Psicogeriatria 110 SUPP Cop 1 - Città di Torino
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16 PSICOGERIATRIA 2010; I - <strong>SUPP</strong>LEMENTO<br />
meno <strong>di</strong>storte. Ma anche per il me<strong>di</strong>co la <strong>di</strong>agnosi da<br />
sola non offre spunti per il <strong>di</strong>alogo. Il me<strong>di</strong>co deve<br />
intuire il livello <strong>di</strong> ansia della persona che gli sta <strong>di</strong><br />
fronte, che non sempre è pronta a ricevere una <strong>di</strong>agnosi;<br />
anzi, talvolta non vorrebbe sapere nulla, affidandosi<br />
completamente alle decisioni ed alle prescrizioni<br />
del me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> fiducia (mai come in questo<br />
caso la <strong>di</strong>zione burocratica assume un intenso significato<br />
umano!). Il paziente “pauroso” non è criticabile,<br />
anche perché è così <strong>di</strong>pendente dal me<strong>di</strong>co<br />
che se viene adeguatamente rasserenato <strong>di</strong>venta un<br />
attento esecutore dei consigli e delle prescrizioni.<br />
Se la visione della con<strong>di</strong>zione clinica si ispira ad una<br />
visione unitaria, la comunicazione si colloca in una<br />
logica che prevede attenzione anche alle capacità<br />
del paziente <strong>di</strong> capire, accettare, metabolizzare, dare<br />
un senso alle informazioni.<br />
In alcune situazioni, come quelle degli anziani affetti<br />
da più malattie contemporaneamente, la prognosi<br />
richiede un’analisi multi<strong>di</strong>mensionale del paziente,<br />
operazione che <strong>di</strong> per sé innesca un rapporto intenso<br />
con l’ammalato e con la sua famiglia, creando<br />
le precon<strong>di</strong>zioni per cui la comunicazione della <strong>di</strong>agnosi-prognosi<br />
<strong>di</strong>viene un atto in continuità con la<br />
presa in carico. La separazione tra <strong>di</strong>agnosi e prognosi<br />
ha una ragione prevalentemente formale; i due<br />
momenti sono una tappa unica nel processo <strong>di</strong> comunicazione,<br />
anche per dare il messaggio che la <strong>di</strong>agnosi<br />
non è solo un atto tecnico, ma un punto <strong>di</strong> arrivo<br />
e <strong>di</strong> partenza allo stesso tempo, sempre caratterizzato<br />
da una forte presenza del me<strong>di</strong>co, con la sua<br />
cultura e la sua sensibilità. E questi mai si laverà le<br />
mani <strong>di</strong> fronte a passaggi <strong>di</strong>fficili nella storia naturale<br />
<strong>di</strong> un paziente e nella vita della sua famiglia; mai<br />
pronuncerà la frase “dovete decidere voi”, perché è<br />
la <strong>di</strong>mostrazione dell’incapacità <strong>di</strong> comprendere il<br />
dolore, le debolezze, le incertezze dell’interlocutore.<br />
Nel caso della demenza la comunicazione dovrà essere<br />
misurata sulla capacità del paziente <strong>di</strong> comprendere<br />
il significato della <strong>di</strong>agnosi, sia rispetto alle sua<br />
struttura psichica sia all’utilità della comunicazione;<br />
non è un totem da onorare acriticamente,ma quando<br />
possibile è un passaggio per rispettare il paziente<br />
(non sul piano formale, ma nella sostanza delle<br />
sue decisioni, attese, speranze, ecc.). In questa logica<br />
<strong>di</strong> interventi mirati e continuativi non trova spazio<br />
l’esigenza da taluni formulata <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> figure<br />
ad hoc per comunicare la <strong>di</strong>agnosi e seguire il paziente<br />
per gli aspetti psicosociali. Sarebbe un cedere<br />
al fascino della specializzazione anche in ambiti<br />
dove interferisce con il rapporto me<strong>di</strong>co-paziente,<br />
