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Università degli Studi “G. d’Annunzio”<br />

Chieti-Pescara<br />

Facoltà di Lingue e Letterature Straniere<br />

Corso di Laurea in Traduttori e Interpreti<br />

TESI DI LAUREA<br />

LA TRADUZIONE DIGITALE<br />

Temi e problemi della traduzione per il World Wide Web<br />

Relatore:<br />

Prof. Renzo D’Agnillo<br />

Correlatore:<br />

Prof. Ottavio Ricci<br />

Candidato:<br />

Giovanni Battista Moroni<br />

Anno accademico 2004/2005


INDICE<br />

INTRODUZIONE......................................................................................... 3<br />

La rivoluzione digitale ............................................................................... 3<br />

Computer e traduzione ............................................................................... 4<br />

La localizzazione........................................................................................ 6<br />

La traduzione digitale................................................................................. 9<br />

INTERNET ................................................................................................. 11<br />

Dalle origini ad Arpanet ........................................................................... 11<br />

Arpanet ..................................................................................................... 13<br />

L’esplosione di Internet ............................................................................ 15<br />

INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA.................................. 18<br />

Interferenze linguistiche........................................................................... 18<br />

McLanguage............................................................................................. 20<br />

Un cambiamento di tendenza ................................................................... 21<br />

IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO.................. 25<br />

Il Web come ipertesto multimediale......................................................... 26<br />

Il testo digitale.......................................................................................... 29<br />

Il codice .................................................................................................... 31<br />

IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE ............................... 34<br />

Breve introduzione al linguaggio HTML................................................. 36<br />

Gli elementi invisibili............................................................................... 38<br />

Strumenti di traduzione assistita .............................................................. 39<br />

LA TRADUZIONE AUTOMATICA.......................................................... 41<br />

L’utilità della traduzione automatica........................................................ 42<br />

La traduzione automatica online .............................................................. 45<br />

TRADURRE PER IL WEB ........................................................................ 50<br />

La fedeltà della traduzione ....................................................................... 50<br />

Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue ................................... 53<br />

Tradurre le interfacce ............................................................................... 58<br />

SCRIVERE PER IL WEB........................................................................... 63<br />

Scrivere per motori di ricerca................................................................... 64<br />

Strutturazione del testo............................................................................. 67<br />

Il registro del discorso: tra oralità e scrittura ........................................... 70<br />

CONCLUSIONE......................................................................................... 74<br />

ARTICOLI TRADOTTI ............................................................................. 80<br />

Translation versus Localization ............................................................... 81<br />

Traduzione e localizzazione ..................................................................... 85<br />

1


Translation Technology ............................................................................ 89<br />

Tecnologia per la traduzione .................................................................... 94<br />

The Localisation Industry......................................................................... 99<br />

L’industria della localizzazione.............................................................. 105<br />

Localisation Project Models................................................................... 112<br />

Modelli di progetti di localizzazione...................................................... 116<br />

Softwarelokalisierung............................................................................. 120<br />

La localizzazione del software ............................................................... 128<br />

Automatisierte Übersetzung................................................................... 136<br />

La traduzione automatizzata................................................................... 151<br />

BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 164<br />

2


INTRODUZIONE<br />

La rivoluzione digitale<br />

L’influsso delle tecnologia sulla vita quotidiana fa sorgere una varietà<br />

di questioni e di problemi, nonché emozioni contrastanti. Mentre alcuni,<br />

affascinati dall’era digitale, hanno adottato la tecnologia come un nuovo<br />

stile di vita, altri sull’onda dello scetticismo diffidano di un futuro nel quale<br />

le macchine potrebbero invadere la nostra privacy. Maurizio Decina<br />

sintetizza questa preoccupazione in una battuta: “Anno 2013, una bambina<br />

si rivolge alla mamma e chiede: ‘Mum! Mum! What does privacy mean’?” 1<br />

Indipendentemente da quale atteggiamento assumiamo in riguardo a<br />

questa questione, è evidente che le nuove tecnologie stanno producendo<br />

una serie di cambiamenti in tutti i settori della società, e che, di<br />

conseguenza, anche la traduzione ne è inevitabilmente coinvolta.<br />

La rivoluzione digitale è un processo di trasformazione che è<br />

cominciato attorno alla metà del novecento con la costruzione dei primi<br />

elaboratori elettronici. Assume dimensioni economiche e internazionali già<br />

negli anni settanta, continua la sua crescita durante gli anni ottanta, per<br />

affermarsi come vera e propria “rivoluzione industriale” negli anni novanta.<br />

Il primo computer, infatti, risale intorno al 1945 quando due fisici e un<br />

matematico all’università della Pennsylvania invetarono ENIAC<br />

(Electronic Numerical Integrator and Computer), il primo vero calcolatore<br />

elettronico della storia. Si trattava di un mostro di 30 tonnellate che faceva<br />

uso di schede perforate e necessitava di molto tempo per l’immissione dei<br />

dati. Le prime generazioni di computer erano troppo grandi, complessi e<br />

costosi per avere un reale influsso sulla vita quotidiana. Non solo erano<br />

1<br />

Maurizio Décina, “Il futuro delle reti”, intervento alla conferenza La rivoluzione digitale.<br />

Come cambia la nostra vita e quali regole per tutelarla, Autorità per le Garanzie nelle<br />

comunicazioni, 16 ottobre 2003.<br />

3


inaffidabili, ma avevano anche poca memoria e consumavano grandi<br />

quantità di energia anche per piccole operazioni.<br />

La rivoluzione si ebbe con l’avvento dei microcomputer che presto<br />

avrebbero assunto la forma del Personal Computer di IBM e del Macintosh<br />

di Apple. Dischi più piccoli con maggiore capacità di memoria, nuovi<br />

linguaggi di programmazione, processori più veloci, software sempre più<br />

sofisticati e sistemi operativi di sempre più facile utilizzo, tutto a prezzi<br />

accessibili, hanno favorito la maggiore diffusione dei computer anche per<br />

uso privato.<br />

L’ultimo gradino evolutivo è stato raggiunto con Internet. Ideato dalla<br />

DARPA (Defense Advanced Research Project Agency) come sistema di<br />

comunicazione capace di resistere ad una guerra nucleare, si è sviluppato<br />

come medium per una comunità globale virtuale. I nuovi standard e<br />

protocolli per la trasmissione di dati, insieme agli ipertesti e i browser<br />

hanno trasformato i computer da una moltitudine di macchine isolate sparse<br />

per tutto il mondo in un’unica comunità interconnessa.<br />

Computer e traduzione<br />

L’avvento dei primi computer fece nascere subito l’idea di utilizzarli<br />

per tradurre. I primi tentativi nella traduzione automatica furono compiuti<br />

già negli anni Cinquanta ed erano connessi a grandi speranze. All’iniziale<br />

entusiasmo seguì presto il disincanto. Ci si rese conto che i computer non<br />

erano in grado di infrangere le barriere linguistiche. Si arrivò alla<br />

conclusione che la traduzione automatica era più costosa, più lenta e meno<br />

precisa dei metodi tradizionali e che non vi era una reale prospettiva di<br />

renderla utilizzabile. Ci si rivolse <strong>qui</strong>ndi più intensamente allo sviluppo di<br />

sistemi che potessero facilitare la traduzione umana.<br />

Nonostante il fallimento della traduzione automatica così come era<br />

stata immaginata inizialmente, i computer si sono rivelati degli strumenti<br />

4


preziosi. In alcuni casi, quando vi è la necessità di fornire un’idea generale<br />

del contenuto di un testo, anche la traduzione automatica, seppure con i sui<br />

evidenti limiti, ha oggi la sua utilità.<br />

Negli ultimi anni la traduzione ha subito delle notevoli mutazioni<br />

dovute all’esplosione delle reti informatiche, delle tecnologie digitali e<br />

della mutimedialità. L’immagine romantica del traduttore che lavora nella<br />

solitudine di una stanza circondato da libri polverosi appartiene<br />

irrimediabilmente al passato. Oggi anche i più tradizionalisti non possono<br />

rinunciare all’uso del PC. In pochi usano ancora i dizionari nella loro forma<br />

cartacea, preferendo la versatilità e velocità di quelli digitali. Molto diffusi<br />

sono anche i sistemi di traduzione automatica e assistita, oltre che l’uso di<br />

strumenti online come i newsgroup, le mailinglist, le banche dati<br />

terminologiche, ecc.<br />

Lo sviluppo di sempre nuovi strumenti elettronici disponibili ha<br />

provocato un drastico mutamento della pratica della traduzione. Per restare<br />

competitivo sul mercato il traduttore è costretto ad apprendere come<br />

integrare queste nuove risorse nel processo traduttivo. Si pensi ad esempio<br />

alle possibilità offerte ad un traduttore professionista: consultare banche<br />

dati e giornali scientifici in formato elettronico, trasferire file di testo o<br />

immagini, svolgere ricerche, ottenere software di vario tipo, reperire<br />

anticipazioni sui congressi internazionali, visionare offerte di lavoro.<br />

Al tempo stesso, però, la rivoluzione digitale ha rinnovato anche il<br />

modo di comunicare. I nuovi canali della comunicazione hanno imposto un<br />

uso nuovo della lingua. In particolare, l’utilizzo della rete ha introdotto<br />

modalità di interazione assai diverse rispetto alla comunicazione faccia-a-<br />

faccia, trasformando inoltre il rapporto esistente tra soggetto e tecnologie<br />

informatiche. Il computer ha infatti gradualmente perso la propria<br />

centralità, trasformandosi sempre più da archivio e calcolatore ad uno<br />

strumento di comunicazione. “Il diverso supporto tecnologico produce<br />

5


nuove forme di lingua, ad esempio, i messaggi di posta elettronica hanno<br />

caratteristiche intermedie tra la comunicazione telefonica e lo scambio<br />

epistolare.” 2 Le comunità virtuali di utenti in Internet hanno sviluppato<br />

delle convenzioni comunicative peculiari. Si pensi a tutti i neologismi, gli<br />

acronimi, le abbreviazioni, gli emoticon, l’uso delle maiuscole e delle<br />

minuscole etc. Tutto questo ha chiaramente implicazioni importanti per la<br />

traduzione.<br />

Inoltre nello spazio virtuale di Internet le distanze ac<strong>qui</strong>stano un altro<br />

valore. Lingue e culture diverse, distanti fra loro migliaia di chilometri, si<br />

incontrano ormai quotidianamente attraverso la rete. D’altra parte, però, lo<br />

sviluppo tecnologico non è stato in grado di superare le barriere<br />

linguistiche. L’inglese, che finora e stata la lingua franca anche per le<br />

comunità virtuali, sta perdendo per vari motivi questo suo ruolo.<br />

Contestualmente si assiste ad un aumento del bisogno di mediazione<br />

linguistica e culturale che ha generato un nuovo settore della traduzione, la<br />

localizzazione, e un mercato estremamente redditizio. Secondo i dati forniti<br />

dalla LISA (Localisation Industry Standards Asssociation), l’associazione<br />

che raggruppa tutti i principali operatori del settore, l’industria della<br />

localizzazione è capace di generare un volume d’affari globale di 15<br />

miliardi di euro 3 .<br />

La localizzazione<br />

La crescente tendenza dei mercati e delle imprese ad operare a livello<br />

mondiale, travalicando i confini nazionali, unitamente alla maggiore<br />

diffusione dei PC negli uffici e nelle case, ha determinato l’espansione del<br />

mercato della traduzione soprattutto nel segmento informatico. Da diversi<br />

anni ormai il mercato della localizzazione dei software e dei siti web<br />

2<br />

Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol.2 1999<br />

3<br />

Deborah Fry, Localization Industry Primer, LISA, Lenchy, 2003, trad. it. L’industria della<br />

localizzazione, LISA, Lenchy, 2003, p.6.<br />

6


continua a registrare forti tassi di crescita, offrendo ai traduttori dotati delle<br />

necessarie conoscenze tecniche interessanti opportunità.<br />

Diversamente da quanto accade nel ambito della industria informatica,<br />

la localizzazione non riceve a livello accademico la considerazione che<br />

meriterebbe. Basti dire che il termine localizzazione è rimasto perlopiù<br />

sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori.<br />

Per trovare una definizione di tale termine partiamo da quella proposta<br />

dalla fonte più autorevole, la LISA: “La localizzazione è il processo<br />

mediante il quale un prodotto ideato e sviluppato in un determinato Paese<br />

viene poi adattato alle esigenze linguistiche, culturali ed economiche di<br />

altri Paesi che ne diventano fruitori, proprio come se tale prodotto fosse<br />

stato realizzato in loco.” 4 Nonostante il termine localizzazione sia<br />

applicabile a tutti i tipi di prodotti, ci si riferisce solitamente in modo<br />

specifico alle applicazioni software e ai siti web.<br />

Questo tipo di definizione, pur essendo formalmente ineccepibile,<br />

crea, a mio avviso, qualche confusione. Infatti, la definizione sopracitata<br />

non risulta essere abbastanza chiara per chi si avvicina a questo mondo per<br />

la prima volta. Nel spiegare cosa sia la localizzazione gran parte degli<br />

autori, ricalcando la formulazione della LISA, tende a mettere l’accento<br />

sull’aspetto dell’adattamento linguistico e culturale ad una realtà locale. Ma<br />

ponendo la questione in questi termi, viene da chiedersi quale sia la<br />

differenza tra localizzazione e traduzione.<br />

Come ogni traduttore sa, l’adattamento alla cultura del paese di<br />

destinazione fa parte della traduzione in tutti i settori e, per questo, non può<br />

essere considerata una peculiarità della localizzazione. Nel tradurre un testo<br />

commerciale, giuridico o pubblicitario, ad esempio, una semplice<br />

trasposizione letterale da una lingua all’altra sarebbe insoddisfacente: certi<br />

concetti, formule o slogan vanno adattati a una diversa realtà sociale,<br />

4 Deborah Fry, Ibidem, p.3.<br />

7


culturale e giuridica.<br />

Sembra, perciò, molto più convincente la spiegazione fornita da<br />

Alessandra Muzzi, secondo la quale la particolarità della localizzazione<br />

sarebbe che i testi da tradurre non si limitino a descrivere una realtà ad essi<br />

esterna (come nel caso di un libretto d’istruzioni o un testo giuridico), ma<br />

siano essi stessi parte integrante della realtà descritta 5 . Nei software e nei<br />

siti web la componente linguistica è costitutiva del prodotto e ne determina<br />

il funzionamento. Questi infatti si sviluppano su due livelli: il primo livello,<br />

quello superficiale, è l’interfaccia utente; ad un livello più profondo,<br />

“nascosto” all’utente, vi è il codice sorgente, ciò che effettivamente deve<br />

essere tradotto o localizzato.<br />

In aggiunta va chiarito un’altro fondamentale fattore distintivo della<br />

localizzazione. Questa, a differenza della traduzione, è un processo<br />

complesso, articolato in fasi distinte di cui la traduzione non è che una<br />

componente. La localizzazione è di norma un lavoro di gruppo che<br />

coinvolge accanto al traduttore diverse figure professionali.<br />

L’intero processo è stato adeguatamente illustrato da Federico Vinci 6<br />

con lo schema in Fig.1:<br />

5<br />

Alessandra Muzzi, “Le sfide della localizzazione”, Tradurre, n.2, gennaio 2001, pp. 3-6.<br />

6<br />

Federico Vinci, “La localizzazione”, in Traduzione revisione e localizzazione nel terzo<br />

millennio: da e verso l’inglese, a cura di Claudia Monacelli, Franco Angeli Editore, Milano,<br />

2001, pp. 140-176.<br />

8


La traduzione digitale<br />

Lasciando da parte la localizzazione di software che pur potendo<br />

essere tecnicamente accomunato alla traduzione dei siti web presenta<br />

problematiche traduttive completamente differenti, rivolgeremo la nostra<br />

attenzione ai testi destinati alla pubblicazione in rete. L’oggetto di questa<br />

tesi non è l’intero processo di localizzazione, bensì quella parte di esso che<br />

interessa più da vicino il traduttore, in particolare analizzeremo la<br />

traduzione di testi elettronici, cioè la traduzione digitale.<br />

Un sito web può non contenere soltanto testo, ma è spesso composto<br />

anche da immagini, filmati e elementi sonori. I testi digitali in Internet sono<br />

soprattutto composti da parole scritte e immagini, ma è possibile ad<br />

esempio usare il computer anche come un telefono o una radio, e la sempre<br />

maggiore sofisticazione tecnologica permetterà probabilmente un aumento<br />

di testi di natura orale. Perciò questa particolare branca della traduzione<br />

spesso viene fatta rientrare nella categoria più vasta della traduzione<br />

multimediale.<br />

Questa posizione non ci trova completamente d’accordo, poiché se è<br />

vero che i testi elettronici del Web si uniscono a suoni, immagini, filmati<br />

etc., come in tanti altri prodotti multimediali, è pur vero che si basa su<br />

linguaggi “sottostanti” particolari che, affinché il prodotto digitale possa<br />

essere recepito compiutamente in un’altra lingua devono essere per forza di<br />

cose, al pari di qualsiasi altro software, adattati all’orizzonte d’attesa del<br />

potenziale ricevente, che come mai prima significa orizzonte d’uso. Il<br />

ricevente in questo caso non è più lettore, ascoltatore o spettatore passivo,<br />

come il fruitore di traduzione multimediale, ma è utente e <strong>qui</strong>ndi<br />

partecipante attivo. “Penso che più che di traduzione multimediale sia<br />

ormai pertinente parlare di localizzazione multimediale o, meglio, di<br />

traduzione digitale, insistendo volutamente sul primo termine del sintagma<br />

9


per sottolineare la centralità dell’elemento linguistico.” 7<br />

Questa categorizzazione, comunque, come avremo modo di vedere,<br />

non è priva di problemi. Il termine traduzione digitale non distingue un tipo<br />

di traduzione secondo una tipologia di testo, come accade normalmente, ma<br />

secondo il mezzo attraverso il quale il testo è trasmesso. Quello che la<br />

contraddistingue è il fatto che i testi siano redatti e letti esclusivamente<br />

attraverso strumenti digitali. La traduzione digitale riguarda un’estrema<br />

varietà di tipi testuali, dai testi pubblicitari e informativi a pubblicazioni<br />

accademiche a complessi ipertesti letterari. Ciononostante la forma digitale<br />

conferisce ai testi delle caratteristiche che li distinguono sia dai documenti<br />

a stampa come, per esempio i romanzi, sia da altri testi multimediali come<br />

per esempio i film, con evidenti conseguenze per la traduzione che<br />

giustificano una tale classificazione.<br />

7 Giovanni Nadiani, “Letteratura elettronica e sua traducibilità. Verso una teoria della traduzione<br />

digitale”, Intralinea, vol.6, 2003.<br />

10


INTERNET<br />

Internet è un fenomeno che sta assumendo dimensioni ed evidenza<br />

assolutamente straordinarie. “Oggi soltanto chi vive nell'isolamento<br />

geografico o culturale, oppure rifiuta la stessa idea di progresso al punto di<br />

negarlo anche se lo vede, ignora le dimensioni e la portata di un così<br />

straordinario fenomeno.” 8 Eppure solo in pochi conoscono veramente<br />

questo medium, tanto che la stragrande maggioranza dei suoi utenti abituali<br />

non sarebbe in grado di spiegare cosa sia Internet e non saprebbe<br />

distinguere questo dal Web. Effettivamente può essere molto difficile<br />

rispondere a questi interrogativi senza scendere in complicati tecnicismi ed<br />

è anche vero che dal punto di vista pratico del utente non è indispensabile<br />

saperlo.<br />

Il traduttore di testi digitali, però, non può permettersi di porsi così<br />

passivamente di fronte a questo fenomeno. Per poter affrontare il problema<br />

della traduzione di testi elettronici destinati alla diffusione via Internet, non<br />

si può prescindere dal definire più precisamente questo medium al fine di<br />

prendere coscienza della sua natura. Per questo sembra opportuno<br />

illustrarne almeno a grandi linee la genesi.<br />

Dalle origini ad Arpanet<br />

Quello che sarà la rete delle reti ha origine già alla fine degli anni<br />

cinquanta nel contesto della guerra fredda, nel terrore di una possibile<br />

guerra atomica e nella conseguente contesa tecnologica tra gli USA e<br />

l’Unione Sovietica. Tuttavia la nascita di Internet non può essere ridotta<br />

alla semplice realizzazione di un progetto militare. Infatti, se è vero che il<br />

8 Ignazio Contu, “Finalmente l’hanno capito. Internet fa proprio sul serio”, Telèma, n.21/22,<br />

2000.<br />

11


primitivo impulso allo sviluppo di una rete di comunicazione tra computer<br />

distanti venne da ambienti legati all'amministrazione della difesa, la<br />

maggior parte delle innovazioni che hanno scandito l'evoluzione della rete<br />

sono nate all'interno di libere comunità di ricerca, quasi del tutto svincolate<br />

dal punto di vista professionale e intellettuale dalle centrali di<br />

finanziamento del progetto 9 .<br />

Il punto di partenza è tradizionalmente collocato nel 1957, in<br />

coincidenza di un evento fortemente simbolico: i sovietici mettono in orbita<br />

il primo satellite artificiale, lo Sputnik. Il successo tecnologico sovietico<br />

costrinse gli Stati Uniti a riaffermare la propria supremazia tecnico-<br />

scientifica. Al fine di razionalizzare e accelerare la ricerca in settori dalle<br />

possibili ricadute militari si decise di istituire una agenzia unica per la<br />

ricerca e lo sviluppo scientifico chiamata ARPA (Advanced Research<br />

Project Agency) la cui sede fu stabilita nell’edificio del Pentagono. L’Arpa<br />

raccolse alcuni dei migliori scienziati statunitensi, capaci di mettere<br />

appunto il primo satellite americano in 18 mesi. Ma poco dopo tutti i<br />

programmi aerospaziali furono trasferiti alla NASA e l’ARPA fu obbligata<br />

a trovare un nuovo ambito di ricerca. Ci si dedicò <strong>qui</strong>ndi alla neonata<br />

scienza dei calcolatori, arrivando a concepire l’idea di integrare i computer<br />

in una rete.<br />

Nel 1959 sulla costa opposta degli Stati Uniti alla Rand Corporation,<br />

una azienda californiana legata alla ricerca militare, le cui attività di ricerca<br />

e consulenza erano per gran parte commissionate dall’aviazione, venne<br />

assunto un giovane ingegnere che aveva lavorato nel settore delle valvole<br />

per computer: Paul Baran. Egli fu inserito nella sezione informatica e si<br />

mise a studiare un problema a cui già da qualche tempo i tecnici della Rand<br />

stavano lavorando: come preservare l’operatività delle telecomunicazioni<br />

dell’esercito in caso di attacco nucleare. La risposta di Baran fu che per<br />

9 Carlo Gubitosa, La vera storia di Internet, Apogeo, Milano, 1999.<br />

12


garantire la sicurezza di una rete, questa dovesse avere una configurazione<br />

decentralizzata e ridondate, ossia era necessario creare una infinità di strade<br />

alternative per la circolazione dei dati, in modo che la distruzione di uno o<br />

di molti dei nodi funzionanti non interrompesse il flusso delle informazioni<br />

all’interno della rete. L'assenza di un nodo centrale avrebbe eliminato ogni<br />

possibile obiettivo strategico, la cui distruzione avrebbe potuto<br />

compromettere il funzionamento dell'intero sistema. A tal fine il sistema di<br />

telecomunicazioni doveva, però, basarsi sulle nuove macchine di calcolo<br />

digitale, in grado di applicare sistemi di correzione degli errori e scelta dei<br />

canali di comunicazione.<br />

Lo stesso Baran ebbe anche un'altra intuizione geniale: piuttosto che<br />

inviare un messaggio da un nodo all'altro come un unico blocco di bit, è<br />

meglio dividerlo in parti separate, che possono viaggiare attraverso vari<br />

percorsi verso la destinazione, dove sarebbero ricomposti.<br />

Le sue idee incontrarono, tuttavia, lo scetticismo della comunità<br />

scientifica, che non riteneva il progetto tecnicamente realizzabile, e l’aperta<br />

ostilità della compagnia telefonica AT&T che sarebbe dovuta essere la<br />

principale destinataria del progetto.<br />

Baran era ormai stato costretto ad accantonare il suo progetto, quando<br />

nel 1965 a Londra il fisico inglese Donald Davies in modo del tutto<br />

indipendente pervenne a conclusioni simili a quelle dello scienziato<br />

americano. Tutte queste idee e intuizioni teoriche, elaborate in sedi diverse<br />

e indipendenti, confluirono pochi anni dopo nel progetto Arpanet, la<br />

progenitrice di Internet.<br />

Arpanet<br />

Nel 1963 Bob Taylor entrò a far parte dell’ARPA. Fu lui a promuovere<br />

un progetto volto a consentire la comunicazione e lo scambio di risorse tra i<br />

computer dei vari laboratori universitari finanziati dall’agenzia.<br />

13


Taylor chiamò a sovrintendere gli aspetti tecnici del progetto Larry<br />

Roberts. Per molti mesi il problema del progettare una rete abbastanza<br />

affidabile e veloce da permettere l’elaborazione interattiva a distanza<br />

rimase insoluto. Finché nel 1967 Roberts partecipò a una conferenza alla<br />

quale intervenne un collaboratore di Donald Davies che illustrò i principi<br />

elaborati autonomamente dal ricercatore inglese e da Baren. Fu finalmente<br />

la svolta: Roberts elaborò un progetto della rete, facendovi confluire tutte<br />

quelle idee che erano rimaste nell’aria per oltre un decennio.<br />

Dunque, se è vero che l’idea della rete nacque in un contesto militare,<br />

la diffusa opinione che essa dovesse fungere da strumento di<br />

comunicazione sicuro tra i centri di comando militari nell'evenienza di una<br />

guerra nucleare è frutto di un e<strong>qui</strong>voco storiografico. In realtà l'obiettivo<br />

perseguito da Bob Taylor era di aumentare la produttività e la qualità del<br />

lavoro scientifico nei centri finanziati dall'ARPA, permettendo ai ricercatori<br />

universitari di comunicare e di condividere le risorse informatiche, a quei<br />

tempi costosissime e di difficile manutenzione. Parte dell'e<strong>qui</strong>voco circa le<br />

origini belliche della rete deriva dal fatto che nella stesura delle specifiche<br />

Larry Roberts riprese le idee elaborate da Baran all'inizio degli anni<br />

sessanta. 10<br />

La rete Arpanet cominciava a crescere. I nodi nel 1971 erano diventati<br />

<strong>qui</strong>ndici e gli utenti alcune centinaia. L’applicazione che ebbe la maggiore<br />

influenza nell’evoluzione della rete fu la posta elettronica. Nel giro di pochi<br />

mesi tutti coloro che avevano accesso alla rete iniziarono ad usarla per<br />

scambiarsi messaggi di tutti i tipi: da quelli di lavoro a quelli personali. La<br />

rete dell'ARPA era divenuta un sistema di comunicazione tra una comunità<br />

di giovani ricercatori di informatica. Intorno alla posta elettronica crebbe<br />

anche il fenomeno del software gratuito. Infatti ben presto cominciarono ad<br />

10 Marco Calvo, Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco Zela, Internet 2004, Laterza, Roma-Bari,<br />

2004.<br />

14


apparire programmi per leggere i messaggi sempre più raffinati e dotati di<br />

funzionalità evolute, che venivano liberamente distribuiti.<br />

Il problema che ci si poneva adesso era quello di come far comunicare<br />

tra loro reti basate su tecnologie diverse. Se ci si fosse riusciti, sarebbe stato<br />

possibile diffondere le risorse disponibili su Arpanet a una quantità di utenti<br />

assai maggiore. E i risultati non si fecero attendere troppo a lungo. I primi<br />

esiti della ricerca furono pubblicati nel 1974 in un articolo in cui comparve<br />

per la prima volta il termine “internet” 11 . Le ripercussioni di tale articolo<br />

furono enormi. Ben presto numerosi ricercatori iniziarono a perfezionare le<br />

proposte iniziali e a sperimentare varie implementazioni.<br />

Nel frattempo Arpanet continuava la sua espansione, sia come<br />

diffusione sia, soprattutto, come servizi e applicazioni che venivano<br />

sviluppati. Nel giugno del 1975 si creò il primo gruppo di discussione<br />

basato sulla posta elettronica. I temi che vi si discutevano erano di ambito<br />

tecnico, ma non mancarono scambi di messaggi dedicati a fatti di attualità.<br />

Sulla base di un sistema di comunicazione interattivo fondato sui<br />

computer si era costituita una vera e propria comunità intellettuale.<br />

L’esplosione di Internet<br />

Il successo di Arpanet nella comunità scientifica aveva dimostrato<br />

ampiamente i vantaggi che l’attività di ricerca poteva trarre dalle reti di<br />

comunicazione telematica. Tuttavia alle soglie degli anni ottanta delle<br />

centinaia di dipartimenti di informatica solo <strong>qui</strong>ndici avevano il privilegio<br />

di poter accedere alla rete.<br />

Negli anni ottanta si diffondono reti meno costose tra le università<br />

americane. Tutte queste nuove reti, pur avendo adottato internamente<br />

tecnologie diverse rispetto a quelle di Arpanet, potevano comunicare con<br />

11 Vinton Cerf e Robert Kahn, “A Protocol for Packet Network Internetworking”, IEEE<br />

Transaction on Communication, 1974.<br />

15


essa. Ben presto anche altri paesi occidentali iniziarono a creare reti di<br />

ricerca. Intorno alla rete dell’ARPA andava prendendo forma una sorta di<br />

rete delle reti.<br />

Per molti anni la rete era stata uno strumento nelle mani di poche<br />

migliaia di studenti e ricercatori di informatica. Ma la diffusione che seguì<br />

aveva aumentato radicalmente il numero degli utenti. Questo determinò<br />

agli inizi degli anni novanta una profonda trasformazione dei servizi di rete<br />

e la comparsa di una serie di nuove applicazioni decisamente di più facile<br />

utilizzo. Soprattutto un sistema sviluppato dai laboratori informatici del<br />

CERN a Ginevra cominciò ad attirare l’attenzione degli utenti di Internet.<br />

Si trattava del World Wide Web l’invenzione che maggiormente ha<br />

contribuito alla diffusione e alla popolarità di Internet.<br />

Il primo documento ufficiale in cui si fa riferimento a questo<br />

strumento risale al marzo del 1989 12 . In quell’anno Tim Berners Lee,<br />

concepì l’idea di un sistema ipertestuale per facilitare la condivisione di<br />

informazioni e ne propose lo sviluppo al centro. Nel 1990 lo stesso Lee<br />

rendeva pubblico il nome che aveva idea per la sua creatura. 13<br />

Il Web, però, ha bisogno di uno strumento che permetta di navigare tra<br />

le sue pagine: un browser. Già l’inventore del Web ne aveva sviluppato<br />

uno, ma questo, a causa della sua difficoltà di utilizzo rimase limitato nella<br />

sua diffusione. Un primo aiuto in questo senso venne nel 1992 da Marc<br />

Andersen che sviluppò un browser web grafico: nacque così Mosaic. Fu<br />

una vera e propria rivelazione per la comunità degli utenti Internet che nel<br />

giro di pochi mesi attrasse su Wold Wide Web migliaia di utenti. Questo<br />

strumento fece emergere un modo nuovo di utilizzare i servizi della rete,<br />

completamente svincolato dalla complesse conoscenze tecniche. Grazie a<br />

12<br />

Tale documento è ancora disponibile presso il sito del W3 Consortium.<br />

<br />

13<br />

Anche questo documento è conservato sul sito del W3 Consortium.<br />

<br />

16


Mosaic e alla sottostante architettura Web, Internet divenne alla portata di<br />

chiunque con il minimo sforzo. La semplicità d’uso di Mosaic e le<br />

caratteristiche innovative del Web, nel giro di pochissimi mesi,<br />

con<strong>qui</strong>starono tutti gli utenti della rete, dando inizio a un processo di<br />

espansione tecnologica senza pari nel passato. Attualmente il numero di<br />

documenti presenti sul Web è valutato nell'ordine dei miliardi, e in<br />

centinaia di milioni gli utenti che quotidianamente ne fanno uso.<br />

Il 2 maggio del 1994 si tenne a Ginevra la prima WWW Conference<br />

seguita nell’ottobre da una seconda tenuta a Chicago. Da quei primi<br />

incontri si presero le mosse per la fondazione del W3 Consortium, una<br />

organizzazione voluta da Tim Berners Lee al fine di gestire in modo<br />

pubblico e aperto lo sviluppo delle tecnologie Web.<br />

La nuova Internet era ormai pronta a un’ennesima mutazione: da un<br />

sistema di comunicazione fortemente radicato nell’ambiente accademico<br />

stava per divenire un vero e proprio medium globale.<br />

17


INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA<br />

Interferenze linguistiche<br />

La rete diventa sempre più un luogo di comunicazione internazionale,<br />

ma è anche un luogo di comunicazione multilinguistica? Sembrerebbe<br />

proprio il contrario. Fin dagli albori di Internet la lingua dominante del<br />

World Wide Web è stata l’inglese. Questo perché inizialmente il Web era<br />

sotto il dominio assoluto degli Stati Uniti e solo negli anni novanta Internet<br />

ha iniziato ad espandersi anche nei paesi di altre lingue.<br />

L’inglese svolge oggi, al pari del latino o del francese nel passato, la<br />

funzione di lingua internazionale e la crescente diffusione dei mezzi<br />

informatici e di Internet ne ha rafforzato il ruolo. Questa egemonia<br />

dell’inglese ha destato non poche preoccupazioni riguardo allo stato di<br />

salute delle lingue che subiscono anche e soprattutto a causa di Internet e<br />

del Web il suo influsso. “Lo stranierismo è merce corrente [...] altrettanto<br />

prevedibile è il loro dilagare nei siti web, che ci autorizza ad individuare<br />

una vera e propria invasione, in particolare nei siti settoriali (e privilegiano<br />

l’inglese tecnologico, com’è ovvio, quelli d’argomento informatico), senza<br />

considerare che la maggior parte dei siti nostrani ha addirittura una<br />

versione dei testi in lingua inglese.” 14 Nel settore informatico più che in<br />

altri si verifica il fenomeno della ripresa pura e semplice del vocabolo<br />

straniero, che non viene né tradotto né adattato alla lingua d’arrivo.<br />

Il tema del possibile decadimento dell’italiano non nasce certo con la<br />

diffusione di Internet, ma i molti prestiti non o poco adatti (o forse a volte<br />

male adattati) entrati nell’italiano attraverso il gergo informatico hanno<br />

rianimato la discussione. “Da anni infatti si discute se sia doveroso tradurre<br />

