Psicogeriatria 110 SUPP Cop 1 - Città di Torino
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RELAZIONI 47<br />
LA NECESSITÀ DEL PATTO TERAPEUTICO CON LE FAMIGLIE<br />
Francesco Scapati<br />
Direttore DSM ASL TA<br />
Una persona affetta da demenza non può prescindere da interventi <strong>di</strong> continuità assistenziale, e programmi<br />
<strong>di</strong> attività sia domiciliari che istituzionali.<br />
Il ruolo centrale è attribuito alla famiglia che rappresenta una risorsa determinante in fase <strong>di</strong> progettazione<br />
<strong>di</strong> un percorso <strong>di</strong> cura e <strong>di</strong> assistenza ove siano coinvolti <strong>di</strong>rettamente i famigliari o caregiver. Proprio<br />
per prevenire drop-out od esiti negativi degli interventi, in fase <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> un percorso assistenziale,<br />
risultano determinanti, tutte quelle variabili in<strong>di</strong>viduali stratificate nella storia <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> una persona<br />
da coinvolgere nel percorso <strong>di</strong> cura e <strong>di</strong> assistenza.<br />
1. Il patto terapeutico con le famiglie va impostato già in fase <strong>di</strong> comunicazione della <strong>di</strong>agnosi, allo scopo<br />
<strong>di</strong> prevenire comportamenti <strong>di</strong>storsivi <strong>di</strong> negazione o <strong>di</strong> rabbia, <strong>di</strong> frustrazione ed impotenza, che<br />
innescano inevitabilmente una fuga verso l’isolamento o peggio ancora rappresentare un rischio verso<br />
condotte da maltrattamenti nei confronti dell’anziano. È <strong>di</strong> fondamentale importanza spostare le<br />
paure e le incertezze per una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> malattia progressiva e destruente verso un modello <strong>di</strong> riferimento<br />
in grado <strong>di</strong> fornire risposte non solo teoriche, ma anche organizzative e pratiche basato<br />
su qualità della vita e salute possibile, che faciliti l’integrazione delle risorse del territorio, attraverso<br />
la con<strong>di</strong>visone <strong>di</strong> reti e la collaborazione tra strutture <strong>di</strong>verse pre<strong>di</strong>sponendo percorsi assistenziali<br />
appropriati.<br />
2. Un secondo livello <strong>di</strong> importanza strategica è rappresentato dalla prospettiva dell’adozione <strong>di</strong> un<br />
modello <strong>di</strong> intervento ‘patient centred’ ovvero della centralità della persona all’interno del percorso<br />
<strong>di</strong> cura. L’etica della cura, in questo modello, non può prescindere da un’alleanza strategica con<br />
coloro che si occupano sia materialmente che strategicamente dell’assistenza e cura del paziente<br />
demente. Una simile alleanza è garanzia della partecipazione attiva ai processi <strong>di</strong> cura, e comprende<br />
livelli <strong>di</strong> informazione, attenzione alle emozioni, ascolto attivo.<br />
3. Anche nella prospettiva <strong>di</strong> un ricorso transitorio o definitivo all’istituzionalizzazione, non si può<br />
prescindere da un patto terapeutico con i famigliari. Ove tale intervento rappresenti solo una fase<br />
in un percorso assistenziale più articolato, si deve inserire come parte integrante <strong>di</strong> un percorso <strong>di</strong><br />
cura, in un contesto <strong>di</strong> continuità emotiva ed affettiva con il contesto da cui proviene; mentre il ricorso<br />
all’istituzionalizzazione definitiva non può rappresentare un processo <strong>di</strong> espulsione, e/o <strong>di</strong> esonero<br />
da doveri assistenziali.<br />
4. Non meno complessa è l’area <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>lemmi etici e giuri<strong>di</strong>ci, in ambito <strong>di</strong> tutela della fragilità, circa<br />
la prospettiva <strong>di</strong> applicare misure <strong>di</strong> protezione. In assenza <strong>di</strong> un patto terapeutico esplicito e <strong>di</strong><br />
ruoli chiari, l’assenza <strong>di</strong> tutela, può rappresentare una fonte <strong>di</strong> conflitti, tra famigliari. A nostro parere<br />
anche tale prospettiva <strong>di</strong> tutela va inserita nel patto terapeutico con le famiglie, anzi può rappresentare<br />
un’ulteriore risorsa sotto il profilo etico e morale. La linea <strong>di</strong> tendenza che sembra prevalere<br />
in ambito giurisprudenziale, in base all’analisi <strong>di</strong> varie Sentenze (N° 13584/2006 della Cassazione,<br />
nonché <strong>di</strong> sentenze quali quella N° 2086 del 03/10/05 del Tribunale <strong>di</strong> Venezia e N° 2288 del<br />
Tribunale <strong>di</strong> Bologna del 03/10/06) è quello che è l’amministrazione <strong>di</strong> sostegno nella maggior parte<br />
dei casi la misura più idonea per la tutela dei più deboli, attraverso anche, laddove necessario l’amministrazione<br />
<strong>di</strong> sostegno a tempo indeterminato (ex art. 405 C.C.) ed una corretta modulazione dei<br />
poteri dell’Amministratore <strong>di</strong> Sostegno.<br />
Per concludere l’opportunità <strong>di</strong> una stretta alleanza tra famigliari ed operatori, sancita da un patto terapeutico,<br />
con<strong>di</strong>ziona positivamente gli outcome del processo <strong>di</strong> caregiving perché consente <strong>di</strong> superare<br />
la complessità dei bisogni <strong>di</strong> cura ed assistenza.