Nasce dolceVi - Gustolocale
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Granai e picai<br />
<strong>Nasce</strong> DolceVi<br />
La foto è di Piergiorgio Laverda<br />
Intervista a Dino Secco<br />
Il premio Montegrande<br />
A tavola con Merlin Cocai<br />
pag.4<br />
pag.10<br />
pag.20<br />
pag.42<br />
Sommario<br />
ottobre<br />
2007<br />
I dolci ed il Vino 2<br />
<strong>Nasce</strong> DolceVi 4<br />
Tra dessert e meditazione: il vino dolce 6<br />
Il vino nel piatto 9<br />
Dino Secco: “Puntiamo sugli eventi” 10<br />
Il clima cambia. E la vendemmia? 12<br />
La Garganega: cuore del Soave 13<br />
I Colli Euganei 14<br />
Sette malghe per sette comuni per sette formaggi 16<br />
Lei, Lui, gli Amici 18<br />
Il “Montegrande” premia i talenti veneti 20<br />
ABC di Amedeo Sandri: L’olio d’oliva 24<br />
I cereali tra “i sapori d’autunno” 26<br />
Arte in tavola: tiramisù decostruito 28<br />
Ricordi d’estate 30<br />
Una nuova De.Co. tutta vicentina 32<br />
Serate d’estate 33<br />
Baccalà e Vespaiolo sui mari d’Europa 37<br />
Il sapore della vendemmia 38<br />
Cocktail del mese 39<br />
I piatti del recupero: La Panà 40<br />
Lo sai che... Pane e pasta integrali 41<br />
A tavola con Merlin Cocai 42<br />
L’opinione di Terenzio Panozzo 43<br />
Appuntamenti ONAF - Distillerie aperte 44<br />
A tavola con le stelle 45<br />
Annunci 46<br />
Appuntamenti del mese 47<br />
La rubrica del Ristor-Attore 48<br />
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conseguono.
I dolci ed il vino<br />
Granai e picai sono utilizzati da tempi lontanissimi per appassire le uve.<br />
Se ne ricavano vini eccellenti, oggi amati in tutto il mondo.<br />
Si può fare una guida “golosa” passando attraverso i<br />
dolci perché ci sono tiepide fragranze di ciambelle<br />
appena uscite dal forno, deliziosi brividi di glassa,<br />
quale neve ghiacciata, ci<br />
sono profumi di spezie, uva<br />
sultanina, creme, panna, c’é,<br />
insomma, un universo di<br />
bontà. E si deve prendere la<br />
gastronomia come una cosa<br />
seria, al pari della moda,<br />
perché ci aiuta a capire la<br />
civiltà e la cultura di<br />
un’epoca. Ma che logica<br />
avrebbe selezionare i dolci?<br />
Ne ha studiato in profondità il<br />
Conte Capnist, Presidente ad<br />
honorem della Accademia<br />
Italiana della Cucina<br />
rilevando come, in realtà, i<br />
dolci sono l’apice di esibizioni<br />
familiari, a volte sociali, sono<br />
promozioni dello star bene,<br />
presentano il fasto ma anche<br />
il quotidiano. Pensate ad un<br />
dolce offerto su un’alzata, isola un momento<br />
importante di una festa, si fa evento, parentesi,<br />
oppure gran finale. Ma c’è anche la stupenda<br />
quotidianità di una fetta di plumcake al mattino, un<br />
veloce caffè, che permette un inizio di giornata con il<br />
sorriso. Sempre, il dolce, cadenza gli attimi importanti<br />
della festa, ma anche quelli<br />
della giornata, in una parola<br />
della vita.<br />
E tutto nasce dall’essere un<br />
genere voluttuario. Il dolce,<br />
proprio perché in modo<br />
peculiare abbina al piacere la<br />
voluttà e non è la<br />
soddisfazione di un bisogno<br />
esprime, più di ogni altro<br />
cibo, l’evoluzione della cultura<br />
gastronomica dell’uomo. Così<br />
si è passati dalle modeste<br />
ciambelle, dal dolce semplice<br />
e casalingo, al dolce più<br />
raffinato, più legato al tempo.<br />
Abbiamo i dolci che<br />
percorrono, con cadenze<br />
fisse, il calendario del nostro<br />
anno. Dal panettone alla<br />
colomba, dagli “ossi di morto”<br />
ai “galani” tutto scorre nella direzione del tempo. E il<br />
dolce reclama, come compagno di strada, il vino<br />
appropriato.
Quali, per noi vicentini?<br />
Fra l’Astico ed il Brenta in questi “aprichi colli ch’aman le viti” come<br />
scrisse Sobellico nel 1502 e che vedono Breganze al centro di un<br />
mondo che Carlo Dottore, seicentesco scrittore, così ricorda:<br />
“Breganze dal buon vin, dal ricco prete”, qui nasce il Torcolato. Si<br />
produce con quel Vespaiolo che, si dice, fosse arrivato qui per la<br />
perdita di Candia da parte della Dominante: si importarono uve dal<br />
Meridione (alcuni dicono dalla Francia) e principalmente questo<br />
“bresparolo”.<br />
Vino vecchissimo, il vino dolce, presente già ai tempi dei Greci e dei<br />
Romani, molto conosciuto per la grande capacità di conservarsi<br />
Qui a Breganze il vino Torcolato (nome che si deve al modo di<br />
appendere le uve al soffitto) era caduto nel dimenticatoio: pensate<br />
che alla mostra dei vini vicentini di Breganze nel 1965 c’era un solo<br />
Torcolato. Una volta, alla fine dell’800, era vino da considerarsi<br />
tonico e medicamento: quasi la panacea d’ogni male. Lo si<br />
considerava “ottimo nei casi di debolezza del cuore, nelle dispepsie,<br />
nella convalescenza da malattie acute e consuntive e, per la sua<br />
ricchezza di acido fosforico dei fosfati anche indicatissimo nelle<br />
forme nevrasteniche e depressioni nervose”. Era il vino delle<br />
occasioni, era il vino che, si diceva, si faceva per le donne (poi in<br />
realtà lo bevevano gli uomini) era il vino del puro diletto, del puro<br />
piacere, quello che si beveva con il sorriso sulle labbra, era il vino<br />
che si dava alle puerpere perché faceva fare latte, era il vino da<br />
festa grande.<br />
Era caduto nel dimenticatoio, si diceva, ma, ed è qui il bello, la<br />
ricerca del buono passa anche attraverso il recupero delle proprie<br />
tradizioni edella propria storia ed l’uva Vespaiola ha ridato questo<br />
vino che ora è il fiore all’occhiello di una zona vocata alla viticoltura.<br />
Il ritorno del buon gusto e del piacere fa sì che, fra i primi, la<br />
Magnifica Fraglia del Torcolato porti la conoscenza di questo<br />
stupendo vino, non secondo a ben più blasonati vini stranieri, in<br />
giro per il mondo.<br />
A pochi chilometri di distanza, a Montebello, si produce l’unico Vin<br />
Santo del Veneto: stupendo nettare che sta riproponendosi con un<br />
disciplinare molto rigoroso, con quantità ancora da prodotto<br />
d’eccellenza, ma con un gotha di grande levatura. E non è il solo:<br />
ai primi di gennaio, a Montebello, si fa in piazza la spremitura<br />
pubblica, un rito ormai, delle uve Garganeghe che, raccolte in picai,<br />
sono state appiccate in granaio, con i grappoli rovesciati a due a<br />
due. Si è potuto fare, sebbene con molta cura ed attenzione,<br />
perché queste uve sono di relativamente facile conservabilità e si<br />
prestano all’appassimento per ottenere vini dolci, da sempre<br />
apprezzati.<br />
Tolta tutta l’acqua possibile per rendere il succo un vero nettare,<br />
quest’uva delicata è fatta riposare mentre, nel frattempo, prendeva<br />
maggior profumo da trasferire al vino. Diventerà di colore giallo<br />
“ambrato” ed avrà un sapore pieno, lungo, che ricorda il miele, le<br />
mandorle: diverrà cioè il Recioto di Gambellara.<br />
Strano vino questo Recioto DOCG (sta per concludersi proprio in<br />
questi giorni l’ottenimento della denominazione d’origine<br />
controllata e garantita) che, si diceva fosse fatto per le donne ma,<br />
in realtà lo bevevano gli uomini con l’orgoglio di chi aveva fatto<br />
qualcosa di gran pregio.<br />
Lo accompagnavano (e lo si fa ancora) a pinze, zalèti, all’immancabile<br />
brasadèlo. Compagno eccellente per frutta secca e fresca,<br />
quella autunnale, è un vino che, morbido e caldo, lo si beve con un<br />
sorriso.<br />
Esistono, in questa stupenda provincia, una serie di prodotti che<br />
onorano il lavoro dei vignaioli, dei “cantinieri”, degli amanti del<br />
buono: c’è l’orgoglio silente di chi sa fare cose che si impongono<br />
per la loro bontà.<br />
Alfredo Pelle<br />
3
4<br />
<strong>Nasce</strong> <strong>dolceVi</strong>:<br />
appuntamento con i migliori vini dolci<br />
Villa La Favorita di Sarego il 20 e 21 ottobre ospita<br />
l’eccellenza della produzione<br />
Nella cultura contadina il vino dolce era un bene prezioso, l'omaggio con il quale si<br />
accoglieva l'ospite e il tocco gentile da bere con moderazione alla fine del pasto.<br />
L'atteggiamento del consumatore moderno invece, dal dopoguerra a oggi, non è stato né<br />
uniforme, né sempre benevolo; rara la sua presenza nelle carte dei vini dei ristoranti o<br />
sugli scaffali delle enoteche. Questo perché le organolettiche lasciavano spesso a<br />
desiderare: l'aspetto era quello dei vini ossidati e il loro sapore era spesso segnato<br />
dall'acido acetico. Vini difficili da produrre e da conservare a causa delle condizioni<br />
igieniche, tecnologiche e per conoscenze enologiche spesso inadeguate. Chiamati genericamente<br />
“vini santi” erano ignote le uve dalle quali provenivano e mancava qualsiasi<br />
indicazione d’origine.<br />
All'estero, inoltre, dovevano fare i conti con i vini dolci di rinomate zone viticole come il<br />
bordolese o il Porto. Ai vini dolci mediterranei, ottenuti vinificando uve appassite al sole<br />
o più raramente in pianta, si contrapponeva nell'immaginario del consumatore europeo la<br />
fama dei vini dolci, plasmati in quelle regioni a clima continentale e atlantico, per l'azione<br />
della botrite (i vini di Sauternes, di Tokaj e le vendemmie tardive alsaziane e renane). Le<br />
condizioni ambientali di produzione e conservazione, unite alla cura utilizzata nella<br />
vendemmia e nella vinificazione e al potere stabilizzante dei metaboliti del fungo rende<br />
questi vini più eleganti, con un profilo sensoriale stabile e riconoscibile, adatti a lunghi<br />
invecchiamenti in cantina. Particolarmente apprezzati anche per la consuetudine ad<br />
associarli ai formaggi piccanti o a preparazioni con il fegato d'oca.<br />
Da qualche anno i vini dolci mediterranei, ottenuti da uve appassite, hanno riconquistato<br />
il gusto dei consumatori. Una riscossa partita dalle regioni meridionali (basti pensare al<br />
Moscato di Pantelleria, alla Malvasia delle Lipari o al Moscato di Noto, per citarne alcuni)<br />
che hanno offerto una gamma di vini dolci ineccepibili, evidenziando la grande ricchezza<br />
dei vini Italiani raggiunta con la sovra-maturazione delle uve. Un patrimonio che non ha<br />
uguali al mondo per luoghi di produzione, vitigni utilizzati, tecniche di vinificazione e<br />
profili sensoriali. Un patrimonio peraltro molto fragile, perché un vino dolce purtroppo si<br />
presta ad essere “costruito in cantina” e venir commercializzato con un nome di fantasia<br />
piuttosto che con quello del territorio in cui è prodotto. Al consumatore quindi l'invito a<br />
privilegiare il consumo di quei vini che, oltre ad avere radici profonde nella storia e nel<br />
mito, siano la testimonianza fedele delle tradizioni viticole ed enologiche di un territorio<br />
vocato, piuttosto che il risultato di alchimie enologiche.<br />
La scalinata di Villa Favorita a Monticello di Fara
Due giorni all’insegna della dolcezza<br />
Sabato 20 e domenica 21 ottobre 2007 a Villa La<br />
Favorita si incontreranno i migliori vini dolci d’Italia:<br />
160 aziende di alto livello e oltre 250 vini per un<br />
week-end nell’incantevole autunno veneto. Nella<br />
splendida Villa palladiana di Monticello di Fara, a<br />
Sarego, si svolgerà infatti la prima edizione di<br />
DolceVi, un dolce evento fortemente voluto dal<br />
Consorzio Vini Vicentini DOC, dalla Camera di<br />
Commercio di Vicenza, da Vicenza Qualità e dalla<br />
Provincia di Vicenza. C’è l’ambizione di far diventare<br />
questo evento un punto di riferimento per un<br />
mercato che sta attraversando un ottimo momento,<br />
sia per la qualità offerta che per la richiesta dei<br />
consumatori. L’evento è alla sua prima edizione e<br />
sarà biennale, in alternanza con BCM, la manifestazione<br />
dedicata ai bordolesi Cabernet e Merlot. Un<br />
importante incontro che certamente incontrerà<br />
l’interesse dagli operatori di settore (buyer,<br />
ristoratori, sommelier, importatori, distributori) e<br />
delle aziende produttrici (titolari, enologi,<br />
agronomi), senza tralasciare il folto pubblico degli<br />
appassionati.<br />
Il programma delle giornate<br />
Sabato 20 ottobre la manifestazione si aprirà con un<br />
convegno internazionale in cui si farà il punto sul<br />
mercato di questo segmento. “È pieno boom di vini<br />
dolci. Come si è certi della qualità?” è il titolo della<br />
tavola rotonda a cui parteciperanno prestigiosi<br />
vignaioli italiani e numerosi produttori del Porto, del<br />
Tokaj, dell'Icewine canadese e del Sauternes. Hanno<br />
assicurato la loro presenza alcuni dei grandi nomi<br />
dell’enologia mondiale, grandi gestori di enoteche ed<br />
importatori: ogni argomento, compresa la<br />
complicata legislazione, sarà valutato a fondo con la<br />
massima chiarezza ma in tempi veloci e sintetici. Fra<br />
gli ospiti esteri che hanno già assicurato la loro<br />
partecipazione Vincent e Kay Bou-chard del Porto<br />
Quinta do Tedo, Helga Gal per il Tokaj da Niagara on<br />
the Lake, Canada, e J. P. Ziraldo, presentatore del<br />
meglio di Inniskillin. In conclusione assaggi a buffet<br />
per ricominciare lo straordinario viaggio nel dolce in<br />
cui non mancheranno specialità di alta pasticceria.<br />
Domenica 21, invece, si svolgerà un secondo<br />
convegno tutto dedicato agli aspetti più edonistici del<br />
vino, il cui titolo è già tutto un programma: “250 vini<br />
dolci pronti da degustare. Come li abbiniamo?” Il<br />
giornalista Francesco D’Agostino, curatore della<br />
guida annuale Bere Dolce, vera e propria bibbia del<br />
settore, guiderà i percorsi gustativi accompagnato<br />
dal sommelier Adua Villa, noto volto televisivo de “La<br />
prova del cuoco”. Si parlerà fra l’altro di abbinamenti<br />
classici, combinazioni innovative e insolite fra vini<br />
dolci e cibi.<br />
Carlo Augusto Martelli<br />
Per ulteriori informazioni consultate il sito www.dolcevi.com
6<br />
TRA DESSERT E MEDITAZIONE:<br />
Il vino dolce<br />
Da sempre l’uomo<br />
serba il vino dolce<br />
per occasioni<br />
speciali.<br />
Per produrlo ha<br />
affinato tecniche<br />
e tradizioni<br />
I vini dolci non esistono in natura. La mano dell’uomo deve fermare la fermentazione<br />
e la trasformazione dello zucchero in alcool con un semplice<br />
procedimento di filtraggio o di travaso del mosto.<br />
Anzitutto è opportuna una distinzione, quella tra vini liquorosi e vini passiti.<br />
Entrambi sono indicati sia in accompagnamento a piatti di dessert che da soli,<br />
in momenti di riflessione personale o in compagnia. A differenziarli è il<br />
metodo di produzione.<br />
I vini liquorosi<br />
Intanto parliamo del vino liquoroso che<br />
fin dal passato si usa fortificare. Spesso<br />
occorreva creare artificialmente le<br />
condizioni per accrescere il suo livello<br />
alcolico, dato che il blocco della trasformazione<br />
dello zucchero a volte<br />
presentava un prodotto finale debole<br />
alcolicamente. Un tempo si scoperse che<br />
far fare al vino un viaggio nel caldo delle<br />
stive delle navi verso l’equatore li faceva<br />
tornare più robusti e strutturati. Poi si<br />
accesero dei fuochi per simulare il calore<br />
delle stagioni.<br />
Essenzialmente oggi sono tre i metodi<br />
utilizzati per fortificare un vino liquoroso:<br />
• Il più semplice è quello di versare del<br />
succo d’uva in un tino pieno di alcool e poi<br />
lasciarli al loro destino e qui abbiamo per<br />
tutti il Pineau des Charentes una regione<br />
Francese del Cognac in Francia. I vini di<br />
questo tipo si chiamano Mistelle.<br />
• Il secondo metodo consiste nel<br />
fortificare il vino nel momento delle<br />
fermentazione come nel caso del Porto,<br />
Madeira, Malaga e Marsala. L’enologo<br />
fermerà la fermentazione secondo la sua<br />
opinione.Questa seconda metodologia<br />
permette un uso più immediato del vino.<br />
• Il terzo metodo consiste nel fortificare il<br />
vino dopo la fermentazione come avviene<br />
per Jerez e Montilla. In questo caso il vino<br />
fermenta fino a diventare secco (subendo<br />
una fermentazione malolattica) e viene<br />
fortificato una o più volte all’anno<br />
successivo alla vendemmia.<br />
I vini passiti<br />
I vini più costosi del mondo per paradosso<br />
sono proprio i più dolci, anzi dolcissimi. Le<br />
Corti reali di tutta Europa preferivano bere<br />
fra tutti i vari Chateau d’Yquem. Tokay e<br />
Cristal Champagne in versione amabile.