14<br />

Andrea Masini, “L’italiano contemporaneo e la lingua dei media”, in La lingua italiana e i<br />

mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 21.<br />

18


i termini stranieri in (buon) italiano, o se viceversa sia lecito lasciarli nella<br />

lingua originale o al limite italianizzarli alla meno peggio.” 15 Nella rete<br />

sono frequenti i dibattiti su questo argomento, che evidenziano come in<br />

ambito informatico sia diffuso l’uso di prestiti anche quando esiste un<br />

termine italiano e<strong>qui</strong>valente, e che lamentano l’utilizzo sempre più<br />

frequente di neologismi grossolani come “scannare” (nel senso di<br />

digitalizzare, leggere con lo scanner) e “scannerizzazione”, anziché i più<br />

eleganti “scandire” e “scansione”.<br />

Comunque in genere i linguisti non ritengono che i prestiti siano di per<br />

sé un rischio per la lingua. Marazzini, per esempio, sostiene che i prestiti<br />

“possono essere interpretati come un segno di vitalità” 16 e De Mauro<br />

esclude decisamente che gli anglicismi entrati nell’uso della lingua italiana<br />

(e i forestierismo in genere) costituiscano un pericolo per la lingua: “da<br />

quando sono documentate, le seimila diverse lingue del mondo, anche le<br />

più consolidate ed egemoni, hanno conosciuto e conoscono fenomeni di<br />

interscambio e globalizzazione.” 17<br />

Vi è qualche dissenso sul numero delle parole entrate in italiano dalle<br />

lingue straniere come prestiti non adattati. Ed è discutibile se i derivati<br />

degli anglicismi siano essi stessi dei forestierismi. 18 Comunque il numero<br />

dei prestiti, confrontato con la ricchezza lessicale globale della lingua<br />

italiana, è talmente esiguo da non poter giustificare l’insorgere di<br />

irragionevoli timori. Inotre sembra che la diffusione dei mezzi di<br />

comunicazione globale come Internet non abbiano, almeno finora,<br />

aumentato significativamente il numero dei forestierismi. “Se si<br />

confrontano i neologismi entrati nell'italiano negli anni '90 con quelli dei<br />

15<br />

Cristina Cona, “Non dimentichiamo la nostra lingua”, Interalia, Settembre 2002. p.8.<br />

16<br />

C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma 1999. p. 225.<br />

17<br />

Tullio De Mauro, “Ogni lingua è globale, ciascuna a proprio modo”, Telema n.11, 1997.<br />

18<br />

Gusmani lo nega, ritenendo del tutto improprio attribuire l’etichetta di prestito ai termini<br />

derivati. Così facendo si renderebbe la definizione di prestito talmente generica da risultare<br />

scarsamente utile. Si potrebbe infatti concludere, che tutto il patrimonio di una lingua e dovuto a<br />

prestito, essendo stata ciasuna parola,una volta, un prestito.<br />

19


decenni immediatamente precedenti si notano diverse costanti: il numero di<br />

parole nuove entrate nella lingua è quasi identico ed è stabile il rapporto tra<br />

neologismi sintagmatici, creati cioè con materiale interno alla lingua, e<br />

forestierismi. In altre parole, negli ultimi quarant'anni non c'è stata<br />

un'accelerazione nell'ac<strong>qui</strong>sizione di forestierismi.” 19<br />

McLanguage<br />

Va altresì osservato che la contaminazione delle lingue per via<br />

telematica non avviene a senso unico, ossia non è solo l’inglese a<br />

influenzare le altre lingue, ma anch’esso è influenzato della lingue delle<br />

culture con cui entra in contatto. Il linguaggio informatico, di Internet e del<br />

Web non è più inglese ma si è evoluto in un “tecno-esperanto”, cioè “una<br />

macedonia di parole che fondono latino-grecismi e parole inglesi<br />

irrompendo sulla scena linguistica nei più diversi paesi compresi quelli<br />

anglofoni di qua e di là dell’Atlantico”. 20<br />

Può darsi che questo tran<strong>qui</strong>llizzi qualche purista che pretende di<br />

trascinare sul banco degli imputati il malvagio inglese, reo di invasione<br />

della presunta purezza dell’italiano e di altre lingue. Ma, d’altro canto, in<br />

questo modo si apre un’altra questione: la “salute” dell’inglese. Il Web,<br />

essendo un fenomeno di portata globale che tende a livellare le differenze<br />

tra le culture che in esso si incontrano per permettere una migliore (o una<br />

più facile e immediata) comunicabilità, è spesso ritenuto responsabile da un<br />

lato dell’assimilazione delle diverse lingue all’inglese, e dall’altro del<br />

appiattimento dell’inglese ad un esperanto privato della sue radici culturali.<br />

Anche questo problema non è certo nato con l’avvento della rete, era già<br />

una questione aperta per una lingua che per l’imponente espansione<br />

coloniale dell’Impero inglese e per la colossale importanza economica<br />

19<br />

Elisa Ranucci, “I neologismi nell’italiano contemporaneo”, Interalia, Settembre 2001, p.14-<br />

15.<br />

20<br />

Tulio De Mauro, “La telelingua è il vero esperanto”, Telèma n.2, 1995.<br />

20


statunitense è parlata come lingua ufficiale in 52 paesi e da 1,7 miliardi di<br />

persone in tutto il mondo. La nuova tecnologia non ha fatto altro che<br />

acutizzare il problema e di imporlo di nuovo alla nostra attenzione.<br />

Mary Snell-Hornby sostiene che nel caso della lingua parlata in<br />

Internet si tratta di un inglese che non si conforma più alle regole e le<br />

norme di una varietà nazionale alla quale dà il nome di McLanguage. 21<br />

Questa sarebbe un tipo particolare di inglese americano, semplificato e<br />

privato della sua ricchezza stilistica e lessicale e, con l’ausilio di<br />

abbreviazioni, icone, acronimi e grafici, fatto su misura per essere<br />

“consumato” velocemente. Questa lingua, che funziona da denominatore<br />

comune per la comunicazione interculturale, fa spesso uso del registro<br />

collo<strong>qui</strong>ale e tende a non rispettare rigidamente le prescrizioni<br />

grammaticali.<br />

I paesi di lingua inglese, anche in epoca coloniale, hanno sempre<br />

adottato una politica linguistica tutt’altro che puristica. Questo da un lato ha<br />

favorito la sua espansione, facilitandone l’apprendimento da parte di<br />

popolazioni di lingue diverse, dall’altro ha determinato una particolare<br />

apertura alle innovazioni e agli influssi esterni che ha fatto sorgere<br />

numerose varietà regionali. La Mclanguage ha d’altronde molti tratti<br />

comuni con l’inglese dei scrittori Africani postcoloniali. Questi scrivono in<br />

inglese ma pensano nella loro madrelingua, cioè traducono costantemente<br />

da una lingua all’altra, esattamente come fanno molti utenti web. Il risultato<br />

è una lingua comprensibile a tutti ma piena di interferenze locali.<br />

Un cambiamento di tendenza<br />

Ora però assistiamo ad un ulteriore mutamento della situazione:<br />

lentamente ma inesorabilmente altre lingue cominciano a impossessarsi del<br />

21<br />

Mary Snell-Hornby, “Comunicating in the Global Village: On Language, Translation and<br />

Cultural Identity”, Current Issues in Language & Society, vol.6, n.2, 1999, pp. 103-119.<br />

21


Web scalzando l’inglese dalla sua posizione dominante e rivendicando la<br />

loro autonoma importanza in un mondo globalizzato.<br />

Se nel 1998 il 75% delle pagine web erano in inglese, negli ultimi anni<br />

l’aumento degli utenti di lingue diverse dall’inglese è cresciuto<br />

vertiginosamente: sono passati nel giro di pochissimo tempo dal 10% al<br />

oltre il 50%. Secondo degli studi condotti nel 2002, più della metà degli<br />

utenti Internet non sono di madre lingua inglese e la maggior parte dei<br />

documenti è pubblicata in una lingua diversa dall’inglese. Gli ultimi studi<br />

indicano che il numero degli utenti di lingua inglese è sceso quasi a un<br />

terzo degli utenti totali.<br />

3,8%<br />

3,9%<br />

4,2%<br />

6,9%<br />

1,7%<br />

3,1%<br />

8,4%<br />

10,1%<br />

9,0%<br />

13,7%<br />

35,2%<br />

Figura 1: Utenti web suddivisi per lingua (Settembre 2004) 22<br />

Inglese<br />

Cinese<br />

Spagnolo<br />

Giapponese<br />

Tedesco<br />

Francese<br />

Coreano<br />

Italiano<br />

Portoghese<br />

Olandese<br />

Altro<br />

Anche se l’inglese continua ad essere di gran lunga la lingua più usata<br />

nella rete e molti utenti di Internet sono in grado almeno di comprenderlo,<br />

rimane fuor di ogni dubbio che un sito nella lingua madre dei suoi visitatori<br />

è molto più attraente e di più facile utilizzo.<br />

Gli utenti tendono a passare più tempo e sono più propensi ad<br />

22 Fonte: Global Reach [Ultimo accesso settenbre 2004]<br />

22


ac<strong>qui</strong>stare prodotti in siti nella loro lingua madre. Le aziende che vogliono<br />

sfruttare al medio i vantaggi del mercato globale e di Internet, perciò,<br />

devono assolutamente superare la barriera linguistica che li divide dai loro<br />

potenziali clienti. I primi ad accorgersi di questo aspetto sono stati i gestori<br />

dei portali, che hanno prontamente reagito mettendo a disposizione i loro<br />

servizi in molte lingue diverse e offrendo gratuitamente sistemi di<br />

traduzione automatica online. Per esempio, sia AltaVista che Yahoo!<br />

permettono la traduzione automatica di interi siti.<br />

In questo modo è stata riportata alla ribalta la questione della<br />

traduzione automatica immediata. In un ambiente (quello di Internet) dove<br />

ogni minuto di connessione ha un costo, è ovvio che si voglia accedere alle<br />

informazioni nel minor tempo possibile. La traduzione che rende fruibile il<br />

contenuto di un siti web realizzato in una lingua diversa della propria deve<br />

<strong>qui</strong>ndi avvenire in tempo reale.<br />

Inutile ripetere che le traduzioni così realizzate sono di scarsissima<br />

qualità e che si adatta solo come soluzione di emergenza. La soluzione<br />

migliore è e rimane che i siti siano direttamente localizzati dai loro<br />

realizzatori e che siano disponibili nel maggior numero di lingue possibili.<br />

Ed in effetti ci si accorge immediatamente che sono sempre più numerosi i<br />

siti multi-lingue.<br />

In questo contesto il ruolo del traduttore, già importante di per sé,<br />

diventa fondamentale. Nell’era dell’informazione e della comunicazione il<br />

traduttore diventa una figura di vitale importanza della società globalizzata.<br />

La traduzione dei testi elettronici diventerà sempre più centrale e sempre<br />

più la qualità della lingua dipenderà anche dalla qualità delle traduzioni.<br />

Sottolineare il ruolo del traduttore si rende necessario anche alla luce<br />

delle previsioni via via più insistenti che vedono il traduttore umano<br />

diventare superfluo con il progresso nel campo della traduzione automatica.<br />

Il pronostico dell’estinzione del traduttore in un futuro non molto lontano<br />

23


non è condiviso da nessun che sia cosciente di quale sia realmente il lavoro<br />

del traduttore.<br />

Ma se è vero che l’esistenza futura del traduttore allo stato attuale<br />

delle cose non è assolutamente in pericolo, è anche vero che questa<br />

professione subisce rapidi e profondi mutamenti. Le aspettative nei loro<br />

confronti sono cresciute enormemente. A causa del vasto numero di<br />

documenti trasmessi per via telematica si pretende che il lavoro sia<br />

compiuto a ritmi mai visti prima. Per soddisfare queste esigenze il<br />

traduttore deve imparare ad usare gli strumenti elettronici, a lavorare con<br />

sistemi di traduzione assistita, a svolgere lavoro di gruppo. I traduttori sono<br />

sempre più specializzati in una disciplina, e sempre più spesso in ambiti<br />

tecnici.<br />

Sono mutate e aumentate anche le responsabilità che gravano sulla<br />

figura del traduttore: oggi il traduttore si deve assumere un doppio<br />

impegno: ha il compito di favorire e assicurare un processo di<br />

globalizzazione nel quale non ci siano emarginati, esclusi dal godimento<br />

dei suoi vantaggi; e ha il dovere di preservare la molteplicità delle identità<br />

linguistiche e culturali e di impedire che la globalizzazione significhi<br />

americanizzazione, o comunque, omologazione culturale. Il traduttore<br />

favorisce i contatti e gli scambi pacifici tar le culture e impedisce che le<br />

reciproche influenze si risolvano in un appiattimento su un inico modello di<br />

vita, valorizzando le differenze tra le culture,che sono la vera ricchezza di<br />

un mondo globalizzato.<br />

24


IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO<br />

Il World Wide Web è stato cronologicamente l’ultima funzionalità di<br />

Internet ad essere sviluppata e tra tutte le applicazioni disponibili in rete è<br />

quella che gode della maggiore diffusione presso gli utenti. Questo<br />

strumento ha cambiato decisamente il volto di Internet, rendendo<br />

l’interazione con la rete una attività semplice e gradevole.<br />

Il Web può essere definito come un’enorme rete di documenti<br />

contenenti testi, immagini, ma anche suoni e animazioni distribuiti tra i vari<br />

nodi di Internet e collegati tra loro a formare una trama virtualmente<br />

infinita. L'architettura originaria del Web è stata sviluppata da Tim Berners<br />

Lee. Alla sua opera si devono l'elaborazione e l'implementazione dei<br />

principi, dei protocolli e dei linguaggi che ancora caratterizzano questa<br />

complessa applicazione di rete. Tuttavia, quando fu concepito, il Web era<br />

destinato a una comunità di utenti limitata, non necessariamente in<br />

possesso di particolari competenze informatiche ed editoriali, e non<br />

particolarmente preoccupata degli aspetti qualitativi e stilistici nella<br />

presentazione dell'informazione. Per questa ragione nello sviluppo<br />

dell'architettura Web furono perseguiti espressamente gli obiettivi della<br />

semplicità di implementazione e di utilizzazione.<br />

Queste caratteristiche hanno notevolmente contribuito al successo del<br />

Web. Ma con il successo lo spettro dei fornitori di informazione si è<br />

allargato: nel corso degli anni il World Wide Web è diventato un vero e<br />

proprio ambiente editoriale e di fornitura di servizi avanzati. Ovviamente<br />

l'espansione ha suscitato esigenze e aspettative che non erano previste nel<br />

progetto originale, stimolando una serie di revisioni e di innovazioni degli<br />

standard tecnologici originari.<br />

Si è avuto <strong>qui</strong>ndi un potenziamento della capacità di gestione e<br />

25


controllo dei contenuti multimediali pubblicati sul Web, e dunque dei<br />

linguaggi utilizzati per la loro creazione. In una prima fase un ruolo<br />

propulsivo in questo processo fu assunto dalle grandi aziende produttrici di<br />

browser. Nel corso degli anni novanta sia Microsoft che Netscape, man<br />

mano che nuove versioni dei loro browser venivano sviluppate,<br />

introducevano innovazioni ed estensioni, al fine di con<strong>qui</strong>stare il maggior<br />

numero di fornitori di servizi e dunque di utenti (infatti le nuove<br />

caratteristiche, almeno inizialmente, erano riconosciute e interpretate<br />

correttamente solo dai rispettivi browser). Questa corsa all'ultima<br />

innovazione, se molto ha migliorato l'aspetto e la fruibilità delle pagine<br />

pubblicate su Web, ha rischiato di avere effetti devastanti sull’accessibilità<br />

dei contenuti on-line.<br />

Per evitare che le tensioni indotte dal mercato limitassero l'universalità<br />

di accesso all'informazione on-line, nel 1994 lo stesso Tim Berners Lee<br />

promosse la costituzione del World Wide Web Consortium (W3C).<br />

L’organizzazione senza fini di lucro, che raccoglie centinaia di aziende,<br />

enti, centri di ricerca e singoli specialisti coinvolti più o meno direttamente<br />

nel settore delle tecnologie Web, è ufficialmente deputata allo sviluppo<br />

degli standard tecnologici per il Web.<br />

Il Web come ipertesto multimediale<br />

Qualsiasi documento Web presente in rete è potenzialmente<br />

accessibile allo stesso modo (attraverso un legame ipertestuale) da qualsiasi<br />

altro documento. Inoltre la regnatela globale integra, come abbiamo visto,<br />

diverse forme espressive (testo, suoni, filmati). Di conseguenza il Web può<br />

essere definito come un ipertesto multimediale: è dunque chiaro che tali<br />

concetti delineano la cornice generale nella quale esso e tutte le tecnologie<br />

sottostanti si inseriscono. In primo luogo è bene distinguere il concetto di<br />

multimedialità da quello di ipertesto. I due concetti sono spesso affiancati e<br />

26


talvolta sovrapposti, ma mentre il primo si riferisce agli strumenti e ai<br />

codici della comunicazione, il secondo riguarda la sfera più complessa<br />

della organizzazione dell'informazione.<br />

Con multimedialità, dunque, ci si riferisce alla possibilità di utilizzare<br />

contemporaneamente, in uno stesso messaggio, più linguaggi o codici. 23 Da<br />

questo punto di vista, possiamo dire che una certa dose di multimedialità è<br />

intrinseca in tutte le forme di comunicazione che l'uomo ha sviluppato e<br />

utilizzato, a partire dalla complessa interazione tra parola e gesto, fino alla<br />

invenzione della scrittura, dove il linguaggio verbale si fonde con l'iconicità<br />

del linguaggio scritto, e a tecnologie comunicative più recenti come il<br />

cinema o la televisione. Nondimeno l'informatica, riducendo linguaggi<br />

diversi ad un unico codice binario (cioè costituito da una serie di 0 e di 1),<br />

permette un livello di integrazione fra codici diversi totalmente nuovo:<br />

tradizionalmente, i supporti utilizzati per i testi scritti erano diversi, nelle<br />

tecnologie impiegate e nei modi di fruizione, dai supporti utilizzati per<br />

suoni, da alcuni di quelli usati per le immagini o per i filmati. “La<br />

convergenza al digitale rende possibile una integrazione strettissima e<br />

totalmente inedita fra codici e linguaggi che eravamo abituati a considerare<br />

lontani. E per questa via rende possibile forme di comunicazione nuove, le<br />

cui caratteristiche e potenzialità stiamo appena iniziando ad esplorare.” 24<br />

La definizione di ipertesto, invece, richiederebbe una trattazione più<br />

estesa. Se ci si occupan un po’ di questo argomento, ci si imbatte<br />

inevitabilmente nei nomi di Barthes, Derrida e Genette, in rifeirmento<br />

soprattutto alla critica postmoderna. Argomento di questo lavoro è, però, la<br />

traduzine dei testi elettronici in rete ed è <strong>qui</strong>ndi necessario prendere come<br />

23<br />

Il concetto di multimedialità è più problematico di quanto non appaia <strong>qui</strong>. Il termine a rigore<br />

dovrebbe indicare la molteplicità dei supporti fisici (medium) del messaggio. In realtà, però, si è<br />

soliti riferirsi piuttosto al intreccio di più codici espressivi. In questo senso sarebbe più<br />

opportuno, come suggerisce Gino Roncaglia, parlare di “multicodicalita”.<br />

24<br />

Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Laterza, Roma-<br />

Bari, 2000, pp 28-29.<br />

27


punto di partenza una definizione diversa di ipertesto che si riferisce ad un<br />

insieme di testi elettronici posti in relazione tra loro in maniera non<br />

sequenziale attraverso una serie di riferimenti incrociati. Volendo fornire<br />

una definizione più precisa diremmo che esso consiste in una serie di<br />

blocchi testuali 25 e di una serie di collegamenti e rimandi istituiti fra tali<br />

blocchi, fra porzioni di tali blocchi o all’interno di un singolo blocco.<br />

La prima formulazione moderna dell'idea di ipertesto si trova in un<br />

articolo dell’americano Vannevar Bush, As We May Think 26 , apparso nel<br />

1945, dove viene descritta una complicata macchina immaginaria, il<br />

Memex (contrazione di Memory extension). Si trattava di una sorta di<br />

scrivania meccanizzata, dotata di schermi per visualizzare e manipolare<br />

documenti microfilmati, e di complicati meccanismi con cui sarebbe stato<br />

possibile costruire legami e collegamenti tra unità informative diverse.<br />

La sintesi tra le suggestioni di Bush e le tecnologie informatiche è<br />

stata opera di Ted Nelson, che ha anche coniato il termine 'ipertesto', agli<br />

inizi degli anni sessanta. Nel suo scritto più famoso, Literary Machines 27 si<br />

descrive un potente sistema ipertestuale, chiamato Xanadu 28 . L’idea di<br />

Nelson è quella di realizzare una rete ipertestuale mondiale, da lui definita<br />

docuverso, costituita dall’insieme degli scritti, delle immagini e dei dati<br />

conservati in tutto il mondo che possa essere utilizzata da centinaia di<br />

milioni di persone. Il progetto Xanadu non è mai stato realizzato<br />

concretamente, nonostante i molti tentativi cui Nelson ha dato vita. Ma le<br />

sue idee sono confluite molti anni più tardi nella concezione del World<br />

Wide Web.<br />

25<br />

I blocchi testuali sono spesso anche chiamati “lessie”, prendendo in prestito il termine usato<br />

da Roland Barthes per denotare delle unità di lettura ritagliate all’interno del testo, risultanti<br />

dalla scomposizione del lavoro di lettura. Si badi, però, che i concetti di blocco testuale e lessia,<br />

così come è intesa da Barthes, non coincidono. Infatti, mentre le lessie sono individuate dal<br />

lettore, i blocchi costiutivi del ipertesto sono determinati dall’autore.<br />

26<br />

Vannevar Bush, “As we may think”, Atlantic Monthly, 1945<br />

27<br />

Teodor Nelson, Literary Machines, Mindfull Press, Sausalito, 1992<br />

28<br />

Il sistema ipertestuale prende il nome dal misterioso palazzo nel poema Kubla Kahn del<br />

poeta romantico S. T. Coleridge.<br />

28


Nella cultura occidentale, a partire dalla invenzione della scrittura<br />

alfabetica, e in particolare da quella della stampa, l'organizzazione<br />

dell'informazione in un messaggio, e la corrispondente fruizione della<br />

stessa, è essenzialmente basata su un modello lineare sequenziale, su cui si<br />

può sovrapporre al massimo una strutturazione gerarchica. Basti pensare ad<br />

un libro, esso è una sequenza lineare di testo, eventualmente organizzato<br />

come una sequenza di capitoli, che a loro volta possono essere organizzati<br />

in sequenze di paragrafi, e così via. La fruizione del testo avviene pertanto<br />

in modo sequenziale, dalla prima all'ultima pagina. Il lettore della maggior<br />

parte dei testi finora prodotti dalla cultura occidentale inizia a leggere il<br />

testo dall'inizio, e prosegue linearmente fino alla fine.<br />

A questo modello ci sono ovviamente delle eccezioni. Infatti il<br />

concetto di ipertestualità non è completamente nuovo, ma anzi è presente<br />

già in molti dei testi stampati. La lettura di un articolo scientifico in una<br />

rivista contenete note e rimandi prevede infatti che i lettori si spostino da<br />

un blocco testuale ad un altro, e anche il consultare un dizionario mentre si<br />

legge un libro è un tipo di lettura ipertestuale.<br />

Cionondimeno l’ipertesto è spesso associato al mondo<br />

dell’informatica, cioè è quasi sempre pensato come un testo elettronico. In<br />

effetti, se è vero che un ipertesto può non essere un testo digitale, è anche<br />

vero che nella scrittura tradizionale prevale nettamente la linearità mentre<br />

un testo digitale, in special modo un documento web, non può non essere<br />

un ipertesto. A differenza della carta stampata i testi elettronici in rete<br />

prevedono questa modalità di lettura quasi costituzionalmente 29 . Quindi il<br />

testo digitale viene di fatto a coincidere con un ipertesto elettronico.<br />

Il testo digitale<br />

Il testo che riceviamo composto su di uno schermo differisce, per<br />

29 Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol. 2, 1999.<br />

29


diversi punti essenziali, dal testo che leggiamo sulla carta. Innanzitutto,<br />

dato un codice sorgente, per arrivare a confrontarci con ciò che questo<br />

veicola abbiamo bisogno di un elaboratore che legga il codice e ci<br />

restituisca una pagina a schermo, ovvero necessitiamo di una macchina che<br />

funga da supporto per ciò che va letto. Fatto questo, ciò che scorriamo è, in<br />

effetti, quanto la macchina ha già letto una prima volta. La nostra base di<br />

partenza è il prodotto di un'interpretazione già compiuta dalla macchina,<br />

che in questo modo diventa una specie di secondo autore (o, se si<br />

preferisce, di primo lettore).<br />

È possibile <strong>qui</strong>ndi distinguere due livelli del testo elettronico: il<br />

codice, consistente nella sequenza di caratteri che viene processata dalla<br />

macchina e che è effettivamente scritta dall’autore; e l’opera così come<br />

appare sullo schermo, ossia il testo come appare al lettore dopo<br />

l’interpretazione da parte del computer.<br />

Il rapporto che si instaura tra questi due livelli di testo si presenta nella<br />

seguente maniera. Quello che può essere definito come il testo vero e<br />

proprio è il codice, cioè il livello più profondo del testo elettronico. Questo<br />

contiene tutte le informazioni del testo anche quelle che non vengono<br />

riprodotte sullo schermo, o che sono visualizzate solo in determinate<br />

situazioni. Il codice è il punto di partenza per la realizzazione dell'ipertesto.<br />

Il secondo elemento, ciò che appare a schermo, è solo una presenza<br />

momentanea, che viene simulata ogni volta che l'apposito programma<br />

processa il primo testo. Quando leggiamo un documento digitale, anche se<br />

ogni volta che viene visualizzato la macchina ci mostra lo stesso testo, in<br />

realtà ci troviamo sempre di fronte a un testo nuovo, un testo riscritto dalla<br />

macchina ogni volta di nuovo a partire dal codice sottostante. D’altra parte<br />

questo secondo livello è l’unica realtà con cui si misura il lettore ed è<br />

l’unico aspetto che il testo elettronico può avere nella fruizione.<br />

Il rapporto che lega questi due testi può essere visto, metaforicamente,<br />

30


come se il primo testo, il codice, descrivesse e immaginasse un originale, di<br />

cui la macchina crea una copia, il testo a schermo. Da questo punto di vista,<br />

un vero testo originale non esiste, ma solo la collezione di copie simulate<br />

con cui si interagisce. La nostra esperienza quotidiana con i computer, del<br />

resto, ci ha abituato ad un modo di lavorare che sfrutta questa metafora.<br />

Usando sistemi operativi dove è possibile aprire più sessioni o più finestre<br />

sullo stesso schermo, ad esempio, oppure sfruttando funzionalità come il<br />

copia-e-incolla, ognuno di noi ha imparato a considerare lo schermo come<br />

quello spazio provvisorio dove si creano legami tra dati memorizzati<br />

altrove.<br />

Il codice<br />

Per quanto riguarda <strong>qui</strong>ndi un traduttore che si confronta con un<br />

ipertesto, e più precisamente con un documento web, quello che gli<br />

interesserà di più non sarà la sua realizzazione momentanea, generata da un<br />

progarmma, bensì la sua codificazione che ne rappresenta la realtà stabile.<br />

Nel caso concreto di una pagina web, il codice si basa su di un<br />

linguaggio di rappresentazione dei documenti in formato elettronico,<br />

appartenete alla classe dei linguaggi di marcatura (markup languages)<br />

denominato Hypertext Markup Language (HTML). L'espressione markup<br />

deriva dall'analogia tra questi linguaggi e le annotazioni inserite da autori,<br />

curatori editoriali e correttori nei manoscritti e nelle bozze di stampa di un<br />

testo al fine di indicare correzioni e trattamenti editoriali, chiamate in<br />

inglese mark-up. In modo simile, i linguaggi di marcatura sono costituiti da<br />

un insieme di istruzioni, dette tag (marcatori), che servono a descrivere la<br />

struttura, la composizione e l'impaginazione del documento. I marcatori<br />

sono sequenze di normali caratteri e vengono introdotti, secondo una<br />

determinata sintassi, all'interno del documento, accanto alla porzione di<br />

testo cui si riferiscono.<br />

31


HyperText Markup Language (HTML) è il linguaggio attualmente più<br />

utilizzato per dare forma ai miliardi di documenti che popolano World<br />

Wide Web. 30 Come si è detto, si tratta di un linguaggio orientato alla<br />

descrizione di documenti testuali, ma integra anche alcune estensioni per il<br />

trattamento di dati multimediali e soprattutto di collegamenti ipertestuali.<br />

Ad esempio è possibile indicare i diversi livelli dei titoli di un documento,<br />

lo stile dei caratteri (corsivo, grassetto...), i capoversi, la presenza di liste<br />

(numerate o no). Volendo realizzare un documento ipermediale (cioè un<br />

ipertesto multimediale), avremo a disposizione anche marcatori specifici<br />

per la definizione dei link ipertestuali e per l'inserimento di immagini.<br />

Attraverso i marcatori HTML è possibile anche specificare alcune strutture<br />

interattive come moduli di immissione attraverso cui l'utente può inviare<br />

comandi e informazioni al server.<br />

Lo sviluppo del HTML è stato assai complesso e, soprattutto in una<br />

certa fase, piuttosto disordinato. Nella sua prima versione ufficiale, il<br />

linguaggio era estremamente semplice, e non prevedeva la possibilità di<br />

rappresentare fenomeni testuali ed editoriali complessi. Di conseguenza le<br />

sue specifiche hanno subito numerose revisioni che hanno dato origine a<br />

diverse versioni ufficiali, nonché a una serie di estensioni introdotte dai vari<br />

produttori di browser Web (in particolare, Microsoft e Netscape). Pur se in<br />

maniera un po' caotica, questi raffinamenti successivi, accogliendo le<br />

sollecitazioni provenienti da una comunità di utenti sempre più vasta e<br />

variegata, hanno progressivamente allargato la capacità di rappresentazione<br />

del linguaggio, introducendo molti elementi utili a migliorare<br />

l'organizzazione strutturale e formale dei documenti.<br />

La costituzione del W3C ha permesso di standardizzare in modo<br />

definitivo il linguaggio, che è ormai finalmente stabilizzato. Nel dicembre<br />

30<br />

L’HTML è certamente il linguaggio più diffuso, ma non l’unico. Per ovviare ai suoi<br />

numerosi limiti è stato sviluppato un (meta)linguaggio più potente e versatile per la creazione di<br />

documenti da distribuire su Web, denominato Extensible Markup Language (XML).<br />

32


del 1999, infatti, è stata rilasciata ufficialmente l'ultima versione,<br />

denominata HTML 4.01.<br />

33


IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE<br />

Ogni documento digitale è costituito da due strati: l’interfaccia utente,<br />

ciò che è destinata alla lettura; ed il codice sorgente, il livello più profondo<br />

in cui sono contenute tutte le parti del testo e tutte le informazioni<br />

strutturali. Come abbiamo visto il primo non è che una rappresentazione<br />

momentanea e parziale del testo, mentre il secondo è la realtà stabile con<br />

cui il traduttore si deve confrontare.<br />

Il codice sorgente è un linguaggio artificiale attraverso il quale il<br />

programmatore (in questo caso il webmaster) struttura l’aspetto e il<br />

contenuto del prodotto informatico. Esso, <strong>qui</strong>ndi, determina l’aspetto<br />

esteriore del sito web così come è visto dagli utenti. Bisogna sottolineare il<br />

fatto che nel codice sono contenuti anche porzioni del testo che nella<br />

pagina web finale non sono immediatamente visibili. Infatti, i documenti<br />

digitali, distinguendosi per una certa dinamicità, possono nascondere<br />

frammenti anche rilevanti del testo che diventano visibili solo in risposta ad<br />

una precisa azione del lettore.<br />

Il linguaggio più diffuso nel Web è ancora l’HTML. Anche se si<br />

stanno diffondendo linguaggi con maggiori potenzialità, l’universalità e<br />

l’accessibilità anche i principianti fa si che l’HTML sia ancora il pilastro<br />

portante dello sviluppo Web. Senza nessuna pretesa di completezza ci<br />

accingiamo ad introdurre questo linguaggio di marcatura al solo fine di<br />

illustrare quali siano le difficoltà tecniche della traduzione digitale che la<br />

rendono così diversa dagli altri tipi di traduzione.<br />

Abbiamo detto, <strong>qui</strong>ndi, che il codice HTML oltre a includere il<br />

contenuto dell’ipertesto, ne determina la struttura e la rappresentazione: il<br />

linguaggio di marcatura permette di descrivere, usando particolari simboli<br />

chiamati tag o marcatori (che sono sempre costituiti da parole, lettere, o<br />

34


altri caratteri stampabili) la struttura di un documento, indicando in modo<br />

opportuno l'inizio e la fine di una parola, l'inizio e la fine delle varie parti di<br />

cui si compone un documento (paragrafi, sezioni, capitoli), ecc. Quando si<br />

accede al testo in rete, le informazioni in esso contenute indicheranno al<br />

computer che lo riceve come interpretarlo per visualizzarlo o stamparlo in<br />

modo corretto.<br />

Per poter accedere al documento autentico così come è stato realizzato<br />

dal suo autore bisogna visualizzare dal browser il codice sorgente. Nel<br />

esempio seguente (fig. 1) è illustrato il testo HTML “puro”, visualizzato<br />

aprendo il file con estensione HTM o HTML con un qualsiasi editor di<br />

testo.<br />

Figura 1<br />

Come si può vedere, il testo in codice HTML puro apparire a prima<br />

vista molto oscuro: ci si ritrova davanti ad una confusione quasi<br />

incomprensibile di simboli e caratteri. Per questo motivo e necessario che il<br />

traduttore di un testo digitale abbia una buona conoscenza del linguaggio di<br />

marcatura adoperato, in modo che riesca a distinguere il testo da tradurre da<br />

quello che deve rimanere assolutamente invariato.<br />

35


Breve introduzione al linguaggio HTML<br />

Le informazioni che indicano come disporre gli elementi all’interno di<br />

una pagina sono contenute in appostiti marcatori, detti tag. I tag sono un<br />

insieme di istruzioni che il browser legge in maniera sequenziale, da<br />

sinistra a destra, dall’alto al basso, esattamente come nella lettura umana.<br />

