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NASCITA di GESU - Vincenzo Romano

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Questo semplicissimo passo, che sembra quasi una conclusione <strong>di</strong> stile, rivela<br />

un’insospettabile profon<strong>di</strong>tà se letto in termini ecclesiali.<br />

Quel “scese con loro”, che troppo facilmente fa pensare ad una <strong>di</strong>scesa fisica dal<br />

Tempio, seguito imme<strong>di</strong>atamente dopo da “tornò a Nazareth”, si rivela il centro del<br />

<strong>di</strong>scorso.<br />

Teofilo sappia, sembra <strong>di</strong>re Luca, che Gesù scende dal Trono del Tempio per<br />

vivere nell’umiltà delle piccole cose <strong>di</strong> Nazareth. Così sarà anche per la Chiesa, non<br />

deve scandalizzare allora la sua me<strong>di</strong>ocrità storica (me<strong>di</strong>ocrità che Luca continuerà a<br />

raccontare negli Atti degli Apostoli e che Paolo metterà a nudo nelle sue lettere).<br />

Il tornare ad essere sottomesso <strong>di</strong> Gesù, lascia poi intendere che l’obbe<strong>di</strong>enza a Dio<br />

si attua nell’obbe<strong>di</strong>enza al prossimo. Per questo “Sua madre serbava tutte queste cose<br />

nel suo cuore”; la Madre è la Chiesa che continuamente me<strong>di</strong>ta sulla vita del Gesù <strong>di</strong><br />

Nazaret in cui si è manifestato il mistero del Cristo.<br />

(b)<br />

“E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”<br />

Nel versetto si legge la tensione che muove Gesù verso la sua ora come momento<br />

della sua piena realizzazione. È questo crescere che si realizza nei trent’anni <strong>di</strong><br />

silenzio dopo il Vangelo d’infanzia.<br />

Il tempo del silenzio è il tempo <strong>di</strong> grazia durante il quale, a <strong>di</strong>fferenza del Battista<br />

che vive da eremita nel deserto, Gesù rimane inserito nella ben più calda realtà della<br />

sua famiglia; ne è prova il modo in cui inizia la sua vita pubblica e la sua <strong>di</strong>posizione<br />

a mangiare e bere con gli amici godendo della loro compagnia.<br />

Gesù ha vinto la morte, eppure troppi pre<strong>di</strong>catori presentano un Uomo schiacciato<br />

dal dolore. La fede in Gesù non deve essere il compianto su un morto <strong>di</strong> duemila anni<br />

fa, ma il canto esaltante <strong>di</strong> chi sa <strong>di</strong> poter vincere ogni passività della vita dal<br />

momento che già un Uomo trasformò il suo morire in beata passione.<br />

Il silenzio dell’evangelista <strong>di</strong>venta così la muta rivelazione <strong>di</strong> un aspetto essenziale<br />

eppure spesso <strong>di</strong>menticato della nostra fede: la gioia. I trent’anni <strong>di</strong> silenzioso gioire<br />

consacrano anche gli aspetti banali della nostra esistenza e la rendono sacrificio <strong>di</strong><br />

lode a Dio, pienezza e beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

La stessa vita <strong>di</strong> Maria, che l’iconografia tra<strong>di</strong>zionale ha modellata nel ruolo <strong>di</strong><br />

Addolorata, tolti quei famosi giorni <strong>di</strong> passione, non è stata una vita <strong>di</strong> afflizione<br />

perché lei godeva del Figlio che cresceva, e gioiva dei trionfi della sua vita pubblica.<br />

Nel Crocifisso e nell’Addolorata non si può vedere solo l’espressione pura della<br />

sofferenza, in loro va letta la pacata continuità <strong>di</strong> una vita che si è sperimentata come<br />

dono <strong>di</strong> Dio nella gioia, e che si continua a leggere, anche nel dolore, come dono <strong>di</strong> un<br />

Dio che ci ha sempre amati.<br />

Anche l’ora del rifiuto e della croce <strong>di</strong>venta così momento perfettivo nel quale<br />

risplende la luce della resurrezione. Questo il grande insegnamento che Luca affida a<br />

Teofilo.<br />

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