14 Raffaella Bertazzoli (Mito-dAnnunzio).pdf - BOLbusiness
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15] Il riuso del mito: l’“Ercole” di D’Annunzio<br />
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mente con l’“agricola stirpe de i Feresi”, che non accetta il sovvertimento<br />
dei mores e dell’ethos, tramando vendetta. Lo scontro<br />
tra un mondo naturale o meglio naturalistico, regolato solo<br />
dall’istinto, e quello governato da leggi è inevitabile. La citazione<br />
onomastica dei Feresi, rimanda al mito, ai sudditi di Admeto,<br />
re di Fere in Tracia, che aveva ospitato Ercole. Ma potrebbe<br />
anche essere un riferimento alla condizione bestiale di<br />
questa società e alla lotta ingaggiata da Ercole con i Centauri<br />
(detti anche Fères, cioè ‘fiere’, per la loro natura in parte animale),<br />
ebbri e scatenati durante la sua permanenza nella grotta<br />
del centauro Folo, in Arcadia.<br />
Certo i Feresi del poemetto dannunziano non hanno connotazioni<br />
mitiche, vestono i panni di contadini dai tratti di una<br />
fisiognomica di maniera. Sono “biechi in cerchia”, “aspetto<br />
volpino, e l’occhio scaltro”. Nella prima edizione erano chiamati<br />
“minotauri”. Nella revisione del testo, D’Annunzio ritocca<br />
accortamente alcune caratterizzazioni troppo scoperte,<br />
come quelle che qualificavano un contadino: “da i rossi capelli,<br />
che aveva li occhi de ’l gatto / pieni di vampe”. Il riferimento,<br />
fin troppo ovvio, va al Rosso Malpelo verghiano “coi capelli<br />
rossi e gli occhiacci grigi”, “quegli occhiacci di gatto”, testo<br />
che D’Annunzio aveva ben presente.<br />
Accanto alla “zingara muta” D’Annunzio introduce un’altra<br />
figura ambigua, quella del nano, che con furbizia, instilla<br />
negli stolidi contadini l’idea che il loro onore può essere vendicato,<br />
sollecitando la vendetta. Il nano ha qui la funzione di<br />
dar voce al pensiero collettivo e inespresso che porta all’azione:<br />
“A loro un turpe nano dicea meravigliose / favole de l’eroe.<br />
Ascoltavan, con occhi / dilatati, i bifolchi”.<br />
Passo che subito ci rinvia a un testo pascoliano, Gog e Magog,<br />
che inaugurerà di lì a qualche mese (gennaio 1895) la raccolta<br />
dei Conviviali sul debosisiano “Convito”. Collaborazione<br />
che porterà a una più stretta amicizia tra i due poeti. Anche<br />
qui il nano fa cadere il velo del mito, instillando il dubbio nelle<br />
popolazioni barbariche sulla reale presenza di Alessandro Magno<br />
a difesa della gran porta d’oriente. Allusione, dice Pascoli,<br />
al triste presentimento sull’avvenire dell’umanità: