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Nasce dolceVi - Gustolocale

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Granai e picai<br />

<strong>Nasce</strong> DolceVi<br />

La foto è di Piergiorgio Laverda<br />

Intervista a Dino Secco<br />

Il premio Montegrande<br />

A tavola con Merlin Cocai<br />

pag.4<br />

pag.10<br />

pag.20<br />

pag.42<br />

Sommario<br />

ottobre<br />

2007<br />

I dolci ed il Vino 2<br />

<strong>Nasce</strong> DolceVi 4<br />

Tra dessert e meditazione: il vino dolce 6<br />

Il vino nel piatto 9<br />

Dino Secco: “Puntiamo sugli eventi” 10<br />

Il clima cambia. E la vendemmia? 12<br />

La Garganega: cuore del Soave 13<br />

I Colli Euganei 14<br />

Sette malghe per sette comuni per sette formaggi 16<br />

Lei, Lui, gli Amici 18<br />

Il “Montegrande” premia i talenti veneti 20<br />

ABC di Amedeo Sandri: L’olio d’oliva 24<br />

I cereali tra “i sapori d’autunno” 26<br />

Arte in tavola: tiramisù decostruito 28<br />

Ricordi d’estate 30<br />

Una nuova De.Co. tutta vicentina 32<br />

Serate d’estate 33<br />

Baccalà e Vespaiolo sui mari d’Europa 37<br />

Il sapore della vendemmia 38<br />

Cocktail del mese 39<br />

I piatti del recupero: La Panà 40<br />

Lo sai che... Pane e pasta integrali 41<br />

A tavola con Merlin Cocai 42<br />

L’opinione di Terenzio Panozzo 43<br />

Appuntamenti ONAF - Distillerie aperte 44<br />

A tavola con le stelle 45<br />

Annunci 46<br />

Appuntamenti del mese 47<br />

La rubrica del Ristor-Attore 48<br />

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corretta gestione del suo abbonamenti e di tutti gli obblighi che ne<br />

conseguono.


I dolci ed il vino<br />

Granai e picai sono utilizzati da tempi lontanissimi per appassire le uve.<br />

Se ne ricavano vini eccellenti, oggi amati in tutto il mondo.<br />

Si può fare una guida “golosa” passando attraverso i<br />

dolci perché ci sono tiepide fragranze di ciambelle<br />

appena uscite dal forno, deliziosi brividi di glassa,<br />

quale neve ghiacciata, ci<br />

sono profumi di spezie, uva<br />

sultanina, creme, panna, c’é,<br />

insomma, un universo di<br />

bontà. E si deve prendere la<br />

gastronomia come una cosa<br />

seria, al pari della moda,<br />

perché ci aiuta a capire la<br />

civiltà e la cultura di<br />

un’epoca. Ma che logica<br />

avrebbe selezionare i dolci?<br />

Ne ha studiato in profondità il<br />

Conte Capnist, Presidente ad<br />

honorem della Accademia<br />

Italiana della Cucina<br />

rilevando come, in realtà, i<br />

dolci sono l’apice di esibizioni<br />

familiari, a volte sociali, sono<br />

promozioni dello star bene,<br />

presentano il fasto ma anche<br />

il quotidiano. Pensate ad un<br />

dolce offerto su un’alzata, isola un momento<br />

importante di una festa, si fa evento, parentesi,<br />

oppure gran finale. Ma c’è anche la stupenda<br />

quotidianità di una fetta di plumcake al mattino, un<br />

veloce caffè, che permette un inizio di giornata con il<br />

sorriso. Sempre, il dolce, cadenza gli attimi importanti<br />

della festa, ma anche quelli<br />

della giornata, in una parola<br />

della vita.<br />

E tutto nasce dall’essere un<br />

genere voluttuario. Il dolce,<br />

proprio perché in modo<br />

peculiare abbina al piacere la<br />

voluttà e non è la<br />

soddisfazione di un bisogno<br />

esprime, più di ogni altro<br />

cibo, l’evoluzione della cultura<br />

gastronomica dell’uomo. Così<br />

si è passati dalle modeste<br />

ciambelle, dal dolce semplice<br />

e casalingo, al dolce più<br />

raffinato, più legato al tempo.<br />

Abbiamo i dolci che<br />

percorrono, con cadenze<br />

fisse, il calendario del nostro<br />

anno. Dal panettone alla<br />

colomba, dagli “ossi di morto”<br />

ai “galani” tutto scorre nella direzione del tempo. E il<br />

dolce reclama, come compagno di strada, il vino<br />

appropriato.


Quali, per noi vicentini?<br />

Fra l’Astico ed il Brenta in questi “aprichi colli ch’aman le viti” come<br />

scrisse Sobellico nel 1502 e che vedono Breganze al centro di un<br />

mondo che Carlo Dottore, seicentesco scrittore, così ricorda:<br />

“Breganze dal buon vin, dal ricco prete”, qui nasce il Torcolato. Si<br />

produce con quel Vespaiolo che, si dice, fosse arrivato qui per la<br />

perdita di Candia da parte della Dominante: si importarono uve dal<br />

Meridione (alcuni dicono dalla Francia) e principalmente questo<br />

“bresparolo”.<br />

Vino vecchissimo, il vino dolce, presente già ai tempi dei Greci e dei<br />

Romani, molto conosciuto per la grande capacità di conservarsi<br />

Qui a Breganze il vino Torcolato (nome che si deve al modo di<br />

appendere le uve al soffitto) era caduto nel dimenticatoio: pensate<br />

che alla mostra dei vini vicentini di Breganze nel 1965 c’era un solo<br />

Torcolato. Una volta, alla fine dell’800, era vino da considerarsi<br />

tonico e medicamento: quasi la panacea d’ogni male. Lo si<br />

considerava “ottimo nei casi di debolezza del cuore, nelle dispepsie,<br />

nella convalescenza da malattie acute e consuntive e, per la sua<br />

ricchezza di acido fosforico dei fosfati anche indicatissimo nelle<br />

forme nevrasteniche e depressioni nervose”. Era il vino delle<br />

occasioni, era il vino che, si diceva, si faceva per le donne (poi in<br />

realtà lo bevevano gli uomini) era il vino del puro diletto, del puro<br />

piacere, quello che si beveva con il sorriso sulle labbra, era il vino<br />

che si dava alle puerpere perché faceva fare latte, era il vino da<br />

festa grande.<br />

Era caduto nel dimenticatoio, si diceva, ma, ed è qui il bello, la<br />

ricerca del buono passa anche attraverso il recupero delle proprie<br />

tradizioni edella propria storia ed l’uva Vespaiola ha ridato questo<br />

vino che ora è il fiore all’occhiello di una zona vocata alla viticoltura.<br />

Il ritorno del buon gusto e del piacere fa sì che, fra i primi, la<br />

Magnifica Fraglia del Torcolato porti la conoscenza di questo<br />

stupendo vino, non secondo a ben più blasonati vini stranieri, in<br />

giro per il mondo.<br />

A pochi chilometri di distanza, a Montebello, si produce l’unico Vin<br />

Santo del Veneto: stupendo nettare che sta riproponendosi con un<br />

disciplinare molto rigoroso, con quantità ancora da prodotto<br />

d’eccellenza, ma con un gotha di grande levatura. E non è il solo:<br />

ai primi di gennaio, a Montebello, si fa in piazza la spremitura<br />

pubblica, un rito ormai, delle uve Garganeghe che, raccolte in picai,<br />

sono state appiccate in granaio, con i grappoli rovesciati a due a<br />

due. Si è potuto fare, sebbene con molta cura ed attenzione,<br />

perché queste uve sono di relativamente facile conservabilità e si<br />

prestano all’appassimento per ottenere vini dolci, da sempre<br />

apprezzati.<br />

Tolta tutta l’acqua possibile per rendere il succo un vero nettare,<br />

quest’uva delicata è fatta riposare mentre, nel frattempo, prendeva<br />

maggior profumo da trasferire al vino. Diventerà di colore giallo<br />

“ambrato” ed avrà un sapore pieno, lungo, che ricorda il miele, le<br />

mandorle: diverrà cioè il Recioto di Gambellara.<br />

Strano vino questo Recioto DOCG (sta per concludersi proprio in<br />

questi giorni l’ottenimento della denominazione d’origine<br />

controllata e garantita) che, si diceva fosse fatto per le donne ma,<br />

in realtà lo bevevano gli uomini con l’orgoglio di chi aveva fatto<br />

qualcosa di gran pregio.<br />

Lo accompagnavano (e lo si fa ancora) a pinze, zalèti, all’immancabile<br />

brasadèlo. Compagno eccellente per frutta secca e fresca,<br />

quella autunnale, è un vino che, morbido e caldo, lo si beve con un<br />

sorriso.<br />

Esistono, in questa stupenda provincia, una serie di prodotti che<br />

onorano il lavoro dei vignaioli, dei “cantinieri”, degli amanti del<br />

buono: c’è l’orgoglio silente di chi sa fare cose che si impongono<br />

per la loro bontà.<br />

Alfredo Pelle<br />

3


4<br />

<strong>Nasce</strong> <strong>dolceVi</strong>:<br />

appuntamento con i migliori vini dolci<br />

Villa La Favorita di Sarego il 20 e 21 ottobre ospita<br />

l’eccellenza della produzione<br />

Nella cultura contadina il vino dolce era un bene prezioso, l'omaggio con il quale si<br />

accoglieva l'ospite e il tocco gentile da bere con moderazione alla fine del pasto.<br />

L'atteggiamento del consumatore moderno invece, dal dopoguerra a oggi, non è stato né<br />

uniforme, né sempre benevolo; rara la sua presenza nelle carte dei vini dei ristoranti o<br />

sugli scaffali delle enoteche. Questo perché le organolettiche lasciavano spesso a<br />

desiderare: l'aspetto era quello dei vini ossidati e il loro sapore era spesso segnato<br />

dall'acido acetico. Vini difficili da produrre e da conservare a causa delle condizioni<br />

igieniche, tecnologiche e per conoscenze enologiche spesso inadeguate. Chiamati genericamente<br />

“vini santi” erano ignote le uve dalle quali provenivano e mancava qualsiasi<br />

indicazione d’origine.<br />

All'estero, inoltre, dovevano fare i conti con i vini dolci di rinomate zone viticole come il<br />

bordolese o il Porto. Ai vini dolci mediterranei, ottenuti vinificando uve appassite al sole<br />

o più raramente in pianta, si contrapponeva nell'immaginario del consumatore europeo la<br />

fama dei vini dolci, plasmati in quelle regioni a clima continentale e atlantico, per l'azione<br />

della botrite (i vini di Sauternes, di Tokaj e le vendemmie tardive alsaziane e renane). Le<br />

condizioni ambientali di produzione e conservazione, unite alla cura utilizzata nella<br />

vendemmia e nella vinificazione e al potere stabilizzante dei metaboliti del fungo rende<br />

questi vini più eleganti, con un profilo sensoriale stabile e riconoscibile, adatti a lunghi<br />

invecchiamenti in cantina. Particolarmente apprezzati anche per la consuetudine ad<br />

associarli ai formaggi piccanti o a preparazioni con il fegato d'oca.<br />

Da qualche anno i vini dolci mediterranei, ottenuti da uve appassite, hanno riconquistato<br />

il gusto dei consumatori. Una riscossa partita dalle regioni meridionali (basti pensare al<br />

Moscato di Pantelleria, alla Malvasia delle Lipari o al Moscato di Noto, per citarne alcuni)<br />

che hanno offerto una gamma di vini dolci ineccepibili, evidenziando la grande ricchezza<br />

dei vini Italiani raggiunta con la sovra-maturazione delle uve. Un patrimonio che non ha<br />

uguali al mondo per luoghi di produzione, vitigni utilizzati, tecniche di vinificazione e<br />

profili sensoriali. Un patrimonio peraltro molto fragile, perché un vino dolce purtroppo si<br />

presta ad essere “costruito in cantina” e venir commercializzato con un nome di fantasia<br />

piuttosto che con quello del territorio in cui è prodotto. Al consumatore quindi l'invito a<br />

privilegiare il consumo di quei vini che, oltre ad avere radici profonde nella storia e nel<br />

mito, siano la testimonianza fedele delle tradizioni viticole ed enologiche di un territorio<br />

vocato, piuttosto che il risultato di alchimie enologiche.<br />

La scalinata di Villa Favorita a Monticello di Fara


Due giorni all’insegna della dolcezza<br />

Sabato 20 e domenica 21 ottobre 2007 a Villa La<br />

Favorita si incontreranno i migliori vini dolci d’Italia:<br />

160 aziende di alto livello e oltre 250 vini per un<br />

week-end nell’incantevole autunno veneto. Nella<br />

splendida Villa palladiana di Monticello di Fara, a<br />

Sarego, si svolgerà infatti la prima edizione di<br />

DolceVi, un dolce evento fortemente voluto dal<br />

Consorzio Vini Vicentini DOC, dalla Camera di<br />

Commercio di Vicenza, da Vicenza Qualità e dalla<br />

Provincia di Vicenza. C’è l’ambizione di far diventare<br />

questo evento un punto di riferimento per un<br />

mercato che sta attraversando un ottimo momento,<br />

sia per la qualità offerta che per la richiesta dei<br />

consumatori. L’evento è alla sua prima edizione e<br />

sarà biennale, in alternanza con BCM, la manifestazione<br />

dedicata ai bordolesi Cabernet e Merlot. Un<br />

importante incontro che certamente incontrerà<br />

l’interesse dagli operatori di settore (buyer,<br />

ristoratori, sommelier, importatori, distributori) e<br />

delle aziende produttrici (titolari, enologi,<br />

agronomi), senza tralasciare il folto pubblico degli<br />

appassionati.<br />

Il programma delle giornate<br />

Sabato 20 ottobre la manifestazione si aprirà con un<br />

convegno internazionale in cui si farà il punto sul<br />

mercato di questo segmento. “È pieno boom di vini<br />

dolci. Come si è certi della qualità?” è il titolo della<br />

tavola rotonda a cui parteciperanno prestigiosi<br />

vignaioli italiani e numerosi produttori del Porto, del<br />

Tokaj, dell'Icewine canadese e del Sauternes. Hanno<br />

assicurato la loro presenza alcuni dei grandi nomi<br />

dell’enologia mondiale, grandi gestori di enoteche ed<br />

importatori: ogni argomento, compresa la<br />

complicata legislazione, sarà valutato a fondo con la<br />

massima chiarezza ma in tempi veloci e sintetici. Fra<br />

gli ospiti esteri che hanno già assicurato la loro<br />

partecipazione Vincent e Kay Bou-chard del Porto<br />

Quinta do Tedo, Helga Gal per il Tokaj da Niagara on<br />

the Lake, Canada, e J. P. Ziraldo, presentatore del<br />

meglio di Inniskillin. In conclusione assaggi a buffet<br />

per ricominciare lo straordinario viaggio nel dolce in<br />

cui non mancheranno specialità di alta pasticceria.<br />

Domenica 21, invece, si svolgerà un secondo<br />

convegno tutto dedicato agli aspetti più edonistici del<br />

vino, il cui titolo è già tutto un programma: “250 vini<br />

dolci pronti da degustare. Come li abbiniamo?” Il<br />

giornalista Francesco D’Agostino, curatore della<br />

guida annuale Bere Dolce, vera e propria bibbia del<br />

settore, guiderà i percorsi gustativi accompagnato<br />

dal sommelier Adua Villa, noto volto televisivo de “La<br />

prova del cuoco”. Si parlerà fra l’altro di abbinamenti<br />

classici, combinazioni innovative e insolite fra vini<br />

dolci e cibi.<br />

Carlo Augusto Martelli<br />

Per ulteriori informazioni consultate il sito www.dolcevi.com


6<br />

TRA DESSERT E MEDITAZIONE:<br />

Il vino dolce<br />

Da sempre l’uomo<br />

serba il vino dolce<br />

per occasioni<br />

speciali.<br />

Per produrlo ha<br />

affinato tecniche<br />

e tradizioni<br />

I vini dolci non esistono in natura. La mano dell’uomo deve fermare la fermentazione<br />

e la trasformazione dello zucchero in alcool con un semplice<br />

procedimento di filtraggio o di travaso del mosto.<br />

Anzitutto è opportuna una distinzione, quella tra vini liquorosi e vini passiti.<br />

Entrambi sono indicati sia in accompagnamento a piatti di dessert che da soli,<br />

in momenti di riflessione personale o in compagnia. A differenziarli è il<br />

metodo di produzione.<br />

I vini liquorosi<br />

Intanto parliamo del vino liquoroso che<br />

fin dal passato si usa fortificare. Spesso<br />

occorreva creare artificialmente le<br />

condizioni per accrescere il suo livello<br />

alcolico, dato che il blocco della trasformazione<br />

dello zucchero a volte<br />

presentava un prodotto finale debole<br />

alcolicamente. Un tempo si scoperse che<br />

far fare al vino un viaggio nel caldo delle<br />

stive delle navi verso l’equatore li faceva<br />

tornare più robusti e strutturati. Poi si<br />

accesero dei fuochi per simulare il calore<br />

delle stagioni.<br />

Essenzialmente oggi sono tre i metodi<br />

utilizzati per fortificare un vino liquoroso:<br />

• Il più semplice è quello di versare del<br />

succo d’uva in un tino pieno di alcool e poi<br />

lasciarli al loro destino e qui abbiamo per<br />

tutti il Pineau des Charentes una regione<br />

Francese del Cognac in Francia. I vini di<br />

questo tipo si chiamano Mistelle.<br />

• Il secondo metodo consiste nel<br />

fortificare il vino nel momento delle<br />

fermentazione come nel caso del Porto,<br />

Madeira, Malaga e Marsala. L’enologo<br />

fermerà la fermentazione secondo la sua<br />

opinione.Questa seconda metodologia<br />

permette un uso più immediato del vino.<br />

• Il terzo metodo consiste nel fortificare il<br />

vino dopo la fermentazione come avviene<br />

per Jerez e Montilla. In questo caso il vino<br />

fermenta fino a diventare secco (subendo<br />

una fermentazione malolattica) e viene<br />

fortificato una o più volte all’anno<br />

successivo alla vendemmia.<br />

I vini passiti<br />

I vini più costosi del mondo per paradosso<br />

sono proprio i più dolci, anzi dolcissimi. Le<br />

Corti reali di tutta Europa preferivano bere<br />

fra tutti i vari Chateau d’Yquem. Tokay e<br />

Cristal Champagne in versione amabile.