• La sovramaturazione: consiste nel lasciare i<br />
grappoli appesi per un periodo più prolungato e<br />
vendemmiarli in ritardo. Si noti che solo se esiste un<br />
buon livello di acidità si ottengono vini di livello.<br />
Questa tecnica è abbastanza praticata anche per<br />
eliminare l’eccesso di acidità o rinforzare le uve nel<br />
caso dei vini secchi.<br />
• Il Marciume nobile o Botrytis cinerea, invece, è un<br />
fungo parassita veicolato dalla umidità. Se<br />
intervengono condizioni meteorologiche, come<br />
alcune nebbie particolari, questi parassiti attaccano<br />
le bucce riducendo l’acqua ed innestando un<br />
procedimento di “botrizzazione”. Questa modalità di<br />
raccolta è estremamente dispendiosa dato che le uve<br />
devono essere vendemmiate ripetutamente: nel<br />
Sauterne, per fare un esempio, si prevedono fino a<br />
12 vendemmie successive. Il principale prodotto di<br />
questa metodologia è sicuramente il Sauterne, ma<br />
anche nella vendemmia del Tokay ungherese ci sono<br />
alcune similitudini; in Italia si produce attraverso<br />
questa tecnica il Muffato della Sala di Antinori.<br />
Si è provato a riprodurre artificialmente le condizioni<br />
di cui sopra anche inserendo spore di Butritys ma il<br />
risultato non è paragonabile a quello che la natura ci<br />
può dare.<br />
Il vino preferito dagli antichi<br />
Il vino dolce ha avuto fin dall'antichità importanti<br />
estimatori: i Greci tessevano le lodi del vino<br />
magnificando la sua dolcezza e la sua potenza e i<br />
Romani viaggiavano con degli intrugli a base di<br />
miele e spezie dolci da aggiungere al vino che<br />
trovavano lungo i loro viaggi. Perfino il sistema di<br />
trasporti fu influenzato dalla necessità di trasportare<br />
il vino in modo veloce.<br />
Con l’andare dei secoli e la diffusione del cristianesimo<br />
i monaci portarono con loro non soltanto la<br />
fede, ma anche immense distese di vigneti. Il Sud<br />
produceva vino e lo vendeva; il Nord lo comprava e<br />
lo beveva. Per fare un esempio la Malvasia e il<br />
Moscato sono vini che sono resistiti al tempo anche<br />
nella loro denominazione.<br />
• Appassimento delle uve. Qui siamo proprio in casa.<br />
L’appassimento delle uve dopo la Vendemmia; o<br />
deposte su cassette o appese per i piccioli è una<br />
tecnica abbondantemente applicata nel Veneto e<br />
particolarmente nelle zone di Verona e Vicenza. Vedi<br />
Il Recioto e l’Amarone.<br />
Appassiti fino a Febbraio e poi direttamente lavorate<br />
fanno diventare dei vini di grande pregio.che tutti noi<br />
abbiamo la fortuna di assaporare. Sentore di miele e<br />
di frutta disidratata possiamo cogliere gustando un<br />
buon Recioto di Soave e di Gambellara. Mentre un<br />
Recioto Amarone ci farà inebriare con i suoi sentori<br />
di frutti di boschi e ciliegie mature.<br />
• Congelamento dei grappoli. Una pratica diffusa nei<br />
paesi molto freddi come Germania, Austria e<br />
Canada. Si lascia che i grappoli appesi siano colpiti<br />
naturalmente dalle gelate notturne; il gelo riesce a<br />
congelare l’acqua presente nell’uva che viene<br />
eliminata nel momento della pigiatura producendo<br />
vini con un’acidità elevata e con un alto tasso<br />
zuccherino.<br />
Romolo Cacciatori<br />
La richiesta di vino e la sua necessità di trasportarlo<br />
non ebbe mai pausa durante i secoli e così si<br />
ritrovano documenti mercantili delle Repubbliche<br />
marinare in cui il vino è una merce di scambio<br />
spesso trattata: le uniche due necessità di cui ha<br />
bisogno sono velocità e puntualità.<br />
Durante il Rinascimento la Malvasia e il Moscatello,<br />
sempre vinificati in dolce, furono tra i vini preferiti<br />
sia in Italia che in Europa. La Toscana, invece, si<br />
specializzò nella Vernaccia, detta la Malvasia<br />
indigena, e per prima cominciò a vinificarlo affinché<br />
risultasse un vino meno dolce anche se morbido e<br />
potenzialmente forte.
8<br />
pagina curata da<br />
Azienda Col Dovigo<br />
Un’azienda giovane che arriva da lontano. Se Col Dovigo imbottiglia solo da 4 anni col proprio<br />
nome, va in realtà detto come qui il vino sia da sempre una presenza importante. La vicenda<br />
ha inizio nel 1923, con l’acquisto di un terreno da parte di un “foresto”. Il soprannome dato ai<br />
nuovi arrivati è “Dovighi”, che pare significasse “quelli che provengono da altre terre”. E’ così<br />
che la doviga Caterina sposa un Bonollo, già produttore di vini e fra i soci fondatori della locale<br />
Cantina Sociale.<br />
La famiglia mette radici nelle colline a ridosso del borgo di Breganze, sviluppando con tenacia<br />
e passione l’attività agricola e gli impianti di viti. Battista e Stefano Bonollo sono oggi al timone di una azienda che vuole muoversi nel panorama vitivinicolo<br />
locale sia guardando alla tradizione, sia tentando la strada dei vigneti internazionali. La cantina è piccola, ma essenziale e razionale. C’è molta<br />
attenzione a quello che può offrire di nuovo la tecnologia, senza però operare forzature nei vini. Una cura particolare è posta anche nell’immagine,<br />
veicolata da bottiglie ed etichette dalla sobria eleganza. I vigneti di proprietà si estendono su una superficie di circa 6 ettari, in parte posti in collina<br />
intorno alla casa colonica, quasi a formare uno scenografico anfiteatro, e parte in pianura. I terreni sono di origine vulcanica in collina e ghiaiosi in<br />
pianura, così da consentire una maturazione ottimale alle diverse tipologie di uva coltivate.<br />
I vini bianchi comprendono un tipico Vespaiolo dalla spiccata acidità e uno Chardonnay morbido ed avvolgente. Il Breganze Cabernet ’06 rimane fruttato<br />
e beverino, mentre il Breganze Rosso sfodera più sostanza e materia senza però perdere in eleganza. Intrigante infine il floreale Groppello, da una<br />
antica varietà autoctona, qui ammorbidito grazie ad un leggero appassimento delle<br />
uve.<br />
IL VINO<br />
Sauvignon ’06 IGT<br />
Questa volta siamo a parlare di una uva internazionale, il Sauvignon, dal profilo<br />
aromatico molto immediato che lo rende gradevole ed apprezzato anche dai neofiti.<br />
Quello di Col Dovigo è un vino improntato alla ricerca della maturità del frutto, nel<br />
quale la dolcezza della polpa crea un bel contrasto con le note varietali. Accanto<br />
all’ananas e alla pera matura, troviamo quindi l’asparago e l’ortica. Le sensazioni<br />
si prolungano in un finale di discreta lunghezza. Il vino ha un certo potenziale di<br />
evoluzione, e se ne consiglia l’apertura se possibile dopo l’estate. Gli abbinamenti<br />
sono con gli asparagi, i risotti con le erbe o con i piselli, le torte salate a base di<br />
verdure.<br />
Mario Plazio<br />
Stefano e Battista Bonollo
Tartare di tonno mediterraneo<br />
con tortino di caprino, pera al pepe e gelatina<br />
al Recioto di Gambellara,<br />
la sua aria e cialda croccante di frutta secca<br />
Ingredienti per 6 persone:<br />
Tonno mediterraneo g 500<br />
Caprino fresco<br />
Agr il Cucco San Pietro Valdastico g 200<br />
Pere abate g 200<br />
Recioto di gambellara "Albina ‘04”<br />
Az. Agr. Giovanni Menti g 150<br />
Olio extra Vergine di oliva del Garda q.b.<br />
Albume d'uovo g 50<br />
Farina t 00 g 20<br />
Farina di mandorle g 10<br />
Farina di nocciole g 10<br />
Zucchero g 15<br />
Sale q.b<br />
Colla di pesce g 8<br />
Pepe bianco q.b<br />
Bacche di Sechuan Ricetta dello Chef Massimo Trentin<br />
del Ristorante “Emozioni” di Schio<br />
Procedimento<br />
Preparare la gelatina di Recioto scaldando<br />
leggermente il vino, unendovi poco zucchero e la<br />
colla di pesce ammorbidita in acqua. Versare il<br />
composto in stampini di silpat e lasciare raffreddare.<br />
Pulire le pere, tagliarle a pezzetti e metterle a<br />
cuocere con pochissima acqua, pepe macinato e le<br />
bacche di sechuan, una volta cotte aggiungere la<br />
colla di pesce ammorbidita, versare negli stampini e<br />
lasciare raffreddare.<br />
Lavorare il caprino con un cucchiaio fino ad ottenere<br />
una crema, quindi con uno stampo tondo in acciaio<br />
formate una lamella di formaggio.<br />
Tagliare il tonno a coltello, salare, pepare e condirlo<br />
con un filo d'olio extravergine del Garda e poco succo<br />
di limone.<br />
Mescolare la farina bianca con quella di mandorla e<br />
nocciola, lavorarle con l'albume, l'olio extravergine e<br />
un pizzico di sale. Stendere il composto in un silpat,<br />
ricavandone un rettangolo, cospargere con mandorle<br />
e noci tritate la superficie e procedere alla cottura in<br />
forno.<br />
In un piatto adagiare la tartare di tonno, montare il<br />
tortino di caprino adagiandovi sopra al formaggio la<br />
pera e successivamente la gelatina di Recioto.<br />
Guarnire con la cialda di frutta secca, l'aria di<br />
Recioto, e qualche bacca di sechuan.
10<br />
Inventiamoci gli eventi<br />
Dino Secco, Vicepresidente<br />
della Provincia, punta sugli eventi<br />
per attirare i turisti.<br />
Culturali, sportivi, engastronomici:<br />
basta far parlare di noi<br />
È stato l’unico della passata giunta provinciale, guidata da<br />
Manuela Dal Lago, ad essere confermato nella nuova<br />
compagine (con gli stessi colori) guidata da Attilio<br />
Schneck. Assessore al Turismo, ma anche promosso Vice-<br />
Presidente della Provincia, oltre che Vice-Presidente del<br />
Consorzio Turistico “Vicenza é”.<br />
Dino Secco, 55 anni, nato a Bassano del Grappa, si è<br />
laureato all’Università di Padova in Storia e Filosofia con<br />
una tesi sulla migrazione nella zona della Val Brenta<br />
durante e dopo il periodo austroungarico. E’ stato sindaco<br />
di Solagna, cittadina della Valbrenta, ed è uno dei<br />
fondatori dell’Associazione Comunicazione Pubblica in<br />
Italia.<br />
Assessore, innanzitutto, è soddisfatto di questa<br />
riconferma?<br />
Certo. Mi fa piacere continuare ad occuparmi di turismo,<br />
un settore sicuramente strategico per lo sviluppo<br />
economico di Vicenza. Purtroppo, è solo da una decina di<br />
anni che le amministrazioni, soprattutto quelle dei centri<br />
più piccoli, hanno cominciato a capire l’importanza del<br />
turismo e a seguirne le problematiche. Prima di questa<br />
data, non c’è mai stata una grande disponibilità ed<br />
apertura, o meglio non si avvertiva la necessità di<br />
affrontare in maniera più specifica il discorso del turismo,<br />
perché allora c’erano l’industria e l’artigianato che<br />
“tiravano” molto e questo bastava.
Qual è la salute del turismo vicentino oggi? Come devono<br />
muoversi gli organi ed enti competenti per promuovere al<br />
meglio il settore?<br />
Il turismo della nostra provincia ha un grande punto di forza: è quello<br />
di poter garantire un’offerta a 360°: non solo città d’arte, ma anche<br />
bellezze naturali, enogastronomia, sport. La “materia prima” non<br />
manca; dobbiamo, però, imparare a gestirla meglio. E’ indispensabile<br />
lavorare su questo punto perché ci sono diversi aspetti da<br />
perfezionare. Innanzitutto, bisogna andare ad agire sul rapporto<br />
prezzo-qualità-servizio, in modo da far sì che le tre variabili vadano<br />
sempre di pari passo. E’ buona cosa, poi, che gli enti pubblici e privati<br />
si rendano conto del valore della promozione turistica e decidano di<br />
investire più soldi in comunicazione: solo così potremo uscire da una<br />
dimensione dilettantistica ed entrare in una realtà di professionisti.<br />
Un’altra carta che le amministrazioni dovrebbero giocare è quella dei<br />
grandi avvenimenti sportivi, culturali piuttosto che enogastronomici,<br />
in grado di fungere da ottima cassa di risonanza.<br />
Come si stanno preparando Vicenza e provincia per l’anniversario<br />
del Palladio del prossimo anno?<br />
Molte sono le iniziative in fase di studio o di realizzazione: una<br />
pubblicazione su Palladio con finalità turistiche, stampata in più<br />
lingue, la messa a punto di un video e se possibile di un film. E’ in<br />
cantiere anche una “maratona delle ville”, così pure mostre, visite,<br />
incontri enogastronomici, gemellaggi con i luoghi dove ci sono le<br />
opere dell’artista, premi. Intanto, è ormai del tutto operativo il<br />
portale www.palladio2008.info che contiene proposte per l’anno a<br />
tema, vari pacchetti da prenotare, il calendario di tutte le manifestazioni,<br />
una newsletter. Tra le varie proposte, è in programma un<br />
progetto che coinvolgerà in prima linea l’area del Basso Vicentino: si<br />
chiama “La via della pietra” ed è una sorta di itinerario guidato alla<br />
scoperta delle cave del territorio e dei metodi di lavorazione della<br />
pietra.<br />
A proposito del Basso Vicentino, qual è l’attenzione dell’amministrazione<br />
provinciale nei confronti di un potenziale<br />
sviluppo turistico della zona?<br />
Da parte nostra c’è la più totale disponibilità. Credo che sia<br />
importante puntare sul Basso Vicentino, perché è qui che in futuro il<br />
turismo sarà destinato a crescere. Diverse aree della provincia come<br />
Bassano del Grappa hanno già raggiunto il loro culmine, mentre<br />
nell’Area Berica ci sono ancora moltissime realtà da valorizzare. Le<br />
risorse di certo non mancano, siano queste paesaggistiche che di<br />
prodotti tipici. Se solo pensiamo a quella che è l’offerta enogastronomica,<br />
ci rendiamo conto che il Basso Vicentino è un piccolo scrigno<br />
di tesori: olio, vino, piselli, radicchio, tartufo, prosciutto. Bisogna,<br />
però, andare a creare in loco delle strutture ricettive studiate ad hoc<br />
che permettano di passare dall’escursionismo di giornata al vero e<br />
proprio turismo. Inoltre, è importante che gli amministratori ed i<br />
ristoratori locali si diano da fare per creare degli eventi e degli<br />
appuntamenti di un certo interesse, che non siano solo un fatto<br />
episodico. Per esempio, se si vuole promuovere il radicchio di<br />
Asigliano Veneto e con questo tutta l’area circostante, non ha senso<br />
fermarsi alla singola manifestazione di qualche giorno; si deve<br />
studiare, invece, un percorso enogastronomico, con serate a tema,<br />
che riesca ad attirare l’attenzione sul paese per almeno un mese.<br />
Alice Franceschi
12<br />
Il CLIMA CAMBIA. E LA VENDEMMIA?<br />
Assoenologi analizza la vendemmia 2007: la più scarsa degli ultimi 50 anni<br />
Sul riscaldamento globale due sono le correnti di pensiero: c’è chi si<br />
batte da anni a spada tratta predicando l’imminente ed inesorabile<br />
distruzione del pianeta per mano dell’uomo e chi, invece, vede nell’innalzamento<br />
della temperatura un semplice evento ciclico che si ripete<br />
dalla notte dei tempi. Volenti o nolenti, ci si deve capacitare che il<br />
pianeta sta mutando.<br />
L’autunno con i suoi colori e profumi è giunto alle porte e nell’aria si<br />
diffonde il suadente profumo di mosto, quella dolciastra sinfonia d’aromi<br />
che un domani sarà vino. Ma come si presenta la Vendemmia 2007? Per<br />
scoprirlo ci siamo recati in terra veronese, ai piedi del monte Tenda, in<br />
quello splendido borgo medioevale attorniato da colline di vigneti dai<br />
quali prende vita l’omonimo vino: Soave.<br />
Com’è ormai tradizione anche quest’anno Assoenologi (l’associazione<br />
nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli più antica e numerosa al<br />
mondo) ha proposto una chiave di lettura della vendemmia 2007. Quella<br />
di quest’anno è una delle vendemmie tra le più scarse degli ultimi 50<br />
anni, con i suoi 43 milioni e 200 mila ettolitri di vino segna un 13% in<br />
meno rispetto al 2006, mentre l'inferiore quantità di vino immessa sul<br />
mercato si tradurrà in aumenti di prezzo che andranno dal 5 al 20 per<br />
cento. Per trovare una vendemmia inferiore a quella attuale bisogna<br />
tornare al 1957, quando si produssero circa 43 milioni di ettolitri.<br />
Questa situazione è stata determinata dalle condizioni climatiche, come<br />
sottolinea Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi:<br />
“L'inverno 2006/2007 è stato fra i più miti e meno piovosi degli ultimi<br />
decenni, il mese di aprile il più caldo degli ultimi 50 anni, mentre quello<br />
di luglio, in particolar modo nel Centro Sud, il mese più afoso. Agosto<br />
ha fatto registrare temperature torride al Sud e nella media al Nord,<br />
dove alcune precipitazioni sono state alquanto benefiche per la vite”. Le<br />
operazioni di raccolta, in alcune zone, sono iniziate nella prima decade<br />
di agosto, con un anticipo che va dai 10 ai 20 giorni rispetto alla media.<br />
Proprio la situazione climatica ha determinato una segmentazione della<br />
produzione che secondo Assoenologi, grazie alle piogge di giugno e al<br />
caldo di luglio, consentirà comunque di ottenere una buona qualità, in<br />
alcuni casi eccellente.<br />
Il decremento produttivo, dilagante in tutta Europa, vede le sue<br />
maggiori punte nel Sud Italia ed in particolare in Sicilia dove, in certe<br />
zone, si raggiungono punte anche di -50% rispetto allo scorso anno.<br />
Dati negativi anche per il Veneto: basti pensare che il 90% della<br />
produzione dell'Amarone della Valpolicella è stato dichiarato perduto dai<br />
coltivatori della zona a causa delle forti grandinate. In decisa controtendenza<br />
le stime di altre regioni, come il Friuli Venezia Giulia, dove si<br />
prevede una produzione superiore del 10% rispetto al 2006 e un'ottima<br />
qualità dell'uva.<br />
Paolo Gasparin
LA GARGANEGA: CUORE DEL SOAVE<br />
Alla scoperta di un vigneto autoctono,<br />
vanto della tradizione veneta<br />
La Garganega è certamente un vitigno che può vantare un’antichissima presenza<br />
nel nostro territorio. È già citata nel 1200 da Pier de’Crescenzi, a dimostrazione<br />
della sua diffusione nel Veneto. Questo fatto è molto importante perché sono<br />
davvero pochi i vitigni che al tempo erano riconosciuti con un proprio nome,<br />
poiché venivano identificati per lo più in base alla zona di produzione.<br />
Per molto tempo si è solo ipotizzato che questo vitigno, per le sue caratteristiche<br />
colturali, avesse un’origine etrusca e che fosse giunta nelle attuali zone di<br />
produzione già a partire dal V secolo a.C. Oggi invece quest’ipotesi è comprovata<br />
dalle analisi del Dna svolte dall’Istituto Sperimentale di Viticoltura di Conegliano,<br />
che aprono spiragli di luce sulla sua filogenesi. Non solo, in base ad analisi portate<br />
anche su altri vitigni (Trebbiani, Grecanico, ecc) si sono scoperte vicinanze<br />
genetiche che svelano come questo vitigno abbia conferito un’impronta<br />
importante allo sviluppo della viticoltura dell’intera penisola.<br />
La riscoperta ed esaltazione della Garganega, autoctona per eccellenza, segna un<br />
ritorno alla tradizione per un vino che è una vera e propria “spremuta” di un<br />
territorio e di una vigna.<br />
Il Consorzio di Tutela Vini Soave è la prima realtà consortile italiana ad aver<br />
ottenuto la certificazione ambientale UNI EN ISO 14000 in quanto conforme al<br />
Sistema di Gestione Ambientale (SGA), a testimonianza dell’impegno nella<br />
valorizzazione e nella tutela del paesaggio come patrimonio dell’area produttiva<br />
e come primo strumento di lavoro dei produttori.<br />
Vittoria Bicego<br />
Grande successo per<br />
Soave Versus<br />
3.000 visitatori, 160<br />
Soave in libera<br />
degustazione, 2.000<br />
bottiglie stappate e<br />
43 aziende<br />
partecipanti. Questi<br />
sono i numeri<br />
dell’edizione 2007 di<br />
quello che è oramai<br />
un tradizionale<br />
appuntamento per la<br />
cittadina medioevale.<br />
Un evento che in questa edizione ha visto la<br />
presenza dei presidi Slow Food del Veneto, (dal<br />
Monte Veronese di malga alla Gallina Padovana,<br />
dall’Oca in Onto al Mais Biancoperla e molti altri)<br />
affiancati alle eccellenze del Delta del Po, a cura del<br />
Consorzio dei Pescatori di Goro di Ferrara. Una<br />
vetrina curata dal Consorzio Tutela Vini Soave, dalla<br />
Strada del Vino Soave e dall’Associazione Versus,<br />
ove le eccellenze enologiche della Doc si affiancano<br />
alle migliori produzioni tipiche di extravergini di<br />
oliva, salumi, formaggi, pane e dolci. Attraverso<br />
percorsi consigliati infatti, appassionati e operatori<br />
del settore hanno potuto gustare le specialità in<br />
assaggio abbinandole a quelli che sono tra i vini più<br />
esportati al mondo.
