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Le lettere del Beato<br />
Inizia con questa rubrica un appassionante viaggio nell’Italia di fine Ottocento<br />
inizio Novecento.<br />
Il nostro Paese, oltre a vantare un patrimonio paesaggistico, storico e<br />
culturale unico al mondo, si sa, è patria di naviganti, poeti e santi. Più<br />
che i luoghi, incontreremo dei santi personaggi che da Nord a Sud hanno<br />
riscritto la storia della carità a difesa degli ultimi e degli abbandonati,<br />
consegnandoci eccezionali percorsi di vita evangelica. Bartolo Longo è<br />
certamente uno di questi. Ma la cosa più straordinaria è che si può parlare<br />
già di una “globalizzazione della carità”. Sì. Esiste una collaborazione e<br />
una comunione d’intenti che unisce l’agire di questi santi uomini e donne<br />
dell’epoca, pur conservando le loro intuizioni e adattandole ai contesti<br />
sociali in cui vivevano. La dimostrazione di ciò sta nel grande epistolario<br />
longhiano del quale cominciamo oggi a pubblicarne una piccola parte e<br />
cioè i rapporti del Longo con questi santi personaggi a lui contemporanei.<br />
Saranno proprio le lettere a guidarci in questo viaggio nella fede, nella<br />
carità e nell’affidamento alla Vergine Maria.<br />
Bartolo Longo era da sempre<br />
interessato all’opera<br />
salesiana e ai benefici che<br />
questa apportava alla gioventù<br />
disagiata. Quando<br />
svanirà la possibilità di avvalersi, in<br />
tempi brevi, dei Fratelli delle Scuole<br />
Cristiane per avviare una casa dedita<br />
«agli orfani di legge e cioè ai figli dei carcerati,<br />
che sono fanciulli più abbandonati<br />
degli stessi orfani», egli, si rivolgerà<br />
a don Michele Rua, per avere qualche<br />
salesiano a Pompei. Di seguito pubblichiamo<br />
alcuni stralci della lettera del<br />
6 gennaio 1892: «son sette anni che<br />
vagheggiava nel pensiero la fondazione<br />
di una casa per orfanelli, dopo compiuta<br />
quella per le orfanelle. L’intendimento<br />
era non solo di strappare al peccato gli<br />
abbandonati fanciulli, ma anche farne<br />
dei preti per questo Santuario e per le<br />
città donde essi provengono».<br />
Ci troviamo di fronte a confidenze<br />
fatte ad un amico, al quale, semplicemente,<br />
si chiede aiuto. Alcuni passi<br />
della lettera in questione, confermano<br />
l’intimità e la stima, manifestate soprattutto<br />
nell’incipit, il quale così recita: «Reverendissimo<br />
Don Rua, quel che vado a<br />
comunicarvi in questa lettera intendo<br />
che sia posto sotto il suggello della confessione.<br />
Scrivo a Voi, ma parlo innanzi<br />
a Dio e al venerato Don Bosco, che mi è<br />
presente in ispirito. Da Voi, come uomo<br />
di Dio, e come successore di un santo,<br />
mi aspetto una risposta franca, decisiva,<br />
aperta, quale sogliono i santi».<br />
Già soltanto leggendo questo<br />
incipit, si può comprendere il legame<br />
tra Rua e Longo. Per quanto riguarda,<br />
poi, la richiesta di suggerimenti<br />
sulla futura opera, ci limitiamo a dire<br />
che per metà della lettera, Longo descrive<br />
minuziosamente come aveva<br />
pensato l’organizzazione del futuro<br />
collegio ma in un altro punto della<br />
lettera, troviamo che Bartolo Longo<br />
confida all’amico le sue debolezze e la<br />
sua stanchezza, materiale e spirituale,<br />
