2009 - Gustolocale
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Emozione<br />
ei sensi, il<br />
l piacere…<br />
Emozione<br />
ei sensi, il<br />
l piacere…<br />
Emozione<br />
ei sensi, il<br />
l piacere…<br />
Emozione<br />
ei sensi, il<br />
l piacere…<br />
Emozione
Mangiamo la primavera<br />
La sottile arte della distillazione<br />
pag. 6<br />
Rosae rosarum rosis<br />
pag. 10<br />
Le Grouse sposano il Moropio<br />
pag. 20<br />
Le Ferrari dei salumieri<br />
pag. 34<br />
Sommario <strong>2009</strong><br />
aprile<br />
Mangiamo la primavera<br />
La vita in un seme<br />
La sottile arte della distillazione<br />
Sfiorivano le viole<br />
Rosae rosarum rosis<br />
Artù e la tavola rotonda<br />
Una “Villa” per il lusso dell’enogastronomia vicentina<br />
Organizzando si impara<br />
Le Grouse sposano il Moropio<br />
Una piramide di salute<br />
Un americano tranquillo<br />
Abconsiderazioni di Amedeo Sandri<br />
Il museo di Beppe<br />
Quattro cuochi (e amici) per un libro<br />
Bassano chiama Marte<br />
Le Ferrari dei salumieri<br />
Un, due, tre, Caffè, caffè, caffè<br />
La passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie<br />
Gusto in evoluzione<br />
Noalcol?<br />
Il terroir del miele<br />
Il Cocktail del mese<br />
Annunci<br />
Appuntamenti<br />
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Mangiamo<br />
la primavera<br />
In Primavera le erbe spontanee spuntano numerose e rallegrano le nostre tavole.<br />
Patrimonio prezioso della cultura contadina, ma non solo<br />
“No’ ghe xe erba che varda in su che no’ gabia la so virtù”. È la testimonianza<br />
di un’intima comunione fra l’uomo e le piante e ciò che appare<br />
strano è che, con il passare dei millenni, per quanto noi si sia uomini<br />
diversi, dove scienza e tecnica prevalgono incontrastate, sentiamo fortissimo<br />
il richiamo del nostro passato, in particolare modo quello del<br />
mondo contadino.<br />
E l’interesse per il mondo vegetale, con il quale i nostri avi vivevano in<br />
ben più stretto contatto, resta ancora in ciascuno di noi. Si riscopre,<br />
attraverso piatti di grande semplicità, quel ritorno alla natura che è sostanzialmente<br />
testimonianza del meglio ottenibile, del più semplice, del<br />
più buono, proprio perché frutto di quanto la natura ci fornisce.<br />
E che le erbe abbiano rappresentato un punto centrale nella vita dell’uo-<br />
mo appare evidente se si pensa che tutta la farmacopea, tutto il mondo<br />
delle medicine per la cura delle malattie è sempre derivato dalle erbe,<br />
dalle radici, dalle foglie, insomma dal mondo vegetale. Finché non è intervenuta<br />
la chimica per la produzione di medicine altro non vi era se non<br />
l’uso delle erbe per curare le malattie e riottenere la salute. Una continua<br />
pratica di sperimentazione, d’osservazione ha permesso l’uso intelligente<br />
di proprietà curative di molti vegetali (ed anche d’erronee credenze per<br />
altri), con il perpetuarsi di una tradizione orale che si è poi estrinsecata<br />
anche in trattati di centri di sapere che hanno tramandato la loro cultura.<br />
Dalla medioevale Scuola Medica Salernitana al primo orto botanico<br />
d’Italia, costituito nel 1545 per volontà della Serenissima all’Università di<br />
Padova, tutto lascia ben vedere l’interesse primario verso la Natura.
Ciò avviene anche in cucina, con un rito che non lascia<br />
deroghe: con l’arrivo della primavera, i campi,<br />
le “masiere”, i fossi divengono terreno di ricerca per<br />
quelle erbe spontanee che donano il sapore del risveglio<br />
della natura e del ritorno alla cucina semplice.<br />
C’è in effetti una specie di “orologio biologico” che ci<br />
porta a sentire il bisogno di avere, all’inizio della primavera,<br />
una cucina che è valida alternativa ai sapori<br />
pieni dell’inverno. Abbiamo bisogno di freschezza, di<br />
semplicità, di gusti consolidati. Le erbe spontanee<br />
sono sono testimonianza del ricordo, cucina cucina della<br />
memoria, da tutti conosciuta, che che rimanda rimanda a<br />
tempi lontani, alla nostra storia, a piaceri mai<br />
dimenticati.<br />
Dai pissacàn ai bruscandoli, dalle ortighe alle<br />
sparasèle, dai tanoni agli invernali rampusoli,<br />
dalle rosole ai crencani, dalle galinele ai carleti<br />
è tutto un risveglio della natura. Come in<br />
autunno i boschi sono setacciati setacciati dai boscaioli,<br />
così in primavera è tutto un raccattare erbe e butti.<br />
In realtà i vegetali mangerecci mangerecci d’inizio d’inizio primavera sono<br />
molti, ma quelli noti e selezionati nel tempo dalla tradizione<br />
locale sono poco meno di venti.<br />
E non guarderemo solo per terra: tra poco guarderemo<br />
anche sulle piante e se troveremo fi ori d’acacia,<br />
glicini o sambuco li utilizzeremo in cucina, fritti ed addolciti<br />
dallo zucchero. Avremo anche fatto frittelle con<br />
l’erba maresina o avremo messo la ruta nella grappa<br />
per darle nuovo sapore.<br />
Così una terra benigna ci permette di aver erbe spontanee<br />
che hanno, oltre alle rinomate virtù terapeutiche,<br />
anche virtù alimentari.<br />
Diffi cile trovare gli inventori di questa cucina. Si possono<br />
però fare alcune considerazioni che aiutano a<br />
conoscere il percorso delle erbe spontanee in cucina.<br />
Sappiamo, per certo, che i Longobardi, nelle loro invasioni<br />
che avevano la caratteristica di migrazioni, in<br />
quanto venivano in Italia con le famiglie al seguito, accrebbero,<br />
presso di noi, la conoscenza dei funghi e<br />
delle erbe spontanee. Tutto derivava dalla necessità<br />
di trovare nutrimento per queste popolazioni che mi-<br />
gravano: il prato, il bosco, la<br />
macchia, erano altrettanti tesori<br />
che davano alimenti. Ed<br />
è anche vero che popolazioni<br />
che si sono stabilizzate da noi, come gli insediamenti<br />
Cimbri sull’Altipiano d’Asiago, sui monti della Lessinia<br />
e nelle foreste del Cansilio hanno portato usanze<br />
e loro peculiari consuetudini, anche nella ricerca del<br />
buono in cucina, con l’uso d’erbe spontanee.<br />
La cucina delle erbe costituisce, in defi nitiva, una valida<br />
alternativa ai sapori di sempre, ha la freschezza<br />
della immediatezza, della riscoperta della semplicità<br />
che, spesso, è lontana dai piatti.<br />
Di più è arricchimento dei piatti della nostra storia e la<br />
nostra cucina ne ha fatto tesoro. Provate un risotto ai<br />
carletti o un piccione al forno ripieno di rosole e poi mi<br />
saprete dire!<br />
Il tutto, in fondo, è fedele al proverbio “di cucina”, già<br />
messo in evidenza fi n dal 1892 dal “grande” Pellegrino<br />
Artusi:<br />
“Prendi il cibo con misura<br />
Dai due regni di Natura”<br />
Alfredo Pelle
4<br />
La vita in un seme<br />
In aumento i consumi di germogli. Un concentrato di energia gustoso e nutriente<br />
Oltre a quelli di soia, i meno buoni fra tutti, anche se i più conosciuti, ci sono oltre<br />
quaranta tipi di germogli, tutti nutrienti, alcuni dei quali gustosissimi, appetitosi,<br />
allegri, colorati e belli (da presentare in tavola, per la gioia degli occhi e del palato).<br />
I germogli costituiscono un esempio della straordinaria capacità della natura di<br />
produrre energia, capacità che può essere sfruttata da ogni consumatore per procurarsi<br />
a basso costo cibi freschi, ricchi di principi nutritivi come vitamine, enzimi<br />
ed oligoelementi, e di facile digestione. Conosciuti fi n dall’antichità, molti sono i<br />
popoli che utilizzavano quale cibo rigeneratore e terapeutico i grani germinati e i<br />
germogli sviluppati e che ne hanno tramandato l’uso. La coltura culinaria asiatica<br />
conosce da tempo il valore di questi germogli dall’aspetto non molto invitante,<br />
che ricoprono quindi un ruolo importante nella cucina orientale. Ne troviamo testimonianza<br />
già nel “Pen Tsao” o “Grande Erbario della Medicina Cinese”, circa<br />
2700 anni a.C., ove il germoglio crudo di soia veniva raccomandato per edemi,<br />
dolori alle ginocchia, crampi, disturbi digestivi e malattie del cuoio capelluto. Ma<br />
ne parla anche la Sacra Bibbia (Libro di Daniele, Capitolo 1, 10-20) per le capacità<br />
di rinvigorire e ringiovanire.<br />
Negli ultimi anni si ha avuto un incremento dei consumi, grazie alla riscoperta, da<br />
parte della scienza moderna, delle proprietà nutrizionali e curative dei germogli<br />
unita alla maggior attenzione e consapevolezza dei consumatori nei confronti di<br />
un’alimentazione sana e nutriente, ma non solo. Oggi questo cibo è stato “scoperto”<br />
anche da noi occidentali proprio per la sua grande ricchezza nutrizionale:<br />
facilissimi da preparare, economici, dai sapori gustosi e svariati, i germogli sono<br />
una vera miniera di principi nutrizionali che, soprattutto in questa epoca sovrabbondante<br />
di cibi raffi nati, sterilizzati, pieni di additivi di ogni genere, costituiscono<br />
un fattore di prevenzione e di difesa dei processi vitali dell’organismo.<br />
Tutto ha inizio dal seme, la piccola miniera di amidi, grassi, vitamine e minerali<br />
che la pianta fabbrica per assicurarsi la continuità su questa terra. Coriaceo e ben<br />
protetto dalla sua buccia per durare a lungo, è quando il seme inizia ad aprirsi che<br />
ha inizio al suo interno una straordinaria trasformazione che risulta ancora diffi -<br />
cilmente comprensibile agli scienziati. Gli amidi si trasformano in zuccheri semplici,<br />
più digeribili, le proteine si scompongono in amminoacidi, ma, soprattutto, il<br />
contenuto in vitamine si potenzia enormemente. Se consideriamo che il mantenimento<br />
ed il potenziamento delle difese naturali dell’organismo, e quindi la difesa e<br />
il miglioramento della salute, richiedono innanzitutto un’alimentazione equilibrata<br />
e ricca di vegetali freschi e genuini, comprendiamo bene quale importanza abbia<br />
il consumo di germogli di semi di vario tipo, quali cereali e leguminose, natural-
mente provenienti da coltivazioni biologiche. I semi di cereali o legumi allo stato<br />
crudo sono immangiabili ed indigesti; essi quindi devono essere cotti per renderli<br />
commestibili ed assimilabili: il calore, infatti, trasforma gli amidi in carboidrati più<br />
semplici, le proteine in frammenti più solubili, e così è possibile utilizzarli per la<br />
nostra alimentazione. Con il calore però, la “vita” che è presente allo stato latente<br />
nel seme, scompare: un seme dopo la cottura non è più capace di germogliare.<br />
La germinazione invece permette di mangiare crudi quegli stessi semi, fornendo<br />
cibi ricchi, vitali e nutrienti, in cui l’energia “potenziale” contenuta nel seme si<br />
libera e si trasforma in energia assimilabile dall’organismo. Il germoglio infatti costituisce<br />
un alimento fresco, che si presta ad essere mangiato crudo, ricchissimo<br />
di nutrienti quali vitamine, enzimi, oligoelementi, aminoacidi essenziali; è facile da<br />
digerire, è privo di scarti poiché si utilizza per intero, è gustoso, è facile da preparare<br />
e conservare, ed è anche molto economico poiché dà un’ottima resa.<br />
È proprio durante la trasformazione delle sostanze di riserva che avvengono le<br />
numerose e complesse trasformazioni biochimiche, non ancora del tutto chiarite,<br />
che danno al germoglio la sua ricchezza di sostanze: esso diventa un vero e proprio<br />
scrigno di principi nutritivi, che sono di più facile digestione ed assimilazione<br />
da parte dell’organismo: ecco perché i cereali e i legumi germogliati sono molto<br />
più digeribili dei semi di origine per cui sono consigliati anche a chi soffre di una<br />
cattiva forma gastrointestinale. È stato osservato che persone intolleranti ad alcuni<br />
cereali o legumi possono assumerli senza problemi nella forma germinata.<br />
Nei germogli le vitamine addirittura subiscono aumenti considerevoli, dal 50% al<br />
100%, e in certi casi anche molto di più, come ad esempio la vitamina A, che può<br />
aumentare dopo 72 ore di germinazione anche del 370%. In particolare i germogli<br />
sono ricchi di vitamina B12, che può essere utile, insieme alla ricchezza in ferro,<br />
per evitare carenze qualora si segua un’alimentazione vegetariana.<br />
Si consumano da soli, in insalata conditi con un po’ d’olio e sale, oppure uniti<br />
a verdura o frutta, anche nella preparazione di frullati e puree, o tritati e uniti a<br />
maionese fatta in casa, puré o salse di vario tipo, o ancora uniti allo yogurt, ag-<br />
giunti alle minestre di verdura o agli stufati, pochi minuti prima di servirli a tavola,<br />
aggiunti al ripieno dei tortellini, all’impasto delle polpette, come condimento di<br />
pasta e riso. Gli utilizzi sono limitati solo dalla fantasia. Particolarmente indicati<br />
per il consumo a crudo sono i germogli di cereali (grano, segale e orzo), di legumi<br />
(fagioli indiani o Mung, lenticchie o erba medica), ma anche di senape, sesamo e<br />
girasole; mentre i germogli di piselli, soia e ceci devono essere sbollentati prima<br />
del consumo, poiché contengono sostanze tossiche che la germinazione elimina<br />
solo parzialmente.<br />
Paolo Gasparin<br />
5
6<br />
La sottile arte della<br />
disti azione<br />
Aromi, profumi e spezie celebrano l’aqua vitae.<br />
Una tradizione che arriva dal lontano Medioevo<br />
Chi ha avuto la (s)fortuna di “frequentare”, il verbo cela una velata ironia che<br />
solo chi c’era potrà capire, la Scuola Militare Alpina di Aosta si è sicuramente<br />
imbattuto, nei lunghi mesi di “villeggiatura alpina”, in una vera e propria<br />
istituzione locale. Almeno tale lo era al tempo della mia presenza nel capoluogo<br />
valdostano, ormai quasi trent’anni fa.<br />
Sto parlando di un locale che era, al tempo stesso, rifugio, consolazione,<br />
svago e tutto ciò che poteva riempire le ore fra l’uscita dalla caserma per<br />
la libera uscita ed il rientro in quel luogo di sofferenza. Questo locale, che<br />
non so se esista ancora, si chiamava Papà Marcel. O, meglio, papà Marcel<br />
era l’oste, un omone baffuto e quasi sempre sorridente. Un commilitone entrando<br />
per la prima volta in caserma e parafrasando il sommo poeta, disse:<br />
“lasciate ogni speranza o voi che qui entrate”. Ecco, se la caserma poteva<br />
simboleggiare l’inferno, papà Marcel per gli sventurati allievi della scuola<br />
poteva rappresentare Virgilio, guida e consolazione.<br />
Ma non è di quest’uomo che voglio parlarvi. Bensì di ciò che lui offriva nel<br />
suo locale. Ovviamente grappa. O, meglio, grappe aromatizzate con tutto<br />
ciò che può venirvi in mente. Infusioni di tutte le possibili erbe e radici, dalle
più classiche (genziana, liquirizia, asperula, basilico, ginepro) a quelle più particolari e rare (genepy nero, anice<br />
stellato, pino mugo, ortica, camomilla) e chi più ne ha, più ne metta.<br />
L’abitudine di aromatizzare le grappe con erbe e piante aromatiche ed officinali è antica quasi quanto l’arte<br />
della distillazione. L’uso di inserire erbe nel distillato originò dalla volontà di produrre grappe medicinali, associando<br />
le proprietà terapeutiche riconosciute di alcune erbe e radici a quelle del distillato stesso, l’aqua<br />
vitae (acqua della vita di medioevale memoria), ossia un preparato cui venivano attribuite altrettante capacità<br />
