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Il Guado dell'Antico Mulino - Maggio 2009 - Sanpietroingu .net

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foglio e ne estraeva una carta rossa da 10.000<br />

£ire che a me sembrava un fazzoletto.<br />

Dopo qualche giorno arrivava <strong>Il</strong>ario con il suo<br />

bareòto da bestie e, caricato l’animale, lo trasportava<br />

al suo destino.<br />

Spesso, specie d’inverno, arrivava qualcuno che<br />

chiedeva ospitalità. Erano viandanti che andavano<br />

di casa in casa elemosinando una fetta di<br />

polenta e una scodella di latte.<br />

Venivano quasi sempre accolti perchè, diceva<br />

mia nonna, “ la carità apre le porte del paradiso”.<br />

D’inverno dormivano in stalla sulla paglia,<br />

d’estate sotto il portico. Veniva solo chiesto loro<br />

di non fumare perché la paglia e il fieno erano<br />

altamente infiammabili.<br />

Memorabile era il passaggio della Tògna e della<br />

Corona. Erano queste due anziane sorelle che<br />

venivano dal furlàn e che immancabilmente capitavano<br />

durante l’inverno.<br />

Di giorno si insediavano sulla panca della stalla,<br />

di notte dormivano accovacciate sulla paglia.<br />

In cambio di un pasto caldo rifornivano di spaghi<br />

e corde tutta la famiglia. Infatti, tutto il giorno<br />

con le loro stanche ma ancor abili mani, lavoravano<br />

il filo.<br />

Famosa era la loro bruttezza e l’odore che emanavano.<br />

Erano per noi bambini personaggi che<br />

avevamo incontrato solo nel mondo delle favole,<br />

incarnazione della vecchia delle fiabe..<br />

pag. 19<br />

19<br />

Se facevamo i capricci in quei giorni la temuta<br />

minaccia era: “Vàrda che te porto dalla Tògna<br />

e dalla Corona”. E subito ritornava l’ordine in<br />

casa.<br />

Ma era alla sera, dopo cena che, da ottobre e<br />

per tutto l’inverno, l’ambiente della stalla particolarmente<br />

si animava.<br />

Si iniziava con il rosario. Chi stava seduto, chi, i<br />

più devoti, inxenocià sule sòcole. Mi piaceva il<br />

lento salmodiare delle avemarie pronunciate in<br />

una lingua a me ancora sconosciuta. Mi metteva<br />

una certa sonnolenza che andava via via aumentando<br />

grazie anche al tepore dell’ambiente.<br />

Quando poi finalmente si arrivava al kìrie e all’inv<br />

o c a z i o n e d e i s a n t i , m o l t e t e s t e c i o n d o l a v a n o .<br />

Ad ogni “ora pro nobi” lo sforzo di tenere gli<br />

occhi aperti aumentava. Finalmente si arrivava<br />

al “requie eterna” per i nonni e la cerimonia<br />

finiva.<br />

E iniziava la parte ludica della serata. Stranamente<br />

gli ospiti, tranne la Seconda e la siora del<br />

veterinario, arrivavano tutti a rosario finito. Chi<br />

giocava a carte o tombola, chi lavorava a maglia.<br />

Mio padre qualche volta faceva le scope di<br />

sàndina o di saggina. Io qualche volta giocavo<br />

“a buseta” con le palline di terracotta sfruttando<br />

gli avvallamenti del pavimento.<br />

Non era raro che si raccontassero delle storie.<br />

La più brava a raccontarle era l’amia Angela.

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