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Alessandro Soddu - Paolo

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I PÁPEROS (“POVERI”) NELLA SARDEGNA GIUDICALE (XI-XII SECOLO) ...<br />

vocabolo paperos 119 . Allargando l’analisi al condaghe di S. Pietro di Silki, Guarnerio<br />

ritiene, alla luce delle schede 36-38, che «a paperos è talora sostituito rennu ‘regno’;<br />

ma in quanto i paperos costituivano i sudditi della ‘corona’ in contrapposizione<br />

della ‘chiesa’» 120 ed evidenzia come «in tutti gli esempi il pl. paperos esprime sempre<br />

una collettività di persone, per quanto giuridicamente intesa, e non mai nome di<br />

cosa» 121 ; da ciò la traduzione della locuzione «vi aveat paperu» della scheda 43 con<br />

«vi era (vi aveva parte) un paperu» 122 . Guarnerio accoglie pienamente l’etimologia<br />

di paperu da pauperu, «perché in effetto ‘quei della villa’ erano ‘poveri’ di fronte al<br />

giudice, di cui erano i vassalli» 123 . Da qui la spiegazione del termine pauperile con<br />

«‘quello che è pertinente ai pauperos’, ossia ‘a quei della villa’» 124 , con la conseguente<br />

deduzione: «che poi queste terre devolute ai pauperos, si riducessero a pascolo per<br />

il loro bestiame, è facilmente presumibile, date le condizioni della coltura agricola<br />

d’allora» 125 , confermata a detta di Guarnerio dalle voci sarde moderne (logudorese<br />

e campidanese) paborile, pabarile e paborili, “maggese, pascolo” e dal nuorese terra<br />

paperile, ovvero “terra da coltivarsi nell’anno”. Infi ne, l’Autore identifi ca pauperile<br />

con populare, voce attestata ugualmente nel condaghe di S. Michele di Salvennor,<br />

defi nendo con tale termine il «‘terreno che spetta ai vassallos, agli hombres libres<br />

y siervos’ ed era o poteva essere adibito a ‘pascolo’, a favore di quelli, ossia dei<br />

paperos» 126 , risolvendo i dubbi di carattere linguistico pur rilevati con l’ipotesi di<br />

una traduzione spagnola dell’originale testo logudorese da pauperile a popular.<br />

L’editore dello stesso condaghe di S. Michele di Salvennor, Raffaele Di Tucci,<br />

porta nel 1913 il suo contributo al dibattito, identifi cando nei paperos la comunità<br />

di villaggio (villa) e nel paperile la proprietà fondiaria collettiva e vedendo una linea<br />

di continuità dei due istituti dall’alto medioevo alla piena età moderna 127 . Sulla base<br />

di quanto contenuto nella lettera di Gregorio Magno, Di Tucci ipotizza la seguente<br />

evoluzione del fenomeno:<br />

«Si può credere che il popolo (i pauperes) privo di terre da lavoro, costretto a coltivare<br />

quelle dei maiores con condizioni vessatorie e forse poco dissimili da quelle degli schiavi,<br />

affamato e immiserito, abbia invaso i territori posseduti dai maiores e probabilmente<br />

119. P.E. GUARNERIO, “Intorno ad un antico condaghe” cit., p. 223, nota 1: «Sarebbe interessante<br />

assai conoscere qual parola nel testo originale sardo corrispondeva a codesti ‘vassallos’ o ‘hombres de<br />

la villa’ quando siano dipendenti dal giudice; certo vi poteva essere ‘paperos’».<br />

120. Ivi, p. 224.<br />

121. Ivi, p. 225.<br />

122. Ivi, p. 225, nota 4.<br />

123. Ivi, p. 225.<br />

124. Ivi, p. 226.<br />

125. Ibid.<br />

126. Ivi, p. 227.<br />

127. R. DI TUCCI, “Sulla natura giuridica delle voci paperos e paberile”, in Archivio Storico Sardo,<br />

IX (1913), pp. 125-136.<br />

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