14<br />
I Colli Euganei:<br />
così lontani, così vicini<br />
Sono i Monti per i Padovani, "colli miti e sereni" per il Carducci<br />
Per tutti sono un territorio vocato che regala una grande varietà vinicola<br />
I colli Euganei sono un territorio non molto vasto, che arriva al<br />
massimo a 600 metri di altitudine, formato da una serie di rilievi a<br />
forma conica quasi regolare, con un microclima altrettanto regolare<br />
e terreni favorevoli alla cultura della vite, che da queste parti ha<br />
storia lunga.<br />
Il poeta latino Marziale trasse motivo di ispirazione per i suoi versi,<br />
dalla bellezza dei vigneti che ammantavano quasi interamente i colli;<br />
Tito Livio nei sui documenti storici, riporta la notizia secondo la quale<br />
i Galli invasero ripetutamente i territori padovani, attratti anche dalle<br />
buone vivande e dai pregiati vini. Questo accadeva nel periodo che<br />
va dal 59 a.C. al 19 d.C.. Francesco Petrarca, poeta ed umanista<br />
(1304-74) si fece costruire una splendida villa ad Arquà sui colli<br />
Euganei, circondata da Ulivi e Viti che egli personalmente curava.<br />
Angelo Beolco, detto il Ruzzante, autore medioevale cita a più<br />
riprese il vino fatto con uva Garganega, un prodotto autoctono dei<br />
Colli. Forse il termine "bere a garganella" deriva proprio dalla facilità<br />
beverina che questo vino ha sempre presentato, anche se ora la sua<br />
coltivazione è scemata a favore di vitigni francesi, oppure la si trova<br />
difficilmente in purezza.<br />
Vo' Euganeo era l'antica vadum romana, porto fluviale, quando<br />
l'Adige, con un suo ramo secondario, passava alla base dei Colli<br />
Euganei. Oppure guado sul canale Bisatto in tempi più recenti. Che<br />
il luogo sia da sempre dedito alla coltivazione dell' uva è indubbio,<br />
visto che una delle sue frazioni principali, Boccon, forse trae il nome<br />
proprio dal dio Bacco. Anche qui si ripete, come in buona parte dei<br />
Colli Euganei, la sfilata delle residenze delle grandi famiglie<br />
veneziane che hanno curato nei tempi la coltivazione della vite: villa<br />
Venier, villa Ferro cà Lando, Cà Morosini sono soltanto alcune fra le<br />
importanti. “Villa Sceriman” è sede di cantina, un po’ più lontano<br />
anche “La Montecchia” offre vini interessanti solo per citarne alcune.<br />
Dalla metà del Novecento si è dato inizio sui Colli ad una serie di<br />
iniziative per dare ordine alla coltivazione. Questa operazione ha<br />
avuto il suo culmine dopo il 1960 ove si è attuato un profondo<br />
rinnovamento delle viti ed è stato dato un inizio di ordine alle<br />
coltivazioni disordinate fin a quel momento in essere. Una premessa<br />
doverosa per giungere oltre che alla qualità del prodotto, sempre<br />
invocata, anche alla conquista della Denominazione di Origine<br />
Controllata, DOC. Sono state conservate molte uve a bacca bianca,<br />
mentre sono state inserite particolarmente uve di provenienza<br />
francese.
Le DOC euganee<br />
I Colli Euganei hanno 13 DOC ottenute dal 1969 in avanti.<br />
Attualmente è in atto una azione di recupero di vitigni autoctoni che<br />
si credevano scomparsi: il Pinello assieme al Serprino ed al Moscato<br />
sono alcuni esempi. Anche se il livello di eccellenza è ottenuto dagli<br />
uvaggi bordolesi nei Rossi e dai vitigni di origine Francese nei<br />
Bianchi.<br />
I Colli per alcuni prodotti hanno avuta sin dal 1969 la DOC. Oltre al<br />
Colli Euganei Bianco ed al Colli Euganei Rosso, esistono altre varietà<br />
costituite da monovitigni che hanno ottenuto la DOC: Cabarnet,<br />
Merlot, Moscato, Pinot Bianco e Tocai Italico. Per queste ultime due il<br />
disciplinare prevede almeno il 90 per cento di uva madre. La tipologia<br />
Bianco, che comprende anche versioni amabili e spumanti, è invece<br />
costituita in maggior parte dalla veneta Garganega (Colli Berici ed<br />
Euganei oltre alla provincia di Padova, Vicenza ed in parte Verona),<br />
con l'aggiunta di Serprina altra variante autoctona del Prosecco,<br />
Tocai, Sauvignon, Pinella (altro vitigno autoctono usato per lo più per<br />
tagli), Pinot Bianco, Riesling, e Chardonnay. Per la tipologia Rosso,<br />
infine, si parte da uve merlot tra il 60-80% completate da Cabernet<br />
Franc o Sauvignon, Barbera e Raboso. Il vino ha diritto alla dizione<br />
Superiore qualora raggiunga almeno i 12 gradi.<br />
Qualche parola in più da spendere per il Moscato dei Colli che risulta<br />
veramente un prodotto tipico della zona. Trae origine dall'antica<br />
tradizione di uve di probabile derivazione Greca portate in zona in<br />
epoche lontanissime. Gli impianti moderni hanno visto la progressiva<br />
scomparsa del Moscato Sirio, vitigno autoctono che sopravvive solo<br />
in qualche realtà, sostituito dal più resistente e produttivo (più<br />
buono?) Moscato di Canelli. Molto interessante anche una varietà<br />
locale di Moscato Giallo chiamata Fior d'Arancio.<br />
Il Moscato: Uve Moscato al 95-100% nelle caratteristiche sopra<br />
riportate. Minimo 10,5° gradi di alcool, nelle versioni tranquillo e<br />
vivace. Nella seconda versione è decisamente amabile. Ora si sta<br />
presentando una versione secca del Moscato che sta riscotendo<br />
molto successo.<br />
I Colli Euganei si stanno sempre di più avvicinando a quei livelli di<br />
qualità che la zona e tutto l'ambiente potenzialmente permettono.<br />
Direi che per molte Aziende serie della Zona questi livelli sono già<br />
raggiunti.<br />
Romolo Cacciatori
Sette malghe per Sette comuni<br />
per Sette formaggi<br />
Sette per tre in altopiano d’Asiago di certo non fa 21 e<br />
nemmeno 343.<br />
Si sa, l’altopiano di Asiago è formato da otto comuni e di<br />
malghe se ne contano settantasette di cui trentatre casare.<br />
I formaggi poi, sarebbe un’impresa ardua classificarli: ogni<br />
malga, ogni cotta, lotto e mungitura plasmano un formaggio<br />
diverso, sebbene vi sia un disciplinare rigido ed unico per<br />
tutti.<br />
Da giugno sino a settembre è possibile visitare le malghe, in<br />
particolar modo seguendo la bella manifestazione “Malghe<br />
aperte” che ogni anno Vicenza qualità e Coldiretti<br />
organizzano.<br />
Quest’anno si è aggiunto un evento speciale, la presentazione<br />
del Formaggio Asiago DOP con la menzione<br />
aggiuntiva Formaggio di Montagna, organizzato dal<br />
consorzio Tutela Formaggio Asiago e dalla Comunità<br />
Montana dell’Altopiano. Un’occasione per approfondire la<br />
conoscenza del territorio, dei malgari e del loro squisito<br />
prodotto. Guidati da Gianbattista Rigoni Stern, consulente<br />
naturalistico e vice direttore della comunità montana<br />
Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, c’è stata l’occasione<br />
di intraprendere un’interessante passeggiata scortati da una<br />
schiera di marmotte, in una giornata luminosa, ricca d’aria<br />
pura e fresca, fiori multicolori, profumi di montagna vera,<br />
ammaliati dai suggestivi riflessi argentei delle vette più alte.<br />
Un vero e proprio percorso in cui è stata presentata la storia<br />
dell’altopiano, illustrando lungo il percorso le molteplici<br />
varietà di erbe e fiori che compongono il pascolo, la sua<br />
Dall’alto: Antonio Rodighiero; Agnese e la nipote Anna Giorgia; il presidente di giuria Bruno Morara;<br />
Gaincarlo Bortoli consegna il primo premio a Roberto Frigo; il direttore del Consorzio Antonio Pozzan<br />
manutenzione e l’uso che ne viene fatto, fino alle tipologie<br />
di vacche presenti e le loro caratteristiche produttive. Giunti<br />
poi a malga Porta Manazzo, dove ci attendevano Antonio<br />
Rodighiero e la sua gentilissima famiglia, il presidente del<br />
consorzio Roberto Gasparini e il direttore Antonio Pozzan<br />
hanno preso la parola ed illustrato le caratteristiche di<br />
questo tradizionale Asiago di Montagna.<br />
In montagna l’allevamento è indispensabile per la<br />
manutenzione del territorio e lo scopo delle malghe è, oltre<br />
all’allevamento ed alla produzione lattiero-casearia, il<br />
mantenimento del pascolo di qualità, la conservazione del<br />
territorio e il maturale equilibrio della montagna a garanzia<br />
di un naturale ecosistema .<br />
Un regolamento assai preciso indica il giorno di carico del<br />
bestiame, proporzionato agli ettari di pascolo dati in<br />
concessione, la recinzione del territorio, il diserbo da specie<br />
infestanti, la manutenzione delle pozze, della malga e della<br />
casara. Un lavoro duro insomma, che inizia alle prime ore<br />
dell’alba e perdura tutto il giorno sino dopo il tramonto. Il<br />
lavoro di malga non è solo allevamento e produzione<br />
lattiero-casearia è molto di più; è l’amore per la montagna<br />
nel rispetto del territorio, un desiderio per il futuro.<br />
Ogni pascolo è unico, sia per la latitudine, l’altezza e la<br />
naturale inflorescenza. Quindi si può definire unico anche il<br />
formaggio prodotto in malga e proprio le differenti caratteristiche<br />
che compongono il territorio definiscono alcune<br />
peculiarità che vanno a differenziare un Asiago di montagna<br />
dall’altro.
Premio al miglior “formaggio di montagna”<br />
A dimostrazione delle peculiarità che il territorio conferisce al<br />
formaggio, vi è stato il concorso tra i sette formaggi Asiago dop che<br />
hanno aderito alla marchiatura nel 2007 (quest’anno sono otto le<br />
malghe aderenti al progetto). La giuria, presieduta da Bruno Morara,<br />
ha preso in considerazione i molteplici aspetti di questi prodotti che,<br />
sebbene realizzati con il medesimo disciplinare presentavano caratteristiche,<br />
aromi, profumi e consistenza diverse. Tutti di eccellenza, tutti<br />
di squisito assemblaggio di aromi e profumi e tutti assolutamente<br />
caratteristici. Ma come in tutti i concorsi c’è sempre un Primo ed in<br />
questo caso ha visto distinguersi più degli altri il formaggio prodotto<br />
da Roberto Frigo di Malga Larici.<br />
Una giornata ricca di emozioni, un’esperienza unica che ha<br />
entusiasmato i tanti intervenuti. Che in serata si sono ritrovati per<br />
festeggiare il formaggio di montagna al Ristorante Madarello di<br />
Asiago; qui l’abilità di Riccardo e della sua brigata hanno deliziato i<br />
palati con un menù studiato appositamente per l’occasione ed<br />
illustrato con spumeggiante verve da Alfredo Pelle. Mentre l’abbinamento<br />
dei vini, curato personalmente da Fausto Maculan, ha saputo<br />
valorizzare meritevolmente ogni portata, anche la più ardua: formaggi<br />
d’Asiago, mieli e confetture di Rigoni in abbinamento con Cabernet<br />
Sauvignon e Marzemina: il passito Madoro 2006.<br />
La tradizione esige che una serata si concluda con la grappa ed ecco<br />
allora le grappe della distilleria Brunello a chiudere questo giorno nei<br />
nostri cuori con un indelebile ricordo.<br />
Francesca Filippi<br />
i frutti più buoni della natura...<br />
Giambattista Rigoni Stern<br />
e Otello Fabris<br />
I produttori dei formaggi dop<br />
Giancarlo Bortoli<br />
e Roberto Gasparini<br />
L’enogastronomo Alfredo Pelle<br />
e lo chef Riccardo Cunico<br />
GREEN<br />
natura & sapori<br />
GREEN SRL Schio (VI) Via Lago di Trasimeno 48/e Tel 0445-575120 green.com@tin.it
18<br />
Lei, Lui, gli Amici<br />
Dall’alto:<br />
Il saluto dell’Amministrazione<br />
Comunale di Badia Calavena<br />
agli Amici del Durello<br />
Il chiostro<br />
dell’antica abbazia<br />
Da sinistra: Fongaro,<br />
Marcato, Cecchin,<br />
Lorenzoni,<br />
Sebastiano Caron<br />
e Andrea Bottaio<br />
I pistonieri<br />
dell’abbazia capitanati<br />
da Nereo Stopele<br />
LEI: la Durella<br />
Mi presento, sono l’uva Durella. Nessuno sa dirmi con esattezza quando io sia<br />
nata, di certo posso dirvi che abito qui, tra le valli a cavallo tra Verona e<br />
Vicenza, da sempre. Sui monti Lessini, terra vasta e varia sia sabbiosa che<br />
compatta, ho trovato il mio ambiente ideale, grazie ad un ph lievemente<br />
alcalino o tendente al neutro, a suoli di origine vulcanica con tufi basaltici, e<br />
un clima temperato umido.<br />
Ho superato guerre, carestie, epidemie, emigrazioni. Per il mio nettare sono<br />
stata amata e curata in lode al Signore da abati, monaci e vescovi, per secoli<br />
sono stata trasformata in vin santo pel Santo Gral.<br />
Creduta persino un bacco medico, sono stata usata più che altro come<br />
bevanda nelle calde estati a conforto delle fatiche del lavoro della terra. Ero<br />
ricercata per il taglio di uve grasse di pianura, essendo ricca di acido tannico<br />
necessario a chiarire e dare vivacità a vini deboli e ricchi di mucillagini,<br />
sebbene già a quel tempo davo un vino buono, limpido, secco, di sapore dolceacidulo<br />
che migliorava molto con l’invecchiamento.<br />
LUI: il Durello<br />
Mi trattavano tutti con sufficienza: mi credevano un vino duro per gente dura,<br />
mi chiamavano in causa solo per uso domestico, nessuno mi voleva vendere<br />
né acquistare. Così con il passare dei secoli, mi ero ormai rassegnato alla mia<br />
storia di emarginato, me ne ero fatto una ragione.<br />
I primi che mi hanno dato un po’ di coraggio sono stati, negli anni 50, Viscardo<br />
Montanari e Giuseppe Ceccarello che mi raccomandavano per comporre un<br />
vino che nelle loro intenzioni avrebbe potuto chiamarsi Arzignano bianco. Non<br />
se ne fece nulla, ma dall’intuizione di farmi unire a Chardonnay, Pinot Grigio e<br />
Pinot Nero nacque la nuova composizione del Monti Lessini Durello, sia nella<br />
versione tranquilla che in quella spumante.<br />
Dagli anni Cinquanta in poi è stato un crescendo di attenzioni nei miei<br />
confronti con continui perfezionamenti in vigna ed in cantina, tanto che 1987<br />
il Consorzio Tutela del Lessini Durello ha ottenuto la D.o.c.<br />
Oggi sono invidiato da tanti per il mio carattere deciso, l’alta percentuale di<br />
acido malico, la vivace acidità totale, dal colore giallo paglierino tenue, con<br />
riflessi verdognoli, il profumo vinoso delicatamente fruttato e caratteristico.<br />
Sono un prodotto unico, che si presta alla versione tranquilla, ma che esplode<br />
nella versione spumante metodo classico e diventa impareggiabile nella<br />
versione passita.
GLI AMICI, ovvero i Friends<br />
Una storia a lieto fine quella che ha per protagonisti l’uva Durella e il<br />
suo vino: da bistrattati che erano, oggi si sono guadagnati uno stuolo di<br />
sostenitori, tanto che intorno a loro si è creato persino un Fans club di<br />
professionisti del buon bere, il “Durello & Friends”. È un gruppo di<br />
giornalisti qualificati che ogni anno si ritrova per confrontarsi, valutare,<br />
ed esprimere le impressioni, dedicando una giornata a questo straordinario<br />
nettare, festeggiando le meritate sorti che ogni anno lo vedono<br />
conquistarsi nuovi estimatori.<br />
L’appuntamento di quest’anno, organizzato dal Consorzio Vini del<br />
Durello e gli Amici del Durello, con il sostegno di Veneto Agricoltura, è<br />
avvenuto nell’antico borgo cimbro di Badia Calavena, una amena<br />
località nell’alta Val d’Illasi ai confini della d.o.c. dei Monti Lessini. Un<br />
paesino reso famoso per la presenza di numerose pitture murali e<br />
dall’importante chiostro del Maffei nell’antica abbazia. Interessante la<br />
visita all’antica Pieve di S. Pietro in Nemore ed all’adiacente museo<br />
etnografico della Selce.<br />
Dopo i graditi saluti del presidente del Club Giornalisti amici del Durello,<br />
Sebastiano Caron, di Andrea Bottaio, presidente del Consorzio di Tutela<br />
Vino Lessini Durello, la mattinata è proseguita sotto l’attenta direzione<br />
di Aldo Lorenzoni valutando tre Durelli metodo classico, i quali hanno<br />
sorpreso per l’elevato equilibrio, la maturazione raggiunta e l’evoluzione<br />
in costante mutamento e perfezionamento del prodotto.<br />
Accompagnati poi al museo della Selce, Renato Fasolo ha guidato gli<br />
intervenuti in un percorso unico ed affascinante. Un momento culturale<br />
che ha piacevolmente intrattenuto gli ospiti sottolineando le peculiarità<br />
della località e che non poteva concludersi se non degustando i famosi<br />
gnocchi di malga da Selva, i succulenti bogoni da S. Andrea e le straordinarie<br />
torte alle erbe (maresina, melissa, menta, ecc.) da Sprea, oltre<br />
che l’innovativo gelato al durello dell’Abbazia di Badia. Il Durello,<br />
chiaramente, è stato compagno fedele di ogni portata nelle sue versioni<br />
Tranquillo, Spumante e Passito.<br />
A Badia Calavena una festa non è festa se mancano i Pistonieri<br />
Da sempre in questa località è in uso costruirsi in casa il proprio<br />
“trombino”: un’arma realizzata con lo scopo di effettuare il botto più<br />
forte. E più il botto è forte, più è bravo il suo costruttore.<br />
Nereo Stopele pazientemente ha spiegato tutte le caratteristiche di<br />
quest’arma ricavata da un unico pezzo di legno, a volte semplicemente<br />
rifinita, altre decorata riccamente. Ogni pezzo è unico, ha un peso che<br />
varia dai 20 ai 45 kg ed è costruito con canne appositamente forgiate<br />
utilizzando vari componenti recuperati in casa come le campane. Ne<br />
escono delle vere opere d’arte.<br />
L’ALTRA: la Saccola<br />
Nel ricco e piacevole contesto di<br />
questa giornata, gli Amici del<br />
Durello hanno avuto l’opportunità<br />
di conoscere e degustare in<br />
anteprima mondiale il vino prodotto<br />
con l’uva Saccola.<br />
Un vitigno oramai dimenticato e<br />
riscoperto da poco in soli tre piccoli<br />
appezzamenti di terreno. Voluta di<br />
proposito una vinificazione singola per ogni appezzamento, è stata<br />
sottoposta ad analisi e valutazione da parte dei convenuti.<br />
Si potrebbe definire un Durello rosso, dal colore rubino con riflessi<br />
viola aranciati, profumi di rosa, frutta rossa, spezie; di buona sapidità<br />
e persistenza, al palato ricorda gli agrumi, il lampone e la mora, ricco<br />
di acidità e nota astringente: nel complesso un’interessante novità. Un<br />
vino ancora giovane, sebbene ricco di storia, da perfezionare. Forse ci<br />
sarà l’esigenza, come per il Durello, di sposarlo con qualche altro<br />
vitigno.<br />
Roberto Gasparin
20<br />
Il “Montegrande”<br />
Da sinistra: Donato Ascani, Mario Quattrociocchi, Stefano Bison,<br />
Elena Cristofanon, Marco Rizzi, Riccardo Canella,<br />
Riccardo Bottari e Massimo Trentin<br />
premia i talenti veneti<br />
Al concorso per cuochi<br />
Under 30 vince Mario<br />
Quattrociocchi, uno<br />
chef dell’Antica Pesa<br />
di Stallavena di Grezzana (VR).<br />
Al secondo posto Riccardo Canella<br />
del Ristorante Baessato di Padova.<br />
Terzo Massimo Trentin,<br />
dell’Emozioni di Schio<br />
Si è disputata nelle cucine del ristorante Montegrande di Rovolon (Padova) la finale della quarta edizione<br />
del “Premio Montegrande”, concorso culinario ideato da Silvano ed Elena Cristofanon e riservato ai<br />
cuochi Veneti under 30.<br />
L’edizione 2007 ha coinvolto ben 79 cuochi provenienti dalle diverse province venete, riscuotendo un<br />
sorprendente successo e suscitando l'entusiasmo delle autorità e di molti appassionati del mondo<br />
enogastronomico.<br />
Palpabile la tensione fra i sei finalisti che hanno dato il meglio di loro, apportando delle piccole modifiche<br />
ai piatti già presentati nei due turni delle semifinali per renderli ancora più belli ed interessanti. Le<br />
migliorie sono state apportate seguendo le indicazioni fornite dai giurati stessi durante la prova<br />
precedente, in linea con la filosofia del concorso che mira ad una crescita personale e professionale dei<br />
giovani partecipanti. “Per diventare dei grandi chef non si può restare chiusi nelle proprie cucine, ma<br />
bisogna uscire, confrontarsi con i colleghi, vedere idee nuove da cui prendere ispirazione” ha detto il<br />
presidente della giuria, lo chef Gianluca Tomasi della Nazionale Italiana Cuochi, che da sempre partecipa<br />
a gare internazionali.
