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Alessandro Soddu - Paolo

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I PÁPEROS (“POVERI”) NELLA SARDEGNA GIUDICALE (XI-XII SECOLO) ...<br />

E conclude:<br />

«Il fatto, poi che si parli di “donnos paperos” nel Condaghe di San Michele di Salvenero<br />

quasi sempre e, soltanto raramente, in quello di Silki – ma i rapporti tra Silki e Salvenero<br />

erano molto stretti – depone a favore della identifi cazione dei “donnos paperos” nei<br />

vallombrosani di Salvenero» 171 .<br />

Secondo Gian Giacomo Ortu (1996) «il termine paperos sembrerebbe<br />

fare riferimento a persona collettiva soggetta al patronato o tutela di membri<br />

dell’aristocrazia o del clero, di quelli che i documenti chiamano donnos paperos<br />

o, per traslato, anche soltanto paperos. I donnos paperos potrebbero essere, cioè, gli<br />

amministratori dei beni di enti, chiese, villaggi, ecc. di comunità in genere cadute<br />

in miseria, fi scalmente inabili o non più responsabili.» 172 . Ortu affronta quindi il<br />

problema del populare, ritenuto da Solmi e Di Tucci la proprietà fondiaria destinata<br />

all’uso collettivo degli abitanti del villaggio, giudicando «eccessivo e anacronistico<br />

lo stesso concetto di ‘proprietà’, sia individuale che collettivo, che fa riferimento ad<br />

un dominio fondiario assoluto ed esclusivo che certamente le comunità sono lungi<br />

dall’esercitare e forse anche dal concepire.» 173 , ritenendo «molto più plausibile che<br />

il termine populare faccia riferimento alla facoltà e libertà d’uso collettivo in un<br />

determinato territorio» 174 . Ortu precisa però come populare sia anche «la pretesa<br />

propriamente giuridica che tale collettività fa valere nei confronti di chiunque<br />

cerchi di escluderla dal suo territorio» 175 .<br />

Parlando del paesaggio agrario della Sardegna d’età moderna, Ortu descrive il<br />

paberile come area incolta destinata al pascolo che veniva parzialmente sfruttata per<br />

la coltivazione con la zappa dai ceti più poveri e svantaggiati, ed evidenzia il caso del<br />

Campidano di Oristano «in cui il termine resta sinonimo di populare e conserva la<br />

memoria di una comunità rurale intesa, in opposizione alla domus signorile, quale<br />

universitas pauperum» 176 ed il fatto che «la locuzione tierras paberiles per indicare<br />

l’intera massa dei terreni arativi d’uso comune ricorre nell’area oristanese in tutto il<br />

Cinquecento» 177 . Cita, infi ne, una fonte del 1650 relativa al centro di Villasor in cui<br />

la destinazione di alcuni saltos a paborili per i più poveri tradisce una chiara eredità<br />

171. Ibid.<br />

172. G.G. ORTU, Villaggio e poteri signorili in Sardegna, Roma-Bari 1996, nota 45, p. 242.<br />

173. Ivi, p. 39.<br />

174. Ibid.<br />

175. Ivi, p. 40. Ortu (ivi, nota 34, p. 246) ricorda anche l’uso nelle fonti del termine, forse<br />

sinonimico, di comunariu. Cfr. CSMB, schede 41-42: si cita il comunariu o communariu della villa di<br />

Orogogo (presso l’attuale Domus Novas-OR), venduta al priorato di Bonarcado per «vacca in sollu<br />

e sollu de peculiu» (ivi, scheda 41).<br />

176. G.G. ORTU, Villaggio e poteri signorili in Sardegna cit., p. 105.<br />

177. Ivi, nota 46, p. 264.<br />

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