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3] Il riuso del mito: l’“Ercole” di D’Annunzio
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Alla ricerca della verecondia che vide impegnati in una querelle
letteraria i più noti nomi della critica e lo stesso D’Annunzio,
votato a giustificare la sua opera come “documento
umano”, ma non indispettito dal sovrappiù di pubblicità data
al volume3 .
Avrebbe scritto fuor di metafora a George Hérelle, suo traduttore
francese, nel novembre 1892, ripercorrendo la vicenda
del libro: “Une sorte de démence aphrodisiaque me possédait.
Je publiai un petit livre de vers intitulé Intermezzo di
rime où étaient chantées, en une prosodie impeccable, toutes
les voluptés de la chair avec une impudicité qui n’avait de
précédent que chez les poètes lascifs du XVI° et du XVII°
siècles” 4 .
L’Intermezzo del ’94, dunque, era cosa diversa. Abraso l’esergo
tennysoniamo, D’Annunzio si era rivolto ai libri sacri.
Con un passo dall’Ecclesiasticus (IX, 9-11): “Propter speciem
mulieris multi perierunt, / et ex hoc concupiscentia quasi
ignis exardescit”, per quel rimando al fuoco della passione
che brucia, cui si ritornerà spesso nel libro. Epigrafe con la
quale si definiva la parabola del volume che, nella sua veste
definitiva, si colorava dei toni mesti di un eros legato a un
senso di morte5 . Ma anche con un passo dall’Apocalisse: “Et
in fronte eius nomen scriptum: Mysterium”, con diretto riferimento
alla condizione del meretricio di Babilonia6 , che
3 Nell’opuscolo, pubblicato dall’editore Sommaruga nel 1884, si trovano
interventi di Chiarini, Nencioni, Panzacchi, Lodi.
4 D’Annunzio a Gerge Hérelle, Correspondance, présentée par G. Tosi,
Paris 1946, p. 129.
5 Nell’edizione Treves 1896 verranno sostituiti da un’epigrafe latina (Letifera
experiens guadia), tratta dall’epigramma di Ausonio che parla di Ila
rapito dalle Naiadi durante la spedizione degli Argonauti: “Aspice quam
blandae necis ambitione fruatur – Letifera experiens gaudia pulcher Hylas”.
Su questo argomento si veda il sonetto Hyla! Hyla! nella Chimera.
6 Apocalisse, XVII,5 “Babylon, magna mater fornicationum et abominationum
terrae”.