taumaturgiche. La Scuola Salernitana, che codificò le regole della distillazione intorno all’anno Mille,<br />
prescrisse l’impiego dell’aqua vitae per svariate patologie umane e così i distillatori (che furono di fatto i soli<br />
monaci, principalmente benedettini e cistercensi, per tutto il medioevo) pensarono di unire al distillato le erbe<br />
e le radici che già conoscevano per le loro capacità curative. Non sappiamo se contribuì di più allo sviluppo<br />
dei distillati aromatizzati la proprietà medicinale riconosciuta o il fatto che il risultato era anche buono. Fatto<br />
è che, a quel punto, i distillati e le grappe aromatizzate cominciarono ad uscire dalle ristrette mura dei conventi<br />
e dei monasteri e a diffondersi nel contado circostante. Qui la saggezza popolare consentì di derogare<br />
al ristretto uso “medicinale” del prodotto e alla grappa e ai distillati cominciarono ad essere associati altre<br />
bacche ed erbe che, forse, tanto medicinali non erano ma che sicuramente permettevano di rendere gradevole<br />
anche il più ignobile distillato.<br />
Non dobbiamo infatti dimenticare che il contadino distillatore utilizzava qualunque cosa fermentasse, dalle<br />
vinacce alla frutta, dai cereali al vino ormai non più buono da bere. E il risultato di tale fermentazione non<br />
sempre era all’altezza dei migliori prodotti provenienti dai monasteri. Certamente il contadino distillatore non<br />
scartava la “testa” e la “coda” e il risultato era un prodotto di alta gradazione, aspro da bere e che necessitava<br />
di essere addolcito. L’uso di frutta, soprattutto dolce, di miele, di erbe aromatiche divenne sempre più diffuso<br />
e così l’abitudine di aromatizzare le grappe ed i distillati permise di farle uscire dal ristretto ambito medico,<br />
per trasformarli in prodotti di largo consumo. Le erbe utilizzate non erano sempre le stesse ma dipendevano<br />
dalla latitudine del luogo dove viveva il distillatore, dall’altitudine e dalla stagione di preparazione.<br />
Oggi l’arte della infusione di erbe e piante medicinali, officinali e aromatiche ha raggiunto livelli di eccellenza,<br />
anche perché la materia prima di partenza è ormai di assoluto valore e non è più necessario mascherare il sapore<br />
del distillato base. Dal punto di vista produttivo l’aromatizzazione può essere ottenuta in quattro modi.<br />
Il primo è per infusione, cioè quando l’erba viene inserita direttamente nel distillato. È il caso, questo delle<br />
varie grappe aromatizzate, alla ruta, alla genziana, all’asperula. Il secondo metodo è la aromatizzazione dei<br />
vapori alcolici. Questo sistema viene utilizzato in alternativa al primo e la differenza principale è che il distillato<br />
non contiene fisicamente l’erba o la radice ma solo la sua essenza. Il terzo metodo è la macerazione<br />
direttamente in bottiglia. Simile al primo metodo con la differenza che l’erba viene inserita direttamente nella<br />
bottiglie riempita con il distillato. È il metodo comunemente utilizzato nella produzione casalinga di grappa<br />
aromatizzata. Infine, l’ultimo metodo è quello delle preparazioni idroalcoliche macerate, decotte o infuse<br />
e addizionate al distillato. Si tratta di una tecnica complessa in cui sono maestri soprattutto i tedeschi, gli<br />
austriaci e gli italiani.<br />
Per concludere, qualunque sia il distillato che vi piace e l’aromatizzazione che preferite, ricordate: scegliete<br />
sempre un prodotto di alta qualità, evitate le bottiglie di costo troppo basso che spesso contengono prodotti<br />
qualitativamente altrettanto bassi ma, soprattutto, bevete con moderazione!<br />
Mauro Pasquali
8<br />
S orivano<br />
le viole<br />
Amate da Napoleone, coltivate dalla sua seconda moglie, le viole sono ancora<br />
oggi utilizzate in cosmetica. Un fi ore dai mille usi<br />
Insieme ai primi raggi di sole che iniziano a riscaldare la terra dopo i lunghi<br />
mesi invernali, ecco spuntare i primi fi ori, che balzano agli occhi immediatamente<br />
riconoscibili, simboli della nuova stagione che sta per arrivare:<br />
accanto alle primule ecco infatti comparire le viole. Sui bordi del sentiero<br />
e nei prati la nostra attenzione è attratta da vivaci macchie colorate che<br />
interrompono il verde uniforme dell’erba. Sono le pianticelle di Viola Mammola,<br />
timidamente nascoste fra l’erbetta fresca, che si manifestano, oltre<br />
che per il colore intenso, per la loro delicata fragranza.<br />
La viola ha nel cuore di ognuno un posto speciale, legato a ricordi d’infanzia,<br />
ad antichi e nuovi amori, a semplici ma profonde emozioni che<br />
danno sollievo all’anima. Un sollievo che è anche fi sico, date le proprietà<br />
medicinali della pianta, nota come “conforto del cuore”. É un altro dei<br />
fi ori importanti del prato primaverile. Essendo tra le specie botaniche più<br />
antiche, il vocabolo che la defi nisce nella lingua greca è di origine anellenica.<br />
Teofrasto l’annovera tra le brassicaceae, come ortaggi, un po’ come<br />
il cavolo nero, la rucola e la rughetta, poiché come risaputo le sue foglie<br />
vengono impiegate anche nelle insalate. Secondo Teofrasto la viola odorata<br />
fi oriva subito dopo la leucoion vulgaris, la viola bianca. Plinio si sofferma<br />
a descriverci i vari colori delle viole, purpurae, lutaee, albae: sulle viole<br />
gialle e sulle viole purpuree che ben conosciamo, deve essersi accentrata<br />
l’attenzione dei popoli sin dalla più alta preistoria. Il ricordo preciso di una<br />
utilità alimentare della viola, sia pure trasportata sul piano mitologico, è<br />
chiaramente riportata nelle fonti antiche in un passo dei Geoponica, in cui<br />
si legge che per la bella Io, tramutata in vacca, furono fatte sorgere le viole<br />
come nutrimento. Apicio dava la ricetta di un vino di viole. Sono numerose<br />
le testimonianze dell’utilità della viola e tutte si ricavano dalle numerose<br />
ricette dalla farmacopea.<br />
Dioscoride, elencando le virtù della viola bianca, affermava che sue radici<br />
ridotte in poltiglia e i petali seccati erano utili contro le infi ammazioni, ulcere<br />
e malattie varie, grazie al loro potere di purifi care. Proprietà terapeutiche<br />
hanno parimenti le viole purpuree di cui Dioscoride elenca i vari usi contro<br />
le malattie dello stomaco, le febbri maligne, il mal di ventre, la pleurite e in
genere tutte le malattie dell’apparato respiratorio. Inoltre Virgilio, Plinio e<br />
Columella indicano nei fi ori di viola i preferiti dalle api per la formazione di<br />
ottimo miele, e questa notizia di certo le ricolloca ancora una volta come<br />
possibili fi ori sacri del mondo arcaico.<br />
La grazia di questo fi ore, l’armonia dei suoi colori, la soavità del suo profumo,<br />
il suo timido apparire nascosta fra i fi li d’erba, ne hanno fatto da sempre<br />
il simbolo del pudore, della modestia e della discrezione. Fin dall’antichità<br />
la mammola era apprezzata non solo per il suo profumo, che veniva<br />
ottenuto per distillazione dei fi ori, e in cucina, per preparare insalate, marmellate<br />
e sciroppi, ma anche per le sue proprietà medicinali, dovute a<br />
numerosi principi attivi dalle proprietà espettoranti, tossifughe, sedative,<br />
emollienti, sudorifere, leggermente diuretiche e lassative. Agli inizi dell’Ottocento<br />
divennero di gran moda in Europa, perché era noto che a Napoleone<br />
Bonaparte piacevano moltissimo. La sua seconda moglie, Maria<br />
Luigia d’Asburgo Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, era talmente<br />
affascinata da questo fi ore che si occupava personalmente della sua coltivazione<br />
nell’Orto Botanico di Parma da lei voluto. Fu lei ad incoraggiare<br />
e sostenere le ricerche dei frati del Convento dell’Annunciata che, dopo<br />
lungo e paziente lavoro, riuscirono ad estrarre dalla pianta quell’essenza,<br />
detta “violetta di Parma”, dal profumo particolarmente delicato, che ancora<br />
oggi viene impiegata nella fabbricazione di profumi e cosmetici.<br />
Vittoria Bicego<br />
9
10<br />
Rosae rosarum rosis<br />
La rosa, come molti altri fi ori, si presta a svariati usi in cucina ed è un concentrato<br />
di benessere. A patto di saper scegliere<br />
I fi ori ci piacciono tanto? Mangiamoceli. Vi sembra una provocazione?<br />
Niente affatto. In realtà lo facciamo già abbastanza spesso tutto l’anno.<br />
Non è forse vero che sulle nostre tavole abitualmente non mancano fi ori di<br />
zucchine, carciofi , cavolfi ori e capperi?<br />
E ora che la primavera è arrivata per aggiungere un tocco di novità ai nostri<br />
piatti e provare nuove sensazioni gustative, potremmo gustare squisite frittelline<br />
ai fi ori di robinia, violette candite o leggere insalatine punteggiate da<br />
petali di primule, calendula, tarassaco, borraggine e trifoglio. L’elenco dei<br />
fi ori che si possono accompagnare a pasta, risotti, carni e pesce è piuttosto<br />
lungo e comprende margherite, tulipani, garofani, iris, tiglio, lavanda,<br />
gelsomini, lillà. Per non parlare dei crisantemi il cui dolce sapore sembra<br />
aiuti a vivacizzare i piatti freddi e le insalate autunnali.<br />
Comunque sia, oltre ad essere decorativi, molti fi ori non solo sono buoni,<br />
ma fanno anche molto bene al nostro organismo, perché sono autentiche<br />
riserve di vitamine, elementi nutritivi essenziali, ed hanno proprietà curative.<br />
E tra non molto, quando le temperature primaverili aumenteranno,<br />
sbocceranno i fi ori che amiamo più di tutti. Aprendo le loro meravigliose<br />
corolle al tepore dei raggi solari, le rose, torneranno a regalare fascino e<br />
bellezza. Parlare delle regine di giardini e parchi non è semplice, signifi ca<br />
addentrarsi in un magico universo costituito da centinaia di varietà, colori<br />
e profumi. Nel suo storico “Il mio erbario”, il grande Maurice Mességué<br />
osserva: “Accingersi a parlare della rosa non è impresa da poco. Questa<br />
pianta è un microcosmo che racchiude in sé tutti i misteri e le bellezze della<br />
natura. È un modello di perfezione”. E, come tale, riteniamo meriti uno<br />
spazio speciale.<br />
Sin dall’antichità la rosa ha sempre attirato l’uomo e non solo per ragioni<br />
ornamentali. Apparse più di 70 milioni di anni fa in territori centro asiatici,<br />
le piante di rose si sono diffuse ovunque e sono state amate e coltivate da<br />
Persiani, Assiri, Egizi e Romani, che avevano a Paestum i vivai più imponenti<br />
per soddisfare soprattutto una clientela femminile. Le loro donne prediligevano<br />
la polvere di rose per strofi narsi il corpo dopo il bagno, truccarsi<br />
le palpebre con l’olio e succhiavano pasticche alla rosa per darsi un alito<br />
più gradevole. I medici arabi guarivano i tisici con l’azzuccar o zuccar, che<br />
altro non era che marmellata di rose. In età medioevale, i petali macinati<br />
di rose erano, con spezie e parmigiano, tra gli ingredienti di una specie<br />
di delicata lasagna e l’ingrediente base di tradizionali liquori preparati nei<br />
conventi da frati Benedettini e Trappisti. In tempi più recenti sono stati i<br />
cuochi parigini i primi ad avere utilizzato le rose in cucina. Inizialmente per<br />
guarnire i piatti, poi per condirli, alla ricerca di sapori nuovi ed intriganti.<br />
Naturalmente, anche chef e ristoratori italiani, a cui non mancano creatività<br />
ed inventiva, hanno saputo abilmente declinare questo ingrediente<br />
in svariate ricette e preparazioni. Qualcuno di noi avrà probabilmente già<br />
avuto modo di assaporare, magari in occasione della festa di S.Valentino,<br />
un risotto, delle fettuccine o forse un piatto di quaglie e perfi no una frittata alle
ose. E in primavera inoltrata si potrebbero anche<br />
gustare tortini di formaggio adagiato su un letto di<br />
petali di questi fi ori, rose al forno con biscotti, fettine<br />
di pane con burro alle rose o con composta e<br />
marmellata di rose, oltre a cannoli, gelato, gelatine,<br />
sciroppi, liquori tutti a base di rose.<br />
Se voleste cimentarvi anche voi, va detto che in<br />
quasi tutte queste interpretazioni sono da preferire<br />
le rose rosse, di una specie ibrida tra la Rosa Centifolia<br />
e la Rosa Gallica, ricche di una componente<br />
aromatica molto gradevole grazie alla presenza di<br />
sostanze come citronellolo e geraniolo. Vanno raccolte<br />
preferibilmente in campagna, nelle ore tarde<br />
del mattino, quando sono ben aperte e profumate e<br />
non devono avere subito trattamenti. Prima di essere<br />
impiegate in cucina, vanno sciacquate in acqua<br />
per bene, quando sono ancora intere. Con i petali<br />
seccati all’ombra e dell’acqua bollente si possono<br />
invece preparare un delicato infuso e, con l’aggiunta<br />
di zucchero, uno squisito sciroppo dalle spiccate<br />
proprietà, per curare i disturbi della gola, delle mucosità<br />
nasali e bronchiali. L’aceto di rose, ottenuto<br />
lasciando al sole per 15-20 giorni un recipiente con<br />
un paio di litri di aceto rosso e qualche manciata di<br />
petali secchi, è adatto per fare gargarismi e ricavare<br />
colliri e lozioni, mentre le rose cotte nel vino vanno<br />
applicate esternamente per combattere le ulcere.<br />
Anche il miele alla rosa e la marmellata danno molti<br />
benefi ci e sono fortifi canti per l’organismo.<br />
Chi si è recato nei paesi scandinavi, avrà avuto l’occasione<br />
di ammirare immense distese di boschi e<br />
una grande varietà di specie vegetali, tra le quali<br />
sono rigogliose le piante di Rosa Canina. Laggiù se<br />
ne utilizzano le bacche, i cinorrodi, ricche di vitamina<br />
C, per la preparazione di budini, sciroppi e di una<br />
confettura che, con un po’ di impegno, possiamo<br />
realizzare anche noi, da accompagnare ad un buon<br />
pane casereccio o qualche formaggio del territorio<br />
vicentino. Provare per credere.<br />
Sarina Vaccarella
12<br />
Promuovere i prodotti<br />
del territorio e la<br />
loro trasformazione<br />
trasformazione<br />
in pietanze tipiche rispettando le caratteristiche stagio-stagionali:<br />
è questo l’obiettivo del “Menù Artù” ideato dai Ristoratori<br />
aderenti all’Associazione Artigiani Confartigianato<br />
vicentina. Così, dal 19 di marzo, nei locali dei Ristoratori<br />
aderenti all’iniziativa è possibile gustare il menù nella sua<br />
versione “primaverile”, ricca di specialità agroalimentari<br />
nostrane rivisitate con creatività e gusto dalle abili mani<br />
degli chef. Dalla terra alla tavola, senza fare troppa strada,<br />
rispettando le stagioni e la cultura gastronomica locale,<br />
quella che nasce appunto dalla terra e arriva sulle<br />
nostre tavole mutuata dall’esperienza degli artigiani del<br />
settore alimentare. Scelte che parlano tanto di fi losofi a<br />
del gusto quanto di ponderate scelte per aiutare l’economia<br />
e rispettare l’ambiente e che l’Associazione Artigiani<br />
vicentina ha tradotto, con i Ristoratori che ad essa aderiscono<br />
e con uno scelto gruppo di partner, in un “Menu<br />
Artù”. Come ha indicato il “gastronauta” Davide Paolini al<br />
convegno “A tavola con il nostro territorio”, infatti, l’economia<br />
passa anche dalla tavola, e sono numerosi i casi<br />
nazionali che lo dimostrano, illustrando anche come sia<br />
possibile mangiare bene ed in modo consapevole, risparmiando,<br />