Le istruzioni sono racchiuse tra parentesi angolari () e terminano con<br />

lo stesso tag preceduto dal simbolo di chiusura (). Per esempio:<br />

La traduzione digitale<br />

Questa istruzione indica al browser che il titolo del documento è “La<br />

traduzione digitale”.<br />

Partiamo da un esempio semplice di una pagina web per identificare<br />

tutti i suoi elementi basilari.<br />

<br />

<br />

La traduzione digitale<br />

<br />

<br />

<br />

La traduzione digitale<br />

La traduzione digitale è quel settore della traduzione che si<br />

occupa della traduzione di documenti digitali. <br />

Sito dell’Università Chieti-Pescara<br />

<br />

<br />

<br />

Prendiamo in rassegna ogni elemento del documento appena descritto:<br />

I marcatori , e con i rispettivi tag di chiusura<br />

indicano rispettivamente l’inizio e la fine del documento HTML, la testa<br />

del documento, che contiene informazioni sul documento stesso (per<br />

esempio il titolo), e il corpo del testo, cioè il quello che sarà visualizzato<br />

36


nella finestra del browser.<br />

Il testo compreso tra il marcatore come abbiamo già detto è il<br />

titolo del documento. Esso, facendo parte della testa, sarà visualizzato sulla<br />

barra della finestra del browser e non all’interno del documento.<br />

Il tag sta per “heading 1”. Esso marca il testo che all’interno del<br />

documento svolge la funzione di titolo del testo. Esso sarà rappresentato<br />

con un carattere più grande e in grassetto.<br />

Il tipo di carattere e la grandezza del carattere sono determinati dal<br />

marcatore . Esso racchiude in se stesso gli attributi “face” (tipo di<br />

carattere) e “size” (la grandezza del carattere).<br />

Con si indica una interruzione di riga, cioè si manda a capo il<br />

testo che segue. Questo è uno dei pochi marcatori che non possiede un<br />

rispettivo tag di chiusura.<br />

Il marcatore più importante però è quello che permette di stabilire dei<br />

collegamenti ipertestuali con altri documenti digitali. Il tag indica la<br />

presenza di link e l’attributo “href” (hypertext reference) indica l’indirizzo<br />

del documento di destinazione.<br />

Figura 2<br />

37


Gli elementi invisibili<br />

Tutti i tag descritti sopra devono rimanere invariati nel testo tradotto.<br />

Questo vale per tutti i marcatori e per tutti gli attributi, ma non per tutti i<br />

valori degli attributi. Tra questi ultimi bisogna, infatti, distinguere quelli<br />

traducibili da quelli inalterabili.<br />

Per esempio i valori del attributo “align” che determina la posizione di<br />

un elemento all’interno del documento possono essere solo “right”, “left”,<br />

“center” e “justify” (allineato a destra, a sinistra, al centro o giustificato).<br />

La sostituzione di questi valori con degli e<strong>qui</strong>valenti in un’altra lingua<br />

avrebbe come effetto che il browser non riconoscerebbe come valido il<br />

valore inserito.<br />

Al contrario, nel caso dell’attributo “title” del tag , il valore può<br />

essere costituito da una stringa (sequenza di caratteri alfanumerici)<br />

qualsiasi. In questo caso l’attributo indica il nome assegnato ad un<br />

collegamento ipertestuale. Nell’esempio precedente questo valore era<br />

“Clicca per visualizzare il sito UdA”. Questa brevissima parte di testo è<br />

visualizzato solo quando l’utente posiziona il puntatore del mouse sul<br />

collegamento ipertestuale (fig. 3).<br />

Se si omettesse la traduzione di questo testo, l’aspetto iniziale del<br />

documento risulterebbe invariato ma quando l’utente vorrebbe seguire il<br />

rimando ipertestuale verrebbe visualizzato il testo nella lingua originale. La<br />

qualità della traduzione sarebbe decisamente scadente. Si capisce <strong>qui</strong>ndi<br />

perché non è possibile partire dell’interfaccia per tradurre un documento<br />

digitale.<br />

38


Strumenti di traduzione assistita<br />

Figura 3<br />

Come si è visto dalla figura 1 il codice sorgente potrebbe risultare<br />

piuttosto intricato. Spesso i documenti web sono talmente complessi da<br />

rendere quasi impossibile la traduzione senza ausili tecnologici. In questi<br />

casi uno strumento di traduzione assistita (CAT, Computer-Aided<br />

Translation) si rivela utile in quanto consente di formattare opportunamente<br />

il documento, per esempio mettendo in particolare rilievo il testo da<br />

tradurre.<br />

Figura 4<br />

39


La figura 4 mostra un documento HTML dopo la rielaborazione da<br />

parte di uno strumento di traduzione assistita. Il programma in questo caso<br />

ha attribuito colori diversi ai diversi elementi del documento, facilitando in<br />

questo modo la distinzione tra marcatori HTML e il testo della pagina web.<br />

Inoltre gli strumenti CAT consentono di tradurre il materiale e di<br />

archiviare in appositi file, detti memorie di traduzione (TM, Translation<br />

Mermory) le frasi tradotte unitamente a quelle in lingua originale. Con il<br />

procedere del lavoro, lo strumento di traduzione assistita verifica se nella<br />

memoria è presente la frase da tradurre o una frase simile e, in caso<br />

affermativo, presenta la traduzione disponibile unitamente alle eventuali<br />

differenze individuate. In questo modo si rende più rapido ed efficiente il<br />

processo di traduzione, garantendo al tempo stesso la coerenza<br />

terminologica. Questo si rivela particolarmente vantaggioso qualora si<br />

traducessero documenti tecnici piuttosto lunghi e complessi che si<br />

caratterizzano per la ripetitività della terminologia.<br />

Si badi, però, la traduzione assistita si distingue in maniera<br />

fondamentale dalla traduzione automatica. Il programma CAT si limita a<br />

suggerire possibili soluzioni in base alle traduzione fatte precedentemente e<br />

non traduce autonomamente. Gli strumenti CAT non sono che dei semplici<br />

ausili alla traduzione umana e non la sostituiscono in nessun momento. La<br />

traduzione automatica è ben altra cosa e non risulta essere altrettanto<br />

vantaggiosa nella pratica traduttiva. Come vedremo in un altro capitolo,<br />

malgrado i notevoli sforzi per sviluppo degli strumenti automatici e<br />

nonostante le aspettative spesso esagerate la traduzione automatica al<br />

contrario di quella assistita rimane, salvo casi eccezionali, esclusa<br />

dall’effettiva pratica della traduzione.<br />

40


LA TRADUZIONE AUTOMATICA<br />

“Non esiste civiltà che non abbia una sua versione di Babele, una<br />

mitologia della dispersione originaria delle lingue.” 31 Da tempo<br />

immemorabile ormai l’uomo si interroga sul ruolo negativo dell’isolamento<br />

linguistico “e il tentativo di porvi rimedio grazie al ritrovamento o<br />

all’invenzione di una lingua comune a tutto il genere umano attraversa la<br />

storia di tutte le culture.” 32<br />

Oggi il mondo caratterizzato dal processo di globalizzazione<br />

percepisce molto più urgentemente di ieri la necessità della ricomposizione<br />

delle fratture linguistiche. Ci si è accorti che il villaggio globale ha bisogno<br />

di poter comunicare senza ostacoli al di là dei propri confini politici e<br />

culturali, ma che ognuno parla ancora rigorosamente solo la propria lingua.<br />

L’adozione di una lingua franca, a differenza di quello che si è potuto<br />

pensare in passato, non costituisce una soluzione particolarmente allettante.<br />

La prospettiva che una lingua diventi il veicolo di tutte le comunicazioni<br />

interculturali implica una relazione di dominio sulle altre lingue. Queste<br />

finirebbero per essere degradate a lingue di seconda classe e finirebbero a<br />

poco a poco per scomparire, portandosi dietro tutta la cultura di cui sono<br />

testimoni.<br />

Questo è ciò che sta già in parte accadendo a causa del dominio<br />

culturale statunitense. Dato il dominio dell’inglese nei prodotti culturali<br />

globali, le lingue locali assumono un’immagine di inferiorità. Si teme che<br />

delle 6000 lingue attualmente parlate al mondo alla fine del XXI secolo ne<br />

saranno scomparse 5500. Dietro ogni lingua c’è una cultura e la capacità di<br />

rispecchiare un modo di pensare. Quando muore una lingua diminuisce la<br />

31<br />

George Steiner, After Babel, Oxford-New York, OUP, trad. it. Dopo Babele, Garzanti,<br />

Milano, 1994, p. 86.<br />

32<br />

Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta, Roma-Bari, Laterza, 2004 p. 6.<br />

41


capacità di pensare di conoscere in modo differente. 33<br />

L’unica alternativa è quella di affidare la comunicazione tra comunità<br />

di lingue diverse alla mediazione dei traduttori. Questa, per esempio, è stata<br />

la scelta della Comunità Europea che ha deciso di considerare e<strong>qui</strong>valenti<br />

tutte lingue parlate dai paesi membri. In questo caso però il problema è che<br />

la domanda di traduzione supera di gran lunga l’offerta. Non ci sono<br />

abbastanza traduttori e l’aumento di produttività anche con l’ausilio di<br />

strumenti informatici è arrivato al suo limite massimo. Un buon traduttore<br />

cimentandosi con una traduzione specialistica non supera mediamente le 4-<br />

6 pagine o le 2000 parole al giorno. 34 Inoltre la traduzione è un servizio<br />

estremamente costoso: è stato calcolato che il 40-45% dei costi delle<br />

istituzioni comunitarie sono costituite dai servizi di traduzione e<br />

interpretazione, ma si tratta di una stima che risale a prima<br />

dell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est. 35 Si capisce <strong>qui</strong>ndi perché<br />

ci sia un interesse così forte nella traduzione automatica (MT).<br />

L’utilità della traduzione automatica<br />

La prospettiva di una traduzione completamente automatica senza<br />

l’intervento di un traduttore umano ha attratto l’attenzioni di molti,<br />

soprattutto tra coloro che non lavorano come traduttori. Le posizioni prese<br />

riguardo al fenomeno della traduzione automatica oscilla tra due estremi<br />

opposti: da un lato si asserisce che la traduzione automatica sia<br />

completamente inutile, perché la qualità dei testi prodotti è decisamente<br />

scadente e non potrà mai sostituire il traduttore umano; dall’altra parte<br />

invece si sostiene che essa riuscirà a superare tutte le barriere linguistiche,<br />

33<br />

M. Davies e Z. Sardar, Perché il mondo detesta l’America, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 115.<br />

34<br />

Olivia Craciunescu, Constanza Gerding-Salas, Susan Stringer O’Keeffe, “Machine<br />

Translation and Computer-Assisted Translation: a New Way of Translating”, Translation<br />

Journal, vol. 3, n.3, 2004.<br />

35<br />

Douglas Arnold, Machine Translation: an Intoductory Guide, London, NCC Blackwell, 1994,<br />

p. 5.<br />

42


minacciando perciò l’esistenza dei traduttori. La verità, come spesso<br />

accade, si trova nel mezzo. Nessuna delle due posizioni è esatta: quella<br />

totalmente negativa sottovaluta le possibilità dei sistemi MT, quella<br />

positiva ne sottovaluta i limiti.<br />

L’indubbia utilità della traduzione automatica è dimostrata dal suo<br />

effettivo utilizzo. Per esempio METEO è usato dal Centro Meteorologico<br />

Canadese fin dal 1977 per tradurre bollettini meteorologici tra l’inglese e il<br />

francese, e SYSTRAN, uno dei sistemi più rodati e affidabili, è utilizzato<br />

dalle istituzioni europee. Il fatto che questi strumenti si rivelano utili solo in<br />

circostanze particolari e che la qualità dei testi tradotti è ancora piuttosto<br />

scarsa non ne sancisce l’inutilità. Infatti non in tutti i casi si necessita di una<br />

traduzione qualitativamente elevata, a volte è necessario che essa sia<br />

eseguita rapidamente al solo fine di conoscere a grandi linee il contenuto di<br />

un testo in lingua straniera. In altre parole, la traduzione automatica è<br />

maggiormente adatta a situazioni in cui un ampio volume di traduzioni sia<br />

richiesto a stretti termini di consegna e in cui la qualità richiesta per il<br />

prodotto finale non sia troppo elevata. Inoltre, la traduzione automatica<br />

necessita di testi in formato elettronico, perciò il suo impiego sembra<br />

particolarmente indicato per testi che nascono e sono destinati a essere<br />

fruiti in tale formato, come nel caso di documenti web.<br />

Nessun computer, però, partendo da un testo qualsiasi, è in grado di<br />

portare a termine una traduzione di qualità simile a quella di un traduttore<br />

professionista senza alcun bisogno si intervento umano. Anzi, l’intervento<br />

umano è una componente essenziale della traduzione automatica. Il<br />

traduttore deve pre-elaborare il testo per semplificare la sintassi e il lessico<br />

oltre a risolvere eventuali ambiguità. Il testo così predisposto può essere<br />

tradotto da una macchina evitando in massima parte imprecisioni e<br />

malintesi. A seconda del grado di accuratezza desiderato, il testo tradotto<br />

può anch’esso subire una rielaborazione al fine di eliminare<br />

43


definitivamente tutti i possibili errori.<br />

La prospettiva della sostituzione dell’uomo con la macchina ha portato<br />

ad un certo rifiuto di queste tecnologia da parte dei traduttori non solo a<br />

causa di una possibile perdita di lavoro e di prestigio professionale, ma<br />

anche per il timore di una riduzione della qualità dei servizi offerti. Inoltre<br />

il ristretto campo d’applicazione della traduzione automatica ha comunque<br />

determinato una diffusione piuttosto limitata di questi sistemi. La<br />

traduzione automatica non è servita ad aumentare la produttività della gran<br />

parte dei traduttori, che preferiscono l’utilizzo di strumenti più semplici ma<br />

più efficienti. Questa situazione ha generato reazioni come quelle di Martin<br />

Kay, il quale, riguardo alla traduzione automatica, arriva ad affermare che<br />

nella storia non esiste esempio migliore dell’uso improprio dei computer.<br />

Per poter automatizzare il processo della traduzione sarebbe necessario<br />

esplicitarne i principi con la precisione richiesta da un programma<br />

informatico. Secondo Kay, insomma, il fallimento è dovuto al fatto che si<br />

stia tentando di far fare ai computer qualcosa che noi stessi ancora non<br />

comprendiamo completamente. 36<br />

Steve Vitek, invece, evidenzia una altro aspetto: non è possibile<br />

tradurre senza comprendere il senso del testo, ma questo è proprio quello<br />

che pretendiamo dai computer. Fin quando le macchine non<br />

comprenderanno il significato di ciò che devono tradurre la traduzione<br />

automatica non rimarrà che uno strumento utile per tradurre delle singole<br />

parole da una lingua all’atra, parole che non riveleranno nulla del senso del<br />

testo originale se non per caso. Per questo una traduzione automatica che<br />

punta ad una traduzione accurata del contenuto del testo di partenza non è<br />

altro che un futile esercizio. 37<br />

36<br />

Martin Kay, “The Proper Place of Men and Machine in Language Translation”, in Machine<br />

Translation, 12, 1997, pp.3-23.<br />

37<br />

Steve Vlasta Vitek, “Reflections of a Human Translator on Machine Translation”, Translation<br />

Journal, vol. 4 n. 3, Luglio 2000.<br />

44


Oggi, nonostante il notevole sviluppo tecnologico, la traduzione<br />

automatica non riesce a fornire risposte adeguate ai problemi pratici della<br />

traduzione più di quanto non l’abbia fatto in passato. La speranza di una<br />

traduzione automatica che possa sostituire quella umana in maniera<br />

accettabile finora è andata delusa e nulla fa pensare che si possa avverare in<br />

un prossimo futuro. Il giorno in cui i computer riusciranno a sostituire<br />

completamente i traduttori nel loro lavoro sarà anche il giorno in cui<br />

saranno in grado di sostituirci in ogni altro tipo di attività. La strada da<br />

imboccare, secondo Kay, sarebbe un’altra: adottare quella soluzione che si<br />

è dimostrata proficua in tanti altri campi, cioè lo sviluppo di sistemi che<br />

facciano collaborare maggiormente l’uomo e la macchina. In sostanza<br />

bisognerebbe investire maggiori energie nel migliorare gli strumenti di<br />

traduzione assistita (CAT, computer-aided translation). La ricerca, invece di<br />

tentare di eliminare completamente il fattore umano, dovrebbe orientarsi<br />

verso l’automatizzazione di procedure ripetitive e moleste, lasciando agli<br />

uomini gli aspetti creativi e appaganti della traduzione.<br />

La traduzione automatica online<br />

Internet sta diventando sempre più importante come mezzo di<br />

comunicazione che trascende i confini nazionali e culturali. Diversamente<br />

dalla televisione o dalla radio, gruppi di persone o singoli individui possono<br />

pubblicare testi che possono essere letti da qualsiasi luogo del mondo.<br />

Eliminate le distanze geografiche tra gli individui coinvolti in questa forma<br />

di comunicazione, rimangono però da superare le barriere linguistiche.<br />

Nonostante l’attuale importanza internazione della lingua inglese, essa<br />

sta già lentamente perdendo il suo ruolo di lingua franca della<br />

comunicazione in Internet. Come è stato detto, l’adozione di un’unica<br />

lingua per il superamento della barriera linguistica non costituisce una<br />

soluzione soddisfacente. Ogni comunità linguistica avverte intimamente di<br />

45


possedere il diritto di poter comunicare attraverso la propria lingua, per<br />

questo motivo aumentano sempre di più i documenti web in lingue diverse<br />

dall’inglese. Il risultato è che l’utente web alla ricerca di informazioni nella<br />

ragnatela globale si ritrova perso in una babele di lingue a lui<br />

incomprensibili. È incontestabile che la diversità linguistica costituisce una<br />

ricchezza, essa però non può divenire un ostacolo alla reciproca<br />

comprensione.<br />

Di recente si è potuto assistere alla diffusione di sistemi di traduzione<br />

automatica messi a disposizione gratuitamente in Internet, i quali possono<br />

tradurre singoli frammenti di testo o addirittura l’intero contenuto di una<br />

pagina web. Sono fiorite decine di siti che offrono traduzioni istantanee, ma<br />

attualmente il più popolare di questi strumenti online è “Babelfish” di<br />

Altavista, che è basato sul sistema di traduzione automatica SYTRAN.<br />

In molti sono convinti che queste macchine abbiano la potenzialità per<br />

facilitare la comunicazione interlinguistica e interculturale. Alcuni, come<br />

era già accaduto per la traduzione automatica, si lasciano andare in maniera<br />

esagerata ad un ottimistico entusiasmo. Sam Lehman-Wilzig arriva<br />

addirittura a sostenere che la traduzione automatica istantanea in Internet<br />

sia il primo segnale di una rivoluzione nella comunicazione della portata<br />

pari all’invenzione del testo stampato. Secondo lui, la traduzione istantanea<br />

ci porterebbe più vicini all’unità linguistica pre-babelica senza però mettere<br />

in pericolo la ricchezza e la bellezza della diversità linguistica e culturale. 38<br />

Più realistica sembra la posizione di Mary Flanagan, che riconosce ed<br />

ammette il limiti della traduzione automatica, concordando con Kay sul<br />

fatto che con il passare del tempo le reticenze verso la traduzione<br />

automatica non sono diminuite, e che solo pochissimi traduttori intergrano<br />

tali strumenti nel loro processo lavorativo. Ma Flanagan sostiene anche che<br />

38 Sam Lehman-Wilzig, “The Tower of Babel vs the Power of Babel”, in New Media and<br />

Society, vol.2, n.4, 2000, pp. 467-494.<br />

46


è necessario riconsiderare la faccenda alla luce degli sviluppi più recenti.<br />

Negli ultimi anni la traduzione automatica online, che ha ottenuto molta<br />

attenzione e un notevole successo, ha aperto una nuova prospettiva. La<br />

questione, adesso non è tanto se tali strumenti siano utili o no ai traduttori,<br />

quanto se abbiano una utilità anche per utenti occasionali, che antepongono<br />

la quantità alla qualità. 39<br />

L’ideale di una traduzione qualitativamente elevata e completamente<br />

automatizzata (FAHQT, fully automatic hight quality translation) è un<br />

obiettivo che vale la pena di essere perseguito, ma ha dimostrato di non<br />

essere indispensabile per il successo della traduzione automatica online. La<br />

FAHQT deve essere sostituita da un approccio diverso: la traduzione<br />

comprensibile completamente automatizzata (FAUT, fully automatic<br />

understandable translation). La traduzione automatica, anche se<br />

qualitativamente inferiore a quella umana, ha trovato la sua nicchia di<br />

mercato nel Web, soddisfacendo con successo la necessità di una<br />

traduzione immediata. Bisogna, infatti, ammettere che in molti casi si tratta<br />

di una soluzione soddisfacente per un gran numero di utenti del World<br />

Wide Web, i quali devono poter esaminare immediatamente l’enorme mole<br />

di informazioni che reperiscono in Internet.<br />

Ma la traduzione automatica online rimane comunque un rimedio<br />

imperfetto: i tempi di elaborazione di questi sistemi sono spesso ridotti a<br />

svantaggio dell’accuratezza e della comprensibilità della traduzione. L’esito<br />

di una traduzione di questo genere potrebbe essere un testo completamente<br />

incomprensibile come nell’esempio che segue.<br />

Traduzione:<br />

39 Mary Flanagan, “MT today: Emerging Roles, New Successes”, Machine Translation, 12,<br />

1997, pp. 25-27.<br />

47


Sono un traduttore freelance con un ufficio nei miei clienti del serving<br />

di affari riusciti ragionevolmente e della sede nel Regno Unito ed i Paesi<br />

Bassi. L'altro giorno sono stato interferito fuori della protezione quando un<br />

cliente lo ha telefonato dall'azzurro ed ha insistito sul cadere dentro per<br />

rivedere un testo in persona (è sembrato essere nella vicinanza ed il testo<br />

era urgente). 40<br />

Testo originale:<br />

I am a freelance translator with an office in my home and a<br />

reasonably successful business serving clients in the UK and the<br />

Netherlands. The other day I was caught off guard when a client phoned<br />

me out of the blue and insisted on dropping in to review a text in person (he<br />

happened to be in the neighbourhood, and the text was urgent). 41<br />

L’unica informazione che il lettore di lingua italiana riuscirebbe a<br />

evincere dal testo così tradotto è che il soggetto del discorso è un traduttore<br />

freelance, tutto il resto rimarrebbe oscuro. In questo caso la traduzione<br />

automatica può essere utile solo per capire, senza conoscere l’inglese, se si<br />

parla del argomento che ci interessa, rimandando ad un secondo momento<br />

la traduzione più accurata.<br />

Un utente che si trova davanti a una pagina web tradotta da una<br />

macchina potrebbe essere disorientato dal trovare la parola “domestico” in<br />

luogo di “home” o “home page” ad indicare un rimando ipertestuale alla<br />

pagina principale del sito. Oppure potrebbe non capire che l’espressione<br />

“segno in” (sign in) in realtà significhi “registrati” e che “firmi in su <strong>qui</strong>”<br />

(sign up here) stia ad indicare il link ad un modulo di iscrizione per<br />

40<br />

La traduzione è stata eseguita dal sitema di traduzione automatica di Yahoo! basato su<br />

SYSTRAN.<br />

41<br />

Il brano è tratto dal Translation Jounal. http://www.accurapid.com/journal/30fawb.htm<br />

48


accedere ai servizi offerti dal sito. 42 In sostanza, la traduzione automatica<br />

non facilità di molto la navigazione tra i documenti in lingua straniera del<br />

Web.<br />

Malgrado tutto anche la traduzione automatica online rimane una<br />

soluzione parziale del problema, utile solo in casi specifici. Il cuore del<br />

problema della mediazione tra lingue diverse rimane saldamente nella mani<br />

dei traduttori. “Ma visto che adesso è diventato così facile venire a contatto<br />

con le lingue diverse dalla nostra, perché non impararne anche qualcuna?<br />

La vera via per sbarazzarsi definitivamente di interpreti e traduttori è solo<br />

questa.” 43<br />

42 Gli esempi citati sono tratti della traduzione automatica del sito www.ingenta.com.<br />

43 Diego Marani, “Internet e il problema delle lingue straniere: i pro e i contro delle traduzioni<br />

automatiche online”, in La Repubblica del 30 dicembre 1998.<br />

49


TRADURRE PER IL WEB<br />

La fedeltà della traduzione<br />

Tradizionalmente lo scopo di ogni traduttore è sempre stato quello di<br />

realizzare una traduzione fedele. Per questo il conflitto tra traduzione libera<br />

e letterale è una delle questioni più ricorrenti e centrali all’interno degli<br />

studi sulla traduzione.<br />

La traduzione letteraria ha una funzione ‘documentale’, ossia il suo<br />

scopo è quello di far conoscere un’opera letteraria a chi non è in grado di<br />

comprendere la lingua in cui è stata redatta. Il testo tradotto, <strong>qui</strong>ndi, non<br />

traspone semplicemente il contenuto di un testo da una lingua ad un’altra,<br />

bensì sostituisce l’originale nella cultura di arrivo, “lo rappresenta in terra<br />

straniera e , per quanto possibile, lo fa conoscere per quello che è al nuovo<br />

lettore” 44 . La traduzione deve conservare l’autonomia e ‘l’estraneità’ del<br />

genio originale, deve raggiungere, cioè, “una simbiosi, una fusione che<br />

tutela in qualche modo la separatezza e l’unicità dell’originale” 45 .<br />

La traduzione specialistica, invece, ha spostato l’attenzione dal testo<br />

originale alla funzione e al destinatario del testo stesso. Il fine del testo<br />

specialistico è quello di trasmettere delle informazioni, e per questo motivo<br />

la forma assolve una funzione subordinata al contenuto. Al contrario di<br />

quanto accade nella traduzione letteraria, dove stile e messaggio hanno lo<br />

stesso peso, nella traduzione specialistica è importante privilegiare la<br />

chiarezza della comunicazione rispetto allo stile dell'autore. Pertanto<br />

l’obiettivo principale del traduttore specialistico non è necessariamente la<br />

fedeltà alla forma del testo originale, che va anzi adeguata alle convenzioni<br />

della lingua d’arrivo, bensì la riproduzione integrale del contenuto<br />

dell’originale. Il traduttore è autorizzato ad alterare il carattere del testo, se<br />

44<br />

Roberto Bertozzi, E<strong>qui</strong>valenza e sapere traduttivo, LED, Milano, 1999, p. 72.<br />

45<br />

Geoge Steiner, After Babel, OUP, Oxford-New York, 1974, trad. it., Dopo Babele, Garzanti, Milano,<br />

1994, p. 313.<br />

50


questo si rende necessario per produrre maggiore chiarezza nel testo<br />

d’arrivo. Lo scopo primario della traduzione specialistica è quello di<br />

comunicare delle informazioni che nella traduzione devono risultare<br />

esaurienti, di gradevole lettura, ma allo stesso tempo sobrie e facilmente<br />

comprensibili al lettore almeno quanto lo sono nell’originale. Delle<br />

variazioni rispetto all’originale sono possibili e anzi a volte necessarie,<br />

tuttavia possono riguardare soltanto la forma, e non devono comportare<br />

alcuna perdita o distorsione delle informazioni contenute nel testo di<br />

partenza.<br />

In entrambi i casi, nella traduzione letteraria e specialistica, <strong>qui</strong>ndi,<br />

ponendo l’enfasi su aspetti diversi, il concetto di fedeltà rimane comunque<br />

di vitale importanza. Lo stesso non vale per la traduzione digitale. Sebbene<br />

la traduzione di documenti digitali, possa riguardare qualsiasi varietà<br />

testuale (sia letteraria che specialistica), ognuna con delle specifiche<br />

problematiche, a causa delle particolarità dei mezzi di comunicazione<br />

digitali il vincolo di fedeltà tra traduzione e originale in determinate<br />

circostanze può essere disatteso. Sono due le caratteristiche che producono<br />

questo fondamentale mutamento di prospettiva.<br />

La prima è che viene meno la secolare supremazia del testo originale<br />

sulla traduzione e la conseguente dipendenza del testo di arrivo dal testo di<br />

partenza. Si instaura invece una relazione di interdipendenza tra i due testi,<br />

poiché spesse volte in questo settore l’originale è concepito e scritto già in<br />

vista della sua traduzione. In gergo si dice che il testo di partenza prima di<br />

essere localizzato (o tradotto) è ‘enabled’. L’enabling, che consiste nel<br />

produrre un testo destinato alla traduzione e nel facilitare il trasferimento di<br />

significato da una lingua all’atra, costituisce un ponte che permette di<br />

superare l’abisso che divide il testo originale dalla sua traduzione. Inoltre<br />

questo processo che precede la traduzione getta una luce completamente<br />

nuova sulla questione della intraducibilità, cioè sull’eterno interrogativo se<br />

51


la traduzione sia di fatto possibile.<br />

La seconda caratteristica è che il destinatario dei testi digitale non è<br />

più lettore passivo ma utente, ossia in un certa misura partecipante attivo<br />

della comunicazione. Va però precisato che la possibilità d’azione del<br />

lettore è comunque limitata e programmata da parte del autore del<br />

documento digitale, che predispone consapevolmente i percorsi di lettura<br />

possibili. Il nuovo ruolo del ricevente pone comunque al centro<br />

dell’attenzione del traduttore non più il testo di partenza o il suo contenuto,<br />

ma piuttosto l’uso che ne deve fare il destinatario. La funzione del testo nel<br />

contesto culturale in cui deve inserirsi diventa il fattore fondamentale delle<br />

scelte traduttive.<br />

Il principio fondamentale della traduzione digitale non è tanto il<br />

rispetto del progetto primitivo, e <strong>qui</strong>ndi sostanzialmente della cultura<br />

originaria, quanto di quella di destinazione, realizzando, se necessario un<br />

documento completamente nuovo. In questo ambito il concetto di fedeltà,<br />

<strong>qui</strong>ndi, è molto ridimensionato nella sua importanza e perde il carattere di<br />

assioma assoluto. Nella traduzione dei siti web infatti può essere necessario<br />

discostarsi dal testo di partenza sia nella forma che nel contenuto. La<br />

traduzione in questo caso è ‘funzionale’ e non ‘documentale’ (non è<br />

marcata come traduzione) perché tende a produrre un testo di arrivo<br />

orientato a funzionare nella nuova situazione comunicativa in cui è calata<br />

come se fosse un testo originale. Giacché il sito tradotto potrebbe dover<br />

assolvere nel paese di destinazione una funzione diversa da quella nel paese<br />

di origine, potrebbe essere necessario modificarne, oltre alla forma, per<br />

adattarsi alle diverse convenzioni stilistiche, anche il contenuto.<br />

Più che di ‘fedeltà’ della traduzione sembra essere più utile parlare di<br />

‘lealtà’ del traduttore 46 . Questa è la responsabilità deontologica che il<br />

traduttore ha nei confronti degli altri partecipanti alla comunicazione, ossia<br />

46 Fderica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 203<br />

52


l’emittente, il destinatario e il committente. Il traduttore deve infatti<br />

lavorare nell’interesse della comunicazione e <strong>qui</strong>ndi la sua responsabilità è<br />

non solo nei confronti del contenuto del testo di partenza (e <strong>qui</strong>ndi<br />

dell’emittente) ma anche, in egual misura, nei confronti del committente<br />

della traduzione e dei destinatari del testo di arrivo. Nella traduzione<br />

digitale si ha la necessità di ricorre anche ad una reinterpretazione più<br />

libera del testo originale al fine di venire incontro alle esigenze di tutti i<br />

partecipanti alla comunicazione. Nei casi più estremi la traduzione può<br />

essere talmente lontana dall’originale da rendere discutibile il fatto che si<br />

tratti ancora di una traduzione. Volendo riprendere il tradizionale sistema<br />

triadico della teoria delle traduzione in quei casi si parlerebbe piuttosto di<br />

“imitazione” 47 che non di traduzione in senso stretto.<br />

Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue<br />

Ci sono tre tipi differenti di siti web multilingue che corrispondono a<br />

tre modi diversi di accostarsi al problema della traduzione dei siti web.<br />

Partendo da quello che permette di rimanere più fedeli all’originale a quello<br />

che reinterpreta più liberamente il sito di partenza i tre approcci sono: la<br />

traduzione pagina per pagina, la creazione di sub-siti paralleli per ogni<br />

lingua, oppure la realizzazione di siti completamente distinti. 48<br />

Il sito web singolo è costituito da un solo sito con un unico dominio.<br />

47 Secondo il sistema triadico proposto da Dryden ‘metafrasi’, ‘parafrasi’ e ‘imitazione’ corrispondono<br />

rispettivamente alla traduzione letterale (parola per parola), alla traduzione fedele ma autonoma e alla<br />

ricreazione, reinterpretazione libera dell’originale.<br />

48 Mathew Hillier, “Cultural Context in Multilingual Web”, Electronic Commerce Research and<br />

Applications, 2003, pp. 2-14.<br />

53


Si tratta di un approccio minimalista nel quale solo alcune parti del sito<br />

vengono tradotte. Di solito il sito è strutturato in modo tale che da una<br />

pagina in lingua inglese si rimandi attraverso un link ai contenuti nelle altre<br />

lingue. La traduzione avviene pagina per pagina o in alcuni casi addirittura<br />

sono tradotti solo singoli paragrafi. A volte i siti di questo genere fanno<br />

ricorso ai servizi di traduzione automatica online (come BabelFish di<br />

Altavista) per consentire alla propria utenza di tradurre istantaneamente le<br />

porzioni di testo o le pagine a cui sono interessati. Questo approccio è<br />

quello che comporta il minore dispendio di risorse per la realizzazione e il<br />

mantenimento, ed è anche quello che in genere permette una maggiore<br />

aderenza alla forma e al contenuto dei testi originali, a scapito, però, della<br />

qualità e della usabilità.<br />

Rientra in questa categoria la rivista elettronica di traduttologia<br />

Intralinea (www.intralinea.it):<br />

Attraverso il link posto in alto a destra (“in inglese”) è possibile<br />

passare alla versione tradotta della pagina visualizzata. Nel sito è possibile<br />

disporre in entrambe le lingue (inglese e italiano) di tutti i menu, sia quelli<br />

verticali che quelli orizzontali, ma non di tutti i testi nel corpo della pagina.<br />