dicendogli: «se io ho lavorato per sedici<br />
anni alla costruzione materiale e morale<br />
del Santuario, dell’orfanotrofio femminile,<br />
delle scuole d’arti, oggi non mi<br />
sento più nelle forze di sopraccaricarmi<br />
novelli pesi di corpo e di spirito».<br />
Fin qui, quindi, la prima lettera<br />
di Longo a Rua. Vediamo ora, brevemente,<br />
lo sviluppo del rapporto epistolare<br />
fra i due e l’evolversi della<br />
■ di Ivan Licinio<br />
vicenda legata alla presenza dei salesiani<br />
a Pompei.<br />
Don Rua rispose a Longo il 9 gennaio<br />
da Lucca, dove era in procinto di partire<br />
per Roma e la Sicilia. Egli si dice<br />
interessato alla proposta del Longo e<br />
disposto a parlargli per chiarire «certi<br />
punti speciali», pertanto lo invita a<br />
Roma, dove «sarebbevi accolto come<br />
un amico». Bartolo Longo risponderà<br />
il 14 gennaio con una lettera che esalta<br />
il disegno della Provvidenza, la<br />
quale sembra «già a favore di questa<br />
novella opera per i figli dei carcerati».<br />
Pieno di impeto, invita Rua a Pompei<br />
con queste parole: «Venga qui don Rua<br />
a vedere le opere di Dio.<br />
Io non poteva, come non posso lasciare,<br />
tuttochè per pochi giorni, questa opera<br />
a cui do alimento cotidiano collo scrivere<br />
sempre. Ed ecco il Signore permette<br />
che io Le scriva, quando Ella è già in<br />
viaggio per queste parti.<br />
Dunque Ella verrà a Valle di Pompei.<br />
Era questo un desiderio mio occulto ed<br />
il Signore me lo ha fatto compiuto in<br />
men che me l’aspettavo. […] Benedetto<br />
Iddio!».<br />
Probabilmente don Rua sarà<br />
a Pompei il 27 gennaio 1892. Nell’in-<br />
contro avuto con Longo, il rettore dei<br />
salesiani considerò precoce la venuta<br />
dei salesiani a Pompei e prese tempo<br />
ancora un anno. Puntuale sarà la<br />
nuova richiesta del Longo, che, esattamente<br />
il 2 febbraio 1893, chiede a<br />
Rua di mandargli per il prossimo ottobre,<br />
«due Sacerdoti, l’uno come Superiore<br />
dell’Opera, l’altro come prefetto<br />
od economo, due chierici per l’oratorio<br />
festivo ed istitutori, e due capi d’arte,<br />
tipografi, legatori e falegnami ecc».<br />
Pochi giorni dopo, il 6 febbraio,<br />
l’Avvocato pompeiano incalzerà<br />
don Rua con una nuova lettera,<br />
nella quale chiede sei suore con compiti<br />
prefissati e già «avviate a Regole<br />
Religiose, con spirito perfetto di pietà e<br />
carità cristiana, acciocchè mi educhino<br />
le mie nuove religiose allo spirito dell’ordine<br />
e del sacrificio».<br />
Aveva preso forma nel Longo, infatti,<br />
l’idea di una Congregazione femminile<br />
a servizio dell’opera pompeiana<br />
e all’inizio della lettera sopra citata,<br />
nell’informarne don Rua così scrive:<br />
«Io ho qui fondato un Orfanotrofio fem-<br />
minile con novanta orfanelle e trenta<br />
donne, assistenti, maestre ed inservienti.<br />
La Madonna forse vuole qui intorno<br />
a Lei una nuova Congregazione Religiosa<br />
sotto il titolo di Figlie del Rosario di<br />
Pompei scegliendo le sue perpetue lodatrici<br />
tra queste donne e fanciulle che<br />
sono intorno a lei raccolte».<br />
Nella stessa lettera, il laico<br />
fondatore chiederà pure al Rua<br />
di inviargli le «Regole delle Salesiane<br />
per studiarle» e, sulla base di queste,<br />