andando ad esempio ad acquistare le frattaglie<br />
al posto del tanto osannato e poco gustoso fi letto. Ma<br />
come nasce “Menu Artù”? Il nome deriva dai due elemen-<br />
Artù e la tavola rotonda<br />
Al via il menu studiato dai Ristoratori dell’Assoartigiani.<br />
Tanto territorio e tanta stagionalità per riscoprirsi vicentini,<br />
anche a tavola<br />
ti essenziali di questa originale e stuzzicante iniziativa: vi<br />
si fondono infatti l’artigianato, perché da esso derivano le<br />
specialità tipiche locali utilizzate per la sua realizzazione;<br />
e il turismo perché il menu e più in generale il “buono” artigiano<br />
vogliono essere - oltre che una piacevole scoperta<br />
o ri-scoperta per i residenti - un ulteriore motivo di richiamo<br />
della terra vicentina nei confronti degli ospiti provenienti<br />
dalle altre regioni d’Italia e dall’estero, esattamente<br />
come le bellezze paesaggistiche, artistiche e architettoniche<br />
dell’area. “Dopo il successo riscosso lo scorso anno<br />
dalle Cene Palladiane - ha affermato Guerrino Mazzocco,<br />
componente della Giunta Esecutiva dell’Assoartigiani -<br />
anche questa iniziativa siamo certi incontrerà il favore del<br />
pubblico, sia di quello locale che di quello turistico. Gli<br />
obiettivi che ci proponiamo sono importanti: valorizzare<br />
le materie prime e i prodotti tipici della nostra provincia;<br />
promuovere il consumo di prodotti in loco e nella stagione<br />
di produzione, così da agire positivamente sia sul<br />
versante dei costi sia su quello dell’impatto ambientale;<br />
e infi ne creare un primo, vero accordo di fi liera che parta<br />
dalla terra e arrivi fi no alla tavola, passando attraverso<br />
la trasformazione dei prodotti ad opera degli artigiani<br />
del settore”. Per rendere riconoscibili i Ristoranti aderenti<br />
all’Associazione Artigiani è visibile, all’esterno dei locali,<br />
un apposito marchio.<br />
Roberto Gasparin
Una “Villa” per il lusso<br />
dell’enogastronomia vicentina<br />
Nasce Villa, Vicenza Luxury Labels: marchio che accoglie i prodotti della migliore<br />
gastronomia vicentina. E guarda ai mercati esteri<br />
Prendete 5 produttori vicentini<br />
DOC, aggiungete due<br />
belle manciate di tradizione<br />
e condite con una cucchiata<br />
di passione. Lasciate lievitare<br />
per qualche ora e poi cuocete<br />
in forno con un evento di gran<br />
gala. Ecco qui la ricetta per<br />
presentare la nascita di VILLA<br />
- Vicenza Luxury Labels. Un<br />
marchio tutto vicentino per<br />
parlare delle eccellenze della cucina veneta: il vino, la grappa, il tartufo, il<br />
riso, il prosciutto. Il 2-4-5 aprile si terrà la presentazione uffi ciale, “Vicenza,<br />
il lusso si racconta a tavola”. Appuntamento alla Tenuta La Scaletta di Altavilla<br />
Vicentina.<br />
In programma ci sono due cene di gala per degustare i prodotti delle aziende<br />
Villa. Ma non solo. La prima sera ci sarà come ospite d’onore Katia Ricciarelli,<br />
cantante lirica italiana conosciuta a livello internazionale. La seconda<br />
sera uno spettacolo di Finger Food, a cura di Marco Valletta e Gianluca<br />
Tomasi della Nazionale Italiana Cuochi, si accompagnerà alla mostra delle<br />
moto Ducati Campione del Mondo.<br />
Alla regia dell’evento l’esperienza delle aziende fondatrici di questo progetto:<br />
Le Pignole di Brendola per il vino, Distilleria F.lli Brunello di Montegalda<br />
per la grappa, Terra Berica di Villaga per il prosciutto, Prelibatesse di Crespadoro<br />
per il tartufo, Riseria delle Abbadesse di Grumolo per il riso. Tutti<br />
insieme per presentare al mercato estero i preziosi gioielli enogastromici<br />
che da sempre si incontrano nelle tavole beriche; prodotti esclusivi, legati<br />
ad un particolare terreno e cresciuti con la cura del lavoro artigianale. I piatti<br />
vicentini sono ricercati e seguono l’andamento delle stagioni e dei prodotti che<br />
si raccolgono nei campi e nei boschi. Citando lo scrittore Guido Piovene, Vicenza<br />
è “una città in bianco e nero, con le tinte di un’acquaforte”, proprio come i<br />
suoi prodotti, naturali e genuini ma ricercati come un diamante prezioso.<br />
Claudia Zigliotto<br />
Cottura<br />
Freddo<br />
Lavaggio<br />
Pizzeria<br />
Preparazione<br />
Aspirazione<br />
Bar<br />
Lavanderia<br />
Accessori
Un friulano<br />
a Vicenza<br />
16<br />
Numerosi e di qualità i prodotti proposti da Vicenza Alimentare.<br />
Un’azienda giovane, ma con una base molto solida<br />
I friulani sono un popolo contadino, attaccato alla terra e<br />
vicino alla natura, organizzato in salde strutture familiari<br />
e in piccole comunità di paese. Laborioso, ma anche dotato<br />
di capacità imprenditoriali, tradizionalista e fedele<br />
alla parola data.<br />
Ed è con la tenacia del profondo friulano,<br />
l’esperienza maturata nel mondo del catering,<br />
e tanta voglia di fare che Alessandro<br />
Mores ha fondato alcuni anni fa Vicenza<br />
Alimentare, un’azienda di distribuzione<br />
alimentare specializzata nella selezione<br />
di prodotti di qualità, rivolta principalmente<br />
alla Ristorazione ed al Bar.<br />
Alessandro Mores con la sua profonda<br />
esperienza, da sempre seleziona prodotti<br />
d’alta gamma; nel suo listino possiamo<br />
trovare i famosi insaccati Wild<br />
di selvaggina, sia di pelo che di piuma,<br />
deliziosi prosciutti di cervo, Cinghiale,<br />
Alessandro Mores<br />
Bisonte o di Muflone, Lardi di Patanegra alle Erbe, la<br />
Soppressa di Cervo, Oca o Cinghiale, il Praga di Agnello,<br />
Cinghiale o Canguro, i salami d’oca, i carpacci, la<br />
delizia di Anatra, oppure i gustosissimi sigari di cervo<br />
solo per citarne alcuni.<br />
Ma sono anche molti altri i prestigiosi marchi che contraddistinguono<br />
Vicenza Alimentare, come i grandiosi<br />
aceti balsamici di Modena della Mussini, che è presente<br />
nel catalogo anche con deliziose composte di cipolle<br />
rosse, fichi, pere e mele cotogne e molto altro, senza<br />
dimenticare le salse, le creme e le intense emozioni dei<br />
cioccolatini all’aceto balsamico.<br />
Altra azienda di prestigio distribuita da Vicenza Alimentare<br />
è la Viander “il mangiarbene” che con il suo vasto<br />
assortimento, dal pomodoro al caviale, di prodotti di altissima<br />
qualità e grande affidabilità, consente agli utilizzatori<br />
di soddisfare con raffinate preparazioni quanto di<br />
più particolare ed adatto alla propria arte in cucina.<br />
Vicenza Alimentare è anche Snack, con un‘ampia gamma<br />
di prodotti freschi e/o surgelati per sopperire a tutte
le esigenze del bar:<br />
dove il simple food<br />
non è mai banale,<br />
il bouffet non è mai<br />
sguarnito l’aperitivo<br />
è servito; stuzzichini<br />
fritti, precotti,<br />
pane e salse, salumi<br />
e formaggi, delizie<br />
gastronomiche della<br />
tradizione, brioche e<br />
prodotti per la prima<br />
colazione.<br />
Ma non solo, Vicenza<br />
Alimentare, rappre-<br />
sentando la Bertolini Group, è presente sul territorio vicentino con un’ampia<br />
gamma di panini e tramezzini pronti, preparati con ottimi ingredienti, e confezionati<br />
in atmosfera protetta a garanzia di un’ottimale conservazione fi no a 50<br />
giorni. Ideali per tutti coloro che non hanno a disposizione un laboratorio specifi<br />
co o che preferiscono un prodotto di qualità sempre pronto e disponibile in<br />
ogni occasione, nella quantità desiderata.<br />
Per offrire un servizio completo, Vicenza Alimentare ha anche selezionato alcune<br />
referenze tra i migliori marchi del settore “pulizia Industriale”: una gamma<br />
completa di detergenti, carta e prodotti monouso, rispettosi dell’ambiente, ma<br />
anche negli aspetti legati a sicurezza e HACCP.<br />
Vicenza alimentare è presente anche nel campionato mondiale della MotoGP.<br />
Il titolare infatti, oltre ad essere amico intimo della famiglia di Loris Capirossi,<br />
con la sua azienda è fornitore uffi ciale 2008-<strong>2009</strong> del team Lcr Honda MotoGP<br />
di Lucio Cecchinello, che con il suo pilota Randy De Puniet ben fi gura ad ogni<br />
gran premio. L’azienda, grazie a questa collaborazione, offre la possibilità ai<br />
suoi clienti appassionati di presenziare ai Gran Premi europei, mettendo in palio<br />
i pass per accedere al paddock, dando la possibilità di assistere al motomondiale<br />
da dentro i box, respirando la vita attiva del team e del suo pilota, con<br />
l’opportunità di conoscere piloti e personaggi di spicco da tutto il mondo.<br />
Una ricca gamma di specialità, con numerosi prodotti unici, che può contare su<br />
una distribuzione capillare in provincia di Vicenza, dal servizio puntuale, disponibile<br />
ed attento alle esigenze del cliente. Un’azienda giovane e dinamica, dal<br />
personale professionale e qualifi cato, in grado di dare sempre risposte certe,<br />
per la massima soddisfazione del cliente: Vicenza Alimentare, il partner ideale<br />
per tutti coloro che cercano un prodotto di qualità con un servizio indiscutibile.<br />
E poi ditemi che non è friulano.<br />
17
18<br />
Organizzando si impara<br />
Pranzo di degustazione organizzato dalla Scuola di Ristorazione Dieffe.<br />
Protagonisti il riso di Grumolo e il broccolo fi olaro<br />
A Lonigo, all’ombra del dolce declivio dei colli Berici,<br />
la comunità locale, oltre la Rocca Pisana e l’abbazia di<br />
San Fermo, può vantare un altro gioiello: si tratta dei<br />
ragazzi della Scuola di Ristorazione Dieffe.<br />
La Scuola è un centro di formazione professionale che<br />
rilascia una qualifi ca regionale al termine di percorsi<br />
triennali per Commis di sala Bar e Commis di Cucina.<br />
I ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, dispongono<br />
di attrezzature nuove per imparare<br />
il servizio bar nonché di forni, frigoriferi<br />
e una moderna attrezzatura professionale<br />
per trasformare idee in piatti prelibati,<br />
che spesso sono stati richiesti per<br />
eventi locali.<br />
In particolare, gli allievi delle classi seconde<br />
della Scuola di Ristorazione, nell’ambito<br />
dello studio dei prodotti tipici dell’enogastronomia<br />
della provincia vicentina,<br />
hanno approfondito la conoscenza del<br />
broccolo fi olaro di Creazzo e delle varietà<br />
di riso di cui la provincia vicentina è ricca, nelle<br />
loro caratteristiche organolettiche e nei molteplici<br />
usi in cucina. Questo tipo di approfondimento ha<br />
costituito lo spunto per la degustazione, che si è<br />
tenuta presso la sede di via Turati 19, a Lonigo,<br />
nella quale sono stati proposti alcuni piatti a base<br />
di riso di Grumolo delle Abbadesse e broccolo fi olaro.<br />
Tra i partecipanti che hanno accettato entusiasticamente<br />
l’invito, ricordiamo il sindaco di Grumolo delle Abbadesse,<br />
il presidente ed il vice presidente dell’Associazione<br />
dei Produttori di riso di Grumolo, il sindaco del comune<br />
di Lonigo, produttori di riso di Lonigo, l’Assessore alla<br />
cultura del comune di Creazzo e il presidente<br />
della Coldiretti.<br />
I ragazzi, con l’ausilio dei loro docenti,<br />
si sono occupati di tutti gli aspetti<br />
dell’evento, dalla predisposizione della<br />
sala alla realizzazione dei piatti e il<br />
servizio.<br />
Tra i vari piatti, sono stati serviti tortini di<br />
pasta brisè con broccolo fi olaro su salsa<br />
di taleggio, cannoncini di pasta fresca<br />
con broccolo fi olaro su vellutata di pomodoro,<br />
risotto con concassè di coniglio e<br />
broccolo fi olaro, risotto di radicchio veronese<br />
e porcini.<br />
I convitati hanno apprezzato tutte le portate<br />
e l’operato della scuola, che intendo-<br />
no sostenere e<br />
promuovere per il benefi cio dell’intera collet-<br />
tività di questi territori, coinvolgendola in ulteriori iniziative ed<br />
eventi enogastronomici.<br />
Claudia Urso
I sarti del Vetro<br />
Vi. Vetro riesce a realizzare contenitori<br />
su misura adatti a tutte le categorie<br />
merceologiche.<br />
Qualità e massima attenzione alle<br />
esigenze del cliente sono i valori<br />
fondanti dell’azienda leonicena<br />
Vi. Vetro Srl è un’azienda solida e dinamica situata<br />
a Lonigo, al confi ne fra la provincia di Vicenza<br />
e Verona. Si occupa della realizzazione di contenitori<br />
in vetro adatti ai vari settori merceologici. In<br />
particolar modo è specializzata nella produzione<br />
di contenitori per:<br />
• vini • spumanti • olio • aceto • distillati<br />
L’azienda opera con serietà e professionalità e la<br />
sua fi losofi a è basata su un concetto molto semplice: SERVIZIO A 360°. Di moderna concezione,<br />
la Vi. Vetro è preparata ad affrontare le richieste di una clientela diversifi cata e con specifi che esigenze.<br />
Il suo lavoro inizia dalle necessità del cliente, dalle sue richieste. In questo modo soddisfa<br />
a pieno le sue aspettative gettando così le basi di un rapporto chiaro. La Vi. Vetro non lascia mai<br />
nulla al caso ed investe costantemente nell’acquisizione di nuovi mezzi produttivi per ottimizzare<br />
al massimo il rapporto qualità/prezzo.<br />
Il suo uffi cio ricerca e sviluppo sperimenta nuovi modelli per anticipare le tendenze con proposte<br />
innovative e funzionali.<br />
L’esperienza che ha maturato, unita alle capacità acquisite nel corso degli anni, l’hanno resa<br />
partner privilegiata di prestigiosi marchi. Con il cliente ha sempre mantenuto un rapporto sincero<br />
e professionale, basato sulla fi ducia, sul dialogo e sulla stima reciproca. Il suo motto è:<br />
“Qualità prima di tutto!”. Su ordinazione, progetta e costruisce “i personalizzati” per forma e<br />
colore. Come servizi aggiunti, gestisce anche le seconde lavorazioni sul vetro come serigrafi e,<br />
verniciature e satinature. La Vi. Vetro crede e dà massima importanza alla qualità del lavoro,<br />
per questo pone grande attenzione ai particolari. La sua migliore pubblicità è il prodotto fi nito<br />
e il passaparola dei vari clienti soddisfatti. Vi.Vetro offre un’unica soluzione per tante esigenze,<br />
“Vi. Vetro, qualità Trasparente!”.<br />
19
20<br />
La Grouse è un uccello selvatico delle isole britanniche che vive nelle brughiere<br />
d’erica, appartenente alla famiglia dei tetraoni (per i non cacciatori si tratta di un<br />
uccello della famiglia delle Pernici) di taglia un po’ più grossa delle beccacce,<br />
ma sempre a carne rossa.<br />
E proprio le Grouse sono state le protagoniste di una cena proposta da Roberto<br />
Agosti, fi duciario della condotta Slow Food Val Leogra, e dal Ristorante da<br />
Beppino di Schio, che hanno saputo trasportare vitualmente gli intervenuti in un<br />
viaggio nel nord Europa.<br />
Una serata particolare, vista l’originalità di questa cacciagione di piuma raramente<br />
presente sulle nostre tavole, impreziosita dall’abbinamento con i vini della<br />
Valpolicella dell’azienda Pier Paolo e Stefano Antolini.<br />
Il bravo Claudio ha accolto gli invitati con una serie di fi nger food a base di selvaggina<br />
veramente gustosi e raffi nati, abbinati insolitamente al Valpolicella classico,<br />
un vino non proprio da aperitivo, che però, vista l’occasione e le preparazioni,<br />
ha trovato comunque perfetta collocazione. In seguito, come preludio del<br />
piatto forte, è stata servita la supa coada, tradizionale zuppa che “fa resuscitare<br />