54


Gli articoli contenuti in questa rivista, per esempio, rimangono sempre in<br />

lingua originale, siano essi redatti in inglese o in italiano, creando in questo<br />

modo un interessante commistione delle due lingue in un medesimo<br />

documento. D’altra parte anche nei menu in lingua italiana appaiono degli<br />

anglismi inusuali anche per un ambiente permeabile ai forestierismi con il<br />

Web. Le voci “special issues” e “members area” sarebbero potute essere<br />

sostituiti con gli e<strong>qui</strong>valenti italiani (per esempio, numeri speciali e area<br />

riservata). “Login” invece è ormai entrato stabilmente a far parte del gergo<br />

della rete.<br />

Un secondo approccio possibile è quello del sito web multiplo che è<br />

anche quello più diffuso. Al sito multiplo è assegnato un solo dominio con<br />

una pagina iniziale nella quale è possibile scegliere la lingua che si<br />

preferisce. Generalmente i sub-siti hanno tutti lo stesso aspetto e sono<br />

strutturati in maniera speculare. Se necessario, ci possono essere anche<br />

delle differenze rilevanti tra i contenuti delle singole versioni. Per esempio<br />

quando una azienda offre un servizio che in dato paese non può essere<br />

erogato, la relativa sezione del sito nella lingua del paese in questione viene<br />

omessa. L’unità di riferimento per la traduzione in questo caso non è più la<br />

pagina web ma il sito nel suo complesso.<br />

55


I menu del sito AMTrad (www.amtrad.it), il sito di Alessandra Muzzi,<br />

dimostrano come le due versioni linguistiche siano adattate agli utenti a cui<br />

sono destinati. Nella versione italiana, per esempio, è presente la voce<br />

“servizi di formazione” che manca invece nella versione inglese. Dato che i<br />

corsi di formazione proposti in questa sezione del sito si tengono<br />

esclusivamente in Italia, segnalarli nelle pagine destinate ad utenti che si<br />

trovano in altri paesi avrebbe poco senso.<br />

L’approccio del sito multiplo, rispetto al sito singolo, permette la<br />

realizzazione di una traduzione maggiormente adattabile alle esigenze dei<br />

destinatari e <strong>qui</strong>ndi una maggiore qualità del sito web multilingue. Questo a<br />

un prezzo ovviamente più alto, poiché ai costi per la traduzione del sito si<br />

aggiungono quelli per il mantenimento e l’aggiornamento della versioni<br />

tradotte.<br />

Quando le versioni nelle diverse lingue sono presentate separatamente,<br />

queste posseggono ognuna un proprio dominio. In questo caso si hanno due<br />

siti distinti e autonomi che possono avere anche un contenuto del tutto<br />

diverso l’uno dall’altro. Quello che rimane costante tra i due è la funzione<br />

che devono svolgere e l’idea generale. In genere si tratta di un approccio<br />

adottato solo per siti con fini pubblicitari, che richiedono un forte<br />

adattamento della forma e dei contenuti alla cultura di arrivo. Siti web<br />

distinti vengono adottato normalmente solo dalle grandi società e le aziende<br />

multinazionali, come la Mecedes-Benz o la Coca-Cola Company, con sedi<br />

distaccate nei singoli paesi che possono curare autonomamente ognuna il<br />

proprio sito.<br />

56


I siti della casa automobilistica tedesca Mecedes-Benz si assomigliano<br />

molto, ma i contenuti sono assai differenti. I colori e il design generale del<br />

sito rimangono invariati nelle diverse versioni, ma i contenuti informativi e<br />

i testi pubblicitari sono perfettamente adattati alla esigenze dei rispettivi<br />

mercati di destinazione. Come nella traduzione pubblicitaria il ricorso ad<br />

una ampia rielaborazione degli slogan, dei testi promozionali è una<br />

57


necessità inevitabile, se si vuole che il sito tradotto abbia l’effetto sperato<br />

della cultura d’arrivo.<br />

Tradurre le interfacce<br />

La categoria della traduzione digitale non è riferita a una particolare<br />

tipologia di testo, come accade per la traduzione letteraria o la traduzione<br />

specialistica. Questa categoria traduttiva si distingue dalle altre per il<br />

medium attraverso il quale i testi da tradurre sono trasmessi. La tipologia di<br />

testo che è possibile incontrare varia dai testi pubblicitari alle pubblicazione<br />

accademiche, dai testi informativi agli ipertesti letterari, ognuna con le sue<br />

specifiche problematiche traduttive. È difficile, dunque, individuare delle<br />

particolarità della traduzione, oltre a quelle esposte finora, generalmente<br />

valide per i testi digitali.<br />

Tuttavia un re<strong>qui</strong>sito è comune a tutti i documenti digitali: la presenza<br />

di testi che fungono da interfaccia, ossia che premettono all’utente di<br />

interagire con il sito. Il primo e principale tipo di interfaccia di un sito web<br />

è costituito dai menu. Questi sono, se vogliamo, simili ad un indice, e<br />

permettono di spostarsi da una sezione all’altra del sito senza perdere<br />

l’orientamento. Per questo il loro utilizzo all’interno dei documenti digitali<br />

è irrinunciabile.<br />

Un primo ostacolo alla traduzione delle interfacce di particolare<br />

importanza è costituito dalla lunghezza del testo. I menu solitamente sono<br />

rappresentati graficamente da dei pulsanti. Se questi elementi grafici non<br />

sono stati predisposti per la traduzione può accadere che non ci sia<br />

abbastanza spazio per il testo italiana, solitamente più lungo<br />

dell’e<strong>qui</strong>valente inglese. Di conseguenza è opportuno limitare o se<br />

possibile, eliminare completamente l’uso di preposizioni, articoli e in<br />

genere, qualsiasi informazione non strettamente necessaria per la<br />

comprensione del messaggio. In casi limite è possibile anche ricorrere<br />

58


all’abbreviazione del messaggio stesso. La difficoltà sta nel fatto che la<br />

traduzione deve rispondere sia a criteri di concisione, come è stato detto,<br />

sia a quelli chiarezza, e i due possono facilmente entrare in conflitto.<br />

Un ulteriore problema è costituito dalla mancanza di<br />

standardizzazione terminologica in italiano. I stessi concetti possono essere<br />

espressi con termini differenti, dando luogo ad ambiguità semantiche e<br />

creando non pochi disagi per i traduttori. “Nell’informatica la mancanza di<br />

standardizzazione è dovuta al modo rapido e disordinato con cui il settore si<br />

è sviluppato, a una resistenza generalizzata alla prescrizione linguistica e,<br />

crucialmente, a una diffusa mancanza di interesse per i problemi di natura<br />

linguistica.” 49 La conseguenza di questo disinteresse è stata l’instaurarsi di<br />

una prassi secondo la quale l’azienda che riesce a prevalere in un<br />

determinato settore dell’informatica finisce anche con l’imporre la propria<br />

terminologia.<br />

Per esempio capita spesso di incontrare all’interno dei siti la seguente<br />

frase: “Add this site to the bookmarks”. Il termine “bookmark” indica uno<br />

strumento del browser per organizzare e visualizzare rapidamente le pagine<br />

web a cui si accede di frequente. A seconda dei casi è tradotto con<br />

“segnalibro”, “preferiti” oppure ricorrendo ad un prestito integrale. Al fine<br />

di agevolare la comprensione da parte degli utenti il traduttore deve tendere<br />

ad usare il termine italiano più usuale. Il termine “preferiti”, essendo la<br />

parola usata nel browser della Microsoft, gode della maggiore diffusione.<br />

Per tanto la traduzione migliore sembra essere “Aggiungi questo sito ai<br />

preferiti”.<br />

D’altro canto però il traduttore è anche responsabile della qualità dei<br />

testi che produce e non sempre la terminologia comunemente adottata è<br />

quella migliore. Quando non esiste il rischio di risultare poco chiaro o di<br />

essere frainteso è possibile ricorrere anche a delle traduzioni più originali,<br />

49 Federica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 51.<br />

59


scartando le scelte terminologiche delle grandi aziende informatiche.<br />

L’assenza di standardizzazione è anche la causa dell’ampio uso di<br />

anglicismi, che nella maggior parte dei casi entrano nel lessico italiano<br />

sotto forma di presiti non integrati (home page, guest book) o di calchi<br />

semantici (virus, portale, sito).<br />

Questo fenomeno è stato rilevato e criticato molte volte da più parti.<br />

Bisogna tener presente, però, che i prestiti hanno il vantaggio di rimanere<br />

isolati da tutti i campi semantici diversi da quello in cui vanno ad inserirsi<br />

rendendo il termine monoreferenziale. L’univocità semantica dei prestiti<br />

contribuisce alla precisione e alla chiarezza del discorso e agevola la<br />

comunicazione.<br />

Ma un uso eccessivo di forestierismi sortisce l’effetto contrario. A<br />

volte gli anglicismi della terminologia informatica risultano non trasparenti<br />

per coloro che non possiedono conoscenze specialistiche in questo settore.<br />

Molte volte si tende ad usare il forestierismo anche quando esiste una<br />

variante italiana più trasparente. Questo non accade per esigenze di<br />

precisione, ma per il gusto di esibirsi in inutili tecnicismi oppure per la<br />

fretta e la comodità di chi traduce. Si verifica spesso anche che i calchi o<br />

prestiti semantici e sintattici si cristallizzino in moduli "pronti all’uso",<br />

causando un impoverimento nelle scelte terminologiche o stilistiche ed<br />

erodendo la qualità della traduzione.<br />

Buona parte delle parole inglesi, però, non è effettivamente<br />

sostituibile con termini italiani corrispondenti, spesso perché esse<br />

designano oggetti o situazioni inedite, non previste dal lessico italiano o<br />

perlomeno non traducibili a meno di usare locuzioni involute e poco<br />

efficaci: un esempio è costituito dal termine “mouse” che in teoria potrebbe<br />

essere reso con un calco semantico, “topo”, oppure con una perifrasi come<br />

“periferica di puntamento”. Entrambe le soluzioni risultano<br />

immediatamente meno opportune del prestito non adattato.<br />

60


I prestiti integrali producono anche dei problemi grammaticali di cui<br />

bisogna tenere conto, primo tra tutti quello della corretta grafia.<br />

Analizzando i forestierismi impiegati nei siti web ci si accorge<br />

immediatamente che esistono diverse grafie per gli stessi termini. Il<br />

fenomeno più diffuso sembra essere quello di scrivere come un’unica<br />

parola locuzioni inglesi come “home page”, “guest book”, “sign in” che<br />

diventano per l’appunto “homepage”, “guestbook” e “signin”. Le due<br />

grafie sembrano egualmente diffuse. Per “on line” in italiano esistono<br />

addirittura tre diverse grafie: “on line”, online” e anche “on-line”.<br />

Inoltre i molti termini inglesi entrati nella lingua italiana in questo<br />

settore essendo per la maggior parte sostantivi causano anche il problema<br />

della determinazione del loro genere. La scelta tra maschile e femminile<br />

avviene di norma innanzitutto mantenendo il loro genere naturale, oppure<br />

attribuendo all’anglicismo il genere del sostantivo italiano con un<br />

significato analogo. L’attribuzione di un genere grammaticale non è tuttavia<br />

sempre così automatica ed esistono numerosi casi di indecisione tra un<br />

genere e l’altro: il/la mail (messaggio di posta elettronica, ma anche la<br />

lettera di posta elettronica).<br />

Visti i problemi che possono causare i forestierismi sembra essere<br />

opportuno tradurre sempre, se possibile, l’interfaccia testuale. Ovviamente<br />

fanno eccezione i termini standard come ‘home page’, ‘link’ e ‘e-mail’, i<br />

quali, se sostituiti con altri termini, finirebbero per generare troppa<br />

confusione. In linea generale, la traduzione deve evitare l’anglicizzazione<br />

fine a se stessa ma, d’altro canto, non deve ricercare nemmeno<br />

l’italianizzazione a tutti i costi.<br />

In definitiva, per poter adattare la traduzione al contesto culturale e<br />

linguistico in cui deve inserirsi, il traduttore deve prima conoscere le<br />

modalità con cui vengono tipicamente formulati i contenuti sia nella lingua<br />

di partenza, sia in quella di arrivo. In sostanza, il traduttore per rispettare le<br />

61


aspettative dei destinatari della traduzione deve innanzitutto conoscere le<br />

norme e convenzioni che caratterizzano i documenti digitali, ovvero deve<br />

essere prima di tutto un buon ‘web writer’.<br />

62


SCRIVERE PER IL WEB<br />

Il lavoro del traduttore per il Web non è dissimile da quello dell’autore<br />

dei testi. Il web writer inizia sempre da una pagina bianca, il traduttore web<br />

invece si trova di fronte a un testo già scritto da qualcun'altro. Per il resto,<br />

gran parte del lavoro di traduttori e scrittori per il Web è simile, dovendo<br />

entrambi produrre un testo finale facilmente fruibile sul nuovo medium<br />

online. La traduzione è un lavoro creativo che richiede la stessa padronanza<br />

delle tecniche di scrittura online del web writer. Un testo tradotto è un testo<br />

originale che deve vivere di vita propria nella nuova lingua. Il traduttore,<br />

<strong>qui</strong>ndi, è uno scrittore e, come tale, deve essere in grado di creare contenuti<br />

di qualità, fruibili e leggibili come testi originali. Insomma tutte le regole<br />

che si applicano al web writing valgono inalterate anche per la traduzione.<br />

Quando si scrive o si traduce per il Web bisogna tenere presente<br />

alcune fondamentali differenze tra la carta stampata e le pagine web:<br />

Innanzitutto la modalità di lettura dei testi digitali è molto differente<br />

da quella dei testi stampati su carta. L’utente web si comporta in modo<br />

diverso dal lettore normale. Nel Web in realtà non si legge, ma ci si limita a<br />

scorrere velocemente i contenuti della pagina, per di più in maniera<br />

disordinata, cioè saltando da una parte all’altra del testo alla ricerca di<br />

qualcosa che attiri l’attenzione. Questo accade per due motivi principali: gli<br />

utenti web sono generalmente alla ricerca di informazioni che sperano di<br />

reperire nel più breve tempo possibile (si tenga presente che il tempo di<br />

connessione ha un costo); un altro motivo è che la lettura a schermo è più<br />

faticosa rispetto alla lettura su carta.<br />

Una seconda basilare differenza deriva dalla necessità di posizionarsi<br />

ai primi posti negli elenchi dei motori di ricerca. Infatti il successo di un<br />

sito dipende soprattutto dalla possibilità che le sue pagine vengano trovate<br />

63


dai navigatori. Il web writer, cioè, scrive per essere letto e compreso da<br />

esseri umani ma anche dagli spider che incessantemente navigano il Web<br />

alla ricerca di contenuti che ne determinano il posizionamento negli<br />

elenchi. Di conseguenza, chi scrive per il Web scrive per farsi trovare,<br />

sceglie con attenzione le parole chiave da inserire nel testo e in torno a<br />

queste parole costruisce il suo testo.<br />

Un’ultima differenza è che i testi scritti per il Web devono vivere<br />

anche fuori dal contesto del sito in cui sono contenuti. Bisogna essere<br />

consapevoli del fatto che una pagina potrà essere stampata o letta da utenti<br />

che non conoscono nulla di ciò che precede o segue tale pagina, perché vi<br />

possono giungere seguendo un link di un altro sito o dopo aver digitato<br />

alcune parole chiave in un motore di ricerca. Per questo ogni paragrafo e<br />

ogni pagina devono essere abbastanza modulari e autonomi, e contenere<br />

tutti gli elementi che permettono di ricostruirne il contesto.<br />

Scrivere per motori di ricerca<br />

I motori di ricerca (Search Engines) sono dei software che svolgono<br />

una doppia attività: in modo autonomo esplorano la rete, indirizzo per<br />

indirizzo, e schedano in un loro archivio le pagine trovate, estraendone le<br />

informazioni essenziali. Questa enorme banca dati è a disposizione dei<br />

viaggiatori di Internet che, collegandosi a uno di questi siti, possono<br />

chiedere gli indirizzi delle pagine che contengono una certa parola chiave.<br />

I motori, per la loro classificazione, si basano primariamente sulla<br />

lettura del testo presente nella pagina. Un motore, quando indicizza un sito,<br />

si serve di alcuni piccoli software (detti spider) che esplorano un sito<br />

recuperando le pagine da analizzare per il posizionamento. In un secondo<br />

momento il motore di ricerca applicherà i propri algoritmi di indicizzazione<br />

per tentare di attribuire a quella pagina un valore in base alle ricerche degli<br />

utenti. Quando un utente inserirà nel motore di ricerca una frase o una<br />

64


parola, esso restituirà le pagine che a suo giudizio maggiormente attengono<br />

a quella precisa ricerca. Alcune pagine avranno una pertinenza maggiore,<br />

altre una pertinenza minore.<br />

“Users almost never look beyond the second page of search results” 50 ,<br />

dice Jakob Nielsen (gli utenti non vanno mai oltre la seconda pagina di<br />

risultati). Per questo il fine del web writer deve essere è quello di assicurare<br />

alle proprie pagine web un valore maggiore per le frasi di ricerca che gli<br />

interessano in modo da farle visualizzare in testa ai motori di ricerca.<br />

Il concetto chiave nella redazione di una pagina scritta anche per i<br />

motori è keyword, parola chiave. Ogni volta che si redige una pagina web<br />

con un occhi rivolto al motore di ricerca è bene fissare inizialmente due o<br />

tre parole chiave base che condizioneranno la scrittura del testo. Queste<br />

vanno ripetute più volte nel corpo della pagina senza cadere in goffe<br />

ripetizioni.<br />

Ma questo non basta: le parole chiave scelte è bene posizionarle anche<br />

in altri punti della pagina verso cui i motori di ricerca sono sensibili:<br />

Prima di tutto ci sono i marcatori che descrivono il sito e il suo<br />

contenuto, chiamati meta tag. Questi sono collocati nella testa del<br />

documento, ovvero tra i tag , e non sono visibili per<br />

l’utente. Nel meta tag “description” si inserisce una breve descrizione del<br />

contenuto della pagina, non più lunga di 120 caratteri, nel meta tag<br />

“keywords” invece vanno elencati le parole chiave. Per esempio:<br />

<br />

<br />

50<br />

Jakob Nielsen, “Search: Visible and Simple”, in useit.com<br />

(13 maggio 2001) [ultimo accesso settembre<br />

2004]<br />

65


Il meta tag “description” appare come riassunto nel sito di alcuni<br />

motori di ricerca, per esempio Yahoo!, mentre le “keywords” sono<br />

essenziali per il posizionamento tra i risultati dei motori.<br />

Un altro punto sensibile a cui prestare attenzione è il titolo del<br />

documento: quello che in HTML è compreso tra i tag e che<br />

nella navigazione viene visualizzato nella barra in alto sulla finestra del<br />

browser, chiamata appunto barra del titolo. I titoli delle pagine o dei<br />

paragrafi, invece, è consigliabile inserirli tra i di modo che i<br />

motori li riconoscano come “headline” e li utilizzino al fine<br />

dell’indicizzazione.<br />

Anche inserire adeguati commenti alle immagini migliora i<br />

posizionamento del sito: in HTML per i commenti alle immagini vengono<br />

si utilizza l’attributo “alt” all’interno del marcatore .<br />

In una traduzione le parole chiave non vanno scelte secondo il criterio<br />

della fedeltà all’originale, ma secondo quello della maggiore possibile<br />

funizionalità nella lingua d’arrivo. L’obbiettivo del traduttore non è quello<br />

riprodurre fedelmente l’originale, ma quello di creare una pagina che<br />

sortisca lo stesso effetto del testo di partenza sia sui lettori che sui motori di<br />

ricerca.<br />

Ma scrivere per i motori di ricerca non significa soltanto scrivere per<br />

essere trovati. Una volta che l’utente, tramite la ricerca con un motore, è<br />

giunto sulla pagina che desiderava, deve essere anche in grado di poter<br />

comprenderne il contenuto senza prima doversi andare a cercare altre<br />

informazioni nel sparse per l’intero sito. Quello che conta dal punto di vista<br />

concettuale è che i materiali siano organizzati per unità relativamente<br />

autonome, ognuna dotata di una coerenza locale, ma collegate l’una<br />

all’altra secondo criteri coerenti.<br />

66


Strutturazione del testo<br />

Si è accennato alla differenza della modalità di lettura degli ipertesti<br />

elettronici rispetto ai media tradizionali. I testi per il Web sono fruiti<br />

mediante appositi strumenti hardware e software che vincolano e<br />

condizionano il lettore. È abbastanza intuitivo che la lettura di un testo<br />

digitale sia più faticosa di quella di un testo su carta. Innanzitutto si è<br />

obbligati ad assumere una posizione seduta (davanti al computer) e a<br />

mantenerla, inoltre è anche più impegnativa per via delle caratteristiche<br />

spesso non ottimali degli strumenti di visualizzazione (schede grafiche e<br />

monitor).<br />

Il collegamento Internet costa e, mentre si è collegati, ogni minuto<br />

incide sulla bolletta telefonica. Ogni collegamento dunque è anche, forse<br />

inconsciamente, una corsa contro il tempo, cercando di massimizzare la<br />

raccolta di informazioni in rapporto al tempo impiegato per ottenerle.<br />

È importante, <strong>qui</strong>ndi, fornire al lettore un’evidente strutturazione<br />

logica al testo. “Uno dei caratteri che meglio distinguono, in linea generale,<br />

la scrittura dei testi per il Web è la maggiore esplicitezza strutturale: i testi<br />

di una certa estensione sono fittamente segmentati su più livelli”. 51 È<br />

necessario dividere i blocchi di testo troppo estesi con interruzioni di riga,<br />

facendo coincidere le unità formali con le unità di contenuto. Il vuoto e lo<br />

spazio bianco ac<strong>qui</strong>stano la loro importanza: indirizzano e fanno fermare lo<br />

sguardo. In questo si possono mettere a frutto le possibilità offerte dal<br />

codice HTML di distinguere tra accapo semplice (con il marcatore ) e<br />

accapo con interlinea (con il marcatore ), regolando così finemente lo<br />

spazio che separa un segmento dall’altro.<br />

Inoltre è bene disseminare la pagina di segnali che dicano<br />

immediatamente di cosa si parla e che rendano subito chiaro il contenuto<br />

51<br />

Massimo Prada, “Lingua e Web”, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi,<br />

A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 261.<br />

67


della pagina, titolando le pagine e i paragrafi, condensando nel titolo il<br />

contenuto del testo. Usando un’espressione di Jakob Nielsen si direbbe che<br />

i titoli devono essere “pearls of clarity”, perle di chiarezza. 52 Se il titolo non<br />

chiarisce immediatamente ciò di cui tratta il testo l’utente non lo leggerà<br />

mai, perciò Nielsen suggerisce di usare titoli chiari e brevi, non più di tre o<br />

quattro parole.<br />

Altrettanto importante è individuare alcune parole chiave all'interno<br />

del paragrafo, evidenziandole in grassetto o con altri artifici tipografici. Le<br />

parole chiave così evidenziate fungono da punti di aggancio all’occhio che<br />

scorre il documento. È consigliabile, però, evitare il corsivo che a video si<br />

legge male, e non trarre in inganno il lettore, confondendo link e parole<br />

chiave (per esempio sottolineando parole che non sono link).<br />

Gli articoli online del Corriere della Sera costituiscono un esempio<br />

particolarmente virtuoso dell’uso dei questi elementi paratestuali. I testi<br />

sono suddivisi su più livelli, cioè in paragrafi opportunamente titolati e in<br />

capoversi. Inoltre il Corriere è l’unico tra i testi giornalistici a fare ricorso<br />

52<br />

Jacob Nielsen, “Microcontent: How to Write Headlines, Page Titles and Subject Lines”, in<br />

Useit.com http://www.useit.com/alletrbox/980906.html (9 settembr 1998) [Ultimo accesso<br />

agosto 2004).<br />

68


ad artifici tipografici per la messa in rilievo delle parole tematicamente<br />

salienti (che appaiono in grassetto).<br />

Luisa Carrada consiglia addirittura di usare colori diversi per mettere<br />

in rilievo le parole chiave. Le pagine del suo sito sono anche un ottimo<br />

esempio di come l’uso di colori diversi dal solito nero possano creare dei<br />

piacevoli effetti.<br />

“Per un web writer il colore fa parte della "grammatica sublime della<br />

scrittura": il testo va pensato, immaginato, progettato anche a colori,<br />

nello spazio concreto della pagina in cui dovrà vivere e comunicare.<br />

E' con un cambio di colore che le parole possono saltare fuori,<br />

ammiccare, dire al lettore "leggimi", oppure "<strong>qui</strong> si parla di ...", cioè<br />

aiutare l'autore a costruire quella mappa testuale e visiva insieme che<br />

dovrebbe essere ogni buona pagina web.” 53<br />

Franco Carlini mette in evidenza un ulteriore aspetto della lettura a<br />

schermo: la pagina web obbliga a una lettura a scorrimento. Il limite fisico<br />

rappresentato dal monitor permette di vedere non più di una ventina di<br />

righe alla volta. Tutto quello che c’è sopra o sotto può essere portato alla<br />

vista, ma solo a prezzo della momentanea invisibilità del resto. Lo scrolling<br />

verticale delle videate determina “il limite della continua invisibilità di gran<br />

parte del testo e possibili situazioni di perdita di orientamento. [...] La<br />

mancanza di azione fisica e il fatto che i movimenti nel testo avvengano in<br />

maniera istantanea può far sì che non si abbia più la percezione della<br />

collocazione spaziale del paragrafo”. 54<br />

Si capisce <strong>qui</strong>ndi perché vi sia l’esigenza di concisione e semplicità<br />

nella composizione di testi digitali. In generale si tende a dividere i testi in<br />

periodi brevi e ad evitare periodi complessi che posso ostacolare<br />

l’immediata comprensione del senso, privilegiando la costruzione<br />

53<br />

Luisa Carrada, “Scrivere per il Web. Il colore nella grammatica della scrittura”,in Il mestiere<br />

di scrivere. (2 luglio 2001) [ultimo<br />

accesso agosto 2004]<br />

54<br />

Franco Carlini, Lo stile del Web, Einaudi, Torino, 1999.<br />

69


paratattica e usando solo moderatamente costrutti subordinativi. Nielsen,<br />

inoltre, raccomanda di ridurre la lunghezza del testo digitale della metà<br />

rispetto ad un analogo testo cartaceo, sfruttando dove possibile le funzioni<br />

offerte da tabelle, elenchi puntati e numerati. Quando possibile il testo<br />

dovrebbe essere tanto breve da trovare spazio in un singola videata.<br />

Eventuali approfondimenti dovranno essere affrontati, rimandando il<br />

lettore, tramite dei link, a delle pagine successive. Si tratta, insomma, di<br />

stratificare i contenuti su più livelli e di creare dei percorsi che diano ai<br />

lettori la possibilità di scegliere il grado di esaustività di cui hanno bisogno.<br />

Nel caso della traduzione dei contenuti di un sito dalla lingua inglese<br />

c’è un altro fondamentale fattore a favore di uno stile conciso: i testi<br />

occupano uno spazio ben definito e prestabilito all’interno della pagina dal<br />

quale non posso sconfinare a causa della presenza nella stessa pagine di<br />

elementi grafici. Poiché la traduzione italiana e mediamente più lunga<br />

dell’originale inglese, si possono creare dei problemi nella visualizzazione<br />

grafica del sito, delle finestre pop-up, dei menu e delle liste a<br />

tendina.Questo significa che anche inquesto caso molto spesso si è costretti<br />

a rinunciare alla fedeltà della traduzione per assicurare la funzionalità<br />

dell’interfaccia testuale.<br />

Il registro del discorso: tra oralità e scrittura<br />

La scrittura per il Web sia caratterizza per una certa tendenza alla<br />

commistione i tratti tipici delle modalità comunicativa orale e scritta.<br />

Tecnicamente si tratta di testo scritto, dato che si appoggia su parole battute<br />

alla tastiera, ma il tono e l’andamento sono sovente quelli della<br />

comunicazione orale. Insomma, la caratteristica sembra essere quella di una<br />

contemporanea presenza di più registi in una forma che si potrebbe<br />

chiamare “oralità scritta”, written speech.<br />

Non è infrequente l’uso di elementi tipici della lingua parlata o della<br />

70


lingua scritta che imita le movenze della parlato come le interiezioni e<br />

alcuni segnali discorsivi. 55 Questi ultimi, come nel parlato, hanno la<br />

funzione di contrassegnare l’inizio del discorso (allora, dunque...),<br />

esplicitare l’atteggiamento del parlante verso ciò viene detto (da un certo<br />

punto di vista, in qualche modo...), o concludere il discorso (bene...<br />

arrivederci a domani). L’uso dei segnali discorsivi, a scapito, magari, della<br />

finitezza formale, propria dei testi scritti tradizionali, è giustificato dal fatto<br />

che non si può contare sulla prolungata attenzione del destinatario.<br />

Va sottolineato, però, che non tutti gli ipertesti telematici mostrano i<br />

segni di una spiccata commistione tra elementi tipici dell’oralità e della<br />

scrittura. I testi giornalistici sul Web, per esempio, si mantengono ad un<br />

livello di formalità medio e manifestano caratteristiche più prossime a<br />

quelle tipiche dei testi tradizionali. La rilassatezza formale e la presenza di<br />

tratti propri della collo<strong>qui</strong>alità e dell’oralità si fanno più marcati in alcune<br />

pagine personali, nei siti che si rivolgono a gruppi ristretti di persone, o<br />

quelli che si rifanno a filoni culturali più o meno marcatamente trash.<br />

Nella traduzione dall’inglese all’italiano si presenta il problema<br />

dell’uso dei deittici personali, che puntano direttamente alle figure degli<br />

attori della comunicazione (mittente e destinatario: pronomi e verbi di<br />

prima e seconda persona), in particolare il pronome personale “you” che<br />

può essere tradotto con “tu”, “voi” o “lei”.<br />

La scelta del “tu” è adeguata per siti in cui gli utenti costituiscono una<br />

sorta di comunità di esperti o di appassionati di una stessa materia o di un<br />

dato argomento. I portali musicali, o i siti dedicati a programmatori, web<br />

designer, appassionati di calcio, ecc. sono il luogo adatto per rivolgersi agli<br />

utenti in modo informale e diretto.<br />

Nel sito del giocatore di calcio Alessandro Nesta<br />

55<br />

Il Serianni ci avverte del fatto che la terminologia per descrivere questi stessi elementi non è<br />

uniforme. Altri termini in uso sono “connettivi pragmatici”, “riempitivi” o “elementi di<br />

articolazione”. Si è scelto il termine “segnali discorsivi” seguendo proprio l’uso del Serianni.<br />

71


(www.alessandronesta.it) troviamo vari esempi dell'uso del tu: “Entra<br />

anche tu a far parte della Community del Capitano!” oppure “Vieni a<br />

incontrare il tuo campione in chat!” o ancora “Personalizza il tuo Pc coi<br />

colori del Capitano!”. L'uso del tu è adeguato al tipo di utente che<br />

frequenterà il sito, crea un senso di appartenenza e invita i tifosi a visitare<br />

altre pagine del sito.<br />

La scelta del pronome allocutivo “lei” è piuttosto rara sul Web, ma<br />

può essere la scelta più adeguata nei casi in cui si instaurano rapporti<br />

formali, come per esempio quelli di tipo commerciale, con i quali si invita<br />

l’utente a scegliere o valutare un prodotto o un servizio. Si da del lei ai<br />

lettori quando ci si rivolge ad un utente specifico che deve effettuare una<br />

scelta (accettare le condizioni di un sito, ac<strong>qui</strong>stare un prodotto, scaricare<br />

un file, ecc.). Il lei è particolarmente indicato per i rapporti che una azienda<br />

instaura con i propri clienti e in questi casi è difficilmente sostituibile con il<br />

tu.<br />

La homepage di Viking (www.vikingop.it), una azienda che<br />

distribuisce prodotti per ufficio, utilizza il “lei” sia per i pulsanti (“Clicchi<br />

<strong>qui</strong>”) sia per altre comunicazioni ai clienti (“Vuole conoscere i nostri tempi<br />

di consegna?” oppure “Inserisca il Suo indirizzo e-mail”). Tuttavia la<br />

scelta, in questo caso non è del tutto coerente perché si riscontra nello<br />

stesso sito l’uso del “voi” e del “tu”: “Registratevi <strong>qui</strong>” e “Lavora con<br />

noi!”.<br />

Tra i siti commerciali e aziendali è, però, molto diffuso anche l’uso del<br />

“tu”. In alcuni casi è una scelta consapevole che mira ad instaurare con il<br />

possibile cliente un clima confidenziale, ma spesso l’impressione è che la<br />

scelta derivi da una cattiva traduzione dei contenuti originariamente in<br />

inglese, in cui non esiste la distinzione di diversi livelli di formalità della<br />

lingua italiana. Comunque in linea di principio si tratta di una scelta poco<br />

consigliabile per la creazione di un ambiente serio e professionale.<br />

72


Molto spesso, soprattutto in ambito formale, si evita il ricorso a forme<br />

linguistiche che puntino direttamente al lettore. È questo il caso delle<br />

versioni online dei quotidiani, come “Il Corriere della Sera” e “La<br />

Repubblica”, e di alcune riviste elettroniche, come per esempio<br />

“Intralinaea” o “Telèma”.<br />

Diverso è il caso dei testi di argomento tecnico che appaiono più<br />

aperti e nel complesso più propensi a una scrittura relativamente<br />

amichevole. Per esempio, nei siti “Il mestiere di scrivere” oppure “Html.it”<br />

si riscontra frequentemente l’uso della secondo persona plurale:<br />

“Scrivete con onestà. Non occultate nulla, né tagliate corto. Quando<br />

scrivete di cose importanti, potete essere tentati di volare verso<br />

paradisi sicuri e familiari e adottare uno stile scontato, sentimentale o<br />

alla moda.” (Il Mestiere di Scrivere)<br />

“Immaginate le diverse aree del sito come camere diverse, con<br />

funzioni e atmosfere diverse. Naturalmente la casa avrà un suo<br />

carattere particolare, un'atmosfera, dei colori, che dipenderanno dal<br />

vostro gusto e dalle vostre preferenze.” (Html.it)<br />

73


CONCLUSIONE<br />

Globalizzazione è la parola che circola con insistenza sulla bocca di<br />

tutti, è diventato un termine alla moda, molto elastico, dai mille usi,<br />

soprattutto dalle mille interpretazioni possibili. Volendone dare una<br />

definizione comunemente accettata, si potrebbe dire che la globalizzazione<br />

è preminentemente un fenomeno economico mirante all'integrazione dei<br />

singoli mercati nazionali in un unico mercato mondiale, il cui effetto è<br />

l’intensificazione dell’interdipendenza dei mercati e della produzione nei<br />

diversi paesi, in virtù dell’aumento di scambi di beni e servizi e dei<br />

movimenti di capitale e tecnologia.<br />

Ma la globalizzazione è anche un processo di integrazione sociale e<br />

culturale, sostenuto dalle comunicazioni di massa e da Internet. Infatti<br />

questo fenomeno tende a travolgere tutte le barriere che intralciano la<br />

formazione di un unico mercato mondiale, non solo quelle politiche ma<br />

anche quelle etniche, culturali e linguistiche. Non a caso stiamo assistendo,<br />

oltre che alla diffusione della lingua angloamericana, all’esportazione del<br />

modello culturale e sociale statunitense, in parte imposto addirittura con la<br />

forza.<br />

Se è vero, <strong>qui</strong>ndi, come è stato detto, che la globalizzazzione è un<br />

evento inevitabile, allora sembrerebbe che essa debba essere anche un<br />

fenomeno culturale a cui non è più possibile sottrarsi. Per usare le parole di<br />

