14 Raffaella Bertazzoli (Mito-dAnnunzio).pdf - BOLbusiness
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13] Il riuso del mito: l’“Ercole” di D’Annunzio<br />
359<br />
generative e distruttive; l’affermazione violenta e tenace dell’istinto<br />
agonistico, dell’istinto di lotta, di predominio, di sovranità,<br />
di potenza egemonica: non erano questi i cardini incrollabili<br />
su cui si reggeva l’antico mondo ellenico 19 .<br />
3. Simile alla violenza di un incendio, il desiderio femminile<br />
si abbandona al richiamo di un eros commisto a ferinità, finché<br />
anche il giovane giunge a una comprensione matura della sessualità.<br />
Ercole scopre il manifestarsi dell’eros nel turbamento<br />
dell’ossimoro misterioso: “sorse allora il Mistero / a rivelarsi:<br />
dolce, terribile e divino”. Ribadendo quella condizione sublime<br />
che accompagna il manifestarsi dell’amore e che viene richiamata<br />
nella nuova epigrafe del Preludio con la citazione del baruv"<br />
qeov" di Teocrito “Ora conosco l’Amore, è un dio terribile” 20 .<br />
Ercole diviene il dio dell’amore, che spande gioiosamente il<br />
suo seme per la creazione di una nuova progenie, secondo una<br />
linea precisa del mito che D’Annunzio qui pare tener presente:<br />
quella che lo vuole procreatore di soli maschi e dalla virilità<br />
inesausta, riducendo, forse con operazione involontaria, l’Ercole<br />
dell’arété a quello comico della scena aristofanesca e dell’eccesso.<br />
Si ricordi la performance di un Ercole appena diciottenne,<br />
che alla corte del re Tespio, in una notte, feconda le sue<br />
cinquanta figlie vergini (meno una). Così D’Annunzio:<br />
Potenza oscura,<br />
con tranquillo vigore in tutte le matrici<br />
Ei gittava il buon seme de la specie futura.<br />
Supermaschio forse più che superuomo che scatena la passione<br />
delle fanciulle “offerenti il vermiglio / fior de la giovinezza”<br />
e delle mogli, che lasciano il “letto maritale”. Ma è a<br />
19 G. D’ANNUNZIO, Trionfo della morte, in prose di romanzi, I, Milano,<br />
Mondadori, 1941, pp. 950-951.<br />
20 TEOCRITO, III, 15.