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ANNUARIO 2010 - CAI Sezione di Morbegno

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va ineenz” (e’ per la Madonna<br />

<strong>di</strong> Gallivaggio se il cavallo<br />

andrà avanti). L’animale, forse<br />

intuendo che il suo padrone si<br />

era acquietato, forse perché<br />

lasciato un po’ in pace, riuscì a<br />

mettersi in pie<strong>di</strong>. Lentamente<br />

fece qualche passo. Il<br />

Gusto, prima incredulo, poi<br />

nuovamente in preda all’ira,<br />

prese il cavallo per la cavezza,<br />

gli sventolò sotto il naso il<br />

povero biglietto sdrucito e<br />

urlò: “To’, brütt ügiulun de<br />

San Casèn, te fee bri ‘n pass, u<br />

te se paghièd” (Tieni! Brutto<br />

occhiolone <strong>di</strong> San Cassiano,<br />

non fai un passo se non vieni<br />

pagato). I due silenziosi<br />

testimoni si guardarono<br />

sorpresi e poi cominciarono<br />

a ridere. Anch’essi presero il<br />

loro cavallo per la cavezza,<br />

raggiunsero il loro conoscente,<br />

lo rianimarono e assieme risero<br />

ancora. Lo sconforto del Gusto<br />

scomparve. Giunto alla chiesa,<br />

si affrettò a mettere nella<br />

bussola <strong>di</strong> pietra la sua lira<br />

miracolosa. Anche la Madonna<br />

dell’Alpe avrà sorriso a veder<br />

la sua povera gente, un po’<br />

<strong>di</strong>sperata, un po’ fiduciosa.<br />

Certamente l’avrà guardata<br />

con misericor<strong>di</strong>a. La donna<br />

si fece il segno della croce e<br />

iniziò: “Ave Maria...” “Santa<br />

Maria mater Dei...” risposero<br />

gli uomini. Intanto il buio si<br />

era fatto intenso. I cavalli<br />

andavano con il capo chino,<br />

seguendo il bianco della strada.<br />

Quando giunsero in vista <strong>di</strong><br />

Campodolcino, la donna era<br />

stanca. L’unico sollievo era<br />

quella matassa <strong>di</strong> seta. Il<br />

sogno dello scialletto ricamato,<br />

con la frangia, la sosteneva.<br />

I viandanti si sarebbero<br />

fermati per la notte. Prima<br />

dell’alba avrebbero ripreso il<br />

cammino. Infatti, appena la<br />

prima luce scolorì il cielo, la<br />

Pinina, infreddolita, prese<br />

posto accanto al marito sul<br />

carro, che si avviò, lentamente,<br />

sulle ruote cigolanti. La<br />

donna avvertiva una certa<br />

apprensione. Era la prima<br />

volta che si avviava verso la<br />

baita del marito. Le nozze<br />

erano avvenute a gennaio.<br />

Ora aveva cambiato la zona <strong>di</strong><br />

transumanza estiva. Non più<br />

Madesimo e gli Andossi, ma<br />

Teggiate.<br />

Il vitello ferito<br />

Un mattino la Pinina aprì<br />

la porta e guardò la valle:<br />

i torrenti scendevano dalle<br />

montagne <strong>di</strong> fronte con un<br />

mormorio uguale. Le vette<br />

erano <strong>di</strong>segnate nel cielo<br />

immobile. Neanche un nube.<br />

La donna chiamò il Tino, il<br />

pastorello, perché venisse a<br />

mangiare lo “scotamüs” (latte<br />

bollente con la polenta del<br />

giorno prima) e si affrettasse<br />

poi a portare le mucche<br />

sull’alpe. Venne <strong>di</strong> corsa il<br />

ragazzetto, tutto contento.<br />

Intanto chiamava le mucche:<br />

“too, Chièrina! Too, Lena! Too,<br />

Fula!” e i vitelli, soprattutto<br />

il Güs (guscio), così svelto<br />

e leggero, sempre fuori dal<br />

gruppo. Il pastore, col suo<br />

bastone lisciato si avviò verso<br />

il pen<strong>di</strong>o, attento e rapido.<br />

Fischiettava felice. Gli piaceva<br />

stare lì sull’alpe. La Pinina era<br />

buona, allegra: un po’ sorella,<br />

un po’ mamma. Lo lasciava<br />

riposare, gli dava da mangiare<br />

finché ne voleva. Beninteso,<br />

non doveva sciupare niente.<br />

Doveva <strong>di</strong>re le preghiere sera e<br />

mattina. Per il resto era libero<br />

<strong>di</strong> ridere e scherzare. Non era<br />

così in tutte le case. Lui aveva<br />

nostalgia della sua famiglia,<br />

ma a Teggiate si trovava bene.<br />

Quel mattino era allegro,<br />

sentiva la forza della montagna<br />

nelle gambe. Poteva correre,<br />

superare la mandria, tornare<br />

in<strong>di</strong>etro e superarla <strong>di</strong> nuovo,<br />

sul pen<strong>di</strong>o ripido, senza il<br />

minimo sforzo. Aveva le gambe<br />

<strong>di</strong> elastico. Così <strong>di</strong>cevano<br />

<strong>di</strong> lui. “Oggi vado sopra i<br />

Cascestri” <strong>di</strong>sse. Chiamò ad una<br />

ad una le sue bestie: “si va in<br />

alto, dove l’erba è più bella”,<br />

le informava. I campanacci<br />

oscillavano veloci, i rintocchi<br />

si spandevano nella valle e<br />

l’eco lontana rispondeva. Su,<br />

su, tutto il dosso era fiorito.<br />

Il ragazzo girò la cengia. Su<br />

ancora. Poi si sdraiò a guardare<br />

il cielo, mentre le mucche<br />

brucavano sod<strong>di</strong>sfatte. Vide<br />

una nube bianca che passava<br />

veloce sopra i suoi occhi.<br />

“Schiuma <strong>di</strong> latte” <strong>di</strong>sse. Ed<br />

ebbe sete. Intanto sentiva il<br />

richiamo degli altri pastorelli.<br />

Li vedeva più in basso, e li<br />

raggiunse. Incominciarono a<br />

<strong>di</strong>scutere per preparare il gioco<br />

della “zòca”. Si <strong>di</strong>vertirono per<br />

un buon tempo.<br />

Nelle pagine precedenti: «barech»<br />

sugli Andossi e il monti Legnone e<br />

Berlinghera dalla Valle Spluga.<br />

Nella pagina a fronte: la Valle<br />

Spluga, sullo sfondo il Legnone e a<br />

destra il Pizzo Quadro.<br />

A fianco: rododendri sullo sfondo<br />

del Suretta.<br />

Sopra: al pascolo nei pressi della<br />

<strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Montespluga.<br />

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