Mark Davis "Globalization, resistence is futile!" 56 . Questa espressione,<br />

diventata celebre grazie ad un telefilm di fantascienza di successo 57 , sembra<br />

56<br />

Mark Davis, “Globalization: Resitance is futile”, intervento al Global Strategies Summit a San<br />

Francisco, California, il 4 Marzo 2003.<br />

57<br />

Nell'universo di Star Trek una razza aliena, per metà umana e per metà macchina, chiamata Borg, vaga<br />

nell'universo alla ricerca di nuove specie da sottomettere e assimilare. Prima di incorporare nel loro<br />

“collettivo” una specie, intimano la resa con le parole “We are the Borgs. Resistence is futile”.<br />

74


particolarmente felice dal momento che riesce a cogliere sia l'ineluttabilità<br />

di questo processo, sia un certo sentimento di in<strong>qui</strong>etudine che lo<br />

accompagna.<br />

Sono in molti a percepire il processo di globalizzazione come un<br />

processo di assimilazione o assoggettamento culturale. Non è inconsueto<br />

sentire parlare di globalizzazione come se si trattasse di una nuova forma di<br />

colonialismo. Molto spesso si accosta il concetto di globalizzazione al<br />

concetto di americanizzazione. Il diffondersi di parole come McWorld e<br />

McLanguage, di recente entrate nel famoso dizionario inglese Merriam-<br />

Webster, testimonia la larga condivisione del concetto di globalizzazione-<br />

assimilazione. E d'altronde i fatti accaduti a Seattle e a Genova dimostrano<br />

che non sono affatto in pochi ad avvertire questa situazione di pericolo. La<br />

diffussione dei marchi McDonald’s e Coca-Cola è spesso interpretata come<br />

sintomo di un cancro culturale cha va diffondendosi, distruggendo antiche<br />

tradizioni e culture a favore del dio denaro.<br />

Il processo di globalizzazione è considerato anche un serio rischio per<br />

la democrazia e la libertà. I fenomeni economici hanno ormai assunto<br />

preminenza internazionale ed atttraverso i loro meccanismi è possibile<br />

eludere i controlli da parte dei singoli stati. Di fronte ad importanti<br />

questioni dalle quali dipendono i destini dei popoli, le istituzioni<br />

democratiche sono impotenti.<br />

I mezzi di comunicazione di massa e Internet hanno un ruolo di<br />

primaria importanza per la globalizzazione. Essi permettono di annullare le<br />

distanze fisiche tra popoli diversi e facilitano i contatti interculturali. Si<br />

parla spesso di Internet come uno strumento di unificazione cultuarle e<br />

linguistica convergente verso il modello americano. È certamente vero che<br />

una forma di affinità e un modo di esprimersi relativamente omogeneo<br />

fatalmente avrà luogo con l'espandersi del mezzo, poiché uno strumento<br />

crea senza dubbio delle affinità fra coloro che lo usano. Ma è discutibile il<br />

75


fatto che Internet formerà una cultura unitaria, nel senso profondo della<br />

parola. Inizialmente, quando Internet era ancora dominio quasi esclusivo<br />

degli Stati Uniti, la tendenza era certamente quella verso l’appiattimento<br />

delle diversità, ma con il moltiplicarsi delle specificità culturali presenti<br />

nella Rete, la situazione è cambiata. Attualmente sembra esserci più spazio<br />

per la formazione delle culture periferiche e delle culture originali. A queste<br />

è riservato uno spazio decisamente maggiore, poiché lo strumento è agile,<br />

flessibile, e le ospita in maniera naturale. La nuova tecnologia di cui stiamo<br />

parlando facilita l’ingresso di nuove espressioni, di nuove voci, di nuove<br />

culture. Per questa ragione, avremo più pluralismo culturale. La tecnologia<br />

non invita ad omogeneizzare e ad omologare, ma piuttosto ad esprimersi<br />

con diversità. Paradossalmente, Internet favorisce la globalizzazione<br />

economica, facilitando gli scambi commerciali, ma a dispetto di quanto si è<br />

pensato in un primo momento, è un ostacolo all’omologazione culturale.<br />

Secondo molti, Internet sembrerebbe scongiurare, almeno in parte, il<br />

rischio di perdità di democrazia nel mondo globalizzato. Sono in molti a<br />

pensare che Internet darà al cittadino una grandissima quantità di<br />

informazione che gli permetterà di prendere decisioni politiche con più<br />

consapevolezza che in passato. La partecipazione dei cittadini alla vita<br />

pubblica sarà più facile grazie a queste tecnologie che avranno un ruolo<br />

importante nella difesa delle libertà e in particolare della libertà di<br />

espressione. Oggi è molto difficile imporre censure e controlli delle<br />

informazioni, grazie alla scomparsa delle frontiere nel campo<br />

dell'informazione.<br />

Ma un conto è la disponibilità di informzioni nella rete, un altro è la<br />

loro effettiva accessibilità. Infatti le informazioni vengono diffuse<br />

attraverso Internet, ma non tutti riescono ad accedervi.<br />

Innanzitutto vi è il problema del “digital divide”, ossia il divario<br />

tecnologico tra paesi industrializzati e terzo mondo. Come si può accedere<br />

76


ad Internet dove non ci sono computer? Si può avere qualcosa di elettronico<br />

dove non c'è elettricità? Questo è un problema enorme che riguarda i due<br />

terzi dell'umanità.<br />

Un secondo problema è costituito dalle barriere linguistiche. A cosa<br />

serve poter reperire informazioni da tutto il mondo su qualsiasi argomento,<br />

se poi la maggioranza delle persone non riesce a comprendere la lingua in<br />

cui esse sono scritte? In un mondo dove popoli diversi entrano in contatto<br />

quotidianamente tra di loro, e ciascuno con le proprie individualità<br />

culturali, il ruolo del mediatore è di immensa importanza. Il lavoro del<br />

traduttore è sempre stato di grandissimo valore per la società in cui opera,<br />

sebbene sia stato spesso sottovalutato, ma oggi il mediatore linguistico<br />

diventa addirittura vitale per il funzionamento sociale del villaggio globale.<br />

In qualità di mediatore, il traduttore promuove la conoscenza<br />

reciproca tra culture diverse che spesso sono in conflitto tra di loro,<br />

favorendo la comprensione e la pace e preservando le culture stesse da una<br />

possibile omologazione. In un articolo apparso pochi giorni dopo l'undici<br />

settembre, Gabe Bokor ribadisce: "I am proud of belonging to a trade<br />

which is inherently pacifist and concerns itself with promoting good<br />

international understanding." 58<br />

L’importanza sociale, prima ancora che economica, della traduzione<br />

nel settore informatico ed in particolare nel World Wide Web è indiscussa.<br />

Ne è dimostrazione il numero enorme di documenti digitali tradotti ogni<br />

anno. Ciononostante, questo particolare genere di traduzione non è tenuta<br />

nella giusta considerazione. Solo in pochi se ne occupano, e chi lo fa<br />

generalmente affronta la questione in modo troppo generico, oppure dedica<br />

eccessiva attenzione agli aspetti tecnici a discapito di quelli linguistici e<br />

culturali. L’esigua bibliografia esistente in materia ne è la prova: tutta la<br />

letteratura scientifica, essendo prodotta principalmente da informatici,<br />

58 Gabe Bokor, “Transaltion and International Politics”, Translation Journal, Vol.5, No. 4, 2001<br />

77


prende in esame quasi esclusivamente le questioni tecniche del processo di<br />

localizzazione che non riguardano direttamente la traduzione. La<br />

prospettiva linguistica è troppo spesso sottovalutata e per questo trattata<br />

con superficialità se non addirittura tralasciata.<br />

Solitamente si fa rientrare la traduzione dei siti web sotto la categoria<br />

più ampia della localizzazione del software, non le si riconosce, cioè, una<br />

sua autonomia. Generalmente si ritiene che la localizzazione di pagine web<br />

sia rincoducibile a quella della documentazione elettronica. Da un punto di<br />

vista tecnico ciò è vero, poiché di regola la documentazione dei software è<br />

prodotta, esattamente come i siti web, in HTML. Ma dal punto di vista<br />

linguistico e delle rilevanza culturale le due cose non possono<br />

assolutamente essere accostate.<br />

In aggiunta bisogna sottolineare la difficoltà delle università europee,<br />

e soprattutto italiane, nel produrre una riflessione approfondita su questi<br />

problemi e di formare dei localizzatori capaci di confrontarsi con tutti gli<br />

aspetti della localizzazione. È curioso notare come in Italia esista un solo<br />

corso universitario per localizzatori, peraltro istituito solo recentemente.<br />

Inoltre, secondo stime recenti il numero di traduttori che operano in Italia<br />

in questo settore non supera le 300 unità su 20.000 traduttori censiti nel<br />

2001 59 . La conseguenza è che spesso la traduzione dei documenti digitali<br />

viene curata da persone senza specifiche competenze linguistiche. È<br />

inevitabile che la qualità dei prodotti localizzati e della inerente riflessione<br />

teorica ne siano influenzate negativamente.<br />

Nel contesto appena delineato, questa tesi ha inteso approfondire<br />

alcune riflessioni di carattere descrittivo e teorico sulle nuove forme<br />

espressive che impiegano tecnologie digitali e che sono destinate alla<br />

pubblicazione in Rete. Constatando l’assenza di studi teorici sulla<br />

traduzione o, meglio, sulla localizzazione di questi nuovi prodotti, essa ha<br />

59 Alessandra Di Pofi et al., “Introduzione alla localizzazione”, Il traduttore Nuovo, 2002.<br />

78


cercato di fornire qualche spunto per una riflessione che si sforzi di cogliere<br />

quanto sta succedendo, anche considerando la progressiva espansione e la<br />

rapidissima trasformazione della pratica traduttiva.<br />

79


ARTICOLI TRADOTTI<br />

80


TRANSLATION VERSUS LOCALISATION<br />

By Bert Esselink 60<br />

Most likely, you will have heard or read about terms like localization<br />

and globalization. Apparently the whole world is globalizing and we are all<br />

localizing... but where does that leave translation? Is localization a new,<br />

hyped word for translation? Is localization a subset of translation, or vice<br />

versa? Are any translators working in this so-called localization industry, or<br />

is it just techies? As a trained translator and author of A Practical Guide to<br />

Software Localization, many people have asked me the same question:<br />

"What's the difference between localization and translation". In my first<br />

contribution to tranfree , I will try to answer this question as clearly as I<br />

can, realizing it's just one more theory... To compare translation with<br />

localization, I'm using the following categories:<br />

Activities<br />

- activities<br />

- complexity<br />

- adaptation level<br />

- technology used<br />

Traditionally, translation is only one of the activities in projects where<br />

material is transferred from one language into another. Other activities that<br />

can be distinguished in traditional translation projects include terminology<br />

research, editing, proofreading, and page layout. In localization, many more<br />

activities have been added to this list. Examples of activities in localization<br />

which are not necessarily part of traditional translation are multilingual<br />

60 Bert Esselink, “Transaltion versus Localisation”, Tranfree, n.10, 2000.<br />

81


project management, software and online help engineering and testing,<br />

conversion of translated documentation to other formats, translation<br />

memory alignment and management, multilingual product support, and<br />

translation strategy consultancy. Most large, multi-language localization<br />

agencies focus on these additional activities and outsource core translation<br />

activities to freelance translators. Typically, only final language quality<br />

assurance is performed in- house by these vendors.<br />

Complexity<br />

Compared to traditional translation projects, managing software or<br />

web localization projects can be very complex. First of all, localization<br />

projects contain a large number of components, such as software, sample<br />

files, online help, online and printed documentation, collateral materials<br />

such as product boxes and disk labels, and multimedia demos. In most<br />

cases translation starts before the source material is final, so in most<br />

localization projects the source files are updated several times during<br />

translation.<br />

Because volumes are usually very large and all components contain<br />

dependencies, managing localization projects is a tricky task. Large<br />

volumes and tight deadlines re<strong>qui</strong>re teams of translators, who all need to be<br />

reviewed carefully to maintain consistency. For example, when translator A<br />

translates the software and translator B the online help files, all references<br />

to the running software translated by translator B in the online help must<br />

exactly match the software translations that translator A has chosen.<br />

Also planning localization projects is a complicated task, because<br />

many tasks depend on completion of previous tasks. For example, screen<br />

captures of localized software to be included in the online help or<br />

documentation cannot be created until the localized software has been<br />

engineered and tested.<br />

82


Adaptation Level<br />

Localization is derived from the word locale, which is defined in the<br />

Collins Cobuild Dictionary as "a small area, for example the place where<br />

something happens or where the action of a book or film is set". In a<br />

software localization context, a locale is a region which is defined by a<br />

number of characteristics, such as language, culture, and all types of<br />

regional standards such as character set, currency, default page sizes,<br />

address formats, custom calendars, date/time formats, and other things that<br />

give many American software developers headaches. For example, a<br />

language is French, a locale is the region in Canada where French is<br />

spoken.<br />

In software localization projects, all local characteristics need to be<br />

implemented in the final product. A truly localized product shouldn't only<br />

be in the target language but should also use default settings for the target<br />

locale. So, a product sold in Germany should automatically use A4 as<br />

default page size, support input and output of accented characters, and<br />

display currency amounts using Marks and Euros instead of dollars.<br />

Apart from technical adaptations to software code, often complete<br />

rewrites (sometimes called transcreations) of sample files or marketing<br />

material need to be done before it is acceptable for a certain target locale.<br />

Even though the situation seems to be changing slightly, still too many<br />

software products developed in the U.S. are too focused on the U.S. market<br />

only.<br />

Technology Used<br />

In software localization, the integration of translation technology is<br />

ahead of traditional translation. Because of the nature of software products<br />

and web sites, which are highly repetitive, and updated on a regular basis,<br />

83


smart re- use of existing translations has become a competitive advantage<br />

and the use of translation memory a must. Most software products are<br />

updated at least once a year, and web sites are often updated on a daily<br />

basis. As a result, translation memory tools have been used successfully for<br />

many years in the localization industry.<br />

Other examples of translation technology that is widely applied in the<br />

localization industry are software localization tools for software user<br />

interface translations, terminology extraction and management tools, and<br />

machine translation.<br />

To sum up, localization has never and will never replace translation.<br />

It's just a term used to cover all activities related to adapting a software<br />

product or web site to be used in a target locale. Translation will always<br />

remain one of the most important activities in any localization project.<br />

84


TRADUZIONE E LOCALIZZAZIONE<br />

di Bert Esselink<br />

Con ogni probabilità avrete già sentito parlare di localizzazione e<br />

globalizzazione. Apparentemente il mondo intero si sta globalizzando e noi<br />

tutti ci stiamo localizzando... ma qual è il ruolo della traduzione in tutto<br />

questo? Localizzazione è un un nuovo termine alla moda per denominare la<br />

traduzione? La localizzazione è un tipo di traduzione, o viceversa? Nella<br />

cosiddetta industria della localizzazione lavorano anche traduttori, oppure<br />

ci sono solo dei tecnici? Essendo un traduttore qualificato e l’autore del<br />

libro A Practical Guide to Sofware Localization (Guida pratica alla<br />

localizzazione dei software), molte persone mi hanno posto la stessa<br />

domanda: “Qual è la differenza tra localizzazione e traduzione?” Nel mio<br />

primo articolo per Tranfree cercherò di rispondere proprio a questa<br />

domanda nel modo più comprensibile possibile, rendendomi conto che si<br />

tratta solo di un’altra teoria... Al fine di confrontare la traduzione con la<br />

localizzazione userò le seguenti categorie:<br />

- attività<br />

- complessità<br />

- livello di adattamento<br />

- tecnologie impiegate<br />

Attività<br />

In progetti nei quali del materiale è trasposto da una lingua all'altra<br />

abitualmente la traduzione è solo una delle attività da svolgere. Le altre<br />

attività che possono essere distinte nei progetti di traduzione tradizionali<br />

includono la ricerca terminologica, l’editing, la revisione e<br />

l’impaginazione. Nella localizzazione molte altre attività si aggiungono a<br />

85


questa lista. Per esempio le attività inerenti alla localizzazione che non<br />

fanno necessariamente parte della traduzione tradizionale sono la gestione<br />

di progetti multilingue, lo sviluppo e la verifica del software della guida in<br />

linea, la conversione del materiale tradotto in formati diversi, l'allineamento<br />

e la gestione delle memorie di traduzione, l'assistenza in lingua e la<br />

consulenza sulle strategie di traduzione. La maggior parte delle agenzie di<br />

localizzazione multilingue si concentrano su queste attività aggiuntive e<br />

affidano la traduzione vera e propia a traduttori esterni. Normalmente i<br />

produttori si occupano solo della verifica finale della qualità linguistica.<br />

Complessità<br />

In confronto alla traduzione classica, gestire un progetto di<br />

localizzazione di software e o di un sito web può essere molto complesso.<br />

Innanzitutto i progetti di localizzane contengono un gran numero di<br />

componenti, come il software, i file campione, la guida in linea, la<br />

documentazione digitale e stampata, materiale a corredo come per esempio<br />

l’imballaggio del prodotto, le etichette dei dischi, e i demo multimediali. In<br />

molti casi la traduzione inizia ancora prima che il materiale di partenza sia<br />

giunto alla versione finale. Per questo i file originali devono essere<br />

aggiornati diverse volte durante la traduzione.<br />

Poiché generalmente il volume è molto ampio e i componenti<br />

contengono degli annessi, gestire dei progetti di localizzazione può essere<br />

un compito difficile. Molto lavoro e scadenze strette rendono necessario<br />

l’impiego di gruppi di traduttori, il cui lavoro deve essere revisionato al<br />

fine di mantenere la coerenza. Se per esempio, il software è tradotto da un<br />

traduttore e la guida in linea da un altro, allora tutti i riferimenti al software<br />

della guida devono corrispondere alle scelte traduttive fatte dal primo<br />

traduttore.<br />

86


Anche la programmazione di progetti di localizzazione è un compito<br />

complesso, perché molte attività dipendono dal completamento di quelle<br />

precedenti. Per esempio, le immagini delle schermate da includere nella<br />

guida in linea o nelle documentazione non possono essere prodotte fin<br />

quando il software localizzato non è stato sviluppato e collaudato.<br />

Livello di adattamento<br />

Localizzazione deriva dalla parola inglese locale che è definita dal<br />

Collins Cobuild Dictionary come un'area ristretta, per esempio il luogo<br />

dove accade qualcosa o nel quale è ambientata l'azione di un libro o di un<br />

film. Nel contesto della localizzazione del software si tratta di una regione<br />

caratterizzata da una serie di particolarità, come la lingua, la cultura e tutti i<br />

tipi di standard regionali, come l'alfabeto, la valuta, la dimensione standard<br />

delle pagine, le feste nazionali, i formati degli indirizzi, della data e<br />

dell’orario e tutte le altre cose che procurano ai progettisti di software<br />

americani dei grattacapi. Per esempio, una lingua è il francese e un locale è<br />

la regione canadese dove questa lingua è parlata.<br />

Nella localizzazione tutte queste caratteristiche locali devono essere<br />

conglobate nel prodotto finale. Un prodotto totalmente localizzato non<br />

dovrebbe soltanto far uso della lingua di destinazione, ma dovrebbe anche<br />

essere impostato sulle opzioni tipiche per il luogo per cui è stato realizzato.<br />

Quindi un prodotto da vendere in Germania dovrebbe far uso<br />

automaticamente della dimensione della pagina A4, supportare l’input e<br />

l’output di caratteri accentati e indicare le valute in Marchi e in Euro<br />

anziché in Dollari.<br />

Oltre all’adattamento tecnico del codice sorgente, spesso è necessario<br />

operare una riscrittura completa (a volte chiamata transcreazione) dei file<br />

campione e del materiale di marketing al fine di renderli soddisfacenti per il<br />

87


mercato di destinazione. Anche se la situazione sta cambiando<br />

leggermente, ancora troppi prodotti software sviluppati negli Stati Uniti<br />

sono ancora specifici per il solo mercato americano.<br />

Le tecnologie impiegate<br />

Nella localizzazione l’integrazione di strumenti elettronici nel<br />

processo traduttivo è più avanzata rispetto alla traduzione tradizionale.<br />

Poiché i software e i siti web sono per loro natura molto ripetitivi e devono<br />

essere aggiornati regolarmente, un riutilizzo di traduzioni già esistenti è<br />

diventato un vantaggio competitivo e l'uso delle memorie di traduzione è<br />

ormai obbligatorio. La maggior parte dei software sono aggiornati almeno<br />

una volta all’anno e i siti web spesso anche giornalmente. Per questo<br />

motivo nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono usate<br />

con successo da molti anni.<br />

Altri esempi di tecnologie largamente applicate nell’industria della<br />

localizzazione sono gli strumenti per la traduzione delle interfacce utente,<br />

gli strumenti per la ricerca e la gestione terminologica e la traduzione<br />

automatica.<br />

Riassumendo, la localizzazione non ha rimpiazzato, né rimpiazzerà<br />

mai la traduzione. Il termine è usato solo per descrivere tutte le attività<br />

inerenti all’adattamento di un prodotto software o di un sito web al mercato<br />

a cui sono destinati. La traduzione rimarrà sempre una delle attività più<br />

importanti dei progetti di localizzazione.<br />

88


TRANSLATION TECHNOLOGY<br />

By bert Esselink 61<br />

This is my second contribution in a series of four articles about<br />

software localisation. The previous article discussed the differences<br />

between translation and localisation, and below I will cover the types of<br />

translation tools that are used by translators working for localisation service<br />

providers.<br />

First of all, a distinction needs to be made between machine<br />

translation (MT) tools and computer aided translation (CAT) tools. Where<br />

machine translation tries to replace a translator to a certain extent, computer<br />

aided translation tools support the translator by preventing repetitive work,<br />

automating terminology lookup activities, and recycling previously<br />

translated texts. Machine translation has not been applied much in the<br />

software localisation industry mainly because, unlike in the automotive and<br />

aerospace industries, software publishers never really created their<br />

documentation in a structured way that would make machine translation<br />

successful. Even though this seems to be gradually changing, I will focus<br />

on computer aided translation tools in order to reflect current practices in<br />

the localization industry.<br />

Computer aided translation tools, also called computer assisted<br />

translation tools, can be categorized as follows:<br />

- Translation Memory tools<br />

- Terminology tools<br />

- Software Localization tools<br />

61 Bert Esselink, “Translation Technology”, Tranfree, n.11, 2000.<br />

89


The first two types, translation memory and terminology tools, are<br />

typically combined for translation of documentation, online help, or html<br />

text. Software localization tools are used to translate and test software user<br />

interfaces, i.e. dialog boxes, menus, and messages.<br />

Translation Memory tools<br />

Basically, a translation memory system is no more than a database<br />

which stores translated sentences.<br />

When a source text is imported into a translation memory tool, the text<br />

is segmented. Usually segmentation is performed at sentence level, where<br />

segments are separated by colons, commas, question marks, etc. However,<br />

it is also possible to segment texts on a paragraph basis, where segments<br />

are separated by paragraph marks. Each segment is a record in the<br />

translation memory database, and each record can store several fields, such<br />

as source text segment, translated segment, language, name of translator,<br />

date of translation, or type of text. The number of possible data fields in<br />

records differs per translation memory tool.<br />

When text segmented by a translation memory tool is translated, all<br />

translations are automatically stored in the records containing the source<br />

segments. If identical or similar sentences occur in the source text, the<br />

translations are automatically retrieved from the database and inserted into<br />

the target text. An identical segment that is automatically translated is<br />

called a full match; a similar sentence that is automatically translated is<br />

called a fuzzy match. Obviously, fuzzy matches need to be post-edited to<br />

make them correspond to the source text. A fuzzy match is for example a<br />

sentence where only one word has changed.<br />

On large projects, translation memory databases can be shared<br />

amongst a team of translators. This means that if translator A has translated<br />

a sentence which also occurs in the text that translator B is translating, A's<br />

90


translation will automatically be retrieved from the translation memory<br />

database and inserted in B's target text.<br />

Naturally, translation memory tools are especially useful on large<br />

volume texts, which contain a lot of repetitive text and where translations<br />

can be created on a one-to-one sentence basis. Using translation memory<br />

tools to translate marketing text or adverts is not a good idea, simply<br />

because those types of texts often re<strong>qui</strong>re many adjustments, rewrites, and<br />

other modifications.<br />

In the software localisation industry, translation memory tools have<br />

always been very popular because of the short life cycle of software<br />

products. Most software products are updated at least once a year, and re-<br />

using translations of previous versions will decrease time to market of<br />

localised versions drastically.<br />

Examples of translation memory tools are Trados Translator's<br />

Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu<br />

(http://www.atril.com/), and STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).<br />

Terminology tools<br />

In localisation, terminology management is usually dealt with in a<br />

very basic manner. Localisers typically don't create or use large<br />

multilingual terminology databases with term definitions, context,<br />

grammatical information, source, etc. Instead, in most cases only bilingual<br />

glossaries of translated terms or phrases are used, for example all translated<br />

terms from the software user interface, e.g. menu options, dialog box items,<br />

etc. For this reason, not only are professional terminology management<br />

tools used, but also basic glossary tools with search features.<br />

Most translation memory tools come with terminology management<br />

applications which can be linked to the translation memory for automatic<br />

terminology lookup. Automatic terminology lookup means that terms in the<br />

91


source text which are found in the dictionary or terminology database are<br />

automatically displayed with their translations.<br />

Examples of terminology tools are Trados Multiterm<br />

(http://www.trados.com/), Atril TermWatch (http://www.atril.com/) or<br />

STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).<br />

Software Localisation tools<br />

Special tools have been developed to translate graphical user<br />

interfaces of software applications, i.e. the dialog boxes, menus, and<br />

messages that are displayed on a computer screen. These tools allow<br />

translators to view their translations in context. For example translations<br />

can be entered directly in a dialog box and then saved.<br />

Software localisation tools also contain features for automatically<br />

translating updated software with previously translated versions, and for<br />

running basic tests on localized software, for example checking if no<br />

translated text has been truncated in the screens because of space<br />

restrictions.<br />

Examples of software localisation tools are Corel Catalyst (now<br />

Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) and Passolo<br />

(http://www.passolo.com/).<br />

The Next Generation<br />

Even though many translators still need to get acquainted with<br />

traditional translation technology such as translation memory, the next<br />

generation translation tools have already been introduced. Companies like<br />

e-Translate and Uniscape offer automated internet-based translation<br />

workflow solutions that automate many steps in translation projects. Texts<br />

are not only transferred automatically through each translation and review<br />

phase, but databases containing the source text are linked to translation<br />

92


technology that detects changed content and then first pre-translates it using<br />

a combination of translation memory and machine translation before it is<br />

forwarded to a human translator for post-editing.<br />

These so-called translation portals and internet-based translation<br />

management solutions are especially designed to deal with frequently<br />

changing content, such as text published on daily updated web sites. For<br />

more information about these types of translation technology, visit<br />

http://www.uniscape.com/ or http://www.etranslate.com/.<br />

Technology and the web will totally change the way translations have<br />

been done for many centuries. Frequently updated content, geographically<br />

distributed resources, and pressure to keep prices down will result in further<br />

integration of technology and workflow automation in translation<br />

processes. Undoubtedly the tools can be developed <strong>qui</strong>ckly, but the real<br />

challenge will be to keep producing quality translations and to still enjoy<br />

translating.<br />

93


TECNOLOGIA PER LA TRADUZIONE<br />

di Bert Esselik<br />

Questo è il mio secondo contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />

localizzazione.<br />

L’articolo precedente ha esaminato le differenza tra la traduzione e la<br />

localizzazione. Qui invece mi occuperò dei diversi tipi di strumenti usati<br />

dai traduttori che lavorano per fornitori di servizi di localizzazione.<br />

Innanzitutto va fatta una distinzione tra gli strumenti di traduzione<br />

automatica (MT – machine translation) e gli strumenti di traduzione<br />

assistita (CAT – computer aided translation). Mentre i primi entro certi<br />

limiti mirano a sostituire il traduttore, i secondi agevolano il lavoro del<br />

traduttore, evitandogli il lavoro ripetitivo, automatizzando la ricerca<br />

terminologica e riutilizzando i testi già tradotti. L’uso della traduzione<br />

automatica non si è diffuso molto nell’industria della localizzazione,<br />

soprattutto perché, al contrario dell’industria automobilistica e<br />

aerospaziale, i produttori di software non hanno mai prodotto una<br />

documentazione strutturata in modo tale da rendere efficace la traduzione<br />

automatica. Anche se questa situazione sembra evolversi gradualmente, mi<br />

occuperò <strong>qui</strong> solo degli strumenti di traduzione assistita al fine di<br />

descrivere la pratica corrente nell'industria della localizzazione.<br />

Gli strumenti di traduzione assistita possono essere categorizzati nel<br />

modo seguente:<br />

- Memorie traduttive<br />

- Strumenti di gestione terminologica<br />

- Strumenti di localizzazione<br />

94


I primi due tipi di strumenti sono normalmente usati insieme per la<br />

traduzione della documentazione, la guida in linea e i testi in HTML. Gli<br />

ultimi sono usati per tradurre e collaudare le interfacce utente, ovvero le<br />

finestre di dialogo, i menu, e i messagi.<br />

Le memorie traduttive<br />

Fondamentalmente una memoria traduttiva non è altro che una banca<br />

dati che memorizza delle frasi tradotte.<br />

Il testo di partenza, una volta importato nella memoria traduttiva,<br />

viene segmentato. La segmentazione avviene di solito al livello della frase,<br />

dove i due punti, le virgole, i punti interrogativi ecc. fungono da separatori.<br />

Comunque è possibile dividere il testo anche in paragrafi, in quel caso sono<br />

i segni di interruzione del paragrafo a marcare la fine di un segmento. Ogni<br />

segmento costituisce un record del database, che a sua volta contiene più<br />

campi: segmento originale, segmento tradotto, lingua, nome del traduttore,<br />

data di traduzione e tipi di testo. Il numero dei campi possibili nei record<br />

varia da strumento a strumento.<br />

Quando un testo segmentato da una memoria traduttiva viene tradotto,<br />

i segmenti d'arrivo sono archiviati automaticamente nei record contenenti il<br />

segmento di partenza.<br />

Se nel testo originale si ripentono frasi simili, le rispettive traduzione<br />

sono reperite automaticamente dal database e inserite nel testo d’arrivo. Nel<br />

caso della traduzione automatica di segmenti identici si parla di<br />

corrispondenza totale (full match); quando i segmenti sono soltanto simili<br />

allora si parla di corrispondenza parziale (fuzzy match). Ovviamente le<br />

corrispondenze parziali vanno rielaborate affinché corrispondano al testo di<br />

partenza. Un caso del genere si ha, per esempio, quando in una frase<br />

cambia solo una parola.<br />

95


In progetti di dimensioni più vaste, i database delle memorie traduttive<br />

possono essere condivisi da un gruppo di traduttori. Questo significa che,<br />

se un traduttore ha già tradotto una frase presente nel testo di un altro<br />

traduttore, la traduzione del primo è richiamata automaticamente e inserita<br />

nel testo d’arrivo del secondo.<br />

Chiaramente questi strumenti risultano particolarmente utili per testi<br />

di una certa lunghezza, che contengano un gran numero di ripetizioni e<br />

dove la traduzione può essere eseguita frase per frase. Utilizzare le<br />

memorie traduttive per testi pubblicitari o di marketing non è una buona<br />

idea, semplicemente perché questi tipi di testi richiedono molti<br />

aggiustamenti, riscritture e altre modifiche.<br />

Nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono sempre<br />

state molto diffuse a causa del breve ciclo di vita dei prodotti software. La<br />

maggior parte dei software è aggiornato almeno una volta all’anno e il<br />

riutilizzo delle traduzioni precedenti riduce drasticamente i tempi di<br />

commercializzazione delle versioni localizzate.<br />

Delle memorie traduttive sono, per esempio, Trados Translator’s<br />

Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu<br />

(http://www.atril.com/), e STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).<br />

Strumenti di gestione terminologica<br />

Nella localizzazione la gestione terminologica è affrontata in maniera<br />

elementare. I localizzatori normalmente non creano, né usano banche dati<br />

terminologiche multilingue, che contengono la definizione dei termini, il<br />

contesto, informazioni grammaticali, la fonte ecc. Nella maggior parte dei<br />

casi si fa uso soltanto di glossari bilingue dei termini o delle espressioni<br />

tradotti, per esempio, quelli dell’interfaccia utente: le opzioni dei menu, gli<br />

elementi delle finestre di dialogo ecc. Per questo motivo oltre agli strumenti<br />

96


di gestione terminologica professionali si impiegano anche dei semplici<br />

glossari con la funzione di ricerca.<br />

La maggior parte delle memorie traduttive comprendono delle<br />

applicazioni per la gestione terminologica, che possono essere collegati alle<br />

memorie per la ricerca automatica dei termini. Questo significa che i<br />

termini del testo di partenza trovati nel dizionario o nella banca dati<br />

terminologica appaiono automaticamente insieme alla loro traduzione.<br />

Strumenti di gestione terminologica sono, per esempio Trados<br />

Multiterm (http://www.trados.com/), Atril TermWatch<br />

(http://www.atril.com/) o STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).<br />