Una vittoria ispirata da Napoleone<br />
Quest’anno è stata la provincia di Verona ad<br />
aggiudicasi il primo premio: il vincitore è stato<br />
infatti il giovanissimo Mario Quattrociocchi, 21<br />
anni il prossimo novembre, proveniente da<br />
Frosinone e capopartita al ristorante Antica Pesa<br />
di Stallavena di Grezzana (VR). Il “Premio<br />
Montegrande” offre la possibilità di partecipare a<br />
tutti gli chef under 30 nativi od operanti nella<br />
regione Veneto: ecco perché lo chef dall’accento<br />
romano ha potuto guadagnarsi il podio<br />
dimostrando le sue abilità nell’interpretare le<br />
tradizioni culinarie venete. “Coscetta di pollo con<br />
cuore di gamberi di fiume e zucchine, carpaccio<br />
di pollo affumicato e gnocco ripieno al profumo<br />
di tartufo dei Lessini”, un piatto che coniuga<br />
perfettamente tradizione e innovazione. L’idea<br />
della combinazione del pollo con i gamberi è<br />
stata recuperata dalla ricetta storica del Pollo<br />
alla Marengo: si narra che Napoleone di ritorno<br />
vittorioso dalla battaglia di Marengo, abbia<br />
richiesto al cuoco del campo un piatto speciale<br />
con il pollo. Essendo periodo di guerra e non<br />
avendo molti ingredienti a disposizione, il cuoco<br />
si ingegnò ed andò a pescare i gamberi nel fiume<br />
vicino, improvvisando una ricetta divenuta poi<br />
celebre. Una rivisitazione di un antico piatto che<br />
Mario ha sviluppato servendosi di tecniche<br />
innovative, come la cottura sottovuoto a bassa<br />
temperatura della coscetta, che permette di<br />
mantenere integri i sapori e la morbidezza della<br />
carne. “Una vittoria ottenuta grazie all’impeccabile<br />
collaborazione del suo aiutante, Donato<br />
Ascani”: spiega lo chef del ristorante<br />
Montegrande Giampaolo Benato, responsabile<br />
del punteggio della lavorazione in cucina, che ha<br />
premiato con un ottimo voto la loro abilità e<br />
sintonia ai fornelli.<br />
Mario Quattrociocchi in autunno volerà a New<br />
York City per una settimana in cui avrà la<br />
possibilità di conoscere il backstage del famoso<br />
ristorante Le Cirque di Sirio Maccioni. A<br />
consegnargli il primo premio è arrivato<br />
direttamente dalla Grande Mela il manager<br />
padovano Benito Sevarin, da sempre un<br />
convinto promotore di questa iniziativa rivolta ai<br />
giovani chef veneti. Ha sottolineato l’importanza<br />
di iniziative come il Premio Montegrande, volte<br />
proprio a stimolare i giovani chef della cucina<br />
italiana molto apprezzati anche all’estero.<br />
Il secondo premio, un viaggio di una<br />
settimana a Sharm el Sheik offerto dall'azienda<br />
Polo Spa, è stato assegnato allo chef padovano<br />
Riccardo Canella, 22 anni di Mestrino (Padova),<br />
chef da Baessato in centro a Padova, che con il<br />
piatto “Tre dimensioni per il pollo ruspante” ha<br />
proposto tre interpretazioni del pollo: le alette<br />
fritte, il petto con i piselli di Baone e le cosce con<br />
le albicocche di Vò Euganeo.<br />
Il terzo premio è andato invece ad vicentino, il<br />
giovane e promettente Massimo Trentin, patron<br />
del ristorante Emozioni di Schio (VI), che ha<br />
proposto una personale rivisitazione della ricetta<br />
del baccalà alla vicentina: il “Pollo ruspante alla<br />
vicentina con poenta e latte e spuma di piselli e<br />
liquirizia”. A lui un prestigioso set di coltelli da<br />
lavoro firmato dalla Nazionale Italiana Cuochi e<br />
una targa in cristallo per essersi aggiudicato<br />
anche il Premio Speciale per il piatto visivamente<br />
più appetibile per cromia, disposizione e<br />
originalità.<br />
Agli altri tre finalisti che non hanno raggiunto il<br />
podio è stato offerto un corso di aggiornamento<br />
di cucina o pasticceria.<br />
Paolo Gasparin
22<br />
Pagina a cura della Cantina Beato Bartolomeo<br />
IL TORCOLATO BOSCO GRANDE<br />
VA A NOZZE IN ALTO ADIGE<br />
Daniele Cossalter della Trattoria Ponte delle Bele<br />
propone una degustazione di formaggi dell’Alto Adige per<br />
esaltare il Torcolato Bosco Grande Beato Bartolomeo<br />
Dentro: Tirolo, con l’arredamento in stile montano e tante<br />
ricette Alto Atesine preparate con cura e passione. Fuori:<br />
Vicenza, con piazza Castello e corso Palladio a due passi. È la<br />
Trattoria Ponte delle Bele, gestita da Daniele e Maria Silvia<br />
Cossalter, vicentini con l’Alto Adige nel cuore. A Bolzano e<br />
dintorni ci vanno ogni volta che possono per portare a casa gli<br />
ingredienti della loro cucina.<br />
Dalle montagne Daniele e Maria Silvia tornano con la macchina<br />
carica di pane di segale (l’originale Schuttelbrot), le salsicce<br />
Daniele Cossalter tirolesi, la senape e tanti formaggi d’alpeggio e di latteria. Li<br />
seleziona per loro Hansi Baumgartner, un signore che qualche<br />
anno fa gestiva un ristorante stellato e oggi si è messo a girare per malghe a scegliere forme<br />
che poi stagiona nei suoi locali di Varna, vicino a Bressanone. È lui a consigliare a Daniele le<br />
pezze migliori.<br />
Una volta a Vicenza però Daniele re-inventa e contamina con elementi vicentini. “Questi<br />
formaggi così cremosi – spiega Daniele – sono l’ideale per essere abbinati ad un vino passito.<br />
E cosa meglio del Torcolato? Tanto più che in Alto Adige passiti non ce ne sono…”<br />
Nel connubio Alto Adige-Vicenza rientrano anche i piatti più classici di casa nostra, come il<br />
bacalà, gli asparagi di Bassano e una buona selezione di vini del territorio. “Lavoro molto con<br />
i prodotti Beato Bartolomeo – prosegue – in particolare con la linea Bosco Grande che trovo di<br />
ottima qualità e con tutte le versioni del Vespaiolo, sia tranquillo che frizzante e spumante.<br />
Degustazione di formaggi<br />
con composta di cipolla rossa di Tropea<br />
Nella foto partendo dal centro, in senso orario, si possono vedere:<br />
Mignolo (detto anche Gaider del Renon)<br />
affinato nel Lagrein<br />
Puzzone di Moena<br />
Doppia Panna<br />
Stiria Blu (lievemente erborinato)<br />
Graukase (il celebre formaggio grigio, dal gusto forte e acidulo)<br />
affinato nei Fiori di montagna<br />
affinato nella Farina di Pere<br />
Insieme, miele di acacia e una confettura di Cipolla rossa di Tropea, preparata facendo bollire le cipolle<br />
con fiori d’arancio e chiodi di garofano. Senza l’aggiunta di addensanti, la bollitura prosegue fino al<br />
raggiungimento della densità desiderata.<br />
Il Torcolato Riserva Bosco Grande è<br />
ottenuto da un'attenta selezione dei<br />
grappoli migliori di uva Vespaiola<br />
coltivata nell'azienda agricola Bosco<br />
Grande. Il procedimento segue<br />
fedelmente i dettami della tradizione<br />
breganzese del Torcolato: dopo la<br />
vendemmia in piccole cassette, i grappoli<br />
vengono lasciati passire in ambienti<br />
secchi e ventilati (come lo erano i granai<br />
delle case un tempo) fino alla metà di<br />
gennaio. Gli acini, ormai avvizziti dal<br />
lungo appassimento, vengono quindi<br />
torchiati per ricavarne un succo denso e<br />
dolcissimo che fermenterà lentamente e<br />
si affinerà in piccole botti di rovere per<br />
almeno due anni.<br />
Il Torcolato Bosco Grande è caratterizzato<br />
dal colore dorato brillante. I suoi profumi<br />
sono intensi, con la preponderanza del<br />
miele, sentori di mandorle dolci e acacia.<br />
In bocca è avvolgente, armonico: la sua<br />
dolcezza è ottimamente bilanciata<br />
dall'acidità naturale dell'uva vespaiola. E'<br />
molto persistente.<br />
Si abbina ai dolci a pasta secca ed è<br />
favoloso come accompagnamento del<br />
Fois gras o di formaggi erborinati e<br />
stagionati.
Pagina a cura di Gianni Lievore<br />
Il forno misto, il cuore della cucina<br />
I forni misti a convezione-vapore sono oggi<br />
considerati il cuore pulsante delle cucine moderne,<br />
una macchina tecnologicamente all'avanguardia che<br />
permette all'utilizzatore di esprimere al meglio tutta<br />
la sua professionalità e fantasia gastronomica.<br />
Si caratterizzano per la possibilità di scegliere diversi<br />
sistemi di cottura, tra i quali:<br />
• CONVEZIONE: associa al calore l'aria forzata<br />
mediante una ventola interna che ne migliora la<br />
distribuzione riducendo i tempi di cottura dei<br />
tradizionali forni statici;<br />
• VAPORE: grazie alla produzione di vapore indiretto,<br />
tramite boiler, o diretto con immissione di acqua in camera,<br />
permette la cottura degli alimenti che normalmente<br />
vengono cotti per immersione, ma con ridotta perdita dei<br />
valori nutrizionali, dei colori e del gusto degli stessi;<br />
• MISTO: abbina la cottura a convezione con il<br />
vapore consentendo di ottenere una forte riduzione<br />
dei tempi, una maggiore morbidezza delle carni che<br />
risultano dorate esternamente, morbide e succose<br />
internamente;<br />
• AUTOCLIMA: sistema di controllo dell'umidità che<br />
permette di creare e mantenere costante nella<br />
camera di cottura il clima più adatto alle pietanze che<br />
si stanno cucinando;<br />
• FAST DRY: evacuazione rapida dell'umidità che<br />
consente di gratinare, friggere e rosolare con grande<br />
efficacia.<br />
Notevoli sono i vantaggi rispetto alle vecchie stufe,<br />
come la minor perdita di peso degli alimenti, l'esaltazione<br />
dei colori e dei sapori, la capacità fino a<br />
quaranta teglie in poco più di un metro quadro, la<br />
visibilità del prodotto durante la cottura, le molteplici<br />
funzioni di cottura (convezione, vapore, vapore<br />
termostatato, mista convezione-vapore, cotture con<br />
sonda), il lavaggio integrato, la possibilità di<br />
programmare cotture diverse.<br />
Ricordate:<br />
In un forno dell'ultima generazione non devono<br />
mancare le seguenti peculiarità:<br />
• semplicità di utilizzo<br />
• interattività (possibilità di modificare i programmi<br />
preimpostati e salvarli)<br />
• pulibilità con sistemi di lavaggio efficaci e sicuri<br />
• alto rendimento per un minor consumo di energia<br />
• ventole con inversione e velocità variabile per una<br />
migliore uniformità di cottura<br />
• sonde al cuore con più punti di rilevazione della<br />
temperatura<br />
• affidabilità e robustezza<br />
• costi di manutenzione ed assistenza ridotti
24<br />
abc<br />
di Amedeo Sandri<br />
VIZI E VIRTÙ DELL’OLIO D’OLIVA<br />
Come degustarlo e scoprire se è davvero di qualità<br />
Occorre cominciare col ricordare che una degustazione corretta di olio d’oliva non si riferisce<br />
soltanto al gusto ma coinvolge tutti i sensi, e che la salute del degustatore, persino il suo<br />
umore, influiscono sul risultato.<br />
La degustazione si compone di stadi: aspetto visivo, olfattivo, gustativo, tattile.<br />
La vista<br />
Dal punto di vista cromatico l’olio d’oliva può apparire dal giallo paglierino fino al verde, dal<br />
punto di vista della limpidità può essere sia opalescente che quasi trasparente. In sé questi<br />
fattori non determinano la qualità dell’olio e in alcuni casi nemmeno la tipologia. Per quanto<br />
riguarda l’opalescenza è bene sapere che l’olio d’oliva nasce opaco, la sua limpidità è causata<br />
da una filtrazione delle parti in sospensione; va da sé che eliminare qualcosa impoverisce il<br />
prodotto e ne limita le sue specifiche caratteristiche. D’altra parte, però, l’eliminazione delle<br />
mucillagini, che rischiano col tempo e con la luce di depositarsi e di degenerare, permette una<br />
più facile e più lunga conservazione. Si potrà quindi definire torbido l’olio che non ha subito<br />
nessuna filtrazione, velato quello intermedio, limpido quello l’olio totalmente decantato, senza<br />
alcuna sospensione, sapendo che con questi aggettivi non si esprime un giudizio, ma si indica<br />
una caratteristica. Ciò consente qualche considerazione in più: non compreremo un olio torbido<br />
vecchio, ma se vogliamo qualcosa di eccezionale, dobbiamo avere un olio intero, torbido<br />
appunto, consumandolo però nella sua più esaltante giovinezza.<br />
Per quanto riguarda il colore, la ricchezza di sfumature è infinita: dal giallo paglierino, al giallo<br />
tenue, al dorato, all’oro, al verdognolo, al verde, al verdone. È la più evidente denuncia della<br />
provenienza, ma anche in questo caso, è bene conoscere una regola generale: l’olio tende a<br />
variare chimicamente a causa del tempo e della luce, ossidandosi, per cui è meglio diffidare dei<br />
colori oro antico, dei giallo molto carico, delle tendenze al rossiccio o al bruno, in sinonimi<br />
evidenti di ossidazioni già in atto. Inoltre è bene sapere che il verde può essere dato sia da una<br />
raccolta eccessivamente prematura, che da forti sentori di clorofilla, sia da una miscela con<br />
aggiunta del cosiddetto “verdone”, che potrebbe fortemente alterare le caratteristiche organolettiche<br />
del prodotto, cambiandone in modo significativo il gusto. Infine, per quanto riguarda<br />
l’aspetto visivo, bisogna tener conto che l’olio fresco è brillante e vivace e perde col tempo la<br />
sua capacità di riflettanza diventando più spento e tenue.