• La sovramaturazione: consiste nel lasciare i<br />

grappoli appesi per un periodo più prolungato e<br />

vendemmiarli in ritardo. Si noti che solo se esiste un<br />

buon livello di acidità si ottengono vini di livello.<br />

Questa tecnica è abbastanza praticata anche per<br />

eliminare l’eccesso di acidità o rinforzare le uve nel<br />

caso dei vini secchi.<br />

• Il Marciume nobile o Botrytis cinerea, invece, è un<br />

fungo parassita veicolato dalla umidità. Se<br />

intervengono condizioni meteorologiche, come<br />

alcune nebbie particolari, questi parassiti attaccano<br />

le bucce riducendo l’acqua ed innestando un<br />

procedimento di “botrizzazione”. Questa modalità di<br />

raccolta è estremamente dispendiosa dato che le uve<br />

devono essere vendemmiate ripetutamente: nel<br />

Sauterne, per fare un esempio, si prevedono fino a<br />

12 vendemmie successive. Il principale prodotto di<br />

questa metodologia è sicuramente il Sauterne, ma<br />

anche nella vendemmia del Tokay ungherese ci sono<br />

alcune similitudini; in Italia si produce attraverso<br />

questa tecnica il Muffato della Sala di Antinori.<br />

Si è provato a riprodurre artificialmente le condizioni<br />

di cui sopra anche inserendo spore di Butritys ma il<br />

risultato non è paragonabile a quello che la natura ci<br />

può dare.<br />

Il vino preferito dagli antichi<br />

Il vino dolce ha avuto fin dall'antichità importanti<br />

estimatori: i Greci tessevano le lodi del vino<br />

magnificando la sua dolcezza e la sua potenza e i<br />

Romani viaggiavano con degli intrugli a base di<br />

miele e spezie dolci da aggiungere al vino che<br />

trovavano lungo i loro viaggi. Perfino il sistema di<br />

trasporti fu influenzato dalla necessità di trasportare<br />

il vino in modo veloce.<br />

Con l’andare dei secoli e la diffusione del cristianesimo<br />

i monaci portarono con loro non soltanto la<br />

fede, ma anche immense distese di vigneti. Il Sud<br />

produceva vino e lo vendeva; il Nord lo comprava e<br />

lo beveva. Per fare un esempio la Malvasia e il<br />

Moscato sono vini che sono resistiti al tempo anche<br />

nella loro denominazione.<br />

• Appassimento delle uve. Qui siamo proprio in casa.<br />

L’appassimento delle uve dopo la Vendemmia; o<br />

deposte su cassette o appese per i piccioli è una<br />

tecnica abbondantemente applicata nel Veneto e<br />

particolarmente nelle zone di Verona e Vicenza. Vedi<br />

Il Recioto e l’Amarone.<br />

Appassiti fino a Febbraio e poi direttamente lavorate<br />

fanno diventare dei vini di grande pregio.che tutti noi<br />

abbiamo la fortuna di assaporare. Sentore di miele e<br />

di frutta disidratata possiamo cogliere gustando un<br />

buon Recioto di Soave e di Gambellara. Mentre un<br />

Recioto Amarone ci farà inebriare con i suoi sentori<br />

di frutti di boschi e ciliegie mature.<br />

• Congelamento dei grappoli. Una pratica diffusa nei<br />

paesi molto freddi come Germania, Austria e<br />

Canada. Si lascia che i grappoli appesi siano colpiti<br />

naturalmente dalle gelate notturne; il gelo riesce a<br />

congelare l’acqua presente nell’uva che viene<br />

eliminata nel momento della pigiatura producendo<br />

vini con un’acidità elevata e con un alto tasso<br />

zuccherino.<br />

Romolo Cacciatori<br />

La richiesta di vino e la sua necessità di trasportarlo<br />

non ebbe mai pausa durante i secoli e così si<br />

ritrovano documenti mercantili delle Repubbliche<br />

marinare in cui il vino è una merce di scambio<br />

spesso trattata: le uniche due necessità di cui ha<br />

bisogno sono velocità e puntualità.<br />

Durante il Rinascimento la Malvasia e il Moscatello,<br />

sempre vinificati in dolce, furono tra i vini preferiti<br />

sia in Italia che in Europa. La Toscana, invece, si<br />

specializzò nella Vernaccia, detta la Malvasia<br />

indigena, e per prima cominciò a vinificarlo affinché<br />

risultasse un vino meno dolce anche se morbido e<br />

potenzialmente forte.


8<br />

pagina curata da<br />

Azienda Col Dovigo<br />

Un’azienda giovane che arriva da lontano. Se Col Dovigo imbottiglia solo da 4 anni col proprio<br />

nome, va in realtà detto come qui il vino sia da sempre una presenza importante. La vicenda<br />

ha inizio nel 1923, con l’acquisto di un terreno da parte di un “foresto”. Il soprannome dato ai<br />

nuovi arrivati è “Dovighi”, che pare significasse “quelli che provengono da altre terre”. E’ così<br />

che la doviga Caterina sposa un Bonollo, già produttore di vini e fra i soci fondatori della locale<br />

Cantina Sociale.<br />

La famiglia mette radici nelle colline a ridosso del borgo di Breganze, sviluppando con tenacia<br />

e passione l’attività agricola e gli impianti di viti. Battista e Stefano Bonollo sono oggi al timone di una azienda che vuole muoversi nel panorama vitivinicolo<br />

locale sia guardando alla tradizione, sia tentando la strada dei vigneti internazionali. La cantina è piccola, ma essenziale e razionale. C’è molta<br />

attenzione a quello che può offrire di nuovo la tecnologia, senza però operare forzature nei vini. Una cura particolare è posta anche nell’immagine,<br />

veicolata da bottiglie ed etichette dalla sobria eleganza. I vigneti di proprietà si estendono su una superficie di circa 6 ettari, in parte posti in collina<br />

intorno alla casa colonica, quasi a formare uno scenografico anfiteatro, e parte in pianura. I terreni sono di origine vulcanica in collina e ghiaiosi in<br />

pianura, così da consentire una maturazione ottimale alle diverse tipologie di uva coltivate.<br />

I vini bianchi comprendono un tipico Vespaiolo dalla spiccata acidità e uno Chardonnay morbido ed avvolgente. Il Breganze Cabernet ’06 rimane fruttato<br />

e beverino, mentre il Breganze Rosso sfodera più sostanza e materia senza però perdere in eleganza. Intrigante infine il floreale Groppello, da una<br />

antica varietà autoctona, qui ammorbidito grazie ad un leggero appassimento delle<br />

uve.<br />

IL VINO<br />

Sauvignon ’06 IGT<br />

Questa volta siamo a parlare di una uva internazionale, il Sauvignon, dal profilo<br />

aromatico molto immediato che lo rende gradevole ed apprezzato anche dai neofiti.<br />

Quello di Col Dovigo è un vino improntato alla ricerca della maturità del frutto, nel<br />

quale la dolcezza della polpa crea un bel contrasto con le note varietali. Accanto<br />

all’ananas e alla pera matura, troviamo quindi l’asparago e l’ortica. Le sensazioni<br />

si prolungano in un finale di discreta lunghezza. Il vino ha un certo potenziale di<br />

evoluzione, e se ne consiglia l’apertura se possibile dopo l’estate. Gli abbinamenti<br />

sono con gli asparagi, i risotti con le erbe o con i piselli, le torte salate a base di<br />

verdure.<br />

Mario Plazio<br />

Stefano e Battista Bonollo


Tartare di tonno mediterraneo<br />

con tortino di caprino, pera al pepe e gelatina<br />

al Recioto di Gambellara,<br />

la sua aria e cialda croccante di frutta secca<br />

Ingredienti per 6 persone:<br />

Tonno mediterraneo g 500<br />

Caprino fresco<br />

Agr il Cucco San Pietro Valdastico g 200<br />

Pere abate g 200<br />

Recioto di gambellara "Albina ‘04”<br />

Az. Agr. Giovanni Menti g 150<br />

Olio extra Vergine di oliva del Garda q.b.<br />

Albume d'uovo g 50<br />

Farina t 00 g 20<br />

Farina di mandorle g 10<br />

Farina di nocciole g 10<br />

Zucchero g 15<br />

Sale q.b<br />

Colla di pesce g 8<br />

Pepe bianco q.b<br />

Bacche di Sechuan Ricetta dello Chef Massimo Trentin<br />

del Ristorante “Emozioni” di Schio<br />

Procedimento<br />

Preparare la gelatina di Recioto scaldando<br />

leggermente il vino, unendovi poco zucchero e la<br />

colla di pesce ammorbidita in acqua. Versare il<br />

composto in stampini di silpat e lasciare raffreddare.<br />

Pulire le pere, tagliarle a pezzetti e metterle a<br />

cuocere con pochissima acqua, pepe macinato e le<br />

bacche di sechuan, una volta cotte aggiungere la<br />

colla di pesce ammorbidita, versare negli stampini e<br />

lasciare raffreddare.<br />

Lavorare il caprino con un cucchiaio fino ad ottenere<br />

una crema, quindi con uno stampo tondo in acciaio<br />

formate una lamella di formaggio.<br />

Tagliare il tonno a coltello, salare, pepare e condirlo<br />

con un filo d'olio extravergine del Garda e poco succo<br />

di limone.<br />

Mescolare la farina bianca con quella di mandorla e<br />

nocciola, lavorarle con l'albume, l'olio extravergine e<br />

un pizzico di sale. Stendere il composto in un silpat,<br />

ricavandone un rettangolo, cospargere con mandorle<br />

e noci tritate la superficie e procedere alla cottura in<br />

forno.<br />

In un piatto adagiare la tartare di tonno, montare il<br />

tortino di caprino adagiandovi sopra al formaggio la<br />

pera e successivamente la gelatina di Recioto.<br />

Guarnire con la cialda di frutta secca, l'aria di<br />

Recioto, e qualche bacca di sechuan.


10<br />

Inventiamoci gli eventi<br />

Dino Secco, Vicepresidente<br />

della Provincia, punta sugli eventi<br />

per attirare i turisti.<br />

Culturali, sportivi, engastronomici:<br />

basta far parlare di noi<br />

È stato l’unico della passata giunta provinciale, guidata da<br />

Manuela Dal Lago, ad essere confermato nella nuova<br />

compagine (con gli stessi colori) guidata da Attilio<br />

Schneck. Assessore al Turismo, ma anche promosso Vice-<br />

Presidente della Provincia, oltre che Vice-Presidente del<br />

Consorzio Turistico “Vicenza é”.<br />

Dino Secco, 55 anni, nato a Bassano del Grappa, si è<br />

laureato all’Università di Padova in Storia e Filosofia con<br />

una tesi sulla migrazione nella zona della Val Brenta<br />

durante e dopo il periodo austroungarico. E’ stato sindaco<br />

di Solagna, cittadina della Valbrenta, ed è uno dei<br />

fondatori dell’Associazione Comunicazione Pubblica in<br />

Italia.<br />

Assessore, innanzitutto, è soddisfatto di questa<br />

riconferma?<br />

Certo. Mi fa piacere continuare ad occuparmi di turismo,<br />

un settore sicuramente strategico per lo sviluppo<br />

economico di Vicenza. Purtroppo, è solo da una decina di<br />

anni che le amministrazioni, soprattutto quelle dei centri<br />

più piccoli, hanno cominciato a capire l’importanza del<br />

turismo e a seguirne le problematiche. Prima di questa<br />

data, non c’è mai stata una grande disponibilità ed<br />

apertura, o meglio non si avvertiva la necessità di<br />

affrontare in maniera più specifica il discorso del turismo,<br />

perché allora c’erano l’industria e l’artigianato che<br />

“tiravano” molto e questo bastava.


Qual è la salute del turismo vicentino oggi? Come devono<br />

muoversi gli organi ed enti competenti per promuovere al<br />

meglio il settore?<br />

Il turismo della nostra provincia ha un grande punto di forza: è quello<br />

di poter garantire un’offerta a 360°: non solo città d’arte, ma anche<br />

bellezze naturali, enogastronomia, sport. La “materia prima” non<br />

manca; dobbiamo, però, imparare a gestirla meglio. E’ indispensabile<br />

lavorare su questo punto perché ci sono diversi aspetti da<br />

perfezionare. Innanzitutto, bisogna andare ad agire sul rapporto<br />

prezzo-qualità-servizio, in modo da far sì che le tre variabili vadano<br />

sempre di pari passo. E’ buona cosa, poi, che gli enti pubblici e privati<br />

si rendano conto del valore della promozione turistica e decidano di<br />

investire più soldi in comunicazione: solo così potremo uscire da una<br />

dimensione dilettantistica ed entrare in una realtà di professionisti.<br />

Un’altra carta che le amministrazioni dovrebbero giocare è quella dei<br />

grandi avvenimenti sportivi, culturali piuttosto che enogastronomici,<br />

in grado di fungere da ottima cassa di risonanza.<br />

Come si stanno preparando Vicenza e provincia per l’anniversario<br />

del Palladio del prossimo anno?<br />

Molte sono le iniziative in fase di studio o di realizzazione: una<br />

pubblicazione su Palladio con finalità turistiche, stampata in più<br />

lingue, la messa a punto di un video e se possibile di un film. E’ in<br />

cantiere anche una “maratona delle ville”, così pure mostre, visite,<br />

incontri enogastronomici, gemellaggi con i luoghi dove ci sono le<br />

opere dell’artista, premi. Intanto, è ormai del tutto operativo il<br />

portale www.palladio2008.info che contiene proposte per l’anno a<br />

tema, vari pacchetti da prenotare, il calendario di tutte le manifestazioni,<br />

una newsletter. Tra le varie proposte, è in programma un<br />

progetto che coinvolgerà in prima linea l’area del Basso Vicentino: si<br />

chiama “La via della pietra” ed è una sorta di itinerario guidato alla<br />

scoperta delle cave del territorio e dei metodi di lavorazione della<br />

pietra.<br />

A proposito del Basso Vicentino, qual è l’attenzione dell’amministrazione<br />

provinciale nei confronti di un potenziale<br />

sviluppo turistico della zona?<br />

Da parte nostra c’è la più totale disponibilità. Credo che sia<br />

importante puntare sul Basso Vicentino, perché è qui che in futuro il<br />

turismo sarà destinato a crescere. Diverse aree della provincia come<br />

Bassano del Grappa hanno già raggiunto il loro culmine, mentre<br />

nell’Area Berica ci sono ancora moltissime realtà da valorizzare. Le<br />

risorse di certo non mancano, siano queste paesaggistiche che di<br />

prodotti tipici. Se solo pensiamo a quella che è l’offerta enogastronomica,<br />

ci rendiamo conto che il Basso Vicentino è un piccolo scrigno<br />

di tesori: olio, vino, piselli, radicchio, tartufo, prosciutto. Bisogna,<br />

però, andare a creare in loco delle strutture ricettive studiate ad hoc<br />

che permettano di passare dall’escursionismo di giornata al vero e<br />

proprio turismo. Inoltre, è importante che gli amministratori ed i<br />

ristoratori locali si diano da fare per creare degli eventi e degli<br />

appuntamenti di un certo interesse, che non siano solo un fatto<br />

episodico. Per esempio, se si vuole promuovere il radicchio di<br />

Asigliano Veneto e con questo tutta l’area circostante, non ha senso<br />

fermarsi alla singola manifestazione di qualche giorno; si deve<br />

studiare, invece, un percorso enogastronomico, con serate a tema,<br />

che riesca ad attirare l’attenzione sul paese per almeno un mese.<br />

Alice Franceschi


12<br />

Il CLIMA CAMBIA. E LA VENDEMMIA?<br />

Assoenologi analizza la vendemmia 2007: la più scarsa degli ultimi 50 anni<br />

Sul riscaldamento globale due sono le correnti di pensiero: c’è chi si<br />

batte da anni a spada tratta predicando l’imminente ed inesorabile<br />

distruzione del pianeta per mano dell’uomo e chi, invece, vede nell’innalzamento<br />

della temperatura un semplice evento ciclico che si ripete<br />

dalla notte dei tempi. Volenti o nolenti, ci si deve capacitare che il<br />

pianeta sta mutando.<br />

L’autunno con i suoi colori e profumi è giunto alle porte e nell’aria si<br />

diffonde il suadente profumo di mosto, quella dolciastra sinfonia d’aromi<br />

che un domani sarà vino. Ma come si presenta la Vendemmia 2007? Per<br />

scoprirlo ci siamo recati in terra veronese, ai piedi del monte Tenda, in<br />

quello splendido borgo medioevale attorniato da colline di vigneti dai<br />

quali prende vita l’omonimo vino: Soave.<br />

Com’è ormai tradizione anche quest’anno Assoenologi (l’associazione<br />

nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli più antica e numerosa al<br />

mondo) ha proposto una chiave di lettura della vendemmia 2007. Quella<br />

di quest’anno è una delle vendemmie tra le più scarse degli ultimi 50<br />

anni, con i suoi 43 milioni e 200 mila ettolitri di vino segna un 13% in<br />

meno rispetto al 2006, mentre l'inferiore quantità di vino immessa sul<br />

mercato si tradurrà in aumenti di prezzo che andranno dal 5 al 20 per<br />

cento. Per trovare una vendemmia inferiore a quella attuale bisogna<br />

tornare al 1957, quando si produssero circa 43 milioni di ettolitri.<br />

Questa situazione è stata determinata dalle condizioni climatiche, come<br />

sottolinea Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi:<br />

“L'inverno 2006/2007 è stato fra i più miti e meno piovosi degli ultimi<br />

decenni, il mese di aprile il più caldo degli ultimi 50 anni, mentre quello<br />

di luglio, in particolar modo nel Centro Sud, il mese più afoso. Agosto<br />

ha fatto registrare temperature torride al Sud e nella media al Nord,<br />

dove alcune precipitazioni sono state alquanto benefiche per la vite”. Le<br />

operazioni di raccolta, in alcune zone, sono iniziate nella prima decade<br />

di agosto, con un anticipo che va dai 10 ai 20 giorni rispetto alla media.<br />

Proprio la situazione climatica ha determinato una segmentazione della<br />

produzione che secondo Assoenologi, grazie alle piogge di giugno e al<br />

caldo di luglio, consentirà comunque di ottenere una buona qualità, in<br />

alcuni casi eccellente.<br />

Il decremento produttivo, dilagante in tutta Europa, vede le sue<br />

maggiori punte nel Sud Italia ed in particolare in Sicilia dove, in certe<br />

zone, si raggiungono punte anche di -50% rispetto allo scorso anno.<br />

Dati negativi anche per il Veneto: basti pensare che il 90% della<br />

produzione dell'Amarone della Valpolicella è stato dichiarato perduto dai<br />

coltivatori della zona a causa delle forti grandinate. In decisa controtendenza<br />

le stime di altre regioni, come il Friuli Venezia Giulia, dove si<br />

prevede una produzione superiore del 10% rispetto al 2006 e un'ottima<br />

qualità dell'uva.<br />

Paolo Gasparin


LA GARGANEGA: CUORE DEL SOAVE<br />

Alla scoperta di un vigneto autoctono,<br />

vanto della tradizione veneta<br />

La Garganega è certamente un vitigno che può vantare un’antichissima presenza<br />

nel nostro territorio. È già citata nel 1200 da Pier de’Crescenzi, a dimostrazione<br />

della sua diffusione nel Veneto. Questo fatto è molto importante perché sono<br />

davvero pochi i vitigni che al tempo erano riconosciuti con un proprio nome,<br />

poiché venivano identificati per lo più in base alla zona di produzione.<br />

Per molto tempo si è solo ipotizzato che questo vitigno, per le sue caratteristiche<br />

colturali, avesse un’origine etrusca e che fosse giunta nelle attuali zone di<br />

produzione già a partire dal V secolo a.C. Oggi invece quest’ipotesi è comprovata<br />

dalle analisi del Dna svolte dall’Istituto Sperimentale di Viticoltura di Conegliano,<br />

che aprono spiragli di luce sulla sua filogenesi. Non solo, in base ad analisi portate<br />

anche su altri vitigni (Trebbiani, Grecanico, ecc) si sono scoperte vicinanze<br />

genetiche che svelano come questo vitigno abbia conferito un’impronta<br />

importante allo sviluppo della viticoltura dell’intera penisola.<br />

La riscoperta ed esaltazione della Garganega, autoctona per eccellenza, segna un<br />

ritorno alla tradizione per un vino che è una vera e propria “spremuta” di un<br />

territorio e di una vigna.<br />

Il Consorzio di Tutela Vini Soave è la prima realtà consortile italiana ad aver<br />

ottenuto la certificazione ambientale UNI EN ISO 14000 in quanto conforme al<br />

Sistema di Gestione Ambientale (SGA), a testimonianza dell’impegno nella<br />

valorizzazione e nella tutela del paesaggio come patrimonio dell’area produttiva<br />

e come primo strumento di lavoro dei produttori.<br />

Vittoria Bicego<br />

Grande successo per<br />

Soave Versus<br />

3.000 visitatori, 160<br />

Soave in libera<br />

degustazione, 2.000<br />

bottiglie stappate e<br />

43 aziende<br />

partecipanti. Questi<br />

sono i numeri<br />

dell’edizione 2007 di<br />

quello che è oramai<br />

un tradizionale<br />

appuntamento per la<br />

cittadina medioevale.<br />

Un evento che in questa edizione ha visto la<br />

presenza dei presidi Slow Food del Veneto, (dal<br />

Monte Veronese di malga alla Gallina Padovana,<br />

dall’Oca in Onto al Mais Biancoperla e molti altri)<br />

affiancati alle eccellenze del Delta del Po, a cura del<br />

Consorzio dei Pescatori di Goro di Ferrara. Una<br />

vetrina curata dal Consorzio Tutela Vini Soave, dalla<br />

Strada del Vino Soave e dall’Associazione Versus,<br />

ove le eccellenze enologiche della Doc si affiancano<br />

alle migliori produzioni tipiche di extravergini di<br />

oliva, salumi, formaggi, pane e dolci. Attraverso<br />

percorsi consigliati infatti, appassionati e operatori<br />

del settore hanno potuto gustare le specialità in<br />

assaggio abbinandole a quelli che sono tra i vini più<br />

esportati al mondo.