i morti”: deliziosa, di giusta sapidità, realizzata perfettamente come tradizione<br />
vuole, accompagnata dal Valpolicella Ripasso, vino armonioso, rotondo, di piacevolezza<br />
“internazionale”. Su questa defi nizione Pierpaolo Antolini ha preso<br />
la parola e spiega: “non è un vino cercato in cantina. Mi è venuto così, lo ha<br />
voluto la Terra, la sua terra: le dolci collina della Valpolicella. Lì, a 350 mt, dimorano<br />
vigne principalmente di Corvina, Corvinone e Rondinella, olivi e ciliegi, su<br />
marogne di terreno argilloso-tufaceo, con un microclima caratterizzato da forti<br />
escursioni termiche, senza l’ausilio di irrigazione di sostentamento. La nostra<br />
Le Grouse sposano<br />
il Moropio<br />
Emozionante cena organizzata da Slow Food Val Leogra<br />
al Ristorante Da Beppino. Dove la rara selvaggina del nord<br />
Europa ha incontrato i vini della Valpolicella<br />
azienda può vantare anche vigne vecchie con più di trent’anni d’età, con sesti<br />
d’impianto molto larghi e allevamento a pergola come tradizione vuole, con una<br />
resa massima di 100 quintali ettaro. Vendemmiamo tardi e lasciamo le uve ad<br />
appassire naturalmente, poi la vinifi cazione in cantina si completa in botti di<br />
rovere o ciliegio, che assieme al tempo conferiscono ai nostri vini il carattere<br />
particolare della nostra azienda”.<br />
Ma ecco che la trepidante attesa si è fi nalmente concretizzata. Claudio, da sapiente<br />
cacciatore e affermato chef, illustra la preparazione della Grouse in “tecia”.<br />
Si sofferma sulla loro naturale vita selvaggia, spiegando che “questo tipo<br />
di piuma non può essere allevato. La Grouse vive solamente in nord Europa, è<br />
della famiglia dei tetraonidi (ha solo tre dita), è vegetariano e principalmente si<br />
ciba di erica, che dona un particolare profumo alle sue carni. Per prepararle non<br />
Roberto Gasparin, Claudio Ballardin, Pierpaolo Antolini e Roberto Agosti
serve una profonda<br />
frollatura ed il segreto<br />
sta nella preparazione<br />
in “tecia”, che<br />
permetterà di regolare<br />
la perfetta cottura sia<br />
degli animali più giovani<br />
e teneri sia quella<br />
degli adulti un po’ più<br />
coriacei. Per esaltare<br />
maggiormente il sapore le Grouse vanno poi glassate con il loro fondo<br />
di cottura, in cui vanno aggiunti i suoi fegatini. Si accompagnano con<br />
radici in tecia e poenta onta, completando così un piatto di grande suggestione”.<br />
Ad esaltare maggiormente questo fantastico piatto ci ha pensato<br />
Antolini con il suo Amarone Moropio, proposto in una mini verticale<br />
di tre annate (2003/2004/2005). Un abbinamento che si è dimostrato<br />
spettacolare: la delizia sapida ed aromatica delle carni ha trovato la perfetta<br />
bevibilità del 2005, la complessità dei profumi si è sposata con<br />
l’armonia del 2004, la meditazione del piacere con un grande 2003.<br />
Le tre annate del Moropio sono state successivamente degustate anche<br />
con tre formaggi: un caprino maturo, un pecorino tosco emiliano ed<br />
un stravecchio di malga, selezionati dal delegato ONAF Emilio Nizzero.<br />
Tutte le annate hanno saputo esprimere in ogni caso grandi emozioni,<br />
fini ed intriganti piaceri, esprimendo ognuna una diversa sfaccettatura<br />
di quel grande vino che è l’Amarone.<br />
A concludere la serata ci ha pensato un vero Recioto della Valpolicella<br />
2006 con un ottimo tortino di cioccolato con cuore pralinato, accompagnato<br />
da fragoline di bosco e salsa di lamponi che è stato preparato per<br />
l’occasione dal cakemaster Roberto Agosti.<br />
Una serata dalla rara piacevolezza, emozionante e coinvolgente, come<br />
non se ne vedevano da tempo.<br />
Francesca Filippi<br />
La Terra,<br />
foglie, aria<br />
marrone, verde, giallo<br />
dolce, aspro, piccante<br />
squillante, soave, freddo, caldo…
22<br />
Una piramide di salute<br />
Presentato dall’Assessore Donazzan al San Gaetano di Vicenza il progetto Piramide<br />
Alimentare Veneta. Previsto anche un bollino per i prodotti delle aziende aderenti<br />
“La piena disponibilità da parte del mondo della produzione e della grande distribuzione<br />
appare un segnale importante verso i consumatori che sempre più<br />
spesso chiedono trasparenza dell’informazione e garanzia di sicurezza di ciò<br />
che arriva sul piatto”. Lo ha dichiarato Elena Donazzan, assessore alla Tutela<br />
del consumatore e alla Sicurezza alimentare, nel corso della presentazione del<br />
progetto Piramide Alimentare Veneta, presentato stamattina all’Istituto Alberghiero<br />
S. Gaetano di Vicenza, nell’ambito del programma Alimentinsalute.<br />
“Il Sistema Veneto - ha sottolineato Donazzan - si muove intorno al consumatore<br />
per orientarne le scelte alimentari in modo consapevole verso uno<br />
stile di vita sano e lo fa promuovendo<br />
la sicurezza alimentare e nutrizionale<br />
dei prodotti tipici locali, attraverso<br />
una corretta informazione e percorsi<br />
formativi”. “Con tale obiettivo, la Regione<br />
del Veneto ha posto in cima alla<br />
Piramide Alimentare Veneta circa un<br />
centinaio di prodotti tipici, provenienti<br />
da tutte le filiere produttive del territorio:<br />
carne, ortofrutticola, prodotti<br />
ittici, lattiero-casearia, uova e ovoprodotti,<br />
miele, prodotti da forno e biscotteria,<br />
cereali e molte altre delizie.<br />
Ma vogliamo andare oltre, - spiega<br />
l’assessore regionale - cioè vogliamo<br />
prenderci cura della salute di ciascun<br />
consumatore e perciò abbiamo voluto<br />
riunire al nostro tavolo gli attori<br />
coinvolti nell’universo alimentazione,<br />
dal medico di famiglia all’insegnante,<br />
dal nutrizionista all’operatore della ristorazione, dal consumatore al produttore<br />
e distributore”. Con un sistema di controllo integrato, le aziende aderenti<br />
al progetto potranno ottenere una chiara attestazione di sistema e saranno<br />
riconoscibili attraverso il logo Alimentinsalute. Per l’assessore è la piramide<br />
alimentare a essere attestata e a questa corrisponde una filiera di controlli che<br />
parte dal campo e arriva al nostro organismo.<br />
Sul portale www.alimentinsalute.it il consumatore troverà informazioni complete<br />
sulle categorie di alimenti e sui singoli prodotti con schede tecniche<br />
sui processi produttivi, di lavorazione e di trasformazione, sui valori funzionali<br />
e nutrizionali, sui percorsi educativi e didattici, sugli aspetti dietetici.<br />
“La scelta di trasparenza fatta dal Veneto ha trovato ampio riscontro ed<br />
entusiasmo da parte delle diverse persone coinvolte - conclude Donazzan<br />
- in un programma che vede tutti uniti in un patto con i consumatori e per i<br />
consumatori”. Piramide alimentare e portale web si inseriscono in una serie<br />
di iniziative che la Regione ha messo in campo per promuovere scelte alimentari<br />
corrette come i percorsi di formazione da poco avviati nelle scuole<br />
e per i consumatori in tutte le sette province del Veneto.<br />
Valter Rigobon, Elena Donazzan, Piero Vio, Dora Capozza
Chiare, fresche e dolci acque<br />
Grazie ai moderni impianti di filtrazione è possibile<br />
avere acqua di ottima qualità con molti vantaggi<br />
L’acqua è un bene comune, un diritto per tutti gli uomini e si trova in tutte le case in forma di acqua corrente fornita<br />
dai locali acquedotti. Purtroppo quella che esce dai rubinetti delle case non sempre ha un buon gusto, nonostante<br />
sia potabile e sottoposta a rigorosi e puntuali controlli. Infatti in molti casi, per garantire le caratteristiche di potabilità<br />
dell’acqua, è necessario disinfettarla con il cloro che impedisce ai batteri di proliferare. Tale sostanza però ne altera<br />
l’odore e il sapore, così come il ferro, facilmente identificabile dal colore rossastro dell’acqua. Altre volte l’acqua<br />
risulta amarognola o con un cattivo odore. Per questo spesso ci si rivolge, per il consumo quotidiano, al prodotto in<br />
bottiglia, che però presenta alcuni problemi: il costo, molto elevato, la necessità del trasporto e di avere un luogo di<br />
stoccaggio idoneo, lo smaltimento delle bottiglie e, soprattutto in estate, l’ingombro nel frigorifero.<br />
Per abbattere i costi dell’acqua in bottiglia ci vengono in aiuto gli impianti di filtrazione dell’acqua. Un unico filtro a<br />
carboni attivi permette di eliminare dall’acqua del rubinetto odori sgradevoli, sentori di cloro e sapori non graditi,<br />
oltre ad eventuali agenti contaminanti residui quali muffa e alghe. Tale azione è garantita da uno strato preliminare,<br />
da sostituire ogni 9.000 litri, che filtra tutte le particelle con dimensione superiore o uguale<br />
a 5 micron, e dal successivo passaggio dell’acqua in un tubo di acciaio con,<br />
all’interno, una lampada UV ad alte prestazioni con azione battericida. In<br />
questo modo si ottiene un’acqua di elevata qualità, sempre fresca, con<br />
un costo molto basso e con un equilibrato contenuto di sali minerali. È<br />
disponibile anche un sistema di filtrazione ad osmosi inversa nel caso<br />
in cui l’acqua da utilizzare sia di provenienza incerta. Esistono impianti<br />
di ridotte dimensioni, ideali per tutti gli ambienti quali il bar, il ristorante,<br />
la cucina, l’ufficio e il negozio, che consentono di avere acqua alla<br />
temperatura desiderata, fresca o ambiente, liscia o gassata. Eliminano<br />
per sempre la necessità di trasportare scomode confezioni di acqua<br />
in bottiglia, il problema di avere un locale di stoccaggio idoneo alla<br />
conservazione, lo smaltimento dei vuoti eliminando il grande problema<br />
della plastica e la scomodità di riempire il frigo per avere una riserva<br />
di acqua fresca sempre a disposizione. Tutto questo ad un costo litro<br />
bassissimo. Per il loro utilizzo è sufficiente una presa di corrente, il collegamento<br />
alla rete idrica e un piccolo spazio per l’impianto.<br />
Luca Corato
24<br />
Un americano<br />
tranquillo<br />
Mangiare è un atto agricolo. Questa la frase più celebre di Wendell Berry, profeta della fi liera corta<br />
… the apple tree stands up among the accidents of the afternoon. (Wendell Berry)<br />
Il grande Graham Greene intitolava così uno dei suoi più celebri romanzi e<br />
questo potrebbe essere anche uno dei tanti modi per defi nire la fi gura di un<br />
grande professore-scrittore-poeta-contadino americano, un saggio pensatore,<br />
dall’indole tranquilla e pacifi ca nel quale il New York Times ha intravisto<br />
un prophet. Un profeta, un anticipatore, capace di intuizioni che nel tempo si<br />
sono rivelate decisamente illuminanti. Un uomo che con geniale semplicità ha<br />
gettato le basi di percorsi condivisi sempre più diffusamente diventando un<br />
punto di riferimento per chi si identifi ca in un certo modo di intendere la vita,<br />
la natura e l’ambiente, le risorse, le stagioni, il territorio e il cibo.<br />
È nato il 5 agosto del lontano 1934 a Henry County, Kentucky Wendell Berry,<br />
fi glio di un avvocato con la passione<br />
per la coltivazione del tabacco e dopo gli<br />
studi è stato docente nelle prestigiose<br />
Stanford e New York University per più di<br />
vent’anni. Successivamente, sentendo il<br />
richiamo della terra, ha fatto ritorno laddove<br />
era iniziata la sua vita, ha acquistato<br />
una fattoria e si è messo a fare il contadino<br />
senza smettere di produrre romanzi,<br />
poesie, saggi, scritti riguardanti il rispetto<br />
per il mondo naturale, la distruzione ambientale<br />
e delle identità autoctone, l’economia<br />
globale e le sue depredazioni, il<br />
rapporto tra agricoltura e alimentazione.<br />
Suo è l’aforisma “mangiare è un atto<br />
agricolo”, sua la promozione in California<br />
La consegna del Premio Artusi ‘08<br />
dei mercati contadini.<br />
Wendell Berry, profeta della fi liera corta, sostenitore dell’ecosostenibilità americana<br />
fi n dagli anni ‘80 e dell’importanza di una cucina sana, legata al territorio.<br />
Con Leopold Kohr, E. F, Schumacher e Kirkpatrick Sale diventa uno dei<br />
principali esponenti del movimento dei locavores, di chi crede nella necessità<br />
di apprezzare e consumare soprattutto ciò che la terra offre localmente,<br />
nel rispetto dei cicli delle stagioni, con le sue tradizioni e le sue ricchezze.<br />
Dello slow e del sole food, cibo che, come l’acronimo indica, dovrebbe essere<br />
sostenibile, organico, locale ed etico. O con un appoccio “epicureo”,<br />
da consumare alla luce di implicazioni sia gustative che ambientali. Berry ed<br />
altri pensatori del movimento “neoagrario”,<br />
come il grande Gene Logsdon e<br />
Wes Jackson, inserito peraltro come il<br />
nostro Carlo Petrini tra i 100 personaggi<br />
più importati del 20° secolo, osservano il<br />
mondo attraverso “lenti agricole” e focalizzano<br />
la loro attenzione sul valore della<br />
campagna, di un’alimentazione basata<br />
sia sul piacere che su una forte consapevolezza<br />
ed esprimono la loro preoccupazione<br />
rispetto al modo con il quale<br />
l’uomo si è allontanato dal signifi cato<br />
più profondo di ciò che attiene all’atto<br />
di mangiare.<br />
A tal proposito riporterei la traduzione<br />
dello stralcio di un recente articolo in cui
Wendell Berry nella campagna romagnola<br />
Berry sostiene che: “L’uomo non<br />
si è occupato di ciò che la società<br />
contemporanea ha fatto della terra,<br />
della comunità e del suo passato.<br />
Molti mangiatori si considerano<br />
“consumatori”, comprano ciò che<br />
trovano e che sono stati persuasi<br />
a volere e non sanno quanto ciò<br />
che gli viene venduto sia fresco,<br />
pulito libero da sostanze chimiche,<br />
da che distanza arriva, come<br />
è stato trasformato, manipolato o<br />
precotto. Il mangiatore industriale<br />
non conosce né immagina i collegamenti<br />
che esistono tra l’atto di<br />
mangiare e la terra e diventa passivo,<br />
acritico, una vittima. Spesso si<br />
vive nella perfetta ignoranza della<br />
storia del cibo consumato. L’alimentazione<br />
industriale è diventata<br />
una cosa povera, degradante, meschina.<br />
Le nostre cucine assomigliano<br />
sempre più a distributori di<br />
benzina, le case a motel”.<br />
Interessanti, assieme a molti altri,<br />
gli spunti suggeriti da Berry, concepiti concepiti in tutta tranquillità<br />
nella sua campagna del Kentucky dove da<br />
quarant’anni coltiva tabacco, mais, alleva animali, si<br />
scalda con il legname del bosco e non ha il computer.<br />
Dove ha recuperato un armonioso rapporto tra uomo<br />
e ambiente, ecosistema e raccolto, campo e agricoltore<br />
comprendendo che il modo moderno di vivere è<br />
insostenibile. Berry, possiamo ben dirlo, in questi anni<br />
ha fatto scuola. Il messaggio di questo quiet American<br />
è rimbalzato con successo in tutto il pianeta ottenendo<br />
grandi consensi in patria e altrove. Per ultimo un<br />
riconoscimento tutto italiano. Lo scorso 15 febbraio, a<br />
Forlimpopoli, patria di Pellegrino Artusi gli è stato assegnato<br />
il prestigioso premio Artusi 2008, attribuito nelle<br />
precedenti edizioni a Vandana Shiva, premio Nobel per<br />
la pace 2006 e Eduardo Galeano, piuttosto in ritardo<br />
rispetto al solito. Durante il periodo<br />
estivo, infatti, Berry non si allontana<br />