Strumenti di localizzazione<br />

Per la traduzione dell’interfaccia grafica delle applicazioni, cioè le<br />

finestre di dialogo, i menu e i messaggi che compaiono sullo schermo, sono<br />

stati sviluppati strumenti particolari. Questi permettono di vedere la<br />

traduzione nel suo contesto. Per esempio la traduzione può essere inserita<br />

direttamente nella finestra di dialogo per poi essere salvata.<br />

Gli strumenti di localizzazione contengono anche delle funzionalità<br />

per la traduzione automatica degli aggiornamento del software, usando<br />

versioni tradotte precedentemente, e per eseguire delle semplici verifiche<br />

sul software localizzato, per esempio controllando che la traduzione non<br />

appaia troncata sullo schermo a causa dello spazio ristretto.<br />

Strumenti di localizzazione sono, per esempio, Corel Catalyst (adesso<br />

Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) e Passolo<br />

(http://www.passolo.com/).<br />

La prossima generazione<br />

Mentre molti traduttori non hanno ancora preso confidenza con le<br />

tecnologie tradizionali per la traduzione, come le memorie traduttive, la<br />

97


nuova generazione di strumenti per la traduzione è già stata introdotta.<br />

Aziende come e-Translate e Uniscape offrono soluzioni per un processo<br />

traduttivo automatizzato basato su Internet, che meccanizzano molte fasi<br />

dei progetti di traduzione. Non solo i testi sono trasferiti automaticamente<br />

attraverso ogni fase di traduzione e revisione, ma anche i database<br />

contenenti il testo di partenza sono collegati a degli strumenti che<br />

individuano le variazioni nel contenuto e producono una prima traduzione,<br />

usando in combinazione la memoria traduttiva e la traduzione automatica,<br />

prima di inoltrarlo al traduttore umano per il post-editing.<br />

Questi cosiddetti portali traduttivi e soluzioni per la gestione della<br />

traduzione basata su Internet sono stati ideati soprattutto per occuparsi dei<br />

contenuti modificati di frequente, come per esempio i testi pubblicati in siti<br />

web aggiornati quotidianamente. Per maggiori informazioni su questo tipo<br />

di tecnologia per la traduzione visita http://www.uniscape.com/ o<br />

http://www.etranslate.com/.<br />

La tecnologia e il Web cambieranno completamente quello che è stato<br />

per molti secoli il modo di tradurre. I contenuti aggiornati di frequente,<br />

risorse distribuite geograficamente e le pressioni a tenere bassi i prezzi<br />

provocheranno una maggiore integrazione delle tecnologie e<br />

dell'automatizzazione delle procedure nel processo traduttivo.<br />

Indubbiamente è possibile sviluppare in poco tempo gli strumenti, ma<br />

la sfida sarà quella di proseguire a produrre delle traduzioni di qualità e<br />

continuare a farlo con piacere.<br />

98


THE LOCALISATION INDUSTRY<br />

By Bert Esselink 62<br />

This is my third contribution in a series of four articles about software<br />

localisation. The first article discussed the differences between translation<br />

and localisation, and the second provided an overview of translation<br />

technology. In this article, I will focus on the localisation industry and<br />

introduce the history, major players and industry organisations.<br />

History<br />

Starting in the early 1980s, many software publishers realised they had<br />

to localise their products, mainly as a re<strong>qui</strong>rement to sell them overseas.<br />

Before that time, software was mainly published in the language the<br />

developers happened to speak. At that time most large software publishers<br />

would either use individual freelance translators, single-language vendors,<br />

or in- house translation departments to perform the translation work.<br />

Smaller software publishers often requested translations from distributors<br />

or local sales people with no translation experience.<br />

Software publishers saw their in-house translation departments grow<br />

<strong>qui</strong>ckly through large volumes of translatable text in software applications<br />

and documentation. Most of them started looking for outsourcing<br />

possibilities in order to focus on their core business and keep headcounts<br />

down. Not only was the workload for internal translation departments very<br />

unpredictable, also multi-language project management was causing them<br />

headaches, especially in projects involving dozens of languages.<br />

The demand for outsourcing of translation activities combined with<br />

the large volumes and high complexity of jobs automatically resulted in the<br />

start-up of the first multi-language vendors (MLVs), who mainly focused<br />

62 Bert Esselink, “The Localisation Industy”, Tranfree, n.12, 2000.<br />

99


on large-volume translation projects into multiple languages. Most MLVs<br />

also offered project management of these large, complex, and time-critical<br />

translation projects. MLVs were either start-ups, for example the INK<br />

network in Europe, or large divisions of established companies, such as<br />

Berlitz's translation division, now called GlobalNET.<br />

Still, many software publishers were experiencing bottlenecks just<br />

before their multilingual product releases, for example in their engineering<br />

and testing departments who suddenly found themselves having to test<br />

multiple language versions instead of just one English version. This called<br />

for an extended outsourcing model, which really took off in the beginning<br />

of the 1990s. Apart from translation services, MLVs also started offering<br />

engineering, testing, desktop publishing, printing, and support services.<br />

This period can be considered as the start of localisation as we now<br />

know it. With teams of translators, project managers, engineers, testers, and<br />

desktop publishers, MLVs could provide one-stop multilingual solutions to<br />

software publishers.<br />

An important trend that started taking shape in the late 1990s was the<br />

consolidation of the localisation industry. Many localisation vendors either<br />

merged with others or were ac<strong>qui</strong>red in order to achieve more market share,<br />

a better geographical spread, or additional skills. In the 1990s, the number<br />

of large localisation vendors decreased from 30 to 10. Examples of major<br />

consolidations taking place in the late 1990s were the ac<strong>qui</strong>sitions of<br />

Mendez by Lernout & Hauspie, LMI by Berlitz, and (very recently) ILE/IC<br />

(INT'L.com) by Lionbridge.<br />

The yearly growth of the localisation industry since the beginning of<br />

the 1990s has averaged 30%, and in 2000 total revenues are in the range of<br />

US$ 6 billion. The most popular languages into which products are<br />

localised are French, Italian, German, Spanish (FIGS), Brazilian<br />

100


Portuguese, and Japanese. In 80% of the localisation work outsourced by<br />

clients, the source language is English.<br />

MLVs and SLVs<br />

Today, at the beginning of 2000, the major players in the localisation<br />

industry are the following companies:<br />

- ALPNET<br />

- Lionbridge<br />

- Berlitz GlobalNET<br />

- Bowne Global Solutions<br />

- Lernout & Hauspie<br />

- SDL<br />

These companies are all examples of multi-language vendors (MLVs)<br />

offering a wide range of services besides localisation, varying from<br />

SGML/XML consulting and large volume documentation translation and<br />

publishing (ALPNET), to multilingual internet services and testing<br />

(Lionbridge), from speech technology (Lernout & Hauspie) to language<br />

training (Berlitz). Revenues of these companies are approximately US$ 70<br />

million. The second tier of multi-language vendors are companies such as<br />

the localisation department of Sykes.<br />

Even though these MLVs usually get the most publicity, most of the<br />

revenue in the translation and localisation industry is still generated by the<br />

thousands of single-language vendors (SLVs) and freelance translators that<br />

are active in every country. SLVs typically focus on one target language,<br />

have 1 to 30 employees, and offer mainly translation and desktop<br />

publishing services. Most SLVs work for MLVs; freelance translators<br />

usually work for both MLVs and SLVs.<br />

101


Organisations<br />

In 1990 the Localisation Industry Standards Association (LISA) was<br />

founded in Switzerland. LISA defines its mission as "promoting the<br />

localisation and internationalisation industry and providing a mechanism<br />

and services to enable companies to exchange and share information on the<br />

development of processes, tools, technologies and business models<br />

connected with localisation, internationalisation and related topics".<br />

LISA organises quarterly forums and regular workshops in which<br />

members can exchange information and attend training. These forums<br />

typically deal with business aspects of localisation and globalisation. Very<br />

little attention is paid to the activities and issues of translators. For more<br />

information about LISA, visit their Web site at www.lisa.org.<br />

In Ireland two organisations were founded in the 1990s to establish<br />

contacts between software publishers, localisation service providers and<br />

universities in and around Dublin.<br />

The Localisation Research Centre (LRC) was established at the<br />

University of Limerick in April 1998 as the result of a merger between the<br />

Centre for Language Engineering and the Localisation Resources Centre.<br />

The Software Localisation Interest Group (SLIG) is a special interest<br />

group for all parties involved in software localisation. It was founded by<br />

the Localisation Resources Centre in February 1994. For more information<br />

about LRC and SLIG visit their Web sites at lrc.csis.ul.ie and<br />

http://www.slig.ie/ respectively.<br />

Training & Further Reading<br />

Not many opportunities exist for translators to be trained in<br />

localisation processes and tools. Most localisation firms train their staff<br />

internally. Translation and language schools and universities typically do<br />

not supply technically aware translators.<br />

102


Standard technologies such as translation memory tools are often not<br />

even covered in translation or language studies.<br />

Over the past few years, several surveys were conducted to research<br />

how educational establishments could change their curricula to better train<br />

translators for the "real world". Examples of these surveys are:<br />

- LEIT: Short for LISA Education Initiative Taskforce, a commission<br />

that was formed in March 1998 and consists of representatives from<br />

universities in the U.S. and Europe. More information at<br />

www.ttt.org/leit.<br />

- LETRAC: Short for Language Engineering for Translators Curricula,<br />

a project funded by the European Commission. More information at<br />

www.iai.uni-sb.de/LETRAC.<br />

- CLP: Short for Certified Localisation Professional, a project initiated<br />

by the Irish Software Localisation Interest Group, and several<br />

industry leaders. More information at lrc.csis.ul.ie/CLP.<br />

Currently, very few translation schools or language universities<br />

specialise in localisation. There's a post-graduate course in localisation at<br />

the University of Limerick in Ireland, and some institutes integrate<br />

localisation modules into their translation education.<br />

Not much information is available about localisation which is<br />

especially for translators. To fill this gap, A Practical Guide to Software<br />

Localisation was written. The book was published in 1998 and a new<br />

edition will be published in the second half of 2000. It can still be ordered<br />

through http://www.amazon.com/ or http://www.benjamins.com/.<br />

103


Future Developments<br />

It is difficult to predict how the industry will develop in the next few<br />

years, especially because localisation is more fragmented than ever and<br />

everybody seems to be questioning what the localisation industry actually<br />

encompasses. Where localisation firms once distinguished themselves from<br />

traditional translation companies by specialising in translation, engineering<br />

and testing of software applications, now most of them are migrating to<br />

web localisation solutions.<br />

Since the web is obviously not limited to software publishers only,<br />

many localisation firms find themselves again translating large volume<br />

web-based product and marketing information which might have nothing to<br />

do with software applications, just like the good old days of translation.<br />

In other words, the localisation industry will most likely slowly<br />

integrate back into the translation industry. And when large localisation<br />

firms such as Lionbridge and ALPNET keep moving upstream in the<br />

publishing process and offering content creation and product support<br />

solutions, today's localisation industry will soon be called the "multilingual<br />

solutions industry".<br />

104


L’INDUSTRIA DELLA LOCALIZZAZIONE<br />

Di Bert Esselink<br />

Questo è il mio terzo contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />

localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la<br />

localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie<br />

impiegate nella traduzione. In questo articolo mi occuperò dell’industria<br />

della localizzazione, introducendone la storia, i principali attori e le<br />

maggiori organizzazioni industriali.<br />

Storia<br />

Fin dai primi anni ottanta molti produttori di software si resero conto<br />

di dover localizzare i loro prodotti soprattutto al fine di venderli all’estero.<br />

Prima di allora il software era prodotto principalmente nella lingua dei<br />

progettisti. La maggior parte dei grandi produttori impiegava per il lavoro<br />

di traduzione singoli traduttori freelance, agenzie single-language, oppure<br />

reparti interaziendali. Spesso produttori più piccoli richiedevano le<br />

traduzioni alle società distributrici o ai venditori locali senza che questi<br />

avessero alcuna esperienza di traduzione.<br />

I produttori di software assistevano alla rapida crescita dei loro reparti<br />

interaziendali dedicati alla traduzione a causa della grande quantità di testi<br />

nelle applicazioni software e nella documentazione. In molti cominciarono<br />

a considerare la possibilità di appaltare questo lavoro al fine di potersi<br />

concentrare sulle attività principali e di mantenere basso il numero dei<br />

dipendenti. Non solo il carico di lavoro per i reparti interni di traduzione<br />

era imprevedibile, ma anche la gestione dei progetti multilingue causavano<br />

delle noie, specialmente in progetti che coinvolgevano dozzine di lingue.<br />

105


La necessità di appaltare le attività di traduzione insieme alla mole e la<br />

complessità del lavoro determinò l’avviamento delle prime agenzie multi-<br />

lingue (MLVs - multi-language vendors), che si concentrarono soprattutto<br />

su progetti di traduzione di grandi dimensioni in più lingue. Gran parte dei<br />

MLVs offrivano anche la gestione di questi grandi, complessi progetti che<br />

richiedono una attenta gestione dei tempi. I MLVs erano nuove aziende,<br />

per esempio la rete INK in Europa, oppure grandi reparti di aziende<br />

affermate, come il reparto traduzione della Berlitz, adesso chiamata<br />

GlobalNET.<br />

Ciononostante molti produttori di software si trovarono ad affrontare<br />

dei colli di bottiglia poco prima della messa in commercio dei loro prodotti<br />

in più lingue. Questo capitò, per esempio, nei loro reparti di sviluppo e<br />

collaudo che invece della versione inglese si ritrovarono improvvisamente<br />

a dover collaudare versioni multilingue. Questo richiese un esteso modello<br />

di appalto che si diffuse finalmente all’inizio degli anni novanta. Oltre ai<br />

servizi di traduzione, i MLVs iniziarono ad offrire anche servizi di<br />

sviluppo, collaudo, desktop publishing, stampa e supporto.<br />

Questo periodo può essere considerato l’inizio della localizzazione<br />

così come la conosciamo oggi. Con delle e<strong>qui</strong>pe di traduttori, project<br />

manager, sviluppatori, collaudatori, desktop publisher, i MVLs potettero<br />

offrire ai produttori di software delle soluzioni multilingue complete.<br />

Una tendenza importante che inizio a prendere forma alla fine degli<br />

anni novanta fu il consolidamento dell’industria della localizzazione. Molti<br />

localizzatori si fusero con altre o furono ac<strong>qui</strong>site al fine di con<strong>qui</strong>stare<br />

maggiori quote di mercato, una migliore copertura geografica o<br />

competenze aggiuntive. Negli anni novanta il numero delle grandi agenzie<br />

di localizzazione diminuì da 30 a 10. Esempi per i principali<br />

consolidamenti avvenuti in quegli anni sono l'ac<strong>qui</strong>sizione di Mendez da<br />

106


parte di Lernout & Huspie, di LMI da parte di Berlitz e (recentemente) di<br />

ILE/IC (INT’L.com) da parte di Lionbridge.<br />

Il tasso di crescita annuale dell’industria della localizzazione<br />

dall’inizio degli anni novanta è stato mediamente del 30% e nel 2000 le<br />

entrate totali si aggirano intorno ai 6 miliardi di Dollari. Le lingue più<br />

comuni nelle quali si localizzano i prodotti sono il francese, l’italiano, il<br />

tedesco, lo spagnolo (FIGS), il portoghese brasiliano e il giapponese.<br />

Nell’80% del lavoro di localizzazione appaltato la lingua di partenza è<br />

l’inglese.<br />

MLVs e SLVs<br />

Oggi, all’inizio del 2000, i principali attori dell’industria della<br />

localizzazione sono le seguenti aziende:<br />

- ALPNET<br />

- Lionbridge<br />

- Berlitz GlobalNET<br />

- Bowne Global Solutions<br />

- Lernout & Hauspie<br />

- SDL<br />

Tutte queste aziende sono esempi di agenzie multilingue (MVLs) che<br />

accanto alla localizzazione offrono una vasta gamma di servizi, che varia<br />

dalla consulenza per SGML/XML e la traduzione e pubblicazione di<br />

documentazioni di vaste dimensioni, ai servizi internet multilingue e al<br />

collaudo (Lionbridge); dalla sintesi vocale (Lernout & Hauspie) alla<br />

formazione linguistica.<br />

Le entrate di queste aziende ammontano approssimativamente a 70<br />

milioni di Dollari. Il secondo tipo di MLVs sono le aziende come il reparto<br />

di traduzione di Sykes.<br />

107


Anche se queste MLVs ricevono solitamente la maggiore attenzione,<br />

la gran parte delle entrate nell'industria della traduzione e della<br />

localizzazione è ancora generata dalle migliaia di agenzie che si occupano<br />

di una sola lingua (SLVs – single-language vendors) e dai traduttori<br />

freelance attivi in ogni paese. I SLVs di regola si concentrano su una sola<br />

lingua d’arrivo, hanno da 1 a 300 dipendenti e offrono principalmente<br />

servizi di traduzione e desktop publishing. La maggior parte dei SLVs<br />

lavorano per i MLVs; i traduttori freelance normalmente lavorano per<br />

entrambi.<br />

Organizzazioni<br />

Nel 1990 è stata fondata in Svizzera la LISA (Localization Industry<br />

Standard Association). La LISA definisce la propria missione “promuovere<br />

l’industria della localizzazione e della internazionalizzazione e fornire un<br />

meccanismo e servizi per permettere alla società di scambiarsi e di<br />

condividere le informazioni sugli sviluppi dei processi, degli strumenti, le<br />

tecnologie e i modelli commerciali riguardanti la localizzazione,<br />

l’internazionalizzazione ed argomenti ad esse connessi”.<br />

La LISA organizza dei forum trimestrali e dei seminari durante i quali<br />

i membri possono scambiarsi informazioni e frequentare dei corsi. Questi<br />

forum normalmente riguardano gli aspetti commerciali della localizzazione<br />

e della globalizzazione. Si presta poca attenzione alle attività e alle<br />

questioni dei traduttori. Per maggiori informazioni sulla LISA si consulti il<br />

loro sito all’indirizzo www.lisa.org.<br />

In Irlanda negli anni novanta sono state fondate due organizzazioni<br />

con il fine di stabile dei contatti tra i produttori di software, i fornitori di<br />

servizi di localizzazione e le università di Dublino e dintorni.<br />

108


Il LRC (Localisation Research Centre) è stato istituito presso<br />

l'Università di Limerick nel aprile 1998. Esso è il risultato della fusione tra<br />

il Centre for Language Engineering e il Localisation Resources Center.<br />

Il SLIG (Software Localisation Interest Group) è un particolare<br />

gruppo d’interesse per tutte le parti coinvolte nella localizzazione dei<br />

software. Esso è stato fondato dal LRC nel febbraio 1994. Per maggiori<br />

informazione sul LRC e SLIG si consulti le loro pagine web<br />

rispettivamente agli indirizzi http://lrc.csis.ul.ie e http://www.slig.ie.<br />

Formazione e letture d’approfondimento<br />

Per i traduttori non esisto molte opportunità di essere formati per il<br />

processo di localizzazione e per l’uso degli strumenti. Molte aziende che si<br />

occupano di localizzazione formano esse stesse il loro personale. Le scuole<br />

e le facoltà di lingue e traduzione normalmente non forniscono traduttori<br />

tecnicamente preparati.<br />

Tecnologie standard come le memorie traduttive spesso non sono<br />

considerate nei programmi di studio in lingue e traduzione.<br />

Negli ultimi anni sono state realizzate diverse indagini su come le<br />

istituzioni scolastiche possano cambiare i loro curriculum per preparare<br />

meglio i traduttori al "mondo reale". Alcuni di questi studi sono:<br />

- LEIT: che sta per LISA Education Initiative Taskforce, una<br />

commissione nominata nel marzo 1998 costituita da rappresentanti di<br />

università statunitensi ed europee. Maggiori informazioni sono<br />

disponibili all’indirizzo www.ttt.org/leit.<br />

- LETRAC: acronimo di Language Engineering for Translators<br />

Curricula, un istituito fondato dalla Commissione Europea. Maggiori<br />

informazioni sono disponibili all’indirizzo www.iai.uni-<br />

sb.de/LETRAC.<br />

109


- CLP: che sta per Certified Localisation Professional, un progetto<br />

iniziato dalla SLIG irlandese e diversi leader di settore. Maggiori<br />

informazioni sono disponibili all’indirizzo lrc.csis.ul.ie/CLP.<br />

Attualmente solo pochissime scuole per traduttori o facoltà di lingue<br />

formano specialisti in localizzazione. Esiste un corso di specializzazione in<br />

localizzazione presso l'Università di Limerick in Irlanda, e alcuni istituti<br />

integrano moduli di studio in localizzazione nei corsi per traduttori.<br />

Sulla localizzazione sono disponibili solo poche informazioni che<br />

riguardano in maniera particolare i traduttori. A Practical Guide to<br />

Software Localisation è stato scritto proprio per colmare questa lacuna. Il<br />

libro è stato pubblicato nel 1998 e una nuova edizione sarà pubblicata nella<br />

seconda metà del 2000. È possibile ordinare il libro agli indirizzi<br />

http://www.amazon.com/ e http://www.benjamins.com/.<br />

Sviluppi futuri<br />

È difficile predire come si svilupperà questa industria nei prossimi<br />

anni, soprattutto perché la localizzazione è più frammentata che mai e tutti<br />

sembrano interrogarsi su cosa essa comprenda realmente. Mentre le aziende<br />

di localizzazione si distinguevano una volta dalle società di traduzione<br />

tradizionali perché erano specializzate nella traduzione, lo sviluppo e il<br />

collaudo si applicazioni software, oggi la maggior parte di esse stanno<br />

spostando le loro attività verso soluzioni di localizzazione del web.<br />

Poiché il Web ovviamente non si limita ai soli produttori di software,<br />

molte aziende di traduzione si ritrovano a tradurre grandi quantità di<br />

prodotti basati sul web e informazioni di marketing che non hanno nulla a<br />

che vedere con le applicazioni software, proprio come nei bei vecchi tempi<br />

della traduzione.<br />

In altre parole, l’industria della localizzazione sarà con ogni<br />

110


probabilità lentamente reintegrata nell’industria della traduzione. E se le<br />

grandi aziende della localizzazione come Lionbridge e ALPNET<br />

continuano a risalire il processo di pubblicazione e ad offrire soluzioni per<br />

la creazione dei contenuti e per il supporto alla produzione, l’odierna<br />

industria della localizzazione presto si chiamerà “l’industria delle soluzioni<br />

multilingue”.<br />

111


LOCALISATION PROJECT MODELS<br />

By Bert Esselink 63<br />

This is my fourth contribution in a series of four articles about<br />

software localisation. The first article discussed the differences between<br />

translation and localisation, the second provided an overview of translation<br />

technology, and the third article covered the localisation industry<br />

developments. In this article, I will focus on localisation project models and<br />

the way the web is changing them.<br />

Traditional Project Models<br />

The "Guide to the Project Management Body of Knowledge"<br />

published by the Project Management Institute (http://www.pmi.org/)<br />

defines project as "a temporary endeavour undertaken to create a unique<br />

product or service." This definition also applies to most traditional<br />

localisation or translation projects. Localisation projects usually start with a<br />

publisher sending out a localisation kit with all source material to a<br />

translation agency. The project manager sends out the relevant documents<br />

to a translator or a group of translators, schedules the time re<strong>qui</strong>red to<br />

translate, edit, and proofread the material, and returns the translations after<br />

completion to the client. Projects have a definite beginning and a definite<br />

end.<br />

Before the introduction of translation memory tools, translation work<br />

would usually not start until the domestic product was finalised and<br />

sometimes even published or shipped. After design, development, and<br />

testing of an English product, only limited time was scheduled to create<br />

localised versions of a product. Nevertheless, foreign users often had to<br />

63 Bert Esselink, “Localisation Project Models”, Tranfree, n.13, 2000<br />

112


wait for months before a version of the product in their language was<br />

available.<br />

With the invention of translation memory and other computer aided<br />

translation tools in the beginning of the 1990s, this model changed<br />

dramatically. Publishers started aiming for simultaneous release (simship)<br />

of the domestic product and at least the most important target languages.<br />

This meant that translation already had to start while the source material or<br />

product was still being developed or written. The only way to effectively<br />

re-use translations of material that was still "under construction" was to use<br />

translation memory.<br />

In most of today's localisation projects, translators start translating the<br />

a first draft of a product, and then leverage all translations already done by<br />

importing translations stored in a translation memory database. The only<br />

way in which simship of different language versions can be achieved is by<br />

combining translation memory with a thorough internationalisation of the<br />

product, i.e. separating language-dependent information from the product's<br />

layout or code information and thus limiting the amount of testing or layout<br />

work re<strong>qui</strong>red for localised versions after translation is finished.<br />

Tomorrow's Project Models<br />

With the web, a new type of localisation model is evolving.<br />

Professional web sites are usually dynamic, database-driven sites, where all<br />

information and text is stored in a database, which automatically publishes<br />

information to web pages whenever new content is added or changed. Web<br />

sites are updated on a continuous basis. This means that translating a web<br />

site cannot be considered a "project" anymore; instead, it is a continuous<br />

flow of changes and updates. In the case of multilingual web sites, changes<br />

in one language should ideally be reflected in the other languages<br />

immediately.<br />

113


This new localisation model, which is characterised by small "chunks"<br />

of translatable information, has called the need for more automation.<br />

Sending each small change or update to a page on a web site to a project<br />

manager, who then coordinates the translation in all re<strong>qui</strong>red languages is<br />

just too time-consuming and inefficient. This is the reason many translation<br />

tool developers are now working on workflow systems which enable<br />

companies to automate the transfer of files between all people involved in a<br />

translation project, i.e. client, project manager, translator, editor,<br />

proofreader, client validator, etc. Examples of such tools are Lionbridge's<br />

LionTrack and SDL's SDLX WebFlow. Apart from workflow automation<br />

some of these tools also contain online project tracking features, so clients<br />

can see any time of the day how far translation of their material has<br />

progressed.<br />

Implementation of these systems re<strong>qui</strong>res a thorough analysis of the<br />

client's and vendor's processes and information flows, so the tool can be<br />

customised. Moving to this new, automated localisation project model also<br />

means that many clients are looking for long-term partnerships with<br />

localisation vendors, in order to better integrate them in their development<br />

and business processes, and to build up expertise and product knowledge in<br />

one central location.<br />

In a few years from now, it is not unlikely that translators will be part<br />

of "virtual teams" working for one or more clients. These teams will consist<br />

of translators who, regardless of their location, have all qualified or<br />

received training to do translations for a particular client. If new<br />

information is added to the client's web site, the text is transferred to the<br />

first translator in the team, who then indicates if he or she is available to do<br />

the work. If rejected, the job is automatically passed to the next translator<br />

in the team until someone can do it. After translation, the translated<br />

material is automatically transferred to a reviewer working for the client,<br />

114


who approves the translation so it can be merged back into the multilingual<br />

database for publication on the web.<br />

Workflow automation enables project managers to focus more on<br />

managing, such as resource management, quality management, scheduling,<br />

and budgeting, instead of acting as a "post office" sending files back and<br />

forth between translators and clients.<br />

115


MODELLI DI PROGETTI DI LOCALIZZAZIONE<br />

Questo è il mio quarto contributo in una serie di quattro articoli sulla<br />

localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la<br />

localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie<br />

impiegate nella traduzione e il terzo ha trattato gli sviluppi dell’industria<br />

della localizzazione. In questo articolo mi occuperò dei modelli di progetti<br />

di localizzazione e di come il web li stia cambiando.<br />

Modelli di progetti tradizionali<br />

Il libro "Guide to the Project Management Body of Knowledge" edito<br />

dal Project Management Institute (http://www.pmi.org/) definisce progetto<br />

come “uno sforzo temporaneo compiuto con il fine di creare un prodotto o<br />

un servizio unico”. Questa definizione vale anche per i progetti di<br />

localizzazione o di traduzione più tradizionali. Di solito un progetto di<br />

localizzazione inizia con la spedizione da parte del produttore di un kit di<br />

localizzazione contenete tutto il materiale sorgente a una agenzia di<br />

traduttori. Il project manager invia i documenti a un traduttore o a un<br />

gruppo di traduttori, programma il tempo necessario per tradurre, editare e<br />

verificare il materiale, e restituisce, una volta completate, le traduzioni al<br />

committente. I progetti hanno un inizio e una fine definiti.<br />

Prima dell’introduzione degli strumenti di memoria traduttiva, la<br />

traduzione non sarebbe iniziata prima del completamento del prodotto<br />

originale e a volte addirittura non prima della sua commercializzazione ed<br />

esportazione.<br />

Dopo la progettazione, lo sviluppo e il collaudo dei prodotto in lingua<br />

inglese, solo poco tempo veniva previsto per crearne una versione<br />

116


localizzata. Ciononostante, gli utenti stranieri spesso dovevano aspettare<br />

mesi prima di trovare disponibile la versione del prodotto nella loro lingua.<br />

All’inizio degli anni novanta, con l’invenzione delle memorie<br />

traduttive e altri strumenti di traduzione assistita questo modello è mutato<br />

notevolmente. I produttori hanno iniziato a mirare alla distribuzione<br />

simultanea (simship) del prodotto originale e almeno delle versioni nelle<br />

lingue più importanti. Questo significa che la traduzione deve iniziare<br />

mentre il materiale o il prodotto di partenza è ancora in via di sviluppo.<br />

L’unico modo per riutilizzare efficientemente le traduzioni del materiale<br />

non definitivo è quello di fare uso delle memorie traduttive.<br />

Nella maggior parte dei progetti odierni i traduttori iniziano a lavorare<br />

su una prima versione provvisoria del prodotto per poi rimettere a frutto le<br />

traduzioni già eseguite importandole dai database delle memorie traduttive.<br />

L’unico modo per riuscire ad ottenere una simship di versioni in lingue<br />

differenti è quello di associare alle memorie traduttive anche una completa<br />

internazionalizzazione del prodotto. Ossia, è necessario separare le<br />

informazioni linguisticamente dipendenti dal layout del prodotto e dalle<br />

informazioni del codice, limitando in questo modo la quantità di lavoro<br />

necessario per le versioni localizzate dopo la conclusione della traduzione.<br />

Futuri modelli di progetti<br />

Con il web si sta sviluppando un nuovo modello di localizzazione. I<br />

siti web professionali normalmente sono dinamici, impostati sui database,<br />

dove tutte le informazioni e i testi sono memorizzati in una banca dati che li<br />

pubblica automaticamente nelle pagine non appena si aggiunge o si<br />

modifica il contenuto. I siti sono aggiornati costantemente. Questo significa<br />

che tradurre un sito web non può più essere considerato un progetto;<br />

piuttosto si tratta di un processo continuo di modifiche e aggiornamenti.<br />

117


Nel caso di siti multilingue le modifiche in una lingua dovrebbero essere<br />

apportate immediatamente anche nelle altre lingue.<br />

Questo nuovo modello di localizzazione, caratterizzato da brevissime<br />

informazioni traducibili ha suscitato il bisogno di maggiori automatismi.<br />

Spedire ogni piccolo cambiamento o aggiornamento di una pagina a un<br />

project manager, che a sua volta coordina la traduzione in tutte le lingue<br />

necessitate è semplicemente troppo dispendioso e inefficiente. Questa è la<br />

ragione per cui molti sviluppatori di strumenti per la traduzione stanno<br />

lavorando a un sistema di workflow che permetta alle società di<br />

automatizzare il trasferimento dei file tra le persone coinvolte nel progetto<br />

di traduzione, cioè il committente, il project manager, il curatore, il<br />

revisore, il supervisore ecc. Esempi di tale strumenti sono Lion Track della<br />

Lionbridge e SDLX Web Flow della SDL. Oltre all'automatizzazione del<br />

workflow alcuni di questi strumenti includono delle funzionalità per il<br />

controllo del progetto, in modo che i committenti possano vedere in ogni<br />

momento della giornata a che punto si trovi la traduzione del loro<br />

materiale.<br />

Al fine di personalizzare lo strumento l’implementazione di questi<br />

sistemi richiedono una analisi integrale dei processi e dei flussi di<br />

informazione del committente e dell’agenzia. Adottare questo nuovo<br />

modello di localizzazione automatizzata significa anche che i committenti<br />

ricerchino delle collaborazioni a lungo termine con le agenzie di<br />

localizzazione, al fine di integrarle meglio nel loro processo commerciale e<br />

di sviluppo, e per accumulare competenza e conoscenza del prodotto in un<br />

unico centro.<br />

Non è improbabile che, entro pochi anni, i traduttori saranno parte di<br />

gruppi virtuali che lavorano per uno o più committenti. Questi gruppi<br />

saranno costituiti da traduttori che, indipendentemente dal loro luogo di<br />

118


esidenza, sono tutti qualificati o sono stati formati per tradurre per un<br />

particolare committente.<br />

Se viene aggiunta una nuova informazione nel sito del committente, il<br />

testo è trasferito al primo traduttore del gruppo, che indicherà se è<br />

disponibile per svolgere quel lavoro. Nel caso venga rifiutato il lavoro<br />

passerebbe automaticamente al prossimo traduttore del gruppo fin quando<br />

sarà eseguito da qualcuno. Dopo la traduzione il materiale è trasferito<br />

automaticamente a un revisore che lavora per il committente che approva la<br />

traduzione così che possa essere reinserita nella banca dati multiligue per la<br />

pubblicazione nel web.<br />

L’automatizzazione del workflow consente ai project manager di<br />

concentrarsi sulla gestione delle risorse e della qualità, sulla pianificazione<br />

e la preventizzazione, invece di fare da ufficio postale, mandando avanti e<br />

indietro i file tra i traduttori e i clienti.<br />

119


SOFTWARELOKALISIERUNG<br />

Mehr als Übersetzung<br />

von Karl-Heinz Freigang 64<br />

Noch vor 15 Jahren war weltweit Englisch die Sprache, in der<br />

Softwareprodukte mit ihren Anwendern kommunizierten. Mit dem<br />

Durchbruch des PC und seiner Ausstattung für ”jedermann” wurde es<br />

notwendig, Bedienoberflächen, Systemmeldungen und Dokumentation in<br />

den Sprachen der Benutzer verfügbar zu machen.<br />

Heutzutage verkauft sich ein Softwareprodukt nicht mehr, wenn die<br />

Kommunikation mit den Benutzern nicht in deren Landessprache ist. Dabei<br />

reicht es nicht, wenn die Dokumentation in die Landessprache übertragen<br />

wird. Benutzer erwarten, dass Menüs, Dialogfelder, Systemmeldungen,<br />

Fehlermeldungen, Online-Hilfen, Installationsanweisungen usw. in ihrer<br />

Sprache vorliegen.<br />

All diese verschiedenen Texte sind Gegenstand der<br />

Softwarelokalisierung, die sich in den letzten Jahren zu einer boomenden<br />

Industrie entwickelt hat. Absolventen der Ausbildungsinstitute für<br />

Übersetzer, die sich in diese Tätigkeit einarbeiten wollen oder während des<br />