14<br />

I Colli Euganei:<br />

così lontani, così vicini<br />

Sono i Monti per i Padovani, "colli miti e sereni" per il Carducci<br />

Per tutti sono un territorio vocato che regala una grande varietà vinicola<br />

I colli Euganei sono un territorio non molto vasto, che arriva al<br />

massimo a 600 metri di altitudine, formato da una serie di rilievi a<br />

forma conica quasi regolare, con un microclima altrettanto regolare<br />

e terreni favorevoli alla cultura della vite, che da queste parti ha<br />

storia lunga.<br />

Il poeta latino Marziale trasse motivo di ispirazione per i suoi versi,<br />

dalla bellezza dei vigneti che ammantavano quasi interamente i colli;<br />

Tito Livio nei sui documenti storici, riporta la notizia secondo la quale<br />

i Galli invasero ripetutamente i territori padovani, attratti anche dalle<br />

buone vivande e dai pregiati vini. Questo accadeva nel periodo che<br />

va dal 59 a.C. al 19 d.C.. Francesco Petrarca, poeta ed umanista<br />

(1304-74) si fece costruire una splendida villa ad Arquà sui colli<br />

Euganei, circondata da Ulivi e Viti che egli personalmente curava.<br />

Angelo Beolco, detto il Ruzzante, autore medioevale cita a più<br />

riprese il vino fatto con uva Garganega, un prodotto autoctono dei<br />

Colli. Forse il termine "bere a garganella" deriva proprio dalla facilità<br />

beverina che questo vino ha sempre presentato, anche se ora la sua<br />

coltivazione è scemata a favore di vitigni francesi, oppure la si trova<br />

difficilmente in purezza.<br />

Vo' Euganeo era l'antica vadum romana, porto fluviale, quando<br />

l'Adige, con un suo ramo secondario, passava alla base dei Colli<br />

Euganei. Oppure guado sul canale Bisatto in tempi più recenti. Che<br />

il luogo sia da sempre dedito alla coltivazione dell' uva è indubbio,<br />

visto che una delle sue frazioni principali, Boccon, forse trae il nome<br />

proprio dal dio Bacco. Anche qui si ripete, come in buona parte dei<br />

Colli Euganei, la sfilata delle residenze delle grandi famiglie<br />

veneziane che hanno curato nei tempi la coltivazione della vite: villa<br />

Venier, villa Ferro cà Lando, Cà Morosini sono soltanto alcune fra le<br />

importanti. “Villa Sceriman” è sede di cantina, un po’ più lontano<br />

anche “La Montecchia” offre vini interessanti solo per citarne alcune.<br />

Dalla metà del Novecento si è dato inizio sui Colli ad una serie di<br />

iniziative per dare ordine alla coltivazione. Questa operazione ha<br />

avuto il suo culmine dopo il 1960 ove si è attuato un profondo<br />

rinnovamento delle viti ed è stato dato un inizio di ordine alle<br />

coltivazioni disordinate fin a quel momento in essere. Una premessa<br />

doverosa per giungere oltre che alla qualità del prodotto, sempre<br />

invocata, anche alla conquista della Denominazione di Origine<br />

Controllata, DOC. Sono state conservate molte uve a bacca bianca,<br />

mentre sono state inserite particolarmente uve di provenienza<br />

francese.


Le DOC euganee<br />

I Colli Euganei hanno 13 DOC ottenute dal 1969 in avanti.<br />

Attualmente è in atto una azione di recupero di vitigni autoctoni che<br />

si credevano scomparsi: il Pinello assieme al Serprino ed al Moscato<br />

sono alcuni esempi. Anche se il livello di eccellenza è ottenuto dagli<br />

uvaggi bordolesi nei Rossi e dai vitigni di origine Francese nei<br />

Bianchi.<br />

I Colli per alcuni prodotti hanno avuta sin dal 1969 la DOC. Oltre al<br />

Colli Euganei Bianco ed al Colli Euganei Rosso, esistono altre varietà<br />

costituite da monovitigni che hanno ottenuto la DOC: Cabarnet,<br />

Merlot, Moscato, Pinot Bianco e Tocai Italico. Per queste ultime due il<br />

disciplinare prevede almeno il 90 per cento di uva madre. La tipologia<br />

Bianco, che comprende anche versioni amabili e spumanti, è invece<br />

costituita in maggior parte dalla veneta Garganega (Colli Berici ed<br />

Euganei oltre alla provincia di Padova, Vicenza ed in parte Verona),<br />

con l'aggiunta di Serprina altra variante autoctona del Prosecco,<br />

Tocai, Sauvignon, Pinella (altro vitigno autoctono usato per lo più per<br />

tagli), Pinot Bianco, Riesling, e Chardonnay. Per la tipologia Rosso,<br />

infine, si parte da uve merlot tra il 60-80% completate da Cabernet<br />

Franc o Sauvignon, Barbera e Raboso. Il vino ha diritto alla dizione<br />

Superiore qualora raggiunga almeno i 12 gradi.<br />

Qualche parola in più da spendere per il Moscato dei Colli che risulta<br />

veramente un prodotto tipico della zona. Trae origine dall'antica<br />

tradizione di uve di probabile derivazione Greca portate in zona in<br />

epoche lontanissime. Gli impianti moderni hanno visto la progressiva<br />

scomparsa del Moscato Sirio, vitigno autoctono che sopravvive solo<br />

in qualche realtà, sostituito dal più resistente e produttivo (più<br />

buono?) Moscato di Canelli. Molto interessante anche una varietà<br />

locale di Moscato Giallo chiamata Fior d'Arancio.<br />

Il Moscato: Uve Moscato al 95-100% nelle caratteristiche sopra<br />

riportate. Minimo 10,5° gradi di alcool, nelle versioni tranquillo e<br />

vivace. Nella seconda versione è decisamente amabile. Ora si sta<br />

presentando una versione secca del Moscato che sta riscotendo<br />

molto successo.<br />

I Colli Euganei si stanno sempre di più avvicinando a quei livelli di<br />

qualità che la zona e tutto l'ambiente potenzialmente permettono.<br />

Direi che per molte Aziende serie della Zona questi livelli sono già<br />

raggiunti.<br />

Romolo Cacciatori


Sette malghe per Sette comuni<br />

per Sette formaggi<br />

Sette per tre in altopiano d’Asiago di certo non fa 21 e<br />

nemmeno 343.<br />

Si sa, l’altopiano di Asiago è formato da otto comuni e di<br />

malghe se ne contano settantasette di cui trentatre casare.<br />

I formaggi poi, sarebbe un’impresa ardua classificarli: ogni<br />

malga, ogni cotta, lotto e mungitura plasmano un formaggio<br />

diverso, sebbene vi sia un disciplinare rigido ed unico per<br />

tutti.<br />

Da giugno sino a settembre è possibile visitare le malghe, in<br />

particolar modo seguendo la bella manifestazione “Malghe<br />

aperte” che ogni anno Vicenza qualità e Coldiretti<br />

organizzano.<br />

Quest’anno si è aggiunto un evento speciale, la presentazione<br />

del Formaggio Asiago DOP con la menzione<br />

aggiuntiva Formaggio di Montagna, organizzato dal<br />

consorzio Tutela Formaggio Asiago e dalla Comunità<br />

Montana dell’Altopiano. Un’occasione per approfondire la<br />

conoscenza del territorio, dei malgari e del loro squisito<br />

prodotto. Guidati da Gianbattista Rigoni Stern, consulente<br />

naturalistico e vice direttore della comunità montana<br />

Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, c’è stata l’occasione<br />

di intraprendere un’interessante passeggiata scortati da una<br />

schiera di marmotte, in una giornata luminosa, ricca d’aria<br />

pura e fresca, fiori multicolori, profumi di montagna vera,<br />

ammaliati dai suggestivi riflessi argentei delle vette più alte.<br />

Un vero e proprio percorso in cui è stata presentata la storia<br />

dell’altopiano, illustrando lungo il percorso le molteplici<br />

varietà di erbe e fiori che compongono il pascolo, la sua<br />

Dall’alto: Antonio Rodighiero; Agnese e la nipote Anna Giorgia; il presidente di giuria Bruno Morara;<br />

Gaincarlo Bortoli consegna il primo premio a Roberto Frigo; il direttore del Consorzio Antonio Pozzan<br />

manutenzione e l’uso che ne viene fatto, fino alle tipologie<br />

di vacche presenti e le loro caratteristiche produttive. Giunti<br />

poi a malga Porta Manazzo, dove ci attendevano Antonio<br />

Rodighiero e la sua gentilissima famiglia, il presidente del<br />

consorzio Roberto Gasparini e il direttore Antonio Pozzan<br />

hanno preso la parola ed illustrato le caratteristiche di<br />

questo tradizionale Asiago di Montagna.<br />

In montagna l’allevamento è indispensabile per la<br />

manutenzione del territorio e lo scopo delle malghe è, oltre<br />

all’allevamento ed alla produzione lattiero-casearia, il<br />

mantenimento del pascolo di qualità, la conservazione del<br />

territorio e il maturale equilibrio della montagna a garanzia<br />

di un naturale ecosistema .<br />

Un regolamento assai preciso indica il giorno di carico del<br />

bestiame, proporzionato agli ettari di pascolo dati in<br />

concessione, la recinzione del territorio, il diserbo da specie<br />

infestanti, la manutenzione delle pozze, della malga e della<br />

casara. Un lavoro duro insomma, che inizia alle prime ore<br />

dell’alba e perdura tutto il giorno sino dopo il tramonto. Il<br />

lavoro di malga non è solo allevamento e produzione<br />

lattiero-casearia è molto di più; è l’amore per la montagna<br />

nel rispetto del territorio, un desiderio per il futuro.<br />

Ogni pascolo è unico, sia per la latitudine, l’altezza e la<br />

naturale inflorescenza. Quindi si può definire unico anche il<br />

formaggio prodotto in malga e proprio le differenti caratteristiche<br />

che compongono il territorio definiscono alcune<br />

peculiarità che vanno a differenziare un Asiago di montagna<br />

dall’altro.


Premio al miglior “formaggio di montagna”<br />

A dimostrazione delle peculiarità che il territorio conferisce al<br />

formaggio, vi è stato il concorso tra i sette formaggi Asiago dop che<br />

hanno aderito alla marchiatura nel 2007 (quest’anno sono otto le<br />

malghe aderenti al progetto). La giuria, presieduta da Bruno Morara,<br />

ha preso in considerazione i molteplici aspetti di questi prodotti che,<br />

sebbene realizzati con il medesimo disciplinare presentavano caratteristiche,<br />

aromi, profumi e consistenza diverse. Tutti di eccellenza, tutti<br />

di squisito assemblaggio di aromi e profumi e tutti assolutamente<br />

caratteristici. Ma come in tutti i concorsi c’è sempre un Primo ed in<br />

questo caso ha visto distinguersi più degli altri il formaggio prodotto<br />

da Roberto Frigo di Malga Larici.<br />

Una giornata ricca di emozioni, un’esperienza unica che ha<br />

entusiasmato i tanti intervenuti. Che in serata si sono ritrovati per<br />

festeggiare il formaggio di montagna al Ristorante Madarello di<br />

Asiago; qui l’abilità di Riccardo e della sua brigata hanno deliziato i<br />

palati con un menù studiato appositamente per l’occasione ed<br />

illustrato con spumeggiante verve da Alfredo Pelle. Mentre l’abbinamento<br />

dei vini, curato personalmente da Fausto Maculan, ha saputo<br />

valorizzare meritevolmente ogni portata, anche la più ardua: formaggi<br />

d’Asiago, mieli e confetture di Rigoni in abbinamento con Cabernet<br />

Sauvignon e Marzemina: il passito Madoro 2006.<br />

La tradizione esige che una serata si concluda con la grappa ed ecco<br />

allora le grappe della distilleria Brunello a chiudere questo giorno nei<br />

nostri cuori con un indelebile ricordo.<br />

Francesca Filippi<br />

i frutti più buoni della natura...<br />

Giambattista Rigoni Stern<br />

e Otello Fabris<br />

I produttori dei formaggi dop<br />

Giancarlo Bortoli<br />

e Roberto Gasparini<br />

L’enogastronomo Alfredo Pelle<br />

e lo chef Riccardo Cunico<br />

GREEN<br />

natura & sapori<br />

GREEN SRL Schio (VI) Via Lago di Trasimeno 48/e Tel 0445-575120 green.com@tin.it


18<br />

Lei, Lui, gli Amici<br />

Dall’alto:<br />

Il saluto dell’Amministrazione<br />

Comunale di Badia Calavena<br />

agli Amici del Durello<br />

Il chiostro<br />

dell’antica abbazia<br />

Da sinistra: Fongaro,<br />

Marcato, Cecchin,<br />

Lorenzoni,<br />

Sebastiano Caron<br />

e Andrea Bottaio<br />

I pistonieri<br />

dell’abbazia capitanati<br />

da Nereo Stopele<br />

LEI: la Durella<br />

Mi presento, sono l’uva Durella. Nessuno sa dirmi con esattezza quando io sia<br />

nata, di certo posso dirvi che abito qui, tra le valli a cavallo tra Verona e<br />

Vicenza, da sempre. Sui monti Lessini, terra vasta e varia sia sabbiosa che<br />

compatta, ho trovato il mio ambiente ideale, grazie ad un ph lievemente<br />

alcalino o tendente al neutro, a suoli di origine vulcanica con tufi basaltici, e<br />

un clima temperato umido.<br />

Ho superato guerre, carestie, epidemie, emigrazioni. Per il mio nettare sono<br />

stata amata e curata in lode al Signore da abati, monaci e vescovi, per secoli<br />

sono stata trasformata in vin santo pel Santo Gral.<br />

Creduta persino un bacco medico, sono stata usata più che altro come<br />

bevanda nelle calde estati a conforto delle fatiche del lavoro della terra. Ero<br />

ricercata per il taglio di uve grasse di pianura, essendo ricca di acido tannico<br />

necessario a chiarire e dare vivacità a vini deboli e ricchi di mucillagini,<br />

sebbene già a quel tempo davo un vino buono, limpido, secco, di sapore dolceacidulo<br />

che migliorava molto con l’invecchiamento.<br />

LUI: il Durello<br />

Mi trattavano tutti con sufficienza: mi credevano un vino duro per gente dura,<br />

mi chiamavano in causa solo per uso domestico, nessuno mi voleva vendere<br />

né acquistare. Così con il passare dei secoli, mi ero ormai rassegnato alla mia<br />

storia di emarginato, me ne ero fatto una ragione.<br />

I primi che mi hanno dato un po’ di coraggio sono stati, negli anni 50, Viscardo<br />

Montanari e Giuseppe Ceccarello che mi raccomandavano per comporre un<br />

vino che nelle loro intenzioni avrebbe potuto chiamarsi Arzignano bianco. Non<br />

se ne fece nulla, ma dall’intuizione di farmi unire a Chardonnay, Pinot Grigio e<br />

Pinot Nero nacque la nuova composizione del Monti Lessini Durello, sia nella<br />

versione tranquilla che in quella spumante.<br />

Dagli anni Cinquanta in poi è stato un crescendo di attenzioni nei miei<br />

confronti con continui perfezionamenti in vigna ed in cantina, tanto che 1987<br />

il Consorzio Tutela del Lessini Durello ha ottenuto la D.o.c.<br />

Oggi sono invidiato da tanti per il mio carattere deciso, l’alta percentuale di<br />

acido malico, la vivace acidità totale, dal colore giallo paglierino tenue, con<br />

riflessi verdognoli, il profumo vinoso delicatamente fruttato e caratteristico.<br />

Sono un prodotto unico, che si presta alla versione tranquilla, ma che esplode<br />

nella versione spumante metodo classico e diventa impareggiabile nella<br />

versione passita.


GLI AMICI, ovvero i Friends<br />

Una storia a lieto fine quella che ha per protagonisti l’uva Durella e il<br />

suo vino: da bistrattati che erano, oggi si sono guadagnati uno stuolo di<br />

sostenitori, tanto che intorno a loro si è creato persino un Fans club di<br />

professionisti del buon bere, il “Durello & Friends”. È un gruppo di<br />

giornalisti qualificati che ogni anno si ritrova per confrontarsi, valutare,<br />

ed esprimere le impressioni, dedicando una giornata a questo straordinario<br />

nettare, festeggiando le meritate sorti che ogni anno lo vedono<br />

conquistarsi nuovi estimatori.<br />

L’appuntamento di quest’anno, organizzato dal Consorzio Vini del<br />

Durello e gli Amici del Durello, con il sostegno di Veneto Agricoltura, è<br />

avvenuto nell’antico borgo cimbro di Badia Calavena, una amena<br />

località nell’alta Val d’Illasi ai confini della d.o.c. dei Monti Lessini. Un<br />

paesino reso famoso per la presenza di numerose pitture murali e<br />

dall’importante chiostro del Maffei nell’antica abbazia. Interessante la<br />

visita all’antica Pieve di S. Pietro in Nemore ed all’adiacente museo<br />

etnografico della Selce.<br />

Dopo i graditi saluti del presidente del Club Giornalisti amici del Durello,<br />

Sebastiano Caron, di Andrea Bottaio, presidente del Consorzio di Tutela<br />

Vino Lessini Durello, la mattinata è proseguita sotto l’attenta direzione<br />

di Aldo Lorenzoni valutando tre Durelli metodo classico, i quali hanno<br />

sorpreso per l’elevato equilibrio, la maturazione raggiunta e l’evoluzione<br />

in costante mutamento e perfezionamento del prodotto.<br />

Accompagnati poi al museo della Selce, Renato Fasolo ha guidato gli<br />

intervenuti in un percorso unico ed affascinante. Un momento culturale<br />

che ha piacevolmente intrattenuto gli ospiti sottolineando le peculiarità<br />

della località e che non poteva concludersi se non degustando i famosi<br />

gnocchi di malga da Selva, i succulenti bogoni da S. Andrea e le straordinarie<br />

torte alle erbe (maresina, melissa, menta, ecc.) da Sprea, oltre<br />

che l’innovativo gelato al durello dell’Abbazia di Badia. Il Durello,<br />

chiaramente, è stato compagno fedele di ogni portata nelle sue versioni<br />

Tranquillo, Spumante e Passito.<br />

A Badia Calavena una festa non è festa se mancano i Pistonieri<br />

Da sempre in questa località è in uso costruirsi in casa il proprio<br />

“trombino”: un’arma realizzata con lo scopo di effettuare il botto più<br />

forte. E più il botto è forte, più è bravo il suo costruttore.<br />

Nereo Stopele pazientemente ha spiegato tutte le caratteristiche di<br />

quest’arma ricavata da un unico pezzo di legno, a volte semplicemente<br />

rifinita, altre decorata riccamente. Ogni pezzo è unico, ha un peso che<br />

varia dai 20 ai 45 kg ed è costruito con canne appositamente forgiate<br />

utilizzando vari componenti recuperati in casa come le campane. Ne<br />

escono delle vere opere d’arte.<br />

L’ALTRA: la Saccola<br />

Nel ricco e piacevole contesto di<br />

questa giornata, gli Amici del<br />

Durello hanno avuto l’opportunità<br />

di conoscere e degustare in<br />

anteprima mondiale il vino prodotto<br />

con l’uva Saccola.<br />

Un vitigno oramai dimenticato e<br />

riscoperto da poco in soli tre piccoli<br />

appezzamenti di terreno. Voluta di<br />

proposito una vinificazione singola per ogni appezzamento, è stata<br />

sottoposta ad analisi e valutazione da parte dei convenuti.<br />

Si potrebbe definire un Durello rosso, dal colore rubino con riflessi<br />

viola aranciati, profumi di rosa, frutta rossa, spezie; di buona sapidità<br />

e persistenza, al palato ricorda gli agrumi, il lampone e la mora, ricco<br />

di acidità e nota astringente: nel complesso un’interessante novità. Un<br />

vino ancora giovane, sebbene ricco di storia, da perfezionare. Forse ci<br />

sarà l’esigenza, come per il Durello, di sposarlo con qualche altro<br />

vitigno.<br />

Roberto Gasparin


20<br />

Il “Montegrande”<br />

Da sinistra: Donato Ascani, Mario Quattrociocchi, Stefano Bison,<br />

Elena Cristofanon, Marco Rizzi, Riccardo Canella,<br />

Riccardo Bottari e Massimo Trentin<br />

premia i talenti veneti<br />

Al concorso per cuochi<br />

Under 30 vince Mario<br />

Quattrociocchi, uno<br />

chef dell’Antica Pesa<br />

di Stallavena di Grezzana (VR).<br />

Al secondo posto Riccardo Canella<br />

del Ristorante Baessato di Padova.<br />

Terzo Massimo Trentin,<br />

dell’Emozioni di Schio<br />

Si è disputata nelle cucine del ristorante Montegrande di Rovolon (Padova) la finale della quarta edizione<br />

del “Premio Montegrande”, concorso culinario ideato da Silvano ed Elena Cristofanon e riservato ai<br />

cuochi Veneti under 30.<br />

L’edizione 2007 ha coinvolto ben 79 cuochi provenienti dalle diverse province venete, riscuotendo un<br />

sorprendente successo e suscitando l'entusiasmo delle autorità e di molti appassionati del mondo<br />

enogastronomico.<br />

Palpabile la tensione fra i sei finalisti che hanno dato il meglio di loro, apportando delle piccole modifiche<br />

ai piatti già presentati nei due turni delle semifinali per renderli ancora più belli ed interessanti. Le<br />

migliorie sono state apportate seguendo le indicazioni fornite dai giurati stessi durante la prova<br />

precedente, in linea con la filosofia del concorso che mira ad una crescita personale e professionale dei<br />

giovani partecipanti. “Per diventare dei grandi chef non si può restare chiusi nelle proprie cucine, ma<br />

bisogna uscire, confrontarsi con i colleghi, vedere idee nuove da cui prendere ispirazione” ha detto il<br />

presidente della giuria, lo chef Gianluca Tomasi della Nazionale Italiana Cuochi, che da sempre partecipa<br />

a gare internazionali.