mai nel momento dei raccolti e,<br />
giustifi candosi con le parole: “Mica<br />
posso lasciare i campi proprio a<br />
giugno”, ha fatto slittare la premiazione<br />
ad inizio <strong>2009</strong>. In occasione<br />
della sua presenza in Italia, sono<br />
stati anche organizzati l’incontro<br />
nazionale “I mercati contadini: perché<br />
mangiare è un atto agricolo” a<br />
Casa Artusi, tempio della gastronomia<br />
domestica inaugurato nel<br />
2007, e una cena a base di prodotti<br />
locali e pesce povero dell’Adriatico<br />
dopo che Wendell Berry durante<br />
una lectio magistralis dedicata al<br />
“Rapporto tra economia e agricoltura”,<br />
ha ribadito questo pensiero:<br />
“scegliendo il nostro cibo quotidiano,<br />
siamo in grado, se vogliamo,<br />
di privilegiare un tipo di agricoltura<br />
capace di salvare il pianeta”.<br />
Sarina Vaccarella
26<br />
di Amedeo Sandri<br />
abconsiderazioni<br />
Alfa e omega<br />
Inizio e fi ne sono uguali per tutti.<br />
Ma non è così nella vita di tutti i giorni<br />
La nostra vita ha un inizio e una fi ne, e questo, almeno questo, è uguale per possibile, possibilissimo, anzi doveroso, strapagare politici e manager, gene- gene-<br />
tutti: poveri e ricchi. È la sola vera giustizia. Non per niente è una giustizia dirali e magistrati, dentisti, primari e notai, avvocati di grido, calciatori e condutvina<br />
che nulla ha a che fare con la ius terrena. Il bambino ha bisogno di essere tori televisivi e la lista potrebbe continuare all’infi nito.<br />
assistito, così come la persona molto anziana. Assistiamo tutti i giorni, inerti, Come mai questa sperequazione? Non sarebbe più semplice (e meno one-<br />
a fatti sconcertanti: neonati abbandonati e anziani “scaricati”, entrambi conroso), a un certo punto della vita, dare a tutti la stessa cosa? Azzerare tutto<br />
siderati pesi fastidiosi. Di contro, vi sono bambini e adolescenti che fuggono e mettere tutte le persone sullo stesso piano, con pari dignità? Invece no; e<br />
di casa e persone molto anziane, ma talvolta solo anziane, che si lasciano perché no? Perché ci sono stili di vita diversi! Perché mantenere una o più<br />
morire, per non creare problemi. Bambini e persone in età senile hanno biso- residenze non costa come un affi tto, perché il tenore di vita non potrà mai<br />
gno di pannolini e pannoloni, entrambi devono essere lavati ed imboccati, tutti essere uguale per tutti, perché c’è città e periferia, nord e sud, lavori usuranti<br />
sono privi o hanno problemi di denti, di masticazione, conseguentemente di e non e così via. Resta il fatto che irreversibilmente si sta correndo verso il<br />
digestione. Quante cose accomunano l’inizio e la fi ne della vita!<br />
modello dell’uomo a due velocità: il ricco ed il povero, saltando a piè pari la<br />
Eppure questo pare sfuggire a chi dovrebbe preoccuparsi di dare dignità alle fascia intermedia. Se hai la possibilità (e conseguentemente i soldi) puoi cu-<br />
due fasce d’età più deboli. Aiutare le mamme in diffi coltà che non possono rati e operarti in tempi brevissimi, se non ce l’hai fai in tempo a morire prima<br />
permettersi di pagare la rata mensile dell’asilo, perché disoccupate, magari di arrivare all’appuntamento. Se sei in debito con la giustizia ma ti puoi per-<br />
abbandonate a se stesse da marito/compagno, genitori e parenti o magari mettere un ottimo avvocato vai tranquillo, altrimenti aspettati il peggio. E, nel<br />
solo perché, con mille euro o poco più di stipendio, non ce la fanno a pagare frattempo, molte piccole e medie attività chiudono, altre vivono alla giornata,<br />
l’affi tto, la luce, il gas, la benzina e la spesa, non è possibile perché non ci altre ancora si trasferiscono all’estero, molte, moltissime persone, sono in<br />
sono i soldi. Dare una pensione dignitosa a persone che hanno lavorato tutta cassa integrazione e tutti aspettano delle soluzioni politiche che fuoriescano<br />
una vita, non in fabbrica o in uffi cio, ma magari nei campi e fra le quattro mura dai convegni di Roma, Taormina, Capri, Ischia, Portofi no, Stresa e così via, e<br />
domestiche accudendo contemporaneamente i bambini e persone anziane, mai da Rovigo, Prato, Avellino o altri luoghi con meno propensione turistica,<br />
non è possibile perché il loro apporto contributivo non lo consente. È però ma magari più problemi.
Alfa e omega<br />
Eppure anche quest’anno, fi nita la quaresima, (ma chi se la ricorda?), arriva<br />
la Pasqua, la “Resurrezione”, l’“Angelus” del Papa dal Balcone, con tanto di<br />
colombe che spiccano il volo, anche se non sempre. Continuano le guerre, i<br />
massacri, le stragi di bambini e vecchi per fame e malattia, i convegni all’ONU,<br />
a Bruxelles, i vertici dei 7, 8, 9 grandi della terra, ma adesso allargati ai grandi<br />
paesi emergenti che hanno una crescita economica 7, 8, 9 volte superiore a<br />
quella delle ex-grandi. Continuano le migrazioni di numeri immensi di persone<br />
che si illudono di trovare il Paese di Bengodi e si scontrano invece con una<br />
realtà ben più dura e crudele, destinata a chiudersi sempre più a riccio e priva<br />
di poche e chiare soluzioni che trovino tutti d’accordo.<br />
Eppure vecchi e bambini piccoli, tutti senza denti, una volta, almeno qui da<br />
noi, mangiavano la stessa cosa, la panà, l’essenza della vita: pane, acqua ed<br />
olio! Ma anche le mamme che dovevano allattare mangiavano la stessa cosa<br />
per rendere più fl uido il latte che l’infante succhiava dal loro seno e così pure<br />
le persone debilitate o sofferenti che dovevano rimettersi in fretta per tornare a<br />
lavorare. Gesù risorto ha sempre usato il pane come cibo/simbolo dell’Eucarestia!<br />
Cerchiamo tutti di fare in modo che questo pane, oltre che simbolo, sia<br />
effettivamente nutrimento per l’intera umanità, dall’inizio alla fi ne della vita!<br />
Buona Pasqua!<br />
Amedeo Sandri
28<br />
Il muse di Bep Marco Schiavo<br />
Marco e Mauro Schiavo hanno realizzato il sogno del padre Beppe.<br />
Un museo museo che narra narra la storia di Costabissara attraverso gli occhi<br />
di cinque generazioni di distillatori distillatori<br />
Costabissara può fregiarsi di un piccolo museo che si può defi nire una fi nestrastra<br />
sul territorio e la sua tradizione: il Museo Schiavo, dell’omonima distilleria.<br />
Qui testimonianze tratte da oggetti, documenti documenti e carteggi raccontano e<br />
ricostruiscono la storia di Costabissara anche attraverso il susseguirsi delle<br />
cinque generazioni della famiglia Schiavo.<br />
L’idea è nata dalla passione di Beppe Schiavo, scomparso un paio di anni<br />
fa, per tutto ciò che era antico e riconduceva alla tradizione, alla sua famiglia<br />
e alla sua attività di distillatore; ci hanno pensato poi i fi gli Marco e Mauro a<br />
concretizzare il sono del padre.<br />
Nella sala espositiva Beppe Schiavo è possibile ammirare tutto il certosino<br />
lavoro svolto, anche grazie al gruppo archeologico “Bissari”, per rimettere insieme<br />
i tasselli di un puzzle le cui origini risalgono a molti secoli fa: tutto parte<br />
dalla “Romanizzazione delle Province” del I e II secolo e dalla suddivisione dei<br />
terreni migliori, defi niti anche come “Graticolato”, visibili nelle piantine esposte.<br />
Si prosegue poi con alcune testimonianze del Medioevo, come le pergamene<br />
del XIV, XV e XVI secolo, in cui ritroviamo atti di compravendite di terreni, mulini<br />
per la macina del grano, rivoli d’acqua, ma soprattutto vigneti.<br />
Si possono ammirare poi le riproduzioni in anastatica di antiche mappe del<br />
XVII e XVIII secolo dei possedimenti in Costa Fabbrica (poi CostaBissara) dei<br />
nobili Conti Bissari, signori vicentini a cui si deve la cessione al Comune di<br />
Vicenza del sito dove verrà costruita la Basilica in Piazza dei Signori e dove<br />
tutt’ora sorge la famosa Torre Orologio, detta appunto dei Bissari. La cosa<br />
sorprendente è che i Nobili Bissari avevano censito<br />
tutti i loro beni e anche quelli dei confi nanti, come la<br />
famiglia Schiavo, che possedeva possedeva terreni e una torre<br />
colombara, con annesso rustico, che col passare<br />
del tempo si si è tramutata nell’attuale casa colonica di inizio Ottocento.<br />
Il viaggio nella storia continua con i carteggi e proclami del del Regno Lombardo<br />
Veneto, atti notarili originali della famiglia con acquisti e cessioni cessioni di terreni,<br />
fi no alla costruzione dell’attuale distilleria: da questo momento in poi, la famiglia<br />
Schiavo Schiavo comincia la nuova avventura nel mondo dei distillati. distillati.<br />
Sono esposte le mappe, gli atti societari, le Regie Licenze per la produzione<br />
di Alcoli e le prime ricevute di pagamento del dazio, intestate alla famiglia<br />
Schiavo. Sono visibili i primi manuali di distillazione in lingua francese, utilizzati<br />
proprio dal trisavolo Domenico nelle prime sperimentazioni di produzione,<br />
il progetto del Regio Erario che nel 1929 censiva tutte le distillerie nella<br />
provincia di Vicenza e le bollette utilizzate nel ricevimento delle vinacce in<br />
distilleria. L’ultima parte dell’esposizione cartacea, è dedicata alla storia della<br />
distillazione, con in bella vista i più antichi libri sulla distillazione: dalla “Scola<br />
senese” del Mattioli, alla scuola fi amminga del Lonicer, per proseguire con<br />
la scuola fi orentina del Vannuccio Biringuccio, quella napoletana del Gio.<br />
Battista della Porta, per chiudere con le scuole tedesche con i Thesaurus<br />
(raccolte scritte) del Gesner al Coelum Philosophorum di Filippo Ulstadio<br />
alla scuola francese del Beguin che termina con “La distillazione” descritta<br />
nella famosa enciclopedia di Diderot D’Alembert.<br />
Tra le attrezzature esposte, fanno bella mostra di sé diversi apparati di distillazione<br />
in rame del XVIII e XIX secolo destinati alla produzione di grappa in<br />
casa. La cosa sorprendente è però un alambicco completamente in terracot-
ta, probabilmente di scuola slava, sempre utilizzato per la distillazione,<br />
forse di frutta. Troviamo poi molte molte ricette scritte a mano mano di amari, liquori e<br />
aperitivi tanto in voga nei primi anni del ‘900, ‘900, regolamenti reali sull’utilizzo<br />
di coloranti per la produzione degli stessi, stessi, controllati dall’allora Stato<br />
Sabaudo. Pestelli, secchi di rame, alcoolometri che hanno attraversato<br />
i secoli gelosamente custoditi<br />
in astucci di legno<br />
e una bellissima collezione<br />
di antiche Misure in vetro:<br />
mezzi litri, litri, quarti di lilitro dal Regno Lombardo<br />
Veneto allo Stato Sabaudo<br />
fi no a quelli della Repubblica<br />
Italiana, sempre utilizzati<br />
per il riempimento o per il<br />
controllo dei recipienti visto<br />
che un tempo era possibile<br />
vendere il prodotto anche sfuso. Tutto questo è stato possibile grazie<br />
all’impegno concreto della V generazione, ovvero Marco e Mauro Schiavo,<br />
che con grande investimento di tempo, denaro e risorse hanno potuto<br />
dare una testimonianza della storia del territorio e della loro famiglia,<br />
realizzando fi nalmente il sogno di papà Beppe.<br />
Giulia Marruccelli<br />
Anag sezione di Vicenza<br />
Sede presso Bruno Cavalieri - Via Strasburgo, 21 - 36100 Vicenza.<br />
Tel. 0444-922928 - cell. 338-6048617 - e-mail federicaborato@alice.it
30<br />
Quattro cuochi<br />
(e amici) per un libro<br />
Una cena organizzata da Rizzardi, Dal Santo, Zana e Canaglia per presentare l’ultimo libro di Roberto<br />
Cipresso. Con grandi piatti, grandi vini, ma soprattutto passione<br />
Quattro amici, una passione, aggiungici un ospite e un libro. Ed ecco gli ingredienti<br />
che hanno portato ad unirsi nuovamente i Quattro Moschettieri della<br />
gastronomia vicentina, è proprio il caso di dire al grido di “uno per tutti, tutti<br />
per uno”. Perché l’ospite, attorno al quale hanno voluto organizzare una riuscitissima<br />
serata al ristorante Villa Bassi di Zugliano, è davvero un numero uno<br />
in Italia e forse nel mondo. Quel Roberto Cipresso che, partito da Bassano del<br />
Grappa più di vent’anni fa, ha conquistato prima Montalcino e poi agli altri grandi<br />
territori dell’enologia mondiale, per guadagnarsi nel 2006 l’Oscar del Vino<br />
come miglior enologo italiano. E quindi farsi conoscere<br />
al grande pubblico, oltre che come winemaker, anche<br />
come scrittore con il best seller Romanzo del Vino e oggi<br />
con un nuovo saggio, Vinosofi a.<br />
Loro, i quattro, sono Renato Rizzardi della Locanda di<br />
Piero di Montecchio Precalcino, Mauro Canaglia della<br />
Trattoria all’Angelo di Piovene Rocchette, Christian Zana<br />
della Trattoria all’Isola di Cogollo del Cengio e il padrone<br />
di casa, Francesco Dal Santo del Ristorante Villa Bassi<br />
di Zugliano. Amici fuori prima ancora che dentro la<br />
cucina, ormai da quattro anni sperimentano il lavoro a<br />
più mani, convinti che l’unione di esperienze e creatività<br />
porti sempre a qualcosa in più della semplice somma<br />
dei singoli elementi.<br />
E così è stato anche nella serata “Quattro cuochi per un<br />
libro” nella quale alle scelte gastronomiche è stato affi -<br />
dato il compito, mai facile, di esaltare l’abbinamento con<br />
la proposta enologica di Roberto Cipresso. Esaltante il<br />
risultato, con cucina e cantina che si sono mantenute in<br />
equilibrio, valorizzandosi reciprocamente.<br />
Il tutto contornato dai racconti di Roberto Cipresso che,<br />
presentato e introdotto da Roberto Gasparin, ha accompagnato pietanze e vini<br />
con aneddoti e spiegazioni. Rifuggendo da tecnicismi e già sentite descrizioni<br />
organolettiche, Cipresso ha puntato dritto al cuore. Ripercorrendo alcune tappe<br />
di quel percorso – umano prima ancora che professionale - che lo ha portato<br />
ad esplorare i territori del vino, leggendo nella terra e nel comportamento della<br />
vite i tratti che avrebbero potuto ritrovarsi nel vino. Mosso dalla curiosità e dal<br />
desiderio di sperimentare, la sua azione è sempre caratterizzata dal rispetto<br />
per la natura e per la vocazione di un territorio. Ama la defi nizione di terroirista,<br />
ricercatore di terroir. Come in Argentina, nella regione<br />
del Mendoza, dove “il vento non ti lascia stare in piedi<br />
– ha raccontato – e il sole batte forte. Non si potrebbe<br />
coltivare la vite senza la possibilità di irrigare”. Eppure<br />
la tenacia lo porta ad arrampicarsi sui pendii: “osservando<br />
la vigoria delle piante si poteva vedere dove le<br />
radici riuscivano a trovare l’acqua nel sottosuolo e individuammo<br />
dei ruscelli”. Una ricerca di terreni i cui risultati<br />
si sono stati potuti apprezzare nel Acheval Ferrer<br />
2000, vino dall’eleganza tutta bordolese, premiato come<br />
miglior vino del Sud America. Solo una delle perle degustate<br />
nel corso della serata che ha visto il suo apice<br />
enologico ne La quadratura del Cerchio 1995. Progetto<br />
di sperimentazione assoluta di Roberto Cipresso, è una<br />
“follia enologica” con la quale incrocia vitigni e terrori<br />
assolutamente diversi tra loro alla ricerca di una “chimera”.<br />
L’annata 1995 ne rappresentava “il primo viaggio”<br />
condotto con un uvaggio di Refosco, Schioppettino,<br />
Sangiovese e Montepulciano in parti uguali.
