduzione revisione e<br />
localizzazione nel terzo millennio: da e verso l’inglese, a cura di<br />
Monacelli, Claudia, Franco Angeli Editore, Milano, 2001.<br />
Vlasta Vitek, Steve, “Reflections of a Human Translator on Machine<br />
Translation”, Translation Journal, vol. 3, n.3, 2000.<br />
Zanettin, Federico, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea,<br />
vol. 2, 1999.<br />
170