Una vittoria ispirata da Napoleone<br />

Quest’anno è stata la provincia di Verona ad<br />

aggiudicasi il primo premio: il vincitore è stato<br />

infatti il giovanissimo Mario Quattrociocchi, 21<br />

anni il prossimo novembre, proveniente da<br />

Frosinone e capopartita al ristorante Antica Pesa<br />

di Stallavena di Grezzana (VR). Il “Premio<br />

Montegrande” offre la possibilità di partecipare a<br />

tutti gli chef under 30 nativi od operanti nella<br />

regione Veneto: ecco perché lo chef dall’accento<br />

romano ha potuto guadagnarsi il podio<br />

dimostrando le sue abilità nell’interpretare le<br />

tradizioni culinarie venete. “Coscetta di pollo con<br />

cuore di gamberi di fiume e zucchine, carpaccio<br />

di pollo affumicato e gnocco ripieno al profumo<br />

di tartufo dei Lessini”, un piatto che coniuga<br />

perfettamente tradizione e innovazione. L’idea<br />

della combinazione del pollo con i gamberi è<br />

stata recuperata dalla ricetta storica del Pollo<br />

alla Marengo: si narra che Napoleone di ritorno<br />

vittorioso dalla battaglia di Marengo, abbia<br />

richiesto al cuoco del campo un piatto speciale<br />

con il pollo. Essendo periodo di guerra e non<br />

avendo molti ingredienti a disposizione, il cuoco<br />

si ingegnò ed andò a pescare i gamberi nel fiume<br />

vicino, improvvisando una ricetta divenuta poi<br />

celebre. Una rivisitazione di un antico piatto che<br />

Mario ha sviluppato servendosi di tecniche<br />

innovative, come la cottura sottovuoto a bassa<br />

temperatura della coscetta, che permette di<br />

mantenere integri i sapori e la morbidezza della<br />

carne. “Una vittoria ottenuta grazie all’impeccabile<br />

collaborazione del suo aiutante, Donato<br />

Ascani”: spiega lo chef del ristorante<br />

Montegrande Giampaolo Benato, responsabile<br />

del punteggio della lavorazione in cucina, che ha<br />

premiato con un ottimo voto la loro abilità e<br />

sintonia ai fornelli.<br />

Mario Quattrociocchi in autunno volerà a New<br />

York City per una settimana in cui avrà la<br />

possibilità di conoscere il backstage del famoso<br />

ristorante Le Cirque di Sirio Maccioni. A<br />

consegnargli il primo premio è arrivato<br />

direttamente dalla Grande Mela il manager<br />

padovano Benito Sevarin, da sempre un<br />

convinto promotore di questa iniziativa rivolta ai<br />

giovani chef veneti. Ha sottolineato l’importanza<br />

di iniziative come il Premio Montegrande, volte<br />

proprio a stimolare i giovani chef della cucina<br />

italiana molto apprezzati anche all’estero.<br />

Il secondo premio, un viaggio di una<br />

settimana a Sharm el Sheik offerto dall'azienda<br />

Polo Spa, è stato assegnato allo chef padovano<br />

Riccardo Canella, 22 anni di Mestrino (Padova),<br />

chef da Baessato in centro a Padova, che con il<br />

piatto “Tre dimensioni per il pollo ruspante” ha<br />

proposto tre interpretazioni del pollo: le alette<br />

fritte, il petto con i piselli di Baone e le cosce con<br />

le albicocche di Vò Euganeo.<br />

Il terzo premio è andato invece ad vicentino, il<br />

giovane e promettente Massimo Trentin, patron<br />

del ristorante Emozioni di Schio (VI), che ha<br />

proposto una personale rivisitazione della ricetta<br />

del baccalà alla vicentina: il “Pollo ruspante alla<br />

vicentina con poenta e latte e spuma di piselli e<br />

liquirizia”. A lui un prestigioso set di coltelli da<br />

lavoro firmato dalla Nazionale Italiana Cuochi e<br />

una targa in cristallo per essersi aggiudicato<br />

anche il Premio Speciale per il piatto visivamente<br />

più appetibile per cromia, disposizione e<br />

originalità.<br />

Agli altri tre finalisti che non hanno raggiunto il<br />

podio è stato offerto un corso di aggiornamento<br />

di cucina o pasticceria.<br />

Paolo Gasparin


22<br />

Pagina a cura della Cantina Beato Bartolomeo<br />

IL TORCOLATO BOSCO GRANDE<br />

VA A NOZZE IN ALTO ADIGE<br />

Daniele Cossalter della Trattoria Ponte delle Bele<br />

propone una degustazione di formaggi dell’Alto Adige per<br />

esaltare il Torcolato Bosco Grande Beato Bartolomeo<br />

Dentro: Tirolo, con l’arredamento in stile montano e tante<br />

ricette Alto Atesine preparate con cura e passione. Fuori:<br />

Vicenza, con piazza Castello e corso Palladio a due passi. È la<br />

Trattoria Ponte delle Bele, gestita da Daniele e Maria Silvia<br />

Cossalter, vicentini con l’Alto Adige nel cuore. A Bolzano e<br />

dintorni ci vanno ogni volta che possono per portare a casa gli<br />

ingredienti della loro cucina.<br />

Dalle montagne Daniele e Maria Silvia tornano con la macchina<br />

carica di pane di segale (l’originale Schuttelbrot), le salsicce<br />

Daniele Cossalter tirolesi, la senape e tanti formaggi d’alpeggio e di latteria. Li<br />

seleziona per loro Hansi Baumgartner, un signore che qualche<br />

anno fa gestiva un ristorante stellato e oggi si è messo a girare per malghe a scegliere forme<br />

che poi stagiona nei suoi locali di Varna, vicino a Bressanone. È lui a consigliare a Daniele le<br />

pezze migliori.<br />

Una volta a Vicenza però Daniele re-inventa e contamina con elementi vicentini. “Questi<br />

formaggi così cremosi – spiega Daniele – sono l’ideale per essere abbinati ad un vino passito.<br />

E cosa meglio del Torcolato? Tanto più che in Alto Adige passiti non ce ne sono…”<br />

Nel connubio Alto Adige-Vicenza rientrano anche i piatti più classici di casa nostra, come il<br />

bacalà, gli asparagi di Bassano e una buona selezione di vini del territorio. “Lavoro molto con<br />

i prodotti Beato Bartolomeo – prosegue – in particolare con la linea Bosco Grande che trovo di<br />

ottima qualità e con tutte le versioni del Vespaiolo, sia tranquillo che frizzante e spumante.<br />

Degustazione di formaggi<br />

con composta di cipolla rossa di Tropea<br />

Nella foto partendo dal centro, in senso orario, si possono vedere:<br />

Mignolo (detto anche Gaider del Renon)<br />

affinato nel Lagrein<br />

Puzzone di Moena<br />

Doppia Panna<br />

Stiria Blu (lievemente erborinato)<br />

Graukase (il celebre formaggio grigio, dal gusto forte e acidulo)<br />

affinato nei Fiori di montagna<br />

affinato nella Farina di Pere<br />

Insieme, miele di acacia e una confettura di Cipolla rossa di Tropea, preparata facendo bollire le cipolle<br />

con fiori d’arancio e chiodi di garofano. Senza l’aggiunta di addensanti, la bollitura prosegue fino al<br />

raggiungimento della densità desiderata.<br />

Il Torcolato Riserva Bosco Grande è<br />

ottenuto da un'attenta selezione dei<br />

grappoli migliori di uva Vespaiola<br />

coltivata nell'azienda agricola Bosco<br />

Grande. Il procedimento segue<br />

fedelmente i dettami della tradizione<br />

breganzese del Torcolato: dopo la<br />

vendemmia in piccole cassette, i grappoli<br />

vengono lasciati passire in ambienti<br />

secchi e ventilati (come lo erano i granai<br />

delle case un tempo) fino alla metà di<br />

gennaio. Gli acini, ormai avvizziti dal<br />

lungo appassimento, vengono quindi<br />

torchiati per ricavarne un succo denso e<br />

dolcissimo che fermenterà lentamente e<br />

si affinerà in piccole botti di rovere per<br />

almeno due anni.<br />

Il Torcolato Bosco Grande è caratterizzato<br />

dal colore dorato brillante. I suoi profumi<br />

sono intensi, con la preponderanza del<br />

miele, sentori di mandorle dolci e acacia.<br />

In bocca è avvolgente, armonico: la sua<br />

dolcezza è ottimamente bilanciata<br />

dall'acidità naturale dell'uva vespaiola. E'<br />

molto persistente.<br />

Si abbina ai dolci a pasta secca ed è<br />

favoloso come accompagnamento del<br />

Fois gras o di formaggi erborinati e<br />

stagionati.


Pagina a cura di Gianni Lievore<br />

Il forno misto, il cuore della cucina<br />

I forni misti a convezione-vapore sono oggi<br />

considerati il cuore pulsante delle cucine moderne,<br />

una macchina tecnologicamente all'avanguardia che<br />

permette all'utilizzatore di esprimere al meglio tutta<br />

la sua professionalità e fantasia gastronomica.<br />

Si caratterizzano per la possibilità di scegliere diversi<br />

sistemi di cottura, tra i quali:<br />

• CONVEZIONE: associa al calore l'aria forzata<br />

mediante una ventola interna che ne migliora la<br />

distribuzione riducendo i tempi di cottura dei<br />

tradizionali forni statici;<br />

• VAPORE: grazie alla produzione di vapore indiretto,<br />

tramite boiler, o diretto con immissione di acqua in camera,<br />

permette la cottura degli alimenti che normalmente<br />

vengono cotti per immersione, ma con ridotta perdita dei<br />

valori nutrizionali, dei colori e del gusto degli stessi;<br />

• MISTO: abbina la cottura a convezione con il<br />

vapore consentendo di ottenere una forte riduzione<br />

dei tempi, una maggiore morbidezza delle carni che<br />

risultano dorate esternamente, morbide e succose<br />

internamente;<br />

• AUTOCLIMA: sistema di controllo dell'umidità che<br />

permette di creare e mantenere costante nella<br />

camera di cottura il clima più adatto alle pietanze che<br />

si stanno cucinando;<br />

• FAST DRY: evacuazione rapida dell'umidità che<br />

consente di gratinare, friggere e rosolare con grande<br />

efficacia.<br />

Notevoli sono i vantaggi rispetto alle vecchie stufe,<br />

come la minor perdita di peso degli alimenti, l'esaltazione<br />

dei colori e dei sapori, la capacità fino a<br />

quaranta teglie in poco più di un metro quadro, la<br />

visibilità del prodotto durante la cottura, le molteplici<br />

funzioni di cottura (convezione, vapore, vapore<br />

termostatato, mista convezione-vapore, cotture con<br />

sonda), il lavaggio integrato, la possibilità di<br />

programmare cotture diverse.<br />

Ricordate:<br />

In un forno dell'ultima generazione non devono<br />

mancare le seguenti peculiarità:<br />

• semplicità di utilizzo<br />

• interattività (possibilità di modificare i programmi<br />

preimpostati e salvarli)<br />

• pulibilità con sistemi di lavaggio efficaci e sicuri<br />

• alto rendimento per un minor consumo di energia<br />

• ventole con inversione e velocità variabile per una<br />

migliore uniformità di cottura<br />

• sonde al cuore con più punti di rilevazione della<br />

temperatura<br />

• affidabilità e robustezza<br />

• costi di manutenzione ed assistenza ridotti


24<br />

abc<br />

di Amedeo Sandri<br />

VIZI E VIRTÙ DELL’OLIO D’OLIVA<br />

Come degustarlo e scoprire se è davvero di qualità<br />

Occorre cominciare col ricordare che una degustazione corretta di olio d’oliva non si riferisce<br />

soltanto al gusto ma coinvolge tutti i sensi, e che la salute del degustatore, persino il suo<br />

umore, influiscono sul risultato.<br />

La degustazione si compone di stadi: aspetto visivo, olfattivo, gustativo, tattile.<br />

La vista<br />

Dal punto di vista cromatico l’olio d’oliva può apparire dal giallo paglierino fino al verde, dal<br />

punto di vista della limpidità può essere sia opalescente che quasi trasparente. In sé questi<br />

fattori non determinano la qualità dell’olio e in alcuni casi nemmeno la tipologia. Per quanto<br />

riguarda l’opalescenza è bene sapere che l’olio d’oliva nasce opaco, la sua limpidità è causata<br />

da una filtrazione delle parti in sospensione; va da sé che eliminare qualcosa impoverisce il<br />

prodotto e ne limita le sue specifiche caratteristiche. D’altra parte, però, l’eliminazione delle<br />

mucillagini, che rischiano col tempo e con la luce di depositarsi e di degenerare, permette una<br />

più facile e più lunga conservazione. Si potrà quindi definire torbido l’olio che non ha subito<br />

nessuna filtrazione, velato quello intermedio, limpido quello l’olio totalmente decantato, senza<br />

alcuna sospensione, sapendo che con questi aggettivi non si esprime un giudizio, ma si indica<br />

una caratteristica. Ciò consente qualche considerazione in più: non compreremo un olio torbido<br />

vecchio, ma se vogliamo qualcosa di eccezionale, dobbiamo avere un olio intero, torbido<br />

appunto, consumandolo però nella sua più esaltante giovinezza.<br />

Per quanto riguarda il colore, la ricchezza di sfumature è infinita: dal giallo paglierino, al giallo<br />

tenue, al dorato, all’oro, al verdognolo, al verde, al verdone. È la più evidente denuncia della<br />

provenienza, ma anche in questo caso, è bene conoscere una regola generale: l’olio tende a<br />

variare chimicamente a causa del tempo e della luce, ossidandosi, per cui è meglio diffidare dei<br />

colori oro antico, dei giallo molto carico, delle tendenze al rossiccio o al bruno, in sinonimi<br />

evidenti di ossidazioni già in atto. Inoltre è bene sapere che il verde può essere dato sia da una<br />

raccolta eccessivamente prematura, che da forti sentori di clorofilla, sia da una miscela con<br />

aggiunta del cosiddetto “verdone”, che potrebbe fortemente alterare le caratteristiche organolettiche<br />

del prodotto, cambiandone in modo significativo il gusto. Infine, per quanto riguarda<br />

l’aspetto visivo, bisogna tener conto che l’olio fresco è brillante e vivace e perde col tempo la<br />

sua capacità di riflettanza diventando più spento e tenue.


I profumi<br />

L’esame olfattivo è indubbiamente l’esame più complesso perché il nostro<br />

olfatto è infinitamente più selettivo del nostro gusto, ed anche se siamo<br />

abituati ad attribuire normalmente il piacere di un buon cibo al gusto in<br />

bocca, nella realtà, l’aspetto olfattivo è predominante. È necessario, per<br />

prima cosa, distinguere i pregi dai difetti. Può sembrare una cosa ovvia,<br />

ma troppo spesso l’abitudine ad un difetto entra nella nostra memoria e<br />

determina quel fattore come necessario fino a considerarlo un pregio.<br />

Sono invece pregi in un olio tutti quegli aromi che ricordano i fiori, le varie<br />

erbe, il sottobosco, le verdure, il fruttato; sono indubbiamente difetti le<br />

muffe, i sentori di rancido, di marciume, di morchia. Prendiamo dunque<br />

un bicchiere a tulipano, agitiamolo facendo roteare poco olio e, tenendolo<br />

con la mano aperta, in modo da saldarlo, per far si che le sostanze volatili<br />

si liberino più facilmente, portiamo il nicchie prima ad una narice, poi<br />

all’altra, poi ad entrambe, aspirando fortemente e per breve tempo,<br />

ripetendo l’operazione a distanza per avere la conferma di quanto si è<br />

sentito.<br />

Il gusto<br />

Ma veniamo all’esame gustativo. Premesso che per gustare un olio non<br />

bisogna ingerirlo (questo vale per tutti i tipi di degustazione, ma per l’olio<br />

d’oliva ha un significato particolare in quanto la soglia di saturazione è<br />

Vizi e virtù dell’olio d’oliva<br />

estremamente bassa), è buona norma distribuire l’olio in tutta la cavità<br />

orale, facendolo passare dalla punta della lingua , poi al dorso, poi ai lati,<br />

prima di aspirare. L’esame gustativo infatti non può essere disgiunto da<br />

quello olfattivo e nemmeno da quello tattile, in quanto tutto vene assunto<br />

insieme. Compito specifico dell’esame gustativo è comunque quello di<br />

percepire la componente dolce amaro e la componente di sapidità<br />

dell’olio, ma è dall’insieme dell’attività dei sensori del gusto e dell’olfatto<br />

che percepiamo i riferimenti più complessi, i rimandi al carciofo, al<br />

pomodoro, al fumo, alle spezie.<br />

Il tatto<br />

L’aspetto tattile, sempre da analizzare in bocca, è dato sia dal grado di<br />

piccante dell’olio che stimola i percettori, sia dal grado di untuosità e di<br />

densità. Quando gli esami sono stati effettuati, si comincia ad esprimere<br />

un giudizio che dovrà tener conto di tutti i fattori e soprattutto dei<br />

rapporti armonici fra i fattori stessi.<br />

Per meglio orientarci nella terminologia utilizzata, si rende necessario un<br />

“glossario” ai fini di poter definire metodologicamente alcuni parametri<br />

relativi alla degustazione, glossario che rimandiamo al prossimo numero<br />

di <strong>Gustolocale</strong>.<br />

Amedeo Sandri


26<br />

I cereali tra “i sapori d’autunno”<br />

Alla manifestazione di Lonigo si sono riscoperte tante varietà di cereali coltivate in provincia.<br />

Per dare nuovo impulso all’agricoltura e nuove idee alla cucina<br />

Mariangela Spiller, responsabile attività organizzative Coldiretti Vicenza<br />

e Paolo Cazzola, presidente cooperativa "Le valli" di San Germano dei Berici<br />

