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Alessandro Soddu - Paolo

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I PÁPEROS (“POVERI”) NELLA SARDEGNA GIUDICALE (XI-XII SECOLO) ...<br />

potente. I potenti per eccellenza erano i dominatori e ad essi per antonomasia si<br />

riferì preferibilmente quell’aggettivo. Pannu paperile dovette essere appunto quello<br />

adoperato per le loro più sontuose vesti.» 94 .<br />

L’analisi linguistica di Pier Enea Guarnerio (1901) è, invece, rivolta all’espressione<br />

terra paperile che traduce con “terra da coltivare nell’anno” 95 , ovvero «terre lasciate<br />

sode, che devono essere coltivate e intanto servono come pascolo; e da pabulu<br />

‘pascolo foraggio’ traggono origine le voci sarde col suff. –ile» 96 .<br />

Gli studi di Arrigo Solmi (1904) segnano l’inizio di un autentico dibattito<br />

sull’interpretazione della fi gura dei paperos 97 :<br />

«È altresì degno di nota il termine di paperos, che nei testi più antichi del Logudoro è<br />

tratto principalmente a indicare il giudice e i suoi famigliari. Veramente, ravvicinando<br />

la voce al termine foneticamente apparentato di pauperos, era parso dapprima che<br />

servisse a denotare i poveri, accolti forse sotto la tutela di pie fondazioni cristiane, spesso<br />

provvedute di servi, che nei documenti potevano essere detti servos de paperos» 98 .<br />

Rigettando l’interpretazione di Bonazzi, sostiene Solmi:<br />

«Pare a me invece che la spiegazione della oscura parola debba essere ricercata nel<br />

suo senso originario di pascolo (pabulum). È noto che, nel linguaggio di Sardegna, il<br />

pascolo si disse, con termine corrotto, paberu e paperu, come fi no ai tempi più recenti<br />

si disse terra pabarile lo spazio di terreno riservato al pascolo degli animali. Se ora ci<br />

riferiamo all’ordinamento della proprietà fondiaria in Sardegna e richiamiamo che<br />

tutte le vastissime estensioni di terra disoccupata, in molta parte offerta al pascolo,<br />

costituivano il patrimonio della corona (su rennu), potremo spiegarci come il giudice<br />

e i membri della famiglia reale potessero per antonomasia essere chiamati i donnos de<br />

paperos; e poi, in sèguito, con una metatesi che non ha nulla di strano, più brevemente, i<br />

donnos paperos. [...]. Né andò molto che dall’originaria espressione di donnos de paperos,<br />

già abbreviata in quella di donnos paperos, non rimase che l’attributo di paperos, presto<br />

cristallizzato a indicare specifi camente i titolari dei diritti regi. Si può quindi presumere<br />

che la denominazione fosse adoperata, non solo per indicare il supremo rappresentante<br />

del patrimonio pubblico, il giudice, ma anche talvolta i membri della sua famiglia, che,<br />

come sappiamo, partecipavano così direttamente degli attributi sovrani, e molto spesso<br />

avevano, in qualità di curatori, l’amministrazione dei grandi pascoli provinciali.» 99 .<br />

94. E. BESTA, “Nuovi studi su le origini la storia e l’organizzazione dei giudicati sardi”, in Archivio<br />

Storico Italiano, 1901, pp. 24-95, pp. 79-80.<br />

95. P.E. GUARNERIO, Nuove postille sul lessico sardo, estratto dalla Miscellanea linguistica in onore<br />

di Graziadio Ascoli, Torino 1901, pp. 1-18, p. 14.<br />

96. Ivi, p. 15.<br />

97. A. SOLMI, La costituzione sociale e la proprietà fondiaria in Sardegna cit.<br />

98. Ivi, p. 47.<br />

99. Ivi, pp. 47-48.<br />

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