Un adulto chiamato Capo Parte II - Agesci
Un adulto chiamato Capo Parte II - Agesci
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politici carismatici nazionali e internazionali, il tempo di nuove aggregazioni<br />
politiche ed ecclesiali, il tempo delle proposte culturali e pedagogiche alternative ... il<br />
tempo della nascita dell’<strong>Agesci</strong>, della stesura dei documenti fondamentali e degli<br />
orientamenti metodologici di branca.<br />
Non è mia intenzione, in questo articolo, fare letture critiche, ma ricordo che gli<br />
interrogativi radicali del momento storico, che si ponevano all’associazione,<br />
portarono a sofferte e discordanti risposte, e l’<strong>Agesci</strong> di oggi è il frutto di come allora<br />
i capi, con coraggio e autenticità di confronto, passarono il guado di una situazione,<br />
che per taluni aspetti era travolgente come un fiume in piena.<br />
Non mi riferisco tanto alle posizioni ufficiali, ma alle scelte personali. Alcuni<br />
capi, anche per coerenza con i propri convincimenti, si divisero.<br />
Vicende recenti, una volta ancora, dimostrano come per ogni schema ideologico e<br />
storico, arriva il tempo della piena, ove è possibile vedere chi viene travolto, chi si<br />
preoccupa di “galleggiare” e chi, a suo rischio, salva i valori e le buone intenzioni per<br />
rispetto e volontà di fare crescere positivamente la storia. Quest’ultimo è un “fratello<br />
maggiore”.<br />
In quegli anni, facendo scautismo come <strong>adulto</strong>, imparai alcune cose (di cui ebbi<br />
più chiara coscienza successivamente), e penso siano il frutto dell’avere rispettato<br />
profondamente la testimonianza dei capi che allora conoscevo e che mi diedero il<br />
buon esempio di fratelli maggiori, credenti e impegnati, che alcune cose avevano<br />
capito, altre le stavano verificando, e cercavano di tenere aperta la loro storia sia sulla<br />
tradizione del passato, sia sulle intuizioni per un futuro diverso.<br />
Oggi, con senso critico e distensione, è possibile, a mio modo di vedere<br />
raccontare che l’<strong>Agesci</strong> degli anni ‘60-70, di fronte agli interrogativi della storia, si<br />
comportò da “fratello maggiore” e proprio per fedeltà alla tradizione e al futuro degli<br />
altri fratelli minori e futuri, scelte di essere: associazione, per l’educazione, sul<br />
territorio, in comunione ecclesiale, con la ricchezza nuova dell’incontro uomo-donna,<br />
nella tradizione pedagogica cattolica, con una capacità di accoglienza, anche<br />
diversificata, al pluralismo di domanda formativa.<br />
(…)<br />
Il raccontare del capo ha la preoccupazione non solo di presentare il procedere<br />
degli avvenimenti, ma di cogliere criticamente il loro progredire. Non tutti i processi<br />
storici, sono necessariamente dei progressi, ed è giusto e doveroso, essere parte, in<br />
quanto capi, di questo rileggere, verificare e decidere. La partecipazione è con la<br />
capacità culturale e il coinvolgimento politico di cui ciascuno è capace; tutti si è<br />
autori ed espressione della propria storia nella definizione di una strada, che è<br />
capitalizzazione di quanto si ritiene opportuno per fare scuola, e abbandono di quanto<br />
si ritiene opportuno accantonare. Non ci si deve meravigliare che la storia, anche<br />
dell’associazione, possa avere dei momenti di maggiore serenità e chiarezza<br />
decisionale, e momenti invece di maggiore difficoltà, di paziente ricerca ed attesa su<br />
alcuni problemi. Proprio per questa appassionata presenza alla propria storia, il<br />
“fratello maggiore” impara a raccontare la vita con lo stile, non di chi intende<br />
convincere e fare proseliti, ma di chi aiuta a capire, come condizione necessaria per<br />
dare possibilità di decidere.