Con l’arrivo dell’autunno, anche la nostra tavola assume un accento<br />

tutto particolare fatto di prodotti della tradizione, di sapori genuini e<br />

di profumi di una volta. Ad accogliere la nuova stagione ci ha pensato<br />

“Colori d’autunno”, un evento promosso da Regione Veneto, Provincia<br />

di Vicenza, Vicenza Qualità, Coldiretti Vicenza e Comune di Lonigo,<br />

che si è svolto nella cittadina del Basso Vicentino dal 14 al 16<br />

settembre. Un appuntamento importante con il gusto, che ha saputo<br />

valorizzare il lavoro e l’impegno di tante piccole e medie aziende<br />

agricole del territorio, regalando ad appassionati ed intenditori<br />

l’occasione per degustare le più svariate specialità enogastronomiche.<br />

La manifestazione è stata inaugurata il giorno 13 settembre con una<br />

cena rivolta ad esperti del settore presso l’agriturismo “Palazzetto<br />

Ardi” di Gambellara. La tradizione e l’innovazione si sono incrociate in<br />

un menù concepito“a Km 0” ovvero “dal produttore al consumatore”,<br />

dove i piatti tipici, interpretati dall’azienda ospitante, hanno trovato<br />

spazio accanto a quelli più elaborati, ad opera dell’istituto alberghiero<br />

“Artusi” di Recoaro. Ad una“spuma di patate al tartufo dei Berici” e a<br />

degli “spiedini con polenta di mais biancoperla e fichi” proposti come<br />

antipasto, sono seguiti una “minestra di riso e fagioli” e del “farro<br />

mantecato con burro di malga ed erbe aromatiche”, mentre i secondi<br />

hanno portato sulla tavola dei “rollini di vitellone con caprino e<br />

misticanza” e delle “pagine di vitellone con polenta di mais Marano”.<br />

Per terminare alcuni dolci sapori d’autunnno, tra cui una “torta<br />

morbida di nocciole”, una “torta di riso” e “un sorbetto al mosto<br />

d’uva”.<br />

Protagonisti indiscussi i cereali: il mais, nella varietà Marano e Bianco<br />

Perla; il farro, consigliato come alternativa alla coltivazione delle<br />

patate nei terreni pianeggianti, ma anche nelle zone di montagna; il<br />

riso, nelle sue diverse interpretazioni; il grano duro, destinato alla<br />

filiera della pasta “made in Italy”; il grano tenero, impiegato da alcuni<br />

anni nella panificazione di tipo tradizionale. In questo contesto di<br />

esaltazione della produzione cereaicola della zona, ha occupato un<br />

posto d’onore il pane, biologico e cotto in forno a legna, che è stato<br />

proposto in diverse soluzioni: pane con i fichi, pane con la zucca<br />

marina, pane di grano integrale con lievito madre, pane di farro con<br />

lievito madre, pane di kamut con lievito madre, pane di farro<br />

monococco, da uno dei più antichi farri, opportunamente selezionato<br />

dall’istituto di genetica “Strampelli” di Lonigo.<br />

EDUCARE AI BUONI SAPORI<br />

Dopo l’ouverture enogastronomica, teatro della manifestazione è<br />

stato per lo più il Parco Ippodromo di Lonigo, dove sono stati<br />

organizzati momenti dedicati al gusto ed attività formative. Nella<br />

giornata del 14 settembre, dedicata al tema dell’acqua, si sono svolti<br />

degli incontri didattici per le scuole medie sul ciclo dell’acqua e sul suo<br />

valore ambientale, al fine di stimolare una crescita della cultura<br />

ecologica nei giovani. In serata l’argomento è stato approfondito con<br />

un convegno dal titolo “Acqua, fonte di vita” presso Villa Giovanelli. Il<br />

15 settembre si è parlato, invece, di cereali con il laboratorio “Le mani<br />

in pasta”, che ha insegnato ai piccoli delle elementari come fare il<br />

pane, e con una cena a base di zuppe di cereali, polenta e spezzatino<br />

su sottofondo di canti popolari. La giornata culmine di domenica 16<br />

settembre si è aperta con un’escursione sui colli alla scoperta delle<br />

vecchie fontane di Lonigo, e poi di nuovo all’Ippodromo per la mostramercato<br />

dei prodotti tipici, la fattoria didattica in piazza, gli stand<br />

enogastronomici e la degustazione di vitellone allo spiedo.<br />

Alice Franceschi


SCHEDA VINO CAVRARA NERA<br />

CLASSIFICAZIONE: Vino ROSSO del VENETO IGT<br />

DESCRIZIONE: :. Vino prodotto con uve autoctone e di alta qualità. A<br />

bacca rossa, leggermente appassite. Il colore è rosso rubino vivo. Ha i<br />

profumi caratteristici e delicati dell’area Berica. Il sapore è asciutto, di corpo,<br />

amarognolo, sapido ed armonico<br />

ABBINAMENTO: : Si abbina a piatti saporiti della tradizione veneta<br />

quali primi e secondi di selvaggina, formaggi stagionati e funghi.<br />

PROVENIENZA: : varietà presente nei Colli Berici e nel Vicentino che<br />

citata dall’Acerbi dal 1825 e rivalutata dall’agronomo Dalmaso nel 1939<br />

il quale la colloca tra le varietà più resistenti alle crittogame e al<br />

marciume.<br />

VITIGNO: CAVRARA NERA - RESA Ha: 20 hl<br />

VENDEMMIA: fine settembre<br />

VINIFICAZIONE: le uve vengono raccolte ad una maturazione tardiva. La<br />

fermentazione in rosso avviene con controllo della temperatura e lunga<br />

macerazione delle vinacce, segue la svinatura e la maturazione in serbatoi<br />

di acciaio per due anni; Prima di essere posto in vendita il Cavrara Nera<br />

matura in bottiglia per almeno nove mesi.<br />

Bigoli all’anitra con zeste d’ arancia<br />

Ingredienti per 4 persone:<br />

400gr di bigoli di farro al torcio, 1 anitra preferibilmente allevata in casa<br />

1 scalogno, 5 ciuffi di salvia, 1 filetto di acciuga, 1 arancia, 2 cucchiai di olio<br />

extravergine dei colli berici<br />

Preparazione: Cuocere l’anitra salata e pepata, pulita dalle interiora, per 12 ore<br />

circa, al forno a 70 gradi. Dopodichè tagliare a cubetti la carne libera di pelle e<br />

nervetti. Fare il soffrito con lo scalogno e acciuga, aggiungere poi il cuore e i<br />

fegatinie bagnarlo con del cognac e olio extrav. dei berici. Cuocere per 18 min. i<br />

bigoli e saltarli poi in padella con un cucchiaio di fegatini cuore e 2 cucchiai di ragu’.<br />

Presentazione: Guarnire il piatto con zeste d’arancia e salvia croccante, per finire<br />

una pepata come tradizione vuole<br />

Ricetta creata da Marco Carollo chef del ristorante “Statale 46” di Valli del Pasubio


28<br />

T<br />

iramisù<br />

decostruito<br />

Il Tiramisù di Ferran Adria<br />

La cucina destrutturata:nuova frontiera?<br />

Non è ancora una moda ma, al pari della nouvelle cuisine, la cucina<br />

destrutturata si sta proiettando nel mondo della ristorazione. Fondatore<br />

di questa nuova pratica gastronomica è lo chef spagnolo Ferran Adria<br />

che opera principalmente nel Ristorante el Bulli a Girona in Spagna.<br />

Il mitico cuoco ha proposto la sua filosofia in cucina in uno straordinario<br />

volume (“elBulli 1998-2002” - elBullibooks) dove, in poche pagine,<br />

La rubrica Arte in Tavola è a cura<br />

del Prof. Piergiorgio Casara<br />

“filosofo enogastronomo"<br />

e della prof. Cristina Borin<br />

“docente di storia dell'arte”<br />

Ferran Adria propone un tiramisù decostruito in cui i diversi ingredienti, sono<br />

separati tra di loro e presentati in una composizione interessante, anche se di<br />

non immediata riconoscibilità (qualcuno sostiene che, a questo punto, non è più<br />

corretto chiamarlo tiramisù. Il dibattito è aperto)<br />

La fetta di pan di spagna al cioccolato, tagliata a triangolo, i cilindri di panna e<br />

mascarpone (lavorati con gelatina e inseriti in un “tubo” di carta oletata), lo<br />

specchio rotondo di crema zabaione e la mezzaluna di cioccolato fondente<br />

caratterizzano la struttura visiva secondo un principio geometrico: un vero gioco<br />

tra elementi curvilinei e rettilinei. E’ una preparazione molto ricca da tutti i punti<br />

di vista e presenta il rischio di creare una presentazione troppo disordinata, quasi<br />

accatastata Ma le assi cartesiane, disegnate nel piatto con il cioccolato fondente,<br />

garantiscono ordine e unità alle varie componenti inserendo i vari elementi entro<br />

uno spazio ben definito. Le forme verticali e orizzontali conferiscono all’”oggetto”<br />

una presenza plastica, quasi scultorea, arricchita dal raffinato cromatismo. Il<br />

grafismo decorativo delle striscioline di buccia d’arancia, caramellate e fatte<br />

raffreddare su carta oleata, forma un arabesco: legando la preparazione in un<br />

intreccio, la configura con maggiore armonia. La leggera spolveratina di cacao<br />

attenua il candore eccessivo dei cilindri di panna e mascarpone.<br />

Dal punto di vista cromatico c’è una variazione tonale su una base coloristica<br />

omogenea: nel suo insieme è armonica, come peraltro la consistenza materica e<br />

volumetrica dei cibi.<br />

enuncia le operazioni e i modi di quella che lui stesso chiama cucina<br />

destrutturata, definendola come “un metodo che consiste nel disgregare<br />

ciascuno degli elementi di un piatto e sottometterlo a modifiche”. In<br />

pratica, Ferran Adria prende una ricetta tradizionale, separa in modo<br />

marcato gli ingredienti, rielaborando i materiali al fine di creare dei piatti<br />

dotati di una qualità nuova e personale. La novità può concretizzarsi in


alcune variazioni limitate, in rapporto agli ingredienti usati, fino ad<br />

arrivare alla costruzione di piatti nuovi dal punto di vista gustativo,<br />

formale ed estetico. In particolare lo chef spagnolo propone quella che,<br />

secondo la filosofia di Jacques Derrida, è detta decostruzionismo. Il cuoco<br />

può giocare su nuovi livelli cromatico-formali, ottenere composizioni<br />

interessanti proponendo soluzioni estetiche che obbligano il commensale<br />

a nuove interpretazioni (oltrechè nuove emozioni).<br />

Il tiramisù della foto esprime in maniera esemplare il metodo in questione<br />

entro una cornice formale, plastica e cromatica particolarmente rilevante,<br />

nella convinzione che la percezione estetica offerta al degustatore-cliente<br />

possa potenziare in modo significativo l’esperienza degustativa. L’effetto<br />

cromatico, la percezione materica e anche l’apprezzamento complessivo<br />

per la composizione aggiunge valore e qualità al momento degustativo.<br />

Aggiungiamo la convinzione che il ricordare entro una forma significativa<br />

Tiramisù decostruito<br />

Consideriamo più concretamente il<br />

tiramisù (tirami su) che è poi anche<br />

una ricetta tradizionale del Veneto<br />

(tirame su). E’ un dessert freddo, al<br />

cucchiaio, di creazione recente, di<br />

origine trevigiana o veneziana che<br />

comunque già si presenta con una<br />

notevole serie di varianti (ne ha<br />

discusso il gastronauta Davide Paolini<br />

in uno degli ultimi “a me mi piace”,<br />

rubrica di gastronomia nella Domenica<br />

del Sole 24 ore). La ricetta base<br />

prevede l’uso del caffè, della crema al<br />

mascarpone, dei savoiardi, del cacao<br />

amaro in polvere. Consideriamo<br />

tuttavia una variante, un pochino più<br />

raffinata e meno “casalinga”. Ecco la<br />

ricetta.<br />

Tempo di esecuzione: 30 minuti<br />

Dosi per 6 persone<br />

Ingredienti:<br />

5 uova freschissime<br />

250 gr di mascarpone<br />

250 gr di panna fresca montata<br />

150 gr di zucchero semolato<br />

6 tazzine di caffè freddo<br />

6 cucchiai di Marsala secco<br />

30 savoiardi o un pan di spagna di 25<br />

cm di diametro<br />

20 gr di cacao in polvere<br />

100 gr di cioccolato fondente per la<br />

decorazione<br />

Preparare una crema zabaione<br />

montando a bagnomaria su fuoco dolce<br />

5 tuorli d’uovo, lo zucchero, il Marsala;<br />

farla raffreddare, sbattendola costantemente.<br />

Amalgamare la panna<br />

montata e il mascarpone, aggiungendo<br />

la crema zabaione raffreddato,<br />

mescolando delicatamente dal basso in<br />

alto, fino ad ottenere una crema<br />

morbida e omogenea. Stendere sul<br />

fondo di una pirofila rettangolare un<br />

terzo della crema e sistemarvi sopra<br />

10/12 savoiardi o il pan di spagna a<br />

fettine inzuppati di caffè, sistemandoli<br />

molto vicini tra di loro. Stendere sopra<br />

un altro strato di crema e disponetevi<br />

sopra un altro strato di savoiardi<br />

imbevuti nel caffè e così via fino a<br />

terminare con un ultimo strato di<br />

crema.. Spolverizzare di cacao amaro<br />

con un piccolo setaccio. Trasferire in<br />

frigorifero per un paio d’ore. Servire<br />

freddo,decorando con abbondanti<br />

trucioli di cioccolato fondente.<br />

Arte in tavola<br />

i singoli ingredienti operi sulla memoria, generando un’attesa e una<br />

valorizzazione determinata dall’effetto “doppia vista”. E’ come se, prima<br />

di entrare in contatto gustativo con il cibo tornasse alle memoria sensitiva<br />

il ricordo della prima intatta esperienza di quell’ingrediente. Nel caso del<br />

tiramisù, un’esperienza dell’infanzia: il cioccolato, la panna, il<br />

mascarpone, la polvere di cacao. Siamo convinti che la cornice estetica<br />

favorisce questo affioramento memoriale a valorizzare l’esperienza<br />

primaria del piacere e del bello. Non suoni irriverente ricordare in questa<br />

sede Luigi Meneghello, una delle voci più autorevoli della letteratura<br />

italiana del ‘900. Lo scrittore maladense, recentemente scomparso, nella<br />

sua opera più famosa, Libera nos a malo, sostiene il potere evocativo che<br />

ha la parola del dialetto: la capacità di restituire la memoria degli oggetti<br />

percepiti per la prima volta, dell’infanzia. Davanti al tiramisù si ritorna<br />

bambini.


30<br />

Ricordi d’estate<br />

C’era una volta un campo di grano…<br />

Quando eravamo bambini l’arrivo dell’estate era un momento<br />

veramente speciale, rispettava più o meno la data del solstizio e poi<br />

preannunciava una stagione dall’andamento prevedibile e regolare.<br />

Gli abitini senza maniche o i calzoni corti si indossavano quasi<br />

sempre ad anno scolastico ultimato e, animati dal desiderio di<br />

libertà e dalla gioia di essere in vacanza, ci si radunava spesso in<br />

gruppi per lasciare le poco frequentate strade di paese alla volta<br />

della campagna.<br />

La provincia vicentina di allora era meno industrializzata e la sua<br />

pianura ci appariva come un’immensa pagina suddivisa in quadretti<br />

colorati con le più svariate tonalità del marrone, del verde e del<br />

giallo. Il primo indicava semplicemente la presenza della nuda terra,<br />

il verde stava per i filari dei gelsi e le coltivazioni di granoturco, vite,<br />

erba medica. Il giallo, o per meglio dire l’oro, testimoniava la<br />

presenza di piante di orzo e, soprattutto, di grano. Di esso i<br />

contadini spiavano la crescita già da alcuni mesi, dal momento in<br />

cui lasciava intravedere i suoi primi germogli e poi, sfidando piogge,<br />

brina e gelate, cresceva fino a trasformarsi in spighe irte e forti.<br />

Assoluta la bellezza estiva di un campo di grano nel suo ondeggiare<br />

,con la sua immensa distesa di spighe, dapprima verdeggianti, poi<br />

bionde ed infine dorate, pronte, mature e impossibile non riandare<br />

con il pensiero alle macchie rosso acceso dei papaveri e quelle<br />

celesti dei fiordalisi. Il campo rappresentava poi un richiamo irresistibile<br />

per innumerevoli tipi di uccelli ed insetti, che, ignari della<br />

calura estiva riempivano l’aria di canti e versi. Anche il grano<br />

piegato dalla brezza o dal vento regalava i suoi suoni e circondati<br />

dal silenzio della campagna: si restava ad ascoltare e sembrava che<br />

il tempo si fermasse nel sentire le spighe sfiorarsi e, per lo strofinio<br />

delle une contro le altre, ci sembrava che il campo stesse per<br />

fremere, frusciare, fluttuare.<br />

Se accadeva che un temporale estivo vi ci scatenasse la sua<br />

violenza, la superficie del campo era tutta un susseguirsi di gobbe,<br />

vuoti e squarci impressionanti e anche in quel caso ci si soffermava<br />

ad osservare lo spettacolo della campagna e a cogliere la poesia dei<br />

suoi cicli vitali.<br />

Con l’andare del tempo molte cose sono cambiate, ogni processo o<br />

fenomeno legato all’agricoltura è diventato semplicemente un<br />

”fatto”, ma allora veniva considerato un “evento”. La stessa realtà<br />

rurale ha subito profonde trasformazioni ed è stato così anche per<br />

la nostra vita. Il ricordo di quel campo di grano sembra appartenere<br />

ad un tempo piuttosto lontano, quando erano diversi anche gli<br />

uomini e le cose.<br />

Mentre era ancora possibile vivere l’ambiente naturale ed il suo<br />

mondo, l’agricoltura veniva praticata con una sapienza antica e nel<br />

rispetto delle tradizioni e alla campagna era concesso di seguire i<br />

ritmi che le erano propri ed ospitare le sue forme di vita.<br />

I campi apparivano meno perfetti, non così sacrificati tra orribili<br />

sagome di capannoni e nastri di asfalto. Le macchie cromatiche<br />

della fioritura di papaveri così diffusi allora, sono quasi assenti nelle<br />

campagne moderne per non parlare dei fiordalisi, che ormai in<br />

sparuti esemplari, si possono ammirare soltanto nelle minuscole<br />

parcelle di riserve naturali e orti botanici destinati alla conservazione<br />

di specie vegetali in via di estinzione. Con il tempo abbiamo<br />

perso molto trascurando il “senso” della natura, il nostro legame con<br />

la terra e i suoi valori arcaici ed abbiamo sempre meno tempo per<br />

viverla, osservarla, ascoltarla.<br />

Dovremmo invece riappropriarci del nostro tempo e della nostra<br />

vita, ricominciare a fermarci e riflettere, riscoprire ciò che è<br />

immateriale, ma che è dotato di una forza immensa e ci sa regalare<br />

una gioia autentica.<br />

Sarina Vaccarella


32<br />

IL FRUTTO DEL TERRITORIO SI RICONOSCE SE DE.CO.<br />

Nuovi strumenti di promozione del territorio nati da una felice idea di Luigi Veronelli<br />

Le Denominazioni Comunali di Origine costituiscono la vera rivoluzione<br />

della salvaguardia delle identità territoriali; legate alla tradizione<br />

agroalimentare ed enogastronomia, sono lo strumento principale per<br />

tutelare congiuntamente le specificità locali e lo sviluppo spontaneo del<br />

territorio. Un prezioso strumento di difesa: preservano il prodotto locale<br />

dalle contaminazioni e dai processi globali di standardizzazione<br />

culturale, lasciando intatti i cosiddetti antichi sapori e saperi tipici di un<br />

territorio.<br />

Le certificazioni De.Co. sono una leva su cui far ruotare l’intera<br />

economia locale, poiché attraverso la loro valorizzazione si crea un<br />

meccanismo di promozione che va ben oltre il prodotto certificato,<br />

promuovendo l’universo socioculturale e storico del territorio d’origine.<br />

Loris Asnicar, titolare dell’albergo ristorante “Pittore”<br />

offre a Maria Luisa Cocuzza un assaggio di gnocchi con la fioretta<br />

Una nuova De.Co tutta vicentina: i Gnocchi con la Fioretta<br />

A Recoaro Terme, al centro della “Conca di Smeraldo”, Riccardo Lagorio<br />

insieme a diverse autorità territoriali ha assegnato l'attestazione De.Co.<br />

agli Gnochi con la fioreta.<br />

Riccardo Lagorio, infatti, il massimo esperto italiano in fatto di<br />

Denominazioni Comunali, è stato tra i primi a seguire con Veronelli l’iter<br />

di istituzione della DE.CO. in numerosi Comuni italiani. “Un riconoscimento<br />

molto importante per una comunità turistica come la nostra –<br />

ci spiega il presidente della Pro Loco di Recoaro Terme, Mario Picco –<br />

oggi, sul successo della nostra sagra popolare vediamo comparire<br />

ovunque gnocchi con la fioretta, magari a base di patate, che niente<br />

hanno a che vedere con la tradizione del luogo”. La De.Co non deve<br />

essere una mera operazione fine a se stessa, ma si devono coinvolgere<br />

Si tratta di una reale opportunità di sviluppo territoriale: uno sviluppo<br />

sostenibile che tiene conto delle attitudini storiche e delle esigenze<br />

ambientali. L’idea delle Denominazioni Comunali nasce dall’illuminata<br />

intelligenza di Luigi Veronelli, che fin dal 1959 sottolinea l’importanza<br />

dell’istituzione della denominazione di origine comunale per i vini,<br />

partendo dal presupposto che i comuni sono gli unici in grado di<br />

accertare che il prodotto sia effettivamente realizzato nel territorio<br />

indicato in etichetta. Nel ’98, riaprendo il dibattito a livello nazionale,<br />

