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14 Raffaella Bertazzoli (Mito-dAnnunzio).pdf - BOLbusiness

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21] Il riuso del mito: l’“Ercole” di D’Annunzio<br />

367<br />

è figlia della luce / e sostanza dell’aere è il pensiere”. Il “soffio<br />

igneo” nietzschiano che lo sostiene: “Io son l’ultimo figlio degli<br />

Elleni: / m’abbeverai alla mammella antica; / ma d’un igneo<br />

dèmone son ebro”, riverbererà nella Vittoria navale.<br />

Ma la storia di Alcyone secondo un disegno poematico, assunto<br />

a posteriori, fa della raccolta anche il diario di un’estate<br />

con un suo percorso che si chiude nel volo impossibile sulle<br />

ali di Icaro. L’ultimo polo del diagramma mitografico di Alcyone,<br />

il Ditirambo IV, si presenta come celebrazione dell’illusione<br />

mitica che aveva presieduto a tutta l’ultima sezione del libro.<br />

Testimoniando con la vicenda di Icaro, eroe che s’innalza nel<br />

suo ‘folle volo’ e poi cade, l’impossibilità dannunziana a perpetuare,<br />

sullo stesso registro emozionale l’esaltante stagione<br />

della poesia, intrapresa nella felice estate di Romena. Con l’inclinarsi<br />

dei raggi solari, scema la tensione eroica-erotica del<br />

poeta, che si abbandona, nelle ultime liriche, alla malinconia<br />

dei Sogni di terre lontane.<br />

Si apre a questo punto una fase di passaggio, legata all’esilio<br />

francese, obbligato dalle pendenze economiche insolute.<br />

D’Annunzio ritornerà alla poesia pubblicando in pochi mesi<br />

Merope, nel 1912, per sostenere l’impresa libica e tra il 1915 e<br />

il 1918 comporrà per il primo conflitto mondiale i Canti della<br />

guerra latina.<br />

Ora l’eroico sogno dannunziano si riconosce nella forza dell’impresa<br />

vissuta e celebrata. Nella digressione da Laus vitae<br />

a Laus mei, contenuta in una carta preparatoria di Merope, si<br />

sostanza questa nuova volontà, tracciando la trascrizione finale<br />

del percorso mitopoietico iniziato da D’Annunzio con il<br />

primo libro di Maia. Il lessico muta e si fa religioso e biblico:<br />

l’identificazione non è più con i miti dell’Ellade, ma con il Cristo<br />

evangelico. Lo sguardo, allora fisso e ‘irretorto’ verso l’elusione<br />

dell’errore del tempo, ora si sposta sul “Galileo dalle<br />

rosse chiome”, il “Dio senza muscoli”, quel Dio irriso nella<br />

Laus vitae con il quale aveva da tempo ingaggiato un agone<br />

silenzioso. Se vedere è sapere, il nuovo alter ego è ora riconosciuto<br />

nella Contemplazione della morte, testo scritto nel 1912<br />

per l’agonia e la morte di Pascoli:

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