I profumi<br />
L’esame olfattivo è indubbiamente l’esame più complesso perché il nostro<br />
olfatto è infinitamente più selettivo del nostro gusto, ed anche se siamo<br />
abituati ad attribuire normalmente il piacere di un buon cibo al gusto in<br />
bocca, nella realtà, l’aspetto olfattivo è predominante. È necessario, per<br />
prima cosa, distinguere i pregi dai difetti. Può sembrare una cosa ovvia,<br />
ma troppo spesso l’abitudine ad un difetto entra nella nostra memoria e<br />
determina quel fattore come necessario fino a considerarlo un pregio.<br />
Sono invece pregi in un olio tutti quegli aromi che ricordano i fiori, le varie<br />
erbe, il sottobosco, le verdure, il fruttato; sono indubbiamente difetti le<br />
muffe, i sentori di rancido, di marciume, di morchia. Prendiamo dunque<br />
un bicchiere a tulipano, agitiamolo facendo roteare poco olio e, tenendolo<br />
con la mano aperta, in modo da saldarlo, per far si che le sostanze volatili<br />
si liberino più facilmente, portiamo il nicchie prima ad una narice, poi<br />
all’altra, poi ad entrambe, aspirando fortemente e per breve tempo,<br />
ripetendo l’operazione a distanza per avere la conferma di quanto si è<br />
sentito.<br />
Il gusto<br />
Ma veniamo all’esame gustativo. Premesso che per gustare un olio non<br />
bisogna ingerirlo (questo vale per tutti i tipi di degustazione, ma per l’olio<br />
d’oliva ha un significato particolare in quanto la soglia di saturazione è<br />
Vizi e virtù dell’olio d’oliva<br />
estremamente bassa), è buona norma distribuire l’olio in tutta la cavità<br />
orale, facendolo passare dalla punta della lingua , poi al dorso, poi ai lati,<br />
prima di aspirare. L’esame gustativo infatti non può essere disgiunto da<br />
quello olfattivo e nemmeno da quello tattile, in quanto tutto vene assunto<br />
insieme. Compito specifico dell’esame gustativo è comunque quello di<br />
percepire la componente dolce amaro e la componente di sapidità<br />
dell’olio, ma è dall’insieme dell’attività dei sensori del gusto e dell’olfatto<br />
che percepiamo i riferimenti più complessi, i rimandi al carciofo, al<br />
pomodoro, al fumo, alle spezie.<br />
Il tatto<br />
L’aspetto tattile, sempre da analizzare in bocca, è dato sia dal grado di<br />
piccante dell’olio che stimola i percettori, sia dal grado di untuosità e di<br />
densità. Quando gli esami sono stati effettuati, si comincia ad esprimere<br />
un giudizio che dovrà tener conto di tutti i fattori e soprattutto dei<br />
rapporti armonici fra i fattori stessi.<br />
Per meglio orientarci nella terminologia utilizzata, si rende necessario un<br />
“glossario” ai fini di poter definire metodologicamente alcuni parametri<br />
relativi alla degustazione, glossario che rimandiamo al prossimo numero<br />
di <strong>Gustolocale</strong>.<br />
Amedeo Sandri
26<br />
I cereali tra “i sapori d’autunno”<br />
Alla manifestazione di Lonigo si sono riscoperte tante varietà di cereali coltivate in provincia.<br />
Per dare nuovo impulso all’agricoltura e nuove idee alla cucina<br />
Mariangela Spiller, responsabile attività organizzative Coldiretti Vicenza<br />
e Paolo Cazzola, presidente cooperativa "Le valli" di San Germano dei Berici<br />
Con l’arrivo dell’autunno, anche la nostra tavola assume un accento<br />
tutto particolare fatto di prodotti della tradizione, di sapori genuini e<br />
di profumi di una volta. Ad accogliere la nuova stagione ci ha pensato<br />
“Colori d’autunno”, un evento promosso da Regione Veneto, Provincia<br />
di Vicenza, Vicenza Qualità, Coldiretti Vicenza e Comune di Lonigo,<br />
che si è svolto nella cittadina del Basso Vicentino dal 14 al 16<br />
settembre. Un appuntamento importante con il gusto, che ha saputo<br />
valorizzare il lavoro e l’impegno di tante piccole e medie aziende<br />
agricole del territorio, regalando ad appassionati ed intenditori<br />
l’occasione per degustare le più svariate specialità enogastronomiche.<br />
La manifestazione è stata inaugurata il giorno 13 settembre con una<br />
cena rivolta ad esperti del settore presso l’agriturismo “Palazzetto<br />
Ardi” di Gambellara. La tradizione e l’innovazione si sono incrociate in<br />
un menù concepito“a Km 0” ovvero “dal produttore al consumatore”,<br />
dove i piatti tipici, interpretati dall’azienda ospitante, hanno trovato<br />
spazio accanto a quelli più elaborati, ad opera dell’istituto alberghiero<br />
“Artusi” di Recoaro. Ad una“spuma di patate al tartufo dei Berici” e a<br />
degli “spiedini con polenta di mais biancoperla e fichi” proposti come<br />
antipasto, sono seguiti una “minestra di riso e fagioli” e del “farro<br />
mantecato con burro di malga ed erbe aromatiche”, mentre i secondi<br />
hanno portato sulla tavola dei “rollini di vitellone con caprino e<br />
misticanza” e delle “pagine di vitellone con polenta di mais Marano”.<br />
Per terminare alcuni dolci sapori d’autunnno, tra cui una “torta<br />
morbida di nocciole”, una “torta di riso” e “un sorbetto al mosto<br />
d’uva”.<br />
Protagonisti indiscussi i cereali: il mais, nella varietà Marano e Bianco<br />
Perla; il farro, consigliato come alternativa alla coltivazione delle<br />
patate nei terreni pianeggianti, ma anche nelle zone di montagna; il<br />
riso, nelle sue diverse interpretazioni; il grano duro, destinato alla<br />
filiera della pasta “made in Italy”; il grano tenero, impiegato da alcuni<br />
anni nella panificazione di tipo tradizionale. In questo contesto di<br />
esaltazione della produzione cereaicola della zona, ha occupato un<br />
posto d’onore il pane, biologico e cotto in forno a legna, che è stato<br />
proposto in diverse soluzioni: pane con i fichi, pane con la zucca<br />
marina, pane di grano integrale con lievito madre, pane di farro con<br />
lievito madre, pane di kamut con lievito madre, pane di farro<br />
monococco, da uno dei più antichi farri, opportunamente selezionato<br />
dall’istituto di genetica “Strampelli” di Lonigo.<br />
EDUCARE AI BUONI SAPORI<br />
Dopo l’ouverture enogastronomica, teatro della manifestazione è<br />
stato per lo più il Parco Ippodromo di Lonigo, dove sono stati<br />
organizzati momenti dedicati al gusto ed attività formative. Nella<br />
giornata del 14 settembre, dedicata al tema dell’acqua, si sono svolti<br />
degli incontri didattici per le scuole medie sul ciclo dell’acqua e sul suo<br />
valore ambientale, al fine di stimolare una crescita della cultura<br />
ecologica nei giovani. In serata l’argomento è stato approfondito con<br />
un convegno dal titolo “Acqua, fonte di vita” presso Villa Giovanelli. Il<br />
15 settembre si è parlato, invece, di cereali con il laboratorio “Le mani<br />
in pasta”, che ha insegnato ai piccoli delle elementari come fare il<br />
pane, e con una cena a base di zuppe di cereali, polenta e spezzatino<br />
su sottofondo di canti popolari. La giornata culmine di domenica 16<br />
settembre si è aperta con un’escursione sui colli alla scoperta delle<br />
vecchie fontane di Lonigo, e poi di nuovo all’Ippodromo per la mostramercato<br />
dei prodotti tipici, la fattoria didattica in piazza, gli stand<br />
enogastronomici e la degustazione di vitellone allo spiedo.<br />
Alice Franceschi
SCHEDA VINO CAVRARA NERA<br />
CLASSIFICAZIONE: Vino ROSSO del VENETO IGT<br />
DESCRIZIONE: :. Vino prodotto con uve autoctone e di alta qualità. A<br />
bacca rossa, leggermente appassite. Il colore è rosso rubino vivo. Ha i<br />
profumi caratteristici e delicati dell’area Berica. Il sapore è asciutto, di corpo,<br />
amarognolo, sapido ed armonico<br />
ABBINAMENTO: : Si abbina a piatti saporiti della tradizione veneta<br />
quali primi e secondi di selvaggina, formaggi stagionati e funghi.<br />
PROVENIENZA: : varietà presente nei Colli Berici e nel Vicentino che<br />
citata dall’Acerbi dal 1825 e rivalutata dall’agronomo Dalmaso nel 1939<br />
il quale la colloca tra le varietà più resistenti alle crittogame e al<br />
marciume.<br />
VITIGNO: CAVRARA NERA - RESA Ha: 20 hl<br />
VENDEMMIA: fine settembre<br />
VINIFICAZIONE: le uve vengono raccolte ad una maturazione tardiva. La<br />
fermentazione in rosso avviene con controllo della temperatura e lunga<br />
macerazione delle vinacce, segue la svinatura e la maturazione in serbatoi<br />
di acciaio per due anni; Prima di essere posto in vendita il Cavrara Nera<br />
matura in bottiglia per almeno nove mesi.<br />
Bigoli all’anitra con zeste d’ arancia<br />
Ingredienti per 4 persone:<br />
400gr di bigoli di farro al torcio, 1 anitra preferibilmente allevata in casa<br />
1 scalogno, 5 ciuffi di salvia, 1 filetto di acciuga, 1 arancia, 2 cucchiai di olio<br />
extravergine dei colli berici<br />
Preparazione: Cuocere l’anitra salata e pepata, pulita dalle interiora, per 12 ore<br />
circa, al forno a 70 gradi. Dopodichè tagliare a cubetti la carne libera di pelle e<br />
nervetti. Fare il soffrito con lo scalogno e acciuga, aggiungere poi il cuore e i<br />
fegatinie bagnarlo con del cognac e olio extrav. dei berici. Cuocere per 18 min. i<br />
bigoli e saltarli poi in padella con un cucchiaio di fegatini cuore e 2 cucchiai di ragu’.<br />
Presentazione: Guarnire il piatto con zeste d’arancia e salvia croccante, per finire<br />
una pepata come tradizione vuole<br />
Ricetta creata da Marco Carollo chef del ristorante “Statale 46” di Valli del Pasubio
28<br />
T<br />
iramisù<br />
decostruito<br />
Il Tiramisù di Ferran Adria<br />
La cucina destrutturata:nuova frontiera?<br />
Non è ancora una moda ma, al pari della nouvelle cuisine, la cucina<br />
destrutturata si sta proiettando nel mondo della ristorazione. Fondatore<br />
di questa nuova pratica gastronomica è lo chef spagnolo Ferran Adria<br />
che opera principalmente nel Ristorante el Bulli a Girona in Spagna.<br />
Il mitico cuoco ha proposto la sua filosofia in cucina in uno straordinario<br />
volume (“elBulli 1998-2002” - elBullibooks) dove, in poche pagine,<br />
La rubrica Arte in Tavola è a cura<br />
del Prof. Piergiorgio Casara<br />
“filosofo enogastronomo"<br />
e della prof. Cristina Borin<br />
“docente di storia dell'arte”<br />
Ferran Adria propone un tiramisù decostruito in cui i diversi ingredienti, sono<br />
separati tra di loro e presentati in una composizione interessante, anche se di<br />
non immediata riconoscibilità (qualcuno sostiene che, a questo punto, non è più<br />
corretto chiamarlo tiramisù. Il dibattito è aperto)<br />
La fetta di pan di spagna al cioccolato, tagliata a triangolo, i cilindri di panna e<br />
mascarpone (lavorati con gelatina e inseriti in un “tubo” di carta oletata), lo<br />
specchio rotondo di crema zabaione e la mezzaluna di cioccolato fondente<br />
caratterizzano la struttura visiva secondo un principio geometrico: un vero gioco<br />
tra elementi curvilinei e rettilinei. E’ una preparazione molto ricca da tutti i punti<br />
di vista e presenta il rischio di creare una presentazione troppo disordinata, quasi<br />
accatastata Ma le assi cartesiane, disegnate nel piatto con il cioccolato fondente,<br />
garantiscono ordine e unità alle varie componenti inserendo i vari elementi entro<br />
uno spazio ben definito. Le forme verticali e orizzontali conferiscono all’”oggetto”<br />
una presenza plastica, quasi scultorea, arricchita dal raffinato cromatismo. Il<br />
grafismo decorativo delle striscioline di buccia d’arancia, caramellate e fatte<br />
raffreddare su carta oleata, forma un arabesco: legando la preparazione in un<br />
intreccio, la configura con maggiore armonia. La leggera spolveratina di cacao<br />
attenua il candore eccessivo dei cilindri di panna e mascarpone.<br />
Dal punto di vista cromatico c’è una variazione tonale su una base coloristica<br />
omogenea: nel suo insieme è armonica, come peraltro la consistenza materica e<br />
volumetrica dei cibi.<br />
enuncia le operazioni e i modi di quella che lui stesso chiama cucina<br />
destrutturata, definendola come “un metodo che consiste nel disgregare<br />
ciascuno degli elementi di un piatto e sottometterlo a modifiche”. In<br />
pratica, Ferran Adria prende una ricetta tradizionale, separa in modo<br />
marcato gli ingredienti, rielaborando i materiali al fine di creare dei piatti<br />
dotati di una qualità nuova e personale. La novità può concretizzarsi in
alcune variazioni limitate, in rapporto agli ingredienti usati, fino ad<br />
arrivare alla costruzione di piatti nuovi dal punto di vista gustativo,<br />
formale ed estetico. In particolare lo chef spagnolo propone quella che,<br />
secondo la filosofia di Jacques Derrida, è detta decostruzionismo. Il cuoco<br />
può giocare su nuovi livelli cromatico-formali, ottenere composizioni<br />
interessanti proponendo soluzioni estetiche che obbligano il commensale<br />
a nuove interpretazioni (oltrechè nuove emozioni).<br />
Il tiramisù della foto esprime in maniera esemplare il metodo in questione<br />
entro una cornice formale, plastica e cromatica particolarmente rilevante,<br />
nella convinzione che la percezione estetica offerta al degustatore-cliente<br />
possa potenziare in modo significativo l’esperienza degustativa. L’effetto<br />
cromatico, la percezione materica e anche l’apprezzamento complessivo<br />
per la composizione aggiunge valore e qualità al momento degustativo.<br />
Aggiungiamo la convinzione che il ricordare entro una forma significativa<br />
Tiramisù decostruito<br />
Consideriamo più concretamente il<br />
tiramisù (tirami su) che è poi anche<br />
una ricetta tradizionale del Veneto<br />
(tirame su). E’ un dessert freddo, al<br />
cucchiaio, di creazione recente, di<br />
origine trevigiana o veneziana che<br />
comunque già si presenta con una<br />
notevole serie di varianti (ne ha<br />
discusso il gastronauta Davide Paolini<br />
in uno degli ultimi “a me mi piace”,<br />
rubrica di gastronomia nella Domenica<br />
del Sole 24 ore). La ricetta base<br />
prevede l’uso del caffè, della crema al<br />
mascarpone, dei savoiardi, del cacao<br />
amaro in polvere. Consideriamo<br />
tuttavia una variante, un pochino più<br />
raffinata e meno “casalinga”. Ecco la<br />
ricetta.<br />
Tempo di esecuzione: 30 minuti<br />
Dosi per 6 persone<br />
Ingredienti:<br />
5 uova freschissime<br />
250 gr di mascarpone<br />
250 gr di panna fresca montata<br />
150 gr di zucchero semolato<br />
6 tazzine di caffè freddo<br />
6 cucchiai di Marsala secco<br />
30 savoiardi o un pan di spagna di 25<br />
cm di diametro<br />
20 gr di cacao in polvere<br />
100 gr di cioccolato fondente per la<br />
decorazione<br />
Preparare una crema zabaione<br />
montando a bagnomaria su fuoco dolce<br />
5 tuorli d’uovo, lo zucchero, il Marsala;<br />
farla raffreddare, sbattendola costantemente.<br />
Amalgamare la panna<br />
montata e il mascarpone, aggiungendo<br />
la crema zabaione raffreddato,<br />
mescolando delicatamente dal basso in<br />
alto, fino ad ottenere una crema<br />
morbida e omogenea. Stendere sul<br />
fondo di una pirofila rettangolare un<br />
terzo della crema e sistemarvi sopra<br />
10/12 savoiardi o il pan di spagna a<br />
fettine inzuppati di caffè, sistemandoli<br />
molto vicini tra di loro. Stendere sopra<br />
un altro strato di crema e disponetevi<br />
sopra un altro strato di savoiardi<br />
imbevuti nel caffè e così via fino a<br />
terminare con un ultimo strato di<br />
crema.. Spolverizzare di cacao amaro<br />
con un piccolo setaccio. Trasferire in<br />
frigorifero per un paio d’ore. Servire<br />
freddo,decorando con abbondanti<br />
trucioli di cioccolato fondente.<br />
Arte in tavola<br />
i singoli ingredienti operi sulla memoria, generando un’attesa e una<br />
valorizzazione determinata dall’effetto “doppia vista”. E’ come se, prima<br />
di entrare in contatto gustativo con il cibo tornasse alle memoria sensitiva<br />
il ricordo della prima intatta esperienza di quell’ingrediente. Nel caso del<br />
tiramisù, un’esperienza dell’infanzia: il cioccolato, la panna, il<br />
mascarpone, la polvere di cacao. Siamo convinti che la cornice estetica<br />
favorisce questo affioramento memoriale a valorizzare l’esperienza<br />
primaria del piacere e del bello. Non suoni irriverente ricordare in questa<br />
sede Luigi Meneghello, una delle voci più autorevoli della letteratura<br />
italiana del ‘900. Lo scrittore maladense, recentemente scomparso, nella<br />
sua opera più famosa, Libera nos a malo, sostiene il potere evocativo che<br />
ha la parola del dialetto: la capacità di restituire la memoria degli oggetti<br />
percepiti per la prima volta, dell’infanzia. Davanti al tiramisù si ritorna<br />
bambini.
30<br />
Ricordi d’estate<br />
C’era una volta un campo di grano…<br />
Quando eravamo bambini l’arrivo dell’estate era un momento<br />
veramente speciale, rispettava più o meno la data del solstizio e poi<br />
preannunciava una stagione dall’andamento prevedibile e regolare.<br />
Gli abitini senza maniche o i calzoni corti si indossavano quasi<br />
sempre ad anno scolastico ultimato e, animati dal desiderio di<br />
libertà e dalla gioia di essere in vacanza, ci si radunava spesso in<br />
gruppi per lasciare le poco frequentate strade di paese alla volta<br />
della campagna.<br />
La provincia vicentina di allora era meno industrializzata e la sua<br />
pianura ci appariva come un’immensa pagina suddivisa in quadretti<br />
colorati con le più svariate tonalità del marrone, del verde e del<br />
giallo. Il primo indicava semplicemente la presenza della nuda terra,<br />
il verde stava per i filari dei gelsi e le coltivazioni di granoturco, vite,<br />
erba medica. Il giallo, o per meglio dire l’oro, testimoniava la<br />
presenza di piante di orzo e, soprattutto, di grano. Di esso i<br />
contadini spiavano la crescita già da alcuni mesi, dal momento in<br />
cui lasciava intravedere i suoi primi germogli e poi, sfidando piogge,<br />
brina e gelate, cresceva fino a trasformarsi in spighe irte e forti.<br />
Assoluta la bellezza estiva di un campo di grano nel suo ondeggiare<br />
,con la sua immensa distesa di spighe, dapprima verdeggianti, poi<br />
bionde ed infine dorate, pronte, mature e impossibile non riandare<br />
con il pensiero alle macchie rosso acceso dei papaveri e quelle<br />
celesti dei fiordalisi. Il campo rappresentava poi un richiamo irresistibile<br />
per innumerevoli tipi di uccelli ed insetti, che, ignari della<br />
calura estiva riempivano l’aria di canti e versi. Anche il grano<br />
piegato dalla brezza o dal vento regalava i suoi suoni e circondati<br />
dal silenzio della campagna: si restava ad ascoltare e sembrava che<br />
il tempo si fermasse nel sentire le spighe sfiorarsi e, per lo strofinio<br />
delle une contro le altre, ci sembrava che il campo stesse per<br />
fremere, frusciare, fluttuare.<br />
Se accadeva che un temporale estivo vi ci scatenasse la sua<br />
violenza, la superficie del campo era tutta un susseguirsi di gobbe,<br />
vuoti e squarci impressionanti e anche in quel caso ci si soffermava<br />
ad osservare lo spettacolo della campagna e a cogliere la poesia dei<br />
suoi cicli vitali.<br />
Con l’andare del tempo molte cose sono cambiate, ogni processo o<br />
fenomeno legato all’agricoltura è diventato semplicemente un<br />
”fatto”, ma allora veniva considerato un “evento”. La stessa realtà<br />
rurale ha subito profonde trasformazioni ed è stato così anche per<br />
la nostra vita. Il ricordo di quel campo di grano sembra appartenere<br />
ad un tempo piuttosto lontano, quando erano diversi anche gli<br />
uomini e le cose.<br />
Mentre era ancora possibile vivere l’ambiente naturale ed il suo<br />
mondo, l’agricoltura veniva praticata con una sapienza antica e nel<br />
rispetto delle tradizioni e alla campagna era concesso di seguire i<br />
ritmi che le erano propri ed ospitare le sue forme di vita.<br />
I campi apparivano meno perfetti, non così sacrificati tra orribili<br />
sagome di capannoni e nastri di asfalto. Le macchie cromatiche<br />
della fioritura di papaveri così diffusi allora, sono quasi assenti nelle<br />
campagne moderne per non parlare dei fiordalisi, che ormai in<br />
sparuti esemplari, si possono ammirare soltanto nelle minuscole<br />
parcelle di riserve naturali e orti botanici destinati alla conservazione<br />
di specie vegetali in via di estinzione. Con il tempo abbiamo<br />
perso molto trascurando il “senso” della natura, il nostro legame con<br />
la terra e i suoi valori arcaici ed abbiamo sempre meno tempo per<br />
viverla, osservarla, ascoltarla.<br />
Dovremmo invece riappropriarci del nostro tempo e della nostra<br />
vita, ricominciare a fermarci e riflettere, riscoprire ciò che è<br />
immateriale, ma che è dotato di una forza immensa e ci sa regalare<br />
una gioia autentica.<br />
Sarina Vaccarella
32<br />
IL FRUTTO DEL TERRITORIO SI RICONOSCE SE DE.CO.<br />
Nuovi strumenti di promozione del territorio nati da una felice idea di Luigi Veronelli<br />
Le Denominazioni Comunali di Origine costituiscono la vera rivoluzione<br />
della salvaguardia delle identità territoriali; legate alla tradizione<br />
agroalimentare ed enogastronomia, sono lo strumento principale per<br />
tutelare congiuntamente le specificità locali e lo sviluppo spontaneo del<br />
territorio. Un prezioso strumento di difesa: preservano il prodotto locale<br />
dalle contaminazioni e dai processi globali di standardizzazione<br />
culturale, lasciando intatti i cosiddetti antichi sapori e saperi tipici di un<br />
territorio.<br />
Le certificazioni De.Co. sono una leva su cui far ruotare l’intera<br />
economia locale, poiché attraverso la loro valorizzazione si crea un<br />
meccanismo di promozione che va ben oltre il prodotto certificato,<br />
promuovendo l’universo socioculturale e storico del territorio d’origine.<br />
Loris Asnicar, titolare dell’albergo ristorante “Pittore”<br />
offre a Maria Luisa Cocuzza un assaggio di gnocchi con la fioretta<br />
Una nuova De.Co tutta vicentina: i Gnocchi con la Fioretta<br />
A Recoaro Terme, al centro della “Conca di Smeraldo”, Riccardo Lagorio<br />
insieme a diverse autorità territoriali ha assegnato l'attestazione De.Co.<br />
agli Gnochi con la fioreta.<br />
Riccardo Lagorio, infatti, il massimo esperto italiano in fatto di<br />
Denominazioni Comunali, è stato tra i primi a seguire con Veronelli l’iter<br />
di istituzione della DE.CO. in numerosi Comuni italiani. “Un riconoscimento<br />
molto importante per una comunità turistica come la nostra –<br />
ci spiega il presidente della Pro Loco di Recoaro Terme, Mario Picco –<br />
oggi, sul successo della nostra sagra popolare vediamo comparire<br />
ovunque gnocchi con la fioretta, magari a base di patate, che niente<br />
hanno a che vedere con la tradizione del luogo”. La De.Co non deve<br />
essere una mera operazione fine a se stessa, ma si devono coinvolgere<br />
Si tratta di una reale opportunità di sviluppo territoriale: uno sviluppo<br />
sostenibile che tiene conto delle attitudini storiche e delle esigenze<br />
ambientali. L’idea delle Denominazioni Comunali nasce dall’illuminata<br />
intelligenza di Luigi Veronelli, che fin dal 1959 sottolinea l’importanza<br />
dell’istituzione della denominazione di origine comunale per i vini,<br />
partendo dal presupposto che i comuni sono gli unici in grado di<br />
accertare che il prodotto sia effettivamente realizzato nel territorio<br />
indicato in etichetta. Nel ’98, riaprendo il dibattito a livello nazionale,<br />
Veronelli propone l’istituzione delle De.Co.; ma sarà solo qualche anno<br />
più tardi, quando gli stessi comuni italiani presenteranno diverse<br />
proposte di legge in merito, che la De.Co. verrà ufficializzata.<br />
I malgari della contrada Ronchi, in abito tipico (camicia bianca, pantaloni alla zuava in<br />
fustagno, calzettoni rossi e fez), lavorano l’impasto (farina bianca e fioretta),<br />
con cui si preparano gli gnocchi<br />
i vari ristoratori della zona, illustrandone le peculiarità. “Un tempo -<br />
prosegue Mario Picco - la fioretta, la ricotta semiliquida che si ricava per<br />
affioramento durante la preparazione della ricotta, veniva recuperata<br />
soltanto dai nostri malgari mentre ovunque veniva gettata. Per questo<br />
ora i nostri sforzi sono focalizzati nel rendere “grande” questo piatto<br />
povero, magari attraverso degli itinerari gastronomici che esaltino allo<br />
stesso tempo la nostra magnifica natura ed i suoi prodotti. Il ruolo<br />
dell'identità culturale di un territorio passa necessariamente attraverso<br />
il cibo. Bisogna iniziare a recuperare gestualità, biodiversità, metodi di<br />
preparazione e prodotti che si temevano ormai scomparsi: la<br />
Denominazione Comunale è senz'altro uno degli strumenti più adatti per<br />
farlo”.<br />
Vittoria Bicego
Serate d’estate<br />
Un grande prato e la luce della luna<br />
piena sono state da sfondo ad una<br />
serata inusuale all’insegna della<br />
convivialità e del divertimento<br />
Tutto nasce dall’idea di proporre<br />
prodotti enogastronomici di qualità<br />
in un contesto nuovo e informale,<br />
senza ritmi preconfezionati, in cui<br />
tutti possano disporre dei propri<br />
tempi in assoluta libertà.<br />
Nel grande prato antistante la<br />
Chiesetta del Muccion, alla luce<br />
della luna, tra gli alberi e l’erba è<br />
stata organizzata una serata Mauro Visonà e Luca Bertoldi<br />
durante la quale i tanti ospiti hanno<br />
potuto assaggiare, degustare, divertirsi, ballare, sdraiarsi sotto le<br />
stelle…<br />
Un incontro assolutamente fuori dagli schemi tradizionali con vari<br />
produttori da Silvano Follador” di Santo Stefano Valdobbiadene, alla<br />
azienda agricola “Bosio” Timoline in Franciacorta, passando per la<br />
Breganze doc con l’azienda agricola Vigneto Due Santi dei cugini Zonta<br />
di Bassano. E poi via per i Colli Berici con l’azienda agricola Colle di<br />
Bugano sino a Capriano del Colle, Brescia, con l’azienda agricola La<br />
Vigna di Botti Anna. Il tutto organizzato in collaborazione con: El<br />
Tinetto, De Giacomi e Pilsner Urquell.<br />
Una serata, un viaggio…<br />
degustando ostriche, formaggi, salumi, fritti, prosciutti, carni e tanto<br />
altro ancora.<br />
Poi in fondo al prato, qualche decina di metri lungo il sentiero, per<br />
arrivare al Roccolo “Dalle Ore” e addentrarsi nella proprietà di Beppe<br />
Fongaro dove lasciarsi avvolgere dalla sua esplosiva cordialità e<br />
assaggiare la sua proposta: sopressa e pan biscotto con Vin de casa.<br />
Matteo Baldini<br />
Arrivederci estate… al prossimo anno!