E ORA UN ROMANZO GIALLO<br />
Con Romanzo del Vino e Vinosofia Roberto Cipresso<br />
ha forse creato un nuovo genere: narrativa enologica.<br />
Di certo i suoi sono i libri di vino - diversi<br />
dalle guide - che hanno venduto di più da sempre.<br />
Può fermarsi tutto qui? “Il realtà - confessa in<br />
anteprima - c’è un nuovo progetto in cantiere con<br />
Giovanni Negri, già coautore dei miei due precedenti<br />
volumi. Un romanzo giallo in cui di cui io sarò<br />
il protagosta. O meglio, sarò assassinato”.<br />
Un romanzo ambientato in un futuro in cui i cambiamenti<br />
climatici avranno modificato il mondo del vino<br />
portando le bollicine dello Champagne a prodursi<br />
addirittura oltre la manica. “Ci saranno delle verità<br />
scomode, darò fastidio a parecchia gente e qualcuno<br />
mi ucciderà. Ma chi sarà stato?”.<br />
Lo scopriremo il prossimo natale, in libreria.<br />
Matteo Baldini<br />
MENU • PIATTI E VINI DELLA SERATA<br />
• Entré a quattro mani<br />
Cruna deLago Falangina DOC 2006 La Sibilla,<br />
Napoli<br />
• Trota dell’Astico: tre emozioni<br />
Ciallabianco DOC 2006 Ronco di Cialla<br />
• Risotto mantecato alla crescenza con<br />
terrina di foie-gras e riduzione di Sangiovese<br />
Achàval Ferrer 2000, Mendoza (Argentina)<br />
• Controfiletto di cervo marinato alla grappa<br />
e timo con mele gratinate e verdure di<br />
stagione<br />
Brunello di Montalcino DOCG La Fiorita,<br />
Montalcino<br />
• Stravecchio d’Asiago, Puzzone di Moena,<br />
Ragusano DOP<br />
La quadratura del Cerchio 1995 La Fiorita,<br />
Montalcino<br />
• Sinfonia di cioccolato<br />
Il Passio vino passito La Sibilla, Napoli
32<br />
Bassano chiama Marte<br />
Barry G. Goldstein<br />
Consegnati uffi cialmente alla NASA<br />
i semi di asparago bassanese.<br />
Un giorno, forse, verranno coltivati<br />
sul pianeta rosso<br />
Nell’anno internazionale dell’Astronomia,<br />
mentre si celebrano i 400 anni dalle prime<br />
osservazioni astronomiche di Galileo e si ricordano<br />
i quarant’anni dello sbarco sulla luna, alle “bolle di Fuksas” della<br />
distilleria Nardini è stata presentata la rassegna enogastronomica “A tavola<br />
con l’Asparago Bianco di Bassano - Asparagi e Vespaiolo”, che<br />
da marzo a giugno celebrerà l’Asparago Bianco DOP di Bassano<br />
nei ristoranti del Gruppo Ristoratori Bassanesi, che dedicheranno<br />
i menù proposti dai loro locali al nome di un pianeta o di un<br />
elemento del sistema solare.<br />
L’occasione ha avuto un ospite d’eccezione: l’ing. Barry G. Goldstein<br />
della NASA, giunto dal quartier generale del JPL di Pasadena<br />
(California) in qualità di responsabile della missione Phoenix<br />
per l’esplorazione di Marte. La sonda spaziale lo scorso anno è<br />
andata alla ricerca dei tre mattoni necessari a sostenere la vita<br />
sul quarto pianeta di tipo terrestre del Sistema Solare: acqua,<br />
composti del carbonio ed energia. Goldstein ha illustrato alla platea,<br />
rapita da immagini di emozionante spettacolarità e partecipe<br />
di un evento di grande impatto suggestivo, la “vita” della sonda<br />
spaziale, i cui risultati hanno provato la possibilità, per ora solo a<br />
livello teorico, di far prosperare su Marte alcuni vegetali, ad esem-<br />
pio le piante basofi le, amanti cioè dei terreni alcalini, come gli asparagi. A<br />
questi vegetali la ricerca spaziale guarda con interesse, nell’ambito degli attuali<br />
progetti per lo sbarco dell’uomo sul Pianeta Rosso, previsto per il 2030.<br />
Ma non è “fantascienza” lo possibilità di costruire serre sigillate, in cui coltivare<br />
i vegetali per estrarre dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera
marziana almeno una parte dell’ossigeno necessario<br />
alla respirazione dei futuri visitatori umani.<br />
Nel frattempo molto meglio impegnarsi affinché<br />
le condizioni ideali allo sviluppo dell’asparago<br />
siano conservate sul pianeta Terra: su questo,<br />
nessuno ha avuto nulla da eccepire!<br />
L’occasione non sarebbe potuta essere più<br />
“ghiotta” per la presentazione di “Asparagi & Vespaiolo”,<br />
calendario delle serate della rassegna<br />
del Gruppo Ristoratori Bassanesi che da marzo<br />
a maggio porta in tavola il turione preparato<br />
con maestria dagli chef dell’area valliva ai piedi<br />
dell’Altopiano di Asiago e del massiccio del<br />
Grappa. La rassegna dedicata all’asparago celebra<br />
anche il più fedele dei suoi amici a tavola:<br />
il Vespaiolo, vino bianco fresco e caratteristico,<br />
autoctono ed esclusivo della zona di produzione di<br />
Breganze.<br />
Particolare emozione ha suscitato la consegna a Mr.<br />
Goldstein, da parte del presidente del Consorzio di Tutela<br />
dell’Asparago Bianco DOP di Bassano del Grappa,<br />
Piergiorgio Bizzotto, di un’ampolla contenente i<br />
semi delle sue piante, con destinazione Marte. Barry<br />
Goldstein l’ha accettata e l’ha subito riconsegnata in<br />
Foto di R. Vettorato<br />
Le bolle di Fuksas<br />
custodia all’agricoltore: gli attuali accordi internazionali<br />
tra tutti gli stati del mondo non consentono di<br />
trasportare su Marte forme di vita provenienti dalla<br />
Terra. Si stanno infatti ancora cercando tracce della<br />
vita forse presente nel remoto passato del pianeta ed<br />
il trasporto su Marte di DNA proveniente dalla Terra,<br />
potrebbe invalidare gli sforzi della ricerca. E poi i tempi<br />
non sono maturi: su Marte le condizioni ambientali<br />
sono estreme, con una temperatura gelida<br />
ed inospitale ed un vento solare sferzante tale<br />
da danneggiare le cellule. Non sappiamo se<br />
un giorno giungerà su Marte, ma quel che è<br />
certo è che il Gruppo Ristoratori Bassanesi ha<br />
mantenuto la promessa: l’Asparago Bianco di<br />
Bassano DOP è ufficialmente in orbita; sia pure<br />
in modo virtuale.<br />
La diplomazia della buona tavola ha consentito<br />
infatti di mettere in onda un canale satellitare<br />
con le immagini ufficiali dell’agenzia spaziale<br />
USA su un satellite geostazionario russo attraverso<br />
le antenne trasmittenti di Milano Teleport,<br />
che ne hanno diffuso il segnale in tutta<br />
Europa ed Asia.<br />
Oscar Santo Nastasio
34<br />
Le Ferrari<br />
dei salumieri<br />
Le affettatrici Berkel hanno alle spalle<br />
più di cent’anni di fette perfette.<br />
Tutto merito di un olandese<br />
La vedi troneggiare nell’entrata di ristoranti o fare bella mostra di sé in salumerie<br />
importanti: è la mitica Berkel, l’affettatrice quasi sempre dal color rosso-amaranto<br />
che troneggia su un basamento lavorato nello stile Art-Nouveau.<br />
L’acciaio lucido fa da contrasto al rosso ed il tondo volano, su cui è inciso il<br />
nome, ha, anch’esso, il bordo in acciaio lucente. Quando la metti in funzione,<br />
dopo aver sistemato bene il prosciutto che sarà fermato da un braccio scorrevole<br />
su un tubo, ovviamente d’acciaio, senti un rumore di scatto netto ad ogni giro<br />
del volano, mentre la fetta prende, poco alla volta, forma, quasi staccandosi dal<br />
prosciutto che l’ha generata.<br />
È divenuta, caso unico al mondo, un oggetto da collezione, che gode, come le automobili<br />
d’epoca, della possibilità di restauro come poche macchine al mondo hanno.<br />
Ed il prezzo giustifica questa sua supremazia fra le affettatrici da salumeria: certo<br />
vi sono altre ottime macchine ma il mercato della Berkel d’antiquariato viaggia fra i<br />
cinque ed i ventimila euro, a seconda dei modelli e della loro anzianità.<br />
Fu il 12 ottobre del 1898 che l’olandese W.A.Van Berkel fondò la sua fabbrica a Rotterdam.<br />
Era un macellaio ed aveva problemi a tagliare la carne, in fette, con regolarità:<br />
ebbe questa grande idea di costruire una macchina con una lama circolare ed<br />
un grosso volano che sostenesse la rotazione. Azionata a mano con una manovella<br />
ebbe immediato successo. Dopo il prototipo si unì ad un socio che aveva una tipografia<br />
in stato semi-fallimentare e in quello stabilimento si diede inizio alla produzione<br />
che fu, sin da subito, importantissima: il primo anno si fecero ben 76 macchine del<br />
primo modello ed altre dieci di un secondo modello più avanzato.