elaborare la Regola della futura Congregazione<br />
pompeiana. Nuovamente<br />
Longo chiede aiuto e propone i suoi<br />
progetti futuri a Rua, fidandosi dei<br />
suoi consigli e sicuro di una risposta,<br />
che non tarda ad arrivare. Il 20 di<br />
quello stesso mese, Rua risponde alle<br />
due lettere dell’Avvocato dicendo di<br />
non potergli garantire nulla di certo.<br />
Tuttavia, con qualche raccomandazione<br />
di riservatezza, inviava le Regole<br />
richieste dal Longo e non ancora<br />
approvate dalla Santa Sede.<br />
Lungo il percorso delle trattative, pur<br />
avendo elaborato un progetto di convenzione,<br />
vennero sempre in mag-<br />
Michele Rua<br />
«uomo di Dio e successore di un santo»<br />
Il beato Michele Rua è il primo successore<br />
di Don Bosco, di cui era<br />
stato a lungo segretario e poi vicario.<br />
Nato a Torino nel 1837, dopo la<br />
morte del padre entrò tra i salesiani.<br />
Il 26 gennaio 1854, don Bosco radunò<br />
nella sua camera quattro giovani<br />
compagni, dando vita, forse inconsapevolmente,<br />
alla congregazione<br />
salesiana.<br />
Alla riunione era presente anche Michele<br />
che fu incaricato di stenderne<br />
il “verbale”. Michele fu il principale<br />
collaboratore di don Bosco, e, nonostante<br />
la giovane età, divenne il<br />
riferimento di molteplici attività, rispondendo<br />
persino alle lettere indirizzate<br />
a don Bosco. Ne conquistò<br />
la totale fiducia, aiutandolo anche<br />
gior luce delle difficoltà. Il progetto,<br />
dunque, non andò in porto, tuttavia,<br />
dalle poche pagine scritte, emerge evidentemente<br />
la santità dei due protagonisti;<br />
essi sono totalmente liberi<br />
da ogni interesse personale, le loro<br />
volontà sono totalmente uniformate<br />
alla volontà di Dio e l’uno è meravigliosamente<br />
rispettoso del carisma dell’altro.<br />
Concludiamo riportando un brano tratto<br />
dalla già citata lettera di don Rua<br />
del 9 gennaio 1892, nella quale, si evidenziano<br />
l’abbandono alla volontà di<br />
Dio e il ruolo di intermediario mariano<br />
riservato a Longo.<br />
«La sua proposta ha proprio bisogno di<br />
essere ventilata coram Domino e da Lui<br />
dobbiamo chiedere ed aspettare i lumi<br />
necessari. Spero che nell’infinita sua<br />
bontà […] ci farà conoscere la sua santa<br />
volontà in proposito. […]<br />
Dica di grazia, qualche Ave Maria pel<br />
povero scrivente, che pregandole dal Signore<br />
ogni bene, gode professarsi con<br />
distinta stima di V.S. Chiar.ma Obb.mo<br />
Servitore».<br />
nel trascrivere le bozze dei suoi libri,<br />
sovente di notte, rubando le ore<br />
al sonno. Il 28 luglio 1860 Michele<br />
Rua venne ordinato sacerdote. A 26<br />
anni fondò il primo centro salesiano<br />
“esterno” a Mirabello Monferrato.<br />
Il 7 novembre 1884, quando la salute<br />
del fondatore ormai declinava,<br />
don Rua fu nominato, dal Pontefice,<br />
Vicario con diritto di successione.<br />
Nel gennaio del 1888, nella notte tra<br />
il 30 e il 31, alla presenza di molti<br />
sacerdoti, accompagnò la mano del<br />
santo nel dare l’ultima benedizione.<br />
Assunse la guida della congregazione<br />
dopo la morte di Don Bosco<br />
(1888) dandole un grande impulso.<br />
Morirà nel 1910, Paolo VI lo beatificò<br />
il 29 ottobre 1972.<br />
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