34<br />
SOCIETA’ AGRICOLA REAL SUMMANO<br />
Località Cesura del Tretto - SCHIO<br />
Cell. 347 7868238<br />
Real Summano, Monte di Plutone scrigno<br />
del tesoro generato da Zeus: il tartufo<br />
In tutto il territorio Vicentino ed in particolare nel Monte<br />
Summano esiste un microclima particolarmente<br />
favorevole al naturale sviluppo del tartufo nero.<br />
Quando Silvano Marangoni, cercatore di funghi ed<br />
amante degli animali, incontrò nel bosco uno gnomo che<br />
con il suo fedele amico andava a cercar tartufi, nella sua<br />
mente scatto un’idea irresistibilmente accattivante:<br />
allevare ed addestrare cani per la ricerca del tartufo.<br />
Così senza pensarci due volte acquistò il suo primo cane<br />
“Rasc” un Lagotto Romagnolo, già addestrato a tale<br />
scopo. L’esperienza fu talmente positiva che iniziò<br />
immediatamente l’allevamento amatoriale E.n.c.i di<br />
Lagotto Romagnolo, Labrador e Springer.<br />
Addestrando i cani alla ricerca fu naturale cominciare<br />
trovare i primi tartufi. Il successo fu tale che ben presto<br />
con la moglie Gabriella Battistella ed il fratello Maurizio<br />
fondò la Real Summano, azienda specializzata nella<br />
raccolta e nella trasformazione del pregiato dono della<br />
terra sviluppato in tartufaie private.<br />
Oggi con 15 riproduttori è un affermato allevamento che<br />
permette una considerevole raccolta di pregiati tartufi.<br />
Una curiosità su tutte prevale, Signor<br />
Silvano qual è il segreto nell’addestramento<br />
di un cane da tartufi?<br />
“E’ semplice, basta avere un po’ di<br />
passione… questa è una zona<br />
naturalmente vocata, ha una perfetta<br />
esposizione, un’elevata basicità e<br />
un’umidità ideale alla spontanea crescita<br />
del tartufo. Con un suolo così, l’amore per<br />
gli animali e tanta passione il gioco è<br />
fatto”.<br />
Ci sembra più facile dirlo che farlo…<br />
ma che tipologia di tartufi crescono in<br />
questo territorio?<br />
“Qui raccogliamo tartufo nero tutto l’anno:<br />
da Maggio a Ottobre Tuber aestivum (il<br />
tartufo Scorzone) ed il Tuber<br />
mesentericum (il Nero di Bagnoli); da<br />
Settembre a Gennaio il Tuber melanosporum<br />
(il Tartufo nero di Norcia). Ma è<br />
anche di facile reperibilità il Tuber<br />
uncinatum o più raramente il Tuber<br />
brumale.”<br />
Rispetto a fratelli famosi che<br />
differenza hanno i tartufi del<br />
Summano?<br />
“Nessuna, la qualità di un tartufo non<br />
dipende dal territorio ma dalla<br />
maturazione, un tartufo maturo esplode di<br />
profumi e aromi, tanto i nostri quanto<br />
quelli trovati in zone più blasonate.”<br />
E la pezzatura?<br />
“Anche in questo caso come ovunque si<br />
possono raccogliere tartufi di qualche<br />
grammo, ma anche superiori ai 300<br />
grammi”.<br />
Gabriella Battistella e il<br />
marito Silvano Marangoni<br />
Come commercializzate i vostri tartufi?<br />
“Principalmente freschi ma anche<br />
conservati, oppure trasformati e<br />
confezionati in vasi di vetro a fettine, in<br />
olio burro e sale, oppure abbinati a funghi<br />
porcini o champignon, oppure nella<br />
personalissima versione crema di zucca e<br />
tartufo”.<br />
E la vendita?<br />
“Diretta presso la nostra sede, al domicilio<br />
del cliente o nei numerosi mercatini della<br />
provincia”<br />
Un consiglio in conclusione, come si<br />
possono conservare i tartufi?<br />
“Il miglior modo e di conservarli con la<br />
propria terra, racchiusi in un sacchetto di<br />
carta e posizionati in frigo a +4 gradi, in<br />
questo modo non ci sarà l’inflorescenza di<br />
muffe e si conserveranno per parecchi<br />
giorni”.<br />
Non ci rimane altro che sederci a tavola e gustare un piatto di tagliatelle fumanti<br />
condite con il tartufo Real Summano.
pagina a cura della Cantina Colli Vicentini<br />
La Cantina COLLI VICENTINI di Montecchio Maggiore, situata nel cuore dei Colli Berici, venne fondata nel 1955.<br />
Attualmente, conta 1500 soci che coltivano 2000 ettari di vigneto specializzato situati nelle D.O.C. Colli Berici,<br />
Vicenza, Gambellara e Lessini Durello.<br />
Trattoria da Berno 1860<br />
Via Monte grappa 70 Sant.Agostino Altavilla vic. (VI)<br />
Tel. 0444-288688 Chiuso la Domenica.<br />
Il Ristorante è una piacevole sosta ai piedi dei Colli poco<br />
lontano dalla città; all’ingresso sarete accolti in un<br />
ambiente caldo e luminoso da Loris ed Enrica, patron del<br />
locale che vi proporranno una cucina mai banale legata al<br />
territorio con qualche nuance personale classica ed<br />
intrigante allo stesso tempo.<br />
Torta di pere<br />
Ingredienti per 12 persone:<br />
una bustina di lievito<br />
3 uova<br />
200gr di zucchero<br />
100gr di burro<br />
3 pere mature<br />
200gr di farina<br />
1 pizzico di sale<br />
1/2 bicchiere di latte<br />
2 cucchiai di rhum<br />
Preparazione:<br />
Sbucciare le pere eliminando il torsolo, quindi tagliare le<br />
pere a spicchi entro un recipiente, spruzzare le pere con<br />
succo di limone.<br />
Montare a crema il burro con lo zucchero, poi unite le uova<br />
intere una per volta, aggiungete poi il rhum ed infine il<br />
lievito ottenendo un impasto molto soffice.<br />
Versare l’impasto in uno stampo (da 28)liscio e imburrato e<br />
posarvi sopra le pere a spicchi, quindi spolverare con un po’<br />
di zucchero di canna e mettere in forno caldo a 170c per<br />
30/35 minuti.<br />
I suoi vini prendono la strada della più<br />
qualificata ristorazione italiana ed<br />
estera.<br />
Di grande significato lo spaccio, dove il<br />
consumatore può trovare imbottigliato,<br />
tredici tipologie di sfuso oltre a prodotti<br />
tipici locali: polenta, riso, olio, miele e<br />
grappa ottenuta da proprie vinacce.<br />
La cantina produce, tra gli altri, due<br />
vini dolci denominati “Recioto di<br />
Gambellara”, entrambi ottenuti da uva<br />
garganega: il primo è un vino dolce<br />
ottenuto da uve appassite e successivamente<br />
vinificate e spumantizzate. Ha<br />
colore giallo dorato, spuma persistente<br />
sentori di fiori e frutta passa; in bocca<br />
appare armonico e ben bilanciato.<br />
Accompagna magnificamente crostate<br />
di frutta, macedonie e paste lievitate<br />
come pandoro, panettone e colomba<br />
pasquale.<br />
Il secondo Recioto, denominato<br />
“Cesellato” è un autentico<br />
portabandiera della denominazione.<br />
Premiato con punteggi altisonanti dalle<br />
guide che ne hanno tessuto le lodi<br />
anche in virtù di un eccellente rapporto<br />
qualità-prezzo. La raccolta viene<br />
effettuata in cassette a cui segue<br />
l’appassimento per oltre cinque mesi.<br />
L’invecchiamento in piccoli caratelli di<br />
rovere si Protrae per oltre 18 mesi.<br />
Vino ricco al naso e in bocca si<br />
accompagna a pasticceria secca, torta<br />
di pere (vedi ricetta accanto) e<br />
formaggi erborinati (gorgonzola,<br />
roquefort e stilton).<br />
Produzione limitata a 4500 bottiglie<br />
annue da mezzo litro.<br />
35
36<br />
APICOLTURA LEGUZZANO<br />
Via Lancetti, 33 - San Vito di Leguzzano<br />
Cell. 328 3017502<br />
LE ARNIE DELL’APICOLTURA LEGUZZANO<br />
Casette confortevoli e traspiranti, per un miele di qualità<br />
L'ape è un insetto sociale e vive in una colonia chiamata<br />
alveare. L'apicoltore offre alle api, in cambio dei loro prodotti, una<br />
casa: l'arnia. Le api come noi amano vivere bene in una casa<br />
confortevole, naturale, senza umidità.<br />
Questo lo ha capito bene Giuseppe Torresan, apicoltore per<br />
passione da quasi trent’anni. Da sempre costruisce personalmente<br />
le casette per le sue api. Si reca nel bosco, sceglie gli abeti<br />
migliori, li stagiona all’aria naturale per lungo tempo e li lavora<br />
con amore. Da quel legno sano, traspirante, profumato con<br />
maestria, costruisce da sé arnie confortevoli, assolutamente<br />
traspiranti dove le sue api depongono il loro tesoro in abbondanza.<br />
“In arnie così – spiega Giuseppe - le api vivono meglio, producono<br />
di più ed il miele ricavato è di altissima qualità e ha una bassa<br />
percentuale di umidità (dal 16 al 18,5). Questo permette di non far<br />
subire al miele ulteriori lavorazioni di deumidificazione. Quindi è<br />
più sano, si conserva meglio e vive più a lungo”.<br />
La prima a comprendere l’amore di Giuseppe per le api ed il miele<br />
è stata la moglie Antonella Filippi, dapprima affiancandolo<br />
nell’intenso lavoro quotidiano di apicoltore amatoriale poi<br />
fondando l’apicoltura Leguzzano, alla quale si dedica a tempo<br />
pieno.<br />
L’entusiasmo e la vitalità di Antonella nascondono la fatica celata<br />
dietro questo lavoro:<br />
“Alle prime luci dell’alba - racconta - suona la sveglia: ci sono i<br />
mercati settimanali da fare e i mercatini tradizionali che ci<br />
impegnano tutte le mattine e tantissimi weekend. Nel pomeriggio<br />
poi ci sono i trasferimenti delle oltre 250 arnie di proprietà, la<br />
raccolta e la lavorazione del miele, la costruzione e la<br />
manutenzione delle arnie e dei telai. Alla sera sino a notte è<br />
oramai consuetudine dedicarsi al laboratorio e al confezionamento.<br />
E poi dicono che il miele costa, se sapessero quanto lavoro ci vuole<br />
per ogni chilo di miele!”<br />
Ma ne vale la pena tanta fatica?<br />
“Certo che ne vale la pena! C’è tanta soddisfazione, gioia e serenità nel<br />
lavorare con le nostre api, e la conferma arriva dai tanti clienti che<br />
vengono a farci visita in contrada Lancetti a Leguzzano. Riconoscono<br />
nel nostro miele un prodotto di qualità, sia esso di tarassaco, d’acacia,<br />
di castagno, millefiori o di tiglio, ma anche nella melata, nei propoli e<br />
nella pappa reale. Inoltre produciamo delle specialità come le nocciole<br />
al miele o la crema di nocciole e miele. Tutti prodotti in collina o<br />
montagna in zone non contaminate dove le api trovano il loro habitat<br />
naturale.”<br />
Dall’entusiasmo nelle parole di Antonella e Giuseppe traspare il sincero<br />
amore per le api e il mondo che le circonda.<br />
Giuseppe Torresan<br />
e la moglie Antonella Filippi
BACCALA’ E VESPAIOLO SUI MARI D’EUROPA<br />
La spedizione “Sulla rotta del Querini” ha portato i prodotti<br />
tipici vicentini in Europa. Con orgoglio e fantasia<br />
Deve essere stata una bella sorpresa per Mister<br />
Charlie Kinsella, irlandese di Arklow, che ai primi<br />
luglio andando a pescare ha trovato una bottiglia in<br />
riva al mare. Raccolta e aperta ci ha trovato un<br />
messaggio scritto in inglese e italiano.<br />
Probabile che non avesse mai sentito parlare né di<br />
Baccalà alla vicentina, né di Vespaiolo. Forse<br />
nemmeno conosceva Vicenza, ma è certo che di<br />
questo ritrovamento ne ha parlato con tutti i suoi<br />
amici, tanto che ha già programmato una vacanza<br />
nella nostra regione. La sua è stata la prima ad<br />
essere ripescata tra le venti bottiglie gettate in mare<br />
durante il viaggio in barca a vela da Venezia a Røst<br />
della spedizione “Sulla rotta del Querini”. Ai loro<br />
ritrovatori, quattro finora, la Cantina Beato<br />
Bartolomeo di Breganze ha spedito un’ampia<br />
fornitura dei suoi vini. Se lo scopo di questa impresa,<br />
organizzata in occasione del ventennale di<br />
fondazione della Venerabile Confraternita del Bacalà<br />
alla vicentina era quello di promuovere i prodotti<br />
vicentini, l’obiettivo è stato perfettamente centrato.<br />
L’idea è partita dal cuoco sandricense Antonio<br />
Chemello che ha coinvolto nell’impresa un gruppo di<br />
amici, tra cui lo skipper Furio Borgarelli. Partiti da<br />
Venezia lo scorso 5 maggio, i nostri hanno ripercorso<br />
L’equipaggio brinda all’arrivo sull’isola di Røst<br />
in poco più di due mesi il viaggio del navigatore<br />
veneziano Pietro Querini che nel 1431 salpò dalla<br />
Laguna diretto alle Fiandre con abbordo 800 barili di<br />
vino. Ma la sua Cocca quel carico non lo portò mai a<br />
destinazione, perché giunti in alto mare una<br />
tremenda bufera e la rottura del timone trascinò<br />
fuori rotta l’equipaggio che naufragò ben più a nord,<br />
sulle isole Lofoten. Da quella disavventura Querini<br />
tornò con un prodotto che avrebbe cambiato la storia<br />
gastronomica della Serenissima: lo stoccafisso.<br />
Il carico dell’edizione 2007 del viaggio è stato<br />
pressoché lo stesso: 500 bottiglie di vino Vespaiolo<br />
di un’edizione commemorativa speciale realizzata<br />
per l’occasione dalla Beato Bartolomeo. Bottiglie<br />
lasciate in regalo alle autorità incontrate nei dieci<br />
porti in cui la barca ha fatto sosta e in cui ha<br />
distribuito materiale promozionale sul Veneto e la<br />
sua offerta turistica. Gli ultimi “pezzi” del carico sono<br />
stati stappati all’arrivo alle isole Lofoten il 7 luglio per<br />
annaffiare abbondanti piatti di bacalà alla vicentina.<br />
“È stata una grande emozione – ricorda Antonio<br />
Chemello – questa comunità, gemellata con<br />
Sandrigo, ci ha riservato un’accoglienza straordinaria”.<br />
Matteo Baldini<br />
Audace
38<br />
Il sapore della vendemmia<br />
La famiglia Cavazza ha aperto le porte della Tenuta Cicogna<br />
per accogliere amici e clienti nei giorni di vendemmia<br />
Che emozione stappare una buona bottiglia di vino, ascoltare il gorgoglio mentre lo si versa<br />
e attendere con trepidazione quei pochi istanti che ci separano dalla sua degustazione. È il<br />
piacere di osservare il suo colore in ogni sfumatura, percepire il caratteristico profumo e far<br />
vibrare tutte le papille gustative dopo aver creato l’abbinamento perfetto tra sapore ed<br />
olfatto.<br />
Spesso, però, si dimentica che l’instancabile piacere parte da lontano: dalla terra, dalla vigna,<br />
dal microclima, dalla mano dell’uomo, dalle fatiche di ogni giorno nel vigneto e in cantina.<br />
Spesso gustiamo e basta: ricordando faticosamente che tutte le meravigliose sfumature del<br />
vino sono legate indissolubilmente al lavoro del vignaiolo ed alla sua terra.<br />
La famiglia Cavazza ha voluto riscoprire questo legame e condividere col pubblico un<br />
momento particolare della vita del vigneron, per assaporare insieme ogni aspetto dell’uva, del<br />
vitigno, della terra e del lavoro. Una festa nel bel mezzo della vendemmia e una passeggiata<br />
tra i vigneti della Tenuta Cicogna creano l’attesa che renderà unico l’assaggio finale del<br />
prodotto di questa terra. I filari ordinati e curati che contrastano con il rosso crudo della terra<br />
sono dipinti dai colori di un’estate che prepara e accudisce grappoli ricchi, sani e maturi:<br />