Veronelli propone l’istituzione delle De.Co.; ma sarà solo qualche anno<br />

più tardi, quando gli stessi comuni italiani presenteranno diverse<br />

proposte di legge in merito, che la De.Co. verrà ufficializzata.<br />

I malgari della contrada Ronchi, in abito tipico (camicia bianca, pantaloni alla zuava in<br />

fustagno, calzettoni rossi e fez), lavorano l’impasto (farina bianca e fioretta),<br />

con cui si preparano gli gnocchi<br />

i vari ristoratori della zona, illustrandone le peculiarità. “Un tempo -<br />

prosegue Mario Picco - la fioretta, la ricotta semiliquida che si ricava per<br />

affioramento durante la preparazione della ricotta, veniva recuperata<br />

soltanto dai nostri malgari mentre ovunque veniva gettata. Per questo<br />

ora i nostri sforzi sono focalizzati nel rendere “grande” questo piatto<br />

povero, magari attraverso degli itinerari gastronomici che esaltino allo<br />

stesso tempo la nostra magnifica natura ed i suoi prodotti. Il ruolo<br />

dell'identità culturale di un territorio passa necessariamente attraverso<br />

il cibo. Bisogna iniziare a recuperare gestualità, biodiversità, metodi di<br />

preparazione e prodotti che si temevano ormai scomparsi: la<br />

Denominazione Comunale è senz'altro uno degli strumenti più adatti per<br />

farlo”.<br />

Vittoria Bicego


Serate d’estate<br />

Un grande prato e la luce della luna<br />

piena sono state da sfondo ad una<br />

serata inusuale all’insegna della<br />

convivialità e del divertimento<br />

Tutto nasce dall’idea di proporre<br />

prodotti enogastronomici di qualità<br />

in un contesto nuovo e informale,<br />

senza ritmi preconfezionati, in cui<br />

tutti possano disporre dei propri<br />

tempi in assoluta libertà.<br />

Nel grande prato antistante la<br />

Chiesetta del Muccion, alla luce<br />

della luna, tra gli alberi e l’erba è<br />

stata organizzata una serata Mauro Visonà e Luca Bertoldi<br />

durante la quale i tanti ospiti hanno<br />

potuto assaggiare, degustare, divertirsi, ballare, sdraiarsi sotto le<br />

stelle…<br />

Un incontro assolutamente fuori dagli schemi tradizionali con vari<br />

produttori da Silvano Follador” di Santo Stefano Valdobbiadene, alla<br />

azienda agricola “Bosio” Timoline in Franciacorta, passando per la<br />

Breganze doc con l’azienda agricola Vigneto Due Santi dei cugini Zonta<br />

di Bassano. E poi via per i Colli Berici con l’azienda agricola Colle di<br />

Bugano sino a Capriano del Colle, Brescia, con l’azienda agricola La<br />

Vigna di Botti Anna. Il tutto organizzato in collaborazione con: El<br />

Tinetto, De Giacomi e Pilsner Urquell.<br />

Una serata, un viaggio…<br />

degustando ostriche, formaggi, salumi, fritti, prosciutti, carni e tanto<br />

altro ancora.<br />

Poi in fondo al prato, qualche decina di metri lungo il sentiero, per<br />

arrivare al Roccolo “Dalle Ore” e addentrarsi nella proprietà di Beppe<br />

Fongaro dove lasciarsi avvolgere dalla sua esplosiva cordialità e<br />

assaggiare la sua proposta: sopressa e pan biscotto con Vin de casa.<br />

Matteo Baldini<br />

Arrivederci estate… al prossimo anno!


34<br />

SOCIETA’ AGRICOLA REAL SUMMANO<br />

Località Cesura del Tretto - SCHIO<br />

Cell. 347 7868238<br />

Real Summano, Monte di Plutone scrigno<br />

del tesoro generato da Zeus: il tartufo<br />

In tutto il territorio Vicentino ed in particolare nel Monte<br />

Summano esiste un microclima particolarmente<br />

favorevole al naturale sviluppo del tartufo nero.<br />

Quando Silvano Marangoni, cercatore di funghi ed<br />

amante degli animali, incontrò nel bosco uno gnomo che<br />

con il suo fedele amico andava a cercar tartufi, nella sua<br />

mente scatto un’idea irresistibilmente accattivante:<br />

allevare ed addestrare cani per la ricerca del tartufo.<br />

Così senza pensarci due volte acquistò il suo primo cane<br />

“Rasc” un Lagotto Romagnolo, già addestrato a tale<br />

scopo. L’esperienza fu talmente positiva che iniziò<br />

immediatamente l’allevamento amatoriale E.n.c.i di<br />

Lagotto Romagnolo, Labrador e Springer.<br />

Addestrando i cani alla ricerca fu naturale cominciare<br />

trovare i primi tartufi. Il successo fu tale che ben presto<br />

con la moglie Gabriella Battistella ed il fratello Maurizio<br />

fondò la Real Summano, azienda specializzata nella<br />

raccolta e nella trasformazione del pregiato dono della<br />

terra sviluppato in tartufaie private.<br />

Oggi con 15 riproduttori è un affermato allevamento che<br />

permette una considerevole raccolta di pregiati tartufi.<br />

Una curiosità su tutte prevale, Signor<br />

Silvano qual è il segreto nell’addestramento<br />

di un cane da tartufi?<br />

“E’ semplice, basta avere un po’ di<br />

passione… questa è una zona<br />

naturalmente vocata, ha una perfetta<br />

esposizione, un’elevata basicità e<br />

un’umidità ideale alla spontanea crescita<br />

del tartufo. Con un suolo così, l’amore per<br />

gli animali e tanta passione il gioco è<br />

fatto”.<br />

Ci sembra più facile dirlo che farlo…<br />

ma che tipologia di tartufi crescono in<br />

questo territorio?<br />

“Qui raccogliamo tartufo nero tutto l’anno:<br />

da Maggio a Ottobre Tuber aestivum (il<br />

tartufo Scorzone) ed il Tuber<br />

mesentericum (il Nero di Bagnoli); da<br />

Settembre a Gennaio il Tuber melanosporum<br />

(il Tartufo nero di Norcia). Ma è<br />

anche di facile reperibilità il Tuber<br />

uncinatum o più raramente il Tuber<br />

brumale.”<br />

Rispetto a fratelli famosi che<br />

differenza hanno i tartufi del<br />

Summano?<br />

“Nessuna, la qualità di un tartufo non<br />

dipende dal territorio ma dalla<br />

maturazione, un tartufo maturo esplode di<br />

profumi e aromi, tanto i nostri quanto<br />

quelli trovati in zone più blasonate.”<br />

E la pezzatura?<br />

“Anche in questo caso come ovunque si<br />

possono raccogliere tartufi di qualche<br />

grammo, ma anche superiori ai 300<br />

grammi”.<br />

Gabriella Battistella e il<br />

marito Silvano Marangoni<br />

Come commercializzate i vostri tartufi?<br />

“Principalmente freschi ma anche<br />

conservati, oppure trasformati e<br />

confezionati in vasi di vetro a fettine, in<br />

olio burro e sale, oppure abbinati a funghi<br />

porcini o champignon, oppure nella<br />

personalissima versione crema di zucca e<br />

tartufo”.<br />

E la vendita?<br />

“Diretta presso la nostra sede, al domicilio<br />

del cliente o nei numerosi mercatini della<br />

provincia”<br />

Un consiglio in conclusione, come si<br />

possono conservare i tartufi?<br />

“Il miglior modo e di conservarli con la<br />

propria terra, racchiusi in un sacchetto di<br />

carta e posizionati in frigo a +4 gradi, in<br />

questo modo non ci sarà l’inflorescenza di<br />

muffe e si conserveranno per parecchi<br />

giorni”.<br />

Non ci rimane altro che sederci a tavola e gustare un piatto di tagliatelle fumanti<br />

condite con il tartufo Real Summano.


pagina a cura della Cantina Colli Vicentini<br />

La Cantina COLLI VICENTINI di Montecchio Maggiore, situata nel cuore dei Colli Berici, venne fondata nel 1955.<br />

Attualmente, conta 1500 soci che coltivano 2000 ettari di vigneto specializzato situati nelle D.O.C. Colli Berici,<br />

Vicenza, Gambellara e Lessini Durello.<br />

Trattoria da Berno 1860<br />

Via Monte grappa 70 Sant.Agostino Altavilla vic. (VI)<br />

Tel. 0444-288688 Chiuso la Domenica.<br />

Il Ristorante è una piacevole sosta ai piedi dei Colli poco<br />

lontano dalla città; all’ingresso sarete accolti in un<br />

ambiente caldo e luminoso da Loris ed Enrica, patron del<br />

locale che vi proporranno una cucina mai banale legata al<br />

territorio con qualche nuance personale classica ed<br />

intrigante allo stesso tempo.<br />

Torta di pere<br />

Ingredienti per 12 persone:<br />

una bustina di lievito<br />

3 uova<br />

200gr di zucchero<br />

100gr di burro<br />

3 pere mature<br />

200gr di farina<br />

1 pizzico di sale<br />

1/2 bicchiere di latte<br />

2 cucchiai di rhum<br />

Preparazione:<br />

Sbucciare le pere eliminando il torsolo, quindi tagliare le<br />

pere a spicchi entro un recipiente, spruzzare le pere con<br />

succo di limone.<br />

Montare a crema il burro con lo zucchero, poi unite le uova<br />

intere una per volta, aggiungete poi il rhum ed infine il<br />

lievito ottenendo un impasto molto soffice.<br />

Versare l’impasto in uno stampo (da 28)liscio e imburrato e<br />

posarvi sopra le pere a spicchi, quindi spolverare con un po’<br />

di zucchero di canna e mettere in forno caldo a 170c per<br />

30/35 minuti.<br />

I suoi vini prendono la strada della più<br />

qualificata ristorazione italiana ed<br />

estera.<br />

Di grande significato lo spaccio, dove il<br />

consumatore può trovare imbottigliato,<br />

tredici tipologie di sfuso oltre a prodotti<br />

tipici locali: polenta, riso, olio, miele e<br />

grappa ottenuta da proprie vinacce.<br />

La cantina produce, tra gli altri, due<br />

vini dolci denominati “Recioto di<br />

Gambellara”, entrambi ottenuti da uva<br />

garganega: il primo è un vino dolce<br />

ottenuto da uve appassite e successivamente<br />

vinificate e spumantizzate. Ha<br />

colore giallo dorato, spuma persistente<br />

sentori di fiori e frutta passa; in bocca<br />

appare armonico e ben bilanciato.<br />

Accompagna magnificamente crostate<br />

di frutta, macedonie e paste lievitate<br />

come pandoro, panettone e colomba<br />

pasquale.<br />

Il secondo Recioto, denominato<br />

“Cesellato” è un autentico<br />

portabandiera della denominazione.<br />

Premiato con punteggi altisonanti dalle<br />

guide che ne hanno tessuto le lodi<br />

anche in virtù di un eccellente rapporto<br />

qualità-prezzo. La raccolta viene<br />

effettuata in cassette a cui segue<br />

l’appassimento per oltre cinque mesi.<br />

L’invecchiamento in piccoli caratelli di<br />

rovere si Protrae per oltre 18 mesi.<br />

Vino ricco al naso e in bocca si<br />

accompagna a pasticceria secca, torta<br />

di pere (vedi ricetta accanto) e<br />

formaggi erborinati (gorgonzola,<br />

roquefort e stilton).<br />

Produzione limitata a 4500 bottiglie<br />

annue da mezzo litro.<br />

35


36<br />

APICOLTURA LEGUZZANO<br />

Via Lancetti, 33 - San Vito di Leguzzano<br />

Cell. 328 3017502<br />

LE ARNIE DELL’APICOLTURA LEGUZZANO<br />

Casette confortevoli e traspiranti, per un miele di qualità<br />

L'ape è un insetto sociale e vive in una colonia chiamata<br />

alveare. L'apicoltore offre alle api, in cambio dei loro prodotti, una<br />

casa: l'arnia. Le api come noi amano vivere bene in una casa<br />

confortevole, naturale, senza umidità.<br />

Questo lo ha capito bene Giuseppe Torresan, apicoltore per<br />

passione da quasi trent’anni. Da sempre costruisce personalmente<br />

le casette per le sue api. Si reca nel bosco, sceglie gli abeti<br />

migliori, li stagiona all’aria naturale per lungo tempo e li lavora<br />

con amore. Da quel legno sano, traspirante, profumato con<br />

maestria, costruisce da sé arnie confortevoli, assolutamente<br />

traspiranti dove le sue api depongono il loro tesoro in abbondanza.<br />

“In arnie così – spiega Giuseppe - le api vivono meglio, producono<br />

di più ed il miele ricavato è di altissima qualità e ha una bassa<br />

percentuale di umidità (dal 16 al 18,5). Questo permette di non far<br />

subire al miele ulteriori lavorazioni di deumidificazione. Quindi è<br />

più sano, si conserva meglio e vive più a lungo”.<br />

La prima a comprendere l’amore di Giuseppe per le api ed il miele<br />

è stata la moglie Antonella Filippi, dapprima affiancandolo<br />

nell’intenso lavoro quotidiano di apicoltore amatoriale poi<br />

fondando l’apicoltura Leguzzano, alla quale si dedica a tempo<br />

pieno.<br />

L’entusiasmo e la vitalità di Antonella nascondono la fatica celata<br />

dietro questo lavoro:<br />

“Alle prime luci dell’alba - racconta - suona la sveglia: ci sono i<br />

mercati settimanali da fare e i mercatini tradizionali che ci<br />

impegnano tutte le mattine e tantissimi weekend. Nel pomeriggio<br />

poi ci sono i trasferimenti delle oltre 250 arnie di proprietà, la<br />

raccolta e la lavorazione del miele, la costruzione e la<br />

manutenzione delle arnie e dei telai. Alla sera sino a notte è<br />

oramai consuetudine dedicarsi al laboratorio e al confezionamento.<br />

E poi dicono che il miele costa, se sapessero quanto lavoro ci vuole<br />

per ogni chilo di miele!”<br />

Ma ne vale la pena tanta fatica?<br />

“Certo che ne vale la pena! C’è tanta soddisfazione, gioia e serenità nel<br />

lavorare con le nostre api, e la conferma arriva dai tanti clienti che<br />

vengono a farci visita in contrada Lancetti a Leguzzano. Riconoscono<br />

nel nostro miele un prodotto di qualità, sia esso di tarassaco, d’acacia,<br />

di castagno, millefiori o di tiglio, ma anche nella melata, nei propoli e<br />

nella pappa reale. Inoltre produciamo delle specialità come le nocciole<br />

al miele o la crema di nocciole e miele. Tutti prodotti in collina o<br />

montagna in zone non contaminate dove le api trovano il loro habitat<br />

naturale.”<br />

Dall’entusiasmo nelle parole di Antonella e Giuseppe traspare il sincero<br />

amore per le api e il mondo che le circonda.<br />

Giuseppe Torresan<br />

e la moglie Antonella Filippi


BACCALA’ E VESPAIOLO SUI MARI D’EUROPA<br />

La spedizione “Sulla rotta del Querini” ha portato i prodotti<br />

tipici vicentini in Europa. Con orgoglio e fantasia<br />

Deve essere stata una bella sorpresa per Mister<br />

Charlie Kinsella, irlandese di Arklow, che ai primi<br />

luglio andando a pescare ha trovato una bottiglia in<br />

riva al mare. Raccolta e aperta ci ha trovato un<br />

messaggio scritto in inglese e italiano.<br />

Probabile che non avesse mai sentito parlare né di<br />

Baccalà alla vicentina, né di Vespaiolo. Forse<br />

nemmeno conosceva Vicenza, ma è certo che di<br />

questo ritrovamento ne ha parlato con tutti i suoi<br />

amici, tanto che ha già programmato una vacanza<br />

nella nostra regione. La sua è stata la prima ad<br />

essere ripescata tra le venti bottiglie gettate in mare<br />

durante il viaggio in barca a vela da Venezia a Røst<br />

della spedizione “Sulla rotta del Querini”. Ai loro<br />

ritrovatori, quattro finora, la Cantina Beato<br />

Bartolomeo di Breganze ha spedito un’ampia<br />

fornitura dei suoi vini. Se lo scopo di questa impresa,<br />

organizzata in occasione del ventennale di<br />

fondazione della Venerabile Confraternita del Bacalà<br />

alla vicentina era quello di promuovere i prodotti<br />

vicentini, l’obiettivo è stato perfettamente centrato.<br />

L’idea è partita dal cuoco sandricense Antonio<br />

Chemello che ha coinvolto nell’impresa un gruppo di<br />

amici, tra cui lo skipper Furio Borgarelli. Partiti da<br />

Venezia lo scorso 5 maggio, i nostri hanno ripercorso<br />

L’equipaggio brinda all’arrivo sull’isola di Røst<br />

in poco più di due mesi il viaggio del navigatore<br />

veneziano Pietro Querini che nel 1431 salpò dalla<br />

Laguna diretto alle Fiandre con abbordo 800 barili di<br />

vino. Ma la sua Cocca quel carico non lo portò mai a<br />

destinazione, perché giunti in alto mare una<br />

tremenda bufera e la rottura del timone trascinò<br />

fuori rotta l’equipaggio che naufragò ben più a nord,<br />

sulle isole Lofoten. Da quella disavventura Querini<br />

tornò con un prodotto che avrebbe cambiato la storia<br />

gastronomica della Serenissima: lo stoccafisso.<br />

Il carico dell’edizione 2007 del viaggio è stato<br />

pressoché lo stesso: 500 bottiglie di vino Vespaiolo<br />

di un’edizione commemorativa speciale realizzata<br />

per l’occasione dalla Beato Bartolomeo. Bottiglie<br />

lasciate in regalo alle autorità incontrate nei dieci<br />

porti in cui la barca ha fatto sosta e in cui ha<br />

distribuito materiale promozionale sul Veneto e la<br />

sua offerta turistica. Gli ultimi “pezzi” del carico sono<br />

stati stappati all’arrivo alle isole Lofoten il 7 luglio per<br />

annaffiare abbondanti piatti di bacalà alla vicentina.<br />

“È stata una grande emozione – ricorda Antonio<br />

Chemello – questa comunità, gemellata con<br />

Sandrigo, ci ha riservato un’accoglienza straordinaria”.<br />

Matteo Baldini<br />

Audace


38<br />

Il sapore della vendemmia<br />

La famiglia Cavazza ha aperto le porte della Tenuta Cicogna<br />

per accogliere amici e clienti nei giorni di vendemmia<br />

Che emozione stappare una buona bottiglia di vino, ascoltare il gorgoglio mentre lo si versa<br />

e attendere con trepidazione quei pochi istanti che ci separano dalla sua degustazione. È il<br />

piacere di osservare il suo colore in ogni sfumatura, percepire il caratteristico profumo e far<br />

vibrare tutte le papille gustative dopo aver creato l’abbinamento perfetto tra sapore ed<br />

olfatto.<br />

Spesso, però, si dimentica che l’instancabile piacere parte da lontano: dalla terra, dalla vigna,<br />

dal microclima, dalla mano dell’uomo, dalle fatiche di ogni giorno nel vigneto e in cantina.<br />

