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14 Raffaella Bertazzoli (Mito-dAnnunzio).pdf - BOLbusiness

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15] Il riuso del mito: l’“Ercole” di D’Annunzio<br />

361<br />

mente con l’“agricola stirpe de i Feresi”, che non accetta il sovvertimento<br />

dei mores e dell’ethos, tramando vendetta. Lo scontro<br />

tra un mondo naturale o meglio naturalistico, regolato solo<br />

dall’istinto, e quello governato da leggi è inevitabile. La citazione<br />

onomastica dei Feresi, rimanda al mito, ai sudditi di Admeto,<br />

re di Fere in Tracia, che aveva ospitato Ercole. Ma potrebbe<br />

anche essere un riferimento alla condizione bestiale di<br />

questa società e alla lotta ingaggiata da Ercole con i Centauri<br />

(detti anche Fères, cioè ‘fiere’, per la loro natura in parte animale),<br />

ebbri e scatenati durante la sua permanenza nella grotta<br />

del centauro Folo, in Arcadia.<br />

Certo i Feresi del poemetto dannunziano non hanno connotazioni<br />

mitiche, vestono i panni di contadini dai tratti di una<br />

fisiognomica di maniera. Sono “biechi in cerchia”, “aspetto<br />

volpino, e l’occhio scaltro”. Nella prima edizione erano chiamati<br />

“minotauri”. Nella revisione del testo, D’Annunzio ritocca<br />

accortamente alcune caratterizzazioni troppo scoperte,<br />

come quelle che qualificavano un contadino: “da i rossi capelli,<br />

che aveva li occhi de ’l gatto / pieni di vampe”. Il riferimento,<br />

fin troppo ovvio, va al Rosso Malpelo verghiano “coi capelli<br />

rossi e gli occhiacci grigi”, “quegli occhiacci di gatto”, testo<br />

che D’Annunzio aveva ben presente.<br />

Accanto alla “zingara muta” D’Annunzio introduce un’altra<br />

figura ambigua, quella del nano, che con furbizia, instilla<br />

negli stolidi contadini l’idea che il loro onore può essere vendicato,<br />

sollecitando la vendetta. Il nano ha qui la funzione di<br />

dar voce al pensiero collettivo e inespresso che porta all’azione:<br />

“A loro un turpe nano dicea meravigliose / favole de l’eroe.<br />

Ascoltavan, con occhi / dilatati, i bifolchi”.<br />

Passo che subito ci rinvia a un testo pascoliano, Gog e Magog,<br />

che inaugurerà di lì a qualche mese (gennaio 1895) la raccolta<br />

dei Conviviali sul debosisiano “Convito”. Collaborazione<br />

che porterà a una più stretta amicizia tra i due poeti. Anche<br />

qui il nano fa cadere il velo del mito, instillando il dubbio nelle<br />

popolazioni barbariche sulla reale presenza di Alessandro Magno<br />

a difesa della gran porta d’oriente. Allusione, dice Pascoli,<br />

al triste presentimento sull’avvenire dell’umanità:

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