Un adulto chiamato Capo Parte II - Agesci
Un adulto chiamato Capo Parte II - Agesci
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chiuso e che si può sempre attendere una risalita dalle profondità abissali perché il<br />
fermento di,libertà che anima il mondo non potrà mai spegnersi del tutto. E’ la<br />
speranza di cui parla Garaudy 2 quando dice: «il possibile fa parte del reale e c’è un<br />
possibile in ogni nostra utopia».<br />
(…)<br />
Considero il capo un uomo o una donna capaci di offrire la gioia agli altri perché<br />
uno dei loro compiti primari consiste nel farsi carico della perenne ricerca di felicità<br />
che rappresenta la principale motivazione istintiva di ogni uomo. Per questo non so<br />
immaginare un capo che non senta la gioia di vivere, l’impegno di trasmetterla agli<br />
altri e la volontà di proteggerla dalle insidie di chi è propenso a rinunciarvi. <strong>Un</strong>a volta<br />
si cantava una canzone di strada di origine belga dal ritmo stimolante: «Metti i tuoi<br />
fastidi nella bisaccia e sorridi... ». <strong>Un</strong> motivo questo che si direbbe fatto apposta per<br />
chi ha scelto di essere educatore. Anche quando siamo confrontati con la stanchezza,<br />
con la tentazione all’abbandono o con le prove ben più taglienti che la vita porta<br />
sempre con sé, il capo deve continuare ad essere per i suoi ragazzi una risposta al loro<br />
bisogno di gioia. Credo che per essi sia questa una testimonianza tra le più rivelatrici<br />
della autenticità del suo ruolo.<br />
Il requisito della gioia consente un agevole passaggio a un altro che può essere<br />
così definito: «Il <strong>Capo</strong> conta per quello che è e non per quello che dice ». Perché (è<br />
importante non dimenticarlo mai) il capo non è un insegnante, né un uomo politico,<br />
né un letterato, né un gestore di pubbliche relazioni e neppure un critico della realtà o<br />
un sindacalista. Per tutte queste categorie di persone, può (in una certa misura),<br />
esistere una divaricazione tra il proclamato ed il vissuto e/o tra i valori additati e<br />
quelli personalmente assunti e praticati.<br />
(…)<br />
Per essere effettivo agente di crescita sia personale ma soprattutto comunitaria, il<br />
capo deve possedere un altro requisito che è quello di saper prendere delle decisioni.<br />
Troppi capi cercano di camuffare la loro inadeguatezza a decidere facendo sventolare<br />
la bandiera della non direttività al vento della loro scelta democratica. Alla luce anche<br />
di recenti esperienze questi capi sono spesso causa di conseguenze negative anche<br />
serie. Nego che la non direttività significhi «lasciar fare»: pochi atteggiamenti<br />
educativi sono infatti altrettanto densi di momenti di decisione da prendere come<br />
quelli basati sullo spirito di non direttività. Per quanto si riferisce alla democrazia va<br />
tenuto presente che uno dei suoi cardini è rappresentato dalla delega e che il deputato<br />
riceve dai deputanti, accanto ad altri anche l’incarico di prendere delle decisioni.<br />
Senza consultarsi, se le circostanze e l’urgenza lo esigono. Ho visto molte unità<br />
volgere allo sbando, perché il loro capo si è rifiutato (o non era in grado) di prendere<br />
rapidamente chiare decisioni autonome.<br />
(…)<br />
<strong>Un</strong> altro attributo del capo è sicuramente costituito dalla perseveranza. Educare<br />
richiede tempo e continuità. Non credo che valga la pena di insistere su questo punto.<br />
Ciascuno di noi ha avuto nella sua storia passata una persona che ha influito in modo<br />
2 Roger Garaudy, (1913-), filosofo francese studioso del marxismo, in particolare sostenitore di un marxismo dal volto umano.