Spesso gustiamo e basta: ricordando faticosamente che tutte le meravigliose sfumature del<br />

vino sono legate indissolubilmente al lavoro del vignaiolo ed alla sua terra.<br />

La famiglia Cavazza ha voluto riscoprire questo legame e condividere col pubblico un<br />

momento particolare della vita del vigneron, per assaporare insieme ogni aspetto dell’uva, del<br />

vitigno, della terra e del lavoro. Una festa nel bel mezzo della vendemmia e una passeggiata<br />

tra i vigneti della Tenuta Cicogna creano l’attesa che renderà unico l’assaggio finale del<br />

prodotto di questa terra. I filari ordinati e curati che contrastano con il rosso crudo della terra<br />

sono dipinti dai colori di un’estate che prepara e accudisce grappoli ricchi, sani e maturi:<br />

dolcissimi acini pronti ad essere colti. Cabernet e Merlot, Tocai rosso e Syrah: tutti vitigni rossi<br />

nella terra rossa della Tenuta Cicogna, particolarmente vocata con esposizione est ovest, ricca<br />

d’acqua e caratterizzata da un microclima perfetto.<br />

Una festa nella festa sotto il porticato, ben ristrutturato rispettando le origini, di figura<br />

semplice ma di curata eleganza, un pomeriggio degustando i vini bianchi prodotti in quel di<br />

Gambellara ed i rossi di Casa Cicogna abbinati come in un gioco a salumi e formaggi, pasta<br />

e fagioli e bocconcini con polenta, preparati e serviti con l’indiscussa maestria dalla Trattoria<br />

Isetta. Concludendo infine cioccolato fondente e grappe distillate proprio nella Tenuta<br />

Cicogna.<br />

Bella gente, simpatia ed allegria sono accompagnate dalla musica che una nostrana jazz band<br />

fonde e confonde in serata con il ritmo dei trattori Landini Testa Calda.<br />

Un raggio di sole offerto ai tanti amici e clienti che hanno deciso di vivere insieme un<br />

momento di convivialità d’altri tempi: una giornata trascorsa gustando, ma anche conoscendo<br />

e comprendendo il vigneron ed il terroir.<br />

Roberto Gasparin


Il Cocktail<br />

del mese<br />

Starry Night<br />

1 ° Classificato cat. Fancy<br />

Concorso regionale Marzo 07<br />

Composto da:<br />

4 cl Distillato d’uva Carpene Malvolti<br />

2 cl Martini Bianco<br />

2 cl Midori<br />

1 cl Verdemela Toschi<br />

1 cl Crema Banana Bols<br />

5 cl Gelato Limone<br />

Preparazione:<br />

Decorazione fantasia<br />

Associazione Italiana Barman e Sostenitori Sez. di Ve.<br />

Daniele Strazzabosco conferma ancora una<br />

volta la sua abilità con lo shaker. Dopo il<br />

secondo posto alla tappa di Caorle del<br />

“Premio Ceado” aveva la qualificazione per la<br />

finale in tasca. Questo non ha fermato la sua<br />

genialità, aggiudicandosi il primo posto alla<br />

terza tappa<br />

svoltasi al Casinò<br />

di Venezia.<br />

Ora lo attende la<br />

finale nazionale<br />

in programma dal<br />

6 all’8 Novembre<br />

a Riccione.<br />

In bocca al lupo!<br />

A cura di: Mainero Patrizia - Moulin Rouge (VR)<br />

Strazzabosco Daniele - Il mio nome è nessuno - Dolo (VE)<br />

A.S. Barman A.I.B.E.S.<br />

AMARO di SCHIO<br />

Come lacqua cristallina che<br />

scende gi dai monti -<br />

refrigerio dellassetato<br />

alpinista - la valle del<br />

PASUBIO offre al raffinato<br />

intenditore un prodotto<br />

genuino delle erbe<br />

aromatiche dalta montagna<br />

nel finissimo liquore<br />

ELISIR Scledum<br />

In occasione di regali, nei<br />

ritovi di famiglia, di societ,<br />

nei caff il liquore ELISIR<br />

Scledum lomaggio pi<br />

gradito per lospite e per il<br />

festeggiato o il segno di<br />

distinzione per lofferente<br />

de GIACOMI snc<br />

di Tullio & Gabriele<br />

Via Mentana, 1 - SCHIO (VI)<br />

Tel. 0445.672560<br />

e-mail: info@degiacomi.net


40<br />

Le pietanze dimenticate a cura di Luciano Rizzi<br />

I PIATTI DEL RECUPERO: LA PANA’<br />

Si preparava con il pane raffermo, perché buttarlo via era: “peccato mortale”.<br />

Ora sta tornando di moda, con qualche variante<br />

Pan, tanto<br />

el sior che el<br />

poareto te<br />

brama,<br />

ma par averlo<br />

gh’è chi pianxe<br />

e siga;<br />

sia maledeto<br />

quel che no<br />

te ama,<br />

sia benedeto<br />

chi par ti<br />

sfadiga!<br />

Così si esprime il poeta sentimentale Adolfo<br />

Giuriato in una poesia dedicata al pane ed al<br />

rispetto per tale alimento. Era, un tempo, opinione<br />

comune che il pane fosse un dono di Dio e quindi<br />

sacro. D’altra parte fu proprio Gesù Cristo che,<br />

come narrano i Vangeli, prese il pane, lo spezzò e<br />

disse: “prendete e mangiate, disse, questo è il mio<br />

corpo.”<br />

Il pane non veniva quindi mai gettato ma, per dirla<br />

in termini moderni, riciclato. Il pane raffermo<br />

serviva per fare un primo piatto molto in uso o per<br />

fare un dolce.<br />

Il primo piatto era la cosiddetta Panà.<br />

Si metteva dell’acqua (o brodo se ce n’era) in una<br />

pentola di terracotta (il pignato), si immetteva il<br />

pane raffermo spezzato grossolanamente e si<br />

lasciava riposare perchè il pane si inzuppasse per<br />

bene, poi si faceva bollire perché amalgamasse per<br />

bene, si versava su piatti fondi e si cospargeva<br />

sopra un po’ d’olio (‘na croxe). Avendone la<br />

disponibilità, prima di versare la panà nel piatto, si<br />

amalgamava un uovo.<br />

Io ricordo che gustavo moltissimo la crostina che<br />

si formava sul pignato, perché, al contrario della<br />

panà che era morbida, la crostina era croccante e<br />

scricchiolava sotto i denti.<br />

Una variante era la Panadela, dove il pane<br />

raffermo veniva grattugiato anziché spezzato:<br />

risultava più delicata anche se, ogni tanto, veniva<br />

in bocca un boccone di pane in pezzo, risultato di<br />

quella parte che non era stato possibile grattugiare<br />

per non condire la panadela con… polvere di<br />

unghie.<br />

Oggi la panà è ritornata di moda in molti ristoranti,<br />

specie nella zona della Val Leogra, ma in edizione<br />

riveduta e corretta, perché non è più integrata con<br />

solo olio ma, secondo la stagione, vi si aggiungono<br />

funghi o verdure e ciò è un esempio classico di<br />

innovazione dei piatti tradizionali per adeguarli ai<br />

gusti attuali.<br />

Altra maniera di riciclare il pane raffermo era<br />

quello di farne un dolce che, nella valle dell’Agno<br />

era chiamata Torta Moja e nella val Leogra<br />

Maccafame. La preparazione era abbastanza<br />

semplice: si metteva in bagno nel latte del pane<br />

raffermo e lo si lasciava finché si scioglieva<br />

amalgamandosi.<br />

Si aggiungeva allora uova, zucchero, frutta secca<br />

(uvetta, pinoli, fichi e altro a piacere) in stagione<br />

anche qualche fettina di mela renetta, si insaporiva<br />

con fettine di buccia di limone e con un bicchierino<br />

di grappa. Si poneva il tutto in uno stampo piatto,<br />

imburrato e cosparso di pan grattato, si inforna per<br />

una mezzora circa e si mangia tiepido.<br />

Ricordo che a Schio, nell’anteguerra, il maccafame<br />

lo vendevano anche i fornai a fette, così come in<br />

Toscana si vendeva il castagnaccio. Questo dolce<br />

non ha niente a che fare con l’altrettanto famosa<br />

Putana, che si prepara con farina bianca e gialla e<br />

non con il pane raffermo.<br />

Sono invece affini, in quanto comprendono il<br />

medesimo impasto, i Gnocheti de Pin tipici dell’alta<br />

val del Chiampo, solo che questi non vengono cotti<br />

in uno stampo da torta, ma foggiati a forma di<br />

pigna (da qui il nome pin).


Lo sai che...<br />

Pane e pasta integrali non sono migliori di<br />

pane e pasta fatti con farina raffinata?<br />

Leggevo un volume sui miti dell’alimentazione<br />

scritto da Cannella,<br />

professore di Scienza dell’alimentazione<br />

alla Sapienza di Roma e da<br />

Carrada, biologo, dove si dice che<br />

(riporto testualmente) “gli studiosi<br />

dell’alimentazione non sono ancora<br />

riusciti a trovare una buona ragione<br />

per preferire pane e pasta integrali<br />

ai prodotti fatti con farina raffinata.”<br />

Mangiare integrale sembra sia una<br />

“moda” e neppure troppo<br />

intelligente.<br />

La farina integrale è prodotta con<br />

grano ai cui chicchi è stata lasciata<br />

la cuticola esterna: la famosa<br />

crusca. La farina bianca è quella<br />

alla quale è stata tolta. La crusca è fatta di cellulosa, cioè di fibra, materiale che il nostro sistema<br />

digerente non assimila e non digerisce, ma che ha una importante attività regolatrice dell’intestino<br />

e contiene vitamine e sali minerali. Ma di fibre, vitamine e sali minerali sono molto più ricche la<br />

frutta e la verdura che, in una sana alimentazione, devono essere sempre presenti e che<br />

presentano meno inconvenienti. La crusca comprende, infatti, i cosiddetti “antinutrienti” che<br />

addirittura ostacolano l’assorbimento da parte dell’intestino di alcuni nutrienti quali gli zuccheri e<br />

le proteine, inibendo l’azione di alcuni enzimi digestivi. Inoltre togliere la cuticole esterna al grano<br />

vuol dire allontanare tutto ciò che vi si è depositato: inquinanti atmosferici portati dalle piogge,<br />

pesticidi e così via. Insomma “integrale” non vuol dire “biologico” cioè coltivato con certe cautele…<br />

Il pane integrale poteva, insomma, andar bene per i contadini di una volta che l’accompagnavano<br />

con poco companatico. Noi oggi abbiamo a disposizione tante cose i più, frutta, verdura, latte in<br />

abbondanza e non abbiamo più bisogno dei pochi nutrienti persi insieme alla crusca durante la<br />

raffinazione della farina.<br />

Alfredo Pelle


42<br />

Sotto il segno di Teofilo Folengo<br />

Con l’entusiasmo di<br />

sempre si apre la XVII<br />

edizione del ciclo di<br />

appuntamenti dedicati al<br />

poeta macaronico Teofilo Folegno.<br />

L’intento è quello di far conoscere la<br />

personalità e le opere di un personaggio<br />

così importante per la cultura<br />

enogastronomia rinascimentale. Il<br />

patron è come di consueto Otello Fabris;<br />

accanto a lui merlianiani Maestri, Scolari<br />

e Ristoratori: tutti insieme per un<br />

appuntamento divenuto ormai<br />

tradizione.<br />

Teofilo Folegno, monaco poeta, è una<br />

figura di straordinario valore storico,<br />

importante anche nella contemporaneità:<br />

nel passato fu amato e odiato,<br />

studiato e discusso, a volte contestato;<br />

nel presente sorprende, sbalordisce e fa<br />

parlare di sé a 360°. Nella rassegna ogni<br />

ristoratore ripropone alcune delle sue<br />

idee e dei suoi motivi. Il preciso<br />

carattere e la decisa personalità di<br />

Teofilo Folegno si possono ritrovare in<br />

ogni variopinta interpretazione di questa<br />

rassegna.<br />

Le Mame: la novità di questa edizione<br />

Lo stesso Otello Fabris racconta la<br />

riscoperta delle Mame, antica varietà di<br />

fagiolo: “La storia inizia qualche anno fa<br />

- spiega - quando ricevetti in dono<br />

sette fagioli da una anziana signora della<br />

frazione bassanese di Valrovina. Il mio<br />

personale interesse per l’orticoltura mi<br />

suggerì subito di avere in mano<br />

un’autentica rarità biologica, mai vista e<br />

Al via la XVII edizione della rassegna A Tavola con Merlin Cocai,<br />

dedicata alla cultura enogastronomia rinascimentale<br />

registrata neppure nei testi o nei<br />

cataloghi più qualificati. In un primo<br />

momento fui portato a riconoscere in<br />

questo rarissimo legume un relitto di<br />

antiche coltivazioni autoctone di fagioli<br />

d’età precolombiana”. Fabris si rifa infatti<br />

ad una citazione di Pietro Andrea Mattioli<br />

(un letterato del XVI secolo), che parla<br />

di fagioli “gialli, i quali, penso, che non<br />

fussero incogniti a gli antichi…”. Questa<br />

ipotesi necessita di conferme e i dubbi<br />

sono legittimi, vista anche l’affermazione<br />

di Cristoforo Colombo, il quale<br />

scrive che i fagioli trovati nel Nuovo<br />

Mondo sono di gran lunga migliori di<br />

quelli coltivati in Europa. Invece questi<br />

legumi (catalogati ora nei Giacimenti<br />

Gastronomici di Veronelli con il nome di<br />

Mame di Valrovina e nell’Elenco<br />

nazionale dei Prodotti tradizionali come<br />

Mama bianca di Bassano) spiega ancora<br />

Fabris “sono ottimi e perciò, nell’Europa<br />

precolombiana avrebbero avuto ben<br />

altro riscontro”.<br />

Tante storie ancora da raccontare<br />

Non sarà solo il piacere di degustare le<br />

Mame a rendere unico questo evento,<br />

ogni ristoratore, infatti, realizzerà una<br />

propria interpretazione delle antiche<br />

ricette merliniane utilizzando i tanti<br />

pregiati prodotti che distinguono il<br />

territorio. Il punto centrale della<br />

rassegna sarà quindi la consapevolezza<br />

della rivisitazione delle antiche ricette<br />

per il piacere di conoscere, scoprire e<br />

giocare in un’atmosfera rinascimentale.<br />

Roberto Gasparin<br />

Le serate del Merlin Cocai<br />

Venerdì 28 Settembre<br />

“Al Toresan”<br />

Villa Arrigoni Breganze (VI)<br />

Tel. 0445.873260<br />

Chiuso il giovedì<br />

Venerdì 12 Ottobre “da Gerry”<br />

Monfumo (TV) Tel. 0423.545077<br />

chiuso il lunedì<br />

Venerdì 26 Ottobre<br />

“Country Hotel Il Tinello”<br />

Solagna (VI) Tel. 0424.80467<br />

Chiuso il lunedì<br />

Giovedì 8 Novembre<br />

“Villa Damiani Trevisani”<br />

Campese di Bassano d. G. (VI)<br />

Tel. 0424.522201<br />

Chiuso la domenica<br />

Venerdì 7 Dicembre<br />

“Teatro dei Sapori”<br />

Castelfranco Veneto (TV)<br />

Tel. 0423.722575<br />

Chiuso il giovedì<br />

Venerdì 17 Gennaio<br />

“Pulierin Cucina Cantina”<br />

Bassano d. G. (VI)<br />

Tel. 0424.566785<br />

Chiuso la domenica<br />

Venerdì 1 Febbraio<br />

“Castello Superiore”<br />

Marostica (VI) Tel. 0424.73315<br />

Chiuso il mercoledì e giovedì<br />

Venerdì 8 Febbraio<br />

“Villa Razzolini Loredan”<br />

Asolo (TV) Tel.0423.951088<br />

Chiuso il Lunedì<br />

Venerdì 29 Febbraio<br />

Ristorante “Al Pioppeto”<br />

S. Cuore di Romano d’Ezz. (VI)<br />

Tel. 0424.570502<br />

Chiuso il martedì


LL '' ooppiinniioonnee<br />

di Terenzio Panozzo<br />

BIBITORES EXULTEMUS<br />

Parafrasando un vecchio canto goliardico che inneggia al vino e al suo utilizzo,<br />

parliamo della recente vendemmia. È tempo di consuntivi e mai come quest’anno<br />

le sirene enologiche hanno suonato e gioito per questo evento: chi per il raccolto<br />

anticipato, chi per la presunta o reale qualità del prodotto, profetizzando una<br />

annata memorabile. Tutto bene allora. Crediamo e speriamo di si, almeno per<br />

coloro che hanno privilegiato la qualità rispetto alla quantità delle uve.<br />

Non è la prima volta che succede negli ultimi anni ma poi sono emersi qua e là<br />

alcuni distinguo, soprattutto sulla qualità dei bianchi. Sappiamo infatti che<br />

l’eccessivo calore, e la conseguente sovramaturazione dell’uva, possono<br />

danneggiare alcune sostanze contenute nelle uve bianche e quindi occorre<br />

intervenire per tempo sulla data della raccolta che deve variare rispetto a quella<br />

canonica di fine agosto. Siamo certi che ciò sia stato fatto e aspettiamo con ansia<br />

di assaggiare questa favolosa annata.<br />

Per i rossi si dovrà ovviamente attendere ancora qualche mese, ma su quelli non<br />

abbiamo dubbi, sarà una grande annata da ricordare, da conservare e soprattutto<br />

da bere.<br />

La natura ha fatto la sua parte con diligenza e i nostri produttori saranno<br />

certamente in sintonia con essa, per la gioia di tutti noi appassionati enofili.<br />

Prosit.