Studiums Einblicke in die Arbeit eines ”Lokalisierers” gewonnen haben,<br />

finden nach ihrem Examen beste berufliche Chancen. Sei es als<br />

Angestellter in Softwareunternehmen oder als Freiberufler, die meist in<br />

Teams mit anderen Kolleginnen und Kollegen Lokalisierungsprojekte<br />

übernehmen.<br />

64 Karl-Heinz Freigang, “Softwarelokalisierung”, Technische Kommunikation, 2/1999, p.23.<br />

120


Komponenten der Software<br />

Die Besonderheit der Softwarelokalisierung liegt darin, dass es nicht<br />

nur um die Übersetzung der sprachlichen Komponenten von<br />

Softwareprodukten geht. Die Anpassung formaler Elemente wie Datums-<br />

und Uhrzeitformat, Währung, Maßeinheiten, Zeichensätze muss ebenfalls<br />

durchgeführt werden. Gleiches gilt für die grafischen Elemente, die sich an<br />

den kulturellen Gegebenheiten des Ziellandes orientieren sollten. Auch<br />

wenn die Bearbeitung grafischer Elemente nicht die Aufgabe eines<br />

Übersetzers ist - er kann aufgrund seiner Ausbildung am ehesten<br />

Ungereimtheiten entdecken. So ist festzustellen, dass auch in der<br />

lokalisierten Version vieler Softwareprodukte beispielsweise der<br />

”Papierkorb” durch einen typischen amerikanischen Mülleimer (”trash”)<br />

dargestellt wird. Auch die bekannte Windows-Zwischenablage wird in der<br />

deutschen Version immer noch durch ein Klemmbrett (”clipboard”)<br />

symbolisiert.<br />

Die zu lokalisierenden Komponenten eines Softwareprodukts lassen<br />

sich in drei Grobbereiche einteilen:<br />

- die Software mit Menüs, Befehlen, Dialogfeldern,<br />

Schaltflächen, Meldungen,<br />

- die Online-Hilfetexte,<br />

- die Dokumentation, entweder in gedruckter Form oder<br />

maschinenlesbar z. B. als Hypertext.<br />

All diese Komponenten enthalten natürlich Textpassagen, die auch in<br />

anderen Komponenten vorkommen und die im Sinne einer größtmöglichen<br />

Konsistenz und Benutzerfreundlichkeit dann auch in den verschiedenen<br />

Komponenten gleich übersetzt werden sollten. Ideal wäre es, wenn bei der<br />

ersten Übersetzung einer solchen Textpassage die Übersetzung gespeichert<br />

121


und für die übrigen Komponenten in einem Translation-Memory zur<br />

Verfügung gestellt werden könnte.<br />

Um welche Arten von Texten und welche Formate handelt es sich nun<br />

bei den einzelnen Komponenten?<br />

Software<br />

Z. B. Windows-Software besteht aus verschiedenen Dateitypen, die alle zu<br />

übersetzende Texte oder Zeichenketten enthalten können. Es handelt sich<br />

dabei um ”ausführbare” Programmdateien (EXE- oder COM-Dateien)<br />

sowie um weitere Programmdateien wie Treiber (DRV) oder ”Dynamic<br />

Link Libraries” (DLL). Diese Programmdateien enthalten die Menüs,<br />

Dialogfelder, Befehle und Meldungen der Software, die dem Übersetzer<br />

entweder in Form von Resourcen-Dateien (”resource files”) im ”Nur-<br />

Text”-Format oder direkt in den binären Programmdateien vorliegen.<br />

Resourcen<br />

(normalerweise mit der Dateinamenserweiterung RC oder DLG) sind Nur-<br />

Text-Dateien, die in jedem Texteditor oder Textverarbeitungsprogramm<br />

bearbeitet werden können. Nach der Übersetzung müssen sie in binäre<br />

Programmdateien kompiliert werden. Da sie als Nur-Text-Dateien<br />

vorliegen, können sie auch problemlos mit den gängigen Translation-<br />

Memory-Systemen (z. B. Trados Translator’s Workbench, Star Transit,<br />

IBM TranslationManager) bearbeitet werden. Der Nachteil liegt darin, dass<br />

der Übersetzer nicht direkt sehen kann, wie sich seine Arbeit auf das<br />

betreffende Dialogfeld, das Menü oder die Schaltfläche auswirkt, d. h., ob<br />

der Text der Übersetzung vom Platzbedarf her passt oder ob Schaltflächen<br />

oder Fenster nachträglich angepasst werden müssen. Die folgende<br />

Abbildung ( Abb. 1 ) zeigt ein Beispiel für ein solches Resourcen-Format:<br />

122


Abb. 1: Resourcen-Format-Beispiel<br />

Der Übersetzer muss hier wissen, dass nur die in Anführungszeichen<br />

stehenden Textelemente zu übersetzen sind (mit Ausnahme der Angabe<br />

”Helv” in der dritten Zeile, die die Schriftart des hier vorliegenden<br />

Dialogfelds bezeichnet). Der Einsatz von vorbereiteten Filtern oder Makros<br />

in den Translation-Memory-Systemen ermöglicht eine Abgrenzung der zu<br />

übersetzenden Teile von den Teilen, die zum Programmcode gehören, und<br />

ermöglicht es außerdem, den Programmcode vor versehentlichem<br />

Überschreiben zu schützen.<br />

Programmdateien<br />

(in der Regel mit der Dateinamenserweiterung EXE oder DLL) können in<br />

einem Resource-Editor direkt übersetzt werden (z. B. Microsoft App Studio<br />

oder Borland Resource Workshop). Inzwischen sind auch Lokalisierungs-<br />

Tools auf dem Markt, die ebenfalls eine direkte Übersetzung von<br />

Programmdateien erlauben (z. B. Corel Catalyst, PASSOLO). Der Vorteil<br />

dieser Werkzeuge liegt darin, dass der Übersetzer direkt die Auswirkungen<br />

seiner Arbeit sieht und auch Anpassungen z. B. von Schaltflächen direkt<br />

selbst vornehmen kann. Die folgende Abbildung ( Abb. 2 ) zeigt ein<br />

Beispiel für die Übersetzung eines Menüs in einem Resource-Editor:<br />

123


Abb. 2: Menü-Übersetzung im Resource-Editor<br />

In diesem Beispiel kann die Übersetzung der einzelnen Menüpunkte<br />

sowohl im Programmcode (rechts untere Hälfte) als auch im Resource-<br />

Editor (linke Hälfte) vorgenommen werden. Die Auswirkungen auf das<br />

Erscheinungsbild des Menüs sind direkt in der rechten oberen Hälfte zu<br />

sehen.<br />

Ähnlich wie in diesem Beispiel läuft auch die Übersetzung mit Hilfe<br />

eines der obenerwähnten Lokalisierungs-Tools. Der Nachteil dabei ist, dass<br />

in diesen Lokalisierungs-Tools zwar die einzelnen Übersetzungen z. B. der<br />

verschiedenen Menüoptionen in einer Liste gespeichert werden können, die<br />

dann für andere Lokalisierungsprojekte wiederverwendet werden kann. Um<br />

sie für die Übersetzung der Dokumentation verfügbar zu machen, muss<br />

jedoch eine solche Liste (Glossar) exportiert und in das für die Übersetzung<br />

der Dokumentation eingesetzte Translation-Memory bzw. die zugehörige<br />

Terminologiedatenbank importiert werden.<br />

Online-Hilfe<br />

Texte der Online-Hilfe ersetzen heutzutage immer mehr die gedruckte<br />

Dokumentation. Sie liegen dem Übersetzer in verschiedenen Formaten vor,<br />

124


z. B. in Form von Windows-Hilfedateien im RTF-Format, die nach der<br />

Bearbeitung mit einem geeigneten Hilfe-Compiler umgesetzt werden. Oder<br />

in Form von HTML-Dateien, bei deren Aufruf ein HTML-Browser<br />

gestartet wird, mit dem die Dateien gelesen werden können. Der Übersetzer<br />

muss in diesen Fällen in der Lage sein, diese Formate zu bearbeiten. Dies<br />

ist entweder mit Hilfe von Lokalisierungs-Tools möglich, die auch für die<br />

Bearbeitung von Hilfetexten entwickelt wurden. Oder wiederum mit Hilfe<br />

der bereits erwähnten Translation-Memory-Systeme, die entsprechende<br />

Filter aufweisen.<br />

Vom Übersetzer-Standpunkt aus betrachtet, ist beim Übersetzen von<br />

Hilfetexten darauf zu achten, dass diese von den potentiellen Lesern auf<br />

ganz andere Art und Weise rezipiert werden. Während letztere in der Regel<br />

eher sequentiell gelesen werden, d. h. die Informationen aus den<br />

vorangehenden Kapiteln meist vorausgesetzt werden können, werden<br />

Hilfetexte in der Regel punktuell gelesen. D. h., der Leser springt direkt aus<br />

der Anwendung an eine bestimmte Stelle des Hilfetextes, ohne die<br />

vorangehenden Stellen gelesen zu haben. Die einzelnen Passagen eines<br />

Hilfetextes, auf die über Hyperlinks zugegriffen werden kann, sollten also<br />

für sich genommen verständlich sein und nicht allzu viele implizite<br />

Rückverweisungen enthalten. Dies muss natürlich der Originalautor des<br />

Hilfetextes bereits beachten. Der Übersetzer jedoch darf nicht unbedingt<br />

die ihm vom Translation Memory angebotenen, etwa aus der Übersetzung<br />

des gedruckten Handbuchs stammenden Übersetzungen ohne weiteres<br />

übernehmen.<br />

Dokumentation<br />

Texte der gedruckten Dokumentation liegen normalerweise im Format<br />

eines Textverarbeitungsprogramms (z. B. Word) oder im Format eines<br />

Desktop-Publishing-Programms vor. Während noch vor einiger Zeit der<br />

125


Übersetzer die Texte direkt in dem entsprechenden Programm durch<br />

Überschreiben des Ausgangstextes bearbeitet hat, werden sie heutzutage<br />

meist in Translation-Memory-Systeme importiert, dort bearbeitet und<br />

anschließend wieder ins Ausgangsformat exportiert. Für diese Import- und<br />

Exportvorgänge stellen Translation-Memory- Systeme Filter zur<br />

Verfügung, die beim Import die dem DTP-System eigenen Steuercodes<br />

durch eigene Tags ersetzen und beim Export wieder einfügen. Wie bereits<br />

im Zusammenhang mit der Übersetzung der Softwarekomponenten<br />

erwähnt, wäre es sinnvoll, die dort erstellten Übersetzungen - sowohl die<br />

einzelnen Termini als auch komplette Phrasen (z. B. Fehlermeldungen) in<br />

einem Translation Memory bereitgestellt zu bekommen. Wird die Software<br />

in Form von Resource-Dateien (s. o.) mit Hilfe des Translation-Memory-<br />

Systems übersetzt mit allen Nachteilen, die oben angesprochen wurden -,<br />

stehen die Übersetzungen zur Verfügung.<br />

Ideal wären jedoch Werkzeuge, mit denen sowohl die Software direkt<br />

in den Programmdateien als auch die Online-Hilfe und die gedruckte<br />

Dokumentation bearbeitet werden können und die gleichzeitig die<br />

Funktionalitäten von Translation-Memory-Systemen inklusive der<br />

zugehörigen Terminologieverwaltungssysteme bieten.<br />

Schlussbemerkung<br />

Abschließend einige Bemerkungen zur Hardware- und<br />

Softwareausstattung, die für die Softwarelokalisierung erforderlich ist.<br />

Generell gilt, dass es sinnvoll ist, genau die Hardware- und<br />

Softwareausstattung zur Verfügung zu haben, unter der die zu<br />

lokalisierende Software läuft. Man sollte - vor allem auch als Freiberufler -<br />

immer darauf achten bzw. darauf drängen, dass vom Auftraggeber nicht nur<br />

die zu übersetzenden Resourcen und sonstigen Dateien zur Verfügung<br />

gestellt werden. Die komplette, lauffähige Software in ihrer<br />

126


Ausgangssprache sollte dabei sein. So ist man in der Lage, jederzeit das<br />

Programm auszuführen und bei Unklarheiten die Wirkung bestimmter<br />

Optionen und Befehle auszuprobieren. Allein aus diesem Grund ist es<br />

erforderlich, dass die erforderliche Hardware zur Verfügung steht. Als<br />

Softwarevoraussetzung sollte auf jeden Fall das Betriebssystem vorhanden<br />

sein, unter dem die Software läuft, und zwar möglichst auch in der Sprache,<br />

in die übersetzt werden muss. Eventuell kann es sinnvoll sein, verschiedene<br />

Sprachversionen des Betriebssystems auf verschiedenen Rechnern oder auf<br />

einem Rechner mit den Voraussetzungen zum Booten mit verschiedenen<br />

Betriebssystemversionen verfügbar zu haben. Handelt es sich um eine<br />

Update-Version einer Software, sollte darauf geachtet werden, dass auch<br />

die Vorgängerversionen zur Verfügung stehen und dass Translation<br />

Memories und Terminologie-Glossare zu den früheren Versionen<br />

vorhanden sind.<br />

Vor Beginn des Projekts sollte die Abfolge der Arbeitsschritte klar<br />

sein. Man muss hierbei zumindest bei einem neuen Produkt immer davon<br />

ausgehen, dass die Übersetzung nicht erst beginnt, wenn die<br />

Originalversion komplett fertiggestellt ist. Bereits bei Vorliegen der Beta-<br />

Versionen beginnt die Lokalisierung. Daher werden mehrere<br />

Arbeitsdurchgänge bis zum Vorliegen des endgültigen Produkts<br />

wahrscheinlich. Auftraggeber sind mehr und mehr daran interessiert, die<br />

lokalisierten Versionen eines Produkts unmittelbar nach der<br />

Markteinführung des Originalprodukts bereitzustellen. Effizientes<br />

Projektmanagement ist daher eine unabdingbare Voraussetzung für eine<br />

erfolgreiche Arbeit als Softwarelokalisierer.<br />

127


LA LOCALIZZAZIONE DEL SOFTWARE<br />

Non solo traduzione<br />

di Karl-Heinz Freigang<br />

Ancora 15 anni fa l’inglese era in tutto il mondo la lingua in cui i<br />

prodotti software dialogavano con i propri utenti. Con il grande successo<br />

del PC e la sua dotazione di facile utilizzo emerse la necessità di fornire le<br />

interfacce, gli avvisi di sistema e la documentazione nelle lingue degli<br />

utenti.<br />

Oggi un prodotto software non si vende più se la comunicazione con<br />

l’utente non avviene nella sua lingua. E non basta solo tradurre la<br />

documentazione. Gli utenti si aspettano di poter disporre nella propria<br />

lingua di menu, finestre di dialogo, avvisi di sistema, avvisi di errore, guide<br />

in linea, istruzioni per l’installazione ecc.<br />

Tutti questi differenti testi sono oggetto della localizzazione, che negli<br />

ultimi anni si è trasformata in una industria fiorente. I diplomati in<br />

traduzione che vogliono fare pratica in questa attività o che durante il loro<br />

periodo di studio si sono formati un’idea del lavoro del localizzatore, sono<br />

in possesso dopo l'esame di ottime opportunità professionali, sia come<br />

impiegati di una azienda di software, sia come liberi professionisti che<br />

solitamente assumono l'incarico di un progetto di localizzazione in un team,<br />

insieme a colleghi e colleghe.<br />

Le componenti del software<br />

La particolarità della localizzazione risiede nel fatto che non è<br />

sufficiente tradurre soltanto le componenti linguistiche del prodotto.<br />

Bisogna eseguire anche l’adattamento di elementi formali come il formato<br />

della data e dell’ora, della valuta, delle unità di misura. Lo stesso vale<br />

anche per gli elementi grafici che devono adattarsi alle caratteristiche<br />

128


culturali del paese di destinazione. Anche se l’elaborazione degli elementi<br />

grafici non figura tra i compiti del traduttore, egli è comunque colui che in<br />

virtù della sua formazione può individuarne più prontamente le inesattezze.<br />

Così si osserva, per esempio, che anche nella versione localizzata di molti<br />

prodotti software il “cestino” è rappresentato da un secchio per i rifiuti<br />

tipicamente americano (“trash”). Anche i famosi “appunti” di Windows<br />

nella versione localizzata sono ancora simboleggiati da un portablocco a<br />

molla (“clipboard”).<br />

Le componenti di un software da localizzare possono essere suddivise<br />

a grandi linee in tre gruppi principali:<br />

- il software con i menu, i comandi, le finestre di dialogo, i pulsanti e gli<br />

avvisi;<br />

- i testi della guida in linea;<br />

- la documentazione in forma stampata o in forma digitale (per esempio<br />

un ipertesto).<br />

Tutte queste componenti contengono naturalmente dei testi, che sono<br />

presenti anche in altre componenti e che <strong>qui</strong>ndi, per ottenere la maggiore<br />

coerenza e facilità d’uso possibile, devono essere tradotti immediatamente<br />

anche nelle altre componenti. La situazione ideale è quella in cui la<br />

traduzione di queste parti di testo è archiviata e resa disponibile per le altre<br />

componenti in una memoria traduttiva.<br />

Software<br />

Quali sono i tipi di testo e i formati di tali componenti?<br />

Per esempio, il software di Windows è composto da diversi tipi di file<br />

i quali possono contenere testi o sequenze di segni che devono essere<br />

tradotti. Si tratta di file eseguibili (file EXE o COM) come anche di driver<br />

129


(DRV) o librerie di collegamento dinamico (DLL). Questi file contengono i<br />

menu, le finestre di dialogo, i comandi e gli avvisi del software e sono<br />

disponibili per il traduttore sotto forma di file risorsa (“resource files”) nel<br />

formato “solo testo” oppure direttamente sotto forma di file binari.<br />

Le Risorse<br />

Le risorse (normalmente con l’estensione RC o DLG) sono file di<br />

“solo testo” che possono essere trattati in un qualsiasi editor di testi o in un<br />

programma di videoscrittura. Dopo essere stati tradotti, i file binari devono<br />

essere compilati. Poiché questi file sono in formato “solo testo”, possono<br />

essere trattati senza problemi con comuni sistemi di memorie traduttive<br />

(per esempio Trados Translator’s Workbench, Star Transit, IBM<br />

TranslationManager). Lo svantaggio risiede nel fatto che il traduttore non<br />

riscontra direttamente gli esiti del proprio lavoro sulla finestra di dialogo,<br />

sul menu e sul pulsante in questione, cioè non può verificare se lo spazio<br />

disponibile per il testo della traduzione è sufficiete o se i pulsanti e le<br />

finestre devono essere adattati in un secondo momento.<br />

risorsa:<br />

L’immagine seguente (fig.1) mostra un esempio di file in formato<br />

Fig. 1: Esempio di formato risorsa<br />

130


Il traduttore deve sapere che solo gli elementi testuali riportati tra<br />

virgolette devono essere tradotti (con l’eccezione della dicitura “Helv”<br />

nella terza riga, che indica il carattere usato nella finestra di dialogo).<br />

L’utilizzo di filtri e di macro predisposti nei sistemi di memoria traduttiva<br />

consente di separare le parti da tradurre dal codice del programma e<br />

permette inoltre di proteggere il codice dalla sovrascrittura accidentale.<br />

I file di programma<br />

I file di programma (di norma con l'estensione EXE o DLL) possono<br />

essere tradotti direttamente con un editor di risorse (per esempio Microsoft<br />

App Studio o Borland Resource Workshop). Intanto sul mercato sono<br />

comparsi anche strumenti per la localizzazione che permettono anch’essi<br />

una traduzione diretta dei file di programma (per esempio Corel Catalyst,<br />

PASSOLO). Il vantaggio di questi strumenti risiede nel fatto che il<br />

traduttore verifica direttamente gli esiti del proprio lavoro e può, per<br />

esempio, adattare immediatamente i pulsanti. L’immagine seguente (fig. 2)<br />

mostra un esempio di traduzione di un menu in un editor di risorse:<br />

Fig. 2: La traduzione di un menu in un editor di risorse.<br />

131


In questo esempio la traduzione delle singole voci del menu può<br />

essere eseguita sia nel codice sorgente (in basso a destra) sia nell’editor di<br />

risorse (a sinistra). Gli effetti sull’aspetto del menu vengono visualizzati<br />

immediatamente in alto a destra.<br />

In modo simile a questo si svolge anche la traduzione realizzata con<br />

l’ausilio di uno strumento per la localizzazione. Le singole traduzioni,<br />

come per esempio quelle delle diverse opzioni del menu, possono essere<br />

salvate in una lista che può essere riutilizzata in altri progetti di<br />

localizzazione, anche se questi strumenti presentano uno svantaggio. Per<br />

poter impiegare la lista (glossario) nella traduzione della documentazione,<br />

questa deve essere esportata per poi importarla in una memoria di<br />

traduzione o nella relativa banca dati terminologica.<br />

La guida in linea<br />

La documentazione stampata è sostituita sempre più spesso dai testi<br />

della guida in linea. Questa può presentarsi al traduttore in diversi formati,<br />

per esempio nel formato RTF dei file della guida di Windows, che dopo<br />

essere stati elaborati vengono convertiti con un apposito compilatore.<br />

Oppure nella forma di un file HTML che quando viene selezionato avvia<br />

un browser nel quale si possono visualizzare questi file. In questi casi il<br />

traduttore deve essere in grado di elaborare questi tipi di formati. Questo è<br />

possibile con l’ausilio di strumenti di localizzazione che sono stati<br />

sviluppati anche per l'elaborazione dei testi delle guide in linea. Oppure con<br />

i già menzionati sistemi di memoria traduttiva con i relativi filtri.<br />

Nella traduzione delle guide in linea dal punto di vista del traduttore<br />

bisogna tenere conto del fatto che queste possono essere recepire in modo<br />

completamente diverso dall’eventuale lettore. Mentre le guide cartacee<br />

normalmente sono lette in maniera sequenziale, cioè di solito le<br />

informazioni dei capitoli precedenti possono essere date per scontate, le<br />

132


guide in linea sono lette punto per punto. Ovvero il lettore salta<br />

direttamente dall’applicazione ad un determinato punto della guida in linea<br />

senza aver letto ciò che lo precede. Quindi i singoli passaggi della guida in<br />

linea a cui è possibile accedere tramite dei link ipertestuali dovrebbero<br />

essere autonomamente comprensibili e non dovrebbero contenere troppi<br />

riferimenti impliciti ai contenuti precedenti. Di questo naturalmente deve<br />

tenere conto già l'autore del testo originale. Ma il traduttore dal canto suo<br />

non può semplicemente accettare le traduzioni magari derivanti dal<br />

manuale cartaceo propostegli dalla memoria traduttiva.<br />

Documentazione<br />

I testi della documentazione stampata normalmente sono disponibili<br />

nel formato di un programma di videoscrittura (per esempio Word) oppure<br />

nel formato di un programma di desktop publishing. Mentre ancora non<br />

molto tempo fa il traduttore lavorava sui testi direttamente nel relativo<br />

programma, sovrascrivendo il testo di partenza, oggi solitamente i testi<br />

sono importati in un sistema di memoria traduttiva, nel quale vengono<br />

elaborati e in fine riesportati nel formato originale. Per svolgere questi<br />

processi di importazione ed esportazione le memorie traduttive dispongono<br />

di filtri che durante l’importazione sostituiscono il codice di marcatura dei<br />

sistemi DTP con i propri tag per reinserirli durante l’esportazione alla fine<br />

del processo. Come già menzionato a proposito della traduzione delle<br />

componenti software, sarebbe ragionevole avere a disposizione nella<br />

memoria traduttiva le traduzioni sia dei singoli termini, sia delle frasi<br />

complete (p. es. gli avvisi di errore) prodotte in quel contesto. Se il<br />

software è stato tradotto come file risorsa (vedi sopra), utilizzando una<br />

memoria traduttiva con tutti gli svantaggi menzionati sopra che questo<br />

comporta, le traduzioni sono disponibili.<br />

133


Il caso ideale sarebbe quello di disporre di strumenti in grado di<br />

elaborare sia direttamente i file del software, sia la guida stampata e in<br />

linea, e che in oltre sia dotato delle funzionalità di una memoria traduttiva<br />

incluso il sistema di gestione terminologica.<br />

Considerazione conclusiva<br />

Per concludere alcune osservazioni sull’e<strong>qui</strong>paggiamento hardware e<br />

software necessario per la localizzazione. In linea di massima è bene<br />

disporre esattamente del hardware e del software richiesti dal prodotto da<br />

localizzare. Bisognerebbe, soprattutto come libero professionista,<br />

pretendere dal committente non solo i file risorsa e gli altri file da tradurre,<br />

ma si dovrebbe disporre anche del software completo e funzionante nella<br />

lingua originale. In questo modo si è sempre in grado di avviare il<br />

programma e, in caso di dubbio, verificare l'effetto di determinati comandi<br />

e opzioni. Già solo per questo motivo è indispensabile disporre del<br />

hardware necessario. La dotazione software di base dovrebbe essere in ogni<br />

caso il sistema operativo richiesto dal software possibilmente nella lingua<br />

in cui si traduce. Eventualmente può essere utile disporre di versioni in<br />

lingue diverse del sistema operativo su computer differenti oppure su un<br />

computer in grado di eseguire il boot di diversi sistemi operativi. Se si tratta<br />

di una versione aggiornata del software bisognerebbe disporre anche delle<br />

versioni precedenti, delle memorie traduttive e dei glossari terminologici<br />

delle versioni antecedenti.<br />

Prima di iniziare il progetto dovrebbe essere ben chiara la sequenza<br />

delle fasi di lavoro. Bisogna partire dal presupposto, almeno nel caso di un<br />

nuovo prodotto, che la traduzione non inizia solo quando la versione<br />

originale è stata completata. La localizzazione inizia non appena è<br />

disponibile la versione beta. Quindi è probabile che siano necessarie<br />

svariate fasi di lavoro prima di giungere al prodotto definitivo. È interesse<br />