Così come fece poi la Lambretta, alla<br />
fi ne della seconda guerra mondiale,<br />
Berkel attribuì le lettere dell’alfabeto ai<br />
suoi modelli: A, B, C eccetera.<br />
Fu verso la fi ne della prima guerra mondiale<br />
che si arrivò al modello R ed al<br />
basamento a colonna, ancor oggi ricercatissimo<br />
e vero complemento di un oggetto<br />
che è facilmente ambientabile in<br />
arredamenti rustici o moderni, per non<br />
parlare delle trattorie o dei ristoranti.<br />
E Berkel non si fermò alle affettatrici:<br />
passò anche a fare bilance a bascula e,<br />
durante la prima guerra mondiale, produsse<br />
anche torni e motori per l’esercito<br />
olandese.<br />
Fra l’altro, nel 1910, fu la prima azienda<br />
al mondo ad introdurre un sistema di pagamento rateale.<br />
Nel 2004 due italiani acquistarono il marchio e da quel momento alla perfetta<br />
capacità tecnica si è unito anche l’Italian Style.<br />
Da sempre costruite con grandissima accuratezza e con materiali di alta qualità<br />
le Berkel storiche hanno caratteristiche tecniche che le rendono uniche,<br />
tanto che si è coniato un termine specifi co per indicare un certo modo di<br />
produrre: il “Berkelismo”.<br />
La prima cosa da rilevare è che la lama è concava: questo fa sì che il punto di<br />
contatto fra un prosciutto da tagliare e la lama avvenga in un solo punto. Ciò<br />
signifi ca che la lama, dopo aver tagliato<br />
la fetta, non si strofi na sul prosciutto e<br />
non lo scalda: il profumo rimane intatto<br />
e non si altera la variazione di calore<br />
dato dallo strofi namento. Il secondo<br />
vantaggio è che il rapporto fra il taglio<br />
del prosciutto e la rotazione del volano<br />
è il più basso possibile ed un solo giro<br />
della lama serve per tagliare la fetta.<br />
Le macchine moderne per contro hanno<br />
rapporti diversi (fra 10 e 15 giri della<br />
lama) e tendono a riscaldare il prodotto.<br />
La più grande collezione privata di Berkel<br />
è a Varano de’ Melegari (a pochi chilometri<br />
dal casello di Fornovo dell’Autocamionale<br />
della Cisa).<br />
Qui, nella Bottega del Restauro, specifi -<br />
camente indirizzata a rimettere a nuovo, secondo le regole più ferree, le vecchie<br />
Berkel, è presente una collezione che comprende, salvo 3 o 4 macchine,<br />
tutto quanto prodotto dalla Casa Olandese; vi sono inoltre moltissimi documenti<br />
come brevetti, pubblicazioni d’epoca, attestati, fotografi e di questi veri<br />
e propri oggetti di culto dei buongustai.<br />
Berkel è un ottimo esempio di come la tecnica sia stata, già da oltre un secolo,<br />
a servizio del gusto: un binomio che non sempre si avvera!<br />
Alfredo Pelle
36<br />
Un, due, tre.<br />
Caffè, caffè, caffè<br />
La differenza fra un ottimo e un pessimo caffè sta in alcuni piccoli particolari.<br />
Tutti gli accorgimenti per ottenere e bere un buon espresso<br />
Come noto, la bevanda del<br />
caffè può essere ottenuta<br />
attraverso un processo di<br />
infusione o di percolazione.<br />
Per infusione (dal latino infundere<br />
cioè versare dentro/<br />
sopra) si intende l’immersione,<br />
per un tempo più o<br />
meno prolungato, di uno o più<br />
alimenti in un liquido (freddo o<br />
caldo) affinché si rilascino le sostanze,<br />
gli aromi e i sapori degli<br />
ingredienti stressi. Classici esempi<br />
di infusione sono il caffè turco, il caffè<br />
bollito e il caffè Melior. Per percolazione<br />
si intende invece un passaggio di un liquido<br />
attraverso un corpo poroso. Nella percolazione<br />
in pratica avviene un processo dinamico,<br />
in quanto il liquido attraversa il setto poroso, mentre<br />
nell’infusione il processo è statico. Chiari esempi di perco-<br />
lazione sono il caffè filtro, il<br />
caffè moka e l’espresso.<br />
In cosa si differenzia il<br />
caffè espresso?<br />
Da un punto di vista meramente<br />
fisico il caffè espresso<br />
si distingue dalle altre<br />
bevande perché utilizza un<br />
sistema di percolazione forzata<br />
a seguito dell’incremento<br />
della pressione dell’acqua.<br />
Il sistema espresso nasce infatti<br />
dall’esigenza di ottenere la bevanda<br />
caffè in tempi rapidi per rendere<br />
simultanee la fase di preparazione con<br />
quella di consumo. Grazie ai vari sistemi<br />
di aumento di pressione dell’acqua, come<br />
lo sfruttamento della pressione del vapore nelle<br />
prime macchine, o la pressione esercitata da una<br />
molla su un pistone nel caso delle macchine a leva, o il
moltiplicatore di pressione nel caso della macchina a gruppi idraulici o infine<br />
l’impiego di un pompante nelle macchine moderne, i tempi di preparazione<br />
sono contenuti entro i 3 secondi. Oltre alla pressione dell’acqua, l’espresso si<br />
differenzia per una diversa granulometria del caffè (normalmente fine), un diverso<br />
dosaggio (circa 7g. per dose) e una temperatura dell’acqua intorno ai 90° C.<br />
L’espresso si contraddistingue anche per la composizione della miscela di caffè<br />
e per la curva di tostatura utilizzata.<br />
Ma quali sono le fasi di estrazione del caffè espresso?<br />
La preparazione di un buon espresso passa attraverso 3 differenti fasi.<br />
La prima è la fase di bagnazione, meglio nota come pre-infusione, in cui vengono<br />
riempite le cavità interstiziali in modo da evitare che il getto dell’acqua a pressione<br />
intacchi la superficie dello strato. A questo riguardo è utile sapere che in una<br />
pastiglia di caffè pronta per l’estrazione di un espresso italiano (quindi con una<br />
corretta macinatura e con un livello di pressatura pari a 22 kg) il caffè occupa<br />
circa il 40% del volume della stessa. Nella seconda fase, detta di estrazione,<br />
avviene il passaggio dell’acqua a temperatura e pressioni costanti attraverso lo<br />
strato di polvere di caffè contenuto nel filtro. Questo processo è molto complesso<br />
e coinvolge diversi fenomeni chimici e fisici. Infine, l’erogazione si conclude con<br />
il processo di emulsione degli olii estratti nella fase precedente, attraverso cui la<br />
bevanda assume quell’aspetto cremoso che la contraddistingue.<br />
Perché si parla di pre-infusione ed a cosa serve?<br />
Abbiamo visto che la prima fase è quella di bagnazione o più propriamente<br />
detta di pre-infusione. Con essa l’acqua, scendendo, elimina l’aria che occupa<br />
i pori dello strato di caffè consentendo una migliore permeabilizzazione dello<br />
stesso. In questa fase, al variare della pressione e quindi della velocità dell’acqua,<br />
cambiano anche le condizioni di estrazione: l’acqua, scendendo lenta-<br />
mente, scioglie maggiormente gli olii aromatici e le altre sostanze che danno<br />
sapore ed aroma al caffè.<br />
L’importanza della giusta macinatura<br />
La macinatura del caffè risponde invece a regole chiare e lineari. Perché, innanzitutto,<br />
si macina il caffè? La macinatura del caffè permette all’acqua calda di<br />
estrarre al meglio le sostanze che danno corpo e aroma all’espresso; l’acqua<br />
infatti troverebbe difficoltà a penetrare i chicchi interi e finirebbe per estrarre<br />
soltanto le sostanze che stanno sulla superficie del chicco stesso.<br />
Se la macinatura è troppo grossa l’acqua scorre molto velocemente fra le grosse<br />
particelle di caffè (come l’acqua di un torrente che scorre fra grossi sassi)<br />
e non riesce ad estrarre tutte le sostanze. Si ottiene così un espresso con una<br />
crema molto pallida, con poco corpo e un po’ “slavato”. In gergo tecnico questo<br />
viene definito un espresso “sottoestratto”.<br />
Se la macinatura è invece troppo fine l’acqua impiega molto tempo a passare.<br />
Essa estrae sì tutte le sostanze, ma tende a “bruciare” le particelle di caffè con<br />
cui rimane troppo tempo a contatto. Il risultato è un espresso con poca crema,<br />
di colore molto scuro, con poco profumo e che al gusto risulterà amaro e<br />
bruciato: un espresso “sovraestratto” Come si riconosce allora la giusta macinatura?<br />
La giusta macinatura è quella che permette al nostro espresso di raggiungere<br />
in tazzina la sua dose ideale (definita classicamente in 25 ml) in 22/28<br />
secondi. Questa è la cosiddetta regola dei 25 secondi, e permette di capire che,<br />
con una macchina ben settata, l’acqua estrarrà tutte le sostanze del caffè senza<br />
bruciare la polvere. Il risultato sarà una bella crema color nocciola e un espresso<br />
profumato e equilibrato nel gusto.<br />
Davide Cocco
38<br />
La passione spesso<br />
conduce a soddisfare<br />
le proprie voglie<br />
Nasce a Cornedo il Rec Passion.<br />
Un progetto a più mani curato e<br />
mai banale<br />
Lungo la principale strada di attraversamento di Cornedo Vicentino da poco è nato Rec Passion, un nuovo<br />
locale, voluto da Bernar Alberto e da Castagna Manuela. Un nuovo concetto di ristorazione dove il cibo<br />
diventa piacere diVino.<br />
Alberto, dopo aver frequentato la scuola alberghiera e varie esperienze in alcuni locali della zona, decide<br />
di partire per la Spagna per arricchirsi di ulteriori competenze e conoscenze. Con un grande bagaglio di<br />
esperienze anche nel mondo della gelateria di qualità rientra nella sua terra d’origine ed apre un primo<br />
locale “d’esperienza”. Dopo nove anni raggiunge il suo equilibrio e vede la necessità di creare qualcosa di<br />
veramente suo, di personale, maggiormente gratificante per sé e per i suoi clienti. Ecco allora che, grazie<br />
al contributo della moglie Manuela, apre il nuovo Rec Passion.<br />
Un modo nuovo di fare ristorazione, meno convenzionale sia nella proposta enogastronomica che nell’ambientazione<br />
del locale: un progetto dagli arredi indovinati, un ambiente giovane e brillante, caldo e soffuso,<br />
accogliente ed informale, tanto quanto la proposta gastronomica. Piatti semplici, ben curati, con un’attenzione<br />
al territorio ed ai suoi prodotti tipici: proposte equilibrate, appositamente studiate anche dal punto di<br />
vista salutistico e dietetico. Nel menu trovano spazio piatti unici ma anche diverse proposte alla carta, con<br />
“pochi piatti ma buoni”. A completare l’offerta gastronomica una serie di finger food creati con fantasia in<br />
ogni momento del giorno e della sera. Nel suo complesso di rivela quindi una proposta particolarmente<br />
Castagna Manuela e Bernar Alberto
attenta alla qualità ed al prezzo.<br />
Per completare il progetto con qualcosa di professionale ed innovativo<br />
dal punto di vista enologico, viene chiamato direttamente<br />
in causa Alberto Zaupa del Tinetto, che con la sua esperienza e<br />
capacità, si rende disponibile, analizza la cucina, studia i piatti,<br />
li abbina e li accompagna, pensa all’aperitivo, al wine bar, alla<br />
birreria. Al termine dell’analisi propone una carta dei vini “giusta”:<br />
una cinquantina le proposte suddivise per tipologia, scelte<br />
accurate, interessanti etichette emergenti, ricercate per l’ottimo<br />
rapporto qualità/prezzo, in un percorso enologico che spazia per<br />
l’Italia e non solo.<br />
I due Alberto, fedeli alla filosofia del Rec Passion, scelgono le proposte<br />
del microbirrificio Via dei Birrai che, con la sua prestigiosa<br />
gamma, soddisfa anche le esigenze del cliente più raffinato. Ma<br />
ecco la novità: sia per la birra che per il vino ogni bottiglia presente<br />
sulla carta viene stappata e servita al calice, quindi qui non c’è<br />
limite alla scelta. Ogni pietanza, ogni desiderio trova il suo giusto<br />
bicchiere e il suo abbinamento.<br />
Gasparin Roberto
40<br />
In birra veritas<br />
Inediti abbinamenti con i piatti e i prodotti della tradizione vicentina.<br />
Con la passione e la creatività di Teo Musso della birreria Baladin<br />
“Mi sono svegliato o forse sto ancora dormendo?<br />
Portare la birra sulle tavole della riristorazione italiana, e non solo, è senza dubbio<br />
una delle sfi de più affascinanti della mia<br />
vita, a cui ho dedicato molte delle mie energie.<br />
Convinto che sia assolutamente un peccato<br />
chiudersi davanti preconcetti che vogliono la<br />
birra solo come compagna della pizza, negandosi<br />
emozioni ed esperienze che possono<br />
essere uniche. Una grande birra viva è in<br />
grado di stare al fi anco di un grande piatto”<br />
Teo Musso<br />
Teo Musso, mastro birraio della famosa birreria Baladin, nel suo infi nito pe- pe- peregrinare<br />
in cerca cerca di nuove strade, nuove emozioni, emozioni, nuove frontiere, nuovi<br />
gusti, si è soffermato nel nel territorio vicentino. Non un incontro casuale casuale ma<br />
fortemente voluto assieme alla fi duciaria Slow Food di Bassano del Grappa<br />
Letizia Bonamigo, la quale, presentando i prodotti ed i piatti del territorio<br />
a Teo ha deciso di proporre uno studio di abbinamento birra e piatti<br />
tipici del territorio.<br />
Teo, rientrato nella sua “bottega” con in dote alcune specialità tipiche, si è<br />
messo subito al lavoro tra cucina e bicchieri, e da uomo di talento qual è<br />
ha formulato interessantissimi abbinamenti.<br />
Ecco quindi sfornare un Flan di zucca su fonduta di formaggio di Enego<br />
abbinato alla Isaac, birra bianca dall’elegante e contrastante bouquet fatto<br />
di prepotenza e delicatezza ricca di profumi agrumati, cereali, crosta di<br />
pane e spezie. Un delizioso crostone di formaggio grana con lonza marinata<br />
accompagnato con l’intrigante Nora, defi nita birra Egizia perché prodotta<br />
con il 50% di kamut ed il 50% con orzo maltato, aromatizzata con la<br />
mirra anziché con il luppolo: un’insolita birra speziata, profumata, balsamica,<br />
assolutamente originale. Un altro piatto tipico della tradizione, i bigoli<br />
con l’anitra, si sono uniti con la Super, la prima birra prodotta da Baladin,<br />
realizzata con il 100% di orzo maltato dei contadini cuneesi: ambrata raggiante,<br />
segnata da una giusta impronta di luppolo, ricca di profumi di frutta<br />
tropicale, di buon tenore alcolico, si è rivelata perfetta per questo piatto,<br />
come sicuramente è felice compagna di tanti piatti e formaggi in modo<br />
assolutamente trasversale.<br />
Quando si parla di territorio vicentino non si può non parlare di polenta e<br />
bacalà; l’abbinamento con la birra è una prova diffi cile da superare, ma
Da sx: Grandi Fabrizia, Susi Fraccaro, Bonamigo Letizia, Bertoldo Maurizio,<br />
Pavan Valentina, Baroni Simone<br />
qui la sapienza di Teo ha saputo ben fi gurare con la Elixir, una birra<br />
molto alcolica prodotto con ceppi esclusivi del whisky, con un basso<br />
residuo zuccherino: una demi sec dalla sensualità estrema, spumeggiante,<br />
dove l’alta gradazione alcolica ed i fi ni profumi torbati<br />
racchiudono l’essenza della femminilità. Provare infi ne un tortino di<br />
cioccolato Amedei al 70% con la Xyauyù è veramente un’emozione<br />
unica, come dice Teo: “Un divano, la musica, i miei pensieri. Voglia<br />
di intenso, di profumo, di vita, di ovattata dolcezza. Il bicchiere, il<br />
colore pieno e carico, la densità. Ci sono, ci siamo. La mia birra,<br />
il mio divano”. Un concentrato di birra (pensate che da 1000 litri<br />
alla fi ne del processo ne rimangono<br />
180) con una lunga permanenza sui<br />
lieviti per almeno 45 giorni, viene<br />
poi maturata per 18 lunghi mesi in<br />
botte scolma. Si ottiene così un ossidato<br />
di birra, se di birra si può ancora<br />
parlare. Io direi più un passito<br />
di birra richiamandomi al vino. Ricorda<br />
infatti un porto bianco invecchiato<br />
o una marsala secca ricca di<br />
tutto il suo sole. Basta guardarla,<br />
ascoltare i profumi, appoggiare le<br />
labbra al bicchiere e il gusto già al<br />
primo sorso ti ha rapito.<br />
Bravo Teo, ogni volta un’emozione<br />
intensa.<br />
Roberto Gasparin<br />
Letizia Bonamigo
42<br />
Il silenzio conforta l’ignoranza…<br />
Questo spazio è dedicato ai Vostri pensieri<br />
più forte è la nostra voce, più facilmente verrà ascoltato<br />
questo grido d’allarme<br />
La legge è uguale per tutti<br />
Un po’ di buon senso non guasterebbe a chi fa le leggi e a chi le fa rispettare.<br />
L’alternativa è la tolleranza zero<br />
La bevanda di Bacco non entra più nella mia “dieta” da<br />
qualche anno e precisamente dall’inizio del nuovo millennio.<br />
Prima l’aveva “fatta da padrona”, soggiogandomi<br />
a lei, mettendomi alle sue dipendenze, prostrandomi nel<br />