44<br />

Appuntamenti ONAF Vicenza<br />

Alla scoperta delle<br />

specialità casearie vicentine<br />

In arrivo un appuntamento da non perdere per gli amanti dei<br />

formaggi di qualità. Domenica 7 ottobre, nell'ambito delle manife-<br />

stazioni autunnali, la Pro Loco di Mossano organizza una<br />

degustazione di formaggi in collaborazione con la delegazione di<br />

Vicenza dell’ONAF, Organizzazione Nazionale Assaggiatori<br />

Formaggi.<br />

Per quest’occasione la Pro Loco ha concesso l'utilizzo di una<br />

Ghiacciaia del 1887 per un’esposizione di formaggi prodotti da<br />

aziende agricole della provincia di Vicenza che presenteranno una<br />

selezione di prodotti caseari di altissima qualità. In questa<br />

splendida cornice sarà presentato il percorso fotografico “Il<br />

formaggio dalla stalla al piatto” realizzato dal Fotoclub "il punto<br />

focale" di Vicenza, mentre la delegazione ONAF, oltre ad occuparsi<br />

dell'organizzazione dell'esposizione dei formaggi ed alla presentazione<br />

delle aziende partecipanti, proporrà degustazioni guidate<br />

con la presenza di maestri assaggiatori che accompagneranno<br />

l'assaggio.<br />

Parteciperanno all’evento le Aziende:<br />

• Agriturismo Al Cucco di Arianna Lucca – San Pietro Valdastico<br />

• Azienda Agricola Aidi– Marano Vicentino<br />

• Azienda Agricola Arcobaleno - Nanto<br />

• Azienda Agricola Barbieri Fabio - Mossano<br />

• Azienda Agricola La Capreria – Montegalda<br />

• Azienda Agricola Terre Bianche – Tretto , Schio<br />

• Azienda Agricola Vecchio Mulino - Cartigliano<br />

• Caseificio Sociale di Altissimo – Altissimo<br />

• Caseificio Sociale Santa Maria del Summano - Santorso<br />

• Cooperativa Produttori latte - Nogarole<br />

• Latteria Sociale di Castelnovo - Castelnovo Isola Vicentina<br />

Le degustazioni previste sono quattro: due al mattino e due al<br />

pomeriggio, per informazioni e prenotazioni degustazioni<br />

contattare Emilio Nizzero – e.nizzero@libero.it - cell.339/4172648<br />

(ore serali).<br />

LE GRAPPE<br />

vicentine<br />

sotto i riflettori<br />

Dal 30 settembre al 7 ottobre<br />

Distillerie Aperte invita gli appassionati<br />

a degustare grappe e liquori direttamente<br />

“in casa” del produttore<br />

Anche quest’anno Vicenza Qualità, azienda speciale della camera di<br />

commercio di Vicenza, presenta “Distillerie Aperte”, la manifestazione<br />

che mette in luce la passione dei vicentini per il più classico<br />

tra i distillati italiani e la volontà di riscopre questo prodotto povero<br />

che ci accompagna da secoli.<br />

Gli appassionati del settore avranno così l’opportunità di conoscere<br />

tutti i processi produttivi delle acquaviti e di avvicinarsi all’antica arte<br />

della distillazione tramandata da generazioni agli odierni mastri<br />

grapparoli. Così, per una settimana, tra caldaie e vinacce ribollenti,<br />

esperti del settore illustreranno le tecniche di produzione dei prelibati<br />

distillati “Made in Vicenza”, ripercorrendo le vicissitudini delle<br />

singole aziende.<br />

L’accesso libero ai luoghi di produzione e alla degustazione dei<br />

distillati è fissato per domenica 30 settembre e domenica 7 ottobre,<br />

dalle 10 alle 18. Dal lunedì al sabato le distillerie saranno aperte il<br />

pomeriggio telefonando direttamente alle aziende che si intende<br />

visitare.<br />

Un omaggio speciale sarà riservato a coloro visiteranno nell’arco della<br />

settimana tutte le sei aziende coinvolte:<br />

Distillerie Dal Toso Rino e figlio di Ponte di Barbarano<br />

Distilleria F.lli Brunello di Montegalda<br />

Distilleria Li.dia di Villaga<br />

Poli Distillerie di Schiavon<br />

Distilleria Schiavo di Costabissara<br />

Distilleria Cavazza di Alonte


Dolce nettare di…vino<br />

A tavola con<br />

FILIPPO FERRERI studia e pratica l'Astrologia da molti anni a Schio,<br />

dove tiene regolarmente corsi presso l'associazione culturale La Corte.<br />

Ha collaborato in passato con varie testate<br />

e partecipato come relatore a conferenze e convegni<br />

le Stelle<br />

Alla nostra ricorrente Cena Zodiacale siamo giunti a fine pasto: ecco dunque i Dodici Convitati pronti ad ordinare il<br />

dessert, e il calice di vino che degnamente lo accompagni. Vediamo, come d'abitudine, quali sono le scelte in sintonia<br />

con i rispettivi caratteri.<br />

L'Ariete non può che riconoscersi nell'effervescenza<br />

di uno spumante d'Asti, schietto e vivace senza<br />

l'altezzosità del cugino francese, da gustare sbocconcellando<br />

una torta Sbrisolona.<br />

Al Toro, che tien sempre il piè fermo nel solco<br />

della tradizione familiare, proponiamo il classico<br />

Vin Santo coi Cantuccini, o la Torta della Nonna<br />

con l'eccellente Torcolato di Breganze.<br />

Anche i Gemelli, sono per le bollicine: il prosecco<br />

è la quintessenza del loro modo d'intendere la<br />

vita, ed anche a fine pasto va benissimo, con<br />

leggiadri biscottini di pasta sfoglia.<br />

Per il Cancro conta assai più il dolce che il vino<br />

destinato ad accompagnarlo: che sia mousse,<br />

bignolata o torta alla crema, il livello di zuccheri<br />

richiede perlomeno un Marsala.<br />

Al Leone, noblesse oblige, niente di meno che<br />

uno Champagne di gran marca; sarà pure un po'<br />

oneroso, ma vuoi mettere il piacere impagabile di<br />

concedersi il meglio, e berselo tutto d'un sorso?<br />

Alla Vergine, che è così attenta ai minimi<br />

dettagli, suggeriamo un vino dai profumi e aromi<br />

tutti da centellinare, come il Ramandolo, o ancor<br />

meglio il Picolit per l'affinità che porta nel nome.<br />

Anche la Bilancia attende il dessert soprattutto<br />

per appagare la sua voglia di dolce, ma tenterà di<br />

mascherare la golosità mostrando competenza<br />

enologica nella scelta di un'elegante Malvasia.<br />

Lo Scorpione che suole disdegnare le dolcezze -<br />

non solo a tavola, per la verità - s'inebrierà<br />

tuttavia del piacere dionisiaco di un calice di<br />

Zibibbo, vino dal gusto intenso e sensuale.<br />

Col Sagittario è di rigore orientarsi sui vini<br />

stranieri, magari senza doversi svenare per lo<br />

champagne; suggeriamo un Madera, accanto ad<br />

un sostanzioso mattoncino di Tiramisù.<br />

Il Capricorno troverà naturale rispondenza nel<br />

gusto asciutto e deciso di una Vernaccia sarda, da<br />

sorseggiare piluccando con noncuranza da un<br />

vassoio di frutta secca o sobri biscottini.<br />

Per l'Aquario ecco il boccato armonioso del<br />

Recioto, vino di reputazione letteraria: c'è chi<br />

suggerisce di provarlo con zucca al forno e<br />

cannella - un azzardo aquariano anzichenò.<br />

Per i Pesci la scelta è di concentrarsi su un vino<br />

da meditazione, quali il raffinato Sauternes o il<br />

non meno seducente Porto, da cui salpare verso<br />

gli oceani fantastici che l'ebbrezza dischiude.<br />

45


Da una idea di Roberto Gasparin:<br />

Il mensile<br />

www.gustolocale.it di Vicenza<br />

n° 14 – Ottobre - 2007<br />

Ai soli fini fiscali € 0,10 a copia<br />

Abbonamento Italia € 20,00<br />

Abbonamento Estero € 40,00<br />

Editore:<br />

Paolo Gasparin<br />

Redazione – amministrazione<br />

pubblicità:<br />

Pierregi di Paolo Gasparin<br />

Via Veneto 2b<br />

36015 – Schio (vi)<br />

tel.e fax 0445 500 201<br />

www.gustolocale.it<br />

info@gustolocale.it<br />

Direttore responsabile:<br />

Paolo Terragin - paolo@gustolocale.it<br />

Reg. Tribunale di Vicenza:<br />

n° 1130 del 24/03/06<br />

Spedizione:<br />

Poste Italiane s.p.a. spedizione in<br />

Abbonamento Postale D.L. 353/2003<br />

(Convertito in legge 27/02/2004 n°46) art.1,<br />

com.1, Dr VI<br />

Stampa: Industrie Grafiche Vicentine<br />

Srl - Bolzano Vic. (VI)<br />

Contributo grafico:<br />

Studioimmagine srl - Thiene (VI)<br />

Luca Dal Maso<br />

Alessia Manni<br />

Giampiero Pozza<br />

Hanno collaborato:<br />

Roberto Gasparin<br />

Paolo Gasparin<br />

Alfredo Pelle<br />

Piergiorgio Casara<br />

Cristina Borin<br />

Amedeo Sandri<br />

Paolo Terragin<br />

Luciano Rizzi<br />

Matteo Baldini<br />

Terenzio Panozzo<br />

Carlo Augusto Martelli<br />

Vittoria Bicego<br />

Filippo Ferreri<br />

Michele Cisco<br />

Romolo Cacciatori<br />

Alice Franceschi<br />

Francesca Filippi<br />

Sarina Vaccarella<br />

Massimo Trentin<br />

Patrizia Mainero<br />

Daniele Strazzabosco<br />

Tutte le immagini, articoli, contenuti di questo<br />

giornale sono ad uso esclusivo di Pierregi di<br />

Paolo Gasparin - Schio (Vi). Eventuali utilizzi<br />

impropri senza previa autorizzazione scritta da<br />

parte nostra saranno perseguiti a norma di<br />

legge. Le Collaborazioni in testi o foto sono<br />

gratuite. L’editore garantisce la massima<br />

riservatezza dei dati e la possibilità di richiedere<br />

gratuitamente la retifica o cancellazione<br />

scrivendo a: Pierregi - Via Veneto 2b - 36015<br />

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Appuntamenti del mese<br />

OTTOBRE 2007<br />

- 1 ottobre:<br />

9 a festa della Transumanza<br />

Bressanvido<br />

Info: tel. 338.1902330<br />

- 1 ottobre:<br />

19 a Festa del Baccalà -<br />

Sandrigo<br />

Info: tel. 0444.658148<br />

- 1 e 7 ottobre:<br />

Distillerie aperte<br />

(tutta la provincia)<br />

Info: tel. 0444.994750<br />

- dal 5 al 7 ottobre:<br />

4 a Festa della Vendemmia<br />

Malo-Cantine Sociali "Val<br />

Leogra" www.promalo.it - e<br />

Cantina Sociale Val Leogra. Info:<br />

tel. 0445.607500.<br />

- dal 5 all'8 ottobre:<br />

Festa del Baccalà<br />

Montegalda.<br />

Info: tel. 348.7365368<br />

- 7 ottobre:<br />

Mercato dei Prodotti Tipici<br />

Agricoli - Recoaro Terme<br />

Piazza Dolomiti.<br />

- 7 ottobre:<br />

Agricoltura in Piazza -<br />

Valdagno, Centro Storico.<br />

Info: 0445.423511.<br />

- ottobre:<br />

Caseifici aperti<br />

(tutta la provincia).<br />

Info: tel. 0444.994750<br />

- 6 e 7 o 13 e 14 ottobre: 8 a<br />

Festa del Baccalà alla<br />

Vicentina - Vicenza<br />

Info: tel. 0444.926988<br />

- 1°o2° week-end di ottobre:<br />

Festa dello Scopeton<br />

S.Vito di Leguzzano<br />

Info: tel. 0445.513476<br />

- 6 e 7 ottobre:<br />

Mercato rinascimentale<br />

Thiene. tel. 0445.804812<br />

- 6 e 7 ottobre:<br />

6 a Festa Tradizioni Contadine-<br />

Valli del Pasubio.<br />

Info: tel. 0445.590176<br />

- 6 e 7 ottobre:<br />

11 a Festa dell’Arna<br />

Mossano<br />

Info: tel. 0444.886704<br />

- 6 e 7 ottobre: 6 a Festa dei<br />

Vini e dei Funghi Pioppini di<br />

Costozza<br />

Info: tel. 0444.953399<br />

- dal 5 al 7 ottobre:<br />

Sagra delle Castagne con<br />

degustazione vini locali<br />

Sossano, loc.Colloredo<br />

Info: tel. 0444.888021<br />

- dal 12 al 16 ottobre: Mostra<br />

dei prodotti agroalimentari<br />

d’autunno. Noventa Vicentina.<br />

Info: tel. 0444.860353<br />

- 12-21 ottobre:<br />

33^ Festa del Maron<br />

Bassano d.G. Loc. Valrovina.<br />

Info: 0424.509897<br />

- 13, 14 ,20, 21, 27 e 28<br />

ottobre: Rassegna<br />

enogastronomica collegata<br />

all’8 a Mostra del Pomo Pero<br />

Lusiana. tel. 0424.406009<br />

- 13 e 14 ottobre:<br />

26^ Mostra Micologica<br />

Valstagna Tel. 0424.99891<br />

- 13 e 14 ottobre:<br />

Festa del Pesce<br />

Malo - www.promalo.it<br />

- 14 ottobre:<br />

6 a Giornata Nazionale della<br />

Micologia. tel. 380.2551905<br />

- 14 ottobre:<br />

6 a Mostra micologica<br />

Nazionale e 40 a Mostra<br />

Micologica Vicentina<br />

Vicenza. tel. 0444.508023<br />

- 14 ottobre:<br />

10 a Festa del Tartufo nero<br />

Marana di Crespadoro. Info:<br />

tel. 348.8047561<br />

- 14 ottobre:<br />

Antichi Sapori Ritrovati, la<br />

Mela della Conca d'Oro<br />

Recoaro Terme Loc. Fongara.<br />

Info: 348.8063910<br />

- 15 ottobre:<br />

45 a Festa dello Spiedo<br />

Isola Vicentina<br />

Info: tel. 0444.976081<br />

- 19 ottobre:<br />

Serata Enogastronomica a<br />

Tema “A tavola con le<br />

castagne e il miele di Durlo” –<br />

Crespadoro, Loc. Durlo.<br />

Associazione DURLO ’86:<br />

durlo86@tiscali.it<br />

- dal 19 al 21 ottobre: 29 a<br />

Festa delle Castagne – Durlo<br />

di Crespadoro. Ass. DURLO<br />

’86: durlo86@tiscali.it<br />

Tel. 0444.429377<br />

- 20 e 21 ottobre:<br />

16 a Montagna in città e 13 a<br />

Mostra mercato dei Prodotti<br />

Biologici - Schio. Info:<br />

Comunità Montana Leogra<br />

Timonchio. Tel. 0445.530533.<br />

- 21 ottobre:<br />

26 a Festa della Castagna<br />

Merendaor<br />

di Recoaro Terme.<br />

Info: tel. 0445.75070<br />

- dal 19 al 21 ottobre:<br />

25 a Marronata in città e<br />

Mostra Mercato prodotti<br />

agricoli - Vicenza.<br />

Info: tel. 0444.228894<br />

- 21 ottobre:<br />

Mostra Prov.le dei funghi<br />

d’autunno e rassegna delle<br />

erbe medicinali.Costabissara.<br />

tel. 0444.970018<br />

- 21 ottobre:<br />

24 a Mostra concorso “Maron<br />

de oro” e 23 a Mostra concorso<br />

“Nason de Oro” – Lugo di<br />

Vicenza. tel. 0445.327063<br />

- 26 ottobre:<br />

Serata enogastronomica<br />

Ristorante "Gabri e Giorgio"<br />

via Roma 12, Nogarole<br />

Vicentino. Nell'ambito della<br />

rassegna 2007 del gruppo "I<br />

Ristoratori della Valle del<br />

Chiampo".<br />

Info: tel. 0444.623057<br />

- 26, 27, 28 e 29 ottobre: 43 a<br />

Sagra “Polenta e Baccalà” –<br />

Thiene.<br />

Info: tel. 0445.369544<br />

- 27 e 28 ottobre:<br />

25 a “Festa dei maruni”<br />

Alvese di Nogarole Vicentino<br />

Info: tel. 0444.688186<br />

- 27 e 28 ottobre e 1<br />

novembre: 18 a Festa delle<br />

Castagne e degustazione<br />

“Scopeton” – Monte di Malo.<br />

Info: tel. 0445.607273<br />

- 28 ottobre:<br />

Mostra mercato dei prodotti<br />

agricoli locali - Posina.<br />

Info: tel. 0445.748013<br />

- 27 e 29 ottobre:<br />

Festa dei Marroni – Albettone<br />

– loc. Lovertino.<br />

Info: tel. 0444.790001<br />

- 28 ottobre:<br />

Biologica: mostra mercato<br />

prodotti biologici e<br />

biodinamici - Vicenza<br />

Info: tel. 0444.325110<br />

- 25 ottobre:<br />

Giornata mondiale della<br />

Pasta. Info: tel. 0444.994750<br />

- 27 e 28 ottobre: Festa del<br />

Baccalà alla Vicentina –<br />

Noventa Vicentina.<br />

Info: tel. 0444.860353<br />

- 28 ottobre: Fiera di San<br />

Simeone con degustazione<br />

prodotti tipici - Marostica<br />

Info: tel. 0424.72127<br />

- 31 ottobre e 4 novembre:<br />

Festa d’autunno – Valdagno.<br />

Info: tel. 0445.401190<br />

Vicentino<br />

5 a Disfida del Baccalà<br />

DOMENICA 7 OTTOBRE<br />

alle ore 11.30<br />

...I socfisi seccano al vento e al sole e<br />

perchè sono di poca humidità grassa,<br />

diventano duri come legno. Quando li<br />

vogliono mangiare, li battono col<br />

roverso della mannara che li fa<br />

diventare sfilati come nervi, poi<br />

compongono butirro et spetie per<br />

dargli sapore, et è grande et inestimabile<br />

mercanzia per quel mare di<br />

Alemagna<br />

(Pietro Querini)<br />

Così scriveva quasi seicento anni fa<br />

un nostro illustre concittadino,<br />

scoprendo, a causa di naufragio, il<br />

metodo di conservazione del merluzzo<br />

che va sotto il nome di stoccafisso. E<br />

noi, degni eredi di cotanto scopritore,<br />

per non esser da meno, naufragheremo<br />

nella V Disfida Nazionale<br />

dello Stoccafisso che si terrà, come<br />

d'abitudine nella splendida cornice di<br />

Villa Cordellina Lombardi a<br />

Montecchio Maggiore, domenica 7<br />

ottobre con il seguente programma:<br />

Ore 11.15 Ritrovo<br />

Ore 11.30 Presentazione dell’evento e<br />

saluto delle autorità partecipanti<br />

Ore 12.30 Aspettando la disfida... con<br />

il baccalà mantecato<br />

Ore 13.00 Quinta edizione della<br />

disfida dello stoccafisso<br />

Il costo della partecipazione è di euro<br />

50,00 per i soci Slow Food ed euro<br />

55,00 per i non soci. Chi volesse<br />

prenotarsi lo potrà fare fin d’ora.<br />

Condotta Slow Food del Vicentino<br />

Tel. 347.3065710 – Fax 178.2710857


Due pattuglie di carabinieri stanno facendo la scorta al trasporto di un carro<br />

armato. Giunti in prossimità di un cavalcavia, il maresciallo ordina di fermarsi e<br />

richiama tutti i carabinieri dicendo:<br />

- Ragazzi, come potete vedere, il carro armato sopra il camion non può passare sotto<br />

il ponte per pochi centimetri, per cui dovete scolpire il cemento con mazzetta e<br />

scalpello.<br />

Si mettono tutti all'opera, quando ad un tratto arriva una gazzella della polizia.<br />

- Buongiorno maresciallo! Che è successo?<br />

Ed il maresciallo:<br />

- Lo vedete pure voi che il carro armato è troppo alto e non passa sotto il ponte, perciò<br />

sto facendo scolpire il ponte per tre o quattro centimetri, così poi ci passa.<br />

Al che l'agente di polizia gli suggerisce:<br />

- Maresciallo, ma non è meglio sgonfiare le ruote del camion fino a che passate e poi<br />

le rigonfiate?<br />

Ed il maresciallo:<br />

- Ma quanto sei bravo! Guarda, che è sopra che non ci passa, non sotto!<br />

Un veneto, orgoglioso che il proprio cane sia in grado di<br />

camminare sull'acqua, decide di portarlo in riva al fiume<br />

per mostrarlo a tutti.<br />

Lancia un primo bastone nel fiume ed il cane, camminando<br />

sull'acqua, va a raccoglierlo; poi un secondo, un terzo<br />

lancio e così via fino a quando un pescatore, che è lì, si<br />

volta e chiede al padrone del cane:<br />

- Oh, ma quanti ani galo sto can?<br />

- Sette, risponde il padroncino.<br />

- Alora - risponde il pescatore - me sa' che a noare nol<br />

impara pì, ormai!<br />

Prima di utilizzare questo servizio Vi chiediamo di compiere un onesto esame di coscienza:<br />

-Se siete presuntuosi Vi invitiamo a fare un passo avanti: probabilmente<br />

"lui" è molto più" corto di quanto pensiate.<br />

-Se siete modesti fate un passo indietro: salvaguarderete così la parete e il coperchio, per la<br />

gioia dei posteri.<br />

-Se siete molto alti dedicate qualche istante a un attento esame di carattere balistico per<br />

essere sicuri di “fare canestro" al primo tentativo. Dopo sarà troppo tardi...<br />

-Se siete molto bassi procurateVi uno sgabello: eviterete il fastidio di saltellare spisciacchiando<br />

a destra e a manca.<br />

-Se siete strabici sappiate che davanti a Voi c'è un solo water.<br />

-Se, infine, siete donne prendete orgogliosamente atto di questa Vostra magnifica<br />

condizione e ricordateVi che siamo accesi fautori della parità dei diritti. Tuttavia la nostra,<br />

pur modesta, esperienza non ci ha affatto convinti nell'uguaglianza dei sessi.<br />

Grazie per avere scelto, anche per questa funzione, il nostro locale ...

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