134


sempre maggiore dei committenti che la versione localizzata di un prodotto<br />

sia completata immediatamente dopo l'introduzione sul mercato del<br />

prodotto originale. Per questo una gestione efficiente del progetto è un<br />

presupposto indispensabile per lavorare con successo come localizzatore.<br />

135


AUTOMATISIERTE ÜBERSETZUNG<br />

Werkzeuge für effektives Management<br />

von Karl-Heinz Freigang 65<br />

Die Automatisierung der Übersetzerarbeit reicht von Hilfen beim<br />

Schreiben und Editieren von Übersetzungen bis hin zu Softwaresystemen<br />

zur automatischen Übersetzung. Selbstverständlich gehört eine<br />

Textverarbeitung heutzutage zu jedem Übersetzerarbeitsplatz wie noch vor<br />

wenigen Jahren die Schreibmaschine.<br />

Um Schreib- und Editierwerkzeuge herum sind in den vergangenen<br />

Jahren weitere Werkzeuge entwickelt worden, die mit unterschiedlichen<br />

Schwerpunkten verschiedene Aspekte des Übersetzungsprozesses und des<br />

gesamten Managements unterstützen sollen. Solche Aspekte sind:<br />

- Die Layout-Gestaltung im eigentlichen Übersetzungsprozess des<br />

zielsprachlichen Dokuments.<br />

- Die Recherche, Erfassung und Bereitstellung von Terminologie mit dem<br />

Ziel, terminologische Kohärenz des zielsprachlichen Dokuments zu<br />

gewährleisten.<br />

- Die eigentliche Übersetzung, d.h. die sprachliche Realisierung des<br />

zielsprachlichen Dokuments unter Herstellung bzw. Wahrung<br />

textinterner, textübergreifender Kohärenz.<br />

- Die Anpassung des zielsprachlichen Dokuments an die sprachlichen und<br />

kulturellen Konventionen der Adressaten.<br />

- Und schließlich – was häufig von Übersetzern, mehr aber noch von<br />

anderen am gesamten Prozess technischer Dokumentation beteiligten<br />

Personen vergessen wird – Management, Planung und Organisation der<br />

65 Karl-Heinz Freigang, “Automatisierte Übersetzung”, Technische Kommunikation, 5/1999, p.12<br />

136


Arbeitsabläufe in den unterschiedlichsten Umfeldern und<br />

Arbeitssituationen.<br />

Übersetzungsprozess<br />

Die drei Hauptaufgaben des Übersetzungsprozesses sind das Schreiben, das<br />

Recherchieren und das Übersetzen im engeren Sinn. Für jede dieser<br />

Tätigkeiten stehen einerseits spezielle eigenständige Softwareanwendungen<br />

zur Verfügung. Andererseits gibt es seit einiger Zeit Systeme, die<br />

Werkzeuge für diese drei Tätigkeiten in einem komplexen System<br />

integrieren – “integrierte Übersetzungssysteme”.<br />

Der Einsatz von Übersetzungswerkzeugen, die über die Textverarbeitung<br />

hinausgehen, setzt voraus, dass die zu übersetzenden, ausgangssprachlichen<br />

Dokumente in maschinenlesbarer Form vorliegen. Diese Voraussetzung<br />

ermöglicht:<br />

- den ausgangssprachlichen Text in Übersetzungseinheiten zu<br />

segmentieren,<br />

- die im Text vorkommenden Wortformen automatisch in einem<br />

Wörterbuch oder einer Terminologiedatenbank nachzuschlagen<br />

- oder gar den Text automatisch syntaktisch und semantisch zu<br />

analysieren, um auf der Grundlage des Analyseergebnisses den<br />

zielsprachlichen Text zu generieren.<br />

Integrierte Übersetzungssysteme<br />

Wie bereits erwähnt, integrieren diese Systeme Werkzeuge zum<br />

Schreiben/Editieren, zur Terminologierecherche und zur Unterstützung des<br />

eigentlichen Übersetzungsprozesses. Der zu übersetzende Text wird in den<br />

entsprechenden Editor geladen. Dort wird innerhalb des Dokuments oder in<br />

einem eigenen Fenster die Übersetzung erstellt und editiert. Die<br />

137


ausgangssprachlichen Übersetzungseinheiten (Segmente), die entweder<br />

während des Imports des Textes in den Editor oder im Rahmen des<br />

Nachschlageprozesses auf Grundlage von Segmentierungsregeln ermittelt<br />

werden, können nunmehr im Übersetzungsspeicher, Translation-Memory,<br />

nachgeschlagen werden.<br />

Ergebnis: Die für das ausgangssprachliche Segment gefundene<br />

Übersetzung wird angeboten und kann vom Anwender in den Zieltext<br />

übernommen werden. Mit dem Nachschlagen des kompletten Segments<br />

werden die einzelnen Wortformen in dem integrierten terminologischen<br />

Glossar nachgeschlagen. Gefundene Termini werden ebenfalls in einem<br />

eigenen Fenster zur Übernahme in den Text angeboten.<br />

Bei den Schnittstellen zwischen den einzelnen Komponenten und bei<br />

der Konzeption und dem Aufbau der einzelnen Komponenten gibt es z.T.<br />

beträchtliche Unterschiede zwischen den einzelnen<br />

Übersetzungswerkzeugen.<br />

Der integrierte Editor<br />

Die Editoren integrierter Systeme sind entweder ein eigenständiges Modul<br />

innerhalb des Systems und stehen nur im Rahmen des jeweiligen Systems<br />

zur Verfügung, oder es sind herkömmliche, unabhängige<br />

Textverarbeitungssysteme.<br />

Die eigens entwickelten Editoren sind in der Regel reine “Nur-Text”-<br />

Editoren: Dokumente werden in den Editor importiert, in<br />

Übersetzungseinheiten segmentiert und im Editor als “Nur Text” ohne<br />

direkte Formatierung bearbeitet. Dabei wird der ausgangssprachliche Text<br />

in einem eigenen Editierfenster angezeigt, in dem er durch seine<br />

Übersetzung nach und nach überschrieben wird. Auf Wunsch kann das<br />

Original in einem eigenen Fenster getrennt angezeigt werden, wobei beide<br />

138


Fenster synchronisiert werden können, so dass sie der Anwender scrollen<br />

kann.<br />

Abb. 1: Editorfenster mit eingeblendetem Memory- und Wörterbuchfenster<br />

Die im Ausgangsdokument enthaltenen Layoutinformationen werden<br />

beim Import mit Hilfe von Filterroutinen identifiziert und in<br />

systemspezifische Tags umgewandelt. Filter stehen normalerweise für<br />

gängige Textverarbeitungsformate sowie DTP- und Resource-Formate zur<br />

Verfügung. Während der Bearbeitung können diese Tags vor<br />

versehentlichem Überschreiben geschützt und auch teilweise oder ganz<br />

ausgeblendet werden.<br />

Die während des Imports erfolgende Segmentierung des<br />

ausgangssprachlichen Textes kann bei manchen Systemen durch den<br />

Benutzer mit Hilfe eines Regelapparats beeinflusst werden. Nach<br />

Abschluss der Übersetzung wird das Dokument mit Hilfe von<br />

Exportroutinen wieder in sein ursprüngliches Format überführt und kann<br />

dann eventuell in der Originalanwendung zur endgültigen Gestaltung des<br />

Layouts weiterverarbeitet werden.<br />

Textverarbeitung als Editor<br />

Wird als Editor ein herkömmliches Textverarbeitungssystem verwendet,<br />

können zunächst alle Formate bearbeitet werden, die von dem benutzten<br />

System erkannt und konvertiert werden. Darüber hinaus stehen auch hier<br />

139


Filter für eine Reihe von Formaten zur Verfügung, die von der<br />

Textverarbeitung nicht erkannt werden. Für bestimmte Formate, wie<br />

HTML/SGML oder Power-Point, werden inzwischen auch eigene Editoren<br />

angeboten bzw. eine Schnittstelle zur Originalanwendung.<br />

Abb. 2: Tag-Editor mit importierter HTML-Datei<br />

Wesentliche Kriterien bei der Beurteilung der Editor-Komponente von<br />

integrierten Systemen:<br />

- Bearbeitung unterschiedlicher Dateiformate.<br />

- Schutz von Tags oder – bei der Übersetzung von Resource-Dateien –<br />

des Programmcodes vor versehentlichem Überschreiben.<br />

- Möglichkeit, den Bildschirm in mehrere Fenster aufzuteilen und die<br />

Fenstergröße so einzustellen, daß außer dem bearbeiteten Segment ein<br />

größerer Textausschnitt zu sehen ist, der die kontextuelle Einbettung des<br />

Segments deutlich macht.<br />

140


Die Terminologiekomponente<br />

Das zu bearbeitende Segment wird sowohl im Translation-Memory als<br />

auch in der angeschlossenen Terminologiedatenbank gesucht. Dies<br />

geschieht mittels zweier Systeme:<br />

- Eine eigenständige, unabhängige Terminologieverwaltung.<br />

- Ein vollständig integriertes, nicht alleine nutzbares Terminologiemodul.<br />

Da die in der Terminologiedatenbank zu suchenden Wortformen<br />

selten in den Texten in ihrer Grundform vorkommen, auf der anderen Seite<br />

aber in einer Terminologiedatenbank selbstverständlich nicht alle<br />

flektierten Formen von Benennungen enthalten sein können, ist für die<br />

Brauchbarkeit der Suchergebnisse die Leistungsfähigkeit der<br />

Suchalgorithmen von entscheidender Bedeutung. Dabei kann entweder in<br />

das Übersetzungswerkzeug linguistisches, genauer morphologisches<br />

Wissen integriert werden, z.B. in Form von sprachspezifischen Regeln und<br />

Endungslisten. Oder es können für das Nachschlagen von Terminologie,<br />

die “Terminologieerkennung”, Fuzzy-Match-Algorithmen eingesetzt<br />

werden, die – wie bei der Suche von Segmenten im Translation-Memory –<br />

nicht nur genau identische Einheiten finden, sondern auch formal ähnliche<br />

Wortformen.<br />

Im einfachen Fall erfolgt das Nachschlagen durch eine Trunkierung<br />

der Wortformen um ihre letzten drei bis vier Buchstaben. Um die Suche<br />

effizienter zu gestalten und auf das Nachschlagen potentieller<br />

terminologischer Einheiten zu beschränken, wird zuweilen mit Listen von<br />

Stoppwörtern gearbeitet, mit deren Hilfe zumindest Funktionswörter wie<br />

Artikel, Präpositionen, Konjunktionen usw. bei der Suche ignoriert werden<br />

können.<br />

141


Translation-Memory<br />

Was den Aufbau und die Organisation der Translation-Memory-<br />

Komponente betrifft, lassen sich grob zwei Ansätze unterscheiden:<br />

Ansatz eins: Das Translation-Memory stellt eine Datenbank dar, die<br />

Paare von ausgangssprachlichen und zielsprachlichen<br />

Übersetzungseinheiten enthält. Diese Datenbankeinträge können ergänzt<br />

werden durch Attribute wie Kunden- oder Projektcode, Bearbeiter,<br />

Textsorte ...<br />

Jede neue ausgangssprachliche Übersetzungseinheit, die im<br />

angeschlossenen Editor bearbeitet wird, kann nach der Übersetzung<br />

zusammen mit der zielsprachlichen Einheit und eventuell definierten<br />

Attributen in dieser Datenbank gespeichert werden. Sie steht von diesem<br />

Moment für die Suche zur Verfügung. Das bedeutet, daß sich das<br />

Translation-Memory während der Übersetzung eines Dokuments nach und<br />

nach füllt und bei Auftreten identischer oder ähnlicher<br />

ausgangssprachlicher Segmente – Fuzzy-Matches – noch im selben<br />

Dokument einen Übersetzungsvorschlag liefert.<br />

Abb. 3: Satzpaare in einer Translation-Memory-Datenbank<br />

Ansatz zwei: Translation-Memory wird aus Paaren von ausgangs- und<br />

142


zielsprachlichen Texten gebildet, die im Format des entsprechenden<br />

Übersetzungswerkzeugs vorliegen. Bei der Bearbeitung eines neuen Textes<br />

kann auf der Grundlage dieser Referenztexte eine Vorübersetzung<br />

durchgeführt werden, bei der im Rahmen des importierten Ausgangstextes<br />

alle exakt mit Segmenten eines Referenztextes übereinstimmenden<br />

Übersetzungseinheiten durch die im zielsprachlichen Referenztext<br />

enthaltene Übersetzung ersetzt werden.<br />

Während der Bearbeitung der auf diese Weise noch nicht<br />

vorübersetzten Segmente wird auf das Referenzmaterial auch mit Hilfe von<br />

Fuzzy-Match-Algorithmen zugegriffen, so daß auch ähnliche Segmente<br />

gefunden werden können. Die in dieser Phase erarbeiteten Übersetzungen<br />

werden in einer temporären Datei abgelegt, so daß auch sie sofort für die<br />

Übersetzung identischer oder ähnlicher Segmente zur Verfügung stehen.<br />

Nach Abschluß der Übersetzung eines Dokuments wird diese temporäre<br />

Datei wieder gelöscht. Die fertige Übersetzung bildet zusammen mit dem<br />

ausgangssprachlichen Text ein Paar von Referenztexten für zukünftige<br />

Übersetzungen.<br />

143


Abb. 4: Referenzdateien Werkzeuge zur Softwarelokalisierung<br />

Für die Übersetzung von Software, insbesondere der<br />

Benutzeroberflächen mit Dialogfeldern, Menüs und Systemmeldungen,<br />

144


stehen spezielle Werkzeuge zur Verfügung. Mit diesen können vor allem<br />

die Komponenten eines Softwareprodukts bearbeitet werden, bei denen<br />

neben der Übersetzung von Textelementen auch Schaltflächen und andere<br />

Grafikelemente angepaßt werden müssen.<br />

Abbildung 5 zeigt die Möglichkeit zur Bearbeitung von Elementen<br />

eines Dialogfelds in einem solchen Softwarelokalisierungswerkzeug:<br />

Abb. 5: Übersetzen eines Dialogfelds in einem Werkzeug zur<br />

Softwarelokalisierung<br />

In solchen Werkzeugen werden die ausgangssprachlichen Einheiten<br />

und ihre Übersetzungen in tabellarischen Listen abgelegt. Diese können<br />

beispielsweise bei der Übersetzung einer neuen Version als eine Art<br />

Translation-Memory herangezogen werden. Auch bei einer nachträglichen<br />

145


Änderung von Elementen während eines Lokalisierungsprojekts können<br />

diese Übersetzungslisten zur automatischen Vorübersetzung der<br />

unveränderten Elemente genutzt werden.<br />

Die Arbeit mit einem solchen Lokalisierungswerkzeug ermöglicht,<br />

bereits während der Arbeit die Auswirkungen der Übersetzung auf das<br />

Aussehen von Dialogfeldern zu sehen und eventuell grafische Elementen<br />

selbst anzupassen.<br />

Einsatzkriterien<br />

Die Translation-Memory-Werkzeuge liefern Übersetzungsvorschläge<br />

für Segmente (Übersetzungseinheiten), die in identischer oder ähnlicher<br />

Form bereits einmal übersetzt worden sind. Dies bedeutet, daß sich<br />

besonders solche Dokumente für die Bearbeitung mit diesen Werkzeugen<br />

anbieten, die einerseits in sich relativ redundant sind und andererseits<br />

starke Ähnlichkeiten mit bereits früher übersetzten Dokumenten aufweisen.<br />

Ersteres ist mit Sicherheit bei technischer Dokumentation der Fall, bei der<br />

sich bestimmte Textpassagen, wie Handlungsanweisungen, häufig in<br />

identischer oder leicht abgewandelter Form wiederholen, so daß durch den<br />

Einsatz eines Werkzeugs mit Translation-Memory gleichartige<br />

Anweisungen auch immer gleichartig übersetzt werden.<br />

Software-Dokumentation<br />

Der zweite Typ von Dokumenten ist sicherlich ebenfalls in der<br />

technischen Dokumentation häufig anzutreffen, wenn – vor allem bei der<br />

Übersetzung von Software – regelmäßig aktualisierte Versionen von<br />

Produkten erscheinen. Ein ähnlicher Fall liegt sicherlich auch dann vor,<br />

wenn zu einem technischen Produkt Texte unterschiedlicher Funktion<br />

erstellt werden: Gedruckte Dokumentation oder Online-Hilfe.<br />

146


In all diesen Fällen gewährleistet die Kombination eines Translation-<br />

Memory und einer Terminologiedatenbank eine einheitliche, kohärente<br />

Übersetzung der immer wiederkehrenden Textelemente. Nicht gedacht sind<br />

diese Werkzeuge sicherlich für alle Texte, bei denen stilistische Variation<br />

und kreative Formulierung eine große Rolle spielen.<br />

Die genannten Anforderungen an die ausgangssprachlichen Texte<br />

werden natürlich auch und in besonderem Maße von den Komponenten von<br />

Softwareprodukten erfüllt. Menüs, Dialogfelder, Fehlermeldungen, Online-<br />

Hilfen und gedruckte Dokumentation enthalten jeweils<br />

Übersetzungseinheiten, die sich in all diesen Textsorten wiederholen. Im<br />

Sinne einer kohärenten Präsentation des Produkts sollen diese möglichst in<br />

allen Texten gleich übersetzt werden.<br />

Bei der Kurzlebigkeit von Softwareprodukten ist nach wie vor davon<br />

auszugehen, dass ein Produkt fast jährlich, mindestens aber alle zwei Jahre<br />

in einer neuen Version auf den Markt kommt und dann natürlich auch<br />

lokalisiert werden muss Die erwähnten spezialisierten Werkzeuge zur<br />

Softwarelokalisierung bieten Translation-Memory-Funktionen für die<br />

Übersetzung der Softwarekomponenten an. Eine Übersetzung der<br />

Dokumentation ist innerhalb dieser Softwarepakete allerdings meistens<br />

nicht oder nur sehr umständlich möglich.<br />

Um die Übersetzung der technischen Dokumentation einer Oberfläche<br />

bequem zu ermöglichen, müssen die Übersetzungslisten aus dem<br />

Lokalisierungswerkzeug exportiert und in den Translation-Memory<br />

importiert werden.<br />

Schnittstellen<br />

In Ansätzen liegen bereits Schnittstellen zwischen<br />

Lokalisierungswerkzeug und integriertem Übersetzungssystem vor. Will<br />

man jedoch einen Wechsel zwischen verschiedenen Werkzeugen bei der<br />

147


Bearbeitung eines Lokalisierungsprojekts vermeiden, bleibt natürlich die<br />

etwas benutzerunfreundlichere Möglichkeit der Bearbeitung der im “Nur-<br />

Text”-Format vorliegenden Resource-Dateien (meist RC- oder DLG-<br />

Dateien) direkt im Editor des integrierten Übersetzungssystems. Hierfür<br />

bieten diese Systeme – wie für die DTP-Formate – spezielle Filter an, die<br />

den in den Resource-Dateien mitenthaltenen Programmcode identifizieren<br />

und schützen können.<br />

Ausgangstext<br />

Generell spielt beim Einsatz von Übersetzungswerkzeugen natürlich<br />

auch die Formulierung der Ausgangstexte eine große Rolle. Wenn in<br />

verschiedenen Versionen eines ausgangssprachlichen Dokuments, die<br />

möglicherweise von unterschiedlichen Autoren erstellt werden, inhaltlich<br />

identische Sachverhalte mit unterschiedlichen Formulierungen dargestellt<br />

werden, können die Übersetzungswerkzeuge möglicherweise eine<br />

vorhandene Identität nicht erkennen. Eine kohärente, einheitliche<br />

Übersetzung der betreffenden Passagen ist dadurch nicht gewährleistet.<br />

Häufig wird in der Übersetzungspraxis mit der Übersetzung einer<br />

technischen Dokumentation oder eines Softwareprodukts bereits begonnen,<br />

bevor die ausgangssprachliche Version endgültig fertiggestellt ist. Dabei ist<br />

von besonderer Bedeutung, dass nachträgliche Änderungen im<br />

Ausgangstext möglichst ohne großen Zeitverlust in die Übersetzung<br />

übertragen werden können. Auch hier sind zunächst die Autoren des<br />

ausgangssprachlichen Textes gefragt, die gewährleisten sollten, dass<br />

tatsächlich nur die Passagen geändert werden, bei denen dies unbedingt<br />

erforderlich ist. Wenn nun bei den Übersetzern die bisherige Fassung des<br />

Dokuments und die zugehörige Übersetzung im Translation-Memory (bzw.<br />

den Übersetzungslisten der Lokalisierungswerkzeuge) abgelegt ist, können<br />

in der Neufassung relativ schnell alle unveränderten ausgangssprachlichen<br />

148


Segmente durch ihre im Memory abgelegten zielsprachlichen<br />

Entsprechungen ersetzt werden. Der Übersetzer muß dann lediglich noch<br />

zu den veränderten oder neuen Segmenten springen – entsprechende<br />

Optionen bieten die Werkzeuge an – und deren Übersetzung bearbeiten.<br />

Unkontrollierte Übernahme<br />

Auch wenn in einem Dokument eine große Zahl identischer Segmente<br />

vorliegt, ist zumindest beim ersten Durchlauf durch die Übersetzung des<br />

Dokuments eine unkontrollierte Übernahme der Übersetzungsvorschläge<br />

aus dem Memory problematisch. Da Übersetzungen, die in einem<br />

Translation-Memory abgelegt sind, nicht immer von ein und demselben<br />

Übersetzer stammen müssen und ihre Qualität nicht immer unbesehen<br />

akzeptiert werden kann, sollte der zuständige Übersetzer die angebotenen<br />

Übersetzungen vor ihrer Übernahme in seine Übersetzung prüfen. Gerade<br />

bei Dokumenten mit einer großen Zahl solcher Passagen können sich<br />

ansonsten einmal gemachte Übersetzungsfehler immer weiter fortpflanzen.<br />

Prüfung<br />

Daher sollte in jedem Übersetzungsprojekt ein abschließender<br />

Prüfdurchlauf durchgeführt werden. Auch um der Gefahr entgegenzutreten,<br />

dass die stark segment- oder satzbezogene Vorgehensweise beim<br />

Übersetzen, zu der die Werkzeuge bei unkritischer Verwendung eventuell<br />

verleiten, zu Schwächen bezüglich der Kohärenz und der Verbindung<br />

zwischen den Segmenten führen. Dieser abschließende Prüfdurchlauf sollte<br />

auf jeden Fall nicht außerhalb des Übersetzungswerkzeugs erfolgen, damit<br />

die letzten Änderungen im Dokument gespeichert und in das Translation-<br />

Memory integriert werden. Erst nach dieser Prüfung sollte die Bereinigung<br />

des Dokuments bzw. der Export aus dem integrierten Übersetzungssystem<br />

erfolgen.<br />

149


Besonders aus den zuletzt genannten Aspekten sollte deutlich<br />

geworden sein, dass der Einsatz der Übersetzungswerkzeuge nur dann zur<br />

Sicherung der Übersetzungsqualität und zur Steigerung der Produktivität<br />

führen kann, wenn sie von hierfür ausgebildeten Fachleuten bedient<br />

werden: Nämlich von Übersetzern, die neben der technischen Fähigkeit<br />

zum Umgang mit den Werkzeugen auch über die erforderliche sprachliche<br />

und übersetzerische Kompetenz verfügen.<br />

150


LA TRADUZIONE AUTOMATIZZATA<br />

Gli strumenti per una gestione efficace<br />

di Karl-Heinz Freigang<br />

L’automatizzazione del processo di traduzione include dagli strumenti<br />

per la scrittura e l'editing fino ai sistemi software per la traduzione<br />

automatica. Al giorno d’oggi ovviamente un programma di videoscrittura fa<br />

parte della postazione di lavoro di ogni traduttore come ancora pochi anni<br />

fa ne faceva parte la macchina da scrivere.<br />

Partendo dagli strumenti di scrittura e di editing sono stati sviluppati<br />

negli ultimi anni altri strumenti che, ponendo l’accento su diversi aspetti,<br />

facilitano il processo di traduzione e l’intera gestione. Tali aspetti sono:<br />

- La cura del layout del documento nella lingua di arrivo all’interno del<br />

processo di traduzione vero e proprio.<br />

- La ricerca, il rilevamento e la preparazione della terminologia con lo<br />

scopo di garantire la coerenza terminologica del documento nella lingua<br />

di arrivo.<br />

- La traduzione vera e propria, ossia la realizzazione del documento nella<br />

lingua d’arrivo e la conservazione o la formazione della coerenza<br />

interna ed esterna del testo.<br />

- L’adattamento del documento d’arrivo alle convenzioni linguistiche e<br />

culturali dei destinatari.<br />

- E in fine – ciò che spesso viene dimenticato dai traduttori, ma più<br />

spesso dalle altre persone coinvolte nel processo della documentazione<br />

tecnica – la gestione, progettazione e l’organizzazione delle fasi<br />

lavorative nelle diverse situazioni e contesti di lavoro.<br />

151


Il processo di traduzione<br />

I tre obiettivi principali del processo di traduzione sono la scrittura, la<br />

ricerca e la traduzione in senso stretto. Per ognuna di queste attività<br />

esistono delle specifiche applicazioni, d’altra parte però da qualche tempo<br />

gli strumenti per queste tre attività sono integrati in un sistema complesso –<br />

“i sistemi di traduzione integrati”.<br />

L’impiego degli strumenti di traduzione che non si limitano alla sola<br />

videoscrittura presuppone che i documenti da tradurre siano disponibili in<br />

forma digitale. Questo consente:<br />

- di segmentare il testo di partenza in unità traduttive;<br />

- di reperire automaticamente le espressioni presenti nel testo in un<br />

vocabolario o una banca dati terminologica;<br />

- addirittura di analizzare automaticamente la sintassi e la semantica del<br />

testo, per generare in base al risultato il testo d'arrivo.<br />

I sistemi di traduzione integrati<br />

Come già menzionato, questi sistemi integrano gli strumenti per la<br />

scrittura e l’editing, la ricerca terminologica e l’assistenza al processo di<br />

traduzione. Il testo da tradurre viene caricato nel editor dove, all’interno del<br />

documento o in una finestra propria, viene eseguita ed editata la traduzione.<br />

Le unità traduttive del testo di partenza (segmenti), che sono state<br />

individuate durante l’importazione nell’editor oppure durante il processo di<br />

ricerca in base delle regole di segmentazione, d’ora in avanti possono<br />

essere consultate nella memoria traduttiva.<br />

Il risultato è che viene proposta la traduzione trovata per il segmento<br />

di partenza e l’utente può decidere di adottarla nel testo d’arrivo.<br />

Eseguendo la ricerca per tutto il segmento, vengono reperite le singole<br />

espressioni nel glossario terminologico integrato. Anche i termini trovati<br />

vengono proposti in una apposita finestra per poter poi essere adottati nel<br />

152


testo.<br />

In alcuni casi ci sono delle differenze considerevoli tra i singoli<br />

strumenti per la traduzione, sia per ciò che riguarda le interfacce, sia nella<br />

concezione e la strutturazione delle singole componenti.<br />

L’editor integrato<br />

L’editor dei sistemi integrati può essere un modulo indipendente<br />

all’intero del sistema, e <strong>qui</strong>ndi disponibile solo nell’ambito del sistema<br />

stesso, oppure si può trattare di un tradizionale sistema di videoscrittura<br />

indipendente.<br />

Gli editor sviluppati a tale scopo sono di norma editor “solo testo”: i<br />

documenti sono importati nel editor, segmentati in unità traduttive ed<br />

elaborati come testo semplice senza formattazione diretta. In questo modo<br />

il testo di partenza è visualizzato in una finestra, nella quale man mano<br />

viene sostituita dalla traduzione. Se richiesto il testo originale può essere<br />

visualizzato separatamente in un’altra finestra e le due finestre possono<br />

essere sincronizzate in modo che l'utente possa scorrerle.<br />

Fig. 1: Finestra dell’editor con la finestra della memoria e del vocabolario.<br />

Durante l’importazione le informazioni sul layout del documento di<br />

partenza vengono identificate attraverso delle rutine di filtraggio e<br />

trasformate in specifici tag di sistema. Normalmente sono disponibili i filtri<br />

per gli editor di testi più comuni, per i formati DTP e i formati risorsa.<br />

153


Durante l’elaborazione i tag possono essere protetti dalla sovrascrittura<br />

accidentale oppure essere nascosti in parte o completamente.<br />

La segmentazione del testo di partenza, che ha luogo durante<br />

l’importazione, può in alcuni sistemi essere condizionato dall’utente per<br />

mezzo di una lista di regole. Conclusa la traduzione, il documento<br />

attraverso delle rutine di esportazione viene riportato nel formato originale<br />

ed eventualmente può essere ulteriormente elaborato nell’applicazione<br />

originale fino al raggiungimento del layout definitivo.<br />

L’elaboratore di testi come editor<br />

Se un sistema di videoscrittura convenzionale è usato come editor,<br />

possono essere elaborati tutti i formati che il sistema è in grado di utilizzare<br />

e convertire. Inoltre anche <strong>qui</strong> sono disponibili una serie di filtri di formati<br />

che l’elaboratore di testi non è in grado di riconoscere. Per certi formati,<br />

come HTML/SGML o Power-Point, ci sono ora anche appositi editor<br />

oppure interfacce con le applicazioni originali.<br />

Fig. 2: File HTML caricato su un tag-editor<br />

154


Criteri essenziali nella valutazione dei componenti per l'editing nei<br />

sistemi integrati:<br />

- Elaborazione di diversi formati di file.<br />

- Protezione dalla sovrascrittura accidentale dei tag oppure, nel caso di<br />

file risorsa, del codice di programmazione.<br />

- Possibilità di poter suddividere la schermata in più finestre e di poter<br />

impostare la dimensione delle finestre in modo tale da visualizzare,<br />

oltre al segmento da tradurre, una porzione di testo maggiore che<br />

chiarisca il contesto del segmento stesso.<br />

La gestione terminologica<br />

Il segmento da elaborare viene ricercato sia all’interno della memoria<br />

traduttiva che nella banca dati terminologia ad essa collegata. Questo<br />

accade attrverso due sistemi diversi:<br />

- Una gestione terminologia indipendente ed autonoma.<br />

- Un modulo per la terminologia completamente integrato, non<br />

utilizzabile autonomamente.<br />

Poiché le espressioni da ricercare nella banca dati terminologica nei<br />

testi sono presenti solo di rado nella loro forma di base, ma d'altra parte nel<br />

database non possono essere contenute tutte le forme flesse, l'efficienza<br />

degli algoritmi di ricerca è di fondamentale importanza per l’utilità dei<br />

risultati di ricerca. In questi strumenti traduttivi possono essere intergrate<br />

informazioni linguistiche, o meglio morfologiche, per esempio sotto forma<br />

di specifiche regole o liste di suffissi. Per la ricerca terminologica, il<br />

“riconoscimento terminologico”, possono essere impiegati anche algoritmi<br />

fuzzy-match, i quali, esattamente come nel caso di una ricerca nella<br />

memoria traduttiva, non riconoscono solo unità identiche, ma anche<br />

155


espressioni dalla forma simile.<br />

Nel caso più semplice la ricerca avviene attraverso il troncamento<br />

delle ultime tre, quattro lettere del termine. Per rendere più efficiente la<br />

ricerca e per limitarla alle sole unità potenzialmente terminologiche,<br />

talvolta si lavora con delle liste di “stopword”, le quali permettono di<br />

ignorare le parole vuote (o grammaticali) come gli articoli, le preposizioni,<br />

le congiunzioni, ecc.<br />

Le memorie traduttive<br />

Per quanto riguarda la struttura e l’organizzazione delle memorie<br />

traduttive si possono distinguere due approcci:<br />

Primo approccio:<br />

La memoria traduttiva è composta da una database che contiene delle<br />

coppie di unità traduttive nella lingua di partenza e in quella d’arrivo.<br />

Questi record della banca dati possono essere integrati da attributi come il<br />

codice cliente, il codice progetto, redattore, il tipo di testo, ecc.<br />

Ogni nuova unità traduttiva di partenza elaborata nel editor integrato,<br />

dopo la traduzione può essere salvata in questo database insieme all’unità<br />

di arrivo agli attributi eventualmente predefiniti. Questa unità d’ora in<br />

avanti sarà disponibile per la ricerca. Questo significa che la memoria<br />

traduttiva si popola a poco a poco durante la traduzione e, qualora si<br />

presentino segmenti di partenza uguali o simili (fuzzy-matches), viene<br />

fornita nello stesso documento una proposta di traduzione.<br />

156


Fig. 3: Coppie di frasi nel database di una memoria traduttiva.<br />

Secondo approccio:<br />

La memoria di traduzione è formata da coppie di testi in lingua di<br />

partenza e in lingua di arrivo, presenti nel formato dello strumento di<br />

traduzione corrispondente. Elaborando un testo nuovo può essere realizzata<br />

sulla base dei testi di riferimento una pre-traduzione, sostituendo al testo<br />

originale tutti i segmenti di partenza che corrispondono alle unità traduttive<br />

del testo di riferimento nella lingua di partenza con la traduzione contenuta<br />

nella testo di riferimento nella lingua di arrivo.<br />

Durante l’elaborazione dei segmenti che in questo modo non sono<br />

ancora stati tradotti si ricorre al materiale di riferimento anche con l’ausilio<br />

degli algoritmi fuzzy-match, in modo da poter trovare in aggiunta segmenti<br />

simili. Le traduzioni elaborate in questa fase vengono salvate in un file<br />

temporaneo, così da poter essere immediatamente disponibili per la<br />

traduzione di segmenti identici o simili. Alla fine della traduzione di un<br />

documento il file temporaneo viene cancellato. La traduzione completata<br />

costituisce insieme al testo di partenza una coppia di testi di riferimento per<br />

le traduzioni successive.<br />

157


Fig. 4: File di riferimento<br />

Strumenti per la localizzazione del software<br />

Per la traduzione di software, soprattutto per le interfacce utente con<br />

finestre di dialogo, menu e avvisi di sistema, sono disponibili degli appositi<br />

strumenti. Con questi possono essere elaborate principalmente le<br />

158


componenti di un prodotto software, nelle quali, oltre alla traduzione degli<br />

elementi testuali, vi è bisogno di adattare anche i pulsanti e altri elementi<br />

grafici.<br />

La figura 5 illustra la possibilità di elaborare con uno strumento di<br />

localizzazione gli elementi di una finestra di dialogo.<br />

Fig. 5: Traduzione di una finestra di dialogo con uno strumento per la<br />

localizzazione di software.<br />

Con questi strumenti si archiviano le unità di partenza e le loro<br />

traduzioni in liste tabellari, che possono essere impiegate per esempio come<br />

una sorta di memoria traduttiva per la traduzione di nuove versioni. Anche<br />

nel caso di una successiva correzione nel corso di un progetto di<br />

localizzazione queste liste di traduzione possono essere utilizzate per<br />

159


ealizzare delle pre-traduzioni degli elementi inalterati.<br />

Il lavoro con questi strumenti consente di visualizzare già durante il<br />

lavoro gli effetti della traduzione sull’aspetto delle finestre di dialogo ed<br />

eventualmente di adattare gli elementi grafici.<br />

Modalità di impiego<br />

Le memorie traduttive propongono delle traduzioni per i segmenti<br />

(unità di traduzione) che in forma identica o simile sono già stati tradotti.<br />

Questo significa che per l’elaborazione con questi strumenti si adattano<br />

principalmente quei documenti che sono relativamente ridondanti oppure<br />

che presentano forti somiglianze con documenti tradotti in passato. Il primo<br />

caso è certamente quello della documentazione tecnica, nella quale si<br />

ripetono spesso passaggi di testo e istruzioni identici o leggermente<br />

modificate, così che attraverso l'impiego di una memoria traduttiva le stesse<br />

istruzioni sono tradotte sempre nello stesso modo.<br />

La documentazione dei software<br />

Il secondo tipo di documenti si ritrova anch’esso spesso nella<br />

documentazione tecnica – soprattutto nella traduzione del software – nei<br />

casi in cui vengono pubblicate regolarmente versioni aggiornate. Un caso<br />

simile si presenta anche quando per un prodotto tecnico si redigono testi<br />

con finalità differenti: la documentazione stampata o la guida in linea.<br />

In tutti questi casi la combinazione di una memoria traduttiva e una<br />

banca dati terminologica garantisce una traduzione unitaria e coerente degli<br />

elementi testuali ricorrenti. Questi strumenti non sono certo adatti per i testi<br />

nei quali sono in primo piano la variazione stilistica e la creazione<br />

espressiva.<br />

160


I suddetti re<strong>qui</strong>siti nei testi in lingua di partenza vengono soddisfatti<br />

naturalmente anche e soprattutto dalle componenti dei prodotti software.<br />

Menu, finestre di dialogo, avvisi di errore, guide in linea e la<br />

documentazione stampata contengono tutti unità traduttive che si ripetono<br />

in ognuna delle tipologie testuali. Al fine di ottenere una presentazione<br />

coerente del prodotto, tutte le unità traduttive dovrebbero essere tradotte<br />

possibilmente nello stesso modo.<br />

Tenendo conto del breve ciclo di vita dei prodotti software bisogna<br />

presupporre che ogni anno, o almeno ogni due anni, una nuova versione di<br />

un prodotto venga immessa sul mercato, e che <strong>qui</strong>ndi debba essere<br />

localizzata. I suddetti strumenti specializzati per la localizzazione del<br />

software dispongono di funzioni di memoria traduttiva per la traduzione<br />

delle componenti software. Ma nella maggior parte dei casi una traduzione<br />

della documentazione attraverso questi pacchetti software non è possibile<br />

oppure è possibile solo con molte complessità.<br />

Per consentire una comoda traduzione della documentazione tecnica<br />

di un’interfaccia bisogna esportare le liste di traduzione dallo strumento di<br />

localizzazione ed importarle in una memoria traduttiva.<br />

Interfacce ibride<br />

Esitono già i primi tentativi per lo sviluppo di un’interfaccia ibrida tra<br />

uno strumento per la localizzazione e un sistema di traduzione integrato.<br />

Ma se si vuole evitare di dover passare da uno strumento all’altro durante<br />

l’elaborazione di un progetto di localizzazione c’è naturalmente la<br />

possibilità un po’ meno comoda di elaborare nel editor del sistema di<br />

traduzione integrato i file risorsa (solitamente file RC o DLG) in formato<br />

“solo testo”. Per questo scopo i sistemi dispongono – come per i formati<br />

DTP – di appositi filtri che possono identificare e proteggere il codice del<br />

161


programma contenuto nei file risorsa.<br />

Testo di partenza<br />

In generale anche la formulazione dei testi di partenza riveste un ruolo<br />

importante nell'impiego di strumenti per la traduzione. Se in due diverse<br />

versioni di un documento di partenza, magari redatte da due autori<br />

differenti, due informazioni contenutisticamente identiche sono formulate<br />

in modo distinto, gli strumenti per la traduzione potrebbero non riconoscere<br />

la corrispondenza esistente. Una traduzione coerente e unitaria di questi<br />

passaggi non è <strong>qui</strong>ndi garantita.<br />

Spesso nella prassi si inizia una traduzione di una documentazione<br />

tecnica o di un prodotto software ancora prima che la versione originale sia<br />

completata in maniera definitiva. Perciò è particolarmente importante che<br />

le modifiche successive al testo di partenza possano essere trasposte nella<br />

traduzione possibilmente senza grosse perdite di tempo. Innanzitutto gli<br />

autori del testo di partenza devono garantire che siano apportate delle<br />

modifiche solo ai passaggi nei quali questo è assolutamente necessario.<br />

Quando <strong>qui</strong>ndi la prima stesura del documento e la rispettiva traduzione è<br />

archiviata nella memoria traduttiva (oppure nelle liste di traduzione degli<br />

strumenti di localizzazione), nella nuova versione possono essere sostituite<br />

in maniera relativamente rapida tutti i segmenti di partenza invariati con i<br />

corrispettivi segmenti di arrivo contenuti nella memoria. Il traduttore deve<br />

<strong>qui</strong>ndi solo passare ai segmenti nuovi modificati – gli strumenti dispongono<br />

di opzioni specifiche – e comporre la loro traduzione.<br />

Adozione incontrollata delle proposte<br />

Anche quando in un documento vi sono una grande quantità di<br />

segmenti identici, l’adozione incontrollata delle proposte di traduzione<br />

dalla memoria non è priva di problemi almeno durante la prima stesura<br />

162


della traduzione del documento. Poiché le traduzioni registrate nelle<br />

memorie traduttive non appartengono sempre ad un solo traduttore e non<br />

sempre la loro qualità può essere accettata, il traduttore competente<br />

dovrebbe revisionare le proposte prima di adottarle nella sua traduzione. In<br />

caso contrario proprio nei documenti che contengono un gran numero di<br />

questo tipo di passaggi gli errori fatti una volta si possono moltiplicare<br />

continuamente.<br />

Revisione<br />

Di conseguenza in ogni progetto di traduzione dovrebbe essere<br />

eseguita una fase di revisione finale, anche per far fronte al rischio che la<br />

procedura improntata alla traduzione segmento o frase, alla quale può<br />

indurre l'utilizzo acritico di tali strumenti, produca imperfezioni relative<br />

alla coesione e alla coerenza tra i segmenti. Questa fase di revisione finale<br />

non dovrebbe in ogni caso avvenire al di fuori dello strumento di<br />

traduzione, di modo che le ultime modifiche siano salvate nel documento e<br />

integrate nella memoria traduttiva. Solo dopo la revisione dovrebbe<br />

avvenire la ripulitura (“clean up”) del documento e l’esportazione dal<br />

sistema di traduzione integrato.<br />

Specialmente quest’ultimi aspetti dovrebbero aver chiarito che<br />

l’impiego di strumenti per la traduzione può essere una garanzia per la<br />

qualità della traduzione e determinare un aumento della produttività solo<br />

quando sono maneggiati da esperti con alle spalle una specifica<br />

formazione, ossia da traduttori che dispongono oltre che di una certa<br />

dimestichezza con gli strumenti anche della necessaria competenza<br />

linguistica e traduttiva.<br />

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