fisico e nella mente. Poi mia moglie con i figli, i colleghi<br />
di lavoro, il buon senso, l’attività fisica “impostami”<br />
dall’amico Sergio, avevano fatto in modo che prendessi<br />
la decisione di smettere. Appena in tempo, poiché anche<br />
i medici, subito dopo, mi confermarono di aver corso dei<br />
grossi rischi di salute che, di lì a poco, si sarebbero rivelati<br />
irreparabili.<br />
Era doverosa questa premessa all’argomento che andrò<br />
ad affrontare e che riguarda appunto la bevanda di Bacco<br />
ed il solito “irreperibile” buon senso. Non si può pensare<br />
che marito e moglie che escono a cena in macchina<br />
non possano bere, mangiando, neanche un bicchiere di<br />
vino. E non si può pensare che il loro modus vivendi sia<br />
lo stesso di una giovane persona tra i 15 e i 30 anni che
esce in compagnia di coetanei facendo tappa al bar prima di entrare dopo la mezzanotte in discoteca e tornare<br />
a casa all’alba, in 4-5 per macchina, con musica “a chiodo” e adrenalina alle stelle. Certo, ci sono anche<br />
quelli, e qui l’età non c’entra, che hanno il vizio di bere e di ubriacarsi, quelli che al vino ed all’alcool in genere,<br />
associano sostanze stupefacenti e quelli che vi cercano rifugio, tentando di scacciare le delusioni, situazioni<br />
famigliari difficili, mancanza di lavoro e di danaro ed altro ancora. Tutti potenziali omicidi una volta saliti in macchina<br />
e messisi i strada, ma trattati alla stessa stregua di quei due: marito e moglie, usciti a cena e tornati a<br />
casa, assolutamente sobri e lucidi anche se con uno o due bicchieri di vino in corpo, dopo aver mangiato.<br />
“La legge è uguale per tutti”; ma quale legge? E fatta e pensata da chi? E a quale scopo? E come dev’essere<br />
applicata? E chi la applica? Spesso mi pongo queste domande, soprattutto quando, come in questo momento,<br />
sono da solo, ad ascoltare il silenzio della mia anima. Penso agli sforzi e al lavoro di chi coltiva le viti, all’impegno<br />
preciso ed appassionato in cantina, ai problemi di vendita e stoccaggio ed infine alla “missione”<br />
di sommelier, ristoratori, baristi e di tutti coloro che lavorano e vivono anche e sopratutto<br />
grazie al vino. Negli ultimi vent’anni sono stati fatti passi da gigante per migliorare la<br />
qualità, per sensibilizzare gli avventori sul “poco ma buono”, per preparare sulla<br />
degustazione e sull’abbinamento. Grande ruolo hanno avuto e hanno i sommelier,<br />
gli enotecnici e tutti coloro che vivono il vino, lo trattano con il rispetto<br />
che merita e cercano in tutti i modi di difenderlo da chi lo vuole sfruttare<br />
solo come fonte di guadagno, alterandolo o uccidendolo, prima che arrivi<br />
nel bicchiere. Tutto questo “esercito”di persone ha fatto sì, negli anni, che il<br />
nostro paese non abbia più timori reverenziali verso i francesi, che i mercati<br />
esteri ci riconoscano non solo come produttori di fiaschi di Chianti, ma di<br />
vini di ottima qualità, che la nostra cucina e i nostri vini siano un punto di<br />
forza della nostra bilancia commerciale. Bisogna che chi legifera ricordi queste<br />
cose, che chi ci controlla, sappia riconoscere chi merita di essere punito<br />
severamente e chi no e che, chi guida, possa avere il piacere di mangiare un<br />
filetto, uno spiedo o una tagliata bevendoci sopra un bicchiere uno di ottimo<br />
vino, senza il timore di passare da delinquente e andare a finire sui giornali.<br />
Questo è buon senso.<br />
Altrimenti bisogna usare tolleranza zero: chi guida non deve bere nulla di<br />
nulla e non essere preso in giro con gli “zerivirgola”. L’importante, in tutto<br />
questo, è il rispetto reciproco, rispetto di chi guida verso l’incolumità dei<br />
suoi simili e il rispetto di chi deve fare applicare la legge, verso le persone<br />
che si trova di fronte. E punizioni esemplari per i furbi, gli arroganti, i violenti<br />
e quelli che pensano di poter comprare tutto e tutti. Ma lasciamo che i ristoranti,<br />
alberghi, trattorie, agriturismi, enoteche, bar, facciano il loro lavoro,<br />
“distribuiscano” il bello e il buono; aiutiamoli a farlo sempre meglio: saranno<br />
i primi custodi e consiglieri di chi, poi, dovrà mettersi alla guida.<br />
Amedeo Sandri
44<br />
Il terroir del miele<br />
Il Dizionario dei mieli nomadi celebra l’apicoltura itinerante.<br />
Alla ricerca della vera essenza di questo prodotto<br />
È possibile fare migliaia di chilometri<br />
per inseguire un mare<br />
di girasoli, di asfodeli o di fi ori<br />
di corbezzolo? Il lettore ideale<br />
del Dizionario dei mieli nomadi<br />
è chi può arrivare a porsi<br />
questa poetica domanda o più<br />
semplicemente chi vuole avvicinarsi<br />
a una delle sostanze<br />
più seducenti e perfette prodotte<br />
in natura: il miele. Tra i suoi autori fi gura Andrea Parternoster, apicoltore<br />
non stanziale che ha la sua base tra i meli della Val di Non ai piedi<br />
del bellissimo Castel Thun, maniero di impianto medioevale che riaprirà al<br />
pubblico tra poco più di un anno.<br />
Non è, forse, un caso che questo signore dei mieli parta periodicamente<br />
dalla Val di Non a caccia di polline. In mezzo ai fi ori della valle Trentina ha,<br />
infatti, cominciato suo nonno, coltivando una passione per i profumatissimi<br />
petali di melo e le macchie gialle di quelli di tarassaco, per le ambrate melate<br />
di abete e per le tavolozze formate dai fi ori di montagna. E tra quei fi ori<br />
Andrea ha iniziato il suo percorso e ispirato da loro non si è più fermato.<br />
E in Val di Non i lettori del dizionario e gli appassionati dei mieli lo possono<br />
andare a trovare. Nella sua azienda “Mieli Thun”, nel borgo di Vigo di Ton, è<br />
presente un piccolo punto vendita, quasi un tempio in miniatura del miele,<br />
in cui è possibile prendere parte a degustazioni guidate, lasciandosi sedurre<br />
dai racconti di questo dolce vagabondo e dei suoi collaboratori. Accanto<br />
ai vasi dorati birre artigianali al miele, libri, preziosi vasi di polline. Per ora i<br />
monofi ore di Mieli Thun sono circa 20.<br />
Tornando al libro, “Abete” e “Zorro” sono il primo e l’ultimo lemma di<br />
questo grazioso volumetto bilingue di 192 pagine dedicato all’apicoltura<br />
itinerante. Disseminate tra le pagine numerose altre voci - corbezzolo,<br />
girasole, tarassaco, rosmarino - che raccontano i cromatismi, le note olfattive<br />
e gustative dei differenti mieli. Per ognuno di loro, inoltre, ricette,<br />
abbinamenti con i cibi, vini e note<br />
curiose. Si scopre così, ad esempio,<br />
che l’assaggio del miele di corbezzolo<br />
si chiude con note di radice di<br />
genziana, che è perfetto come accompagnamento<br />
di un caffè e che<br />
inserirne un pallina congelata nel<br />
cuore di un arancino di riso prima<br />
della frittura regala al palato una<br />
gioia infinita. Ma il bello, dopo aver<br />
letto delle varie note di profumo e<br />
gusto, viene proprio dalla possibilità<br />
di rintracciarle nei mieli assaggiandoli,<br />
mettendoli e mettendosi<br />
alla prova. Ricordiamo, a proposito,<br />
che il libro è disponibile anche in un<br />
elegante cofanetto, abbinato a un<br />
vaso di cremoso miele di tarassaco<br />
in quintessenza.
Il nomadismo del miele presuppone un’anima un po’<br />
sognatrice ed erratica, vocata a un inseguimento quasi<br />
romantico di distese di nettari “in purezza” - non contaminati<br />
cioè dalla varietà - per ottenere preziosi mieli monofl<br />
oreali che proprio in virtù della loro origine premiano i<br />
sensi con sensazioni uniche.<br />
Andrea quest’anima ce l’ha e da superbo ammaliatore di<br />
api l’ha votata a viaggi quasi impossibili per portare i suoi<br />
sciami tra rododendri, fi ori di melo, arancio, rosmarino.<br />
Perché il miele che viene da un fi ore solo è al tempo stesso,<br />
come dice Paternoster, espressione di un territorio,<br />
potremmo azzardare terroir, e di un preciso segmento di<br />
tempo. I nettari vanno individuati hic et nunc, altrimenti le api spostano altrove la loro febbrile ricerca. Il tarassaco<br />
e il melo, vengono, come si dice in gergo, bottinati dagli sciami di Andrea in Val di Non, i girasoli in<br />
provincia di Campobasso, il timo sui Monti Iblei, la sulla nel cosentino, il rododendro in Val Nambrone, nel<br />
cuore delle Dolomiti di Brenta.<br />
Di viaggio in viaggio, la seducente e testarda arte di Andrea ha guadagnato una tale eco da arrivare nientemeno<br />
che alla corte di sua maestà Ferran Adriá che usa alcuni Mieli Thun per le sue alchimie culinarie.<br />
Sfogliando questo libello, impreziosito dagli interventi fi gurativi della raffi nata illustratrice di origine giapponese<br />
Yoshiko Noda, non si può non pensare a un altro intrigante volume organizzato attraverso una sequenza<br />
alfabetica, quel Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes che proprio alla sequenza casuale dei<br />
temi aveva affi dato il compito di non chiudere il senso.<br />
L’illustre modello francese viene in mente per molte ragioni. Anche per il volume dedicati ai mieli nomadi il<br />
formato del dizionario non chiude i giochi e suggerisce che il lavoro avviato da Paternoster e dagli altri autori è<br />
solo il capitolo di un progetto ambizioso: “Il Rinascimento dei Mieli”, di cui l’apicoltore errante della Val di Non<br />
si fa ambasciatore assieme ad altri colleghi e cultori dei<br />
nettari. Il senso di questo Rinascimento è far sì che i mieli<br />
escano da una dimensione quasi marginale e guadagnino,<br />
come è avvenuto per i vini e il cioccolato, l’attenzione che<br />
la loro bellezza merita. Perché, come suggerisce Andrea, il<br />
miele non è un prodotto delle api, ma dei fi ori. Le api mentre<br />
si nutrono raccolgono il nettare e ce ne fanno dono.<br />
Come recita quella che per il momento è l’ultima voce del<br />
Dizionario: “Zorro [zòr-ro] s.m. Anche a Zorro di certo piaceva<br />
il miele”. E se non v’è ragione di dubitare che piacesse<br />
pure a lui…<br />
Claudia Torresani
Il cocktail del mese<br />
Vanilla Loca<br />
Composto da:<br />
cl. 4 Vodka<br />
cl. 2 Passoa<br />
cl. 2 Latte di cocco<br />
cl. 6 Succo di ananas<br />
cl. 6 Succo di mango<br />
Decorazione: fantasia - blender Ceado/tumbler<br />
A cura di:<br />
Pojer Paolo<br />
Vanilla caffè - Schio (Vi)
www.cicciabombacanottiera.it<br />
info@cicciabombacanottiera.it<br />
Appuntamenti del mese GUIDA AL MANGIARE E BERE<br />
- 2 - 6 aprile: 43a edizione VINITALY<br />
Salone Internazionale del Vino e dei Distillati,<br />
info www.vinitaly.com<br />
- 3 aprile: il cuore della Toscana in Villa<br />
Bassi, direttamente della toscana<br />
una serata dedicata alla cucina tipica<br />
con sapori e prodotti biologici di una<br />
terra ricca di tradizione gastronomica<br />
ospite della serata l’az. agr. podere<br />
campriano di greve in chianti. Per<br />
info e prenotazioni: Rist. Villa Bassi<br />
via Chiesa 4 Grumolo Ped.te Zugliano<br />
(VI) tel0445.374451 info@villabassi.it -<br />
www.villabassi.it<br />
- 5 aprile: Pan per focaccia – Thiene<br />
www.comune.thiene.vi.it, www.pedemontana.vi.it<br />
Tel. 0445.804837<br />
- 5 aprile: 28^ Fiera mercato dell’olivo -<br />
Pove dl Grappa www.comunedipove.it<br />
Tel. 0424.80333<br />
- 5 aprile: Promozione e vendita prodotti<br />
gastronomici locali a km “0” – Palazzo<br />
Bonaguro Bassano del Grappa<br />
Tel. 0424.521345<br />
- 12 aprile: Rottura delle uova – Noventa<br />
Vicentina Tel. 0444 788511<br />
- 13 aprile: Festa del Capretto e dei vini<br />
D.O.C. di Gambellara - Selva di Montebello<br />
Tel. 0444.444183<br />
- 13 aprile: “TIRO DEI OVI” - Gara di<br />
lancio di uova radizione che si svolge<br />
il giorno di Pasquetta. Gruppi di ragaz-<br />
zi, dal sagrato della Chiesa Arcipretale,<br />
lanciano uova sode colorate sulla<br />
piazza principale del paese. I giovani<br />
di Gallio, regolamentati da tiri di lunghezza<br />
e di precisione, si contendono<br />
l’onore di scrivere i propri soprannomi,<br />
che tutti i Galliesi possono vantare, sul<br />
trofeo che rimane perennemente esposto.<br />
Piazza Italia - Inizio ore 13,30 Info:<br />
Comune di Gallio - Ufficio Turismo Tel.<br />
0424.447919 www.comune.gallio.vi.it<br />
- 17,18,19: aprile “festa della trota di<br />
cresole”. è una festa per riscoprire questo<br />
prodotto tipico di cresole, avendo<br />
da sempre fiumi e risorgive dove questo<br />
pesce si riproduce. Qust’anno abbiamo<br />
allargato la festa a 3 giorni con<br />
un bel programma ricco di avenimenti.<br />
Caldogno (Vi) frazione di Cresole.<br />
- 17-19 aprile: 8^ Festa dell’olio extravergine<br />
d’oliva e dell’Olivo - Barbarano<br />
Vicentino Tel. 0444.788314<br />
- 19 aprile: Magnalonga - Bressanvido.<br />
Si tratta di una passeggiata enogastronomica<br />
per le campagne del<br />
paese. Sarannno effettuate delle tappe<br />
con stand gastronomici gestiti dalle varie<br />
associazioni del paese. Lo scopo è<br />
quello di far conoscere il territorio locale<br />
e di coinvolgere tutte le associazioni<br />
in un programma che consente loro di<br />
gestirsi autonomamente e procurarsi<br />
così dei fondi. La Pro Loco cura la gestione<br />
e l’organizzazione dell’iniziativa<br />
stessa. Il numero di aprtecipanti della<br />
passata edizione è stato di circa 1000<br />
persone. Il Comitato Risorgive di Bressanvido<br />
organizza una visita guidata<br />
alla Risorgiva “Cumana”. Sarà possibile<br />
visitare la Chiesetta di San Rocco, la<br />
Chiesetta di San Benedetto presso la<br />
Villa Mezzalira, la Peschiera e il minizoo<br />
di Valentini. Informazioni: Domenico<br />
338.1902330<br />
- 21 Aprile: Villa di Bodo serate di degustazione.<br />
Lo SHERRY nelle sue varie<br />
tipologie: Fino. Oloroso, Ammontillado,<br />
Muscatel, Pedro Ximenez. Villa di Bodo<br />
Enoteca con cucina Via S. Pietro 1<br />
Sarcedo (VI) tel. 0445.344500<br />
- 24 - 26 aprile: Sagra di San Marco<br />
(Sagra dei Cuchi). Esposizione e vendita<br />
tradizionali fischietti di terracotta,<br />
stand gastronomico con piatto tipico<br />
di polenta e capretto. Canove di Roana<br />
www.comune.roana.vi.it Tel. 0424<br />
694361<br />
- 24 - 26 aprile: Terza edizione Gusti<br />
Berici Ponte di Lumignano, Esposizione<br />
della produzione tipica, dell’economia<br />
e del consumo consapevole dei Berici.<br />
Meglio tipico, biologico, locale… e solidale<br />
Informazioni: www.gustiberici.org,<br />
info@gustiberici.org, Ass. Zaccaria tel.<br />
0444.555012, Comune di Longare<br />
- 25 aprile: “A Tavola con i Cimbri”. Tradizionale<br />
cena gastronomico-culturale<br />
presso il ristorante K2. Prenotazione<br />
obbligatoria al tel. 0424 66055. Mezzaselva<br />
di Roana. Tel. 0424.694361<br />
- 26 aprile: II Edixione “Vini, Vitigni<br />
e sapori” - Alonte Tel. 334.7526214<br />
0444.638188<br />
- 26 aprile: Festa della Semina del Mais<br />
Marano - Marano Vicentino www.maismarano.it<br />
Tel. 0445.598824<br />
- 26 aprile: Mostra dell’asparago bianco<br />
di Bassano - Bassano del Grappa<br />
www.asparagobiancobassano.com<br />
Tel. 0424.521345<br />
- 28 aprile -10 maggio: Festa dell’asparago<br />
- Cassola loc. San Zeno www.asparagodibassano.com<br />
Tel. 0424.570598<br />
- Aprile/Maggio 4^ Rassegna enogastronomica<br />
“A tavola con il tarassaco<br />
di Conco”. Conco Tel. 0424.700301<br />
- Aprile e Maggio (date da definire) Incontri<br />
a tavola con l’asparago bianco di<br />
Rosà - Rosà Tel. 0424.585866<br />
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353/2003 (Convertito in legge<br />
27/02/2004 n°46) art.1, com.1, Dr VI<br />
Stampa: Industrie Grafiche Vicentine<br />
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Hanno collaborato:<br />
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Alfredo Pelle<br />
Amedeo Sandri<br />
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Angelo Nicoletti<br />
Claudia Torresani<br />
Claudia Urso<br />
Claudia Zigliotto<br />
Davide Cocco<br />
Francesca Filippi<br />
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Luca Corato<br />
Matteo Baldini<br />
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Tutte le immagini, articoli, contenuti di questo<br />
giornale sono ad uso esclusivo di Pierregi di<br />
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