senza apportare reali vantaggi.<br />
Vi sono situazioni particolari nelle quali la comunicazione<br />
della <strong>di</strong>agnosi e l’in<strong>di</strong>cazione dei comportamenti<br />
conseguenti è <strong>di</strong>fficile, perché le con<strong>di</strong>zio-<br />
ni <strong>di</strong> lavoro impe<strong>di</strong>scono una relazione approfon<strong>di</strong>ta,<br />
che porti anche a verificare se il paziente ha realmente<br />
compreso i messaggi del me<strong>di</strong>co, necessari<br />
per il proseguimento delle cure. Uno stu<strong>di</strong>o recente<br />
2 -condotto nel pronto soccorso degli ospedali<br />
nei quali si è svolta la ricerca- ha <strong>di</strong>mostrato che il<br />
78% dei pazienti non capisce almeno uno degli argomenti<br />
dei quali ha <strong>di</strong>scusso con il me<strong>di</strong>co (<strong>di</strong>agnosi,<br />
trattamento ricevuto in pronto soccorso, istruzioni<br />
terapeutiche, i segni <strong>di</strong> allarme che dovrebbero indurre<br />
un ritorno in ospedale, ecc.). Vi sono molte<br />
possibili spiegazioni del fenomeno, tra le quali l’ansia<br />
e le paure del paziente da una parte, la fretta e le<br />
preoccupazioni del me<strong>di</strong>co per pazienti molto gravi,<br />
dall’altra. Al fondo resta la tematica della crisi dei<br />
rapporti; il pronto soccorso è uno dei luoghi dove si<br />
manifesta nel modo più violento e con conseguenze<br />
più spiacevoli. Infatti in pochissimo tempo si deve<br />
costruire un <strong>di</strong>alogo tra sconosciuti, navigando<br />
tra dati tecnici spesso <strong>di</strong>fficili da comprendere, in<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress elevato. Ma proprio la con<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> crisi imporrebbe la messa in atto <strong>di</strong> atteggiamenti<br />
concreti per superarla, con indubbi vantaggi<br />
sia per gli operatori sia per i pazienti. Chi soffre <strong>di</strong><br />
più nei momenti <strong>di</strong> passaggio, come un pronto soccorso,<br />
è la persona che non riesce a comprendere la<br />
propria collocazione, che è impressionato da rumori,<br />
voci, luci, ecc.; verso <strong>di</strong> lui la comunicazione deve<br />
essere particolarmente attenta, sia rispetto alle<br />
gran<strong>di</strong> cose (la <strong>di</strong>agnosi), sia rispetto ai piccoli consigli<br />
utili nell’imme<strong>di</strong>ato o ad una mano rassicurante<br />
che si appoggia sul capo.<br />
La cura e le cure<br />
L’approccio alla cura <strong>di</strong> una persona anziana colpita<br />
da una malattia deve essere equilibrato tra tre momenti,<br />
come descritto in modo incisivo da Reuben 7 :<br />
“a breve termine la cura deve mirare a riportare il<br />
paziente alla sua precedente con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute”<br />
(noi <strong>di</strong>remmo che è in<strong>di</strong>spensabile parametrare gli<br />
interventi <strong>di</strong> cura sullo stato premorboso, perché<br />
così si evitano interventismi eccessivi o astensionismi<br />
immotivati). “A me<strong>di</strong>o termine la cura deve provvedere<br />
un momento preventivo, identificando le sindromi<br />
geriatriche, ed assistendo il paziente rispetto<br />
alle sue aspettative e con<strong>di</strong>zioni psicosociali” (in<br />
questa fase le scelte del paziente devono guidare<br />
l’intervento clinico, perché la sua volontà deve modulare<br />
le decisioni prese in base allo stato premorboso<br />
ed alla prognosi; se la persona non è in grado <strong>di</strong><br />
decidere dovranno essere analizzati i pezzi della vita<br />
precedente che possono aiutare a comprendere<br />
valori, desideri, credenze, ecc.). “A lungo termine è