dolcissimi acini pronti ad essere colti. Cabernet e Merlot, Tocai rosso e Syrah: tutti vitigni rossi<br />
nella terra rossa della Tenuta Cicogna, particolarmente vocata con esposizione est ovest, ricca<br />
d’acqua e caratterizzata da un microclima perfetto.<br />
Una festa nella festa sotto il porticato, ben ristrutturato rispettando le origini, di figura<br />
semplice ma di curata eleganza, un pomeriggio degustando i vini bianchi prodotti in quel di<br />
Gambellara ed i rossi di Casa Cicogna abbinati come in un gioco a salumi e formaggi, pasta<br />
e fagioli e bocconcini con polenta, preparati e serviti con l’indiscussa maestria dalla Trattoria<br />
Isetta. Concludendo infine cioccolato fondente e grappe distillate proprio nella Tenuta<br />
Cicogna.<br />
Bella gente, simpatia ed allegria sono accompagnate dalla musica che una nostrana jazz band<br />
fonde e confonde in serata con il ritmo dei trattori Landini Testa Calda.<br />
Un raggio di sole offerto ai tanti amici e clienti che hanno deciso di vivere insieme un<br />
momento di convivialità d’altri tempi: una giornata trascorsa gustando, ma anche conoscendo<br />
e comprendendo il vigneron ed il terroir.<br />
Roberto Gasparin
Il Cocktail<br />
del mese<br />
Starry Night<br />
1 ° Classificato cat. Fancy<br />
Concorso regionale Marzo 07<br />
Composto da:<br />
4 cl Distillato d’uva Carpene Malvolti<br />
2 cl Martini Bianco<br />
2 cl Midori<br />
1 cl Verdemela Toschi<br />
1 cl Crema Banana Bols<br />
5 cl Gelato Limone<br />
Preparazione:<br />
Decorazione fantasia<br />
Associazione Italiana Barman e Sostenitori Sez. di Ve.<br />
Daniele Strazzabosco conferma ancora una<br />
volta la sua abilità con lo shaker. Dopo il<br />
secondo posto alla tappa di Caorle del<br />
“Premio Ceado” aveva la qualificazione per la<br />
finale in tasca. Questo non ha fermato la sua<br />
genialità, aggiudicandosi il primo posto alla<br />
terza tappa<br />
svoltasi al Casinò<br />
di Venezia.<br />
Ora lo attende la<br />
finale nazionale<br />
in programma dal<br />
6 all’8 Novembre<br />
a Riccione.<br />
In bocca al lupo!<br />
A cura di: Mainero Patrizia - Moulin Rouge (VR)<br />
Strazzabosco Daniele - Il mio nome è nessuno - Dolo (VE)<br />
A.S. Barman A.I.B.E.S.<br />
AMARO di SCHIO<br />
Come lacqua cristallina che<br />
scende gi dai monti -<br />
refrigerio dellassetato<br />
alpinista - la valle del<br />
PASUBIO offre al raffinato<br />
intenditore un prodotto<br />
genuino delle erbe<br />
aromatiche dalta montagna<br />
nel finissimo liquore<br />
ELISIR Scledum<br />
In occasione di regali, nei<br />
ritovi di famiglia, di societ,<br />
nei caff il liquore ELISIR<br />
Scledum lomaggio pi<br />
gradito per lospite e per il<br />
festeggiato o il segno di<br />
distinzione per lofferente<br />
de GIACOMI snc<br />
di Tullio & Gabriele<br />
Via Mentana, 1 - SCHIO (VI)<br />
Tel. 0445.672560<br />
e-mail: info@degiacomi.net
40<br />
Le pietanze dimenticate a cura di Luciano Rizzi<br />
I PIATTI DEL RECUPERO: LA PANA’<br />
Si preparava con il pane raffermo, perché buttarlo via era: “peccato mortale”.<br />
Ora sta tornando di moda, con qualche variante<br />
Pan, tanto<br />
el sior che el<br />
poareto te<br />
brama,<br />
ma par averlo<br />
gh’è chi pianxe<br />
e siga;<br />
sia maledeto<br />
quel che no<br />
te ama,<br />
sia benedeto<br />
chi par ti<br />
sfadiga!<br />
Così si esprime il poeta sentimentale Adolfo<br />
Giuriato in una poesia dedicata al pane ed al<br />
rispetto per tale alimento. Era, un tempo, opinione<br />
comune che il pane fosse un dono di Dio e quindi<br />
sacro. D’altra parte fu proprio Gesù Cristo che,<br />
come narrano i Vangeli, prese il pane, lo spezzò e<br />
disse: “prendete e mangiate, disse, questo è il mio<br />
corpo.”<br />
Il pane non veniva quindi mai gettato ma, per dirla<br />
in termini moderni, riciclato. Il pane raffermo<br />
serviva per fare un primo piatto molto in uso o per<br />
fare un dolce.<br />
Il primo piatto era la cosiddetta Panà.<br />
Si metteva dell’acqua (o brodo se ce n’era) in una<br />
pentola di terracotta (il pignato), si immetteva il<br />
pane raffermo spezzato grossolanamente e si<br />
lasciava riposare perchè il pane si inzuppasse per<br />
bene, poi si faceva bollire perché amalgamasse per<br />
bene, si versava su piatti fondi e si cospargeva<br />
sopra un po’ d’olio (‘na croxe). Avendone la<br />
disponibilità, prima di versare la panà nel piatto, si<br />
amalgamava un uovo.<br />
Io ricordo che gustavo moltissimo la crostina che<br />
si formava sul pignato, perché, al contrario della<br />
panà che era morbida, la crostina era croccante e<br />
scricchiolava sotto i denti.<br />
Una variante era la Panadela, dove il pane<br />
raffermo veniva grattugiato anziché spezzato:<br />
risultava più delicata anche se, ogni tanto, veniva<br />
in bocca un boccone di pane in pezzo, risultato di<br />
quella parte che non era stato possibile grattugiare<br />
per non condire la panadela con… polvere di<br />
unghie.<br />
Oggi la panà è ritornata di moda in molti ristoranti,<br />
specie nella zona della Val Leogra, ma in edizione<br />
riveduta e corretta, perché non è più integrata con<br />
solo olio ma, secondo la stagione, vi si aggiungono<br />
funghi o verdure e ciò è un esempio classico di<br />
innovazione dei piatti tradizionali per adeguarli ai<br />
gusti attuali.<br />
Altra maniera di riciclare il pane raffermo era<br />
quello di farne un dolce che, nella valle dell’Agno<br />
era chiamata Torta Moja e nella val Leogra<br />
Maccafame. La preparazione era abbastanza<br />
semplice: si metteva in bagno nel latte del pane<br />
raffermo e lo si lasciava finché si scioglieva<br />
amalgamandosi.<br />
Si aggiungeva allora uova, zucchero, frutta secca<br />
(uvetta, pinoli, fichi e altro a piacere) in stagione<br />
anche qualche fettina di mela renetta, si insaporiva<br />
con fettine di buccia di limone e con un bicchierino<br />
di grappa. Si poneva il tutto in uno stampo piatto,<br />
imburrato e cosparso di pan grattato, si inforna per<br />
una mezzora circa e si mangia tiepido.<br />
Ricordo che a Schio, nell’anteguerra, il maccafame<br />
lo vendevano anche i fornai a fette, così come in<br />
Toscana si vendeva il castagnaccio. Questo dolce<br />
non ha niente a che fare con l’altrettanto famosa<br />
Putana, che si prepara con farina bianca e gialla e<br />
non con il pane raffermo.<br />
Sono invece affini, in quanto comprendono il<br />
medesimo impasto, i Gnocheti de Pin tipici dell’alta<br />
val del Chiampo, solo che questi non vengono cotti<br />
in uno stampo da torta, ma foggiati a forma di<br />
pigna (da qui il nome pin).
Lo sai che...<br />
Pane e pasta integrali non sono migliori di<br />
pane e pasta fatti con farina raffinata?<br />
Leggevo un volume sui miti dell’alimentazione<br />
scritto da Cannella,<br />
professore di Scienza dell’alimentazione<br />
alla Sapienza di Roma e da<br />
Carrada, biologo, dove si dice che<br />
(riporto testualmente) “gli studiosi<br />
dell’alimentazione non sono ancora<br />
riusciti a trovare una buona ragione<br />
per preferire pane e pasta integrali<br />
ai prodotti fatti con farina raffinata.”<br />
Mangiare integrale sembra sia una<br />
“moda” e neppure troppo<br />
intelligente.<br />
La farina integrale è prodotta con<br />
grano ai cui chicchi è stata lasciata<br />
la cuticola esterna: la famosa<br />
crusca. La farina bianca è quella<br />
alla quale è stata tolta. La crusca è fatta di cellulosa, cioè di fibra, materiale che il nostro sistema<br />
digerente non assimila e non digerisce, ma che ha una importante attività regolatrice dell’intestino<br />
e contiene vitamine e sali minerali. Ma di fibre, vitamine e sali minerali sono molto più ricche la<br />
frutta e la verdura che, in una sana alimentazione, devono essere sempre presenti e che<br />
presentano meno inconvenienti. La crusca comprende, infatti, i cosiddetti “antinutrienti” che<br />
addirittura ostacolano l’assorbimento da parte dell’intestino di alcuni nutrienti quali gli zuccheri e<br />
le proteine, inibendo l’azione di alcuni enzimi digestivi. Inoltre togliere la cuticole esterna al grano<br />
vuol dire allontanare tutto ciò che vi si è depositato: inquinanti atmosferici portati dalle piogge,<br />
pesticidi e così via. Insomma “integrale” non vuol dire “biologico” cioè coltivato con certe cautele…<br />
Il pane integrale poteva, insomma, andar bene per i contadini di una volta che l’accompagnavano<br />
con poco companatico. Noi oggi abbiamo a disposizione tante cose i più, frutta, verdura, latte in<br />
abbondanza e non abbiamo più bisogno dei pochi nutrienti persi insieme alla crusca durante la<br />
raffinazione della farina.<br />
Alfredo Pelle
42<br />
Sotto il segno di Teofilo Folengo<br />
Con l’entusiasmo di<br />
sempre si apre la XVII<br />
edizione del ciclo di<br />
appuntamenti dedicati al<br />
poeta macaronico Teofilo Folegno.<br />
L’intento è quello di far conoscere la<br />
personalità e le opere di un personaggio<br />
così importante per la cultura<br />
enogastronomia rinascimentale. Il<br />
patron è come di consueto Otello Fabris;<br />
accanto a lui merlianiani Maestri, Scolari<br />
e Ristoratori: tutti insieme per un<br />
appuntamento divenuto ormai<br />
tradizione.<br />
Teofilo Folegno, monaco poeta, è una<br />
figura di straordinario valore storico,<br />
importante anche nella contemporaneità:<br />
nel passato fu amato e odiato,<br />
studiato e discusso, a volte contestato;<br />
nel presente sorprende, sbalordisce e fa<br />
parlare di sé a 360°. Nella rassegna ogni<br />
ristoratore ripropone alcune delle sue<br />
idee e dei suoi motivi. Il preciso<br />
carattere e la decisa personalità di<br />
Teofilo Folegno si possono ritrovare in<br />
ogni variopinta interpretazione di questa<br />
rassegna.<br />
Le Mame: la novità di questa edizione<br />
Lo stesso Otello Fabris racconta la<br />
riscoperta delle Mame, antica varietà di<br />
fagiolo: “La storia inizia qualche anno fa<br />
- spiega - quando ricevetti in dono<br />
sette fagioli da una anziana signora della<br />
frazione bassanese di Valrovina. Il mio<br />
personale interesse per l’orticoltura mi<br />
suggerì subito di avere in mano<br />
un’autentica rarità biologica, mai vista e<br />
Al via la XVII edizione della rassegna A Tavola con Merlin Cocai,<br />
dedicata alla cultura enogastronomia rinascimentale<br />
registrata neppure nei testi o nei<br />
cataloghi più qualificati. In un primo<br />
momento fui portato a riconoscere in<br />
questo rarissimo legume un relitto di<br />
antiche coltivazioni autoctone di fagioli<br />
d’età precolombiana”. Fabris si rifa infatti<br />
ad una citazione di Pietro Andrea Mattioli<br />
(un letterato del XVI secolo), che parla<br />
di fagioli “gialli, i quali, penso, che non<br />
fussero incogniti a gli antichi…”. Questa<br />
ipotesi necessita di conferme e i dubbi<br />
sono legittimi, vista anche l’affermazione<br />
di Cristoforo Colombo, il quale<br />
scrive che i fagioli trovati nel Nuovo<br />
Mondo sono di gran lunga migliori di<br />
quelli coltivati in Europa. Invece questi<br />
legumi (catalogati ora nei Giacimenti<br />
Gastronomici di Veronelli con il nome di<br />
Mame di Valrovina e nell’Elenco<br />
nazionale dei Prodotti tradizionali come<br />
Mama bianca di Bassano) spiega ancora<br />
Fabris “sono ottimi e perciò, nell’Europa<br />
precolombiana avrebbero avuto ben<br />
altro riscontro”.<br />
Tante storie ancora da raccontare<br />
Non sarà solo il piacere di degustare le<br />
Mame a rendere unico questo evento,<br />
ogni ristoratore, infatti, realizzerà una<br />
propria interpretazione delle antiche<br />
ricette merliniane utilizzando i tanti<br />
pregiati prodotti che distinguono il<br />
territorio. Il punto centrale della<br />
rassegna sarà quindi la consapevolezza<br />
della rivisitazione delle antiche ricette<br />
per il piacere di conoscere, scoprire e<br />
giocare in un’atmosfera rinascimentale.<br />
Roberto Gasparin<br />
Le serate del Merlin Cocai<br />
Venerdì 28 Settembre<br />
“Al Toresan”<br />
Villa Arrigoni Breganze (VI)<br />
Tel. 0445.873260<br />
Chiuso il giovedì<br />
Venerdì 12 Ottobre “da Gerry”<br />
Monfumo (TV) Tel. 0423.545077<br />
chiuso il lunedì<br />
Venerdì 26 Ottobre<br />
“Country Hotel Il Tinello”<br />
Solagna (VI) Tel. 0424.80467<br />
Chiuso il lunedì<br />
Giovedì 8 Novembre<br />
“Villa Damiani Trevisani”<br />
Campese di Bassano d. G. (VI)<br />
Tel. 0424.522201<br />
Chiuso la domenica<br />
Venerdì 7 Dicembre<br />
“Teatro dei Sapori”<br />
Castelfranco Veneto (TV)<br />
Tel. 0423.722575<br />
Chiuso il giovedì<br />
Venerdì 17 Gennaio<br />
“Pulierin Cucina Cantina”<br />
Bassano d. G. (VI)<br />
Tel. 0424.566785<br />
Chiuso la domenica<br />
Venerdì 1 Febbraio<br />
“Castello Superiore”<br />
Marostica (VI) Tel. 0424.73315<br />
Chiuso il mercoledì e giovedì<br />
Venerdì 8 Febbraio<br />
“Villa Razzolini Loredan”<br />
Asolo (TV) Tel.0423.951088<br />
Chiuso il Lunedì<br />
Venerdì 29 Febbraio<br />
Ristorante “Al Pioppeto”<br />
S. Cuore di Romano d’Ezz. (VI)<br />
Tel. 0424.570502<br />
Chiuso il martedì
LL '' ooppiinniioonnee<br />
di Terenzio Panozzo<br />
BIBITORES EXULTEMUS<br />
Parafrasando un vecchio canto goliardico che inneggia al vino e al suo utilizzo,<br />
parliamo della recente vendemmia. È tempo di consuntivi e mai come quest’anno<br />
le sirene enologiche hanno suonato e gioito per questo evento: chi per il raccolto<br />
anticipato, chi per la presunta o reale qualità del prodotto, profetizzando una<br />
annata memorabile. Tutto bene allora. Crediamo e speriamo di si, almeno per<br />
coloro che hanno privilegiato la qualità rispetto alla quantità delle uve.<br />
Non è la prima volta che succede negli ultimi anni ma poi sono emersi qua e là<br />
alcuni distinguo, soprattutto sulla qualità dei bianchi. Sappiamo infatti che<br />
l’eccessivo calore, e la conseguente sovramaturazione dell’uva, possono<br />
danneggiare alcune sostanze contenute nelle uve bianche e quindi occorre<br />
intervenire per tempo sulla data della raccolta che deve variare rispetto a quella<br />
canonica di fine agosto. Siamo certi che ciò sia stato fatto e aspettiamo con ansia<br />
di assaggiare questa favolosa annata.<br />
Per i rossi si dovrà ovviamente attendere ancora qualche mese, ma su quelli non<br />
abbiamo dubbi, sarà una grande annata da ricordare, da conservare e soprattutto<br />
da bere.<br />
La natura ha fatto la sua parte con diligenza e i nostri produttori saranno<br />
certamente in sintonia con essa, per la gioia di tutti noi appassionati enofili.<br />
Prosit.
44<br />
Appuntamenti ONAF Vicenza<br />
Alla scoperta delle<br />
specialità casearie vicentine<br />
In arrivo un appuntamento da non perdere per gli amanti dei<br />
formaggi di qualità. Domenica 7 ottobre, nell'ambito delle manife-<br />
stazioni autunnali, la Pro Loco di Mossano organizza una<br />
degustazione di formaggi in collaborazione con la delegazione di<br />
Vicenza dell’ONAF, Organizzazione Nazionale Assaggiatori<br />
Formaggi.<br />
Per quest’occasione la Pro Loco ha concesso l'utilizzo di una<br />
Ghiacciaia del 1887 per un’esposizione di formaggi prodotti da<br />
aziende agricole della provincia di Vicenza che presenteranno una<br />
selezione di prodotti caseari di altissima qualità. In questa<br />
splendida cornice sarà presentato il percorso fotografico “Il<br />
formaggio dalla stalla al piatto” realizzato dal Fotoclub "il punto<br />
focale" di Vicenza, mentre la delegazione ONAF, oltre ad occuparsi<br />
dell'organizzazione dell'esposizione dei formaggi ed alla presentazione<br />
delle aziende partecipanti, proporrà degustazioni guidate<br />
con la presenza di maestri assaggiatori che accompagneranno<br />
l'assaggio.<br />
Parteciperanno all’evento le Aziende:<br />
• Agriturismo Al Cucco di Arianna Lucca – San Pietro Valdastico<br />
• Azienda Agricola Aidi– Marano Vicentino<br />
• Azienda Agricola Arcobaleno - Nanto<br />
• Azienda Agricola Barbieri Fabio - Mossano<br />
• Azienda Agricola La Capreria – Montegalda<br />
• Azienda Agricola Terre Bianche – Tretto , Schio<br />
• Azienda Agricola Vecchio Mulino - Cartigliano<br />
• Caseificio Sociale di Altissimo – Altissimo<br />
• Caseificio Sociale Santa Maria del Summano - Santorso<br />
• Cooperativa Produttori latte - Nogarole<br />
• Latteria Sociale di Castelnovo - Castelnovo Isola Vicentina<br />
Le degustazioni previste sono quattro: due al mattino e due al<br />
pomeriggio, per informazioni e prenotazioni degustazioni<br />
contattare Emilio Nizzero – e.nizzero@libero.it - cell.339/4172648<br />
(ore serali).<br />
LE GRAPPE<br />
vicentine<br />
sotto i riflettori<br />
Dal 30 settembre al 7 ottobre<br />
Distillerie Aperte invita gli appassionati<br />
a degustare grappe e liquori direttamente<br />
“in casa” del produttore<br />
Anche quest’anno Vicenza Qualità, azienda speciale della camera di<br />
commercio di Vicenza, presenta “Distillerie Aperte”, la manifestazione<br />
che mette in luce la passione dei vicentini per il più classico<br />
tra i distillati italiani e la volontà di riscopre questo prodotto povero<br />
che ci accompagna da secoli.<br />
Gli appassionati del settore avranno così l’opportunità di conoscere<br />
tutti i processi produttivi delle acquaviti e di avvicinarsi all’antica arte<br />
della distillazione tramandata da generazioni agli odierni mastri<br />
grapparoli. Così, per una settimana, tra caldaie e vinacce ribollenti,<br />
esperti del settore illustreranno le tecniche di produzione dei prelibati<br />
distillati “Made in Vicenza”, ripercorrendo le vicissitudini delle<br />
singole aziende.<br />
L’accesso libero ai luoghi di produzione e alla degustazione dei<br />
distillati è fissato per domenica 30 settembre e domenica 7 ottobre,<br />
dalle 10 alle 18. Dal lunedì al sabato le distillerie saranno aperte il<br />
pomeriggio telefonando direttamente alle aziende che si intende<br />
visitare.<br />
Un omaggio speciale sarà riservato a coloro visiteranno nell’arco della<br />
settimana tutte le sei aziende coinvolte:<br />
Distillerie Dal Toso Rino e figlio di Ponte di Barbarano<br />
Distilleria F.lli Brunello di Montegalda<br />
Distilleria Li.dia di Villaga<br />
Poli Distillerie di Schiavon<br />
Distilleria Schiavo di Costabissara<br />
Distilleria Cavazza di Alonte
Dolce nettare di…vino<br />
A tavola con<br />
FILIPPO FERRERI studia e pratica l'Astrologia da molti anni a Schio,<br />
dove tiene regolarmente corsi presso l'associazione culturale La Corte.<br />
Ha collaborato in passato con varie testate<br />
e partecipato come relatore a conferenze e convegni<br />
le Stelle<br />
Alla nostra ricorrente Cena Zodiacale siamo giunti a fine pasto: ecco dunque i Dodici Convitati pronti ad ordinare il<br />
dessert, e il calice di vino che degnamente lo accompagni. Vediamo, come d'abitudine, quali sono le scelte in sintonia<br />
con i rispettivi caratteri.<br />
L'Ariete non può che riconoscersi nell'effervescenza<br />
di uno spumante d'Asti, schietto e vivace senza<br />
l'altezzosità del cugino francese, da gustare sbocconcellando<br />
una torta Sbrisolona.<br />
Al Toro, che tien sempre il piè fermo nel solco<br />
della tradizione familiare, proponiamo il classico<br />
Vin Santo coi Cantuccini, o la Torta della Nonna<br />
con l'eccellente Torcolato di Breganze.<br />
Anche i Gemelli, sono per le bollicine: il prosecco<br />
è la quintessenza del loro modo d'intendere la<br />
vita, ed anche a fine pasto va benissimo, con<br />
leggiadri biscottini di pasta sfoglia.<br />
Per il Cancro conta assai più il dolce che il vino<br />
destinato ad accompagnarlo: che sia mousse,<br />
bignolata o torta alla crema, il livello di zuccheri<br />
richiede perlomeno un Marsala.<br />
Al Leone, noblesse oblige, niente di meno che<br />
uno Champagne di gran marca; sarà pure un po'<br />
oneroso, ma vuoi mettere il piacere impagabile di<br />
concedersi il meglio, e berselo tutto d'un sorso?<br />
Alla Vergine, che è così attenta ai minimi<br />
dettagli, suggeriamo un vino dai profumi e aromi<br />
tutti da centellinare, come il Ramandolo, o ancor<br />
meglio il Picolit per l'affinità che porta nel nome.<br />
Anche la Bilancia attende il dessert soprattutto<br />
per appagare la sua voglia di dolce, ma tenterà di<br />
mascherare la golosità mostrando competenza<br />
enologica nella scelta di un'elegante Malvasia.<br />
Lo Scorpione che suole disdegnare le dolcezze -<br />
non solo a tavola, per la verità - s'inebrierà<br />
tuttavia del piacere dionisiaco di un calice di<br />
Zibibbo, vino dal gusto intenso e sensuale.<br />
Col Sagittario è di rigore orientarsi sui vini<br />
stranieri, magari senza doversi svenare per lo<br />
champagne; suggeriamo un Madera, accanto ad<br />
un sostanzioso mattoncino di Tiramisù.<br />
Il Capricorno troverà naturale rispondenza nel<br />
gusto asciutto e deciso di una Vernaccia sarda, da<br />
sorseggiare piluccando con noncuranza da un<br />
vassoio di frutta secca o sobri biscottini.<br />
Per l'Aquario ecco il boccato armonioso del<br />
Recioto, vino di reputazione letteraria: c'è chi<br />
suggerisce di provarlo con zucca al forno e<br />
cannella - un azzardo aquariano anzichenò.<br />
Per i Pesci la scelta è di concentrarsi su un vino<br />
da meditazione, quali il raffinato Sauternes o il<br />
non meno seducente Porto, da cui salpare verso<br />
gli oceani fantastici che l'ebbrezza dischiude.<br />
45
Da una idea di Roberto Gasparin:<br />
Il mensile<br />
www.gustolocale.it di Vicenza<br />
n° 14 – Ottobre - 2007<br />
Ai soli fini fiscali € 0,10 a copia<br />
Abbonamento Italia € 20,00<br />
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Editore:<br />
Paolo Gasparin<br />
Redazione – amministrazione<br />
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36015 – Schio (vi)<br />
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Direttore responsabile:<br />
Paolo Terragin - paolo@gustolocale.it<br />
Reg. Tribunale di Vicenza:<br />
n° 1130 del 24/03/06<br />
Spedizione:<br />
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Abbonamento Postale D.L. 353/2003<br />
(Convertito in legge 27/02/2004 n°46) art.1,<br />
com.1, Dr VI<br />
Stampa: Industrie Grafiche Vicentine<br />
Srl - Bolzano Vic. (VI)<br />
Contributo grafico:<br />
Studioimmagine srl - Thiene (VI)<br />
Luca Dal Maso<br />
Alessia Manni<br />
Giampiero Pozza<br />
Hanno collaborato:<br />
Roberto Gasparin<br />
Paolo Gasparin<br />
Alfredo Pelle<br />
Piergiorgio Casara<br />
Cristina Borin<br />
Amedeo Sandri<br />
Paolo Terragin<br />
Luciano Rizzi<br />
Matteo Baldini<br />
Terenzio Panozzo<br />
Carlo Augusto Martelli<br />
Vittoria Bicego<br />
Filippo Ferreri<br />
Michele Cisco<br />
Romolo Cacciatori<br />
Alice Franceschi<br />
Francesca Filippi<br />
Sarina Vaccarella<br />
Massimo Trentin<br />
Patrizia Mainero<br />
Daniele Strazzabosco<br />
Tutte le immagini, articoli, contenuti di questo<br />
giornale sono ad uso esclusivo di Pierregi di<br />
Paolo Gasparin - Schio (Vi). Eventuali utilizzi<br />
impropri senza previa autorizzazione scritta da<br />
parte nostra saranno perseguiti a norma di<br />
legge. Le Collaborazioni in testi o foto sono<br />
gratuite. L’editore garantisce la massima<br />
riservatezza dei dati e la possibilità di richiedere<br />
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Appuntamenti del mese<br />
OTTOBRE 2007<br />
- 1 ottobre:<br />
9 a festa della Transumanza<br />
Bressanvido<br />
Info: tel. 338.1902330<br />
- 1 ottobre:<br />
19 a Festa del Baccalà -<br />
Sandrigo<br />
Info: tel. 0444.658148<br />
- 1 e 7 ottobre:<br />
Distillerie aperte<br />
(tutta la provincia)<br />
Info: tel. 0444.994750<br />
- dal 5 al 7 ottobre:<br />
4 a Festa della Vendemmia<br />
Malo-Cantine Sociali "Val<br />
Leogra" www.promalo.it - e<br />
Cantina Sociale Val Leogra. Info:<br />
tel. 0445.607500.<br />
- dal 5 all'8 ottobre:<br />
Festa del Baccalà<br />
Montegalda.<br />
Info: tel. 348.7365368<br />
- 7 ottobre:<br />
Mercato dei Prodotti Tipici<br />
Agricoli - Recoaro Terme<br />
Piazza Dolomiti.<br />
- 7 ottobre:<br />
Agricoltura in Piazza -<br />
Valdagno, Centro Storico.<br />
Info: 0445.423511.<br />
- ottobre:<br />
Caseifici aperti<br />
(tutta la provincia).<br />
Info: tel. 0444.994750<br />
- 6 e 7 o 13 e 14 ottobre: 8 a<br />
Festa del Baccalà alla<br />
Vicentina - Vicenza<br />
Info: tel. 0444.926988<br />
- 1°o2° week-end di ottobre:<br />
Festa dello Scopeton<br />
S.Vito di Leguzzano<br />
Info: tel. 0445.513476<br />
- 6 e 7 ottobre:<br />
Mercato rinascimentale<br />
Thiene. tel. 0445.804812<br />
- 6 e 7 ottobre:<br />
6 a Festa Tradizioni Contadine-<br />
Valli del Pasubio.<br />
Info: tel. 0445.590176<br />
- 6 e 7 ottobre:<br />
11 a Festa dell’Arna<br />
Mossano<br />
Info: tel. 0444.886704<br />
- 6 e 7 ottobre: 6 a Festa dei<br />
Vini e dei Funghi Pioppini di<br />
Costozza<br />
Info: tel. 0444.953399<br />
- dal 5 al 7 ottobre:<br />
Sagra delle Castagne con<br />
degustazione vini locali<br />
Sossano, loc.Colloredo<br />
Info: tel. 0444.888021<br />
- dal 12 al 16 ottobre: Mostra<br />
dei prodotti agroalimentari<br />
d’autunno. Noventa Vicentina.<br />
Info: tel. 0444.860353<br />
- 12-21 ottobre:<br />
33^ Festa del Maron<br />
Bassano d.G. Loc. Valrovina.<br />
Info: 0424.509897<br />
- 13, 14 ,20, 21, 27 e 28<br />
ottobre: Rassegna<br />
enogastronomica collegata<br />
all’8 a Mostra del Pomo Pero<br />
Lusiana. tel. 0424.406009<br />
- 13 e 14 ottobre:<br />
26^ Mostra Micologica<br />
Valstagna Tel. 0424.99891<br />
- 13 e 14 ottobre:<br />
Festa del Pesce<br />
Malo - www.promalo.it<br />
- 14 ottobre:<br />
6 a Giornata Nazionale della<br />
Micologia. tel. 380.2551905<br />
- 14 ottobre:<br />
6 a Mostra micologica<br />
Nazionale e 40 a Mostra<br />
Micologica Vicentina<br />
Vicenza. tel. 0444.508023<br />
- 14 ottobre:<br />
10 a Festa del Tartufo nero<br />
Marana di Crespadoro. Info:<br />
tel. 348.8047561<br />
- 14 ottobre:<br />
Antichi Sapori Ritrovati, la<br />
Mela della Conca d'Oro<br />
Recoaro Terme Loc. Fongara.<br />
Info: 348.8063910<br />
- 15 ottobre:<br />
45 a Festa dello Spiedo<br />
Isola Vicentina<br />
Info: tel. 0444.976081<br />
- 19 ottobre:<br />
Serata Enogastronomica a<br />
Tema “A tavola con le<br />
castagne e il miele di Durlo” –<br />
Crespadoro, Loc. Durlo.<br />
Associazione DURLO ’86:<br />
durlo86@tiscali.it<br />
- dal 19 al 21 ottobre: 29 a<br />
Festa delle Castagne – Durlo<br />
di Crespadoro. Ass. DURLO<br />
’86: durlo86@tiscali.it<br />
Tel. 0444.429377<br />
- 20 e 21 ottobre:<br />
16 a Montagna in città e 13 a<br />
Mostra mercato dei Prodotti<br />
Biologici - Schio. Info:<br />
Comunità Montana Leogra<br />
Timonchio. Tel. 0445.530533.<br />
- 21 ottobre:<br />
26 a Festa della Castagna<br />
Merendaor<br />
di Recoaro Terme.<br />
Info: tel. 0445.75070<br />
- dal 19 al 21 ottobre:<br />
25 a Marronata in città e<br />
Mostra Mercato prodotti<br />
agricoli - Vicenza.<br />
Info: tel. 0444.228894<br />
- 21 ottobre:<br />
Mostra Prov.le dei funghi<br />
d’autunno e rassegna delle<br />
erbe medicinali.Costabissara.<br />
tel. 0444.970018<br />
- 21 ottobre:<br />
24 a Mostra concorso “Maron<br />
de oro” e 23 a Mostra concorso<br />
“Nason de Oro” – Lugo di<br />
Vicenza. tel. 0445.327063<br />
- 26 ottobre:<br />
Serata enogastronomica<br />
Ristorante "Gabri e Giorgio"<br />
via Roma 12, Nogarole<br />
Vicentino. Nell'ambito della<br />
rassegna 2007 del gruppo "I<br />
Ristoratori della Valle del<br />
Chiampo".<br />
Info: tel. 0444.623057<br />
- 26, 27, 28 e 29 ottobre: 43 a<br />
Sagra “Polenta e Baccalà” –<br />
Thiene.<br />
Info: tel. 0445.369544<br />
- 27 e 28 ottobre:<br />
25 a “Festa dei maruni”<br />
Alvese di Nogarole Vicentino<br />
Info: tel. 0444.688186<br />
- 27 e 28 ottobre e 1<br />
novembre: 18 a Festa delle<br />
Castagne e degustazione<br />
“Scopeton” – Monte di Malo.<br />
Info: tel. 0445.607273<br />
- 28 ottobre:<br />
Mostra mercato dei prodotti<br />
agricoli locali - Posina.<br />
Info: tel. 0445.748013<br />
- 27 e 29 ottobre:<br />
Festa dei Marroni – Albettone<br />
– loc. Lovertino.<br />
Info: tel. 0444.790001<br />
- 28 ottobre:<br />
Biologica: mostra mercato<br />
prodotti biologici e<br />
biodinamici - Vicenza<br />
Info: tel. 0444.325110<br />
- 25 ottobre:<br />
Giornata mondiale della<br />
Pasta. Info: tel. 0444.994750<br />
- 27 e 28 ottobre: Festa del<br />
Baccalà alla Vicentina –<br />
Noventa Vicentina.<br />
Info: tel. 0444.860353<br />
- 28 ottobre: Fiera di San<br />
Simeone con degustazione<br />
prodotti tipici - Marostica<br />
Info: tel. 0424.72127<br />
- 31 ottobre e 4 novembre:<br />
Festa d’autunno – Valdagno.<br />
Info: tel. 0445.401190<br />
Vicentino<br />
5 a Disfida del Baccalà<br />
DOMENICA 7 OTTOBRE<br />
alle ore 11.30<br />
...I socfisi seccano al vento e al sole e<br />
perchè sono di poca humidità grassa,<br />
diventano duri come legno. Quando li<br />
vogliono mangiare, li battono col<br />
roverso della mannara che li fa<br />
diventare sfilati come nervi, poi<br />
compongono butirro et spetie per<br />
dargli sapore, et è grande et inestimabile<br />
mercanzia per quel mare di<br />
Alemagna<br />
(Pietro Querini)<br />
Così scriveva quasi seicento anni fa<br />
un nostro illustre concittadino,<br />
scoprendo, a causa di naufragio, il<br />
metodo di conservazione del merluzzo<br />
che va sotto il nome di stoccafisso. E<br />
noi, degni eredi di cotanto scopritore,<br />
per non esser da meno, naufragheremo<br />
nella V Disfida Nazionale<br />
dello Stoccafisso che si terrà, come<br />
d'abitudine nella splendida cornice di<br />
Villa Cordellina Lombardi a<br />
Montecchio Maggiore, domenica 7<br />
ottobre con il seguente programma:<br />
Ore 11.15 Ritrovo<br />
Ore 11.30 Presentazione dell’evento e<br />
saluto delle autorità partecipanti<br />
Ore 12.30 Aspettando la disfida... con<br />
il baccalà mantecato<br />
Ore 13.00 Quinta edizione della<br />
disfida dello stoccafisso<br />
Il costo della partecipazione è di euro<br />
50,00 per i soci Slow Food ed euro<br />
55,00 per i non soci. Chi volesse<br />
prenotarsi lo potrà fare fin d’ora.<br />
Condotta Slow Food del Vicentino<br />
Tel. 347.3065710 – Fax 178.2710857
Due pattuglie di carabinieri stanno facendo la scorta al trasporto di un carro<br />
armato. Giunti in prossimità di un cavalcavia, il maresciallo ordina di fermarsi e<br />
richiama tutti i carabinieri dicendo:<br />
- Ragazzi, come potete vedere, il carro armato sopra il camion non può passare sotto<br />
il ponte per pochi centimetri, per cui dovete scolpire il cemento con mazzetta e<br />
scalpello.<br />
Si mettono tutti all'opera, quando ad un tratto arriva una gazzella della polizia.<br />
- Buongiorno maresciallo! Che è successo?<br />
Ed il maresciallo:<br />
- Lo vedete pure voi che il carro armato è troppo alto e non passa sotto il ponte, perciò<br />
sto facendo scolpire il ponte per tre o quattro centimetri, così poi ci passa.<br />
Al che l'agente di polizia gli suggerisce:<br />
- Maresciallo, ma non è meglio sgonfiare le ruote del camion fino a che passate e poi<br />
le rigonfiate?<br />
Ed il maresciallo:<br />
- Ma quanto sei bravo! Guarda, che è sopra che non ci passa, non sotto!<br />
Un veneto, orgoglioso che il proprio cane sia in grado di<br />
camminare sull'acqua, decide di portarlo in riva al fiume<br />
per mostrarlo a tutti.<br />
Lancia un primo bastone nel fiume ed il cane, camminando<br />
sull'acqua, va a raccoglierlo; poi un secondo, un terzo<br />
lancio e così via fino a quando un pescatore, che è lì, si<br />
volta e chiede al padrone del cane:<br />
- Oh, ma quanti ani galo sto can?<br />
- Sette, risponde il padroncino.<br />
- Alora - risponde il pescatore - me sa' che a noare nol<br />
impara pì, ormai!<br />
Prima di utilizzare questo servizio Vi chiediamo di compiere un onesto esame di coscienza:<br />
-Se siete presuntuosi Vi invitiamo a fare un passo avanti: probabilmente<br />
"lui" è molto più" corto di quanto pensiate.<br />
-Se siete modesti fate un passo indietro: salvaguarderete così la parete e il coperchio, per la<br />
gioia dei posteri.<br />
-Se siete molto alti dedicate qualche istante a un attento esame di carattere balistico per<br />
essere sicuri di “fare canestro" al primo tentativo. Dopo sarà troppo tardi...<br />
-Se siete molto bassi procurateVi uno sgabello: eviterete il fastidio di saltellare spisciacchiando<br />
a destra e a manca.<br />
-Se siete strabici sappiate che davanti a Voi c'è un solo water.<br />
-Se, infine, siete donne prendete orgogliosamente atto di questa Vostra magnifica<br />
condizione e ricordateVi che siamo accesi fautori della parità dei diritti. Tuttavia la nostra,<br />
pur modesta, esperienza non ci ha affatto convinti nell'uguaglianza dei sessi.<br />
Grazie per avere scelto, anche per questa funzione, il nostro locale ...